L`adeguamento degli allevatori di ovaiole italiani alla normativa

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L`adeguamento degli allevatori di ovaiole italiani alla normativa
L’adeguamento degli allevatori di ovaiole italiani alla
normativa europea. La sua evoluzione in vista della
scadenza definitiva (30, giugno 2013).
Da il Cambiamento di Tamara Mastroiaco - 25 Ottobre 2011
Galline ovaiole: da gennaio il divieto per le gabbie in
batteria
Dal 1 gennaio 2012 entra in vigore il divieto relativo alle gabbie non modificate (gabbie in
batteria) per le galline ovaiole, nonché lo stop al commercio delle uova provenienti da galline in
batteria. La Commissione europea rammenta agli Stati membri le loro responsabilità e si
prepara ad adottare gli opportuni provvedimenti contro coloro che venissero meno all'obbligo di
ottemperare alla pertinente legislazione comunitaria.
La Direttiva 1999/74/CE del Consiglio del 19 Luglio 1999 stabilisce
le norme minime per la protezione delle galline ovaiole, le
galline della specie Gallus gallus; non si applica agli allevamenti di
meno di 350 galline ovaiole, né agli allevamenti di galline ovaiole
riproduttrici per i quali restano valide le indicazioni riportate nella
normativa quadro 98/58 CE, conosciuta anche come Carta dei
diritti degli animali relativa alla protezione e al benessere degli
animali negli allevamenti.
Il Commissario John Dalli, responsabile per la salute e la politica
dei consumatori, durante il suo intervento il 20 Ottobre 2011 a
Bruxelles all'interno del Consiglio agricoltura ha dichiarato: “La
decisione politica del divieto è stata adottata nel 1999. Sono
trascorsi dodici anni e la situazione in certi Stati membri è
dichiaratamente insoddisfacente.
Le conseguenze per il benessere degli animali e i rischi di
distorsione del mercato sono reali. Ciò pregiudicherebbe gli
investimenti e gli sforzi di messa in conformità già fatti e
minerebbe
la
fiducia
dei
consumatori,
fatto
questo
dichiaratamente inaccettabile. La Commissione non intende
posporre la scadenza e non esiterà ad avviare procedure
d'infrazione in caso di mancata ottemperanza”.
Nel 2010 il Parlamento europeo aveva già presentato una
proposta di risoluzione che raccomandava l'attuazione del
divieto senza alcun indugio e sollecitava la Commissione europea
a impegnarsi affinché la data del divieto venisse rispettata.
La risoluzione invitava la Commissione a intensificare il
Dal 1 gennaio 2012 entra in vigore il divieto
relativo alle gabbie non modificate (gabbie in controllo sull'attuazione della direttiva, a potenziare le
batteria) per le galline ovaiole
ispezioni, presentando entro il 31 dicembre 2011, l'elenco dei
produttori, dei trasformatori e dei dettaglianti di uova e prodotti derivati dalle uova che non rispettano le
disposizioni della direttiva 1999/74/CE; il periodo transitorio di dodici anni avrebbe dovuto consentire ai
produttori di cambiare i propri metodi di allevamento.
I pulcini maschi, appena nati, vengono
separati dalle femmine, triturati vivi,
smaltiti come rifiuti o farine di carne
Conformemente alla legislazione UE le gabbie non modificate
dovranno essere ritirate entro il 1° gennaio 2012 (la
costruzione e l'installazione era già vietata dal 05 ottobre
2003) e l'applicazione della direttiva introdurrà l'utilizzo delle
gabbie modificate:
* in cui l'animale usufruirà di uno spazio minimo di 750 cmq
di superficie di cui 600 cmq costituiti da superficie utilizzabile
e 150 cmq occupati da accessori quali nido (uno spazio
separato, i cui componenti escludono per il pavimento
qualsiasi utilizzo di rete metallica che possa entrare in
contatto con i volatili, previsto per la deposizione delle uova di
una singola gallina o di un gruppo di galline, nido di gruppo) e
lettiera (il materiale allo stato friabile che permette alle
ovaiole di soddisfare le loro esigenze etologiche);
* le gabbie saranno provviste di posatoi appropriati che
offriranno almeno 15 cm di spazio per ovaiola;
* il sistema di abbeveraggio dovrà essere studiato in base alla dimensione del gruppo (nel caso di
abbeveratoi a raccordo, almeno due tettarelle o coppette devono essere raggiungibili da ciascuna ovaiola);
* all'interno delle gabbie saranno predisposte delle mangiatoie utilizzabili senza limitazioni, di una lunghezza
di almeno 12 cm moltiplicata per il numero degli esemplari nella gabbia;
* le file di gabbie, affinché l'ispezione, la sistemazione e l'evacuazione siano facilitate, dovranno essere
separate da spazi aventi una larghezza minima di 90 cm e uno spazio di almeno 35 cm tra pavimento
dell'edificio e le gabbie inferiori e infine dovranno essere attrezzate con dispositivi per accorciare le unghie.
L'applicazione di questa direttiva non introdurrà un cambiamento
eclatante nella vita di questi volatili che saranno comunque
costretti a vivere nelle gabbie e a produrre uova per soddisfare
noi uomini ma garantirà loro sicuramente delle condizioni di
vita leggermente migliori. Non dimentichiamoci che attualmente
milioni di galline ovaiole vivono in gabbie di batterie; questo tipo
di allevamento prevede ventilazione e luce forzata (creandogli
diversi problemi alla vista) per far sì che la produzione delle
uova aumenti.
Vivono in spazi più piccoli di un foglio A4 che gli provocano
innumerevoli danni: fratture alle ossa, disformismo,
osteoporosi. Non possono aprire le ali, farsi bagni di terra,
appollaiarsi, deporre uova in un nido. I pulcini maschi, appena
nati, vengono separati dalle femmine, triturati vivi, smaltiti come
rifiuti o farine di carne, poiché improduttivi, come possiamo
vedere dal video investigativo sotto copertura di Mercy For
A
causa
della
reclusione
impazziscono,
Animals. A causa della reclusione impazziscono, presentano
presentano comportamenti di tipo violento,
comportamenti di tipo violento, diventano cannibali e per questa
diventano cannibali e per questa ragione gli
ragione gli allevatori tagliano loro il becco e somministrano.
allevatori tagliano loro il becco tranquillanti
Purtroppo dalla nuova direttiva si evince che il debeccaggio sarà ancora consentito per prevenire sia il
cannibalismo che la plumofagia (patologia comportamentale che spinge gli uccelli in cattività a strapparsi le
penne o a strapparle ai loro compagni) purché la mutilazione sia effettuata da personale qualificato su pulcini di
età inferiore ai 10 giorni di vita.
L'unica cosa che possiamo fare, mentre attendiamo che la nuova direttiva entri in vigore, è firmare la
petizione e non incentivare il commercio delle uova provenienti da allevamenti in batteria che possiamo
facilmente riconoscere controllando il primo numero del codice posto sull'uovo: 3 per le galline in batteria, 2 per
le galline allevate a terra, 1 per quelle allevate all'aperto, 0 per le uova biologiche da prediligere in assoluto se
ancora non abbiamo eliminato dalla nostra dieta questo alimento.
QUALCHE NOTA E COMMENTO SULL’ARGOMENTO
Ricapitolando:
Il 1 gennaio 2012 è entrato in vigore in Italia il Decreto legislativo 267/2003 che attua la Direttiva
comunitaria 74/1999 sul benessere delle galline ovaiole. Questo vuol dire che le vecchie batterie
(“convenzionali”) devono essere sostituite con altre più ampie (“modificate” o “arricchite”) o
abbandonate del tutto per passare ai sistemi di allevamento a terra.
Ѡ.-Le gabbie “convenzionali” contengono di solito 4 o 5 galline e lo spazio
concesso per legge a ogni volatile è di 550 cm2: si tratta, per intenderci, di un’area
equiparabile di un foglio di carta A4 (= 620 cm2). Queste gabbie sono completamente
spoglie (eccezion fatta per il dispositivo di somministrazione di cibo e acqua) e
hanno un pavimento di rete metallica inclinato, dove le galline vivono e depongono
le uova. Gli uccelli non hanno a disposizione un nido e non possono spiegare le ali,
razzolare, grattarsi le unghie o appollaiarsi.
Ѡ.-Le nuove gabbie “m odificate” o “arricchite” hanno uno spazio minimo di 750
cm2 per gallina (di cui 600 cm2 utilizzabili) con un piccolo posatoio, lettiera e un
nido e il numero di animali può variare. Sebbene lo spazio rispetto alle batterie
“convenzionali” sia maggiore, queste gabbie rappresentano pur sempre un sistema
di privazione della libertà e una forma di forte restrizione dei loro comportamenti
naturali.
Ѡ.- Più rispettosi del benessere animale sono i sistemi di “allevam ento a terra”
(le galline sono allevate all’interno di edifici a piano unico o a piani multipli, con
una densità per legge nella UE di 9 animali per m2; le ovaiole possono muoversi
liberamente negli spazi in comune e hanno nidi, posatoi e lettiera sul suolo) o di
“allevam ento all’aperto e biologici” (la densità di allevamento è limitata a
6/m2; alle galline non viene “spuntato” il becco e viene concesso uno spazio
all’aperto anche di 10 m2 per animale).
Ma attenzione: Da il fatto quotidiano – Anissia Beccerra (12 febbraio 2013)
La Direttiva Ovaiole della UE considera da oltre un anno fuori legge le gabbie “convenzionali”,
ma ammette ancora l’allevamento in quelle “modificate” o “arricchite”, ma ciò nonostante la
situazione presenta ancora diverse criticità. Vediamo alcuni commenti e qualche contraddizione:
Denuncia Annamaria Pisapia, direttrice di Compassion Italia: «Nel nostro paese, stando ai dati in
nostro possesso, sono allevati circa 39-40 milioni di galline ovaiole; di queste, il 70% vive ancora in
gabbia. Circa 17 milioni di galline, pari al 42,5% del totale, vive nelle gabbie illegali».
Antonio Trifilò, esperto del settore, non nutre le stesse certezze: «Nell’ultimo anno le ASL hanno
intensificato i controlli per evitare affollamenti fuori norma. Solo dal numero delle multe
comminate dai servizi veterinari potremmo capire quante gabbie illegali esistano tuttora. Per il
momento sarei più cauto e parlerei di un parziale, lento adeguamento degli allevatori italiani».
Questa è anche l’opinione di Stefano Gagliardi, direttore di ASSOAVI (Associazione Nazionale
Allevatori e Produttori Avicunicoli): «Gli allevatori italiani si stanno adeguando alla nuova
normativa tra grandi sacrifici: ci vogliono tempo e soldi. Un piccolo allevamento di 50mila galline
deve investire oltre 350mila euro per rispondere alle nuove direttive. Non è poco, soprattutto perché
non godiamo né di aiuti economici da parte dello stato, né di agevolazioni fiscali. Nondimeno,
entro giugno 2013, tutti gli allevatori saranno in regola: dopo quella data, non sarà più tollerato
alcun allevamento fuori norma e i controlli a tappeto, eseguiti dalle ASL, costituiranno una garanzia
per il consumatore».
Aggiunge Anna Maldini, presidente di ASSOAVI: «Entro il 2013, il 40% di tutte le uova in
commercio in Italia (tutte nostrane giacché non importiamo dall’estero uova da tavola) sarà di
allevamento a terra o bio».
A conti fatti, non si conosce di preciso la percentuale di gabbie illegali presenti in Italia, ma in ogni
caso sono troppe. Non tutte le notizie sono cattive: ce n’è anche una buona, in compenso.
Negli ultimi anni la ONG Compassion ha selezionato e premiato alcune grandi aziende alimentari
italiane che hanno fatto del benessere animale un valore della loro responsabilità sociale di impresa
e sono andate oltre i requisiti di legge, eliminando del tutto le uova da allevamento in gabbia.
Tra le aziende premiate, Pavesi (che dal 2011 ha scelto di passare alla fornitura esclusiva di uova
da galline allevate a terra), Mulino Bianco ed Emiliane Barilla (utilizza solo uova da galline allevate
a terra), Lazzaroni (utilizza solo uova di galline allevate all’aperto), Coccodì (già dal 1998 tutta la
gamma è preparata con uova di animali non in gabbia).
Per quanto concerne le catene di ristoranti, vanno segnalati Ristò, Autogrill e Ikea, mentre per la
grande distribuzione si qualificano NaturaSì (premio Good Egg 2008), CRAI (premio Good Egg
2011), Coop (premio Good Egg nel 2010), Esselunga e IPER che commercializzano col proprio
marchio solo uova di galline non allevate in gabbia.
Iprezzi delle uova cambiano notevolmente in relazione alla stato di benessere delle galline. Ecco
una tabella di confronto rilevata recentemente in un supermercato milanese
- 6 uova di allevamento biologico € 2,0
- 6 uova di galline allevate all’aperto € 1,80;
- 6 uova di galline allevate a terra € 1,69;
- 6 uova di galline allevate in gabbia € 1,00.
Per quanto riguarda la qualità delle uova, emerge un dato interressante. Nello studio svolto da
Margherita Rossi e Luigi Guidobono Cavalchini, del Dipartimento di Scienze e Tecnologie
Alimentari e Microbiologiche dell’Università degli Studi di Milano, si legge: «Il confronto con
studi precedenti rafforza la convinzione che per quanto riguarda la qualità dell’uovo quello che
conta realmente non è il sistema di allevamento per se, ma piuttosto la capacità di chi lo gestisce di
operare le migliori scelte possibili. Si tratta quindi di una questione di affidabilità del produttore».
Comprare uova di un tipo di allevamento piuttosto che un altro non comporta un sostanziale
miglioramento sul piano della qualità delle uova. È una scelta etica che riguarda il benessere
animale. I consumatori non devono dimenticare che scegliendo uova di un tipo possono esercitare
una considerevole influenza sulle aziende. È vero che le uova allevate in modi diversi non hanno
prezzi simili. Ma qual è il prezzo di una vita in gabbia?
Commento finale.
Purtroppo al 31 maggio 2013, ad un mese dalla “fatidica” scadenza, da fonti non ufficiali si
apprende che una percentuale, fortunatamente non elevata, di allevatori non si sarebbe messo in
regola.
Siamo a luglio 2013, mancano ancora dati ufficiali, nell’attesa, incrociamo le dita!!