1 l` approccio del burkina faso al decentramento
Transcript
1 l` approccio del burkina faso al decentramento
L’ APPROCCIO DEL BURKINA FASO AL DECENTRAMENTO 1 Cirpac 11 - 2008 INDICE 1. Cronologia del decentramento……………………………………………………………………..3 2 2. Le istituzioni e gli organismi di supporto al decentramento………………………………………5 3. I partner nazionali e internazionali………………………………………………………………...6 4. L’orientamento del decentramento secondo il Codice Generale delle Collettività Territoriali (CGCT)……………………………………………………………………………………………….7 4.1 L’organizzazione del territorio…………………………………………………………….......7 4.1.1 Le collettività territoriali………………………………………………………………...7 4.1.2 Principi fondamentali e modalità del trasferimento delle competenze……..…………...9 4.1.3 Rapporti fra Stato e collettività territoriali……………………………………………..10 4.1.4 Le competenze delle collettività territoriali………………………………………….…11 4.1.5 Mezzi finanziari delle collettività territoriali…………………………………….……..13 5. L’attuazione del decentramento per il periodo 2006-2015 alla luce del quadro strategico elaborato nel 2007 dal Governo……………………………………………………………………………….13 6. Decentramento e sviluppo locale………………………………………………………………...14 6.1 La concertazione……………………………………………………………………………...14 6.2 Le politiche di sviluppo locale……………………………………………………………….15 7. Un bilancio dell’attuazione del processo di decentramento – Risultati e problematiche………...16 Tabella I - Struttura del decentramento e del deconcentramento in Burkina Faso secondo il Codice Generale delle Collettività Territoriali……………………………………………………………...19 APPENDICE – Progetti promossi dai partner internazionali del Burkina Faso in materia di decentramento e governance………………………………………………………………………..20 Riferimenti bibliografici…………………………………………………………………………….25 Siti web……………………………………………………………………………………………...25 3 1. Cronologia del decentramento Il decentramento in Burkina Faso è un fenomeno recente, anche se le sue radici si ritrovano già in periodo coloniale. In particolare, a partire dalla Costituzione del 1991, con la quale ha preso avvio l’organizzazione del territorio in collettività territoriali, il Paese ha intrapreso la via di un progressivo decentramento, allo scopo di promuovere una miglior ripartizione delle responsabilità in ambiti vitali come quelli dello sviluppo economico, della sanità, dell’educazione e della qualità della vita. La partecipazione cittadina alla gestione della cosa pubblica è assicurata da organi eletti a livello delle collettività locali e da organi consultivi istituiti nelle circoscrizioni amministrative. In particolare, fra il 1995 e il 2006 i consigli municipali eletti (a suffragio universale) sono passati da 33 a 49. Tuttavia, questa prima fase del decentramento ha stentato a decollare, specialmente per quanto concerne il decentramento provinciale, l’organizzazione e il deconcentramento dei servizi dello Stato e il trasferimento di determinate competenze statali alle collettività territoriali. L’esempio più lampante è quello delle province: nonostante esse fossero previste già dalle leggi del 1993, il decentramento provinciale non è mai divenuto effettivo e l’istituzione provincia è stata infine giudicata inadeguata al processo di decentramento. In generale, l’obiettivo del decentramento in questa prima fase è stato largamente disatteso, arrivando a toccare soltanto il 18% della popolazione del Burkina Faso e il 16% del territorio nazionale. La seconda tappa del processo, il cui inizio si può far coincidere con l’adozione nel 2004 del Codice Generale delle Collettività Territoriali (CGCT), estende il decentramento all’intero territorio nazionale e sembra indicare una più forte volontà dello Stato di responsabilizzare le collettività territoriali. Di seguito sono riassunte le principali tappe del processo di decentramento: 1926 - 1965: comparsa dei comuni di Bobo Dioulasso e di Ouagadougou (1955), di Banfora, Kaya, Koudougou e Ouahigouya (1960). E’ il periodo della prima esperienza comunale democratica con consiglieri eletti a suffragio universale; 1965-1970: i comuni vengono gestiti da “delegazioni speciali” composte da responsabili dei servizi deconcentrati dello Stato, sottoposti all’autorità di Prefetti-Sindaci nominati in consiglio dei Ministri (decreto del 1966); 1974: nuova forma di decentramento, con la creazione di due nuovi tipi di collettività: il dipartimento e il comune; 4 1983: avvento del Comitato Nazionale della Rivoluzione (CNR); riorganizzazione del territorio con la creazione delle province e dei Comitati di Difesa della Rivoluzione (CDR), come cellule di base per il potere democratico popolare. Anche se si afferma che i comuni verranno gestiti da organi esecutivi designati dai CDR (ordinanza del 1983), di fatto l’amministrazione comunale rimane prerogativa dei prefetti; 1991: La Costituzione del 2 giugno 1991 dispone che il territorio nazionale venga organizzato in Collettività territoriali; 1993: Adozione delle 5 leggi1 che costituiscono la base giuridica del decentramento, incidenti sull’organizzazione dell’amministrazione del territorio, sull’organizzazione municipale e sullo statuto speciale dei comuni di Bobo-Dioulasso e di Ouagadougou. Istituzione della Commissione nazionale del decentramento (CND); 1995: Costituzione dei primi organi decisionali eletti a suffragio universale in 33 comuni definiti “urbani”; 1996: Creazione di 15 nuove province e di 16 nuovi comuni; 1998: Adozione dei testi di orientamento del decentramento (TOD) che abrogano alcuni testi del 1993 e che limitano il decentramento al 18% della popolazione nazionale. I TOD vengono modificati nel 2001 con la creazione di 13 nuove regioni e nel 2003 con la soppressione della provincia come collettività (anche se questa modifica viene giudicata incostituzionale dal Consiglio Costituzionale); 2000: Elezioni municipali nei 49 comuni urbani. Il 21% degli oltre duemila consiglieri eletti sono donne; Viene costituito il Ministero per il Decentramento, vengono unificati la Commissione nazionale per il decentramento e gli strumenti operativi (FODECOM e SAGECOM); 1 Leggi 03, 04, 05, 05, 06 et 07 /ADP del 1993, ovvero: Organisation de l’administration du territoire , Organisation municipale, Statut particulier de la province du Kadiogo et de la Commune de Ouagadougou, Statut particulier de la commune de Bobo-Dioulasso, Régime électoral des conseillers de village, de secteur communal, de département et de province. 5 2004 Adozione del Codice Generale delle collettività territoriali (riferimento normativo in materia di decentramento e di organizzazione del territorio); 2006 Elezioni municipali in 351 comuni (49 urbani e 302 rurali); istituzione di 13 consigli regionali. 2. Le istituzioni e gli organismi di supporto al decentramento Associazione dei Sindaci del Burkina Faso: nata nel 1995, raggruppa i comuni urbani e di distretto. A partire dal 2001 ha assunto il nome di Associazione delle municipalità del Burkina Faso (AMBF). Commissione Nazionale del decentramento (CND): è stata creata con il decreto n°93359/PRES/PM del 1993. Ha carattere interministeriale ed è posta sotto la tutela del Primo Ministro. E’ incaricata di valutare le potenzialità economiche, finanziarie e fiscali delle collettività locali e di elaborare gli strumenti d’informazione, di formazione e di supporto alla gestione delle collettività, al servizio dei rappresentanti eletti e dei servizi tecnici e di amministrazione locale. Fra questi strumenti vi sono quelli di supporto ai comuni: il Fondi di avvio dei comuni (Fonds de démarrage des communes – FODECOM) e il Servizio di supporto alla gestione e allo sviluppo dei comuni (SAGEDECOM). I ministeri: - Ministero dell’Amministrazione Territoriale e del Decentramento (MATD) con la Direzione generale decentramento (DGD); - Ministero dell’economia, delle finanze e della pianificazione (MEFP) con il Progetto nazionale di gestione dei terreni (PNGT2); - Ministero dell infrastrutture, dell’ambiente e dell’urbanistica (MIHU), che interviene nel processo di decentramento nell’ambito delle sue competenze. 6 3. I partner nazionali e internazionali I partner nazionali: si tratta essenzialmente delle ONG e delle associazioni della società civile. A causa delle insufficienze istituzionali degli anni ’80, le ONG si sono sviluppate come attori di primaria importanza per lo sviluppo locale, evolvendosi parallelamente all’azione dell’Amministrazione statale. L’attuazione del decentramento integrale le chiama a un’armonizzazione dei loro interventi e all’integrazione delle loro attività con i programmi di sviluppo delle collettività territoriali. La maggior parte delle organizzazioni della società civile sono rimaste per lungo tempo ai margini del processo di decentramento, ma, essendo soggetti importanti di sviluppo locale, esse saranno sempre più chiamate a mettere a frutto la propria capacità di mobilitazione e sensibilizzazione per la promozione del decentramento. Partner internazionali: il sostegno al decentramento da parte di questi soggetti ha talvolta assunto una forma istituzionalizzata, come per i progetti di seguito riportati: - Il Programma danese di sostegno al processo di decentramento e di deconcentramento; - Il Programma di sostegno al decentramento e allo sviluppo comunale promosso da GTZ; - Il Programma di sostegno alla concertazione e alla governance locale (PACGL) dell’UNDP; - La formazione in materia di diritti umani, cittadinanza e democrazia locale in Senegal, Mali e Burkina Faso (UNESCO); - Il sostegno al Programma di rilancio delle economie locali in Burkina (REEL), finanziato dall’insieme dei partner bilaterali del decentramento nelle rispettive zone d’intervento; - Il Programma nazionale di gestione dei terreni (PNGT2), finanziato da Banca Mondiale, FIDA, DANIDA (Danish International Development Agency) e UNDP; La maggior parte, invece, hanno privilegiato l’approccio comunitario, con ambiti d’intervento diversificati: il villaggio, il gruppo di villaggi, il comune rurale nella sua attuale definizione, la provincia o la regione. Tali progetti o programmi cercano in genere di adeguare i propri interventi alle competenze trasferite alle CT o che potrebbero essere loro trasferite attraverso piani locali di sviluppo promossi dalla base. 7 4. L’orientamento del decentramento secondo il Codice Generale delle Collettività Territoriali (CGCT). Dopo una decina d’anni di applicazione, sono emersi alcuni punti deboli dei primi testi di decentramento che il nuovo Codice Generale (C.G.C.T, legge n° 55-2004/AN, adottato dall’Assemblea Nazionale nel 2004 e promulgato nell’aprile 2005) cerca di superare. 4.1 Organizzazione del territorio Il Burkina Faso è organizzato in collettività territoriali dotate di personalità giuridica e autonomia finanziaria. Le collettività sono quindi enti morali che si amministrano autonomamente nel rispetto delle leggi e dei regolamenti in vigore. Accanto a queste e nel quadro del decentramento dei servizi, il governo ha istituito (tramite decreto del Consiglio dei Ministri) delle circoscrizioni amministrative che, al contrario delle collettività, sono prive di personalità giuridica e di autonomia finanziaria. Tali circoscrizioni sono: la regione, la provincia e il dipartimento. 4.1.1 Le collettività territoriali L’evoluzione del quadro istituzionale è passata attraverso le seguenti fasi: - 1993-2001: le CT sono costituite da province (prima 30, in seguito 45) e comuni; - 2001-2003: la legge sancisce inizialmente tre livelli di CT (la regione, la provincia e il comune), ma in seguito i livelli si riducono a due: la regione e il comune (con la soppressione della CT provincia); - 2004: il Codice generale delle collettività territoriali prevede due livelli di CT: 351 comuni (corrispondenti a Ouagadougou e al territorio di 350 dipartimenti) e 13 regioni. Gli organi amministrativi eletti, fino al 2005, vengono posti in essere soltanto a livello dei comuni urbani. Dal 2006 si opera per dare attuazione ai consigli municipali sull’intero territorio, (tanto nei comuni urbani quanto in quelli rurali) e ai consigli regionali. Il processo di decentramento è stato costruito su due tipi di strutture, ovvero: 8 A) Le strutture derivate dal deconcentramento, o circoscrizioni amministrative, che rappresentano lo Stato e il coordinamento delle attività dei servizi pubblici deconcentrati. Il deconcentramento si organizza du tre livelli: la regione, amministrata da un governatore; la provincia, guidata da un alto commissario, e il dipartimento, sotto l’autorità del prefetto. B) Le strutture derivate dal decentramento, o collettività territoriali, amministrate da organi eletti a suffragio diretto. Come disposto dal CGCT, il decentramento si articola su due livelli: la regione, amministrata dal consiglio regionale, e il comune, amministrato dal consiglio comunale. Occorre sottolineare che nella nuova configurazione del processo di decentramento il villaggio non costituisce più una circoscrizione, non fa più parte delle CT, e si configura unicamente come un’entità sociologica (i villaggi sono circa 8000). Esistono quindi due tipi di collettività territoriali (CT) in Burkina Faso, che sono il Comune e la Regione. La regione è allo stesso tempo anche una circoscrizione amministrativa. Il comune è la CT di base e ne esistono di due tipi: comune urbano e comune rurale. Il territorio di ogni comune è organizzato in territori e/o in villaggi. Il comune urbano è un’entità territoriale comprendente un agglomerato permanente di almeno 25 mila abitanti e in cui le attività economiche permettono di generare risorse finanziarie annuali pari almeno a 25 milioni di CFAF. Il comune urbano può assumere lo status di comune a statuto speciale se il suo agglomerato principale ha una popolazione di almeno 200 mila abitanti e delle risorse finanziarie proprie non inferiori a 500 milioni di CFAF all’anno. I comuni urbani a statuto speciale sono organizzati in distretti che raggruppano vari territori e/o villaggi. I comuni di Ouagadougou e Bobo-Dioulasso sono comuni urbani a statuto speciale. Il distretto comunale è una frazione del comune a statuto speciale. Il comune rurale è un raggruppamento di villaggi con una popolazione di almeno 5 mila abitanti e le cui attività permettono di generare risorse finanziarie proprie per almeno 5 milioni di CFAF. Il territorio del comune rurale comprende tre tipi di spazio che sono: l’area abitata, l’area produttiva e l’area di conservazione. La giurisdizione territoriale della regione è costituita dall’insieme dei territori comunali che la compongono. 9 Con l’introduzione di 302 comuni rurali si rendono necessarie nuove modalità di gestione del decentramento, che non potranno non imperniarsi su un rafforzamento del deconcentramento dei servizi pubblici. Allo stesso tempo, però, l’alto numero degli eletti locali, con un tasso di analfabetismo superiore al 64%, impone allo Stato uno sforzo imponente al fine di conferire ai nuovi eletti le capacità tecniche necessarie all’esercizio delle nuove funzioni. 4.1.2 Principi fondamentali e modalità del trasferimento delle competenze Il riparto di competenza fra Stato e collettività territoriali viene effettuato sulla base del principio di sussidiarietà, individuando la collettività territoriale più indicata all’esercizio di una determinata competenza. Ad esempio, si ritiene che i comuni siano i più adatti a gestire tutte le questioni relative all’insegnamento primario, alla salute, alla costruzione delle strade rurali, ecc. Lo Stato, invece, è considerato il soggetto più indicato per la realizzazione di grandi opere implicanti costi elevati, la definizione di politiche nazionali, ecc. Il trasferimento di competenze (che secondo il CGCT dovrebbe essere completato entro il 2010) deve riguardare anche la gestione dei servizi, nonché gli strumenti e le risorse necessarie a tale gestione. Ogni trasferimento viene sanzionato in Consiglio dei Ministri da un decreto di devoluzione. Le collettività territoriali esercitano le proprie competenze nel rispetto della disciplina dettata dalla Difesa Nazionale. L’attuazione del decentramento si articola in fasi triennali successive e si fonda su alcuni principi di base: - Il coinvolgimento su base democratica di tutti gli attori dello sviluppo: si tratta di oganizzare la partecipazione di tutti questi soggetti (CT, società civile, settore privato) allo sviluppo locale e, in particolare, di rafforzare il coinvolgimento delle donne e dei giovani nella gestione degli affari locali; - La concertazione preventiva con i beneficiari prima dell’assunzione di ogni decisione: una concertazione permanente dovrà essere stabilita fra lo Stato e i principali attori e partner per il raggiungimento di decisioni consensuali; - La complementarietà degli attori: il coinvolgimento di nuovi soggetti nell’elaborazione 10 delle politiche di sviluppo implica una capacità di questi attori di coordinarsi e creare sinergie; - La sussidiarietà fra i diversi livelli dell’Amministrazione e delle CT: le competenze vengono trasferite prioritariamente al livello decentrato più indicato per il loro efficace esercizio. Lo Stato non interviene in tali ambiti se non in caso di inadempienza da parte delle CT. Tale principio si applica sia nei rapporti fra i diversi livelli dell’Amministrazione (ministeri e servizi deconcentrati, ministeri e CT), sia fra le CT di diverso livello (regioni e comuni); - La prossimità: le competenze trasferite riguardano i bisogni di base delle popolazioni locali in termini di servizi pubblici. Il trasferimento deve migliorare l’accessibilità di tali servizi; - La solidarietà fra le CT: lo Stato si impegna a ridurre le disparità fra le CT e a garantire loro eque opportunità di sviluppo; - La fruibilità delle risorse: consiste nel mettere in comune le risorse dello Stato e dei partner operanti nel settore dello sviluppo per finanziare il decentramento; - La progressività: assicurare l’attuazione del processo compatibilmente con i mezzi dello Stato e con le capacità di appropriazione e di gestione delle popolazioni locali. Il trasferimento di competenze deve essere operato in modo graduale e nei settori prioritari; - La coesione economica e sociale: si tratta di incoraggiare la collaborazione, la cooperazione, il partnenariato, la complementarietà e la condivisione di esperienze fra le CT. 4.1.3 Rapporti tra Stato e collettività territoriali - Le relazioni contrattuali: lo Stato e le CT possono determinare contrattualmente i propri interventi comuni in tutti i settori di interesse pubblico nazionale o locale. Le CT possono inoltre stipulare contratti fra loro oppure con persone fisiche o enti morali (siano essi pubblici o privati) al fine di dare esecuzione ai propri compiti. - La relazione di assistenza: lo stato supporta e facilita lo sviluppo delle CT, verso le quali ha un dovere di assistenza che si esercita con vari strumenti (sovvenzioni, risorse umane o materiali, sostegno tecnico-finanziario, ecc.). Per assolvere ai propri compiti, le CT dispongono di propri servizi e possono ricorrere ai servizi decentrati dello Stato. - La relazione di tutela: tutela amministrativa e tutela finanziaria sono assicurate rispettivamente dal ministro del Decentramento e dal ministro delle Finanze, che delegano parte di questo potere di tutela ai rappresentanti dello Stato nelle circoscrizioni 11 amministrative. Gli atti e le delibere delle CT sono sottoposte al controllo di legalità esercitato dall’autorità di tutela. In particolare, il controllo è esercitato dai governatori delle regioni per la regionecollettività territoriale, mentre dagli alti commissari delle province per i comuni. L’autorità di tutela può esercitare le funzioni di: approvazione, autorizzazione preventiva, annullamento, sospensione o revoca, sostituzione, ispezione. In particolare, l’approvazione e autorizzazione preventiva si applicano agli atti e alle decisioni di carattere finanziario o aventi un’incidenza sulle finanze, limitando quindi l’autonomia decisionale delle CT. 4.1.4 Competenze delle collettività territoriali Lo Stato riconosce esplicitamente alcuni ambiti di competenza attraverso i quali le CT devono “concorrere allo sviluppo economico, sociale, sanitario, educativo, culturale e scientifico, nonché alla protezione, alla valorizzazione delle risorse naturali e al miglioramento della qualità della vita” (CGCT, art.32). Gli ambiti di competenza che la legge attribuisce alle CT sono 11: 1. Ambito fondiario; 2. Gestione del territorio e della proprietà fondiaria e settore urbanistico; 3. Ambiente e gestione delle risorse naturali; 4. Sviluppo economico e pianificazione; 5. Sanità e igiene; 6. Educazione, formazione professionale e alfabetizzazione; 7. Cultura, sport e tempo libero; 8. Protezione civile, assistenza e soccorso; 9. Pompe funebri e cimiteri; 10. Acqua ed elettricità; 11. Mercati, mattatoi e fiere. Le competenze devolute possono essere esercitate in via esclusiva dalle CT, ripartite tra i diversi livelli di collettività e lo Stato, o semplicemente concesse in delega alle CT. Dopo le concertazioni di Tenkodogo e Ouahigouya del 2004 e del 2005, condotte dal Governo con 12 l’insieme delle Amministrazioni pubbliche interessate dal trasferimento di competenze e di risorse, è stato raggiunto un consenso nazionale (sancito da apposito decreto) sui cinque settori da considerare prioritari nella prima tappa del processo di trasferimento, che riguarda unicamente i comuni urbani. Si tratta dei seguenti ambiti: - educazione primaria, prescolare e alfabetizzazione; - sanità - cultura e turismo; - gioventù; - sport e tempo libero. Tabella – Contenuto degli ambiti di competenze considerati prioritari nel processo di decentramento. Ambiti di competenze - Educazione primaria, prescolare e alfabetizzazione - Sanità - Cultura, giovani, sport e tempo libero Contenuto delle competenze trasferite alle CT (comuni urbani) - Sviluppo dell’insegnamento prescolare e dell’insegnamento primario a livello comunale: acquisto, costruzione e gestione delle strutture necessarie. - Sviluppo della formazione professionale e dell’alfabetizzazione: costruzione, acquisto e gestione dei Centri di Educazione di Base non Formale (CEBNF) e dei Centri Permanenti di Alfabetizzazione Funzionale (CPAF). - Costruzione e gestione delle unità sanitarie di base. - Organizzazione e approvvigionamento farmaceutico; assunzione delle misure necessarie alla prevenzione delle malattie. - Attuazione delle misure igienico-sanitarie nei territori di loro giurisdizione. - Controllo sull’applicazione dei regolamenti sanitari. - Costruzione e gestione delle infrastrutture culturali, sportive e per i giovani. - Promozione di attività culturali, sportive e per i giovani. - Costruzione e gestione dei musei e delle biblioteche comunali. - Promozione del turismo e dell’artigianato. - Valorizzazione delle potenzialità culturali e artistiche tradizionali del comune. - Gestione e conservazione degli archivi comunali. - Creazione e gestione di siti e monumenti. 13 4.1.5 Mezzi finanziari delle collettività territoriali I mezzi finanziari delle CT contenuti nel budget sono costituiti essenzialmente da: - Entrate proprie della CT sotto forma di prelievi fiscali, introiti derivanti dallo sfruttamento del patrimonio fondiario e introiti legati ai servizi locali; - Sovvenzioni erogate dallo Stato; - Prestiti, doni e lasciti; - Rimborsi accordati dallo Stato o da altre CT. Il prestito è condizionato a una procedura che implica l’esercizio del potere di tutela e il suo prodotto può essere utilizzato unicamente per investimenti. La legge prevede altri strumenti di sostegno alle CT, ovvero: - un fondo di dotazione per aiutare le collettività territoriali nel proprio funzionamento e nei propri investimenti. Si tratta in realtà di un tentativo di compensare gli introiti perduti dalle CT in seguito all’abolizione delle targhe e del bollo auto da parte del Governo; - un fondo permanente per lo sviluppo delle CT. Nonostante tutte queste disposizioni, il finanziamento delle CT rimane una delle principali criticità del processo di decentramento. 5. L’attuazione del decentramento per il periodo 2006-2015 alla luce del quadro strategico elaborato nel 2007 dal Governo. L’approccio strategico al decentramento si basa su cinque assi portanti: 1. Appropriazione sociale e politica del decentramento, ovvero il convolgimento di tutti gli attori attraverso l’informazione, la sensibilizzazione e la ricerca delle formule migliori per la creazione di CT omogenee; 2. Trasferimento di competenze e risorse, attraverso cui lo Stato adotterà le disposizioni necessarie a: assicurare il trasferimento di cinque blocchi di competenze ai 49 comuni urbani; organizzare il progressivo trasferimento di competenze ai comuni rurali e alle regioni (da completare entro il 2008); 14 3. Rafforzamento delle capacità locali, ovvero sviluppare le capacità di gestione degli eletti locali attraverso la formazione e altre forme di sostegno tecnico. Si rende necessaria anche la realizzazione delle prime infrastrutture del decentramento e di piani locali di sviluppo, nonché di strategie per la mobilitazione e l’utilizzo ottimale delle risorse; 4. Il sostegno all’elaborazione e all’attuazione di piani di sviluppo locali, che mira a creare un ambiente in grado di stimolare lo sviluppo economico e l’edificazione di economie locali forti nel quadro della lotta alla povertà; 5. La guida e il coordinamento del processo di decentramento: si tratta di definire meglio il ruolo delle strutture di coordinamento e concertazione e di vigilare sul regolare svolgimento delle loro sessioni. I mezzi necessari al loro funzionamento devono essere quindi determinati in modo adeguato. Il quadro strategico prevede l’istituzione di una struttura nazionale di concertazione, la Conferenza Nazionale del Decentramento (CONAD), che deve esaminare i piani e i rapporti triennali di attuazione del processo, nonché esaminare e approvare i programmi e rapporti annuali. 6. Decentramento e sviluppo locale 6.1 La concertazione L’articolazione decentramento-sviluppo locale trova la sua prima formulazione nel decreto che istituisce i Consigli di Villaggio per lo Sviluppo (CVD), ovvero organi che raggruppano le forze vive del villaggio. Il CVD è dotato di un’assemblea generale del villaggio e di un organo direttivo. Fra i membri di quest’ultimo si annoverano due responsabili per la promozione delle politiche femminili, due per le politiche rurali e due per le politiche giovanili. I consiglieri municipali non possono essere membri degli organi direttivi. Secondo il CGCT, compito dei CVD è contribuire all’elaborazione di piani comunali di sviluppo, anche partecipando alle commissioni poste in essere dal consiglio municipale per la promozione dello sviluppo. Secondo il decreto di attuazione, spetta ai CVD elaborare i programmi annuali di investimento dei villaggi, sottoposti poi all’approvazione dei Consigli municipali. I CVD contribuiscono alla mobilitazione delle risorse, alla risoluzione dei problemi di gestione 15 fondiaria, alla promozione di meccanismi che rendano più ampia la partecipazione delle popolazioni allo sviluppo locale e alla creazione delle condizioni necessarie alla gestione e alla valorizzazione delle infrastrutture e delle risorse naturali. Il Governo ha scelto di limitare a 3 anni il mandato dei membri dell’organo direttivo dei CVD, così da mantenerli il più possibile estranei al dibattito politico locale e renderli buoni interlocutori per tutte le forze della società civile, a prescindere dai colori politici. Questo obiettivo, tuttavia, è ancora lungi dall’essere realizzato. Il CVD è il più recente degli organi di concertazione istituiti in Burkina Faso e dovrà superare le carenze mostrate dalla variegata pletora di organi di concertazione già esistenti, indeboliti dalla dispersione delle energie, dalla debole autonomia organizzativa e dall’imprecisa definizione delle attribuzioni. 6.2 Le politiche di sviluppo locale Politiche trasversali: Quelle che fanno riferimento al decentramento sono le seguenti: 1. Quadro strategico di lotta alla povertà (SNLP), quadro di riferimento di tutte le politiche in materia di sviluppo. L’asse 4 (“promuovere la buona governance”) definisce le strade da intraprendere per accelerare il processo di decentramento e affronta il tema della governance politica, amministrativa, economica e locale. 2. Politica nazionale per la buona governance (PNBG): incoraggia una gestione razionale delle collettività territoriali nel quadro di un decentramento che vada a favorire l’iniziativa locale, l’esercizio del controllo sugli eletti da parte delle popolazioni e la partecipazione dei cittadini ai processi locali di decision-making. 3. Riforma globale dell’Amministrazione pubblica: mira, tra le altre cose, a migliori performance degli interventi statali in complementarietà con quelle delle collettività, delle ONG, delle associazioni e del settore privato. Essa persegue quindi la valorizzazione del processo di decentramento fondato su una giudiziosa ripartizione delle competenze e dei contributi. 4. Lettera della politica di sviluppo rurale decentrato (LPDRD): identifica il decentramento 16 come una riforma fondamentale per ragiungere gli obiettivi di sviluppo dalla base. La LPDRD si orienta verso l’attuazione dei comuni rurali, la responsabilizzazione delle comunità di base e il consolidamento delle capacità e delle risorse a livello locale. Politiche settoriali: Per la maggior parte non si riferiscono al decentramento, oppure si limitano a concepirlo nella sola dimensione del deconcentramento. Le politiche settoriali attuate da alcuni ministeri ricevono esecuzione attraverso progetti/programmi che integrano l’accesso delle popolazioni ai servizi sociali di base (esempi: il Programma di sviluppo dell’insegnamento di base – PDEB, il Programma nazionale di sviluppo sanitario – PNDSA, i vari progetti e programmi locali di sviluppo). Le popolazioni locali sono soltanto beneficiari passivi di queste iniziative attuate dal Governo, e le percepiscono come meri interventi di Welfare state. Al contrario, gli attori incaricati della promozione dello sviluppo avvertono sempre più la necessità di impegnarsi in prima linea nel processo di decentramento, considerato strumento d’iniziativa locale e di responsabilizzazione dei beneficiari in un quadro formalizzato, consensuale e flessibile. 7. Un bilancio dell’attuazione del processo di decentramento – Risultati e problematiche Risultati Dal 1995 a oggi sono stati registrati risultati significativi: 7. Sul piano normativo, il CGCT rappresenta un progresso rispetto alla precedente pletora di leggi, ed è sicuramente più conosciuto e accettato da tutti gli attori; 8. E’ stato attuato il decentramento rurale; 9. Il deconcentramento delle amministrazioni nazionali a sostegno delle CT si sta rafforzando: ministeri come quello della Funzione Pubblica e della Riforma dello Stato, a differenza di quanto avveniva in passato, hanno deconcentrato i propri servizi; 10. Le consultazioni elettorali si sono tenute in modo regolare per il rinnovo degli organi elettivi delle CT, con una presenza sempre più marcata delle donne fra gli eletti; 17 11. La partecipazione dei partner nazionali e internazionali al processo di decentramento è diventata sempre più incisiva; 12. Si sta instaurando una sempre maggiore sinergia fra i programmi/progetti di sviluppo e le CT; 13. Il decentramento comincia a essere concepito dalle popolazioni locali come lo strumento principe dello sviluppo locale. Problematiche Il processo di decentramento in Burkina Faso presenta ancora molteplici carenze, in parte legate all’eredità storico-istituzionale dell’amministrazione francese, fortemente centralizzata. In Burkina Faso, come negli altri Paesi dell’Africa francofona che hanno intrapreso percorsi di decentramento, il mero deconcentramento delle strutture del Governo centrale ha a lungo prevalso su una vera e propria devolution di competenze e risorse in favore delle CT. In particolare, la devolution fiscale si attesta su livelli inferiori al 5% del gettito complessivo nazionale in tutti i Paesi dell’Africa francofona, limitando fortemente l’autonomia di spesa delle collettività territoriali. Il processo di decentramento in Burkina Faso sta incontrando le seguenti difficoltà: 14. Le risorse finanziarie delle CT, dopo un decennio di esercizio, sono ancora irrisorie, al punto che le risorse fiscali proprie arrivano a stento a coprire le spese di funzionamento degli apparati. I margini di autofinanziamento sono pressoché nulli e gli investimenti dipendono ancora dalle sovvenzioni dello Stato o da finanziamenti esterni; 15. La partecipazione dei grandi ministeri (come quelli della Sanità, dell’Educazione di base, della Funzione Pubblica) resta al di sotto delle attese, nonostante i relativi progressi conseguiti nel processo di deconcentramento degli apparati amministrativi statali. L’insufficienza delle risorse umane e finanziarie è una delle spiegazioni per questo fenomeno; 16. L’attuazione del decentramento rurale ha determinato la massiccia entrata nella vita pubblica locale di eletti fortemente limitati dal proprio analfabetismo e da una scarsa conoscenza delle leggi e dei regolamenti relativi al funzionamento degli organi delle CT; 17. L’efficiacia dei Consigli, in alcuni comuni rurali, viene minata dall’eccessivo numero degli eletti (più di 200 consiglieri); 18. Il deconcentramento dei servizi dello Stato non è stato accompagnato dalla delega dei 18 poteri necessari all’effettivo esercizio dei compiti di appoggio alle CT. Le deleghe di poteri ai rappresentanti dello Stato presso le circoscrizioni amministrative e le deleghe di competenze dai ministri ai responsabili dei servizi deconcentrati avrebbero dovuto entrare in vigore dal 30 giugno 2005, ma tale programma non è mai stato avviato, indicando una manifesta reticenza a delegare; 19. Il Ministero dell’Amministrazione Territoriale e del Decentramento è limitato dalla scarsità delle sue risorse umane e finanziarie e trova difficoltà a svolgere il ruolo di guida principale del processo di decentramento; 20. Alcuni programmi e progetti settoriali non presentano ancora un approccio conforme al decentramento; 21. I partner finanziari hanno ancora difficoltà a coordinare i propri interventi nel quadro del decentramento, fatto che porta spesso alla replica e alla sovrapposizione di strumenti identici; 22. Il trasferimento di competenze resta inattuato e il trasferimento di risorse è nettamente insufficiente all’esercizio da parte delle CT dei compiti che vengono loro trasferiti. Già nel 1998, i testi di orientamento del decentramento (TOD) avevano prescritto che il trasferimento di risorse avvenisse in concomitanza a quello delle competenze. In particolare, si trattava delle risorse necessarie alle CT per farsi carico dello sviluppo dell’insegnamento prescolare e di quello primario a livello comunale (acquisto, costruzione e gestione degli stabilimenti preposti), nonché di quelle necessarie alla diffusione della formazione professionale. Questo principio si è però rivelato una delle maggiori cause di impasse del trasferimento di competenze dal 1998 in poi. Il Ministero delle Finanze ha posto come condizione per la propria partecipazione ai trasferimenti che venga abolito il principio di concomitanza, per il quale il budget dello Stato è giudicato ancora troppo debole. 19 TABELLA Tab. I - Struttura del decentramento e del deconcentramento in Burkina Faso secondo il Codice Generale delle Collettività Territoriali. Deconcentramento Circoscrizione Regione (13) Autorità (e organo consultivo) Governatore (Consiglio Consultivo regionale) Decentramento Potere di tutela Collettività territoriale Tutela amministrativa Regione sui comuni urbani e rurali Organi Presidente del consiglio regionale (esecutivo) Consiglio regionale (legislativo)2 AltoConsigli a i Non esistono strutture decentrate a Provincia (45) Commissario s i n d a c i d e i livello provinciale (quadro di comuni urbani concertazione provinciale) Prefetto Conseils aux Sindaco (esecutivo) Dipartimento maires d e s Comune (350) communes urbano e rurale Consiglio rurales municipale (legislativo) Non esistono strutture deconcentrate a livello di Presidente del villaggio Villaggio3 Conseil Villageoi de Développement4 (esecutivo) Assemblea generale del CVD (legislativo) 2 I consiglieri regionali vengono eletti fra i consiglieri municipali in numero di 2 per ogni consiglio municipale. Gli eletti cumulano le due cariche. 3 Il villaggio non è propriamente una CT, ma una frazione del comune rurale. 4 I Conseil Villageoi de Développement (CVD) sono concepiti come strumenti di sviluppo locale posti sotto l’autorità dei consigli municipali rurali. 20 APPENDICE Progretti promossi dai partner internazionali in materia di decentramento e governance I. GTZ – Decentramento / Sviluppo municipale5 Le elezioni del 2006 hanno coinvolto per la prima volta nel processo di decentramento oltre 300 municipalità rurali, hanno dato vita a 13 parlamenti regionali e a 351 consigli locali. Tuttavia l’istituzione di governi comunali vicini ai cittadini e dotati di strutture autonome è ancora alla fase iniziale. L’obiettivo del progetto (che si estende dal gennaio 2005 al dicembre 2017) è promuovere la partecipazione della popolazione nel processo di riforma e far sì che le autorità municipali siano in grado di fornire servizi pubblici di miglior qualità. Il programma congiunto vede come partner, oltre a GTZ, anche il Ministero Federale tedesco per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo, la banca KfW per lo sviluppo e il Servizio tedesco per lo Sviluppo (DED). A livello locale, l’autorità esecutiva è il Ministero dell’Amministrazione Territoriale e del Decentramento (MATD). Le aree prioritarie di intervento sono la parte orientale del Paese e quella sud-occidentale. Il programma promuove il decentramento dando sostegno al governo nell’attuazione della riforma. La collaborazione con la KfW e con il DED si incentra sullo sviluppo e la gestione di infrastrutture municipali e sul consolidamento del decentramento sia a livello politico, sia a livello sociale, presso le popolazioni. Gli interventi del programma intendono rafforzare la capacità delle autorità municipali di preparare e gestire bilanci, anche alla luce del loro crescente coinvolgimento in istanze di concertazione con le autorità statali. 5 Maggiori informazioni sono reperibili su: http://www.gtz.de/en/weltweit/afrika/burkina-faso/8736.htm. 21 II. IDA - Programma nazionale di gestione dei terreni (PNGT2)6 Obiettivo globale: ridurre rapidamente la povertà rurale e promuovere uno sviluppo sostenibile attraverso tre tipi di azioni: - sviluppo delle capacità organizzative e gestionali di villaggi e gruppi di villaggi; - miglioramento delle condizioni di vita attraverso investimenti produttivi e infrastrutture socio-economiche; - preservazione e ricostituzione delle risorse naturali (acqua, suolo, vegetazione, fauna). Area geografica: programma nazionale. Sono previsti interventi in tutte e 45 le province del Paese (interventi diretti in 26 province e interventi concertati nelle 19 province dove esistono già progetti e programmi significativi). Il PNGT2 verrà attuato in 15 anni, attraverso 3 fasi di 5 anni ciascuna. Fase 1 (2000-2006): Sostegno all’organizzazione dei villaggi e allo sviluppo rurale decentralizzato. Fase 2: Estensione e approfondimento dello sviluppo rurale decentralizzato e partecipato. Fase 3: Consolidamento del programma. Componenti della prima fase (2000-2006): 1. Rafforzamento delle capacità locali (12% del budget totale). Obiettivo: rafforzare le capacità tecniche e organizzative delle popolazioni rurali attraverso attività di sensibilizzazione e di formazione. 2. Fondi d’investimento locale (FIL), (47% del budget totale). Obiettivo: finanziare la realizzazione di investimenti produttivi a beneficio delle comunità di base a livello di villaggio e di provincia. 3. Rafforzamento delle capacità istituzionali (26% del budget totale). Obiettivo: finanziare la formazione, l’equipaggiamento e il funzionamento delle squadre di terra e dei fornitori di servizi; finanziare le attività di supporto alla concertazione e al decentramento rurale a livello locale, provinciale e nazionale. 4. Operazione pilota di garanzia dei diritti fondiari (4% del budget totale). Obiettivo: permettere a tutti coloro che usufruiscono dei terreni rurali di disporre di diritti fondiari stabili ed equi. Province interessate: Soum, Kouritenga, Kompienga, Ziro, Kénédougou, Bougouriba, Houet. 5. Amministrazione, monitoraggio e coordinamento del programma (11% del budget totale). Obiettivo: supportare l’attuazione e il funzionamento del quadro nazionale di concertazione per il Programma Nazionale di Sviluppo Rurale Decentrato. Coadiuvare il coordinamento e la gestione del progetto. Finanziamento del progetto: 6 Maggiori informazioni sono reperibili su: http://www-wds.worldbank.org/external/ default/WDSContentServer/WDSP/IB/2006/06/17/000104615_20060619092908/Rendered/INDEX/PID0Co ncept0Stage.txt. 22 Finanziatori Governo IDA FIDA UNDP Danimarca Beneficiari Totale % 13 58 13 3 4 9 100 Natura del finanziamento Contropartita Prestito Prestito Dono Dono Contributi III. OCSE, PDM - Programma di Rilancio delle Economie Locali in Burkina Faso (REEL)7 Nel 1997 il Club du Sahel et de l’Afrique de l’Ouest (CSAO) dell’OCSE e il Partenariato per lo Sviluppo Municipale (PDM) hanno lanciato il programma ECOLOC (Rilancio delle economie locali in Africa Occidentale), trasferito poi interamente al PDM nel 2002. Nel 2002 CSAO e PDM hanno elaborato un ambizioso progetto di applicazione operativa dell’approccio ECOLOC al Burkina Faso: il Programma di Rilancio delle Economie Locali in Burkina Faso (REEL). L’obiettivo generale del programma è definire – in modo informato e partecipato – una visione dello sviluppo delle località interessate e identificare azioni conrete per il rilancio delle attività economiche e per il miglioramento della fiscalità. Gli obiettivi specifici sono: - dotare le città medie del Burkina Faso di Quadri Locali di Sviluppo che definiscano i loro obiettivi a lungo, medio e breve termine; - dotare le città e le loro periferie di programmi d’investimento urbano-rurale al servizio del rilancio economico; - definire le modalità di una governance economica locale e metterle in atto; - porre in essere una strumentazione che permetta di assicurare la coerenza fra progetti locali, programmi nazionali di lotta contro la povertà e politiche settoriali. Collettività interessate dal Programma: tutti i capoluoghi di regione che polarizzano una periferia identificabile, ovvero: Banfora, Bobo Dioulasso, Koudougou, Tenkodogo, Kaya, Ziniaré, Dori, Dédougou et Ouahigouya. In ognuna di queste località il processo si organizza in tre fasi: i) fase di studio di 3-6 mesi, ii) fase di dialogo politico e di concertazione della durata di 3-4 mesi, iii) fase di attuazione delle strategie di sviluppo locale e di rilancio economico. Questi processi locali consistono nella realizzazione di bilanci locali e di schemi spaziali di sviluppo locale, sulla base dei quali un dialogo possa essere instaurato fra le forze locali e i loro partner esterni (Stato, partner allo sviluppo, prtner della cooperazione decentrata, ONG) al fine di un’elaborazione partecipata di programmi e progetti locali di sviluppo e di strategie locali di riduzione della povertà. Le equipe di lavoro costituite per l’attuazione operativa del programma REEL sono state finanziate dall’Agence Canadienne pour le Développement International (ACDI) e da intese strette tra i comuni interessati e i partner tecnici e finanziari (PTF). In particolare: 7 Maggiori informazioni sono reperibili su: http://www.oecd.org/dataoecd/60/28/40243452.pdf. 23 La Cooperazione Svizzera ha finanziato Ouahigouya e Koudougou; la Cooperazione Francese ha finanziato Bobo Dioulasso; la Cooperazione olandese ha finanziato Kaya; la Cooperazione danese ha finanziato Tenkodogo e Dori; la Cooperazione tecnica Belga ha finanziato Ziniaré; l’ACDI ha finanziato Dédougou. Cities Alliance ha cofinanziato i processi locali di Banfora, Bobo Dioulasso e Ouahigouya. Al termine del processo di dialogo, gli attori locali hanno identificato le azioni concrete per il rilancio dell’economia locale e per il miglioramento della fiscalità e della governance locali, la cui operatività si è tradotta in piani programmatici di sviluppo economico locale (PPDEL). Il volume complessivo degli investimenti realizzati in queste nove collettività e nelle loro periferie ha raggiunto una cifra prossima ai 40 milioni di dollari (circa 20 miliardi di FCFA). IV. UNDP - Progetto di Sostegno alla Concertazione e alla Governance Locale (PACGL), 15/10/03 - 30/04/06, (integrato dal PNGT2)8 Obiettivo: contribuire all’attuazione del processo di decentramento e al suo approfondimento in ambiente rurale rafforzando i meccanismi di concertazione/coordinamento, le capacità di programmazione locale e le capacità nazionali di capitalizzazione delle best practices di sviluppo locale. Il PACGL perdegue tre obiettivi specifici: 1) rendere gli organi di concertazione più dinamici, 2) contribuire all’elaborazione e alla diffusione di strumenti di pianificazione e monitoraggio dello sviluppo locale; 3) diffondere le best practices di concertazione e di coordinamento dello sviluppo adottate dalle province, allo scopo di influenzare il dibattito nazionale sul processo di decentramento in ambiente rurale. I principali risultati perseguiti sono i seguenti: - Promozione della concertazione a livello provinciale: - sostegno all’organizzazione e allo svolgimento di 65 sessioni dei quadri di concertazione (CCTP) negli anni 2004-2005; - Sostegno all’organizzazione di due sessioni di formazione in favore di una sessantina di membti dei CCTP delle province di Kourwéogo e Loroum; - Sostegno all’organizzazione di quattro atelier provinciali (Bam, Namentenga, Soum e Kouritenga) sulle metodologie di elaborazione dei piani locali di sviluppo e di monitoraggio dello sviluppo locale e regionale. - Promozione della concertazione a livello regionale: - Conclusione di 20 protocolli con i Direttorati Regionali dell’Economia e dello Sviluppo (DRED) per il sostegno alla dinamizzazione della concertazione e la costituzione di banche dati che supportino il processo di decision-making (anni 2004-2005); - Contributo al rafforzamento delle capacità operative dei DRED attraverso la fornitura di strumenti di lavoro quali uffici e carburante; - Sostegno all’organizzazione di dieci atelier regionali sulle metodologie di elaborazione dei 8 Disponibile su: http://www.pnud.bf/FR/GOUVLOC.HTM. 24 piani locali di sviluppo e di monitoraggio dello sviluppo locale e regionale. - Sostegno all’elaborazione degli strumenti di pianificazione e di coordinamento dello sviluppo locale: - Realizzazione di uno studio su una guida di pianificazione locale e di verifica dei risultati in partenariato con gli attori coinvolti; disponibilità di una prima versione della guida di pianificazione da distribuire ai principali attori; - Sperimentazione in corso della guida di pianificazione in una dozzina di località nelle aree di intervento del PACGL e del PNGT2. - Sostegno alla raccolta e alla diffusione delle informazioni socio-economiche: - Concepimento e attuazione di una parte del dispositivo di raccolta e diffusione a livello nazionale e locale delle informazioni riguardanti i prezzi dei prodotti agro-silvo-pastorali; - Conclusione di un protocollo d’intesa con la SONAGESS per la raccolta e la diffusione di informazioni tramite la radio nazionale; conclusione di diciotto protocolli con le radio locali e gli alti commissari per assicurare l’ampia diffusione delle informazionisui pressi e sulle conclusioni che scaturiscono dalle sessioni dei CCTP. - Sostegno al processo di decentramento in ambiente rurale: Sostegno all’elaborazione del CGCT adottato dall’assemblea nazionale il 21 dicembre 2004; Realizzazione di uno studio sulla capitalizzazione delle best practices di sviluppo locale; Sostegno all’aggiornamento del quadro strategico di attuazione del decentramento. Riferimenti Bibliografici 25 Banca Mondiale, The Power of Institutional Legacies - Decentralization in Francophone Africa, Maggio 2006, http://info.worldbank.org/etools/library/latestversion.asp?232592; Comunicazione del Ministro Clement P. Sawadogo, Décentralisation et gouvernance locale en Afrique: cas du Burkina Faso, Firenze, 14 Marzo 2006, http://www. euroafricanpartnership.org/contributi/15_03_06/EXPOSE_MATD.pdf; Daniel Coulibaly, Les évolutions du cadre juridique et institutionnel de la décentralisation au Burkina Faso, 2006, http://www.afrique-gouvernance.net/fiches/bipint/fiche-bipint-400.html; Jean Martin KI, Décentralisation au Burkina Faso: Etat des lieux, Laboratoire Citoyennetés, marzo 2007, http://www.afrique-gouvernance.net/fiches/bipint/fiche-bipint-463.html; Ousmane Syll, La décentralisation en Afrique subsaharienne – Burkina Faso, Cercoop, 2005, http://www.cercoop.org/fiches/Memoire_OSyll.pdf. Siti web www.oecd.org www.pnud.bf http://www-wds.worldbank.org www.gtz.de 26