Appunti sulla mia prigionia

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Appunti sulla mia prigionia
Appunti sulla mia
prigionia
di Secondo Reggiani
a cura di
Maurizio Balestra
trascrizione di Enrica Ragazzini e Sara Menghi
(Istituto professionale di stato per i servizi sociali “Iris Versari”)
tosca
Introduzione
Presentiamo, fedelmente trascritto, nonostante la non facile
lettura e le lacune presenti nel testo (sostituite con puntini), il diario
del caporale Francesco Reggiani, di San Giorgio di Piano di Bologna.
Inviato in Sicilia a difendere la patria dagli invasori il 1° luglio 1944,
il 21 dello stesso mese viene fatto prigioniero e decide di fissare la sua
avventura sulla carta. In viaggio, come prigioniero per l’Africa del
nord, ha modo di rendersi conto pienamente della potenza dei nemici
contro cui ha combattuto, incrociando i loro immensi convogli di navi
e paragonandola alla scarsità di mezzi a cui è abituato, ne resta
stupito. Si fa subito strada in lui la speranza che presto, “per Natale”,
tutto sarebbe finito. Quando riuscirà a salire a bordo di una di queste
navi di fronte ai suoi occhi si aprirà un mondo nuovo, quello
dell’abbondanza: “ognuno di noi venne sistemato con brandina,
coperta imbottita e salvagente, ah noi sembrò un paradiso poter
riposarci in un soffice lettuccio per la prima volta dopo dei mesi, ma
ciò era nulla di fronte al trattamento in fatto di mangiare”. Un mondo
a cui lui ed i suoi amici stentano a credere e la cui descrizione teme
non possa essere ritenuta veritiera: “Tutto ciò sembrerà al lettore una
grande esagerazione, ma a queste mangiate partecipavano anche i
miei paesani che potranno sempre confermare tutto ciò che la mia
misera matita vi ah descritto. Io benché avessi tanta fame arretrata
non sono mai riuscito ah mangiarne più della meta”. Un mondo che
non pensava potesse esistere. E’ il paese di Cuccagna che si squaderna
davanti ai suoi occhi! Un mondo di fronte al quale lui e i suoi amici
sono come bambini: “che approfittano la dimenticanza della mamma
ah chiudere la credenza per fare una scorpacciata di marmellata”.
L’8 settembre, il giorno del suo compleanno, mentre è in bagno e sta
male da morire per avere troppo mangiato, gli giunge la notizia
dell’armistizio. Per lui e per tutti i suoi compagni in quel momento
finisce la pacchia. Tutti i prigionieri sono sbarcati per essere rimessi in
libertà e qualche dirigente del campo in cui vengono alloggiati, trova
il modo di sfogare la sua rabbia su di loro e diversi ci lasceranno la
vita. Per quanto triste, questo è un breve intervallo e presto le cose
ritornano ad andare per il verso giusto. Di fronte alla scelta di
combattere contro i nazifascisti o di schierarsi con essi rimanendo in
prigione, Francesco Reggiani e con lui la stragrande maggioranza
degli ex prigionieri, non ha dubbi, soprattutto lui che il fascismo e la
guerra li ha sempre dovuti subire è felice di avere finalmente la
possibilità di combattere apertamente contro di loro e non gli resta che
compatire quegli otto poveri illusi che, confermando la loro fede
fascista, scelgono di restare ancora in prigione e sperare che presto
anche “questa piccola minoranza aprirà gl’occhi è comprenderà
quante ingiustizie è angherie abbia fatto al suo popolo in più di 20
anni di regime, il fascismo”.
Maurizio Balestra
La prima pagina del diario di Antonio Reggiani
Appunti sulla mia prigionia
1 Luglio 1943
Ore 16:10. Il comando del 186° Reggimento Costiero partiva da
Empoli per essere dislocato in zona di operazioni “Sicilia”. Il
Comando; dopo un regolare viaggio (benché lungo e noioso per cause
imprecisate) arrivò a Villa S. Giovanni il 4 luglio 1943 ore 23 circa
senza alcun allarme.
4 Luglio 1943
Tutta notte sosta in un rifugio della stazione, e nelle prime ore del
giorno successivo potemmo constatare gl’effetti delle incursioni
nemiche sù detta cittadina = Abbastanza disastrose.
5 luglio 1943
Alle ore 6:30 c’imbarcammo su un piccolo traghetto, è tutti
indistintamente nella traversata (benche brevé) ci sentivamo come
suol dirsi; la fifa a novanta, causata dalla molta fretta di allontanarci
da quell’aria piuttosto infida che spirava in quei giorni in quel di
Messina. Infatti: Giunti a mezzo autocarri alla stazione di Camaro
(Messina) improvvisamente spuntò all’orizzonte una robustissima
formazione di quadrimotori americani la quale diede il primo succoso
battesimo de[l] fuoco. Questa scena naturalmente ci lasciò molto
scossi essendo la prima del genere. Ah tutti noi fortunatamente nessun
incidente. Dopo trascorsa questa prima burrasca potemmo partire
verso le 14:30 dello stesso giorno a mezzo treno alquanto stipati alla
volta di Palermo (Città bersagliatissima dagl’aerei nemici). Si arrivò a
Palermo alle ore 22; ora molto sinistra perché tutte le notti
immancabilmente Palermo ebbe visite. Per mancanza di iniziativa da
parte dei nostri signori ufficiali dovemmo pernottare sul treno, sempre
esposti all’azione aerea, anziché nel rifugio; In più da notare che per
aggravare la nostra fifa al massimo grado l’aria che si respirava era
pregna di quell’olezzo di cadavere formato da tante anime rimaste
sepolte sotto le macerie di detta città. Fortunatamente in quella notte
Palermo – la chiesa dell’Olivella colpita dai bombardamenti
gli uccelli volanti (così detti da noi Oconi) si sentirono il bisogno di
schiacciare un buon pisolino e non si fecero vedere.
6 luglio 1943
Ore 4 partenza da Palermo alla volta di Castelvetrano; nulla da
segnalare; Solo pochi chilometri prima dell’arrivo fummo oggetto di
ben due azioni di mitragliamento da parte di caccia nemici. Anche qua
gran colpo di fortuna sopraggiunse in tempo una benefica galleria la
quale ci rifugio discretamente. Qualche ferito lieve causato dal panico
l’orecchio aveva fatto abitudine ah questi scoppi davvero non comuni.
Però io dico sinceramente mi vedevo che un giorno oh l’altro la
casetta venisse colpita da uno spezzone e chi si era visto si era visto.
11 Luglio 1943
Benché la vita fosse molto disagiata; il reparto godeva di quei piccoli
conforti di igiene e di alimentari (vino compreso) di cui il militare in
zona di operazioni necessita. Ma tale vita durò poco, Perche qualche
giorno dopo ah mezzo bollettini venimmo ah conoscenza dello sbarco
è dell’avvicinarsi delle truppe Angloamericane. Date le preponderanti
forze corazzate è blindate di cui disponevano, di fronte alla nostra
insufficienza di mezzi è di armamenti, fummo costretti a desistere da
ogni ulteriore resistenza. Non ci restò altro chè cedere è costituirsi ahi
loro comandi.
nel fuggi fuggi generale giù per la scarpata in mezzo alle vigne. Si
riparte di nuovo e finalmente si giunge con qualche ora di ritardo ah
Castelvetrano, naturalmente sotto allarme. In fretta è furia ci
rifugiammo in un solido rifugio rimanendovi fino ah tarda sera
impossibilitati ad uscire perché esposti ah ben undici attacchi aerei.
Finalmente sopraggiunse un istante di calma e potemmo lesti lesti
trasferirci nel rifugio della compagnia prescidaria. Più il tempo
trascorso dentro che fuori;
9 Luglio 1943
Fino ah che due giorni dopo si partì ah mezzo scarperia alla volta di
Casampola località situata 5 Km a sud di Castelvetrano verso il mare.
Giunti chè fummo ci sistemammo alla meno peggio. Anche in questa
località eravamo continuamente bersagliati da azioni di
mitragliamento, spezzonamento è financo bombardamento. Oramai
Sbarco alleato in Sicilia - Licata
Sbarco alleato in Sicilia - Scoglitti
21 Luglio 1943
Oggi 21–7-43 ore 16 ah inizio la nostra odissea di prigionieri di
Guerra.
Fin dall’inizio della prigionia io è gl’amici del vecchio 16° Reparto
che qui avemmo Pastorello Francesco di Legnago (Verona),
Marzadori Giorgio di Bologna, Marchesi Pietro di Civergnano,
stringemmo un patto di fraternità è di unione per poter ripartire tutte le
vicissitudini buone è cattive della vita di un prigioniero di guerra.
Infatti, tutti e quattro noi, ci aiutammo a vicenda nelle interminabili
file che si doveva fare per poter avere qualche sorso di quel prezioso
liquido che si chiama “Acqua”. Ognuno di noi quattro mise tutto ciò
che possedeva ah disposizione della collettivita. Denari, viveri di
riserva e vestiari di tutti, divennero di ognuno. Ma purtroppo in pochi
giorni i viveri scemarono tanto da finirli completamente presentandosi
a noi per la prima volta lo spettro della fame. Una volta al giorno gli
Americani ci davano il cibo che consisteva in una scatoletta di
minestra di circa 250 gm e una scatoletta con biscotti e caramelle;
Naturalmente giorno per giorno si deperiva e la fame bussava alla
porta con inaudita violenza.
26 Luglio 1943
I primi cinque giorni di prigionia li passammo al campo di
concentramento provvisorio di Castelvetrano, di cui trasferiti stipati su
autocarri al campo di concentramento di Sciacca; sosta per qualche
giorno e fortunatamente potemmo venire in aiuto al nostro
languidissimo stomaco acquistando da quei strozzini di borghesi che
sono i Siciliani, dei croccanti facendoseli pervenire frà i reticolati
mediante sborso di laute somme, basti dire che in un giorno
spendemmo in soli croccanti la bellezza di 400 £. Ma tali acuisti
ebbero fine perché di nuovo caricati su altri automezzi per un lungo
viaggio, cioe, da Sciacca ah Portoempedocle. Viaggio non privo di
emozioni per l’impervia strada dovuta percorre ah causa dei ponti fatti
saltare dal nostro esercito in ritirata, ma per gli autisti negri d’America
nessun ostacolo fù mai insormontabile dimostrando una sicurezza e un
coraggio non indifferente pari ai nostri migliori assi del volante.
Finalmente dopo 12 ore di arrabattamento su dette macchine piene di
polvere e di sete si arrivò al nuovo campo di concentramento.
28 Luglio 1943
Appena giunti nel campo fummo inquadrati a squadre di dieci
comandati da un simpatico moretto per eseguire lavori di scarico dei
vari materiali. Questo fù un giorno felice per tutti perché fummo
compensati di una razione supplementare. Il resto dei giorni fù
trascorso sempre al sole, con ¾ d’acqua e un solo pasto per giornata.
Eravamo aiutati nella nostra misera esistenza da qualche melone
pagato anche fino ah 100 £ ai soliti Siciliani sfruttatori, è mangiati
fino all’ultimo pezzettino di buccia.
7 Agosto 1943
Ore 22 noi quattro fummo imbarcati sù un grosso mercantile. La
nostra meta! “L’Ignoto”
8 Agosto 1943
Il giorno dopo ore 15 si levano le ancore, si salpa, ma dopo circa 5 ore
di navigazione per motivi a noi sconosciuti ci trovammo ancora di
nuovo sulle coste della Sicilia nelle vicinanze del porto di Licata.
10 Agosto 1943
Su l’Ancora e prua verso sud; il convoglio era formato da 7 navi frà le
quali 3 mercantili cariche di prigionieri 2 caccia torpediniere e 2
battelli vedetta di scorta. Durante la traversata avemmo il modo di
costatare con i nostri occhi di quale maestosità è imponenza fosse la
potenza marinara AngloAmericana incrociando convoli sù convogli di
centinaia e centinaia di Navi di tutti i tipi da guerra è mercantili. Lo
stesso dico della loro potenza aerea.
11Agosto 1943
Dopo 24 ore di discreta navigazione rasentando Pantelleria
all’imbrunire; giungemmo all’alba del giorno dopo nel porto di
Biserta; magnifico porto dotato di un’ampia baia stipata di Piroscafi di
tutte le speci. Incredibile il movimento. Potemmo constatare che la
città alquanto carina su un bellissimo sfondo verde non degno
d’Africa, era abbastanza devastata dai molti bombardamenti sostenuti
da ambo le aviazioni durante il periodo della guerra di Tunisia, anzi
nei trè giorni che sostammo alla fonda fummo oggetto di due
invasioni aeree da parte di apparecchi Tedeschi prontamente sventate
dalla pronta ed energica reazione delle batteri[e] contraeree
Americane.
15Agosto 1943
Formazione di un nuovo convoglio abbastanza numeroso (circa 60
navi) e partenza per Orano. Durante trè giorni ininterrotti di
navigazione potemmo di nuovo constatare la potenza nemica
incrociando continuamente possenti convogli.
19Agosto 1943
Finalmente si arriva ad Orano dopo dodici giorni ininterrotti di cielo e
mare. Porto importantissimo perché oramai già fuori dal raggio
d’azione degl’aerei dell’asse; Città molto graziosa sù di uno sfondo
roccioso ah differenza del verde di Biserta. Iniziò lo sbarco di questa
massa umana, circa 40 mila prigionieri. L’effetto che produsse a mè il
contatto della terra dopo 12 giorni di rullio continuo fù singolare; mi
colsero dei capogiri che sembravo ubriaco, da attribuire molto tale
stato all’estrema debolezza penetrata nelle mie membra ah causa dello
scarso cibo somministratomi dagl’Americani, basti dire che per
aggiungere qualche pezzetto di pane al mio esigentissimo stomaco
dovetti sacrificare i miei ultimi preziosi oggetti scambiandoli per poco
cibo con i marinai Americani. La mia penna stilografica in
buonissimo stato fù ceduta per cinquanta miseri grammi di pane. Un
magnifico orologio di marca del mio amico Marzadori fù ceduto per
n°4 scatolette. Per arrivare ah ciò la fame naturalmente doveva
raggiungere il limite massimo. Sempre digiuni fummo convogliati in
autocarro al campo di concentramento di detta citta (20 Km ah sud).
Da immaginarsi la gioia che provai appena giunto dentro la gabbia n°
12 verso le ore 14, disfatto dalla fame mi imbattei in quattro miei
paesani il quale li cito. Fini Otello, Evangelisti Remo, Sambi Marino e
Pancaldi molto più fortunati di mè perché in possesso di ancora
qualche scatola di minestra e appena seppero che ero matto di fame e
che proprio non ne potevo più si fecero in quattro per aiutarmi e così
la provvidenza ancora per una volta mi salvò. Trascorremmo trè giorni
in tale campo fraternamente discorrendo continuamente del nostro
simpatico paesello, progettando spuntini e bevute al nostro prossimo
ritorno (perché nella mente di tutti era che ah Natale tutto doveva
essere finito, magari ciò si avverasse. Si pensava di continuo alle
nostre care famiglie, alle nostre spose, è più di tutto ahi nostri
carissimi angioletti.
23 Agosto 1943
Ordine di partenza, si monta sù autocarri, dieci Km di strada asfaltata
e si arriva ad una stazioncina ferroviaria di cui mi sfugge il nome, 50
per carro è macchinista avanti, si percorre la ridentissima campagna
Algerina ricchissima di vigne campi di grano e ulivi, da ciò ebbi modo
di notare i benefici che la Francia aveva apportato alle sue colonie,
naturalmente ricavandone il massimo rendimento per il benessere
della nazione. Si percorre circa 150 Km passando dal centro
ferroviario di Sidi Bea Abes e arrivando al paese di Chiansi. Ordine di
scendere ah terra, si percorre ah piedi 3 Km e si arriva al nuovo campo
di concentramento al quale sembra stabile e ben organizzato. Difatti
nella permanenza in detto campo avemmo il conforto per la prima
volta dopo la cattura di un bel bagno, di una tenda munita di 3 coperte
di lana, di acqua ah volontà per fare anche il bucato (così potemmo
spidocchiarci ah nostro agio, e quello che più contava un sanissimo ed
abbondante cibo. In pochi giorni sinceramente mutai aspetto e la
speranza di tornare sano è salvo in seno alla mia famiglia mi arrise
anche più. Il colmo della gioia fù quando ci distribuirono il primo
foglio di carta per dare notizie alle nostre case che spero tutt’ora vi
siano giunte ah confortarvi un po’. Ma oramai ci aspettavamo che il
troppo bene non durasse molto.
2 Settembre 1943
Infatti dopo aver trascorso in si benefico campo dodici giorni di notte
sveglia che si parte, ci fanno la rivista, ci prendono fino all’ultima
coperta, si dimenticano di darci il caffè, ci ammassano, si percorrono i
soliti 3 Km a piedi per giungere alla stazioncina di Chiansi sulla linea
ferroviaria Tunisi Casablanca. Nessuno ah la minima idea di dove ci
possono spedire. Perché questa si può davvero paragonare ad una
spedizione tipo bestiame. In carri scoperti, sotto il solleone, chiusi gli
sportelli con filo di ferro e 2 guardie Marocchine (Degallisti che quasi
con ragione ci odiano per la famosa pugnalata alla schiena inferta alla
Francia dal nostro caro Mussolini) con fucile sempre spianato pronti
ah far fuoco al minimo tentativo di allontanamento. Sopraggiunse il
terribile caldo delle ore 14 e naturalmente eravamo tutti senza acqua,
si stava sul treno ah boccheggiare come i pesci. Io sinceramente non
nè potevo più. Per fortuna un mio amico di Castelfranco, un certo
Ognibene era in possesso di un vecchio orologio è per giunta rotto che
nessuno voleva saperne di scambiarlo con materiale alimentare, ma a
forza di tentare riuscì ad ingannare un Algerino avendone in cambio
un cocomero paragonabile ad un grosso arancio, pure così modesto
riuscì ad alleviare un po’ la nostra tremenda arsura. Si arrivò
finalmente alla stazione ove si parti 12 giorni addietro, ma aimè gli
autocarri mancarono all’appello e così per forza maggiore dovemmo
ah piedi percorrere quei famosi 10 Km che mancavano per giungere al
vecchio campo di concentramento di Orano sempre nella stessa gabbia
al n° 12. L’amico Sambri si trovava febbricitante e dovette compiere
un non indifferente sforzo per giungere in gruppo, dato anche il passo
forzato che mantenevano in testa. Da notare che dalla sera innanzi
eravamo ancora digiuni, ma quella che più atterriva era la sete.
4 Settembre 1943
Essendo già buio e non sapendo al campo che arrivavano 2000
prigionieri, non potemmo avere, nè il conforto di una coperta per
dormirci sopra, nè una goccia di acqua, ne un briciolo di cibo. In
poche parole 24 ore senza ingoiare nulla. Ci schiaffammo ah terra
stanchi morti e sfiniti dal lungo digiuno. Da immaginare la gioia
quando vedemmo Fini arrivare con mezza borraccia d’acqua; un sorso
per uno non tanto lungo e anche quella fini. Ci disse poi che proveniva
da un bidone di rifiuto della cucina e difatti al mattino potemmo
constatare la verita, soggiaceva ancora nel fondo del bidone una certa
poltiglia schifosa che faceva dar di volta allo stomaco in più
galeggiava un berretto bisunto di un prigioniero. Mi dissi che se non
morivo quella volta, non morivo più. Facemmo un patto assieme ah
tutti i paesani che tutti gli anni il 5 settembre si sarebbe fatto festa
radunandoci a casa di uno o dell’altro per levarci la sete tanto da
pigliare una bella sbornia (Vedremo poi se riusciremo a mantenere
tale promessa)
5 Settembre 1943
Il giorno 5 sempre al sole, con poco cibo, ma con il conforto di ben
poca acqua. Si anelava di nuovo poter partire per destinazione ignota;
anche se fosse stato per la lontana America pur di sistemarci e
allontanarci per sempre da questa maledetta sabbia, è maledetto sole
d’africa. Oh sempre sperato di riuscire ah mantenermi assieme ai miei
amici è ai miei paesani, ma purtroppo in quest’ultimo spostamento ah
malincuore oh dovuto separarmi dai miei cari amici Pastorello e
Marzadori componenti il famoso quartetto iniziale. Per mè
sinceramente è stato un gran colpo.
6 Settembre 1943
Il giorno 6 di mattino ordine di partenza da questo inferno. Ci
caricarono su ai nostri fedeli autocarri, e via di volata al porto di
Orano. Appena che fummo giunti mi si presentò, incredulo, ahi miei
occhi un magnifico transatlantico ah nome Shtich; pronto per la
traversata dell’oceano con scalo ah Nuova Jorch. Ci imbarcarono su
detta nave, in 2000 circa, è ognuno di noi venne sistemato con
brandina, coperta imbottita e salvagente, ah noi sembrò un paradiso
poter riposarci in un soffice lettuccio per la prima volta dopo dei mesi,
ma ciò era nulla di fronte al trattamento in fatto di mangiare. Ora
descriverò. Si passava in fila indiana davanti ad un lunghissimo banco
nel salone da pranzo della truppa dotato di una infinità di tavoli. Il
primo cameriere ti allungava un grandissimo vassoio con 8
compartimenti, il secondo cameriere ti allungava una bella fetta di
mortadella, il terzo un’albicocca sciroppata, il quarto 2 mestoli di
spaghetti bianchissimi, il quinto 2 mestoli di carne è fagioli per
condirli, il 6° Un mestolo di piselli, il 7° un uovo sodo, l’8° un
cucchiaio di burro il nono 3 fette di pane. Con questo
abbondantissimo carico di ogni ben di Dio ti sistemavi in tavoli di 10
persone forniti di Barattoli di finissima marmellata di brocche piene di
buonissimo caffelatte da adoperarsi in posto dell’acqua da bere di
salse piccanti di ogni spece, di sale, pepe, padroni tutti di adoperare ah
volontà ciò che si voleva. Tutto ciò sembrerà al lettore una grande
esagerazione, ma a queste mangiate partecipavano anche i miei
paesani che potranno sempre confermare tutto ciò che la mia misera
matita vi ah descritto. Io benché avessi tanta fame arretrata non sono
mai riuscito ah mangiarne più della meta, e guai chi si metteva
qualche cosa in tasca, tutto ciò che rimaneva veniva gettato in mare
anche se non era stato toccato da nessuno, quintali e quintali di viveri
intatti è freschi giornalmente raggiungevano il fondo del mare. Da
notare che quella che vi ò descritta era una mangiata delle più comuni
è tutti i giorni si cambiava menù è sempre in meglio. Obbligati ah fare
il bagno almeno una volta al giorno e tutti i giorni ci facevano salire in
coperta ah prendere aria distribuendoci sigarette finissime tipo Camel,
Cesterfield Morris Luchestrai Old Gold Yvent S...................................
8 Settembre 1943
Mà una bella sera il paradiso fini. Facemmo tutti una bella
indigestione frà i quali io fui uno che stetti molto male. Immaginatevi
che era il mio compleanno. Compivo il mio 30° anno di età che mi
trovavo parlando schietto, al gabinetto, stavo male da morire ed ero di
tutti i colori. Sentivo come in un barlume dai miei compagni che
l’Italia aveva deposto le armi. Non potevo festeggiare con piacere tale
avvenimento, ma tale data per mè rimarrà indimenticabile.
9 Settembre 1943
Eravamo sempre fermi in porto in attesa ora per ora di partire per
l’America, quando improvvisamente arrivò l’ordine di sbarcare.
Dovemmo abbandonare l’ultima grandiosa man[giata] a malincuore e
via, si monta sui soliti autocarri, in…………………………………….
Nateri dove ci condussero. Perlaterzavolta nella......………………..…
gata da mè gabb…..........................…………….....................................
fame, è quel che…............................................................……………..
10 Settembre 1943 -11 Settembre 1943
Il primo giorno fù trascorso malissimo ma il giorno seguente data
memorabile 11-9-43. Fù un completo disastro. Eravamo tutti i paesani
assieme fra i quali ci accodammo Franceschelli Luciano. Ci aiutammo
ah vicenda più che altro con il morale perché acqua non cè n’era. Ciò
che stò per descrivervi non potrà mai raggiungere la completa realtà.
Eravamo da 24 ore senza una stilla del prezioso liquido quando
sopraggiunse l’orario fatale del mezzogiorno cominciò la serie degli
svenimenti, delle insolazioni e delle convulsioni. Senza esagerare un
500 prigionieri furono trasportati di peso alle infermerie anch’esse
senz’acqua e si parlò dopo il disastro che diversi ci rimisero la pelle.
A peggiorare la situazione contribuì il Ghibli che ti gettava sulle arse
labbra e sugl’occhi gonfi le sue sabbie infuocate. Ci salvammo per
miracolo tutti noi paesani da certa morte per l’intervento energico
degli americani che presero provvedimenti del caso. Si venne poi ah
conoscenza che il comandante del campo era un oriundo Tedesco e
per vendicarsi della resa Italiana aveva complottato di farci morire
tutti di sete. Mentre assistevano a queste macabre scene ricordo che
piangevo come un pozzo nel vedere tanti innocenti rasentare la morte
proprio quando questa maledetta guerra sembrava stesse per finire.
Finalmente tutto fini e non ci restò altro che abbracciarsi felici e
contenti pensando di averla scampata bella. Ci auguravamo di partire
in fretta dal campo della morte.
12 Settembre 1943
Infatti il giorno dopo, dopo esserci inzuppati completamente sotto la
prima pioggia da chè parti da Empoli, venne l’ordine di partenza, ma
purtroppo non per tutti. Furono chiamati 1000 uomini basandosi su
certe lettere dell’alfabeto, io fui incluso fra i partenti assieme al
Sambri invece Fini, Evangelisti, Franceschelli e l’ultimo superstite del
quartetto iniziale; Marchesi, rimasero nella gabbia della morte, Mi
sentii contento nel varcar la fatale soglia di cosi sinistro ambiente, ma
nello stesso tempo mi spuntarono le lacrime agl’occhi al dovermi
separare dai miei paesani, sapendoli anche in sì brutto posto.
17 Settembre 1943
Primo giorno di permanenza nel nuovo campo sempre nei dintorni di
Orano, e 3° anniversario della nascita della mia cara piccina. Mi trovo
con Sambri Marino unico superstite rimastomi in compagnia e anche
la sua bimba compie il 3° anno di età. Non facciamo altro che
contemplarle in fotografia e pensiamo continuamente ah quando sarà
il giorno in cui potremo realmente abbracciarle. La gabbia che ci
troviamo è paragonabile ah quella di Chiansi. Si mangia 3 volte al
giorno acqua in abbondanza Tabacco e per la 2° volta carta da scrivere
ah casa.
23 Settembre 1943
Oggi 23 Settembre di nuovo si parla di partenza; Se ciò fosse
speriamo per l’Italia.
6 Ottobre 1943
Mi trovo ancora al campo N 131 gabbia N 4, Sempre assieme
all’unico paesano Sambri al quale ci aiutiamo a vicenda specialmente
per racimolare qualche supplemento in più; Benché ah dire il vero il
cibo ce lo danno quasi ah sufficienza, mà siccome sono cibi molto
golosi come ad esempio caffèlatte (di puro caffè, non surrogato) con
biscotti al mattino. Un buon minestrone condito bene e con pasta
bianchissima ah mezzogiorno accompagnato da un secondo che può
variare come frutta sciroppata è burro con una fetta di pane bianco
come la neve (Peccato sia poco) alla sera altrettanto, il secondo può
essere variato in trè salamini e una fetta di mortadella. Come dico è un
mangiare talmente goloso che se ne mangerebbe più del necessario; è
per questo che io e l’amico Sambri ci siamo aggregati alla compagnie
di riviste che teniamo nel nostro campo alla quale riscuote molti onori
perché lavora molto bene; riusciamo lavorando attorno al bellissimo
teatrino ad avere giornalmente un buon supplemento, tanto che l’altro
giorno mi sono buscato una grossa colica di Busso è s[t]ata più grossa
di quella sulla nave e tuttora ne sono ancora scombussolato. Noi o io
siamo come i bimbi che approfittano la dimenticanza della mamma ah
chiudere la credenza per fare una scorpacciata di marmellata e poi
lamentarsi per la bubba alla pancina. Noi non consideriamo la
debolezza del nostro stomaco e sapendo di aver sofferto tanto [la]
fame si vorrebbe quanto è possibile recuperare mangiando ah
crepapelle e cosi succede poi è inevitabile. Ora ci anno sistemati un
po’ meglio sotto ah dei magnifici tendoni.
14 - 10 - 1943
Riprendo il mio diario dal solito campo N 131, gabbia N 4. Sempre
trattati bene specialmente con il mangiare e con tutti quei piccoli
conforti tanto utili in questa vita cosi lontani dal mondo civile, In più
io è il paesano Sambri e altri amici ci siamo sistemati entro al nostro
magnifico tendone con belle brandine costruite da noi con mezzi di
fortuna è così dopo parecchi mesi che si dormiva sulla nuda terra ora
abbiamo il conforto di un soffice lettuccio. Intanto che questo tempo
stà passando ah minuti interminabili gli americani si stanno
divertendo ah punzecchiarci continuamente con iniezioni oh
antitifiche, oh antimalariche, oh anticoleriche. Io comprendo che tutte
queste iniezioni, che ora raggiungono il numero di 5 e che arriveranno
quanto prima ah 10, le facciano per il nostro bene, mà però ora che mi
trovo sotto la reazione di un paio di punture alle braccia e mi sento
febbricitante penso che se volessero anche smettere mi farebbero un
gran piacere. Ora vengo alle novita che tutti i giorni ci fanno sapere ah
mezzo ufficiali Italiani anche prigionieri. Letteralmente non siamo più
considerati prigionieri dopo il tanto giustissimo ed atteso gesto del
Maresciallo Badolio… proprio fù fatta l’adunata del campo, in ben
2000 tutti nell’avancampo e dopo averci spiegata la situazione in cui
regnava la nostra patria (Piuttosto disastrosa) fù chiesto alla massa;
chi vuole essere con Badolio per combattere e scacciare dalla nostra
patria i tedeschi è il fascismo passi nel campo, e chi vuole essere con
Mussolini rimanga. Se aveste visto fù un plebiscito unanime, tutti si
precipitarono al cancello per entrare e così schierarsi dalla parte di
Badolio. Solo 8 rimasero dentro che naturalmente io, li compatisco
perché sono dei poveri illusi. Ma verra presto il giorno che anche
questa piccola minoranza aprirà gl’occhi è comprenderà quante
ingiustizie è angherie abbia fatto al suo popolo in più di 20 anni di
regime, il fascismo. Per conto mio mi sento fiero di ritornare in Italia
per combattere il tanto odiato e mortale nemico che è il fascismo e in
particolare nemico della mia famiglia e della mia parentela. E mi
ricordo benissimo, ero ancora un ragazzo ai tempi della rivoluzione
più ridicola che la storia ricordi, quando la mia famiglia era
continuamente sottoposta alle più brutali è umilianti vessegiazioni.
Mio padre era continuamente bersagliato è malmenato dalle orde
fasciste e più vigliaccamente veniva aggredito in imboscate di notte da
branchi di rinnegati comperati con un bicchiere di vino dalla cricca
più altola del paese costringendolo diverse volte ad essere ricoverato
all’ospedale, [a] volte gli fù sparato che fortunatamente fù sempre
rimasto illeso. Ma li cono[sco] [anc]ora i vigliacchi e se mi sarà
possibile mi saprò vendicare. Ma la vigliaccheria che più mi stà sullo
stomaco compiuta dagli st............................ assassini fù la sera di S.
Martino essendo il patrono del paese in cui vi[vo]. Eravamo radunati
ah cena sul parco desco e per alietare la festicciola furono in[vitati]
anche i miei zii, qundo tutto ad un tratto fù spalancata la porta
[presen]tandosi un tizio (chiaro non stò ah pronunciarlo ma che lo
conosco benissi[mo] aizzato dall’esterno da una masnada degna di
costui che in poche parole schiaffeggia mio padre e i miei zii e non
pago di così brutale gesto si avvicinò pronuncia[ndo] parole asine
proprio da finto sborniato ah mia madre schiaffeggiandola
[nonostante] tenesse sulle braccia mia sorella Anita di 2 anni e si
trovasse in [stato inte]ressante molto avanzato perciò ben visibile. Io è
mio fratello [tes]timoni di cosi inumana scena per 20 anni abbiamo
aspettato paz[ientemen]te perché impossibilitati ad agire. Ora dopo 4
lunghi anni sopportati in questa ingiusta guerra imposta dai sicari
fascisti (ma posso dire [final]mente di aver fatto tutto il possibile per
esserci stato più di peso che di utile) e giun[to] il momento della mia
riscossa. Sono fiero di contribuire con tutte le mie energie ah
schiacciare gli odiati oppressori. Speriamo quanto prima ci
organizzino e venga il tanto atteso giorno della partenza verso le
lontane coste della nostra patria per poter contribuire anche noi alla
tanto agognata vittoria E cosi ritornare alle nostre case ah
riabbracciare i nostri figli le nostre spose i nostri genitori e parenti
paghi d’aver liberato per sempre l’ Italia dal mortale ne[mico] del
popolo che è il Fascismo è dai Tedeschi e pregustarsi una giusta e
duratura pace.
La pagina 16 del diario si Secondo Reggiani
2 - 11 - 1943
Purtroppo dopo ah guasi un mese da che tralasciai il mio diario non si
è potuto avverare il mio sogno; quello di ritornare in Italia per
contribuire ah scacciare agli oppressori. Ma che volete gli ordini dei
nostri superiori sono di contribuire alla vittoria lavorando qua in
Africa perciò ci tocca ah malincuore eseguire gli ordini. Infatti proprio
ieri 8-11 Siamo partiti dopo la permanenza di 2 mesi dal campo N 131
gabbia N 4 per trasferirci al campo N 14 con una compagnia di 115
uomini nominata compagnia lavoratori addetti ah tutti i servizi di un
ospedale da campo americano chi quochi, chi camerieri, chi
falegnami, chi muratori e via di seguito, io per ora non oh ancora
delineato la mia posizione, vi saprò dire più in seguito. Feci come oh
detto qui sopra ho lasciato il campo N 131, campo che non potrò mai
dimenticare perché è stato il primo……................……dopo l’inferno
in...............................…..……odissea di prigionier[o]..………....di
rimettermi in piena efficienza .....................dopo tanta batosta in fat[ti]
ora mi trovo ben provisto ed energicamente ben in forza. Sambri
Marino l’abbandonai 15 giorni fa assieme ai compagni anche lui
destinato ad una compagnia lavoratori di servizio ad un ospedale
spero sia andato ah finire bene anche lui, di noi.......................che ora
sono rimasto solo, non più un paesano del mio vecchio reparto, ma mi
sono fatto amico da tempo di un certo Sallini Duilio di S. Antonio
della….....aderna bravissimo ragazzo perciò siamo sempre assieme
aiutandoci a vicenda in tutte le nostre mansioni. Al 131 ero addetto
scenografo al nostro piccolo ma tanto caro teatrino, come vedete oh
lasciato il divertimento e l’alle[gra] [compa]gnia per venire al 140 è
dedicarmi alla mansione ben più varia e considerevole di servire gli
ammalati. Le impressioni nel nuovo campo sono state per me subito
ottime, Non più comandati è guardati dagli americani e dalle guardie
Marocchine, ma comandati da Ufficiali e sott’ufficiali italiani che la
pensano come me. Anche qua siamo dotati dei magnifici tendoni con
brandine 4 coperte lumino ad olio, acqua ah volontà e quel che più
conta il mangiare abbondante al mattino ci danno un terzo di litro di
buonissimo caffelatte una fetta di pane sempre bianchissimo di 100gr
un mestolo di pappina di latte è semolino è una cucchiaiata di
finissima marmellata, come vedete colazione da ricchi pascià. Due
volte al giorno minestroni buonissimi con pasta bianca e un litro per
volta con buoni secondi e pane. Come vedete il mangiare sotto agli
Americani non manca. Il tabacco regolarmente tutte le Domeniche lo
distribuivano, in più saponette palmolive finis[sime] lamette pomata
per barba spazzolini dentifrici tutta roba finissima che da 4 anni in
Italia non si vede, in più ora che siamo organizzati entriamo in paga
con 80 centesimi di Dollaro pari ah 80 £ Italiane. Speriamo che tutto
vada bene e finisca presto per ritrovarci sani e salvi al nostro amato
paesello per abbracciare la mia tanto cara famigliola che da 4 mesi
non oh ancora notizie [nonostante] abbia già scritto 5 volte. Spero
siano tutti vivi è in piena Salute Ora tralascio perché è già caldo è così
posso andare ah fare un bel bagno oh doccia, far bollire la biancheria
per cer[ca]re di poter eliminare il più possibile i pidocchi.
1 Dicembre 1943
Approfitto di queste due giornate di riposo per continuare il mio
semplice diario. Riposo avuto mediante la mia solita malaria maligna
che di quanto in quanto mi viene ah disturbare con i suoi malanni. Ieri
fù la volta della milza che mi diede dolori talmente forti da essere
trasportato dal’ospedale dove lavoro al campo dove dormo con
l’ambulanza americana dopo essere stato visitato da un maggiore è un
capitano medico americano. Per fortuna tali dolori dopo due ore mi
cessarono è ora mi trovo normale come prima, potrei anche andare a
lavorare ma gli americani non vogliono fino ah ché non oh fatto
almeno due giorni di riposo. Sono molto contento è senza
preoccupazioni perché gli americani, se ci ammaliamo ci trattano
benché prigionieri, come loro stessi, con tanti riguardi è tante
gentilezze. Ora racconto come mi trovo nella mia nuova posizione. La
mia compagnia formata da 115 uomini comandati da un capitano
Italiano e 3 tenenti si chiama 191° Compagnia Sanitaria adibita ah
tutti i servizi del 46° General Ospital pieno di feriti americani. Chi
addetto alle cucine, chi Cuochi, Camerieri, sguatteri, chi addetti ahi
bagni, chi piantoni alle tende degli ammalati. Io sono addetto ah
scrivere tutti i cartelli di direzione assieme ad un Italo Americano di
nome Calducci Domenico nato in america di genitori Italiani di
Campobasso (Ripa Bottoni] un buonissimo ragazzo che mi regala
sempre qualche cosa di utile specialmente sigarette, lamette per barba,
la macchinetta per barba, sapone è tante cosine, in più tutto il giorno
mi offre caramelle cioccolata è gomma da masticare, come vedete
sono diventato un gran signore. Si mangia ah crepapelle di tutte le
migliori qualità dato che abbiamo una 3N° di omini nelle cucine è alla
sera portiamo ah casa di tutto, ba[sti] dire che tante volte ci tocca
buttare pane bianco, burro, carne. Se io potessi avere notizie da casa e
di .........................… non avrei più preoccupazioni perché siamo dei
grandi pascià, ci anno ben vestiti all’americana, se vedeste il mio
cappotto in Italia non ce l’à neanche il più gran signore. Il mio
americano mi fa coraggio dicendomi sempre che frà 6 mesi sarà finito
tutto è noi ritorneremo alle nostre tanto amate case, magari fosse vero
anche prima di 6 mesi. Oh tanta voglia di abbracciare la mia figlia
assieme alla sua mamma è ahi suoi nonni. Gia posso dire che dagli
americani vengo ricompensato di tutto quello che mi anno fatto
soffrire nei due primi mesi di prigionia. Appena avrò novità
riprendero il mio scritto.
Appunti sulla mia
prigionia
di Secondo Reggiani
a cura di
Maurizio Balestra
trascrizione di Enrica Ragazzini e Sara Menghi
(Istituto professionale di stato per i servizi sociali “Iris Versari”)
tosca
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