Partecipazione al Mercato del lavoro e tassazione su base

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Partecipazione al Mercato del lavoro e tassazione su base
PREMESSA
Premessa
L’
incremento dell’occupazione femminile rappresenta uno dei cardini della strategia
europea per l’occupazione, ribadito più volte dai vertici comunitari come uno degli
obiettivi prioritari per tutti i paesi membri.
La crescita dell’occupazione nel nostro paese, avviata al termine della grave crisi economica ed
occupazionale della prima metà degli anni Novanta, e proseguita a ritmi elevati anche in
presenza di una sostanziale stagnazione, ha interessato per quasi due terzi la componente
femminile della popolazione. Degli oltre due milioni trecentomila occupati aggiuntivi, registrati
tra il 1995 il 2005, circa un milione seicentomila sono donne. Tuttavia il livello dell’occupazione
delle donne nel nostro paese è ancora distante dagli standard europei, che registrano tassi di
occupazione femminili mediamente superiori di oltre 10 punti percentuali rispetto all’Italia.
Le cause della scarsa partecipazione al lavoro delle donne italiane ha radici remote,
riconducibili, tra l’altro, alla presenza di modelli culturali e familiari che accomunano il nostro
paese all’intera area europea mediterranea. Tuttavia, alle ragioni di natura socio-culturale si
accompagnano fattori legati al sistema dei servizi alle famiglie e alla struttura normativa del
mercato del lavoro italiano. L’introduzione di specifici strumenti in grado di favorire la
conciliabilità tra lavoro e famiglia ha migliorato in misura sensibile lo scenario recente: un
maggiore utilizzo del lavoro a tempo parziale ha permesso un incremento considerevole
dell’occupazione femminile, registrato negli ultimi anni; la diffusione crescente, ma ancora
insufficiente e non omogenea sull’intero territorio, di servizi destinati alle famiglie e all’infanzia,
ha consentito a molte donne di conciliare lavoro e attività domestica in maniera più appropriata,
alzando, in ultima analisi, i tassi di attività.
Accanto a tali fattori vanno tuttavia considerati interventi normativi che agiscono in maniera
meno diretta sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro, quali gli strumenti di politica
fiscale. La leva fiscale assume, nel contesto in esame, una valenza particolare e fornisce il
tramite attraverso il quale il costo del lavoro, definito dal mercato, diviene reddito disponibile
per gli individui. In tal modo la struttura della normativa fiscale, in particolare quella destinata
alle famiglie, agisce sulla decisione individuale di entrare nel mercato del lavoro. Nel nostro
paese spesso l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro assume, nell’ambito di
un’organizzazione familiare, carattere marginale, nel senso che l’apporto femminile ai redditi
familiari è quasi sempre additivo rispetto a quello maschile. La decisione delle donne di entrare
nel mercato del lavoro è quindi condizionata dalla presenza in famiglia di un reddito
preesistente. Tra le condizioni che influiscono sulla decisione di ingresso v’è il reddito atteso,
che deve almeno compensare i costi di sostituzione del lavoro domestico, cui la donna
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Premessa
lavoratrice non può più, totalmente o in parte, dedicarsi. In tale contesto una normativa fiscale
volta a sostenere i redditi familiari può essere disincentivante per l’ingresso delle donne al
lavoro. Tra i tanti aspetti che interagiscono, in maniera complessa, sulla decisione di entrare nel
mercato del lavoro, l’elemento fiscale, pur non essendo predominante, ha quindi un peso
spesso sottovalutato, specie in presenza di differenti modelli di tassazione personale, individuale
verso familiare, dagli impatti molto diversi su eventuali redditi incrementali al netto del prelievo.
Questo volume intende fornire un contribuito allo studio dei fattori che determinano i bassi
tassi di attività registrati in Italia, presentando uno studio in grado di far luce sulle relazioni tra
struttura della tassazione sugli individui e agevolazioni alle famiglie, erogate tramite la leva
fiscale, da un lato, e partecipazione femminile al mercato del lavoro dall’altro. Il lavoro si
inserisce nel quadro di attività di studi sul mercato del lavoro svolto dall’Area Analisi e
valutazione delle politiche per l’occupazione dell’Isfol, svolto in collaborazione con il Ministero
del lavoro e della previdenza sociale e con il Fondo Sociale Europeo.
Marco Centra
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IL CONTESTO DI RIFERIMENTO
Il contesto di riferimento
G
li accordi di Lisbona (condivisi dai governi italiani in questa e nella passata legislatura)
hanno indirizzato le strategie dei paesi, ed in particolare di quelli in ritardo come l’Italia,
verso l’aumento del tasso di occupazione (e di quello femminile in particolare).
I fattori che possono influenzare le scelte di individui ed imprese in tale direzione sono
molteplici, e principalmente di origine culturale e sociale; tuttavia, esiste un’importante aspetto
di natura fiscale, consistente nella tassazione riservata ai redditi potenzialmente in ingresso nel
mercato del lavoro, attraverso le aliquote marginali effettive, come risultanti dalla complessa
interazione delle norme di tassazione personale, dalle agevolazioni familiari e di altro genere,
dagli assegni familiari e, non ultime, dalle agevolazioni di accesso e cofinanziamento dei servizi
pubblici.
Dal punto di vista economico di un individuo inserito in un nucleo familiare, la decisione di
eventuale entrata nel mercato del lavoro dipende dal reddito netto da tassazione che ne
conseguirebbe, dall’utilità assegnata ai beni e servizi acquisibili e da quella attribuita al tempo
libero, o comunque a quello non riservato al lavoro retribuito. In tale contesto la tassazione dei
redditi personali assume l’essenziale ruolo di stabilire in quale misura il costo del fattore lavoro,
in qualche modo fissato dal mercato, si tramuta in reddito disponibile per le famiglie e gli
individui in esse conviventi, influenzando così indirettamente le loro scelte.
Questo studio, pur evitando di stimare direttamente quali siano le conseguenze della tassazione
personale-familiare sui comportamenti di ingresso sul mercato del lavoro, intende approfondire
i nessi tra tipologia di tassazione per quoziente familiare, come adattabile al sistema italiano di
tassazione, e aliquote marginali effettive di ingresso nel mercato del lavoro, con riferimento
particolare alle donne, nella diversità di situazioni, familiari e reddituali, che potrebbero
verificarsi.
Dopo una rassegna dei principali tratti della tassazione delle persone fisiche prevalente in
ambito europeo e delle ragioni che attribuiscono rilievo agli aspetti familiari (cap. 1), saranno
approfondite nel cap. 2 le aliquote marginali Irpef 2006, come emerse dalla duplice riforma
della passata legislatura.
Nel cap. 3 si presenta l’evoluzione attesa dall’Irpef delineata dal Disegno di Legge Finanziaria
per il 2007, sempre fondata sulla tassazione dei redditi dell’individuo, ma con importanti tratti
centrati sulle condizioni familiari.
Nel cap. 4 si approfondisce il meccanismo del quoziente e si identifica una possibile forma di
tassazione familiare, ispirata al quoziente alla francese ma adattata al sistema italiano ed
all’obiettivo di non disincentivare l’ingresso nel mercato del lavoro della maggior quota
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Il contesto di riferimento
possibile della popolazione in età di lavoro. In tale contesto si esaminano i concreti risvolti della
tassazione per quoziente familiare ipotizzata per l’Italia, sotto il profilo della molteplicità delle
aliquote marginali corrispondenti alle diverse tipologie familiari prevalenti, in senso
demografico e reddituale.
Nelle conclusioni si sintetizzano le evidenze emerse per le varie strutture di imposizione delle
persone, traendone alcune indicazioni utili per la politica del lavoro e tributaria.
6
I
n anni recenti si è sviluppato in Italia un acceso dibattito sull’ipotesi di riformare
l’imposizione personale sul reddito, con particolare riguardo al trattamento fiscale della
famiglia. La riforma italiana ha peraltro seguito gli orientamenti della maggior parte dei paesi
OCSE che, a partire dalla metà degli anni ‘80, hanno implementato riforme fiscali caratterizzate
da ampliamento della base imponibile, dalla contestuale riduzione delle aliquote nominali e dalla
predisposizione di sistemi di deduzione/detrazione/esenzione atti a salvaguardare la sostanziale
progressività ed a introdurre elementi perequativi nei sistemi tributari.
All’interno di tale impostazione, e nei limiti della disponibilità delle risorse di bilancio, notevole
attenzione è stata inoltre dedicata alla riduzione dei livelli di incidenza fiscale rispetto al Pil, sulla
base di apporti teorici che qualificano l’azione di diminuzione dell’imposizione attraverso la
minimizzazione delle distorsioni fiscali come elemento determinante di sostegno alla crescita e
allo sviluppo economico.
L’imposizione sui redditi può infatti avere effetti in termini di efficienza (a causa delle
distorsioni allocative sulle scelte individuali – consumo, risparmio, lavoro - indotte dalle tasse),
sia in termini di distribuzione dei redditi (equità orizzontale e equità verticale). Infine, il disegno
di un sistema di tassazione dovrebbe tenere in conto il vantaggio di minori complessità e costi
amministrativi, che facilitano la semplificazione e la trasparenza dell’imposizione e, per questa
via, incrementano la compliance. Considerata la molteplicità degli obiettivi che il policy-maker deve
fronteggiare, il disegno di un’imposta personale sul reddito deve necessariamente rispondere ad
una serie di trade-off.
Pare pertanto opportuno un breve accenno alle scelte recentemente operate dai legislatori
fiscali, con riferimento specifico alle strutture di imposizione personale e ai trattamenti fiscali
della famiglia, sia per quanto concerne la concreta attuazione della scelta dell’unità impositiva
(tassazione separata versus tassazione congiunta), sia per quanto riguarda gli strumenti specifici
utilizzati per il riconoscimento dei carichi familiari.
Strutture di imposizione personale ed offerta di lavoro
La principale struttura di imposizione dei redditi personali è stata ed è l’imposta personale sui
redditi di tipo progressivo (che chiameremo con l’acronimo italiano di “Irpef”). L’aggregazione
dei redditi di diversa natura afferenti al singolo percettore (lavoro, capitale reale e finanziario,
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La tassazione su base familiare
e le esperienze di quoziente
LA TASSAZIONE SU BASE FAMILIARE
E LE ESPERIENZE DI QUOZIENTE
La tassazione su base familiare
e le esperienze di quoziente
altri redditi al netto degli oneri deducibili) viene perciò tassata secondo una struttura
progressiva, che implica l’esistenza di un certo numero di aliquote crescenti da applicare a
scaglioni-intervalli, nonché di specifiche detrazioni dall’imposta. Questa progressività, anche
molto forte fino agli anni settanta, è stata motivata con i tradizionali obiettivi della azione
redistributiva e della coesione sociale, della provvista di gettito, della massimizzazione del
benessere sociale, legato anche ad utilità marginali decrescenti.
Negli ultimi venti anni tuttavia, tale impostazione è stata fortemente criticata sul piano dei
disincentivi che essa implicava in termini di offerta di lavoro, via il livello troppo alto delle
aliquote per i redditi più elevati, e delle distorsioni allocative rispetto ad una combinazione
ottimale, in senso tecnico-economico, dei fattori.
Il dibattito si è indirizzato così sulla riduzione del numero di aliquote ed in particolare di quelle
più elevate, fino ad auspicare, negli anni più recenti, l’applicazione del modello teorico della
Flat rate Tax (unica aliquota proporzionale), come risultato di una elaborazione critica che
considera la tassazione del reddito complessivo con un’unica aliquota, eventualmente sopra una
certa soglia, un modello più semplice, più equo e più efficiente rispetto all’alternativa
dell’imposizione di tipo progressivo.
Peraltro, da un punto di vista normativo, il tentativo di risolvere il trade-off tra equità ed
efficienza, ha implicato, nelle esperienze internazionali l’adozione di sistemi flat rate di tipo
‘misto’, in cui l’introduzione di un numero limitato di aliquote (fino al caso limite dell’aliquota
unica) è stata associata alla previsione di un livello di reddito minimo personale escluso da
imposizione, in funzione della soglia di povertà (no tax area) oppure alla predisposizione di
specifiche deduzioni dalla base imponibile e – in alternativa – di detrazioni dall’imposta. Tutti
questi elementi sono in grado di garantire una certa progressività del sistema.
Solo recentemente nell’Europa Centrale e Orientale, alcuni paesi hanno adottato una flat tax,
con aliquota unica gravante in molti casi su una base imponibile più ampia costituita sia dai
redditi personali che societari (Estonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia). Merita una
menzione particolare la Repubblica Slovacca che, nel 2004, ha introdotto un’aliquota del 19%
unica su redditi personali, societari così come sulla spesa per consumi. Nelle esperienze
internazionali, tuttavia è assai più diffusa l’adozione di sistemi che combinano una tassazione
del reddito da lavoro tipo flat tax con una tassazione sostitutiva degli altri redditi (Dual Income
Taxation). La competizione fiscale volta ad attrarre capitali, da un lato, e la necessità di
conservare aliquote sul reddito da lavoro elevate per esigenze di gettito, dall’altro, hanno di
fatto indotto negli anni ‘90 anche i più riluttanti paesi Nordici (tra cui Danimarca, Finlandia,
Norvegia e Svezia) ad introdurre una tassazione differenziata su redditi da lavoro e da capitale,
sottraendo questi ultimi all’imposizione personale e sottoponendoli a tassazione sostitutiva ad
aliquote generalmente più ridotte.
Tuttavia, uno dei fondamenti della maggiore efficienza di una ridotta progressività, e cioè la
citata maggiore offerta di lavoro, produzione e reddito indotta da aliquote marginali inferiori,
non è ampiamente condivisa sul piano teorico e sufficientemente suffragata da evidenze
empiriche.
Trova anzi spazio crescente una corrente di pensiero1 che verifica e stima la distribuzione, per
classi di reddito e/o per tipologie familiari, delle elasticità dell’offerta di lavoro rispetto a
variazioni di reddito netto (determinabili anche da modifiche alle aliquote marginali effettive), al
fine di derivarne una tassazione ottimale, ai fini dell’innalzamento dell’offerta di lavoro e del
reddito, che giunge a sostenere anche l’efficienza di una progressività che operi attraverso
aliquote effettive minori per i redditi bassi e maggiori per quelli elevati. Ciò sulla base
dell’evidenza econometrica che individua elasticità elevate solo per soggetti con redditi bassi,
mentre per i redditi più elevati l’effetto sarebbe pressoché nullo.
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Saez (2001), Colombino (2006), Aaberge e altri (2002, 2003).
Tabella 1 - Elasticità dell’offerta di lavoro in Italia per sesso e decili
Decili di reddito
Donne sole
Uomini soli
Donne in coppia
Uomini in coppia
I
2,90
0,85
4,44
0,32
II
0,44
0,28
2,31
0,17
III … VIII
0,05
0,05
0,73
0,10
IX
0,02
0,02
0,20
0,08
X
0,00
0,04
0,13
0,06
Fonte: Aaberge, Colombino, Steinar (2003)
Oltre alla rilevanti implicazioni in termini di politiche fiscali, si noti che in termini di offerta di
lavoro la riduzione delle aliquote marginali dovrebbe concentrarsi particolarmente sulle donne
dei primi due decili, cioè quelle più povere, perché in quel segmento si otterrebbero più intense
reattività positive.
La scelta dell’unità di tassazione ed il ruolo della famiglia
Un secondo ordine di problemi in tema di imposizione di tipo Irpef, di origine non solo
economica ma anche culturale e sociale, riguarda l’unità di tassazione individuale o familiare e,
in caso di mix, il peso da attribuire a ciascun elemento. La progressività dell’imposta personale
sui redditi rende infatti la scelta di tassare il reddito individuale o familiare un problema
complesso e di difficile soluzione. Le due alternative limite consistono da un lato nel tassare
come aggregato indivisibile il reddito complessivo di tutto il nucleo familiare, dall’altro tassare
separatamente e del tutto indipendentemente il reddito di ciascun individuo.
In realtà, il trattamento della “famiglia” di fronte all’imposta sui redditi risponde, in via
primaria, alla ricerca di una forma di graduazione dell’unità d’imposizione che si muove fra
una concezione “individuale” ed una concezione “familiare”, atteso che tutti i sistemi tributari
contemporanei si collocano di fatto fra i due estremi. Nel dibattito economico, la scelta tra una
tassazione di tipo individuale o congiunta è stata oggetto di considerazione, soprattutto con
riguardo ai possibili incentivi/disincentivi sull’offerta e la partecipazione femminile al lavoro.
Sebbene infatti generalmente i maggiori disincentivi alla partecipazione sono sempre stati
associati ad aliquote marginali elevate, recentemente si ritiene che una certa attenzione debba
pure essere attribuita alla scelta dell’unità di tassazione.
È stata da molti sostenuta la maggiore efficienza della tassazione individuale, sulla base
dell’osservazione empirica secondo cui l’offerta di lavoro del primo percettore è meno elastica
di quella del secondo percettore. In tale contesto, l’applicazione della regola di Ramsey implica
un’aliquota più alta sulla base imponibile meno elastica. Infatti, in un sistema di tassazione che
assume come tax unit la famiglia, le aliquote marginali effettive per ciascuno dei due coniugi
risultano identiche, cosicché gli effetti distorsivi sull’offerta di lavoro aggregata sono maggiori:
può esistere infatti un minore incentivo per la donna all’offerta di lavoro o alla partecipazione
full-time, date le tasse addizionali legate anche al reddito del coniuge.
Tra i paesi OCSE si può riscontrare una notevole differenziazione in tema di scelta dell’unità
impositiva: in alcuni (Svezia, Austria, Gran Bretagna), la tassazione avviene esclusivamente su
base individuale; in altri (Francia, Stati Uniti o Germania) le coppie sposate sono trattate come
un unico soggetto fiscale, cosicché la tassazione dei redditi è congiunta. Tuttavia, al fine di
evitare la ‘penalizzazione’ familiare derivante dall’applicazione del principio della progressività al
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La tassazione su base familiare
e le esperienze di quoziente
Colombino (2006), in particolare, effettua stime delle elasticità specifiche per l’Italia, giungendo
ad analoghe conclusioni, riportate nella tabella 1.
La tassazione su base familiare
e le esperienze di quoziente
cumulo obbligatorio dei redditi, sono stati predisposti in alcuni sistemi fiscali “individuali”
alcuni meccanismi correttivi.
La tassazione per parti del reddito familiare complessivo, prende in considerazione i cosiddetti
metodi dello “splitting”, del “quoziente coniugale” e del “quoziente familiare”. In particolare, lo
“splitting” prevede che gli imponibili conseguenti ai redditi percepiti dai due coniugi vengano
prima sommati e, successivamente, l’importo così determinato venga diviso in due parti uguali,
a ciascuna delle quali viene applicata l’aliquota corrispondente in modo che la tassazione della
famiglia sia agevolata: con questo sistema si viene a ridurre la progressività dell’imposta sui
redditi percepiti dai due coniugi rispetto all’applicazione del principio del cumulo.
In alternativa, ed in un’ottica ancor più centrata sulla famiglia, il quoziente familiare consiste nel
sommare i redditi di tutti i componenti il nucleo familiare e nel dividerlo per un numero di
quote, risultante dall’attribuzione di un coefficiente a ciascun componente, figli compresi: sul
quoziente così ottenuto si applicano le aliquote d’imposta e l’ammontare dell’imposta stessa si
moltiplica per il numero totale delle quote.
In sintesi, i sistemi alternativi di tassazione familiari sono illustrati nel box che segue, evoluzione
di uno schema proposto da Rapallini (2006).
Box 1 - Tratti salienti dei diversi schemi di tassazione individuale o familiare
Tassazione
Cumulo redditi
Splitting coniugi
Quoziente
individuale
coniugi
Stato civile
Neutrale
Disincentiva
matrimonio
Incentiva
matrimonio o
convivenza, ove
ammessa
Incentiva
matrimonio o
convivenza, ove
ammessa
Elusione o
ripartizione dei
reddditi coniugi
Avvantaggia
imputazione fittizia
redditi al coniuge
con minor reddito
Neutrale
Neutrale
Neutrale
Progressività sul
reddito degli individui
Dipende da aliquote
e scaglioni ed
eventuali detrazionideduzioni
Dipende da livello
congiunto e non
dalla distribuzione
tra i coniugi
Dipende da livello
congiunto e non
dalla distribuzione
tra i coniugi
Avvantaggia nuclei
numerosi a
prescindere da
distribuzione
interna del reddito
Numero e tipo
familiari
Influisce solo
attraverso
detrazioni-deduzioni
familiari
Conta presenza dei
due coniugi
percettori più che
dei figli
Conta presenza dei
due coniugi
percettori più che
dei figli
Conta numerosità
e composizione
della famiglia
Offerta di lavoro
Incentiva offerta di
lavoro del coniuge o
del figlio
convivente
Disincentiva offerta
di lavoro del
coniuge o del figlio
convivente
Disincentiva offerta
di lavoro del
coniuge o del figlio
convivente
Disincentiva offerta
di lavoro del
coniuge o del figlio
convivente
familiare
In definitiva, emerge che la tassazione per parti avvantaggia le famiglie numerose in generale,
con particolare riguardo a quelle monoreddito mentre, al contrario, finisce per penalizzare in
termini relativi i singoli, che non possono beneficiare né dello “splitting”, né del “quoziente
familiare”.
Ma c’è anche un altro elemento di rilievo, consistente in una correzione della progressività
principalmente per i redditi a più alta variabilità intrafamiliare: dividere il reddito familiare per
parti, calcolare l’imposta per una parte e rimoltiplicarla poi per il numero di parti è
un’operazione che abbassa l’imposta dovuta solo in presenza di un’imposta progressiva e di una
differenza di aliquota marginale tra i coniugi o tra i percettori della famiglia. Se due coniugi
hanno lo stesso reddito, o comunque redditi di ammontare analogo e ricadente nello stesso
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¾ se il quoziente è soprattutto un correttore di progressività, non pare essere lo strumento più
idoneo per innalzare l’offerta di lavoro e, per questa via, l’occupazione e il reddito;
¾ i tradizionali strumenti di sostegno fiscale ai carichi familiari (detrazioni e/o deduzioni
mantengono tutto il loro ruolo, specie nei casi in cui la sostanziale uguaglianza dei redditi
dei due coniugi renderebbe ininfluente l’introduzione del quoziente come generatore di
risparmio d’imposta, mentre resterebbero intatti i carichi familiari.
Il sostegno dei carichi familiari in Europa
In ogni paese la famiglia è tutelata attraverso misure finalizzate al sostenimento dei carichi. In
particolare il disegno e la costruzione dei livelli di esenzione, delle detrazioni/deduzioni per
carichi di famiglia e di altri trasferimenti monetari (assegni familiari), diventano elementi
essenziali di una policy orientata alla tutela della famiglia, dato che l’uso intelligente ed equilibrato
dello strumento fiscale può far conseguire importanti vantaggi ai nuclei familiari. In definitiva,
una politica di sostegno alla famiglia può essere connotata dal ‘peso’ attribuito dai sistemi fiscali
a una pluralità di obiettivi generalmente riconosciuti, tra cui ricordiamo in particolare:
¾ il sostegno, il mantenimento e l’accrescimento del patrimonio umano costituito dalle nuove
generazioni , anche attraverso le spese per istruzione, formazione, salute e cura della casa
(Secit, 2005);
¾ la riduzione dei rischi di povertà, nel presupposto che la numerosità familiare rappresenti un
indicatore corretto del disagio economico;
¾ la garanzia di equità orizzontale (neutralità) tra nuclei con diversi componenti;
¾ la compatibilità delle misure adottate sull’offerta di lavoro (in particolare femminile).
Tipicamente, gli strumenti utilizzabili sono misure di natura fiscale, ossia deduzioni e/o
detrazioni, con o senza creazione di credito d’imposta per i contribuenti incapienti per basso
reddito; oppure misure di welfare, come ad esempio la spesa pubblica, attraverso gli assegni per
i figli.
Come è stato largamente riconosciuto dalla teoria economica, gli strumenti fiscali rappresentano
tuttavia una soluzione poco flessibile per perseguire l’obiettivo di trasferimenti alle famiglie.
Nella scelta tra deduzione e detrazione, nell’ambito di un’imposta progressiva, è condivisa la
preferibilità della detrazione, la cui misura può essere uguale per tutte le famiglie e graduata, al
variare del numero dei minori, in modo tale da tenere conto delle economie di scala nella
gestione familiare.
Sotto il profilo della numerosità del nucleo familiare non è facile individuare prescrizioni
univoche su come differenziare il trattamento fiscale di contribuenti appartenenti a nuclei
familiari diversi per composizione. Da un lato, infatti, se il reddito pro capite è un indicatore del
benessere individuale migliore del reddito familiare aggregato o, peggio, di quello di alcuni
componenti, a parità di reddito familiare i nuclei più numerosi dovrebbero essere tassati in
misura minore: aliquote medie decrescenti sarebbero, inoltre, la garanzia che il sistema
tributario non scoraggi la scelta di avere figli.
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La tassazione su base familiare
e le esperienze di quoziente
scaglione, l’applicazione di un quoziente coniugale non porterebbe alcun vantaggio fiscale, pur
prendendo a riferimento la famiglia.
Emerge dunque che il tratto saliente del quoziente è quello di “attenuatore” di progressività, in
presenza di variabilità di redditi intrafamiliari, piuttosto che come sostegno alla famiglia, come
da taluni viene spesso presentato.
Questo aspetto è di rilievo, anche in riferimento ai tassi di attività femminile ed ai temi correlati
fin qui presentati, almeno per i seguenti aspetti:
La tassazione su base familiare
e le esperienze di quoziente
D’altro canto, il reddito pro capite non considera il fatto che alla maggiore numerosità familiare
non corrisponde una diminuzione proporzionale della capacità contributiva, dato che esistono
sia economie di scala nella gestione familiare, sia differenti bisogni legati a caratteristiche
demografiche e sanitarie.
Gli strumenti adottati nei sistemi tributari per tenere conto della dimensione del nucleo
familiare sono rappresentati convenzionalmente dalle detrazioni, ma anche, sebbene in misura
meno efficace, dalle deduzioni. Nell’ambito invece della tassazione per quoziente, ed in tutti i
casi in cui si vuol tener conto della numerosità familiare, ma anche delle economie di scala e di
altri fattori, si usano “scale di equivalenza”, cioè pesi attribuiti ad ogni individuo per ottenere
redditi pro capite corretti.
Nei Paesi dell’Unione Europea, pur essendo riscontrabile una certa uniformità di impostazione
e di finalità per quanto concerne i sistemi impositivi, sussistono non poche diversità per quanto
attiene alle modalità applicative degli stessi. Tali diverse modalità finiscono per determinare
variazioni dell’incidenza dell’imposta personale sui redditi, sia complessivamente sia sulle
diverse strutture familiari della popolazione. Si può affermare, infatti che le normative fiscali dei
Paesi della U.E. si ispirano, in linea generale, al criterio della progressività, modulato secondo le
varie normative, al fine di conseguire, per quanto non confliggenti tra loro, l’ottemperanza sia
del principio di equità verticale che di quella orizzontale.
Nell’ambito della differenziazione dei sistemi fiscali, si possono tuttavia individuare vari policy
mix di tassazione che possono essere così sintetizzati:
¾ tassazione individuale, associata a modesti strumenti fiscali che riconoscono i carichi
familiari (ad es. la Finlandia adotta la tassazione individuale accompagnata soltanto dal
riconoscimento di assegni familiari da welfare);
¾ tassazione individuale con specifici strumenti che riconoscono i carichi familiari (ad es.
l’Olanda riconosce deduzioni per il coniuge a carico ed assegni da welfare; l’Austria prevede
detrazioni per il coniuge a carico, detrazioni per i figli a carico ed assegni familiari da
welfare; ecc.);
¾ tassazione congiunta opzionale (ad es. il Belgio adotta il “quoziente coniugale” integrato da
deduzioni per il coniuge a carico, deduzioni per i figli a carico ed assegni da welfare;
l’Irlanda adotta lo “ splitting”, integrato da assegni familiari da welfare; la Germania prevede
lo “splitting” integrato, in via opzionale, o da una deduzione per figli a carico, oppure da
assegni familiari da welfare);
¾ tassazione congiunta obbligatoria (ad es. la Francia prevede il “quoziente familiare”,
integrato dalla previsione di assegni familiari da welfare; il Lussemburgo adotta un sistema
di differenti scale di aliquote specifiche, a seconda della composizione familiare, integrato da
assegni familiari da welfare; il Portogallo prevede lo “splitting” integrato dalla previsione di
detrazioni per il coniuge a carico, detrazioni per figli a carico ed erogazione di assegni
familiari da welfare; ecc.).
Infine, è utile sottolineare che all’interno dei vari sistemi tributari può essere adottata una
pluralità di strumenti per il riconoscimento della diminuzione della capacità contributiva a
seguito della presenza di carichi familiari quali, ad esempio:
¾ la concessione di detrazioni e deduzioni forfetarie per spese di produzione del reddito
(rientrano in questa categoria anche le detrazioni e le deduzioni supplementari
eventualmente concesse alla donna sposata che, con o senza figli a carico, lavora);
¾ l’adozione di scale di aliquote differenziate per le coppie sposate e per i singoli contribuenti;
¾ la presenza di livelli minimi di esenzione.
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Parallelamente, tuttavia, gli stessi vantaggi si trasformano in svantaggi sotto altri punti di vista:
a) la completa neutralità di tassazione tra famiglia monoreddito e bireddito non tiene conto dei
maggiori oneri che quest’ultima sostiene per l’acquisto di servizi alla famiglia esterni al
nucleo;
b) l’ingresso nel mercato del lavoro da parte di uno dei componenti (tipicamente la moglie che
si trova a dover decidere tra l’attività esclusiva di casalinga o anche quella di lavoratrice
retribuita) impone a costoro aliquote marginali effettive variabili, ma decisamente più
elevate di quelle che subirebbero con la tassazione individuale, con modifica (riduzione) del
reddito potenziale netto d’ingresso.
Quest’ultimo aspetto, collegato alle effettive elasticità dell’offerta di lavoro rispetto al reddito
netto atteso, potrebbe confliggere con l’obiettivo fondamentale di aumento del tasso di
occupazione fissato dagli accordi di Lisbona e dagli obiettivi programmatici nazionali di questa
legislatura e di quella precedente.
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La tassazione su base familiare
e le esperienze di quoziente
Con specifico riferimento allo strumento del quoziente familiare va detto che questo tipo di
tassazione sceglie come unità di tassazione la famiglia (o la coppia) piuttosto che l’individuo, e
presenta diversi vantaggi:
a) rende perfettamente neutrale la tassazione a prescindere da come si ripartisce il reddito tra i
coniugi, ed in particolare tra famiglie monoreddito e bireddito;
b) Può tener conto delle economie di scala familiari, ed anche di altre caratteristiche di rilievo,
nel fissare il livello dell’aliquota media di prelievo.
L’Irpef italiana e le aliquote
marginali effettive 2005-2006
L’IRPEF ITALIANA E LE ALIQUOTE
MARGINALI EFFETTIVE 2005-2006
N
el triennio 2003-2005 è stata realizzata una riforma dell’Irpef, caratterizzata da alcune
novità di rilievo rispetto all’impianto previgente, ma pur sempre nell’alveo della
tassazione individuale del reddito. I tratti salienti sono stati i seguenti:
a) riduzione del numero di aliquote e scaglioni, con innalzamento dell’aliquota minima dal
19% al 23%;
b) trasformazione delle detrazioni fiscali per tipo di reddito e per carichi familiari in deduzioni
decrescenti dall’imponibile;
c) trasformazione della decrescenza a salti delle precedenti detrazioni in decrescenza continua
lineare delle deduzioni “spettanti”;
d) quota spettante delle deduzioni legata ad un reddito complessivo netto da oneri deducibili
piuttosto che ad un reddito di specie, come era per le previgenti detrazioni;
e) riconoscimento di una deduzione base (decrescente) a qualsiasi tipo di reddito;
f) abolizione del credito d’imposta su dividendi e loro imponibilità Irpef limitata al 40%2.
Più in dettaglio, l’Irpef 2005-2006 è stata congegnata come segue.
Le detrazioni per tipo di reddito vigenti nel 2002 sono state trasformate in deduzioni
decrescenti a partire da 3’000 euro per qualunque tipo di reddito, alle quali si aggiungevano
1’500 euro per autonomi a contabilità semplificata, 4’000 euro per i pensionati, 4’500 euro per i
dipendenti e assimilati (tra i quali spiccano i collaboratori continuativi o a progetto).
Il complesso sistema di detrazioni per carichi familiari è stato sostituito da deduzioni
decrescenti, con specifica formula, a partire da 3’200 euro per il coniuge a carico o per il primo
figlio di famiglia monoparentale, 2’900 per ogni figlio maggiore di tre anni e per ogni altro
familiare a carico, 3’450 per ogni figlio minore di tre anni, 3’700 per ogni figlio portatore di
handicap, 1’820 per spese documentate di assistenza personale a soggetto non autosufficiente.
La decrescenza di queste deduzioni, che chiameremo perciò “potenziali” per distinguerle da
quelle effettivamente spettanti, è stata agganciata ad un reddito “di riferimento” 3 (in seguito
2
3
14
Questo impianto deriva dall’azione congiunta delle riforme Irpef per il 2003, Ires dal 2004 e di nuovo Irpef dal 2005. Per
un esame più in dettaglio della riforma 2003 e della relazione con uno scenario di riforma a regime prefigurato dalla legge
delega n. 80/2003 si veda anche Di Nicola (2003).
Chiameremo per semplicità genericamente “reddito” questo aggregato, perché il reddito “complessivo” che si indica al
primo rigo del quadro RN di riepilogo dell’imposta dovuta deve essere ridotto degli oneri deducibili (principalmente
contributi sociali obbligatori o integrativi, assegni al coniuge separato e rendita catastale della casa di abitazione) per
simboleggiato più semplicemente con R secondo queste formule di identificazione della
deduzione spettante:
per DPR<R<(26’000+DPR)
per DPF<R<(78’000+DPF)
[1]
[2]
dove DPR e DPF sono le deduzioni potenziali rispettivamente per tipo di reddito o per
carichi familiari e 26’000 o 78’000 sono i parametri che determinano l’intervallo di reddito in
cui operano le rispettive decrescenze.
Ovviamente, la percentuale spettante di ciascuna deduzione potenziale non poteva che essere
compresa tra 0 e 100%, cosicché le deduzioni potenziali sono pienamente fruibili fino a che il
reddito è inferiore alla deduzione potenziale, poi iniziano a scendere, fino ad annullarsi quando
il reddito raggiunge o supera la somma tra deduzione potenziale ed intervallo di decrescenza
(cioè DPR+26’000 per il tipo di reddito e DPR+78’000 per i carichi familiari).
La presenza della deduzione potenziale nella determinazione delle due soglie, di massima e
minima quota spettante, ci spinge a definire questa decrescenza “a soglie mobili” (in quanto
dipendenti dal reddito), ma con “intervallo fisso” di decrescenza (26’000 o 78’000).
Al nuovo imponibile erariale, inferiore al reddito R di un ammontare pari alle deduzioni
spettanti (RIE=R-DSR-DSF), si applicano aliquote e scaglioni 2005-2006:
Scaglioni 2005-2006 di RIE
Fino a 26’000 euro
Da 26’000 a 33’500
Da 33’500 a 100’000
Oltre 100’000 euro
Aliquote 2005-2006
23%
33%
39%
43%
La possibilità di confronto tra scaglioni ed aliquote prima e dopo questa riforma è dunque
complicata dalla profonda trasformazione della base imponibile erariale, ridotta dalle nuove
deduzioni. Per questo motivo, un confronto efficace tra situazione ante e post riforma può
essere fatto solo tra imposte nette (e quindi tra redditi netti), aliquote medie effettive, aliquote
marginali effettive.
Per evitare impatti indesiderati nel corso di questa riforma, pensata da realizzare a stadi
successivi, è stata introdotta contestualmente anche una “clausola di salvaguardia” erariale,
ovvero la facoltà per il contribuente di applicare le norme Irpef 2002 o 2003-2004 ai redditi
correnti, ove più favorevoli di quelle 2005-2006.
Va infine aggiunto che, a complicare il quadro, con una discutibile interpretazione della riforma
(circolare n. 31/2005 dell’Agenzia delle entrate) l’imponibile per le addizionali locali è stato
differenziato da tutti gli altri, in quanto è stato calcolato come differenza tra reddito
complessivo da un lato e oneri deducibili, deduzione prima casa e deduzione spettante per
carichi familiari dall’altro, con esclusione cioè della deduzione spettante per tipo di reddito4. Ne
consegue che gli aggregati di reddito fiscalmente rilevanti sono diventati ben quattro: a)
complessivo; b) di riferimento per la decrescenza c) imponibile per le addizionali locali; d)
imponibile erariale.
Le aliquote marginali effettive
Una volta appurato quali siano state le aliquote legali applicabili agli scaglioni di reddito
imponibile erariale e le altre caratteristiche dell’Irpef 2006, continua ad essere non intuitiva la
4
arrivare al reddito preso a riferimento per il calcolo delle decrescenze delle deduzioni spettanti.
Per dettagli, considerazioni e impatti si veda Di Nicola (2005).
15
L’Irpef italiana e le aliquote
marginali effettive 2005-2006
DSR = DPR·[(26’000+DPR-R)/26’000]
DSF = DPF·[(78’000+DPF-R)/78’000]
L’Irpef italiana e le aliquote
marginali effettive 2005-2006
determinazione delle aliquote marginali effettive, cioè di quelle che di fatto si applicano ad
incrementi di reddito. L’esistenza di una deduzione decrescente, infatti, fa si che al crescere del
reddito l’aliquota si applichi non solo all’incremento di reddito, ma anche alla minore deduzione
di conseguenza spettante. Per questo motivo è a sua volta utile calcolare le aliquote marginali
gravanti effettivamente per incrementi di reddito.
All’interno di uno scaglione di imponibile e dell’operare della decrescenza, derivando l’imposta
T rispetto al reddito R si ottiene l’aliquota marginale effettiva:
t* = δT/δR = t·(1 +DPR/26’000 +DPF/78’000)
[3]
Si vede in questo caso che la differenza tra l’aliquota marginale effettiva e quella legale è tanto
più elevata quanto più lo sono l’aliquota legale e/o le deduzioni potenziali.
Più in generale, poiché fuori dal range di decrescenza ciascuna delle percentuali spettanti,
indicate tra parentesi quadre nelle formule [1] e [2], è costantemente uguale al 100% (se il
reddito è più basso) o zero (se è più alto), ne è risultata più articolata e meno intuitiva l’aliquota
marginale effettiva:
¾ uguale a zero quando il reddito si mantiene al di sotto della somma delle due deduzioni
spettanti (che è inferiore, stante l’indipendenza delle due formule di decrescenza, alla
somma di quelle potenziali);
¾ uguale al citato t* della formula [3] fino a che opera la decrescenza di almeno una delle
deduzioni potenziali;
¾ uguale all’aliquota legale quando il reddito supera la più elevata delle due soglie di fine
decrescenza (DPR+26’000 o DPF+78’000).
Si noti anche che, a conferma della difficile determinazione dell’aliquota marginale effettiva, per
un dato tipo di reddito le aliquote di fatto operanti per i vari contribuenti sono tante quante le
combinazioni dei valori di DPR e DPF.
Quale esempio, semplificato ma rilevante, della differenza tra aliquota legale ed effettiva si può
ricavare una tabella che mostra, per ogni scaglione e per ogni tipo di reddito, l’aliquota
marginale effettiva 2006 per un contribuente con coniuge e un figlio a carico5.
Tabella 2 - Aliquote marginali effettive 2006 con coniuge e un figlio a carico
Scaglioni RIE
R≤Resente
Dipendente
Pensionato
Autonomo
Altro
0%
0%
0%
0%
23%
31,4%
100%-31%*
28,8%
27,5%-24.8%°
33%
45,1%-35,6%
44,5%-35,6%*
41,3%-35,6%^
35,6%
39%
x
42,1%-39%
42,1%-39%
42,1%-39% x
42,1%-39% x
43%
43%
43%
43%
43%
§
x
(§) 45,1% da 30’908 (inizio scaglione 33%) a 33’500 euro di reddito (fine decrescenza DPR).
(*) Per i redditi da pensione è stato previsto un meccanismo che esenta dall’imposta, ma non dall’operare della
decrescenza, il pensionato che non percepisce altri redditi ad eccezione della prima casa. Come conseguenza, per
attenuare in questi casi l’operare congiunto della formula di decrescenza e della fine di questa speciale esenzione, è
stato previsto un correttivo per questi redditi da pensione tra 7’500 e 7’800 euro annui. In questi casi l’aliquota marginale
effettiva raggiunge il 100% (ed è superiore se si considerano anche le addizionali). Il 44,5% opera invece dai 30’771
(inizio scaglione 33%) a 33’000 euro di reddito (fine decrescenza DPR).
(^) 41,3% da 30’254 (inizio scaglione 33%) a 30’500 euro di reddito (fine decrescenza DPR).
(°) 24,8% da 29’000 (fine decrescenza DPR) a 30’214 euro di reddito (fine scaglione 26%).
(x) Per tutti i tipi di reddito, una volta conclusa la decrescenza delle deduzioni potenziali per tipo di reddito (DPR) ed entrati
nello scaglione del 39%, l’aliquota effettiva dipende solo dall’operare della decrescenza della deduzione per carichi
familiari, ed è quindi il 42,1% (da 37’170 a 84’100 euro di reddito) o il 39% (quando si azzera anche la deduzione
spettante per i carichi familiari qui ipotizzati).
5
16
Con riferimento alla riforma congiunta 2003-2005, per approfondimenti sul calcolo delle aliquote effettive e su altri tratti
ed impatti poco intuitivi si veda Di Nicola e Paladini (2006).
Gli effetti delle deduzioni familiari decrescenti
Reddito
Fino a 15’494
Da 15’494 a 30’987
Da 30’987 a 51’646
Oltre 51’646
Detrazione
546,18
496,60
459,42
422,23
Per i figli si distingueva tra redditi minori o maggiori di 51’646; nel primo caso la detrazione
andava da 285,08 per un solo figlio a 311,53 a testa per cinque figli; nel secondo caso la
detrazione di 266,49 rimaneva costante per ogni figlio.
La legge finanziaria per il 2002 ha modificato le detrazioni per i figli, diversificando a seconda
che il loro numero vada da uno a quattro (o più), con le regole e gli ammontari che si osservano
nella figura 1, nella quale si è cercato di sintetizzare la complessa normativa.
Figura 1 - Detrazioni 2002-2004 per figli a carico
Reddito
I° figlio
II° figlio
Fino a 36’152
516,46
Da 36’152 a 51’646
303,68
Oltre 51’646
285,08
Fino a 41’317
516,46
516,46
Da 41’317 a 51’646
303,68
336,73
Oltre 51’646
285,08
285,08
Fino a 46’481
516,46
516,46
III° figlio
IV° figlio
516,46
Da 46’481 a 51’646
303,68
336,73
336,73
Oltre 51’646
285,08
285,08
285,08
Senza limiti di reddito
516,46
516,46
516,46
516,46
Nonostante queste modifiche, la decrescenza di queste detrazioni in base al reddito era rimasta
moderata. Già esistevano però in nuce i seguenti effetti:
1. una famiglia bireddito aveva un qualche interesse ad attribuire i carichi familiari interamente
al coniuge con minor reddito, se i due redditi dei coniugi cadevano in diverse classi di
detrazione spettante. Ciò spingeva i coniugi ad attuare una sorta di tax planning per
massimizzare il vantaggio fiscale ed aggirare, di fatto, lo spirito della legge che perseguiva,
un po’ grossolanamente, un’attenuazione dei benefici familiari al crescere del reddito6;
2. l’incremento di un figlio a carico poteva comportare in taluni casi un beneficio che si
6
Tale forma di arbitraggio peraltro non era stata contrastata: sebbene l’art.13 del TUIR prevedesse genericamente
l’attribuzione della percentuale di carico in base “all’effettivo onere sostenuto da ciascuno” dei genitori, successive circolari
interpretative ministeriali (n.3/1998), e le stesse istruzioni per le dichiarazioni, concedevano esplicitamente la totale
discrezionalità di attribuzione ai due coniugi, probabilmente per insormontabili problemi di controllo dell’effettivo onere
sostenuto. Dal 2005 la nuova formulazione del TUIR ha abbandonato anche formalmente questo vincolo, peraltro
scarsamente verificabile.
17
L’Irpef italiana e le aliquote
marginali effettive 2005-2006
Un altro elemento che influenza l’andamento delle aliquote marginali effettive, di cui tener in
qualche modo conto nel disegnare un’evoluzione verso il quoziente familiare, è quello delle
agevolazioni familiari Irpef.
Negli anni precedenti il 2005 le detrazioni d’imposta per coniuge e figli sono state leggermente
decrescenti, ed a salti.
Per il coniuge prima del 2002 si avevano le seguenti detrazioni in base al reddito:
Figura 2 - Risparmio d’imposta 2005-2006 vs 2004 per dipendente con figlio a carico
700
sgravio 2006
sgravio 2004
600
Sgravio per un figlio a carico
500
400
300
200
100
0
3.000
6.000
9.000
12.000
15.000
18.000
21.000
24.000
27.000
30.000
33.000
36.000
39.000
42.000
45.000
48.000
51.000
54.000
57.000
60.000
63.000
66.000
69.000
72.000
75.000
78.000
81.000
84.000
87.000
90.000
93.000
96.000
99.000
L’Irpef italiana e le aliquote
marginali effettive 2005-2006
estendeva formalmente anche ai figli precedenti, e per questa via configurare un beneficio
netto marginale per il figlio incrementale di ammontare ben superiore a quello dei
precedenti. Se ad es. un redditiere con 52’000 euro fino al terzo figlio aveva detrazioni di
285 euro a testa, nel momento in cui arrivava il quarto figlio la detrazione saliva a 516 per
ognuno dei quattro; la detrazione addizionale per il quarto figlio era quindi pari a 1’211
(2’066 invece dei precedenti 855 per i tre figli): il quarto figlio incrementale comportava cioè
un risparmio d’imposta più che quadruplo rispetto a quello spettante per ognuno dei
precedenti.
Come vedremo, questi due meccanismi sono rimasti in vita anche con l’Irpef 2005-2006, ed
anzi la trasformazione delle detrazioni in deduzioni decrescenti con continuità ha ampliato la
platea di interessati (non è più necessario ricadere nei salti di detrazione per trarre vantaggio dal
tax planning) e ne ha accentuato gli effetti in termini di minore imposta.
Si è detto che le deduzioni potenziali 2005-2006 per carichi familiari sono state stabilite in 3’200
euro per il coniuge a carico o per il primo figlio di famiglia monoparentale, 2’900 per ogni figlio
maggiore di tre anni e per ogni altro familiare a carico, 3’450 per ogni figlio minore di tre anni,
3’700 per ogni figlio portatore di handicap, 1’820 per spese documentate di assistenza personale
a soggetto non autosufficiente. La deduzione familiare spettante è stata linearmente
decrescente, come stabilito dalla citata formula [2]: DSF = DPF·(78’000+DPF-R)/78’000 .
Per calcolare il vantaggio (o lo svantaggio) in termini di risparmio d’imposta la deduzione
dall’imponibile va moltiplicata per l’aliquota marginale del contribuente. Si trovano così ad
interagire due elementi dalla tendenza redistributiva opposta: 1) la deduzione fissa avvantaggia
maggiormente colui che ha l’aliquota marginale più elevata, cioè il reddito più elevato; 2) la
decrescenza della deduzione avvantaggia maggiormente il reddito minore.
Una prima risultante della duplice ed opposta azione delle deduzioni decrescenti può essere
osservata nella figura 2, nella quale si osserva per livello di reddito il risparmio d’imposta che
deriva da un figlio a carico, in assoluto ed in comparazione con le detrazioni vigenti fino al
2004.
Reddito
Un altro modo di osservare gli impatti delle deduzioni 2005-2006 in relazione alle previgenti
18
Tabella 3 - Risparmi d’imposta 2006 vs 2003-2004 per coniuge e due figli a carico
Reddito imponibile
t·DSF (2005)
Detrazioni (2003)
Risparmio
15’000
1’911
1’579
332
20’000
1’778
1’530
248
25’000
1’645
1’530
115
30’000
2’170
1’493
640
35’000
1’980
1’493
487
40’000
2’115
992
622
60’000
1’215
992
223
70’000
765
992
-227
Fonte: elaborazione su norme Irpef 2005-2006
Nella tabella si comincia con un reddito di 15’000 euro perché con redditi più bassi ci si scontra
col problema dell’incapienza (Paladini, 2003) e non si beneficia dell’aumento delle agevolazioni;
se ad es. il contribuente considerato nella tabella è un lavoratore dipendente, a legislazione 2004
era già esente fino a 12’827 euro. Come si vede dalla tabella 3, fino a 60’000 euro vi è un
risparmio d’imposta variabile; nel passaggio da un reddito di 60’000 ad uno di 70’000 avviene
un’inversione, nel senso che si passa da un guadagno di 223 ad una perdita di 227. Per
l’esattezza l’equivalenza tra vecchia detrazione e nuova deduzione si ha a 65’299. Il risparmio
fiscale con la deduzione si azzera al reddito di 87’000, dove la perdita diviene di 992.
La distribuzione del risparmio Irpef per alcune tipologie familiari in percentuale del reddito è
infine osservabile nelle figure 3 e 4 per un dipendente rispettivamente senza carichi familiari o
con coniuge e due figli a carico.
Figura 3 - Risparmio Irpef 2003 e 2005 per dipendente senza figli in % del reddito
0%
-2%
-3%
-4%
-5%
diff % 03-02
diff % 05-03
-6%
250.000
190.000
170.000
150.000
130.000
110.000
95.000
85.000
75.000
65.000
55.000
45.000
38.000
34.000
30.000
26.000
22.000
19.000
17.000
15.000
13.000
11.000
9.000
7.000
-7%
5.000
Risparmio annuo in % del reddito
-1%
Classi di reddito (imponibile addizionali locali)
19
L’Irpef italiana e le aliquote
marginali effettive 2005-2006
detrazioni è quello della tabella 3, nella quale riportiamo, nel caso di un contribuente con
coniuge e due figli a carico, per vari livelli di reddito, le deduzioni spettanti, moltiplicate per
l’aliquota marginale, le vecchie detrazioni, nonché la differenza che, se positiva, significa un
maggior risparmio d’imposta.
Figura 4 - Risparmio Irpef 2003 e 2005 per dipendente monoreddito e 2 figli in % del
reddito
-1%
Risparmio annuo in % del reddito
-2%
-3%
diff % 03-02
diff % 05-03
-4%
-5%
-6%
250.000
190.000
170.000
150.000
130.000
110.000
95.000
85.000
75.000
65.000
55.000
45.000
38.000
34.000
30.000
26.000
22.000
19.000
17.000
15.000
13.000
11.000
9.000
7.000
-7%
5.000
L’Irpef italiana e le aliquote
marginali effettive 2005-2006
0%
Classi di reddito (imponibile addizionali locali)
Si noti come i due moduli di riforma, 2003-2004 (colonnine più scure) e 2005-2006, incidano su
due segmenti di percettori quasi totalmente distinti. Per redditi superiori a 100’000 euro il
guadagno scende leggermente, tendendo verso il 2%.
Anche in questo caso è confermata la non fruibilità dei vantaggi (a causa dell’incapienza) per
percettori sotto i 13’000 euro con carichi familiari, mentre tra i 13’000 ed i 20’000 euro si nota
l’aggiunta di un leggero beneficio a quello fruito con la riforma 2003.
La ripartizione elusiva dei carichi familiari
Si è visto che prima del 2005 le detrazioni per le persone a carico erano, per larghi intervalli di
reddito, costanti. Nel caso di due coniugi percettori di reddito, la normativa o l’interpretazione
lasciavano facoltà ai coniugi circa l’attribuzione delle detrazioni. Poiché per vari intervalli di
reddito le detrazioni erano costanti, le possibilità di arbitraggio fiscale erano relativamente
minori.
Nel momento in cui, ferma rimanendo la tassazione su base individuale, le deduzioni per
familiari a carico divengono linearmente decrescenti (e foriere di risparmi d’imposta
potenzialmente maggiori), le possibilità di arbitraggio fiscale divengono maggiori, nel senso che
interessano tutte le coppie percettrici di reddito, ad eccezione del caso in cui i redditi siano
perfettamente eguali (Baldini-Bosi 2005, Rizzi-Zanette 2005).
L’interazione della deduzione (di tendenza regressiva) con la decrescenza (di tendenza
progressiva) modifica però anche la determinazione della quota ottimale di ripartizione della
deduzione tra i coniugi. Vediamo i tre casi che si possono presentare:
a) i coniugi hanno lo stesso reddito: in questo caso conviene attribuire ad uno solo il 100%
delle deduzioni, salvo problemi di incapienza;
b) i coniugi hanno redditi diversi ma appartengono allo stesso scaglione: in questo caso
conviene attribuire la deduzione al coniuge con reddito minore, a meno che non scatti un
problema di incapienza. Se ad esempio si tratta di due lavoratori dipendenti, nel caso di due
20
c) se invece i redditi sono diversi e si trovano inoltre in scaglioni differenti, per cui le aliquote
marginali legali sono diverse, può convenire in qualche caso attribuire la deduzione al
coniuge che ha il reddito maggiore: ad esempio, se il primo coniuge ha un reddito di 37’000
ed il secondo di 13’000, attribuendo la deduzione per un figlio al coniuge con reddito
maggiore la famiglia risparmia 637€ di imposta invece di 580€ (se fosse data al redditiere
minore).
Da quanto visto sembrano emergere effetti indesiderati della regolamentazione 2005-2006 delle
deduzioni per carichi familiari e della loro ripartibilità tra coniugi, in quanto foriera di aleatorietà
e di elementi di regressività.
Trappola della povertà al superamento dei limiti per familiare a
carico
Tra i casi di “trappola della povertà”, cioè di una paradossale progressività con aliquota
marginale effettiva superiore al 100%, dagli interessanti risvolti sul meccanismo del quoziente
familiare, va considerato anche quello che deriva dal limite di reddito personale per essere
considerato a carico dei genitori o di altri familiari: quando un familiare (compreso il coniuge a
carico) si trova a superare il limite di reddito (2’841 euro) oltre il quale non si è più fiscalmente a
carico, si perde il diritto alle intere detrazioni (fino al 2004 e dal 2007) o deduzioni (2005 e
2006) per carichi familiari.
In questo caso, anche quando il soggetto precedentemente a carico resta esente (in quanto
titolare di un reddito inferiore alla no tax area), l’incremento reddituale registrato comporta per
il contribuente, o al massimo per due contribuenti di quella famiglia, una perdita dell’intera
deduzione precedentemente fruita a titolo di carico di famiglia. Il contribuente interessato,
dunque, si troverebbe a sopportare un’aliquota marginale effettiva che potrebbe superare di
molto il 100%: un solo euro di crescita del reddito lordo del familiare a carico (da 2840 a 2841
euro) comporta, infatti, l’integrale perdita della detrazione o deduzione.
Si tratta dunque di un caso particolare che contribuisce a scoraggiare un incremento di reddito,
spesso generato da un aumento dell’offerta di lavoro.
Un secondo effetto indesiderato, anche questo collegato alla condizione di “familiare a carico”,
è una forma di iniquità orizzontale: un contribuente con un familiare a carico non titolare di
reddito è sottoposto al medesimo prelievo di un altro contribuente in cui il familiare a carico
possiede redditi, sia pure di importo inferiore alla soglia dei 2840 euro. In altri termini, a fronte
di un reddito familiare differenziato, corrisponde un identico prelievo Irpef.
Si noti che l’eventuale introduzione di un quoziente familiare che continuasse ad escludere dalla
base imponibile ai fini Irpef i redditi dei figli ed altri familiari inferiori alla soglia per essere a
carico accentuerebbe il problema, perché il superamento di un solo euro della soglia da parte di
un figlio comporterebbe non solo la perdita delle relative agevolazioni familiari, ma anche la
riduzione del quoziente, dovuta all’uscita del soggetto dal nucleo fiscale, e dunque l’aumento
dell’Irpef dovuta.
21
L’Irpef italiana e le aliquote
marginali effettive 2005-2006
figli, il reddito minore deve comunque essere pari o superiore a 11’663, altrimenti non
potrebbe essere sfruttata pienamente la deduzione. Se il reddito minore derivasse invece da
lavoro autonomo, la soglia scenderebbe a 9’226;
L’evoluzione dell’Irpef nel 2007
L’EVOLUZIONE DELL’IRPEF NEL 2007
I
l Disegno di Legge Finanziaria per il 2007 ha prospettato modifiche sostanziali all’Irpef
previgente, con ripercussioni sulle aliquote marginali corrispondenti alle varie situazioni.
In sintesi, la nuova Irpef è fondata su nuovi scaglioni ed aliquote7, ma anche su detrazioni
decrescenti con continuità per tipo di reddito e per carichi familiari in luogo delle precedenti
deduzioni.
Resterebbero quasi uguali le detrazioni per oneri, pari al 19% di spese ritenute meritorie e
sostanzialmente indipendenti dal reddito guadagnato (ma non dalle condizioni di lavoro e di
vita: una famiglia bireddito usufruisce generalmente di meno tempo da dedicare alla cura della
casa e dei figli e, dunque, tende a spendere maggiormente per talune spese, la cui detraibilità
diventa perciò dirimente).
Poiché non viene prevista una detrazione minima valida per tutti, l’Irpef 2007 abolisce di fatto
la no tax area generalizzata ottenuta con la deduzione di base valevole per qualsiasi tipo di
reddito (3’000 euro), lasciando in diminuzione del reddito imponibile solo gli oneri deducibili
(essenzialmente costituiti da contributi obbligatori previdenziali, contributi per i fondi pensione
complementari, assegni corrisposti al coniuge separato, rendita catastale dell’abitazione
principale).
Numero e ampiezza degli scaglioni, nonché le aliquote marginali legali, sono riportati nella
seguente tabella.
Tabella 4 - Aliquote e scaglioni con la Legge Finanziaria 2007
Reddito imponibile erariale
Aliquota %
Fino a 15’000 euro
23%
Da 15’000 a 28’000 euro
27%
Da 28’000 a 55’000 euro
38%
Da 55’000 a 75’000 euro
41%
Oltre 75’000 euro
43%
Fonte: Disegno di Legge Finanziaria per il 2007
Si nota un aumento del numero di aliquote e scaglioni da 4 a 5, la costanza dell’aliquota minima,
7
22
Nell’analisi dell’Irpef e delle aliquote marginali 2007 lo studio considera il testo del DDL Finanziaria 2007 presentato alle
Camere, sebbene esso è soggetto a piccole modifiche nel corso del lungo dibattito parlamentare.
Dipendenti:
ƒ
ƒ
ƒ
YC inferiore a 8’000 euro: 1’840 euro
YC tra 8’000 e 15’000 euro: 1’338 + 502 • [(15’000-YC)/7’000]
YC tra 15’000 e 55’000: 1’338 • [(55’000-YC)/40’000]
Pensionati:
ƒ
ƒ
ƒ
YC inferiore a 7’500 euro: 1’725 euro
YC tra 7’500 e 15’000 euro: 1’255 + 470 • [(15’000-YC)/7’500]
YC tra 15’000 e 55’000: 1255 • [(55’000-YC)/40’000]
Autonomi:
ƒ
ƒ
YC inferiore a 4’800 euro: 1’104 euro
YC tra 4’800 e 55’000: 1’104 • [(55’000-YC)/50’200]
È stato dunque cercato un tipo di decrescenza non costante della percentuale spettante,
essendo essa data dall’andamento differenziato per due-tre scaglioni di reddito complessivo.
Per i carichi familiari sono previste altre detrazioni decrescenti in base al reddito complessivo, al
tipo ed al numero di familiari a carico (cioè con reddito complessivo inferiore a 2’841 euro).
Coniuge a carico: 800 • [(80’000-YC)/80’000]
Figli a carico: nfigli • (800)8 • [(80’000+nfigli•15’000-YC)/(80’000+ nfigli•15’000]
Altri familiari a carico: naltri • 750 • [(80’000-YC)/80’000]
Aspetto non trascurabile, Ai fini della definizione dell’aliquota marginale effettiva di ingresso
nel mercato del lavoro, è che se i due coniugi non sono a carico devono obbligatoriamente
dividersi al 50% il carico dei figli, calcolando di conseguenza la detrazione spettante in base al
reddito individuale.
Questo aspetto non supera del tutto le incongruenze tra volontà di attribuire un beneficio
fiscale per carichi familiari decrescente al crescere del reddito (evidentemente familiare) e
concreta attribuzione, in alcuni casi, di un maggior beneficio a famiglie con reddito
(complessivo, pro capite o equivalente) più elevato di altre.
Le aliquote marginali effettive 2007
Attraverso l’applicazione delle aliquote legali per scaglione si individua l’imposta “lorda” del
8
L’importo è aumentato di 100 euro per figlio minore di tre anni, di 70 se con handicap, di 200 per ciascun figlio se il
numero dei figli è maggiore di 3.
23
L’evoluzione dell’Irpef nel 2007
l’applicazione di quella massima a partire da un reddito più basso, ed un salto di aliquota
marginale nominale molto elevato (dal 27% al 38%) al superamento dei 28’000 euro,
evidentemente divenuti la nuova soglia di riferimento per i redditi bisognosi di maggior tutela.
Le due nuove detrazioni decrescenti, per tipo di reddito e per carichi familiari, sono entrambe
inversamente correlate al livello del reddito complessivo, attraverso formule piuttosto
farraginose che possono essere riassunte come segue.
La detrazione potenziale per tipo di reddito è prevista e differenziata per dipendenti e
collaboratori (1’840 euro, rapportati al periodo lavorato e comunque non inferiori a 690 euro),
pensionati (1’725 euro, rapportati al periodo di fruizione della pensione e comunque non
inferiori a 690 euro) e per i lavoratori autonomi con partita Iva e contabilità semplificata (1’104
euro, senza riferimento ai giorni o mesi lavorati e senza valore minimo).
La detrazione effettiva, funzione del tipo e del livello del reddito complessivo (per semplicità
indicato anche con YC in seguito), si determina come segue per le tre tipologie di reddito
complessivo:
L’evoluzione dell’Irpef nel 2007
contribuente, cioè al lordo delle detrazioni.
Tuttavia, ciò che risulta rilevante per il contribuente non è l’aliquota marginale legale, ma quella
effettiva, cioè la variazione d’imposta a seguito di un aumento unitario di reddito.
Si è verificato che nel periodo 2005-2006 le aliquote marginali effettive sono state molto diverse
da quelle legali e prive di giustificazioni dal punto di vista dell’efficienza economica come
dell’azione redistributiva.
Le modifiche indicate nel Disegno di Legge Finanziaria per il 2007 pongono rimedio ad alcune
incongruenze della precedente normativa, anche se il problema del numero e dell’andamento
ballerino delle aliquote marginali effettive non è del tutto superato.
Ipotizzando l’assenza di oneri deducibili, e quindi la coincidenza tra reddito complessivo e base
imponibile, e l’assenza di oneri detraibili, è possibile individuare9 le aliquote marginali effettive
(tabelle 5, 6 e 7) per alcune importanti tipologie familiari, risultanti dalla struttura d’imposta
ipotizzata dal Disegno di Legge Finanziaria 2007 presentato al Parlamento.
Tabella 5 - Aliquote marginali effettive per un dipendente senza carichi di famiglia
Scaglioni di reddito complessivo
Aliquote marginali effettive
Fino a 8’000
0%
Da 8’000 fino a 28’000
30%
Da 28’000 fino a 75’000
41%
Oltre 75’000 euro
43%
Fonte: elaborazioni Pellegrino (2006) su Disegno di Legge Finanziaria per il 2007
Tabella 6 - Aliquote marginali effettive per un dipendente con moglie a carico
Scaglioni di reddito complessivo
Aliquote marginali effettive
Fino a 10’310
0%
Da 10’311 fino a 28’000
31%
Da 28’000 fino a 75’000
42%
Da 75’000 fino a 80’000
44%
Oltre 80’000
43%
Fonte: elaborazioni Pellegrino (2006) su Disegno di Legge Finanziaria per il 2007
Tabella 7 - Aliquote marginali effettive per un dipendente con moglie e figlio a carico
Scaglioni di reddito complessivo
Aliquote marginali effettive
Fino a 12’538
0%
Da 12’539 fino a 28’000
32%
Da 28’000 fino a 75’000
43%
Da 75’000 fino a 80’000
45%
Da 80’000 fino a 95’000
44%
Oltre 95’000
43%
Fonte: elaborazioni Pellegrino (2006) su Disegno di Legge Finanziaria per il 2007
Come si vede, con qualche variazione legata alla tipologia familiare si possono individuare tre
gruppi di aliquote marginali:
a) una soglia di reddito esente, sotto la quale dunque l’aliquota marginale è nulla e l’incentivo
all’offerta di lavoro ed all’incremento di reddito massimo;
9
24
Come ha fatto di recente Pellegrino (2006) con interessanti comparazioni con l’Irpef precedente.
b) un’aliquota di poco superiore al 30%, che permane tale fino a circa 28’000 euro di reddito
imponibile individuale;
Va aggiunto, ai fini delle analisi in termini di aliquote marginali effettive, che anche i nuovi
assegni familiari, per le famiglie con prevalenza di lavoro dipendente e assimilato, sono
decrescenti (con maggiore continuità che in precedenza) in maniera differenziata prima e dopo
una soglia che dipende dalla tabella applicata, cioè dal numero dei figli a carico e da altre
caratteristiche.
Pur nelle differenze delle varie tabelle, che qui per semplicità di esposizione non vengono
riportate10, è importante rilevare che al di sotto di soglie non lontane dai citati 28’000 euro la
decrescenza è più forte e quantificabile attorno ai 10 punti percentuali del maggior reddito
familiare; oltre queste soglie, la decrescenza si attenua fortemente, tra 1 e 4 punti percentuali.
Ne consegue che, per dipendenti ed assimilati con carichi di famiglia, le aliquote marginali che
tengano conto anche della decrescenza degli assegni spettanti sono abbastanza costantemente
attorno al 40%, appena superata la soglia di esenzione Irpef (che è vicina a quella entro la quale
gli assegni non decrescono e sono erogati con l’ammontare massimo); al di sotto di essa, invece,
è confermata un’aliquota marginale nulla o quasi11.
10
11
Anche queste assunzioni sono fondate sul DDL Finanziaria per il 2007 presentato al Parlamento il 30 settembre 2006;
poiché esso demanda i dettagli ad un successivo Decreto applicativo, sono parzialmente indeterminati i meccanismi dei
nuovi assegni per il nucleo familiare.
L’aliquota effettiva è ancora maggiore se si considera anche la contribuzione previdenziale che grava senza franchigie, ed
anzi in alcuni casi con minimali, sulla gran parte dei redditi da lavoro.
25
L’evoluzione dell’Irpef nel 2007
c) aliquote leggermente differenziate ma superiori al 40% oltre la soglia dei 28’000 euro,
evidentemente ritenuta uno spartiacque per differenziare nettamente sia l’aliquota
marginale, sia l’impatto redistributivo.
Un quoziente familiare per l’Italia
e le aliquote di ingresso al lavoro
UN QUOZIENTE FAMILIARE PER
L’ITALIA E LE ALIQUOTE DI
INGRESSO AL LAVORO
S
i è visto come l’impostazione individuale dell’Irpef italiana lasci ampio spazio a riduzioni
d’imposta legate alle caratteristiche del nucleo familiare, con ciò inserendosi all’interno dei
sistemi di fatto misti tra l’approccio individuale e quello familiare.
Sono state anche quantificate numerose aliquote marginali effettive, collegate alle diverse Irpef
succedutesi, alle tipologie familiari ed ai livelli di reddito, osservando nell’insieme che, al
superamento di soglie piuttosto modeste di circa mille euro mensili lordi, le aliquote marginali
effettive sono molto elevate, sopra al 40% per dipendenti con carichi familiari.
In questo capitolo si intende approfondire l’ipotesi di un passaggio dell’Irpef alla logica del
quoziente familiare, i cui impatti risultano rilevanti essenzialmente sotto tre profili:
¾ culturale-sociale, per il passaggio da una logica individuale ad una familiare dei redditi, e
quindi delle potenzialità di scelta e di consumo tese ad un soddisfacente tenore di vita;
¾ redistributivo, per la attenuazione delle differenze di aliquota media che un meccanismo
fondato sui redditi familiari anziché individuali comporta;
¾ di partecipazione al mercato del lavoro, per gli effetti di incentivo-disincentivo al lavoro
retribuito che una tassazione familiare può indurre nei singoli componenti, ed in particolare
nelle donne.
Dalla rassegna iniziale si è ricavata la peculiarità del quoziente familiare da diversi punti di vista,
ed in particolare da quello attento agli impatti sull’offerta di lavoro attraverso le aliquote
marginali effettive. Nella sua versione canonica, il quoziente tassa il coniuge che entra nel
mercato del lavoro con l’aliquota marginale corrispondente al reddito familiare e non
individuale, cosicché l’aliquota d’ingresso risulta più elevata di quella che graverebbe sullo stesso
percettore se tassato individualmente.
Un esempio può chiarire la questione. Nel caso, non infrequente, di divisione del lavoro
interna ad una famiglia benestante e con un figlio a carico, con marito ad alto reddito (150’000
euro) e moglie casalinga, un eventuale lavoro di quest’ultima part-time o a collaborazione, con
reddito attorno ai 10’000 euro, sarebbe tassato con aliquota vicina allo zero nello schema Irpef
individuale, mentre subirebbe l’aliquota marginale rispetto al reddito familiare
26
¾ nel caso in cui un coniuge con la quota di reddito inferiore decidesse di ritirarsi dal lavoro
per dedicarsi ad es. ai figli ed alla casa (è una scelta molto più frequentemente femminile), la
perdita di reddito netto sarebbe inferiore nel caso di vigenza del quoziente familiare, e tanto
minore quanto più fosse alto il reddito del coniuge che restasse al lavoro;
¾ nel caso in cui due coniugi bireddito avessero un reddito molto differenziato (ad es.
dirigente ed insegnante part-time), l’incremento di reddito conseguente ad un aumento del
lavoro da parte del coniuge a più basso reddito (ad es. il passaggio a full time, o l’aumento
degli straordinari) verrebbe tassato ad un’aliquota corrispondente al più elevato reddito
familiare quozientizzato, piuttosto che a quella individuale;
¾ per converso, il coniuge a più alto reddito (che statisticamente è però già caratterizzato da
un’offerta personale di lavoro vicina ai massimi) avrebbe più interesse (in termini di reddito
netto marginale) ad aumentare il suo lavoro, o a non ridurlo.
Dunque, lo spettro delle influenze del meccanismo del quoziente sui comportamenti inerenti il
mercato del lavoro è più ampio di quello, pur prevalente, riconducibile al solo ingresso della
moglie casalinga.
La distribuzione delle famiglie e dei loro redditi dichiarati
Per meglio individuare un’ipotesi di riforma di tipo quoziente familiare appare utile osservare
preliminarmente la struttura e la distribuzione delle famiglie italiane e del loro reddito.
Nella tabella che segue è possibile osservare la distribuzione delle famiglie di fatto e “fiscali”
italiane, come derivate dall’indagine biennale sui bilanci delle famiglie effettuata per il 2004 dalla
Banca d’Italia (2006) e dal modello di microsimulazione fiscale Rices da essa derivato. I nuclei
familiari ai fini Irpef sono quelli costituiti dai coniugi, in qualunque condizione reddituale,
nonché da figli e altri familiari conviventi, perché con reddito complessivo inferiore a 2’841
euro13.
Questa distribuzione aiuta a comprendere la struttura familiare italiana “di fatto” e quanto essa
differisca ai fini Irpef: l’enorme numero di nuclei fiscali monocomponente è dovuto non solo
alla crescente presenza e tendenza degli anziani soli, aspetto rilevato con intensità dimezzata
anche dalla distribuzione delle famiglie di fatto, ma anche al superamento generalizzato della
soglia di 2841 euro annui da parte di qualsiasi anziano percettore di una pensione, oltre che, con
frequenza minore, da single giovani o adulti.
Un risultato più generale della bassa soglia per essere considerati a carico è anche un numero di
famiglie fiscali molto più elevato rispetto a quelle di fatto: quasi 28 milioni contro un numero
attorno ai 22,5 milioni delle famiglie di fatto individuate dall’indagine Banca d’Italia e di quelle
anagrafiche rilevate dall’Istat.
12
13
Qui e in seguito si usa per immediatezza il termine gergale di reddito “quozientizzato” per tener conto del particolare
meccanismo del quoziente familiare, che prima divide il reddito per un coefficiente di numerosità virtuale familiare,
ottenendo appunto un particolare concetto di reddito, vicino a quello procapite o equivalente, per poi tassarlo secondo le
aliquote e gli scaglioni vigenti e rimoltiplicare infine l’imposta ottenuta nuovamente per lo stesso coefficiente. In pratica è il
modo per tassare un reddito familiare sottoponendolo ad un’aliquota media pro capite o equivalente.
Questa soglia di reddito per essere considerati a carico, estremamente bassa e ferma da molti anni, include nella famiglia
fiscale quasi esclusivamente i giovani figli che studiano o comunque non lavorano, considerato che per gli adulti e gli
anziani qualunque trattamento pensionistico o assistenziale, anche di invalidità civile, fa superare tale soglia annua.
27
Un quoziente familiare per l’Italia
e le aliquote di ingresso al lavoro
“quozientizzato12” (150’000 euro diviso 2,5, con i coefficienti francesi) in caso di quoziente
familiare. La differenza sarebbe consistente, in misura dipendente dal profilo di progressività
scelto per la specifica Irpef con quoziente familiare.
Si noti che questo meccanismo, prevalentemente disincentivante l’offerta di lavoro, opera sia in
senso inverso (cioè in caso di riduzione dell’offerta) che nel caso di famiglia bireddito con un
coniuge a livello di reddito significativamente più elevato dell’altro:
Un quoziente familiare per l’Italia
e le aliquote di ingresso al lavoro
Tabella 8 - Distribuzione 2004 tipologie famiglie “di fatto” e “fiscali” italiane
Tipologie famiglie
Famiglie di fatto
Famiglie fiscali
Val. ass.
%
Val. ass.
%
Unicomponente
5’522’983
24,6
11’965’473
42,8
Monoparentale con familiari
2’640’527
11,8
1’392’857
5,0
Coppia monoreddito senza figli
1’610’314
7,2
2’537’203
9,1
Coppia bireddito senza figli
2’997’361
13,4
4’093’870
14,7
Coppia monoreddito + un figlio
1’862’250
8,3
1’871’488
6,7
Coppia bireddito + un figlio
2’265’718
10,1
1’941’786
7,0
Coppia monoreddito + figli
3’013’730
13,4
2’213’899
7,9
Coppia bireddito + figli
2’520’717
11,2
1’907’923
6,8
22’433’600
100,0
27’924’500
100,0
Totale famiglie
Fonte: modello di microsimulazione Rices su dati indagine Banca d’Italia redditi 2004
Colpisce anche che oltre il 20% delle famiglie di fatto e quasi il 25% di quelle fiscali sia
costituito da coppie monoreddito o bireddito senza figli, segno anche dei bassi tassi di fecondità
che caratterizzano l’Italia più degli altri paesi europei, aspetto di cui occorre tener conto nel
ridisegnare l’Irpef.
Appare utile osservare anche la distribuzione dei redditi familiari (in questo caso nella sola
accezione fiscale, quella di riferimento per l’applicazione dell’Irpef e del quoziente). Nella
tabella 9 si possono osservare i redditi medi lordi 2006 dei quasi 28 milioni di famiglie fiscali
distribuiti per classi di reddito familiare.
Tabella 9 - Distribuzione redditi lordi 2006 famiglie fiscali italiane per classi
Classi di reddito lordo familiare
Medie (euro)
Numero famiglie
Fino a 5’000 euro
2’648
714’003
5-10 mila euro
7’682
3’068’426
10-15 mila euro
12’648
3’878’142
15-20 mila euro
17’785
4’235’370
20-25 mila euro
22’486
4’101’773
25-30 mila euro
27’370
2’716’978
30-35 mila euro
32’476
2’111’969
35-40 mila euro
37’646
1’292’525
40-45 mila euro
42’501
1’248’318
45-50 mila euro
47’520
1’002’438
50-60 mila euro
54’491
1’180’509
60-80 mila euro
68’583
1’208’500
80-120 mila euro
95’346
775’199
221’895
390’349
30’157
27’924’500
Oltre 120 mila euro
Totale
Fonte: modello di microsimulazione Rices su indagine Banca d’Italia redditi 2004
Infine, nella tabella 10 è riportata la distribuzione dei redditi familiari lordi 2006 (comprensivi
dei contributi previdenziali a carico) per le citate tipologie di famiglia fiscale.
28
Tipologie famiglie fiscali
Medie
Numero famiglie
Single fiscale
20’195
11’965’473
Monoparentale con familiare a carico
21’618
1’392’857
Coppia monoreddito senza figli
24’650
2’537’203
Coppia bireddito senza figli
41’172
4’093’870
Coppia monoreddito + un figlio
28’417
1’871’488
Coppia bireddito + un figlio
56’190
1’941’786
Coppia monoreddito + figli
28’448
2’213’899
Coppia bireddito+ figli
59’745
1’907’923
Totale
30’157
27’924’500
Fonte: modello di microsimulazione Rices su indagine Banca d’Italia redditi 2004
Si noti che le differenze di reddito medio tra le diverse tipologie di famiglia non dipendono
tanto dal numero di figli, quanto dalla caratterizzazione di famiglia monoreddito o bireddito,
con il reddito medio di quest’ultima di gran lunga superiore e tale da configurare differenze
notevoli di reddito procapite o equivalente.
L’ipotesi di quoziente ideata
Sulla base delle considerazioni di metodo e delle evidenze empiriche si è provato ad immaginare
un quoziente familiare che da un lato tenesse conto della struttura familiare italiana e di quella
vigente dell’Irpef, indicativa in qualche modo di preferenze nazionali consolidate, e dall’altro
attenuasse gli effetti indesiderati sull’offerta di lavoro sotto il particolare aspetto dell’ingressouscita di uno dei due coniugi.
Pur nell’ambito della scelta di adottare il quoziente familiare, sono infatti possibili tecnicamente
diverse soluzioni, ognuna delle quali caratterizzata da vantaggi legati a specifici obiettivi. In
questa sede sono state privilegiate le soluzioni che attenuerebbero l’effetto negativo del
quoziente sull’offerta di lavoro.
Prendendo a riferimento la tassazione vigente nel 2006 e nel 2007, un primo problema è stato
come trattare la decrescenza delle deduzioni per tipo di reddito (dal 2007 sostituite da
detrazioni anch’esse decrescenti). La decrescenza, infatti, è stata pensata e realizzata
esplicitamente come un elemento di determinazione della progressività, nell’ambito di un
numero di aliquote ridotto.
Applicare le deduzioni decrescenti (o parte di esse) a redditi individuali, prima di procedere
all’aggregazione per nucleo familiare e poi al meccanismo del quoziente (divisione, imposta
lorda pro capite e rimoltiplicazione), vuol dire mantenere un elemento di progressività
individuale, stante l’attenuazione della stessa operata dal meccanismo del quoziente. Ciò
contribuirebbe ad attenuare sia l’applicazione di aliquote marginali interamente familiari, con i
suoi effetti indesiderati, sia la riduzione di progressività individuale che inevitabilmente il
quoziente produce.
Più in generale va sottolineato che, così come l’impianto Irpef individuale può facilmente
coniugarsi con dettagli che prendono a riferimento la famiglia, la sua composizione ed i suoi
redditi, il meccanismo familiare per eccellenza, qual è il quoziente, può recepire aspetti ancora
centrati sul reddito individuale.
Considerato poi che le deduzioni per tipo di reddito rivestono anche una natura di
29
Un quoziente familiare per l’Italia
e le aliquote di ingresso al lavoro
Tabella 10 - Distribuzione redditi lordi 2006 famiglie “fiscali” italiane per tipologia di
famiglia
Un quoziente familiare per l’Italia
e le aliquote di ingresso al lavoro
compensazione di costi di produzione (individuale) del reddito, si è ritenuto opportuno
ipotizzare l’uso delle deduzioni per tipo di reddito a riduzione del reddito individuale, prima
cioè dell’aggregazione familiare.
Per le agevolazioni familiari si è invece scelto in primo luogo di optare per le detrazioni
piuttosto che le deduzioni, stanti i difetti delle deduzioni decrescenti già descritti; in secondo
luogo, anche qui coerentemente con le considerazioni svolte, si è ipotizzata una decrescenza
collegata al reddito familiare, analoga a quella suggerita nel 2005 dal Secit14 e perciò modificata
rispetto a quelle 2006 e 2007.
Per quanto concerne aliquote e scaglioni, si è preferito mantenere quelle del sistema 2005-2006
per semplicità e, soprattutto, in considerazione del gran numero di nuclei fiscali di una sola
persona (il 42%, pari a quasi 12 milioni, rilevato nella tabella 6) che non trarrebbero alcun
beneficio dal quoziente e, invece, subirebbero un aggravio dall’eventuale innalzamento delle
aliquote.
Infine, un aspetto cruciale di questa ipotesi di quoziente è stato quello di definire i coefficienti,
o pesi, da assegnare ai singoli familiari per pervenire, mediante somma, al quoziente applicabile.
Anche qui la ricerca di una soluzione non disincentivante l’ingresso al lavoro, insieme a quella
di non deprimere eccessivamente il gettito con riforma15, ci ha spinto ad una modifica rispetto
al quoziente tipo, consistente nel dimezzare il coefficiente per l’eventuale coniuge a carico, oltre
che per ogni figlio.
È questo un aspetto cruciale per la progettazione di un Irpef fondata sul quoziente: abbassare il
coefficiente di un componente della famiglia vuol dire ridurre il divisore del reddito familiare e,
per questa via, il vantaggio che deriva dal calcolo dell’imposta “quozientizzata” prima della
rimoltiplicazione.
Aver fissato il peso 1 non solo per il capofamiglia, ma anche per il coniuge percettore di redditi
(in misura sufficiente per non essere a carico), è stato determinato dal perseguimento di due
obiettivi:
1. voler evitare un aggravio di tassazione per i nuclei bireddito senza figli e con analogo
reddito dei due coniugi;
2. dare pieno vantaggio dalla riduzione della progressività, non legata alla presenza di carichi
familiari, a tutti i coniugi bireddito senza figli e con forti differenze di reddito, accettando
ovviamente i già commentati effetti minori indesiderati di disincentivo all’aumento
dell’offerta di lavoro per il coniuge a minor reddito.
Ecco dunque in dettaglio l’impianto ipotizzato e testato:
¾ mantenimento delle deduzioni decrescenti 2006 per tipo di reddito (7’500 euro per il
dipendente, 7’000 per il pensionato, 4’500 per l’autonomo, 3’000 per altri redditi) e della
formula individuale di decrescenza16 per pervenire alle deduzioni individuali spettanti;
¾ detrazioni “potenziali” per carichi familiari sostanzialmente equivalenti alle deduzioni 2006:
800 euro per il coniuge, per ciascun figlio e altro familiare a carico, maggiore detrazione
(150 euro) per figlio minore di tre anni, disabile o da nucleo monoparentale, stessi
denominatore e formula per il calcolo della detrazione spettante, ma con aggancio al reddito
familiare anziché individuale17;
14
15
16
17
30
Il Secit (2005), nell’ambito dei lavori del Senato in tema di tassazione della famiglia, suggerì ad es. un meccanismo, pur nel
quadro di un’Irpef individuale, di deduzioni familiari decrescenti in base al reddito familiare e non individuale, al fine di
evitare la ripartizione elusiva dei carichi dei figli e di allocare gli sconti fiscali familiari sulla base di un indicatore più
appropriato di capacità contributiva.
Sebbene l’adozione del quoziente implica di fatto l’accettazione di una riduzione del gettito, se questa fosse eccessiva
altererebbe in maniera sostanziale il confronto tra le aliquote marginali, aspetto centrale di questo lavoro, oltre che risultare
premessa di altri aggiustamenti fiscali.
Cioè la percentuale spettante definita dal rapporto [(26000+Deduz-Reddito indiv.)/26000].
In pratica la percentuale spettante diventa: [(78000+Detraz fam –Reddito famil.)/78000].
¾ stessi scaglioni ed aliquote 2005-2006 (23% fino a 26’000 euro, 33% fino a 33’500, 39% fino
a 100’000 e 43% oltre), ma applicati al reddito quozientizzato, cioè a quello familiare diviso
per il quoziente. L’Irpef lorda familiare si otterrebbe ovviamente rimoltiplicando l’imposta
quozientizzata per il quoziente;
¾ stesse detrazioni per gli oneri (spese mediche e farmaceutiche, interessi sui mutui,
assicurazioni vita, erogazioni liberali, ecc.) ed altre detrazioni oggi vigenti (ristrutturazioni
immobiliari, credito per il riacquisto prima casa), da sottrarre all’imposta lorda familiare per
ottenere quella netta dovuta;
¾ assenza di una clausola di salvaguardia rispetto all’Irpef vigente o previgente, intesa come
minore Irpef tra quella familiare da quoziente e la somma di quelle dovute dai vari
componenti della famiglia fiscale. Le ragioni di questa scelta giacciono sia nelle scelte
metodologiche adottate, già volte a minimizzare le perdite di reddito netto rispetto alla
situazione esistente, sia nella maggiore semplicità di comparazione delle aliquote marginali
tra nuova e vecchia Irpef.
Gli impatti attesi
Con questo impianto di riforma va in primo luogo preventivata una perdita di gettito di circa 7
miliardi di euro, relativamente contenuta, grazie alle varianti illustrate, rispetto a quanto
potrebbe derivare da una canonica applicazione del quoziente alla francese.
Si otterrebbero in secondo luogo gli impatti di carico e reddito, medi e per classi, desumibili
nella tabella 11 e nelle figure 5 e 6.
Tabella 11 - Impatti medi (in euro) e incidenze % ipotesi quoziente per classi di
reddito familiare
Incidenza %
Medie
Medie
su reddito
reddito
Irpef fam.
variaz. Irpef complessivo
con
quoziente su
familiare
quoziente
2006
2006
Classi di reddito
familiare lordo
2006
Medie
Numero Irpef
famiglie fam.
2006
Fino a 5000 €
649’181
4
4
5-10 k€
3’034’786
154
154
10-15 k€
3’574’314
976
966
15-20 k€
3’852’309
2’037
2’005
20-25 k€
4’485’799
3’025
2’966
25-30 k€
2’583’182
4’039
30-35 k€
2’218’331
5’148
35-40 k€
1’383’959
40-45 k€
1’277’579
993’507
45-50 k€
0,0%
Incidenza su
Incidenza su
reddito fam. reddito fam. con
ipotesi
con Irpef
quoziente
2006
2’553
0,2%
0,2%
0,0%
7’523
2,0%
2,0%
-0,1%
12’313
7,9%
7,8%
-0,2%
17’025
12,0%
11,8%
-0,3%
21’436
14,1%
13,8%
3’968
-0,3%
26’038
15,5%
15,2%
5’071
-0,3%
30’768
16,7%
16,5%
6’130
6’018
-0,3%
35’643
17,2%
16,9%
7’501
7’263
-0,6%
40’296
18,6%
18,0%
8’452
8’059
-0,9%
44’755
18,9%
18,0%
50-60 k€
1’355’183 10’282
9’776
-1,0%
51’466
20,0%
19,0%
60-80 k€
1’249’324 14’953
13’583
-2,1%
64’538
23,2%
21,0%
826’992 23’258
20’966
-2,6%
89’682
25,9%
23,4%
440’054 67’818
64’151
-1,8%
209’311
32,4%
30,6%
5’033
-0,9%
28’635
18,5%
17,6%
80-120 k€
Oltre 120 k€
Totale
27’924’500
5’286
Fonte: modello di microsimulazione Rices su indagine Banca d’Italia redditi 2004
31
Un quoziente familiare per l’Italia
e le aliquote di ingresso al lavoro
¾ pesi dei familiari, al fine della definizione per somma del quoziente, pari a 1 per ciascun
coniuge percettore non a carico e 0,5 per ogni altro familiare a carico (compreso quindi il
coniuge a carico e ogni altro componente della famiglia fiscalmente definita);
35%
30%
Incidenza % carico su reddito
incidenza quoziente
incidenza 2006
25%
20%
15%
10%
5%
oltre 120 keuro
Classi di reddito lordo familiare 2005
80-120 keuro
60-80 keuro
50-60 keuro
45-50 k€
40-45 k€
35-40 k€
30-35 k€
25-30 k€
20-25 k€
15-20 k€
10-15 k€
5-10 k€
fino a 5000 €
0%
Figura 6 - Variazioni medie carico familiare in % del reddito - Ipotesi quoziente su
2006
0,0%
-0,3% -0,3%
Variazione % carico per classe
-0,6%
-0,9%
-1,0%
-1,0%
-1,8%
-2,1%
-2,0%
-2,6%
oltre 120 keuro
60-80 keuro
50-60 keuro
45-50 k€
80-120 keuro
Classi di reddito familiare
40-45 k€
35-40 k€
30-35 k€
25-30 k€
20-25 k€
15-20 k€
10-15 k€
5-10 k€
-3,0%
< 5000 €
Un quoziente familiare per l’Italia
e le aliquote di ingresso al lavoro
Figura 5 - Incidenza su reddito complessivo Irpef ipotesi quoziente su 2006
Da essi si evince soprattutto la riduzione della progressività e dell’azione redistributiva operata
dal quoziente, pur con le varianti ipotizzate.
In particolare le figure 5 e 6 evidenziano come la riduzione dell’incidenza sul reddito operi quasi
esclusivamente al di sopra dei 40’000 euro di reddito familiare, confermando la
caratterizzazione del quoziente soprattutto come riduttore di progressività. Nella tabella 12 si
osserva invece l’impatto per tipologia familiare.
32
Tabella 12 - Medie (in euro) e incidenze ipotesi di quoziente per tipo di famiglia
Tipo di famiglia
Irpef
fam.
2006
Medie
Irpef
fam.
con
quoziente
Incidenza su
Medie
reddito variaz.
reddito
Irpef quoziente complessivo
su 2006
familiare 2006
Incidenza Incidenza
su reddito su reddito
fam. con
fam. con
Irpef
ipotesi
2006
quoziente
Single fiscale
3’548
3’550
0,0%
19’283
18,4%
18,4%
Monoparentale con fam a carico
3’129
2’847
-1,4%
20’343
15,4%
14,0%
Coppia monoreddito no figli
4’275
4’000
-1,1%
23’936
17,9%
16,7%
Coppia bireddito senza figli
7’534
7’282
-0,6%
39’751
19,0%
18,3%
4’669
4’082
-2,2%
27’000
17,3%
15,1%
10’748
10’154
-1,1%
52’824
20,3%
19,2%
Coppia monoreddito + un figlio
Coppia bireddito + un figlio
Coppia monoreddito + figli
Coppia bireddito + figli
Totale
3’898
3’395
-1,9%
26’568
14,7%
12,8%
10’939
10’096
-1,5%
55’126
19,8%
18,3%
5’286
5’033
-0,9%
28’635
18,5%
17,6%
Fonte: modello di microsimulazione Rices su indagine Banca d’Italia redditi 2004
Come era logico attendersi, l’impatto del quoziente premia maggiormente le famiglie con figli e
quelle monoreddito. Le coppie senza figli si collocano su un beneficio minore, dovuto alle
differenze tra i redditi dei due coniugi, mentre i nuclei monocomponente riescono ad evitare
una perdita di reddito netto grazie alla conferma di aliquote e scaglioni 2006.
Le aliquote marginali effettive col quoziente
Per quanto concerne le aliquote marginali effettive e l’influenza che esse potrebbero avere
sull’ingresso al lavoro, la specifica versione di quoziente qui ipotizzata ottiene, come voluto,
risultati meno disincentivanti.
Data la complessità delle interazioni tra deduzioni decrescenti per tipo di reddito e per carichi
familiari, aliquote legali, quoziente e tipologie familiari, redditi medi dei vari sottogruppi, pare
utile utilizzare il modello di microsimulazione fin qui usato per calcolare aliquote marginali
riferite alle effettive situazioni familiari (comprese le diverse detrazioni per oneri)
corrispondenti alle diverse tipologie di famiglia che abbiamo qui classificato.
Nelle tabelle che seguono si osservano l’Irpef, le aliquote medie e marginali di fatto che
graverebbero per diverse tipologie di famiglie con l’ipotesi di quoziente qui delineata in
comparazione con l’Irpef 2006.
Per quanto riguarda gli impatti per classi di reddito si trova conferma che con questa ipotesi di
quoziente non si osservano andamenti troppo diversi da quelli visti per l’Irpef individuale, se
non un’intensità inferiore delle aliquote medie e marginali per i redditi familiari più elevati,
dovuta alla forte differenziazione media dei redditi individuali mediamente presente in queste
famiglie.
Per quanto concerne la tabella 14 va segnalato che ogni tipologia familiare ha un diverso livello
di reddito, che condiziona l’entità dell’aliquota di un’imposta progressiva come l’Irpef.
Dall’osservazione dell’insieme delle aliquote medie, indicatrici della pressione operata dall’Irpef,
si trova conferma che sarebbero i nuclei di un solo componente a subire le aliquote più elevate,
mentre registrerebbero aliquote medie inferiori tutte le tipologie di famiglie bireddito,
beneficiate da un quoziente costruito per essere più favorevole per loro.
33
Un quoziente familiare per l’Italia
e le aliquote di ingresso al lavoro
Medie
Un quoziente familiare per l’Italia
e le aliquote di ingresso al lavoro
Tabella 13 - Irpef, aliquote medie e marginali di fatto per classe di reddito
Classi reddito
familiare
Reddito
imponibile
familiare*
Irpef con
quoziente
Irpef
2006
Aliquota
marginale con
quoziente
Aliquota
marginale
2006
Aliquota
media con
quoziente
Aliquota
media
2006
Fino a 5000 €
2’425
4
4
n.c.
n.c.
0,2%
0,2%
5-10 k€
7’215
154
154
3,1%
3,1%
2,1%
2,1%
10-15 k€
11’931
966
976
17,2%
17,4%
8,1%
8,2%
15-20 k€
16’546
2’005
2’037
22,5%
23,0%
12,1%
12,3%
20-25 k€
20’730
2’966
3’025
23,0%
23,6%
14,3%
14,6%
25-30 k€
25’022
3’968
4’039
23,4%
23,6%
15,9%
16,1%
30-35 k€
29’476
5’071
5’148
24,8%
24,9%
17,2%
17,5%
35-40 k€
33’851
6’018
6’130
21,6%
22,4%
17,8%
18,1%
40-45 k€
38’504
7’263
7’501
26,8%
29,5%
18,9%
19,5%
45-50 k€
42’279
8’059
8’452
21,1%
25,2%
19,1%
20,0%
50-60 k€
48’485
9’776
10’282
27,7%
29,5%
20,2%
21,2%
60-80 k€
60’993
13’583
14’953
30,4%
37,4%
22,3%
24,5%
80-120 k€
83’444
20’966
23’258
32,9%
37,0%
25,1%
27,9%
192’868
64’151
67’818
39,5%
40,7%
33,3%
35,2%
27’238
5’033
5’286
n.c.
n.c.
18,5%
19,4%
Oltre 120 k€
Totale
* Per quanto già visto, questo reddito è quello di riferimento per la decrescenza, cioè quello complessivo al netto degli oneri
deducibili.
Fonte: modello di microsimulazione Rices su indagine Banca d’Italia redditi 2004
Tabella 14 - Irpef e aliquote medie per tipo di famiglia
Reddito
imponibile
familiare
Irpef con
quoziente
Aliquota
media con
quoziente
Aliquota
media
2006
Single fiscale
18’487
3’550
3’548
19,2%
19,2%
Monoparentale con familiare a carico
19’510
2’847
3’129
14,6%
16,0%
Coppia monoreddito senza figli
23’004
4’000
4’275
17,4%
18,6%
Coppia bireddito senza figli
37’936
7’282
7’534
19,2%
19,9%
Coppia monoreddito + un figlio
25’455
4’082
4’669
16,0%
18,3%
Coppia bireddito + un figlio
49’904
10’154
10’748
20,3%
21,5%
Coppia monoreddito + figli
24’965
3’395
3’898
13,6%
15,6%
Coppia bireddito + figli
51’752
10’096
10’939
19,5%
21,1%
Totale
27’238
5’033
5’286
1,5%
19,4%
Tipo di famiglia
Irpef
2006
Fonte: modello di microsimulazione Rices su indagine Banca d’Italia redditi 2004
Il caso dell’ingresso al lavoro del coniuge in famiglia monoreddito
Si è detto che le aliquote marginali “di fatto” qui calcolate risentono del diverso peso medio
delle detrazioni per oneri, oltre che delle distribuzioni interne per classe.
Pare utile allora approfondire almeno per le famiglie monoreddito, quelle più interessate
all’aliquota di ingresso sul mercato del lavoro, l’andamento dell’aliquota marginale effettiva,
34
ƒ Imponibili individuali: 150’000 + 0 = 150’000
ƒ Detrazione potenziale per coniuge+figlio a carico: 1’600
ƒ Detrazione familiare spettante: 0
ƒ Quoziente familiare: 1+0,5+0,5 = 2
ƒ Imponibile quozientizzato: 150’000/2 = 75’000
ƒ Irpef quozientizzata: 24’640
ƒ Irpef familiare dovuta: 24’640 x 2 = 49’280
In questa condizione di partenza l’aliquota media risulta 49’280/150’000 = 32,9%, un’aliquota
elevata motivata dall’alto reddito del marito (e della famiglia).
La stessa famiglia, in caso di ingresso nel mercato del lavoro della moglie casalinga per
20’000 euro annui da lavoro dipendente, vedrebbe così modificata l’Irpef familiare dovuta con il
quoziente familiare qui ipotizzato:
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
Imponibili individuali: 150’000 + (20’000-3’894) = 166’106
Detrazione potenziale per il figlio a carico: 800
Detrazione familiare spettante: 0
Quoziente familiare: 1+1+0,5 = 2,5
Imponibile quozientizzato: 166’106/2,5 = 66’442
Irpef quozientizzata: 21’302
Irpef familiare dovuta: 21’302 x 2,5 = 53’255
L’aliquota marginale effettiva sul reddito incrementale di 20’000 euro sarebbe così in questo
caso pari a (53’255-49’280)/20000 = 19,9%.
Si noti che questa aliquota marginale del 19,9% risulterebbe molto inferiore a quella d’ingresso
ottenuta coi coefficienti pieni francesi (1 anche al coniuge a carico), che in caso di lavoro
della coniuge comporterebbero la stessa Irpef del conteggio precedente, ma invece una minore
Irpef in caso di moglie casalinga, secondo lo schema seguente:
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
Imponibili individuali: 150’000 + 0 = 150’000
Detrazione potenziale per coniuge+figlio a carico: 1’600
Detrazione familiare spettante: 0
Quoziente familiare: 1+1+0,5 = 2,5
Imponibile quozientizzato: 150’000/2,5 = 60’000
Irpef quozientizzata: 18’790
Irpef familiare dovuta: 18’790 x 2,5 = 46’975
L’aliquota marginale effettiva con i coefficienti alla francese, ma con aliquote, scaglioni e
deduzioni-detrazioni qui ipotizzate, sarebbe stata perciò pari a (53’255-46’975)/20’000= 31,4%.
Si può apprezzare dunque la netta differenza dell’aliquota di ingresso.
Si può anche verificare che l’aliquota marginale del 19,9%, sebbene molto più favorevole
35
Un quoziente familiare per l’Italia
e le aliquote di ingresso al lavoro
calcolata a parità di altre condizioni familiari e reddituali, in caso di passaggio dalla condizione
di coniuge a carico a quella di percettore e neo contribuente.
In questo caso, la particolare versione di quoziente qui ipotizzata (quella che attribuisce al
coniuge che non lavora il peso 0,5 e a quello che lavora il peso 1) dovrebbe garantire un
sostanziale annullamento dell’effetto disincentivante per il coniuge a carico, tanto più forte
quanto più fosse alto il reddito del coniuge percettore.
Se si riesamina il caso della famiglia monoreddito con marito dirigente ad alto reddito (150’000
euro), moglie casalinga e un figlio a carico, si può apprezzare la variante ipotizzata del
coefficiente pieno per il coniuge che lavora e dimezzato per quello a carico.
Permanendo nella condizione base di moglie casalinga, con l’Irpef ed i coefficienti ipotizzati
per il quoziente si otterrebbe la seguente imposta dovuta:
Un quoziente familiare per l’Italia
e le aliquote di ingresso al lavoro
rispetto ad un quoziente con coefficienti pieni dei coniugi, sarebbe comunque superiore a quella
che subirebbe la moglie non più casalinga con la tassazione individuale 2006 (anche grazie
al citato meccanismo di “ottimizzazione elusiva”, che consentirebbe alla moglie a basso reddito
di attribuirsi tutte le deduzioni familiari):
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
Imponibile individuale: 20’000
Deduzione spettante per tipo di reddito: 3’894
Deduzione potenziale per figlio a carico al 100%: 2’900
Deduzione familiare spettante: 2’264
Imponibile erariale: 20’000-3894-2264= 13’842
Irpef individuale dovuta: 3’184
L’aliquota marginale (in questo caso pari a quella media individuale) sarebbe infatti pari a
3’184/20’000 = 15,9%.
Va aggiunto che l’andamento illustrato con questa analisi di caso porterebbe a risultati analoghi,
pur con intensità attenuate, anche qualora il maggiore dei redditi fosse più basso di quello
elevato considerato nell’esempio (così congegnato per far emergere meglio le tendenze).
Si può affermare, in conclusione, che la tassazione individuale con no tax area ed una certa
progressività è quella che garantisce la minore aliquota marginale al coniuge a più basso reddito,
seguita, con piccole differenze, dal particolare quoziente familiare qui ipotizzato (coefficiente
dimezzato per il coniuge a carico e deduzioni individuali per tipo di reddito) e, con aliquote
sensibilmente più sfavorevoli, dal quoziente alla francese (a coefficienti pieni per qualunque
coniuge).
36
L
a scelta tra unità impositiva individuale o familiare ai fini della tassazione dei redditi delle
persone fisiche dà origine a posizioni molto diverse, anche perché diversi sono gli accenti e
gli obiettivi che si attribuiscono a questa forma di tassazione.
In estrema sintesi i principali obiettivi, spesso confliggenti tra loro, possono essere così
riassunti:
¾ provvista di una quota importante di gettito per gli obiettivi di finanza pubblica;
¾ azione redistributiva tesa a garantire la coesione sociale attraverso una distribuzione meno
sperequata di quella primaria;
¾ sostegno ai carichi familiari e ad altre spese considerate meritorie;
¾ sostegno ad una partecipazione al mercato del lavoro o, nella versione più difensiva,
intervento che non costituisca un disincentivo a tale partecipazione.
Dal punto di vista tecnico sono molteplici le forme di intervento. Ai due estremi si possono
collocare la tassazione individuale senza alcun intervento ad orientamento “familiare” ed il
quoziente familiare “puro”, che attribuisce lo stesso peso ai vari familiari senza riferimento al
grado di parentela né alla condizione di percettore di reddito, passando per la tecnica intermedia
dello splitting (in pratica un quoziente a coefficienti pieni limitato ai due coniugi).
Ma, al di là delle estremizzazioni, tutti i principali sistemi fiscali concretamente osservati
costituiscono un mix di interventi che alternano elementi di tassazione individuale a quelli
familiari. La stessa Irpef italiana, centrata formalmente sulla sola tassazione individuale,
presenta elementi di intervento (deduzioni o detrazioni) fondati su caratteristiche demografiche
e reddituali dei familiari tali da modificare le aliquote medie e marginali.
Con riferimento al collegamento tra Irpef e offerta di lavoro, elemento centrale per l’auspicato
aumento del tasso di attività italiano, si è visto anche dalla letteratura di riferimento che è
l’aliquota marginale effettiva, non quella media, che determina la differenza tra reddito lordo e
netto d’ingresso o di variazione. In particolare, l’influenza dell’aliquota marginale Irpef
sull’offerta di lavoro pare essere tanto maggiore quanto più sono bassi i redditi, fino ad
annullarsi per i redditi più elevati, cosicché tassazioni ottimali da questo punto di vista
dovrebbero tenere basse le aliquote marginali inferiori ed alzare quelle superiori.
La tassazione italiana è particolarmente oscura dal punto di vista della percezione delle aliquote
marginali effettivamente gravanti, essendo la loro determinazione complessa e dipendente non
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Conclusioni ed ipotesi evolutive auspicate
CONCLUSIONI ED IPOTESI
EVOLUTIVE AUSPICATE
Conclusioni ed ipotesi evolutive auspicate
solo dalle tradizionali aliquote e scaglioni, ma anche volta per volta da detrazioni a salti o
decrescenti continue, deduzioni decrescenti ed altri fattori (ad es. gli assegni familiari, anch’essi
legati indirettamente al reddito fiscalmente dichiarato) che generano in qualche caso perfino
“trappole della povertà”, cioè aumenti di reddito lordo che generano indesiderabili riduzioni di
reddito netto.
Sono state quantificate le aliquote marginali effettive corrispondenti alle diverse condizioni
reddituali e familiari con gli impianti normativi dell’Irpef vigente fino al 2002, con quella
scaturita dalla duplice riforma 2003-2005 della passata legislatura, di quella infine delineata dalla
recente manovra finanziaria per il 2007.
In alcuni casi si hanno aliquote marginali decrescenti all’aumentare del reddito, mentre più
spesso si possono avere impennate di aliquota al variare di una condizione familiare.
Tutte, con caratteristiche anche molto diverse, sono accomunate da aliquote marginali effettive
ben più alte di quelle legali o formali ed anche meno variabili delle aliquote medie per livello di
reddito, insieme alla presenza di un’area esente da Irpef e quindi ad aliquota marginale effettiva
nulla: sia con l’Irpef 2006 che con quella prevista per il 2007 le aliquote marginali effettive sono
dapprima nulle, in corrispondenza di una “no tax area” variabile con il tipo di reddito e le
condizioni familiari ma quasi sempre inferiore ai 16’000 euro, per poi impennarsi subito tra il 30
ed il 40% negli intervalli di reddito entro i quali si colloca la quasi totalità del lavoro dipendente.
Il quoziente familiare, nella sua versione più radicale, tende a ridurre la no tax area, per soggetti
con coniuge a medio ed alto reddito, ed allo stesso tempo le aliquote medie gravanti
complessivamente sui nuclei familiari; tale impatto è però molto differenziato, risultando
premiale per i redditi più elevati. Risultando poi più elevata l’aliquota marginale d’ingresso al
lavoro, ne deriva un netto disincentivo fiscale alla partecipazione al lavoro del coniuge a più
basso reddito o che non lavora. Il problema appare di particolare rilevanza per la realtà italiana,
caratterizzata da tassi di attività femminile nettamente più bassi degli altri paesi OCSE e UE.
È stata così ipotizzata e quantificata una riforma dell’Irpef nell’alveo del quoziente familiare,
non lontana dalla struttura aliquote-scaglioni-deduzioni dell’Irpef 2006, ma tesa ad attenuare
l’impatto indesiderato sulle aliquote marginali d’ingresso del coniuge. La soluzione adottata è
stata un compromesso tra il quoziente familiare alla francese, che considera come unità di
tassazione unicamente la famiglia, mettendo perciò sullo stesso piano i due coniugi a
prescindere dalla condizione lavorativa, ed una maggiore considerazione della condizione
individuale lavorativa del coniuge. Il peso-coefficiente assegnato al coniuge, elemento di
costruzione implicita della scala di equivalenza sottostante al meccanismo del quoziente, è stato
differenziato, assegnando un valore pieno (peso 1) ai coniugi che lavorano ed un valore
dimezzato al coniuge ed ai figli a carico. La deduzione per tipo di reddito, inoltre, è stata
ipotizzata operante a livello individuale, prima dell’aggregazione dei redditi imponibili familiari.
Rispetto alla soluzione standard del quoziente, si ottiene così un premio-incentivo di fatto
all’ingresso al lavoro per il coniuge inoccupato, o perlomeno un impatto equivalente a quello
della tassazione individuale, in cambio di una minore neutralità orizzontale rispetto alla
ripartizione del lavoro interna alla famiglia, tratto peraltro ritenuto importante dai sostenitori del
quoziente familiare. Insieme a questi effetti vanno considerati anche una riduzione della
progressività e dell’azione redistributiva dell’Irpef, inevitabile con il meccanismo del quoziente,
ed una riduzione di gettito, da compensare, in un contesto di equilibrio del bilancio pubblico,
con altri tributi o con minori trasferimenti, servizi ed investimenti pubblici, sempre che non
dovessero verificarsi nel medio periodo sostanziosi effetti positivi sull’offerta di lavoro e sul
reddito. Appare così più efficiente, ai fini di una politica fiscale che in campo Irpef voglia
perseguire i citati obiettivi di redistribuzione, gettito, sostegno alla famiglia e politica del lavoro,
ottimizzare l’impianto Irpef individuale, razionalizzando l’andamento delle aliquote marginali ed
abbassandole per i redditi più bassi, i più reattivi in termini di offerta di lavoro, intervenendo
per il sostegno alla famiglia con altri e più mirati strumenti diversi dal quoziente.
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LETTURE
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