Green, White, Red. O dell`anticelebrazione. La collezione Maramotti

Transcript

Green, White, Red. O dell`anticelebrazione. La collezione Maramotti

Green,
White,
Red.
O
dell’anticelebrazione.
La
collezione
Maramotti
a
Reggio
Emilia
di
Silvia
Bottani
©
CultFrame
06/2011
Le
celebrazioni
per
i
centocinquanta
anni
dell’Unità
d’Italia
sono
stati
l’occasione
per
orchestrare
una
serie
di
eventi,
dal
più
pretestuoso
al
più
onesto,
passando
attraverso
una
serie
infinita
di
variabili.
Nell’ubriacatura
che
caratterizza
la
programmazione
culturale
di
quest’anno,
procedendo
a
tentoni,
ci
si
può
però
imbattere
quasi
fortuitamente
in
esposizioni
come
“Green
White
Red”,
ospitata
dalla
Collezione
Maramotti
di
Reggio
Emilia.
Collocata
nelle
sale
inferiori
del
complesso
dove
risiede
la
collezione
permanente
di
Achille
Maramotti
–
industriale
che
ha
dato
i
natali
alla
fortunata
vicenda
imprenditoriale
del
marchio
Max
Mara
e
appassionato
collezionista
d’arte
–
“Green
White
Red”
è
un
percorso
à
rebours
nel
concetto
d’italianità,
una
matrioska
che
si
apre
su
tre
assunti
lapalissiani
come
i
colori
della
bandiera
per
approdare
a
lidi
inaspettati,
e
sembra
proprio
il
caso
di
utilizzare
la
metafora
dei
lidi
perché
il
percorso
assomiglia
più
a
una
immersione
che
a
una
passeggiata
su
sentieri
battuti.
Già
un
regista
“morale”
come
Krzysztof
Kieslowski
ebbe
la
felice
intuizione
di
mettere
in
scena
una
riflessione
scaturita
dai
colori
blu,
bianco
e
rosso
della
bandiera
francese,
per
realizzare
quel
capolavoro
che
è
la
sua
trilogia.
Anche
in
questo
caso,
il
tricolore
italiano
è
uno
strumento
per
costruire
un
percorso
espositivo
che
va
decisamente
oltre
il
mero
intento
celebrativo,
selezionando
autori
assolutamente
eterogenei,
scelti
tra
il
vasto
fondo
della
collezione
del
Frac
Aquintaine,
regione
che
ha
avviato
un
gemellaggio
con
l’Emilia
Romagna.
Sembra
curioso
ma
tutt’altro
che
causale
che
la
curatrice
Claire
Jacquet
sia
francese,
quasi
come
se,
attualmente,
per
parlare
di
un’identità,
di
un
carattere,
di
un
quid
che
segna
un
popolo,
sia
necessario
utilizzare
una
prospettiva
di
estraneità.
Spazziamo
via
ogni
dubbio
chiarendo
subito
che
la
mostra
non
accompagna
lo
spettatore
coccolandolo
con
immagini
agiografiche,
presentando
una
serie
di
cartoline
che
raccontano
una
sorta
di
Grand
Tour
alla
maniera
contemporanea,
ossia
riveduto
e
corretto
da
una
furba
dose
di
critica
sociale,
nostalgia
di
un
passato
naif
e
vedute
pittoresche.
Articolandosi
a
partire
dagli
anni
’30,
l’esposizione
comprende
una
serie
di
artisti
di
prima
grandezza
della
fotografia
contemporanea,
accostati
in
maniera
acuta
e
con
sconfinamenti
poetici.
Divisa
in
tre
sezioni,
nella
prima,
ossia
“Green.
A
part
of
nature”,
viene
messa
in
scena
una
riflessione
sul
paesaggio,
tema
che
si
fa
largo
nella
figurazione
pittorica
europea
a
partire
dal
XVII
secolo.
Ci
si
sposta
così
dalle
visioni
oniriche
di
Josef
Sudek
all’affermazione
del
paesaggio
come
prodotto
culturale
di
Pauline
Bastard,
dall’approccio
elegiaco
di
Hamish
Fulton
alle
“memorie”
incenerite
di
Dove
Allouche,
rivisitando
il
concetto
di
landscape,
certamente
influenzati
anche
da
una
più
recente,
riscoperta
sensibilità
ambientale.
Da
un’artista
come
Sudek,
che
funge
da
ponte
tra
l’esperienza
pittorica
del
passato
e
la
fotografia
come
linguaggio
autonomo,
al
gesto
performativo
della
landart
di
Richard
Long
che
interviene
in
maniera
attiva
sulla
realtà
del
paesaggio,
si
apre
un
ampio
spazio
in
grado
di
comprendere
declinazioni
difformi
del
rapporto
tra
soggetto
artistico
e
natura.
La
sezione
“White”,
cui
corrisponde
il
concetto
riassunto
nel
sottotitolo
“Times
of
innocence
or
silence”,
raccoglie
i
lavori,
tra
gli
altri,
di
Karen
Knorr,
Luigi
Ghirri,
Diane
Arbus
e
Deborah
Turbeville.
Sono
queste
le
opere
più
enigmatiche
e,
in
qualche
misura,
più
aperte
alla
lettura,
che
si
collocano,
come
enuncia
la
curatrice,
in
quello
spazio
che
“precede
o
segue
il
caos”.
Appaiono
un’architettura
di
Walker
Evans,
un’immagine
decisamente
laconica,
e
un
palazzo
di
Thomas
Ruff,
che
rimbalza
sulle
maschere
perturbanti
dei
bambini
di
Arbus,
o
i
lussuosi
interni
abbandonati
di
Deborah
Turbeville,
vestigia
di
un’aristocrazia
evocata
e
di
cui
rimane
possibile
memoria
nelle
cose,
congelate
da
un
lenzuolo
bianco
che
le
ricopre
come
un
sudario.
Il
volto
di
Kim
Novak
fotografato
da
Duane
Michals
risponde
per
misteriose
simmetrie
alla
natura
morta
di
Sudek,
la
coppia
di
vecchi
coniugi
di
Weston
racconta
di
una
solitudine
che
riaffiora
nella
paternità
di
Larry
Clark,
gentleman
della
borghesia
inglese
di
Knorr
e
gli
spazi
aperti,
stratti,
immoti
di
Bernard
Descamps
rimandano
ai
volumi
di
Ralph
Gibson.
“Between
Passion
and
Conflicts”
è
invece
il
grande
tema
su
cui
si
incardina
la
sezione
“Red”,
dove
trovano
spazio
tra
gli
altri
Cindy
Sherman,
un
denso
lavoro
di
Gilbert
&
George,
Andres
Serrano,
Manuel
Alvarez
Bravo.
In
questo
caso,
la
sezione
si
sarebbe
prestata
a
facili
cliché,
o
alla
scelta
di
opere
emotivamente
sfacciate.
La
decisione
della
curatrice
è
invece
controcorrente
e
privilegia
opere
dove
i
conflitti
implodono,
le
passioni
sono
sotterranee
e
l’impressione
complessiva
è
quella
di
un
flusso
sanguigno
venoso,
scuro
e
profondo,
che
scorre
sotto
molti
strati
di
quella
umanità
rappresentata
nelle
foto.
La
proposta
curatoriale
della
mostra
predilige
un
itinerario
non
cronologico,
senza
didascalie
che
facciano
da
stampella
a
chi
guarda:
lo
spettatore
è
posto
nella
condizione
di
abbandonarsi
a
una
visione
non
lineare
ma
estremamente
stimolante,
che
privilegia
l’accostamento
delle
opere
evocando
legami
sottili
più
che
dati
storico‐scientifici.
Particolarmente
incisivi
risultano
quindi
alcuni
passaggi,
come
l’accostamento
dei
ritratti
dei
“Les
enfants
de
Berlin”
di
Christian
Boltanski
con
la
“Milk
Cross”
di
Serrano,
punto
di
fuga
e
summa
della
sala,
racchiusa
dai
macro
dettagli
del
viso
di
“Amour
Aveugle”
di
Genevieve
Cadieux,
dal
“Soldat”
di
August
Sander
e
dall’assassinio
immortalato
senza
pudore
da
Alvarez
Bravo.
Ciò
che
rimane
allo
spettatore,
a
conclusione
di
un
percorso
compatto
e
molto
denso,
è
una
percezione
musicale
che
si
compenetra
con
la
fruizione
visiva,
qualcosa
che
si
avvicina
molto
all’esperienza
dei
cosiddetti
“armonici”:
come
un
suono
che,
producendosi,
contiene
in
sé
necessariamente
altri
suoni,
così
le
immagini
che
costellano
il
percorso
vibrano
tra
loro
e
si
richiamano
infine
vicendevolmente,
travalicando
sezioni,
nazionalità,
temi
e
percorsi.
Dimostrando
con
evidenza
a
che
grado
di
stratificazione
possa
e
debba
giungere
il
progetto
di
una
mostra
fotografica
e
come
il
carattere
nazionale
possa
essere
il
punto
di
partenza
ideale
per
una
meditazione
di
matrice
universale.
IMMAGINI
1
Pauline
Bastard.
Beautiful
Landscapes,
2007
–
2010.
30
x
20
cm.
©
and
photo
credit:
Pauline
Bastard
2
Josef
Sudek.
From
the
cycle
“The
window
of
my
atelier”,
1940.
39,8
x
2,9
cm.
©
Josef
Sudek
/
Anna
Farova
3
Andres
Serrano.
Milk
Cross,
1987.
101
x
152
cm.
©
Andres
Serrano.
photo
credit:
Thierry‐Daniel
Vidal
INFORMAZIONI
Green
White
Red.
A
Perfume
of
Italy
in
the
Collection
of
Frac
Aquitaine
/
A
cura
di
Claire
Jacquet
Dal
7
maggio
al
31
luglio
2011
Opere
di:
D.
Allouche,
P.
Bastard,
A.
Claass,
B.
Faucon,
H.
Fulton,
P.A.
Gette,
L.
Ghirri,
J.
Groover,
R.
Long,
J.L.
Mylayne,
J.
Pfahl,
J.
Sudek,
H.
Trülzsch,
B.
Webb,
H.
Zobernig,
M.
Álvarez
Bravo,
D.
Arbus,
Bauhaus
Dessau,
M.
Bonetti,
H.
Callahan,
H.
Cartier‐Bresson,
L.
Clark,
Clegg
&
Guttmann,
B.
Descamps,
W.
Evans,
P.
Fischli
&
D.
Weiss,
R.
Frank,
L.
Friedlander,
R.
Gibson,
P.
Gioli,
Izis,
A.
Kertész,
W.
Klein,
K.
Knorr,
D.
Michals,
T.
Ruff,
A.
Sander,
D.
Seidner,
O.
Thormann,
D.
Turbeville,
E.
Weston,
C.
Boltanski,
G.
Cadieux,
Gilbert
&
George,
V.
Jouve,
J.
Koons,
U.
Lüthi,
Made
in
Éric,
A.
Serrano,
C.
Sherman.
Collezione
Maramotti
/
Via
Fratelli
Cervi
66,
Reggio
Emilia
/
telefono:
0522.382484
/
fax.
0522.934479
/
[email protected]
Orario:
La
Collezione
è
aperta
al
pubblico
su
prenotazione
/
giovedì
e
venerdì
14.30
–
18.30
/
sabato
e
domenica
10.30
–
18.30
Catalogo:
Silvana
Editoriale
LINK
Collezione
Maramotti,
Reggio
Emilia
Tags:
A.
Claass,
Andre
Kertesz,
Andres
Serrano,
ARTE
CONTEMPORANEA,
August
Sander,
B.
Faucon,
B.
Webb,
Bauhaus
Dessau,
Bernard
Descamps,
Christian
Boltanski,
Cindy
Sherman,
Clegg
&
Guttmann,
D.
Seidner,
Deborah
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Diane
Arbus,
Diane
Michals,
Dove
Allouche,
Edward
Weston,
FOTOGRAFIA,
Genevieve
Cadieux,
Gilbert
&
George,
H.
Callahan,
H.
Trülzsch,
H.
Zobernig,
Hamish
Fulton,
Henri
Cartier‐
Bresson,
Izis,
J.
Groover,
J.
Pfahl,
J.L.
Mylayne,
Jeff
Koons,
Josef
Sudek,
Karen
Knorr,
Larry
Clark,
Lee
Friedlander,
Luigi
Ghirri,
M.
Bonetti,
Made
in
Éric,
Manuel
Alvarez
Bravo,
mostre
arte,
mostre
reggio
emilia,
O.
Thormann,
P.
Fischli
&
D.
Weiss,
P.A.
Gette,
Paolo
Gioli,
Pauline
Bastard,
Ralph
Gibson,
Richard
Long,
Robert
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Luthi,
V.
Jouve,
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alle
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