Strumenti di analisi per pianificare il futuro

Transcript

Strumenti di analisi per pianificare il futuro
Speciale Fieragricola - Veronafiere
AGRICOLTURA 2030
Strumenti di analisi per pianificare il futuro
“Davanti a noi stanno cose migliori di quelle che ci siamo lasciati alle spalle” - Clive Staples Lewis
Realizzazione a cura di:
Introduzione
Alla vigilia della 111ª edizione, Fieragricola guarda avanti. E lo
fa nel modo che da sempre la contraddistingue, mettendosi al
fianco dei propri follower, per usare un termine passato alla
ribalta con l‟avvento dei social media. Espositori, visitatori,
addetti all‟agricoltura nell‟accezione più trasversale del termine,
come è la vocazione della rassegna internazionale che da 115
anni è uno dei fiori all‟occhiello di Veronafiere.
L‟intento dell‟instant book «Agricoltura 2030, strumenti di
analisi per pianificare il futuro» è quello di favorire la
conoscenza e la crescita del settore, cercando di individuare
quali saranno i grandi temi, i cambiamenti e le tendenze di un
orizzonte temporale che, seppure apparentemente lontano, è in
realtà alla portata. Un progetto “aperto”, che non si esaurisce
con questi interventi, ma attende ulteriori pareri di importanti
interlocutori del settore e rappresenta il “fil rouge” anche nella
prospettiva delle future edizioni di Fieragricola.
Tale ruolo di ricerca, di stimolo, di approfondimento è di
prioritaria importanza per chi, come Veronafiere, rappresenta il
45% dell‟offerta fieristica sull‟agroalimentare, con un panorama
di iniziative dedicate alla filiera simbolo del Made in Italy che
parte proprio da Fieragricola e che comprende Siab, Eurocarne,
Sol&Agrifood, Vinitaly, Enolitech; ancora una volta ci si è voluti
interrogare, in sinergia con esperti, addetti ai lavori,
rappresentanti del mondo agricolo, per cercare di capire dove
sta andando l‟agricoltura.
Per vocazione Veronafiere intreccia idee, valori, persone,
business e internazionalizzazione, ma pone allo stesso tempo
spunti e riflessioni per affrontare insieme un percorso evolutivo
di crescita, non soltanto limitandosi all‟economia e ai numeri.
Ettore Riello
Presidente Veronafiere
Giovanni Mantovani
Direttore Generale Veronafiere
Sezione1
ANALISTI E MONDO AGRICOLO
Dario Casati, economista agrario, già prorettore presso l’Università degli Studi di Milano
Giorgio Amadei, economista agrario, presidente dell’Accademia nazionale di Agricoltura
Gabriele Canali, docente di Economia Agroalimentare, Università Cattolica di Piacenza
Francesco Bettoni, presidente di Borsa Merci Telematica Italiana
Giacomo Pietramellara, professore associato di Chimica agraria, Università di Firenze
Luigi Sartori, professore associato di Meccanica agraria, Università di Padova
Marco Vieri, Ingegneria dei Biosistemi, Università Firenze
Massimo Goldoni, presidente di FederUnacoma
Leonardo Bolis, presidente di Confai
Silvano Ramadori, presidente Unima
Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti
Mario Guidi, presidente Confagricoltura
Franco Verrascina, presidente di Copagri
Giorgio Mercuri, presidente dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari
Pietro Salcuni, presidente Associazione Italiana Allevatori
Pietro Laterza, presidente dell’Associazione nazionale degli allevatori di razza Bruna
29.01.2014 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Prospettiva 2030: non è fantascienza, ma serve buon senso
Accesso a scoperte scientifiche per una nuova rivoluzione verde
Dario Casati, economista agrario, già prorettore presso l’Università degli Studi di Milano
«Uno degli aspetti peggiori della crisi è il fatto che ci costringe a vivere in un affannoso presente senza la
possibilità di guardare in avanti. L‟agricoltura, in particolare, soffre della mancanza di tempi lunghi.
L‟eterno presente la sfianca e la penalizza.
L‟orizzonte 2030 è ormai molto prossimo. Per quel periodo disponiamo anche di alcune proiezioni che
indicano gli scenari al cui interno l‟agricoltura italiana, europea e mondiale si muoverà. Voglio proprio
partire dalla considerazione che alla fine del primo quarto del secolo la popolazione mondiale sarà
cresciuta, forse non tanto quanto si pensava, ma certamente la terra dovrà sfamare oltre 8 miliardi di
persone i cui fabbisogni alimentari medi saranno superiori a quelli attuali. Ogni analisi si muove da questa
constatazione e dal fatto che la terra coltivabile non sarà ragionevolmente aumentabile, sia nei paesi
sviluppati sia nel resto del mondo. Il mercato degli alimenti sarà un mercato globale, la stessa crisi ha
dimostrato che, nonostante gli inevitabili sussulti protezionistici tipici dei momenti difficili, l‟integrazione
continua.
L‟agricoltura perciò dovrà produrre ovunque, anche nei ricchi paesi occidentali, una quantità crescente di
cibo di qualità sempre migliore sul piano nutrizionale, organolettico e delle scelte voluttuarie. L‟unica
soluzione realisticamente possibile è quella che ha permesso la crescita della popolazione negli ultimi
secoli, l‟allungamento della vita media, il miglioramento delle condizioni di vita, l‟accessibilità al cibo a
prezzi decrescenti e passa per gli incrementi di produttività. Questi però, in una logica di autentica
sostenibilità, sono possibili solo se derivano dagli sviluppi delle conoscenze scientifiche applicate con
serenità e fiducia alla produzione agricola.
Ecco allora che le teorie legate all‟effimero largamente diffuse, specie nei paesi sviluppati, cedono il passo
ad un impiego razionale delle risorse ed alla logica economica, oltre che all‟etica nei confronti dell‟intera
umanità. I mercati si amplieranno, la concorrenza si dovrà sviluppare liberamente, l‟accessibilità alle
scoperte scientifiche sarà alla base di una nuova (fase della) rivoluzione verde. Nessuno può decidere chi
in futuro avrà accesso al cibo e chi ne rimarrà escluso, pena la sottonutrizione che danneggia la qualità
della vita e la crescita individuale e collettiva e il sorgere di conflitti per la sopravvivenza.
Certo, rimarrà spazio anche per l‟enogastronomia e per i suoi costosi capricci da cui il marketing ricava
interessanti redditi, ma senza cibo per tutti l‟umanità non ha prospettive».
29.01.2014 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Il futuro agricolo dipende da tre innovazioni
Informatica e comunicazioni, robotica e bio-tech
Giorgio Amadei, economista agrario, presidente dell’Accademia nazionale di Agricoltura
«Scriveva un celebre economista inglese del secolo scorso, John Maynard Keines,
che l‟unica previsione possibile è che “nel lungo periodo siamo tutti morti”. D‟altra
parte i demografi dicono che, date le tendenze riproduttive attuali e l‟inevitabile
inerzia di esse, il mondo sarà abitato nel 2050 da nove miliardi di uomini (e solo
quel punto la macchina riproduttiva dovrebbe cominciare a perdere colpi).
In futuro, dunque, si porrà il problema di nutrire a sufficienza un‟umanità cresciuta
di quasi il 40%. Altri aggiungono che il pianeta non avrà terra sufficiente per
produrre cibo, quindi sarà necessario modificare le abitudini alimentari nel senso di
una forte austerità. Ma fare conto della virtù per correggere il cammino dell‟umanità
è piuttosto illusorio. Si ricorda, in proposito, un altro economista inglese, vissuto a
cavallo tra „800 e „900, Thomas Robert Malthus, che per primo studiò lo squilibrio
tra crescita della popolazione e l‟aumento delle risorse alimentari e indicò come
soluzione l‟astinenza sessuale. Non ebbe alcun seguito. Tuttavia, nei secoli
successivi, la drammatica previsione non si tradusse in realtà, perché la crescita
delle terre coltivate e le maggiori produzioni unitarie compensarono largamente le
esigenze dell‟accresciuta popolazione. Fu dunque la tecnologia, anzi l‟innovazione
tecnologica, non la virtù, a trovare la soluzione. Ma dopo due secoli abbondanti da
allora, dopo un‟evoluzione agricola che non ha precedenti nella storia umana, vale
ancora fare assegnamento nell‟innovazione per affrontare il problema di questo
secolo?
Non si può dare una risposta.
Oggi vige il principio di precauzione che per talune innovazioni tende a diventare di
preclusione, segnatamente per quel ramo complesso di innovazioni che derivano
dalla manipolazione del patrimonio genetico di piante ed animali. E questo avviene
in condizioni in cui il rischio è infimo per ambiente e salute umana.
Comunque, supponiamo che in futuro avvenga come nel passato recente e remot o,
ossia che sia l‟innovazione tecnologica a determinare le forme di evoluzione
dell‟agricoltura, in un mercato globale sostanzialmente libero e quindi
concorrenziale.
Data questa premessa, l‟effetto più potente sull‟agricoltura sarà determinato da tre
famiglie di innovazioni. Le prime che conviene menzionare riguardano l‟informatica ed il sistema delle comunicazioni. Queste con sentiranno un ulteriore controllo
dei processi di produzione agricoli, migliorando l‟efficienza di ogni singola operazione, la riduzione dei costi, sollecitando un accrescimento delle dimensioni di
ogni singola attività e della specializzazione produttiva di ogni impresa. In più, la possibilità di comunicare la propria offerta produttiva ad un vasto mercato, darà
modo anche a produttori di dimensioni comunque modeste rispetto al mercato di collegarsi, anche senza intermediari, con gli utilizzatori finali o intermedi dei
prodotti realizzati. La personalizzazione dei prodotti, entro certi limiti, potrà avere un margine anche nel campo ag ricolo e soprattutto si potrà invertire una
tendenza del passato recente, in cui le imprese dovevano “estromettere” le attività di commercializzazione, affidandosi a coo perative o ad intermediari, per
mancanza di collegamenti coi mercati.
La seconda famiglia di innovazioni è quella robotica, ossia fa riferimento all‟evoluzione dei mezzi meccanici. Questa appare, fin da ora, come la più influente sulla
dimensione e sull‟organizzazione delle imprese.
Già ora il valore del patrimonio delle macchine in un‟impresa agricola è molto elevato e spesso il ricorso ad imprese esterne di servizi meccanici è diffuso. In
questo caso, il gigantismo meccanico appare dominante. Ma non è detto che non possa subire una svolta, almeno parziale, giun gendo ad una certa
“miniaturizzazione”, come sta accadendo già ora per impianti trasformazione dei prodotti agricoli, un tempo impensabili per una singola impresa, oggi possibili e a
costi del tutto concorrenziali con quelli delle industrie esterne all‟agricoltura.
La terza famiglia di innovazioni sono quelle bio-tecnologiche, tra cui una parte derivanti dall‟ingegneria genetica. In Italia per ora sono precluse, ma all‟estero,
anche in paesi europei, con cui vige la libera circolazione dei prodotti agricoli, stanno trovando applicazioni molto importanti.
In effetti, queste innovazioni offrono in prospettiva una serie di vantaggi rilevanti, come la creazione di nuovi tipi di prodotti agroalimentari, migliori dal punto di
vista nutrizionale per l‟uomo o per gli animali allevati, oppure meno costosi per la trasformazione successiva in cibo, a causa di minori quantità di componenti non
utili, quindi da eliminare e smaltire. In più si aggiungerebbero prodotti ad uso terapeutico per diverse malattie (la cosidde tta nutraceutica).
Le innovazioni di prodotto che diverrebbero possibili sono in genere a più rapido effetto rispetto a quelle di processo (più onerose in term ini di capitali), quindi si
metterebbe in moto un fenomeno di sviluppo dell‟agricoltura molto interessante, che potrebbe riguardare anche la localizzazione di molte produzioni al di fuori
degli attuali confini climatici.
La diversificazione ambientale andrebbe dunque di pari passo con quella della destinazione dei nuovi prodotti.
Da questo punto di vista, la grande dimensione e la specializzazione produttiva, conseguenti agli impulsi delle innovazioni meccaniche o informatiche, potrebbe
trovare una contrapposizione in imprese di minori dimensioni fisiche, ma specializzate in attività più ricche.
Infine, l‟agricoltura potrebbe ridurre il suo impatto ambientale con colture dotate di auto difese dai parassiti, quindi bisognose di minori quantità di fitofarmaci ,
mentre la crescita in quantità e qualità della produzione nelle aree più idonee, porterebbe ad una minore superficie coltivat a, lasciando spazio ad una crescita dei
boschi, dei parchi e delle forme di agricoltura estensiva.
Insomma, l‟evoluzione tecnologica, con le sue molteplici sollecitazioni, darebbe spazio a molte nuove iniziative, adatte a so ddisfare esigenze diverse, con
un‟unica caratteristica comune, la forte capacità tecnica di chi realizza e controlla le imprese agricole.
C‟è chi dice, tuttavia, che ormai l‟agricoltura ha raggiunto un livello tecnico oltre il quale non sarà possibile andare e ch e conviene piuttosto pensare al “chilometro
zero”, al metodo biologico o addirittura biodinamico, all‟origine dei prodotti e alle firme sull‟etichetta. Per carità, cose forse utili, ma si ricorda che la convinzione
della fine dell‟innovazione possibile dei dirigenti del solo grande gruppo automobilistico italiano, portò alla perdita di parte importante del suo mercato e ad una
crisi ancora irrisolta».
29.01.2014 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Imprese concentrate sui propri punti di forza
Forte selezione di imprese e produzioni, spazio alla qualità
Gabriele Canali, docente di Economia Agroalimentare, Università Cattolica del Sacro Cuore - Piacenza
«Un orizzonte temporale lontano come quello del 2030 può portare a sognare ad occhi aperti o, viceversa, a
lasciarci condizionare dalle nostre paure. Sedici anni, con l‟accelerazione che la storia ha subito nell‟ultimo
secolo, e in particolare negli ultimi decenni, potrebbe portare a “un altro mondo”.
Nel campo agroalimentare, tuttavia, i cambiamenti sono forse più lenti e meno imprevedibili rispetto ad altri
contesti tecnologici: i processi biologici sono pur sempre importanti, il fattore umano, ad esempi o sui
consumi, gioca un ruolo non meno importante e tende ad evolvere più lentamente.
L‟esercizio, quindi, è molto difficile, ma forse si possono identificare tre macro tendenze principali.
L‟agricoltura si andrà sempre più focalizzando, nei diversi contes ti territoriali, sui suoi veri punti di forza, siano
essi la capacità di produrre in modo economicamente efficiente prodotti agricoli, la capacità di produrre e
valorizzare prodotti di qualità, la capacità di offrire servizi di natura ambientale, unitament e (o meno) a
produzioni particolari, o anche di natura sociale. La crescente competizione e la riduzione delle forme di
sostegno spesso distorsive determineranno, ben prima del 2030, una forte selezione delle imprese e delle
produzioni.
La dimensione ambientale dell‟agricoltura non verrà meno, anche se potrà subire ulteriori modificazioni.
Certamente il progresso delle tecnologie potrà comportare fortissimi cambiamenti anche nelle modalità di
produzione del cibo, ma impatterà soprattutto sulla sua trasformazione. La relazione tra agricoltura e
ambiente, quindi, sarà sempre particolarmente importante, anzi sempre più cruciale, sia per le interazioni che
l‟agricoltura esercita sull‟ambiente che per quelle che quest‟ultimo esercita sulla prima. Agricoltura e
ambiente saranno costretti, per fortuna, a svilupparsi insieme e in modo sempre più positivo, pena
l‟insostenibilità dello sviluppo stesso e danni importanti sia sull‟agricoltura che sull‟ambiente.
Nel 2030 non sarà importante solo la dimensione ambientale nella quale si svolge l‟attività agricola, ma
anche la dimensione territoriale, cioè il mix di contesto ambientale, economico, tecnologico, sociale e
culturale. Se in termini meramente quantitativi è probabile che gran parte della produzione verrà realizz ata
con modalità relativamente standardizzate e uniformi, vi sarà sempre anche uno spazio importante per i
prodotti che consentono di aumentare la varietà per i consumatori, e che siano in grado di offrire agli stessi
prodotti con diversi livelli qualitativi e mix di caratteristiche diverse rispetto a quelle dei prodotti di massa. E
per un Paese come l‟Italia, ricco di differenze, questa opportunità potrebbe aver offerto (negli anni precedenti
il 2030) spazi importanti per la crescita di numerose filiere molto moderne e integrate dal punto di vista
contrattuale e di relazioni tecnologiche, ma caratterizzate da livelli qualitativi del tutto peculiari. E queste
filiere, per quanto relativamente piccole se considerate singolarmente, potrebbero essere in grado di
generare una quota importantissima del valore aggiunto complessivo dell‟agroalimentare nazionale».
29.01.2014 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Borsa Merci Telematica e sistema camerale insieme
per colmare il divario culturale, prima del digital divide
Francesco Bettoni, presidente di Borsa Merci Telematica Italiana
«Come sarà l‟agricoltura nel 2030? Quale impatto avranno le nuove tecnologie? Gli
scambi commerciali, il mercato, il rapporto tra gli operatori subiranno modifiche
radicali in seguito al diffondersi della telematica nel settore agricolo?
Il premio Nobel per la fisica Niels Bohr diceva che le previsioni sono molto difficili,
soprattutto quelle sul futuro. Compito mio, quindi, in queste poche righe, non sarà
dare numeri ma disegnare uno scenario. Non una previsione, quindi, ma un obiettivo
realizzabile, concreto e visibile.
Quando le Camere di Commercio, il 26 gennaio del 2000, costituirono l‟allora
Meteora Spa, tutti quanti sapevamo che non sarebbe bastato soddisfare il bisogno
delle imprese della filiera agroalimentare, ma che per moltissime imprese e in
moltissimi casi sarebbe stato necessario - ancor prima - creare quel bisogno. Il
Sistema Camerale prima e il ministero delle Politiche agricole poi hanno provato ad
anticipare il mercato con lo scopo di dare avvio a un meccanismo virtuoso che
favorisse l‟innovazione, la trasparenza, l‟efficienza. Si parla molto di digital divide; il
divario, nel caso del nostro Paese, non è solo digitale ma è prima di tutto culturale.
Le Camere di Commercio, con Borsa Merci Telematica, vogliono avviare le imprese a
un nuovo tipo di commercializzazione. Con strumenti innovativi, con un mercato
regolamentato e trasparente, con un percorso di professionalizzazione dell‟intera
filiera.
Sei milioni di euro scambiati sulla Borsa Merci Telematica nel 2002, 44 milioni nel
2005, oltre 170 nel 2008. E poi quasi mezzo miliardo di euro transati nel 2011, oltre
650 milioni nel 2012 e 733 milioni nel 2013. E‟ vero, le previsioni sono difficili,
soprattutto quelle su un futuro così lontano come quello del 2030. Ma i risultati di
questi primi 14 anni di vita della Borsa Merci Telematica, l‟impegno e la lungimiranza
del Sistema Camerale, l‟importanza della nostra produzione agroalimentare e
l‟ancora troppo lenta ma inesorabile diffusione delle nuove tecnologie, ci fanno
pensare che quello scenario, che a inizio secolo poteva sembrare lontanissimo e
anche visionario, in realtà è qui, a portata di mano».
29.01.2014 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Adattarsi ai cambiamenti climatici
Combinare produttività e qualità nutrizionale dei prodotti
Giacomo Pietramellara, professore associato di Chimica agraria, Università degli Studi di Firenze
«Il compito che attende l‟agricoltura nei prossimi anni è sempre lo stesso, cioè provvedere la comunità umana del cibo
necessario alla sua sussistenza. Purtroppo a complicare le cose ci sono il problema del climate change, della disponibilità idrica,
della degradazione dei suoli e non ultimo dell‟eccessiva sovrappopolazione del pianeta, attesi nove miliardi nel 2050.
Già il solo incremento della popolazione, che comporterà in pratica una drastica riduzione della superficie agricola pro -capite,
quella cioè disponibile per sfamare ogni individuo, rappresenta una sfida tecnologica tremendamente ardua.
Dovremo essere capaci di incrementare almeno del doppio gli attuali livelli di produttività per ettaro, obiettivo estremament e
arduo da raggiungere.
Ad aggravare le cose va poi aggiunta la progressiva perdita di terreni coltivabili per cause antropiche, quali inquinamento ed
urbanizzazione, e di climate change. L‟alterazione del profilo climatico potrebbe infatti provocare un cambiamento del profil o
geografico di alcune colture, l‟ulteriore perdita di terre coltivabili e la diminuzione delle risorse idriche disponibili.
Relativamente alla diminuzione delle risorse idriche si deve anche considerare la forte competizione tra agricoltura ed altri utilizzi
(domestici ed industriali) e l‟effetto dell‟inquinamento.
A fronte di tutto ciò, purtroppo negli ultimi decenni si è sviluppata un‟agricoltura di tipo intensivo e non conservativo. Ta le modello
agricolo è esclusivamente dedicato all‟ottenimento delle massime rese produttive e quindi assolutamente inadatto a rispondere
alle sfide attese.
Tale sistema agricolo oltre a non considerare le qualità nutrizionali dei prodotti, non prevede un utilizzo ecosostenibile de lle
risorse naturali né la salvaguardia della biodiversità in relazione al flessibilità adattativa dell‟ecosistema agricolo agli stress
ambientali, quali quelli attesi con il cambiamento climatico.
Sarà quindi necessario, per non dire vitale, lo sviluppo di un‟agricoltura che, rispettando l‟ambiente e le sue ri sorse, risulti capace di adattarsi ai cambiamenti
ambientali e nel contempo permetta di combinare un‟elevata produttività con la qualità nutrizionale degli alimenti.
Tale sistema agricolo potrà essere realizzato attraverso lo sviluppo di nuove pratiche agronomiche, non solo dedicate alla gestione del soprassuolo, ma anche
del sottosuolo e della sua biodiversità di forme viventi, la maggiore di tutti gli ecosistemi terrestri, essenziale per forni re al suolo la fertilità, ovvero la capacità di
sostenere la vita. Questo dovrà essere sostenuto anche da un contemporaneo sviluppo delle nostre capacità di selezione di nuove varietà di piante, capaci di
meglio adattarsi alle condizioni ambientali attese, e di integrare e gestire le possibilità legate alle tecnologi e di remote sensing per selezionare le migliori pratiche
agricole e valutarne l‟efficienza. Tutto ciò permetterà di realizzare un‟agricoltura vicina al raggiungimento del zero CO2 emission production e del close the loop
nella gestione delle risorse, massimizzandone il riciclo.
Alla base del rinnovamento richiesto all‟agricoltura, fondamentale sarà la nostra capacità di percepire il suolo non più come un mero substrato, ma come un
complesso sistema biologico, il più ricco ecosistema terrestre in termini di biodiversità, essenziale non solo per fornire alimenti, ma anche per regolare il clima,
depurare le acque, degradare e riciclare rifiuti, stoccare in modo sicuro gli inquinanti.
Questa rivoluzione culturale rispetto al suolo dovrà riguardare soprattutto gli agricoltori che dovranno sentire l‟onore e la responsabilità di gestire al meglio un
patrimonio dell‟umanità capace di fornire un elevato numero di ecological services».
29.01.2014 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Evoluzione, non rivoluzione delle macchine agricole
Verso reti di servizio per interagire con terreno, piante, animali
Luigi Sartori, professore associato di Meccanica agraria, Università degli Studi di Padova
«Da sempre la meccanica agraria ha marciato di pari passo con le tecniche agronomiche, mettendo a
disposizione soluzioni tecnologiche atte a rendere più efficiente il lavoro e l‟uso di mezzi produttivi.
Un binomio che ha consentito di rispondere alle necessità storiche di un‟agricoltura in continua
evoluzione e che continuerà a farlo anche in futuro, consolidando modelli di sviluppo capaci di
razionalizzare l‟utilizzo delle risorse naturali grazie all‟innovazione e alla ricerca.
Se consideriamo il trend di sviluppo dell‟agricoltura dal 2000 ad oggi, almeno per quanto riguarda il
settore delle macchine agricole, si può notare come l‟evento più significativo sia stata l‟introduzione di
nuove tecnologie legate all‟informatica e all‟elettronica.
Nei prossimi quindici anni ci si dovrà aspettare ancora un ulteriore e più brillante sviluppo di questo
settore. La messa a punto e la produzione di nuove macchine che facciano largo uso di meccatronica,
telemetria, tracciabilità, distribuzione variabile di prodotti e robotica applicabili a tutti i comparti agricoli,
dalle colture industriali a quelle orticole, dalla viticoltura alla zootecnia, si consoliderà ulteriormente in un
prossimo futuro.
In altre parole, ci dovremo abituare a tecnologie semplici, dal punto di vista meccanico, ed altamente
affidabili, ma dotate di complesse reti di sevizio atte a interagire con le componenti che caratterizzano
l‟agricoltura: il terreno, le piante, gli animali.
Grande impulso deriverà dall‟introduzione di nuovi sensori. Questi, infatti, possono consentire di adattare
le tecniche agronomiche alla variabilità intrinseca del suolo, dell‟ambiente e quindi delle colture.
Tuttavia, la grande mole di dati che può essere ricavata dalla sensoristica e da sistemi di
georeferenziazione deve essere raccolta, gestita ed elaborata per generare concrete informazioni e
istruzioni utili per la diretta ottimizzazione delle pratiche colturali di campo.
L‟affrancamento di queste soluzioni tecnologiche significa necessariamente che la futura forza lavoro
avrà bisogno di nuove competenze e di formazione professionale approfondita, nonché di uno sforzo di
aggiornamento costante da parte dei tecnici e dei commerciali delle ditte costrittrici e dei rivenditori.
L‟evoluzione, aprirà ad una nuova generazione di imprenditori e tecnici in grado di gestire e interpretare
le nuove tecnologie, riducendo, in questo modo, anche le differenze tecnico culturali che in passato
hanno caratterizzato l‟agricoltura rispetto agli altri settori».
29.01.2014 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Energie rinnovabili, ma anche efficienza energetica
Tra i futuri obiettivi la cattura dell’anidride carbonica
Marco Vieri, Ingegneria dei Biosistemi, Università Firenze (partner progetto europeo www.rhea-project.eu)
«In agricoltura 16 anni sono storicamente un tempo non troppo ampio per introdurre e diffondere grandi
innovazioni; d‟altronde l‟evoluzione travolgente delle nuove tecnologie e dei sistemi di comunicazione è tale
da indurre un‟accelerazione fino ad oggi impensabile. A favore di ciò, la tangibile prospettiva di un ricambio
generazionale con giovani, le cui capacità di gestire i nuovi sistemi tecnologici sono indotte e sviluppate dalle
tecnologie “smart”, con cui sono cresciuti ed hanno sviluppato le loro competenze.
Sul fronte dell‟energia, la ricerca avanzata sta mettendo a punto nuove forme di produzione e nuovi sistemi
di trasformazione più “puliti” ed efficienti, che permetteranno di raggiungere l‟obiettivo del Piano Europeo
Energia 2030, approvato in gennaio, con la riduzione del 55% di emissioni, del 40% di consumo energetico,
ed un aumento del 45% di energia rinnovabile.
Nei propulsori, dalla “Green Energy” per la produzione di energia elettrica e combustibili di origine
rinnovabile, il target ha inglobato l‟efficienza energetica e le tecnologie di cattura di anidride carbonica e altre
sostanze dannose. Oltre alla produzione di energia da fonti rinnovabili (biomasse, solare) e l‟incremento di
produzione di combustibili alternativi (bioetanolo, biodiesel, etc.) si hanno risultati applicativi tangibili su: la
valorizzazione dei prodotti di rifiuto della catena energetica (come la glicerina); la produzione di energia da
prodotti riciclati (feedstock ) alternativi agli idrocarburi o da emissioni come la trasformazione della CO2 in
molecole di valore energetico quali metanolo e/o acido formico e di altre molecole in composti utili o non
dannosi; l‟immagazzinamento efficiente dell‟energia sia mediante lo sviluppo di batterie innovative sia di
vettori energetici alternativi come l‟idrogeno.
I risvolti di questa rivoluzione nelle macchine agricole sono epocali. Negli attuali trattori innovativi,
l‟inserimento di dispositivi per ridurre le emissioni e di trasmissioni oleodinamiche per aumentare le
performance hanno prodotto d‟altronde un aumento dei consumi, anche se le emissioni per litro consumato
sono ridotte. Sono quindi da migliorare.
I nuovi trattori e conseguentemente le macchine operatrici a essi collegate avranno quindi propulsori elettrici
o ibridi (termico-elettrico) con la sostituzione delle trasmissioni idrauliche (oleostatico-oleodinamico) in elettriche. Le trasmissioni idrauliche hanno, infatti,
caratterizzato un‟epoca e hanno permesso la realizzazione di soluzioni tecnologiche improponibili con le trasmissioni meccani che legate a geometrie vincolate.
Queste hanno d‟altronde un basso rendimento e lo si vede dalla necessità di avere grossi scambiatori di calore, per poter dissipare il calore prodotto (che
rappresenta una perdita). Le nuove tecnologie di trasmissione e trasformazione dell‟elettricità rappresentano oggi l‟evoluzione concreta e fattibile nei prossimi 15
anni.
I futuri trattori avranno dispositivi multifunzione di guida e monitor di controllo dell‟intero sistema motrice-operatrice che, oltre alla gestione operativa interattiva
con il centro aziendale e con le altre unità in campo, visualizzeranno le condizioni energetiche di esercizio con registrazione all‟operatore e al sistema centrale
(aziendale) degli indici critici (energia, emissioni, ecc.)».
29.01.2014 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Un’agricoltura per l’alimentazione e una di nicchia
E macchine agricole progettate per i patrimoni dell’umanità
Massimo Goldoni, presidente di FederUnacoma
«L‟economia mondiale, e gli strumenti di politica agricola, evolvono in modo talmente rapido che è sempre
più difficile immaginare scenari “futuribili”.
Penso tuttavia che esista una tendenza di lungo periodo, che si è manifestata da oltre un decennio e che si
andrà sempre più accentuando negli anni futuri, quella che riguarda la separazione fra agricoltura per
l‟alimentazione di base e agricoltura di alta qualità e di nicchia.
Nel 2030 la popolazione mondiale sarà ulteriormente cresciuta e l‟agricoltura dovrà garantire, in ogni
regione del mondo, la sicurezza alimentare e una sufficiente varietà di coltivazioni anche per rendere più
ricchi gli apporti nutrizionali nella dieta di ogni popolo.
Nello stesso tempo, si andrà sviluppando un‟agricoltura di altissimo livello, vissuta e gestita come un vero e
proprio patrimonio culturale, espressione di un‟arte antica e di territori unici. Visitare, ad esempio, un
vigneto pregiato delle colline toscane, un uliveto monumentale in terra di Puglia o un pascolo incontaminato
negli altipiani del Trentino sarà come vedere un “orto botanico”, una mostra d‟arte a cielo aperto, un luogo
affascinante e prezioso dove si custodiscono tradizioni che verranno percepite come “patrimonio
dell‟umanità”.
È un processo necessario e che ha già precedenti storici molto concreti. Pensiamo alla trasformazione che
hanno conosciuto tutte quelle aree dove oggi sorgono i grandi parchi naturali, ad esempio in America,
Europa, Africa, che sono state un tempo territori di caccia spietata alle specie animali e di sfruttamento
delle risorse e che oggi sono considerati aree “sacre”, gestite nell‟ottica della conservazione totale
dell‟ecosistema e della biodiversità: ecco, credo che i territori dell‟agricoltura pregiata saranno concepiti
nello stesso modo.
Anche la meccanizzazione sarà in linea con questo tipo di evoluzione, e offrirà, da una parte, macchine
straordinariamente efficienti per l‟agricoltura industrializzata e intensiva, e dall‟altra macchine
appositamente progettate per questa “agricoltura di culto”, che saranno elettriche, robotizzate, e persino
adeguate nelle forme e nei colori al paesaggio agricolo nel quale, discrete e silenziose, pascoleranno come
fossero animali in libertà, essendo programmate per sapere come e quando intervenire per le operazioni
colturali.
In questo contesto, anche i prodotti alimentari realizzati in questi t erritori saranno salvaguardati con grande
cura, essendo frutto di un‟integrazione strettissima tra la produzione della materia prima agricola e la fase di trasformazio ne alimentare.
Anche per questo servirà una meccanizzazione innovativa, capace di realizz are filiere agroalimentari complete, anche in contesti aziendali relativamente piccoli,
con requisiti di qualità e salubrità all‟altezza delle aspettative di un pubblico che sarà sempre più consapevole ed esigente ».
29.01.2014 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Meno reti di salvataggio, più multifunzionalità
In futuro aziende multi-reddito e contoterzismo in crescita
Leonardo Bolis, presidente di Confai (Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani)
«Imprese agricole più competitive, diversificate, collaborative e attente all‟ambiente, ma anche più
presenti nella varie fasi della filiera e interpreti di una nuova multifunzionalità: così dobbiamo pensare
al panorama del settore tra poco più di un decennio.
Fare impresa in agricoltura comporterà, molto più che in passato, una forte attenzione verso aspetti
gestionali e manageriali che non potranno per nessun motivo essere trascurati. Tutti si dovranno
abituare all‟incertezza e dimenticare le reti di salvataggio: occorrerà essere imprendit ori, senza più
eccezioni.
Per il 2030 dobbiamo attenderci la definitiva affermazione di uno dei grandi trend del settore
primario: l‟agricoltura in outsourcing. Rimarranno pochissimi coltivatori diretti e saranno sempre di
più le imprese agricole che opteranno per un massiccio ricorso a servizi in conto terzi.
È alle porte, non appena si attenueranno gli effetti della crisi, una decisa affermazione dell‟agricoltura
di precisione. L‟intelligenza elettronica regolerà le macchine agricole in tempo reale.
Il tema della qualità ambientale delle attività produttive rappresenterà una sfida ineludibile per tutte le
imprese agricole. Tra qualche anno, per molte aziende, farsi interpreti di un‟agricoltura più verde si
rivelerà vantaggioso anche dal punto di vista dei bilanci aziendali.
La crescita dell‟imprevedibilità e dei fattori di rischio determineranno la fuoriuscita dal mercato di tutte
le aziende non attrezzate per competere. Le imprese medio-piccole intenzionate a rimanere in
attività dovranno associarsi in forme nuove e creative. Vi sarà un significativo incremento del numero
di imprese agricole costituite in forma di società di capitali.
Tra le capacità che più conteranno in agricoltura vi sarà quella di saper cambiare al momento giusto,
uscendo rapidamente dai comparti che manifesteranno di volta in volta segni di declino.
Ne risulterà rivoluzionato il tradizionale concetto di multifunzionalità agraria, che non coinciderà più
con la pratica dell‟agriturismo o con la vendita al dettaglio dei prodotti trasformati in azienda. L‟idea di
agricoltura multifunzionale racchiuderà una serie di aspetti quali la diversificazione dell'attività
agricola, la propensione all'innovazione e la costruzione di un'azienda agricola multi-reddito.
L‟agricoltore del prossimo futuro sarà destinato a confrontarsi sempre di più con nuove dinamiche
culturali, con i temi della tutela del territorio e della sicurezza dei consumi: dovrà diventare un attore
globale del contesto sociale in cui opera.
Anche il ruolo delle organizzazioni di categoria ne uscirà modificato: lungi dal rinchiudersi in una
sterile difesa di interessi corporativi, le associazioni dovranno puntare con decisione ad
accompagnare l‟agricoltura italiana verso la modernità».
29.01.2014 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Verso forte contrazione delle imprese agricole
Agromeccanici necessari per produrre e mitigare choc sociale
Silvano Ramadori, presidente Unima (Unione nazionale imprese di meccanizzazione agricola)
«Le più attendibili proiezioni delle Nazioni Unite, sull‟evoluzione della consistenza demografica e del conseguente fabbisogn o
di derrate alimentari e di energie rinnovabili, lasciano immaginare un modello di agricoltura assai diverso da quello che ha
finora dominato la scena, almeno in Italia.
La differenza più significativa si vedrà sui numeri: con soli 12 milioni di ettari superficie utilizzata, se la dimensione me dia delle
aziende agricole dovesse attestarsi su valori “internazionali”, il numero dei soggetti coinvolti potrebbe scendere sotto le
centomila unità.
Il fenomeno è sotto gli occhi di tutti: dato che appena un decimo degli imprenditori agricoli può oggi essere considerato
“giovane”, nel giro di un paio di decenni usciranno di scena diverse cent inaia di migliaia di imprese.
La contrazione del numero delle aziende porterà ad una netta separazione fra proprietà e conduzione dei terreni; appare
altresì probabile che le quotazioni del mercato fondiario ritorneranno ad essere influenzate, più che dall 'equilibrio fra domanda
ed offerta, dalla reale vocazione produttiva e dalla redditività.
Le imprese agromeccaniche saranno doppiamente protagoniste in questo processo epocale di ristrutturazione dell'agricoltura:
da un lato come soggetto attivo della produzione agricola, specialmente nel settore delle commodity, dall'altro come “fattore di
elasticità” del sistema, in grado di mitigare lo choc sociale. Sul primo punto gli agromeccanici, in quanto conduttori/gestori di
grandi superfici, saranno sempre più un punto di riferimento per le colture a meccanizzazione integrale. Ma è naturale
pensare che il rapporto fra cliente e fornitore di servizi meccanizzati assuma un peso importante nella fase in cui l‟agricol tore
dovesse ritirarsi dalla gestione attiva, in un mondo in cui anche i rapporti economici sono ancora legati a quelli umani.
Le imprese agromeccaniche dovranno fare sistema con i colossi delle " commodities" che saranno gestite dai pochi imprenditori dell‟alimentare internazionale,
con un diverso rapporto di forza rispetto all‟industria di trasformazione. I produttori di mezzi tecnici - macchine, sementi e agrochimica - dovranno anch‟essi
entrare in un sistema integrato, in cui l‟agricoltura sarà sempre più condizionata dalla politica comunitaria ed inter nazionale (il negoziato in sede WTO, in
particolare, assumerà un peso crescente rispetto alle politiche nazionali e comunitarie). Quella che abbiamo sinteticamente p refigurato è l‟agricoltura
professionale e competitiva, la stessa di cui anche la classe politica dovrà tener conto, a prescindere dal fatto che l‟imprenditore sia o non sia iap (imprenditore
agricolo professionale), coltivatore diretto o altre definizioni che verranno via via inventate. In tale quadro gli agromeccanici saranno, forse tardivamente, chiamati
a far parte dei tavoli verdi o di concertazione: ancora una volta la politica arriverà in ritardo, con grave pregiudizio per la collettività, che dovrà pagarne le
conseguenze non solo sul piano economico e dell‟immagine, ma, soprattutto, su quello di una razionale organizzazione sociale.
Il nodo degli sperperi di risorse pubbliche per sostenere attività economico-produttive senza futuro, ovvero impostate sulla base di posizioni ideologiche o
irrazionali, verrà drammaticamente al pettine, quando però non avremo più i mezzi per invertire la rotta. Probabilmente, espressioni come agromeccanico e
agricoltore potrebbero divenire sinonimi, per le colture a meccanizzazione integrale; mentre l‟agricoltura convenzionale, per come la intendiamo oggi, sarà
progressivamente marginalizzata, assumendo un ruolo più culturale che colturale. La multifunzionalità potrà comunque assicurare una fonte di sostentamento
agli irriducibili che continueranno a credere che “piccolo è bello”, anche se con un‟incidenza tras curabile sull‟economia del Paese e dei futuri scenari
internazionali».
29.01.2014 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Nel mondo più competizione per acqua, terra, cibo
In Italia agricoltura vincente, su export tracciabilità e made in
Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti
«Azzardare scenari futuri è sempre un‟operazione spericolata. Lo provano le molteplici previsioni che a
partire dagli anni cinquanta e su fino agli anni novanta non hanno trovato riscontro (dallo sviluppo
demografico che ha conosciuto ritmi di crescita ben più contenuti di quelli ipotizzati, passando per
l‟esaurimento delle fonti tradizionali di energia per chiudere con „la fine della storia‟ che avrebbe dovuto far
seguito alla caduta dell‟Unione Sovietica).
Ancor più lo provano le previsioni mancate (da quelle sui cambiamenti climatici a quelle sulle crisi finanziarie,
non ultima quella dei sub-prime).
Più semplice risulta forse porre degli interrogativi, segnalare delle intenzioni, segnare alcuni dati di contesto
che ragionevolmente si intensificheranno.
Se partiamo da questi ultimi, possiamo già affermare con relativa tranquillità che la competizione globale per
la terra, per l‟acqua e in ultima analisi per i prodotti agricoli e per il cibo si intensificherà. Lo dice la crescit a
impetuosa dei cosiddetto land grabbing, che a sua volta si porta appresso il water grabbing. Saremo quindi di
fronte ad un sostenuto aumento della domanda di carni, cereali, prodotti lattiero caseari a livello mondiale,
ma - lo sottolinea la Commissione europea - anche a livello europeo.
Sostenere una domanda di questa natura - spinta prepotentemente soprattutto dai mercati asiatici - porrà
inevitabilmente questioni legate al ruolo della politica, al tema delle crisi regionali, alla qualità dei prodotti, alla
loro sicurezza, al destino delle produzioni agricole nei paesi in via di sviluppo.
Penso alla politica perché il mito del mercato che si autoregola è un mito che si è infranto definitivamente con
la grande crisi finanziaria del 2009. Avremo quindi bisogno di organismi internazionali che sappiano porre
regole, garantire governance e sopravvivenza per tutti.
Per quanto riguarda l‟Italia, infine, ho assai minori dubbi e perplessità: la nostra agricoltura distintiva e di
qualità continuerà a rappresentare un modello da inseguire.
Saremo ancora più forti nell‟export, si farà più stretto il nostro legame con i cittadini attraverso il potenziale
legato alla multifunzionalità, avremo a disposizione la più estesa offerta di prodott i agricoli tracciati e marcati
Made in Italy, dai mercati alla grande distribuzione. C‟è da augurarsi che ciò avvenga in un sistema paese
che avrà trovato anch‟esso il modo per rinnovarsi».
29.01.2014 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Sinergia col turismo, web veicolo per l’agri-promozione
Meno aziende agricole, ma più grandi e collegate in rete
Mario Guidi, presidente di Confagricoltura
«Tradizione nell‟innovazione. Questo slogan, per Confagricoltura, riassume l‟agricoltura del “2030”.
Nei prossimi anni i prodotti agricoli e agroalimentari italiani contribuiranno a rappresentare e rafforzare il
brand “Made in Italy”. Finalmente si concretizzeranno le più volte promesse sinergie con la promozione
turistica e si adotteranno efficaci misure di protezione contro la cosiddetta agro pirateria o Italian sounding. La
bilancia dei pagamenti “import-export” sarà ragionevolmente stabilita vicino al pareggio.
I cittadini del mondo che verranno a conoscere la nostra “terra” saranno sempre di più e pretenderanno di
continuare a degustare le nostre eccellenze anche a casa. La conoscenza del nostro Paese nel mondo
arriverà soprattutto attraverso la rete che, nel 2030, coprirà completamente l‟intero territorio permettendo alle
imprese di vendere i loro prodotti attraverso il web.
Si produrrà in modo più ecosostenibile, grazie alla crescente professionalizzazione degli imprenditori agricoli,
che impiegheranno agrofarmaci con molecole a basso impatto ambientale e adotteranno pratiche
agronomiche appropriate sacrificando, pur in minima parte, la crescita della produzione per ettaro che avrà
raggiunto per il 2030 la sua massima potenzialità.
Eco sostenibilità e tradizione saranno i punti di forza anche dell‟agroindustria italiana, che troverà ulteriori
motivazioni nell‟approvvigionarsi di “materia prima” interna. La domanda delle famiglie si sposterà dallo
“spendere meno” a tutti i costi, verso uno “spendere meglio”.
Le dimensioni medie delle imprese agricole continueranno a crescere, così come si svilupperanno nuove
opportunità grazie allo sviluppo di nuove forme di commercio. Il numero delle imprese diminuirà a vantaggio
di una maggiore razionalizzazione e modernizzazione del sistema produttivo. Anche la diffusione
dell‟aggregazione di imprese con le reti, sarà decisiva per rafforzare il potere contrattuale dei produttori.
Insomma l‟agricoltura continua a evolversi, a essere sempre più multifunzionale ed ad ac crescere la sua
importanza ed il suo ruolo anche nella produzione dell‟energia rinnovabile. Bene fa Fieragricola, quest‟anno,
a interrogarsi sulle nuove opportunità che offre l‟agro informatica, ad esempio sul coltivare con i tablet. Nel
2030 sicuramente il digital divide sarà un termine obsoleto, sconosciuto ai giovani imprenditori che
s‟impegneranno nelle aziende agricole che, a loro volta, saranno sempre più tecnologicamente avanzate e
pronte a dominare i mercati. Gli imprenditori agricoli italiani, graz ie anche alle aggregazioni reali e virtuali, alla
banda larga che, finalmente, coprirà tutto le aree rurali, saranno capaci di far crescere il valore aggiunto dei
loro prodotti, coniugandolo le tradizioni, alla storia e alla cultura dei nostri innumerevoli , splendidi e unici
territori».
29.01.2014 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Speranze dal boom di studenti di agraria
Nel futuro alzare il livello di produttività, curando il territorio
Franco Verrascina, presidente di Copagri
«È una condizione fondamentale quella di guardare al futuro, e non solo a quello prossimo ma anche
ad una proiezione di lungo tempo, come può essere il 2030. Lo è per affrontare e vincere le sfide
attuali, che sono rappresentate da alti livelli di criticità e, quindi, costruire una prospettiva che consenta
all'agricoltura di interpretare, come può, un ruolo da protagonista nelle dinamiche economiche nazionali
e internazionali.
Non possiamo e non dobbiamo immaginare un futuro in cui il settore sia ancora costretto a rincorrere o,
come sta accadendo in Italia e in molti Paesi dell‟Unione europea, a subire gli effetti di crisi economiche
come quella che stiamo vivendo e di scelte troppo ancorate alla credibilità sui mercati finanziari,
recessive e, in sostanza, poco o nulla orientate con il necessario coraggio alla crescita.
L‟agricoltura italiana ha due fronti fondamentali verso i quali muovere con decisione ed essere
assecondata dalle politiche istituzionali: consolidare il valore e la valenza della qualità della propria
produzione, recuperando anche, per quanto possibile, quote di mercato che oggi le sono sottratte
dall‟Italian sounding; fare ciò nell‟ambito di una strategia ispirata anche alla quantità. Rispetto alle stime
riguardanti la domanda internazionale di cibo da qui a trent‟anni, in netto aumento, la competitività si
fonderà inevitabilmente anche su una maggiore produzione.
Vogliamo pensare ad un tempo, anche prima del 2030, in cui all‟agricoltura sia riconosciuto il suo
tradizionale ruolo di produzione alimentare, ma anche tutto ciò che direttamente o indirettamente
esprime in termini di bene pubblico. Agricoltura è paesaggio, identità territoriale, equilibrio ambientale e
idrogeologico. C‟è un legame molto forte tra queste diverse potenzialità. Rec uperare territorio, renderlo
produttivo e conseguentemente averne cura significa anche alzare il livello di produttività del settore
agricolo. Occorre ricordare, che mentre l‟export agroalimentare Made in Italy vola, l‟agricoltura italiana
ha un saldo commerciale con l‟estero negativo, essendo deficitari di diverse materie prime.
Il 2030 non è poi così lontano e allora crediamo si debba favorire quella “rivoluzione culturale” che
s‟intravede in Italia, con il riemergere di un forte interesse dei giovani verso il settore: +45% di iscritti ai
corsi di laurea inerenti l‟agricoltura e l‟alimentazione, trend che si conferma in direzione degli istituti
tecnici e professionali agricoli e che trova conforto in diversi sondaggi sulle prospettive professionali in
agricoltura.
Per tutto ciò serve convinta considerazione in Europa, dove la Pac non deve continuare a subire
logiche particolari a discapito degli interessi generali dell‟Unione e questa stessa sia ispiratrice con
adeguato peso negoziale di un‟equilibrata regolamentazione del mercato globale».
29.01.2014 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Giù il numero di aziende, molte guidate da immigrati
Cresceranno le op, con dimensioni nazionali e sedi all’estero
Giorgio Mercuri, presidente dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari
«Nel 2030 nel nostro Paese il numero delle aziende agricole, proseguendo il trend degli ultimi
decenni, continuerà a diminuire. Prevediamo anche che molte aziende saranno guidate da
immigrati, dal momento che è destinato ad aumentare il numero di persone che sceglieranno
di trasferirsi nel nostro Paese per migliorare le proprie condizioni di vita.
Sarà quella italiana un‟agricoltura sicuramente più moderna, alla quale l‟innovazione
tecnologica avrà apportato numerosi cambiamenti.
I settori destinati ad avere trend di crescita più interessanti sono quelli che saranno in grado
di conferire il massimo valore aggiunto al prodotto finito, mantenendo a valle tutte le fasi della
filiera.
A livello politico non crediamo improbabile che ritorni ad essere centrale l‟obiettivo di aiutare
le aziende agricole a produrre di più. Se si manterranno costanti i ritmi di crescita della
popolazione a livello mondiale, il bisogno di cibo aumenterà progressivamente. Di contro, il
numero delle aziende agricole e degli addetti andrà inevitabilmente a contrarsi. Le direttrici
politiche del comparto dovranno pertanto necessariamente tener conto dell‟esigenza di
aumentare la produzione, contemperando però tale bisogno con quell‟attenzione al
miglioramento delle rese produttive, alla sostenibilità ambientale e in generale al tema del
greening che l‟Europa ha già posto in grande evidenza in fase di stesura della nuova Pac
2014-2020.
Per quanto riguarda il nostro Paese, vorremmo sbilanciarci in una previsione ottimistica, ossia
che l‟agenda di governo nel 2030 metterà di nuovo al primo posto l‟agroalimentare proprio
come agli inizi della Pac.
Per quanto riguarda il futuro della cooperazione agricola, prevediamo che nel 2030 ci saranno
più OP che tenderanno sempre di più ad avere una operatività a livello nazionale e non solo
locale e avranno sedi e filiali anche nei principali paesi europei, con la creazione di op
transnazionali. L‟Europa continuerà a puntare, con l‟Ocm unica, ad una concentrazione
dell‟offerta attraverso sistemi aggregati basati sulle OP.
Passando infine ad una previsione sugli scenari internazionali, sicuramente una questione di
grande attualità nel 2030 sarà quella degli Ogm e del ruolo che riusciranno a occupare
nell‟agricoltura mondiale».
29.01.2014 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Con la genomica animali più efficienti e sviluppo etico
Maggiore benessere, emissioni giù, stop al falso Made in Italy
Pietro Salcuni, presidente Associazione Italiana Allevatori
«Il 2030 sembra lontano, ma in realtà è già domani. Come allevatore non penso che ci saranno cambiamenti
drammatici nei sistemi di produzione, ma sono convinto che nel giro di 15 anni le nostre stalle avranno un‟efficienza
superiore a quella attuale, grazie alla selezione genomica e alle tecnologie di precisione.
Oggi siamo solo all‟inizio di questo percorso, ma abbiamo già capito che con la genomica potremo lavorare su obiettivi
che oggi sono difficili da immaginare. Ecco perché nel 2030 avremo mandrie selezionate con animali più efficienti e
capaci di resistere meglio alle malattie, comprese quelle emergenti che il riscaldamento del pianeta potrebbe portare
anche in Italia.
Nei nostri allevamenti gli animali avranno condizioni di assoluto benessere e utilizzeranno razioni sempre più complete,
con un indice di conversione dell‟alimento più vantaggioso. Anche le emissioni in atmosfera saranno sicuramente
inferiori a quelle attuali.
Non è fantascienza, sto solo proiettando in un futuro a medio termine quanto l‟Associazione italiana allevatori sta già
prendendo in considerazione per il trasferimento delle tecnologie derivati dai progetti di ricerca ai quali partecipa,
nonché dalle indicazioni scientifiche più avanzate.
Se solo 10 anni fa avessimo ipotizzato che la selezione genomica avrebbe fatto i passi da gigante che tutti stiamo
toccando con mano ci avrebbero presi per visionari, ma oggi la realtà ha superato le aspettative e abbiamo dimostrato
le possibilità concrete derivanti da questo nuovo approccio al miglioramento genetico.
Penso che nel 2030 la scienza riuscirà anche a scovare le frodi più subdole, riuscendo a tracciare analiticamente le
materie prime utilizzate dall‟industria alimentare, avvicinandosi a scrivere la parola fine sul falso Made in Italy una volta
per tutte. I ricercatori sono già sulla buona strada e quando riusciranno a mettere a punto dei marcatori più affidabili di quelli attua li, potremo offrire al
consumatore e all‟allevatore uno strumento in più di garanzia.
Poi c‟è il capitolo della nutraceutica, vale a dire la possibilità di avere animali da reddito capaci di produrre latte, carne e uova con caratteristiche nutrizionali più
rispondenti alle esigenze salutistiche del consumatore. Si è già imboccata quella strada e nei prossimi 15 anni renderemo a pplicativi i risultati delle ricerche, in
corso e future, immettendo sul mercato numerosi prodotti rispondenti alle diverse mete nutrizionali che faranno vivere megli o le differenti categorie di
consumatori. Ma soprattutto penso che il ruolo dell‟allevatore come protettore dell‟ambiente sarà ancora più forte e che il concetto di sostenibilità, di cui oggi tanto
si parla, sarà un reale punto di forza per tutto il settore e non un limite allo sviluppo. In questo quadro va anche visto il contributo crescente che l‟allevamento
potrà dare come fonte di energia rinnovabile. Sono poi convinto che nel conseguimento di molti degli obiettivi indicati sarà determinante il ricorso alle risorse
della biodiversità che gli allevatori italiani hanno sapientemente e gelosamente custodito.
Spero anche che finalmente nel 2030 la zootecnica venga considerata dal governo che reggerà il Paese come un settore strategi co per l‟economia nazionale e
per la sicurezza alimentare della società e possa contare su adeguate risorse per crescere, impostando gli obiettivi futuri con uno sguardo a lungo termine.
Abbiamo fatto passi da gigante in questi ultimi 50 anni e gli allevatori più anziani quasi non credono ai risultati raggiunti nell‟arco di una vita. Ora è tempo di
dimostrare che siamo in grado di proporre una crescita capace di fondere etica ed efficienza. È la vera sfida con cui confrontarci».
29.01.2014 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Difesa del suolo e biodiversità gli elementi chiave
Variabile gas effetto serra, zootecnia paesi emergenti in crescita
Pietro Laterza, presidente dell’Associazione nazionale degli allevatori di razza Bruna
«Immaginare il futuro così lontano sembrerebbe impossibile. Spesso le nostre previsioni si rivelano errate
anche se fatte a pochi mesi nel futuro. Come poter fare previsioni cosi futuristiche? L‟idea, quindi, è di non
fare previsioni ma, bensì, di analizzare i macro trend in essere e cercare di calare tali tendenze nel nostro
operare quotidiano.
Parlare di agricoltura con scenari cosi lontani impone anche di prendere in considerazione orizzonti molto
vasti, certamente non solo Italiani, ma, in linea di principio, nemmeno limitati all‟Europa. Parlare di
agricoltura significa parlare di alimentazione umana. A volte ci si dimentica che nessuno al mondo mangia
qualcosa non derivante da pratiche agricole. La popolazione mondiale aumenta, anche se a ritmi inferiori a
quelli stimati anni fa, verso un picco che sarà raggiunto nel 2050 a circa 9 miliardi di persone. Già nel 2030
non saremo molti di meno.
I costi energetici tendono ad aumentare, inoltre la produzione di biocarburanti o bioenergia tende a entrare
in concorrenza con le produzioni agricole per uso alimentare. La sotto o malnutrizione, pur diminuendo in
termini percentuali, fatica a diminuire in termini assoluti, essendo la velocità di aumento delle popolazioni
nelle aree a rischio maggiore. Ad oggi si stimano ancora circa 800 milioni di persone malnutrite nel mondo.
Le risorse naturali sono sotto stress: acqua e suolo sono risorse da conservare con grande attenzione
perché saranno necessarie ancora di più nel prossimo futuro; la richiesta di carne e latte è in continuo
aumento. Latte e derivati in particolare verranno consumati con percentuali di crescita molto importanti. Per
il 2030 si prevede che la maggior parte del latte venga prodotta da Paesi attualmente in via di sviluppo.
Dall‟altra parte la preoccupazione per i gas ad effetto serra (i cosiddetti GHG secondo la sigla anglosassone)
tende ad aumentare e visto che il latte viene prodotto da ruminanti le due tendenze collidono. Per la carne il
bilanciamento ruminanti e non ruminanti si giocherà tra restrizioni sui GHG da una parte e restrizioni sulle
deiezioni dall‟altra. Tutto ciò come si rifletterà sui produttori?
Le produzioni di materia utile dovranno comunque aumentare nelle aree meno sviluppate del pianeta e
stabilizzarsi nelle aree più evolute. Non ci sono più spazi per allargare aree di produzione agricola, si tratta
di rendere più efficienti le aree già in uso ed evitare che l‟erosione naturale ed artificiale del suolo agricolo
addirittura le riduca.
Il produttore agricolo, soprattutto in aree sviluppate, dovrà farsi carico di aspetti come la difesa del territorio e
la biodiversità che saranno determinanti per il futuro agricolo non solo locale, ma anche in chiave planetaria.
Quali saranno le combinazioni varietali, genetiche o di razza maggiormente utili tra 20 o 30 anni? Difficile
dirlo, certo è che mantenere biodiversità è il modo migliore per garantirsi un futuro».
Sezione 2
IL MEGLIO DI #FIERAGRICOLAPOST
Dall’Italia e dal Mondo
Meccanizzazione agricola
Zootecnia
Energie rinnovabili in agricoltura
Agrofarmaci, fertilizzanti, sementi
Servizi per l’agricoltura
09.10.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Papa Francesco sull'agricoltura: è lavoro per il pane quotidiano
Le parole di Papa Francesco sull'agricoltura e l'ultimo dossier della Fao sulla fame del mondo.
"L'agricoltura non è nata per ammucchiare ricchezze ma per garantire il pane quotidiano. L'economia dei contadini ha come ele mento fondamentale la
sussistenza: è un lavoro utile e prezioso". Le parole sono di Papa Francesco sull'agricoltura, pronunciate in occasione di un colloquio con Carlo Petrini, fondatore
di Slow Food e Terra Madre. Il Santo Padre è tornato negli ultimi giorni ad interessarsi di un tema a lui molto caro. Già qua ndo era Arcivescovo di Buenos Aires,
infatti, le idee del futuro Papa Francesco sull'agricoltura e sulla la salvaguardia della biodiversità erano chiare .
Una riflessione, quella di Papa Francesco sull'agricoltura, che arriva negli stessi giorni in cui viene diffuso l'ultimo rapporto della Fao, l'organizzazione dell'Onu
per l'alimentazione e per l'agricoltura. Secondo il dossier, 842 milioni di persone, negli ultimi due anni, hanno sofferto la fame .
Un'emergenza cibo che ha spinto la Fao a chiamare direttamente in causa l'agricoltura, segnalata come una delle soluzioni possibili a patto di maggiori
investimenti sul piano globale. Secondo l'organizzazione, uno sforzo economico da parte dei principali produttori agricoli mondiali potrebbe generare
benessere anche per i Paesi in via di sviluppo. Un concetto contenuto anche negli Obiett ivi di Sviluppo del Millennio per il 2015.
L'impegno congiunto di Fao e Papa Francesco sull'agricoltura ha catturato l'attenzione degli addetti ai lavori, che hanno insistito sull'importanza del settore
primario a livello globale. "Occorre raddoppiare la produzione agricola mondiale per soddisfare i bisogni di una popolazione che nel 2050 sarà di 9
miliardi di persone" è il commento al dossier di Giuseppe Politi, presidente della Confederazione italiana agricoltori.
La nuova Politica agricola comune, in questo senso, può essere un esempio di quali possano essere le strategie da adottare in futuro. Investire, insomma, resta
la via da percorrere. "L'obiettivo deve essere uno solo: più agricoltura per nutrire il pianeta - ha sottolineato Politi -. Serve un reale sviluppo agricolo. In questo
modo non si contrastano solo la fame, la malnutrizione e la povertà, ma si ottiene un impatto positivo e rilevante sull'econo mia delle aree rurali".
13.02.2013 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Dall’Italia e dal Mondo
Casati: «Bene Agrex, i futures sul grano duro di Piazza Affari sono un'opportunità,
ma i contratti non sovrastino le merci»
«L’avvio del mercato a termine del frumento duro presso la Borsa di Milano rappresenta un caso interessante» analizza il docente di Economia agraria ed
estimo all’Università di Milano.
«Il limite dei precedenti in Italia è stato quello delle dimensioni contenute del mercato italiano rispetto a quello mondiale ». Attenzione al rapporto
ammesso fra quantità fisica e contratti. «Se questi sono troppo numerosi accade, come nella crisi del 2007-08, che inneschino le speculazioni».
Agrex passa il primo esame. Il segmento del mercato Idem di Borsa Italiana, dedicato ai derivati sulle commodity agricole, è stato inaugurato lo scorso 21
gennaio con i future sul grano duro.
«L‟avvio del mercato a termine del grano duro presso la Borsa di Milano rappresenta un caso interessante - commenta il prof. Dario Casati, docente di Economia
agraria ed estimo all‟Università di Milano. Il limite dei precedenti in Italia è stato quello delle dimensioni contenute del mercato italiano rispetto a quello mondiale».
Il grano duro potrebbe però rappresentare un‟eccezione. «Siamo un mercato importante sia di produzione sia di importazione pe r la necessità quantitativa e
qualitativa di approvvigionarci sul mercato mondiale e per esportare un terzo della pasta prodotta - osserva l‟economista agrario.
Le premesse dunque ci sono, compresa quella di un importante gruppo borsistico come quello di Milano; il tentati vo è importante e va seguito con attenzione per
le potenzialità che può sviluppare».
I futures, su lotti da 50 tonnellate, avranno cinque scadenze e la consegna fisica avverrà presso il Silos di Foggia nei mesi di marzo, maggio, settembre e
dicembre.
Negli anni della crisi, segnati dalle fiammate dei prezzi agricoli seguite da altrettante cadute, è tornato alla ribalta il tema de i mercati a termine: da un lato vi è chi
li ritiene uno strumento valido per favorire la stabilità dei mercati, dall‟altro chi li accusa di essere una delle cause della volatilità delle quotazioni su cui si innesca
la speculazione. «In Italia in passato si è cercato con poco successo di attivare mercati a termine di rilievo con l‟obiettivo di sottrarre il nostro mercato agli alti e
bassi di quello mondiale - analizza Casati. Caduta la protezione della Pac, acquirenti e agricoltori hanno scoperto che i prezzi sono diventati sensibil mente più
instabili».
Future strumento per stabilizzare le quotazioni, se i contratti non eccedono. I mercati a termine facilitano quotazioni stabili perché, spiega Casati, «oltre a rendere
noti i prezzi con anticipo, permettono agli operatori di “coprirsi” con i contratti rispetto ai prezzi finali. Il meccanismo, nel caso dei prodotti agricoli si basa sul fatto
che alla fine deve essere disponibile il prodotto fisico da utilizzare per i diversi impieghi. La condizione perché il tutto funzioni è data dall‟incidenza del mercato sul
totale, da regole precise e soprattutto dal rapporto ammesso fra quantità fisica e contratti. Se questi sono troppo numerosi accade, come nella crisi del 2007-08,
che inneschino le speculazioni».
14.02.2013 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Dall’Italia e dal Mondo
Quando guerre e grandi eventi influiscono sulle commodities.
Dalla Corea al Vietnam, allo choc petrolifero: listini a picco
Esiste una correlazione fra i principali eventi mondiali e l’andamento delle mercuriali di mais e frumento.
Il record per le quotazioni del grano dopo la prima crisi del greggio nel 1973. L‟eccezione della prima guerra del Golfo (1991), con i prezzi che
proseguirono una parabola discendente. Solo una coincidenza?
E se anche la guerra contribuisse al prezzo dei cereali? Perché se è vero, come è vero, che le variazioni dell‟offerta agrico la possono essere provocate sia da
fenomeni legati all‟agricoltura sia da altri eventi che esercitano influssi sui mercati, anche i grandi eventi innescano vari azioni sull‟evoluzione dei prezzi dei
cereali.
Nel corso della sua relazione sul tema «Agrimeccanica: quale futuro?», in occasione della prima edizione del Best Seller Award di Fieragricola, il prof. Dario
Casati, docente di Economia agraria ed estimo dell‟Università di Milano, mette in fila i principali eventi mondiali e la dina mica dei prezzi dei cereali, che sono il
prodotto chiave dell‟agricoltura, rappresentando il 16 per cento del valore della produzione agricola mondiale, pari a 2,3 mi liardi di tonnellate.
«Dalla guerra in Corea del 1952 alle tensioni fra Stati Uniti e Cuba, verificatesi dieci anni dopo - osserva Casati - il fenomeno rialzista si verifica in maniera
costante. E ciò avviene sia per le quotazioni del mais che del frumento». I picchi si registrano anche nel 1966, con l‟avvio della guerra del Vietnam, ma anche per
altri eventi non bellici.
«Lo choc petrolifero del 1973 portò i livelli di frumento a quotazioni record: 9 dollari per bushel (pari a circa 327 dollari /tonnellata) - evidenzia Casati - ma
fiammate si ebbero anche nel 1979, in occasione del secondo choc petrolifero. E poi nel 1988-89, a causa della crescita dell‟inflazione, nel 1995 con la crisi
dell‟Europa orientale, nel 2003 con la combinazione di cause endogene ed esogene all‟agricoltura: la siccità e la crisi della new economy». Fino naturalmente
alle tre crisi avvenute dal 2007-2008 al 2012.
Nel 1991-1992, durante la prima guerra del Golfo e nel periodo immediatamente successivo, i prezzi di mais e frumento non si impennaro no. Al contrario,
proseguirono la loro discesa. Solo una coincidenza?
13.05.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Sicurezza della catena agroalimentare, ecco il pacchetto di riforme della Commissione Europea
Gli atti passano da 70 a soli 5. In arrivo un testo unico legislativo per la sorveglianza delle malattie animali: aumentano i controlli, diminuisce la burocrazia.
Pagheranno più operatori, ma meno oneri per le microimprese.
Strumenti di controllo più efficaci, monitoraggio esteso e lotta alla burocrazia. Sono i temi principali del nuovo pacchetto di riforme in tema di salute e sicurezza
della catena agroalimentare approvato la settimana scorsa dalla Commissione europea. Il testo passa ora al Parlamento europeo : in caso di via libera, le nuove
misure entreranno in vigore nel 2016.
Semplificazione e snellimento. Queste le parole chiave del pacchetto, mirato a tagliare radicalmente il numero di atti legislativi che al momento regolano la
catena alimentare. Per questo motivo, gli atti saranno ridotti dagli attuali 70 a 5 in tutto. Una sforbiciata effettuata con l‟intento di diminuire il carico burocratico
che grava su agricoltori, allevatori e operatori del settore alimentare, puntando ad aumentare significativamente l‟efficienz a e abbattere i costi.
Fra i punti fondamentali delle nuove misure Ue troviamo il rafforzamento dei controlli ufficiali, nuove procedure per la sanità animale, un miglior monitoraggio
della salute delle piante e una semplificazione sulla commercializzazione del materiale riproduttivo vegetale. Secondo il Com missario per la Salute e i
consumatori Tonio Borg, le novità dovrebbero generare dei benefici per consumatori e imprese.
Più fondi per i controlli ufficiali. La ricetta della Commissione prevede un rafforzamento mirato degli strumenti a disposizi one degli Stati membri, da finanziare
attraverso un‟estensione della tassazione ai settori della catena agroalimentare attualmente non interessati dai pagamenti nell‟ambi to del Regolamento Ce
882/2004. Le microimprese saranno esentate dal pagamento, ma anche per loro i controlli resteranno in vigore.
Per quanto riguarda la sanità animale, il pacchetto prevede il varo di un testo unico legislativo dotato di un sistema di sor veglianza (con particolare riferimento
all‟identificazione e alla registrazione degli animali) e l‟introduzione di una classificaz ione delle malattie con una graduatoria di priorità d‟intervento. La
Commissione ha inoltre precisato che le misure saranno adeguate alle dimensioni e alle tipologie delle diverse strutture, garantendo maggiore flessibilità per le
Pmi.
Al centro del provvedimento anche la salute delle piante. La lotta a parassiti e malattie, inaspritasi a seguito dei cambiamenti climatici e dell ‟arrivo di nuove
specie nocive, sarà portata avanti attraverso un più efficiente monitoraggio dei flussi commerciali ad alto rischi o da Paesi terzi e tramite un incremento della
tracciabilità interna. Sono infine previsti nuovi meccanismi di risarcimento per i coltivatori danneggiati dalle nuove specie di parassiti.
Altre novità per le sementi e, in generale, per il materiale riproduttivo vegetale. Per favorire l‟adattabilità e la diversità della produzione vegetale e forestale
nell‟Unione, agevolando gli scambi commerciali, il pacchetto mira ad introdurre normative più semplici per la commercializzaz ione delle sementi. Anche in questo
caso sono "salve" le microimprese: saranno infatti esonerate dalle spese di registrazione e vedranno ridotte le loro spese am ministrative.
17.05.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
L’Europa tende la mano al biologico, Triantafyllidis (Aiab): “Servono investimenti sullo sviluppo”
Il Consiglio europeo dei ministri dell’Agricoltura ha invitato ad una maggiore ambizione per la crescita dell’agricoltura bio logica.
Il commento del presidente dell’Associazione italiana agricoltori biologici.
Puntare sulla ricerca e sulla Politica agricola comune (Pac) per raggiungere un‟agricoltura sostenibile. E‟ la proposta del presidente dell‟Associazione
italiana agricoltori biologici (Aiab) Alessandro Triantafyllidis, che ha parlato il giorno dopo le conclusioni del Consiglio europeo dei ministri dell'Agricoltura,
espressosi a sostegno del biologico.
“E‟ giusto che il Consiglio abbia messo il settore al centro dell‟attenzione, ma il punto fondamentale resta la Pac - ha spiegato a Fieragricola Post Triantafyllidis -.
Noi abbiamo bisogno di investimenti e incentivi sullo sviluppo, se vogliamo raggiungere gli obiettivi di un‟agricoltura che fornisce beni pubblici alla collettività.
Una Pac più disponibile al biologico, più incentivante, vale in questo senso molto di più di una revisione del regolamento e di linee guida per la concorrenza e il
commercio”.
Da Bruxelles era arrivato ad inizio settimana un invito ad una maggiore ambizione per la crescita del biologico in Europa, un traguardo da raggiungere anche
attraverso la certezza normativa e i sostegni finanziari. Tra gli interventi mirati evidenziati dall‟organo legislativo della Ue, figurano la flessibilità nelle norme di
produzione, una serie di controlli più accurati (anche nel commercio), l‟emissione di linee guida sulla concorrenza, la promozione dei consumi bio attraverso
campagne mediatiche ad hoc e il sostentamento della ricerca anche attraverso i Partenariati europei per l‟innovazione (Pei), attualmente in via di definizione.
Sempre all‟interno del Consiglio dei ministri dell‟Agricoltura, è tornata in discussione l‟ipotesi di una revisione del regolamento sulla produzione biologica . Su
questa eventualità, la posizione di Triantafyllid,is è netta: “Siamo in trepidazione. La Commissione ha infatti intrapreso il corso di revisione abbastanza in
autonomia. Il regolamento approvato nel 2007 (ed entrato in vigore il 1° gennaio 2009, ndr) è ancora abbastanza giovane per poter pensare a qualcosa di
completamente diverso già tra due anni. Se questa revisione sarà migliorativa, ben venga. Ma in agricoltura non può cambiare tutto ogni quattro o cinque anni:
riscrivere completamente il regolamento metterebbe in difficoltà gli agricoltori”.
18.05.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Ortofrutta, Falconi: “Puntare sui programmi operativi per il rilancio del settore”
A colloquio con il direttore di Italia Ortofrutta, che spiega come aumentare la competitività di un comparto che vale miliardi di euro ma soffre di un’eccessiva
frammentazione.
“Divisi non si va da nessuna parte”. Ne è convinto Vincenzo Falconi, direttore di Italia Ortofrutta, che ha parlato a Fieragricola Post delle criticità dell‟ortofrutticolo
italiano e delle ricette per il rilancio di un settore che, secondo gli ultimi dati della Cia, vale 14 miliardi di euro l‟ann o.
Tre i punti chiave per il rilancio: l‟aggregazione delle aziende, l‟export e la promozione dei prodotti. “Il mercato richiede qualità, quantità, vasta gamma e forniture
costanti di prodotti - spiega Falconi -. Solo strutture aggregate e di dimensioni più grandi possono essere competitive”.
La produzione ortofrutticola italiana si estende su 880 mila ettari e coinvolge circa 460 mila imprese. Numeri da record, che tuttavia nascondono una realtà
largamente frammentata. Solo un terzo delle imprese, infatti, sono al momento costituite in Organizzazioni dei produttori (Op ), nonostante gli aiuti economici e gli
incentivi previsti dall‟Organizzazione Comune del mercato (Ocm).
La strada da seguire, secondo Italia Ortofrutta, è il finanziamento dei programmi operativi, che garantiscono alle Op una cop ertura dei costi pari alla metà del
totale, a patto di attenersi a specifiche linee guida. “In questo modo gli aiuti sono legati al risultato commerciale e l‟investimento è coperto solo parzialmente,
quindi per usufruire del sistema servono reale volontà di competere nel mercato e piani di business solidi”, sot tolinea Falconi.
L‟export è un altro dei punti fondamentali per la ripartenza dell‟ortofrutticolo. Anche in questo caso, però, è necessaria un a pianificazione attenta e un maggiore
spirito di gruppo. “Disponiamo di una gamma molto vasta di prodotti, in maggior parte deperibili - continua il direttore -. Questo ci spinge ad essere più efficienti,
ma ci limita nelle vendite”. “In questo settore l‟individualismo non paga. Uno dei limiti più grossi è la mancanza di capacit à di proiettarsi al di fuori dei confini locali.
Bisogna guardare avanti, rinunciando ad un pizzico di campanilismo”, dice Falconi.
Infine, la promozione. Nella vendita di un prodotto agricolo è un dettaglio che fa la differenza. Ma anche in questo caso, la frammentazione è un nemico da
combattere. “Se si impegna denaro pubblico, ci deve anche essere uno sforzo da parte dell‟amministrazione nel finanziare progetti di dimensioni economiche
adeguate - conclude Falconi -. E‟ importante non perdere tempo e soldi in miriadi di piccoli progetti di promozione che hanno spesso il solo effetto di disorientare i
consumatori”.
19.05.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Olio d’oliva, via libera al provvedimento Ue sulla trasparenza
Nella norma sono previste scritte più visibili sulle etichette e bottiglie anti frode. Ma con la legge Mongiello l’Italia era arrivata prima dell’Europa.
Dal prossimo anno le bottiglie di olio saranno a prova di frode. Dopo il via libera dell‟Organizzazione mondiale del commerci o, la Commissione europea ha infatti
annunciato importanti novità per le informazioni reperibili sulle etichette delle bottiglie di olio d‟oliva.
Dal 1° gennaio 2014, l‟origine del prodotto dovrà essere chiaramente visibile con scritte di almeno tre millimetri di grandezza posizionate nel campo visivo
principale e non in zone "nascoste". Le dimensioni minime, pertanto, verranno triplicate rispetto a quanto previsto dalle att uali normative europee in materia di
informazioni alimentari.
Una decisione accolta con favore dal Consorzio Olivicolo Italiano Unaprol. “L‟Italia ha fatto da apripista alla trasparenza in Europa - è il commento di Massimo
Gargano, presidente del Consorzio -. Quella sull‟olio è una vecchia battaglia del nostro Paese, iniziata nel 1996 con la "guerra dell‟olio".
“Con la nuova norma - spiegano dal consorzio - è finalmente crollato un vero e proprio muro di gomma di interessi lobbistici contrari al cambiamento”. Un passo
importante per la difesa dei consumatori e delle imprese, che potrebbe portare a risvolti positivi per l‟intero settore. “Questa politica di scarsa trasparenza ha già
creato povertà - continua Gargano -. Le nuove norme, introdotte dal nostro Paese e seguite a ruota dalla Ue, finiranno per riaccendere l‟economia dei territori”.
Altre novità sono in arrivo per il settore della ristorazione. Il provvedimento, infatti, introduce a livello comunitario una disposizione per l‟utilizzo obbligatorio di
bottiglie di olio non riutilizzabili dopo l‟esaurimento del contenuto. L‟obiettivo è quello di evi tare le frodi, impedendo il riempimento dei recipienti dopo la fine del
prodotto, la cui provenienza è indicata sull‟etichetta.
Su questo ultimo aspetto, il nostro Paese era arrivato prima dell‟Ue. Una norma del tutto simile a quella approvata è, infatt i, già inclusa nella legge Mongiello, la
cosiddetta „salva-olio‟ entrata in vigore il 1° febbraio 2013.
05.06.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
"Più informazione e reti fra imprese per lo sviluppo dell'export"
Il presidente di Federbio Paolo Carnemolla ha parlato a Fieragricola Post delle prospettive di crescita del mercato del bio e delle criticità della nuova Pac.
"Crescere in dimensioni organizzative e informare di più sulle opportunità del biologico". Sono due dei punti chiave per lo sviluppo dell'agricoltura biologica,
secondo il presidente di Federbio Paolo Carnemolla. Il tema è più che mai attuale, con la Pac 2014-2020 ormai in dirittura di arrivo e il recente invito del
Consiglio dei Ministri dell'Agricoltura Ue ad una maggiore “ambizione” per il settore.
Nei giorni scorsi, inoltre, è arrivato il documento di intenti per rafforzare il bio a livello comunitario. Si tratta di passi fondamentali per un comparto che in Italia
impiega quasi 50 mila persone e si estende su una superficie coltivata di oltre un milione e 100 mila ettari (dati Federbio).
"Abbiamo ricevuto un segnale importante da Bruxelles, in particolare sulla conferma dell'incompatibilità del biologico con gl i Ogm - spiega il presidente di
Federbio -. Ma i passi importanti saranno anche il potenziamento dell'informazione e l'adozione di sistemi informatici per la gestione corretta del sistema di
certificazione" .
Aspetti positivi, ma anche tanti nodi da sciogliere. A dividere le opinioni è in part icolare il greening, la componente 'verde' del primo pilastro che riconosce il 30
per cento di contributi diretti in più per gli agricoltori. I fondi bonus, studiati per incentivare la biodiversità, la tutela dei suoli coltivabili e l'adattamento ai
cambiamenti climatici, dovrebbero essere elargiti insieme al pagamento base nell'ambito del nuovo criterio di ripartizione delle ri sorse previsto dalla Pac.
"Equiparare al biologico altri sistemi più o meno sostenibili significa applicare di fatto il greening a forme di agricoltura non certificate o controllate - ha
sottolineato Paolo Carnemolla -. Bisogna anche evitare che altre forme di agricoltura 'blu' si intromettano nel sistema, con il rischio di generare doppi pa gamenti".
Il biologico è sempre di più un mercato a due velocità. Solido e in via di espansione all'estero, positivo ma dal potenziale ancora inespresso in Italia. I dat i
dell'Istituto nazionale per il Commercio Estero parlano da soli: nei prossimi dieci anni il comparto potrà contare su un volume di affari di 13 miliardi di euro.
Anche per questo, nonostante un 2012 archiviato con un aumento dei consumi del 7,3 per cento, le imprese continuano a guardare fuori dai confini per il vero
salto di qualità. "A livello nazionale stiamo crescendo significativamente - ha sottolineato Carnemolla -. L'estero continua ad essere il canale più interessante, ma
bisogna costruire strumenti di rete fra piccole imprese, che da sole faticano troppo ad affermarsi sui mercati stranieri".
Un discorso a parte lo merita la crescita nei discount. Secondo il presidente di Federbio, infatti, il boom (+25 per cento) fatto segnare nelle fasce di mercato low
cost non può essere semplicemente ridotto agli effetti della crisi. "Il consumatore vuole pagare meno, ma non vuole rinunciare alla qualità. Il bio, in questo
senso, offre sempre le garanzie di certificazione europea. In questo modo, i discount riescono a mettere sui banconi prodotti bio meno attenti al packaging e al
marketing e con sovrastrutture di mercato meno complesse, ma dalla qualità eccellente e a costi contenuti".
05.06.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Viticoltura, la sostenibilità secondo il progetto Magis
Il professor Attilio Scienza spiega a Fieragricola Post i punti di forza del programma
che punta a migliorare la qualità e la sicurezza della filiera vitivinicola italiana.
“Il futuro è nella previsione, non nella cura”. A sostenerlo è il professor Attilio Scienza, docente di viticoltura dell‟Università di Milano, che ha spiegato a
Fieragricola Post il concetto alla base del progetto Magis (del quale presiede il comitato scientifico) e ha messo l‟accento sull‟importanza dei modelli di
previsione per “giocare d‟anticipo” nel contrasto alla siccità e per la stesura di piani di lotta antiparassitaria più efficaci.
La banca dati meteo informatica è però solo uno degli aspetti del Magis. Si tratta, lo ricordiamo, di un programma avviato nel 2009 per mettere a disposizione di
tutte le aziende aderenti (al momento sono oltre 200) le più avanzate conoscenze della comunità scientifica, con l‟obiettivo di migliorare la sostenibilità e la
sicurezza del vino italiano. I primi risultati non si sono fatti attendere. Nei mesi scorsi, le prime bottiglie prodotte secondo il protocollo sono state al centro di una
degustazione al Vinitaly, mentre le certificazioni sono attese entro le prossime settimane.
“Tutto parte dall'applicazione dei metodi di agricoltura di precisione - ha spiegato a Fieragricola Post il professor Scienza -. L‟importante è adeguare gli
interventi agronomici in funzione dei fabbisogni. Faccio un esempio: con un vigneto da tre o quattro zone di diverso vigore e produzione, il fabbisogno di concime,
acqua, e interventi fitosanitari è differenziato. Se questi non vengono ottimizzati, si rischia di sprecare materiali e lavoro, ottenendo effetti negativi per le piante
più forti e non risolvendo i problemi di quelle più deboli”.
Grazie al protocollo, le aziende aderenti hanno in media ridotto del 9 per cento l‟impiego di agrofarmaci e di oltre il 30 per cento quello dei fertilizzanti. Significa
risparmi considerevoli in termini di costi di gestione e l‟abbattimento dei consumi di acqua ed energia. Il progetto, recentemente esteso anche alle uve da
tavola, dispone anche di un sistema informatico che affianca il viticoltore nella scelta delle tecniche più sostenibili.
“Il supporto della rete informatizzata è fondamentale per costruire delle banche dati sul meteo, il clima, le tecniche di col tivazione e lo stato del vitigno - ha
sottolineato il professor Scienza -. I modelli di previsione, quindi, sono di importanza centrale per il calcolo del rischio di comparsa delle malattie delle piante e
per le misure di irrigazione preventive”.
Ma come funziona il Magis? “La strategia che adottiamo è di georeferenziare il vigneto, attuando una concimazione, una sfogliatura e un‟irrigazione a rateo
variabile - ha sottolineato Scienza -. La vendemmia viene quindi differenziata per qualità, un metodo già in atto in California e in Oregon, che consente di
generare reddito per l‟agricoltore senza spreco di risorse o inquinamento dell‟aria e dell‟acqua”.
12.06.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Giovani e agricoltura, il futuro corre sulla rete
Il presidente Agia Luca Brunelli a Fieragricola Post: “Internet e i social media fondamentali per restare competitivi sul mercato”.
Social media, web marketing, internazionalizzazione. Parole relativamente nuove per le imprese agricole italiane, ma che in tempi di crisi sono diventate
termini vitali per il rilancio dell‟agroalimentare made in Italy. Il concetto è stato ribadito, a fine maggio, alla due giorni di Siena dedicata all‟approfondimento dei
servizi di marketing e del supporto all‟export per le aziende del comparto.
Un meeting che ha messo in luce alcuni dei temi fondamentali dell‟agricoltura “under 40”. I giovani agricoltori e imprenditori, ha sottolineato l‟Associazione
Giovani Imprenditori Agricoli (Agia), sono sempre più rivolti ai mercati stranieri e si spostano sempre di più sull‟export per non subire il colpo della crisi sui
consumi interni. Le cifre parlano chiaro: nel 2012 la crescita all‟estero dell‟agroalimentare italiano è stata di 7 punti percentuali, per un mercato che ha ormai
raggiunto il valore complessivo di 30 miliardi di euro.
“Ogni imprenditore agricolo, giovane o meno, deve fare delle scelte quotidiane e la condizione per scegliere è conoscere - ha spiegato a Fieragricola Post il
presidente Agia Luca Brunelli - . Internet e i social media sono strumenti chiave per informarsi tempestivamente, promuovere i prodotti, ampliare e fidelizzare la
clientela e orientare la propria offerta in linea con le richieste del mercato”.
I numeri danno ragione a Brunelli: secondo gli ultimi dati dell‟Agia, l‟80 per cento degli agricoltori al di sotto dei 40 anni usa internet quotidianamente,
mentre la metà di loro usa la rete anche per far conoscere i propri prodotti. Informarsi e stare al passo con i tempi, inoltre, rende anche di più in termini
economici. Secondo le recenti stime del Consiglio europeo dei giovani agricoltori (Ceja), infatti, i giovani agricoltori possiedono un potenziale economico
superiore del 40 per cento rispetto ai colleghi più anziani.
In un mercato sempre più internazionale, dove l‟export è sempre più una certezza, la conoscenza delle lingue straniere diventa fondamentale. “L‟inglese non
è un grande problema per gli under 40, ma bisogna fare ancora molto per i più giovani - ha sottolineato Brunelli -. Restiamo il fanalino di coda in Europa per
competenza e conoscenza delle lingue, servirà un grande supporto delle istituzioni per permettere agli agricoltori del futuro di restare competitivi anche sul
mercato globale, servirà un grande supporto delle istituzioni”.
25.06.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Agricoltura, le imprese italiane sempre più giovani
Gli ultimi dati Censis: aumentano le aziende nate nel nuovo millennio e gli agricoltori con un titolo di studio elevato.
Boom anche per gli agriturismi.
Giovane, diplomato o laureato, sempre più orientato alla qualità dei prodotti. È la fotografia dell‟agricoltore italiano, secondo quanto rivela l‟ultima analisi del
Censis, presentata nei giorni scorsi a Lecce, nel corso della VII Conferenza economica della Cia.
Il settore primario italiano è nel pieno di un vento di cambiamento, con imprese giovani ed estese che creano posti di lavoro. Le aziende nate nel nuovo millennio
sono oggi il 40 per cento del totale, sono aumentate del 15 per cento negli ultimi quattro anni e una su dieci è guidata da un imprenditore under 40 diplomato
o laureato. E non si tratta di conduttori di piccole imprese: due su tre di quelle avviate negli ultimi 13 anni danno lavoro ad oltre 50 persone e continuano ad
assumere anche in tempi di crisi.
Numeri che stridono con il raffronto dei dati delle aziende fondate prima del 1989. La „vecchia guardia‟ dell‟agricoltura italiana ha infatti fatto segnare un cal o di
12,1 punti percentuali, mentre va ancora peggio per le imprese nate negli anni ‟90, che arretrano del 17,1 per cento.
Non sembra esserci più spazio per le attività agricole condotte da un solo uomo. Oggi sono sempre più strutturate e contano su una forza lavoro più
consistente, per resistere in un mercato maggiormente competitivo. È boom, infatti, per le aziende con più di 50 lavoratori (+60,9 per cento), mentre salgono
sensibilmente anche quelle nella fascia 10-19 addetti (+18,4 per cento) e le imprese da 20-49 impiegati (+37 per cento).
I giovani imprenditori, lo aveva sottolineato di recente a Fieragricola Post anche il presidente dell‟Agia Luca Brunelli, tendono ad informarsi di più e sono più
preparati ad affrontare il mercato anche grazie ai nuovi media. I dati del Censis lo confermano: il 45,3 per cento dei giovani imprenditori agricoli è diplomato,
mentre l‟11,2 per cento possiede una laurea. Le percentuali, inoltre, salgono ulteriormente per gli under 25 che decidono di avviarsi all‟attività agricola: due su tre
sono diplomati, mentre il 5,2 per cento è laureato.
Un ricambio generazionale, insomma, che tuttavia non perde di vista la qualità. Tra il 2008 e il 2011, ha segnalato la Cia, s ono infatti aumentati i produttori di
prodotti agroalimentari Dop, Igp, Stg, con un incremento più deciso al Sud (+ 21,6 per cento). Da sottolineare, infine, la crescita costante dell‟agriturismo. Le
aziende autorizzate, negli ultimi cinque anni, sono cresciute di oltre il 10 per cento, passando da 18.480 a 20.413.
La trasformazione in atto nel settore primario coinvolge, ovviamente, anche le aree lavorate. La diminuzione delle piccolissime imprese (-51 per cento in dieci
anni) e la riduzione delle superfici coltivate hanno, infatti, generato un aumento della dimensione media dei terreni utilizzati, che si attesta oggi intorno agli 8
ettari. Un trend che ha riguardato tutto il territorio italiano, con picchi in Sicilia e Sardegna, dove si sono registrati aumenti fino all‟82 per cento.
02.07.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
La sensibilità femminile vince anche in agricoltura
Secondo i dati Unioncamere un’impresa su tre è condotta da donne.
Il commento a Fieragricola Post di Lorella Ansaloni, responsabile nazionale Donne Impresa Coldiretti.
Quasi un‟impresa agricola italiana su tre è condotta da donne. Sono i risultati di una ricerca della Coldiretti, basata sui dati di Unioncamere del primo trimestre
2013. La componente “rosa”, secondo quanto emerge dal rapporto, è ormai una sicurezza del settore primario italiano, che cont a attualmente su 234.228
aziende a conduzione femminile iscritte nei registri delle Camere di Commercio (il 29,1 per cento del totale).
“La donna è curiosa, ha voglia di imparare, di innovare e mettersi in gioco. A fare la differenza è anche la nostra sensibilità nel „capire‟ il consumatore, un
fattore che permette di andare incontro e, in alcuni casi anticipare i bisogni del mercato - ha spiegato a Fieragricola Post Lorella Ansaloni, responsabile
nazionale Donne Impresa Coldiretti -. Si tratta, in molti casi, di imprenditrici con un titolo di studio elevato, che rilevano le aziende di famiglia per dare loro
una veste attuale, puntando sull‟innovazione per il rilancio di prodotti tradizionali come olio, vino e ortofrutta”.
Gli ultimi dati confermano, sostanzialmente, i numeri positivi messi in luce in occasione dell‟analisi della fotografia trimestrale dell‟Istat sul Prodotto interno lordo.
L‟indagine aveva messo in risalto la forte presenza di imprese agricole a conduzione femminile al Sud, dove si trovano attualmente quasi la metà delle
aziende condotte da donne under 40. Insomma, le imprese “rosa” crescono proprio nei territori in cui le cifre generali sull'occupazione femminile sono le più
basse.
Modernità nel rispetto della tradizione. Questo, secondo Ansaloni, uno dei punti di forza dell‟attività che permette alle imprese condotte da donne di farsi largo.
Tra le altre peculiarità dell‟agricoltura “donna” si trovano anche la trasformazione dei prodotti, l‟agribenessere, le fattorie didattiche, gli agriasilo e la pet
therapy. Una versatilità dal carattere fortemente specializzato, che contribuisce ad aprire un ventaglio più ampio di prospettive di mercat o e che mette l‟impresa
femminile nella condizione di generare più occupazione.
“Le donne e i giovani sono destinati a portare il settore primario italiano verso una nuova frontiera, ma devono sforzarsi di raggiungere i livelli di modernità e
innovazione che fino a oggi sono rimasti in secondo piano - ha continuato il responsabile Donne Impresa -. I numeri attuali parlano chiaro, c‟è un vento di novità
in agricoltura che speriamo possa portare ancora più in alto le percentuali femminili ”.
Una spinta che potrebbe arrivare dalla nuova Politica agricola comune, che dovrebbe includere (a meno di colpi di scena) la possibilità di inserire nei
programmi di sviluppo rurale un sottoprogramma per le donne nelle zone rurali. “Abbiamo lottato con forza affinché nella Pac fosse presente un capitolo
sull‟uguaglianza di genere in agricoltura - ha sottolineato Ansaloni -. Al momento i feedback sono positivi, ma aspettiamo che la proposta venga accolta in fase
di ultimazione”.
18.07.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Boom di lavoratori stranieri in agricoltura: +25% nel 2012
Sono una risorsa, secondo il terzo rapporto annuale del Cnel su immigrazione e mercato del lavoro in Italia.
La crisi dell'economia spinge in alto la disoccupazione.
Continua la tendenza all‟aumento dei lavoratori stranieri impegnati in agricoltura . Il 2012 ha fatto registrare la presenza, rispetto all‟anno precedente, di circa
11mila persone in più, in aumento del 26,2 per cento. I dati sono raccolti nel terzo rapporto annuale "Gli immigrati nel mercato del lavoro in Italia" presentato dal
Cnel (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro) e curato dalla Direzione generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del Lavoro
e delle politiche sociali.
Il contributo crescente dei lavoratori stranieri in agricoltura è stato ribadito anche dagli addetti ai lavori. “I dati - ha affermato la Cia (Confederazione italiana
agricoltori) confermano ancora una volta le capacità occupazionali dell‟agricoltura nei confronti di diverse categorie consid erate più a rischio in questo momento
di crisi, come giovani, donne e stranieri”.
Il rapporto rappresenta uno strumento importante per gli operatori del settore ma anche per il legislatore. “Abbiamo voluto riempire il vuoto rappresentato dalla
carenza di reportistica istituzionale, che ha caratterizzato la fase della crescita della presenza degli immigrati in Italia - si legge nella premessa a firma di Natale
Forlani, Direttore generale dell'Immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del Lavoro -. Una carenza che certamente non ha aiutato la
formazione di orientamenti politici e programmatici coerenti con la reale evoluzione del fenomeno”.
Il flusso migratorio nel Paese si mantiene attivo ed è in crescita costante. Secondo i dati presentati in passato dalla Cia, in soli quindici anni gli immigrati
comunitari o extracomunitari impiegati in agricoltura sono praticamente quadruplicati , passando dai 52mila del 1995 ai 197mila del 2010.
Dal rapporto del Cnel, tuttavia, non emergono solo luci, ma anche delle ombre che si allungano sul quadro generale della situ azione lavorativa degli stranieri in
Italia. “Nel 2012 - ha sottolineato la Cia - è aumentata in modo esponenziale anche la disoccupazione dei cittadini stranieri (385mila unità). Rispetto al
2011, il numero è aumentato del 19,2 per cento per la componente Ue e del 25,4 per cento per quella extra Ue”.
Una situazione che renderà necessari cambiamenti alle politiche nazionali e internaz ionali in materia di emigrazione, anche a causa dell‟attuale momento
di difficoltà per i lavoratori italiani. Un fattore che, inoltre, potrebbe contribuire a cambiare il rapporto tra agricoltori stranieri e italiani e generare una
sovrapposizione dell‟offerta di manodopera, secondo quanto segnalato dalla Cia. “Bisognerà agire per tempo - conclude la nota della Confederazione -, attuando
correttivi che migliorino la gestione della forza lavoro, di provenienza nazionale o immigrata, in modo da migliorare la qualità generale del capitale umano,
accrescendo nel contempo la competitività delle imprese”.
24.07.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Agricoltura, in calo il valore delle terre
I risultati dell’ultimo sondaggio Inea tra gli operatori del comparto:
negli ultimi cinque anni il valore medio del patrimonio terriero nazionale ha perso il 7 per cento.
Sette punti percentuali in cinque anni. È il rallentamento del mercato fondiario it aliano, fotografato dall‟ultima indagine dell‟Inea (Istituto nazionale di economia
agraria). La ricerca, svolta su base regionale, ha messo in luce una diminuzione praticamente impercettibile del prezzo della terra (-0,1 per cento), un dato che
tuttavia sale al 3,1 per cento se si considera il tasso di inflazione. Il patrimonio fondiario nazionale , tenendo conto dell‟aumento dei prezzi, vale oggi in media
il 93 per cento del valore complessivo registrato nel 2008. Una situazione che, ha sottolineato l‟Istituto, non si verificava dal 1992.
Si allarga il divario dei valori delle terre tra Nord e Sud. Nel 2012 sono diminuite le quotazioni in Lombardia, Veneto e Trentino Alto Adige, bloccando il trend
storico che ha visto le tre regioni trainare la crescita a fronte della cronica stagnazione dei valori dei fondi nel Meridione. I prezzi, segnala l‟Inea, sono diminuiti
in forma più accentuata nelle zone di pianura , nonostante queste siano le più ricche di terreni fertili e di infrastrutture adeguate a supportare la compravendita.
Aggiustamento dei prezzi a seguito della crisi economica, difficoltà di accesso al credito, mancanza di liquidità e un mercat o sempre più orientato alla riduzione
del sostegno ai redditi. Queste, secondo l‟Istituto, le ipotesi più accreditate per spiegare la performance negativa del patrimonio fondiario italiano. La mancanza
di liquidità, in particolare, rappresenta un freno alle mire degli acquirenti extra agricoli , preoccupati anche dall‟incertezza delle redditività del comparto.
Un‟occasione mancata, in quanto l‟interesse degli investitori locali e stranieri per l‟acquisizione di imprese o terreni non mancherebbe, soprattutto nelle zone di
maggiore prestigio del nostro panorama agricolo nazionale.
In un simile contesto, in cui i prezzi sono sempre più volatili e le prospettive restano incerte (anche a causa dell‟introduzione dell‟Imu per i terreni agricoli),
l‟abbandono delle campagne diventa una realtà sempre più tangibile , sia da parte di agricoltori anziani sia da parte degli imprenditori semi professionali.
Inoltre, gli incentivi per le energie rinnovabili, che avrebbero dovuto rilanciare la domanda, non hanno, sottolinea l‟Inea, portato i risultati sperati.
L‟ultima parentesi del documento dell‟Istituto prende in considerazione l‟andamento degli affitti agricoli. Un mercato dalle dimensioni importanti (interessa quasi
5 milioni di ettari, oltre un terzo della superficie agricola italiana), e attualmente il principale strumento di ampliamento delle aree aziendali italiane. Una
situazione sostanzialmente stabile: nell‟ultimo anno, il mercato del Nord ha confermato la dinamicità degli ultimi anni, mentre diminuiscono solo le
contrattazioni a lungo termine. Invariato il panorama dell‟Italia centrale, mentre al Sud restano frequenti gli accordi verbali, i pagamenti in natura e le
contrattazioni stagionali.
26.07.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
“Croazia, una grande opportunità per le nostre imprese”
Massimo Sessa, direttore dell’Ufficio territoriale Ice a Zagabria illustra a Fieragricola Post
le opportunità per le aziende italiane a seguito dell’ingresso del Paese balcanico nella Ue.
Il 1° luglio 2013 è una data storica per la Croazia. È infatti il giorno che ha sancito l‟ingresso del Paese in Europa come 28° membro. Ma, simbolicamente,
rappresenta anche lo spartiacque tra il recente passato dello Stato, caratterizzato dall‟instabilità politica e dai ben noti conflitti costati la vita a decine di migliaia di
persone, e l‟avvio di un nuovo futuro. Senza dubbio una svolta epocale per la Croazia, ma anche una grande opportunità per le nostre imprese agricole .
“I flussi commerciali con l‟Italia saranno senza dubbio agevolati, grazie all‟abbattimento delle barriere doganali e dei dazi e la semplificazione dei controlli - ha
spiegato a Fieragricola Post Massimo Sessa, direttore dell‟Ufficio territoriale Ice (Istituto per il Commercio estero) a Zagabria -. Siamo già il primo partner
commerciale della Croazia, ma c‟è comunque un grande interesse locale ad ampliare l‟interscambio anche attraverso collaborazioni reciproche , come la
condivisione di esperienza e la produzione congiunta. Non dimentichiamo che il Paese dell‟ex Jugoslavia è a forte vocazione agricola , con prodotti che
sorprendono per l‟alto livello qualitativo, soprattutto olio, vino e ortofrutta”.
L‟agricoltura non è un comparto trascurabile per la Croazia. Il 10,9 per cento della forza lavoro nazionale (la popolazione complessiva è di 4,2 milioni di abitanti,
secondo il censimento 2011) è infatti impegnata nel comparto, a fronte di una media europea del 5 per cento. La frammentazion e del settore primario locale,
caratterizzato da un grande numero di piccole e piccolissime aziende a conduzione familiare (il 63 per cento del totale, a fronte di 177 mila imprese
registrate nel 2010) e da grandi imprese a conduzione collettiva, non ha permesso fino ad oggi all‟agricoltura croata di generare profitti adeguati, arrivando a
contribuire al Pil nazionale solo in misura modesta.
Scambi commerciali, ma non solo. Le opportunità per le nostre imprese spazieranno anche su altri fronti. “Per il settore dell e macchine agricole la Croazia sarà
un ulteriore mercato di punta - ha sottolineato il direttore -. Lo abbiamo visto negli ultimi anni, con il rafforzamento della presenza di alcune grandi imprese italiane
in loco: l‟espansione nei balcani dei nostri produttori di macchine passerà proprio per la Croazia”.
Altra frontiera interessante sarà l‟agriturismo, una delle nostre eccellenze che sembra non conoscere crisi. “Zagabria ha capito bene le potenzialità di questo
business, un mercato relativamente nuovo per loro e con ampie possibilità di espansione, considerando le peculiarità geografiche locali - ha concluso Massimo
Sessa -. Da parte nostra, possiamo mettere a disposizione il grande k now how delle nostre eccellenze del settore, avviando progetti di gemellaggio e
incrementando i flussi turistici”.
20.08.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
In Europa le imprese agricole si gestiscono in famiglia
Il rapporto della Commissione Europea sugli impiegati in agricoltura.
I lavoratori nella Ue sono 10 milioni. Ma la cifra sale a 25 milioni con i parenti e i lavoratori part-time.
Le aziende a conduzione familiare continuano a dominare il settore primario europeo. E' quanto emerge dall'ultimo rapporto della Commissione europea sugli
impiegati in agricoltura. Un calcolo, è sottolineato nel documento, reso complesso proprio dalla particolare conformazione delle imprese comunitarie,
caratterizzate da una forte presenza di lavoratori part time e di familiari , non inclusi negli organici ufficiali.
Il testo, pubblicato a fine luglio, riferisce che nel 2012 i lavoratori europei impiegati in agricoltura sono stati complessivamente 10 milioni, in discesa dai 12
milioni del 2010 e dagli 11 milioni fatti segnare nel 2011. A queste cifre, come anticipato, vanno però aggiunti anche gli agricoltori imparentati con il titolare
dell‟azienda e quelli impiegati non a tempo pieno, per un totale che, secondo le stime Ue, salirebbe a quota 25 milioni di pe rsone. Il rapporto ha evidenziato
anche un dato fondamentale per il Legislatore europeo: circa il 70 per cento dei lavoratori impiegati in agricoltura è concentrato in soli sei Stati membri
(Romania, Polonia, Francia, Italia, Spagna e Germania), che costituiscono la spina dorsale del settore primario comunitario.
Altro dato che fa riflettere è quello relativo alla quota che l‟agricoltura occupa all‟interno delle economie dei singoli Paesi. La media a livello europeo non supera il
5 per cento ma, se in 18 casi su 28 la percentuale è più bassa del 5 per cento, in cinque St ati le cifre sono ben diverse. A guidare questa particolare classifica c‟è
la Romania, che impiega in agricoltura il 31,4 per cento del totale della propria forza lavoro, seguita dalla Bulgaria con il 19,4 e da Polonia, Grecia e
Portogallo che superano di poco il 10 per cento.
Per quanto riguarda il tipo di contratto tra datori di lavoro e impiegati, il report rivela che solo il 7,8 per cento dei dipendenti non fa parte del nucleo familiare
del titolare dell'impresa. Questo particolare dato raggiunge il proprio picco in Repubblica Ceca e Slovacchia, paesi nei quali oltre il 70 per cento degli agricoltori
lavora nell‟azienda condotta dai propri parenti.
Un ultimo dato significativo è quello relativo ad alcune peculiarità dell‟ambito agricolo rispetto al panorama occupazionale generale. Quello che potrebbe
rappresentare la spia per un cambio di tendenza è la percentuale dei lavoratori giovani impiegati in agricoltura, che è pari al 33 per cento del totale rispetto
alla media del 44 per cento degli altri settori. Insomma, un settore primario che, nonostante gli sforzi europei (agli under 40 sarà riservata una grossa fetta dei
contributi nell'ambito della nuova Politica Agricola Comune) continua ad essere dominato dagli anziani: l'agricoltura è il comparto che fa registrare la più alta
presenza di lavoratori oltre i 65 anni (il 10 per cento del totale contro il 2 per cento della statistica generale).
21.08.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Agricoltura, a rischio degrado l'84 per cento dei terreni mondiali
L'allarme lanciato dall'Imaa Cnr: in Italia la "land degradation" è più evidente al Sud. In pericolo la biodiversità e la cap acità produttiva delle aree coltivate.
L'84 per cento dei terreni agricoli mondiali è a rischio degrado. L'allarme arriva dall'Istituto di meteorologia per l'analisi ambientale del Cnr (Consiglio Nazionale
delle Ricerche). Si tratta, in dettaglio, di circa 2 miliardi di ettari di terre emerse interessate dalla "land degradation", un fenomeno che riguarda un quarto
della popolazione mondiale.
In Italia la situazione peggiore è al Sud, in particolare Basilicata, Sardegna, Sicilia, Calabria e Puglia. Ma i rischi non sono limitati esclusivamente al meridione.
"Anche le regioni del centro nord, in particolare Toscana, Emilia Romagna, e la Pianura Padana in generale manifestano un peggioramento della situazione
idrometeorologica e sono sempre più vulnerabili all'irregolarità delle precipitazioni, alla siccità e all'inaridimento - ha spiegato Maria Luigia Giannossi,
ricercatrice dell'Imaa Cnr -. Le implicazioni dirette e indirette del degrado delle terre, in Italia come nel resto del mondo, toccano anche le guerre legate allo
sfruttamento delle risorse naturali e la conseguente presenza di ecorifugiati''.
La "land degradation" è il risultato di una serie di fattori scatenanti e strettamente connessi tra loro, tra cui il clima, le caratteristiche de l suolo e, soprattutto
l'impatto umano. Il processo ha effetti negativi sulla capacità produttiva dei terreni agricoli , sul mantenimento della biodiversità e sulla sicurezza
alimentare. Insomma, una vera emergenza ambientale, alimentata dallo sviluppo industriale e urbano e dalle attività agricole non sosten ibili e già catalogata tra
le principali urgenze socio-ambientali del XXI secolo.
Sono tre, in totale, i progetti promossi dall'Imaa Cnr per l'analisi del fenomeno (i nuovi programmi saranno presentati a Pis a dal 16 al 18 settembre prossimi, in
occasione della manifestazione Geoitalia 2013). Tutti i piani, uno dei quali è attualmente ancora attivo, prevedono la realizzazione di studi integrati per il
monitoraggio del degrado ambientale nelle regioni meridionali , con interventi di sostegno alle pratiche di salvaguardia delle risorse naturali. In dettaglio,
sono state impiegate tecniche di telerilevamento al suolo e da satellite, oltre all'utilizzo di metodi di valorizzazione delle competenze locali (gli studi hanno
rivelato, in particolare, un processo di erosione del suolo e di degrado chimico in Basilicata) per la mappat ura del processo di land degadation.
27.08.2013 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Dall’Italia e dal Mondo
Luchetti: «Abolire la Pac è come volare senza paracadute.
Rafforzare i meccanismi di tutela per tutelare il sistema»
L’ex ministro dell’Agricoltura ha curato il volume edito da Fieragricola sulla Storia della Politica agricola comune.
In un‟intervista tocca alcuni aspetti sul sistema agro-monetario, sulla necessità di dare ulteriore spinta al processo unitario, sull‟attuale riforma d ella
Pac. E al ministro De Girolamo suggerisce: «Preparare uno staff in grado di reagire alle situazioni di emergenza».
Walter Luchetti, ex ministero dell‟Agricoltura (1995-1996), ha curato la stesura di un importante libro sulla Storia della Politica agricola comune (Pac), insieme con
Franz-Josef Feiter e Gianfranco Laccone.
Il volume è stato pubblicato da Fieragricola di Verona ed è stato presentato nelle scorse settimane a Bruxelles, alla presenz a del commissario europeo
all‟Agricoltura, Dacian Cioloş, al direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, e allo stesso Luchetti, oggi presidente dell‟Accademia dell‟Agri coltura e
dell‟Agroindustria, nota come «Club Casina delle Muse». Gli abbiamo rivolto qualche domanda sul libro e sulla Pac in term ini più generali.
Presidente, innanzitutto perché un libro sulla storia della Pac?
«Semplicemente perché credo che senza memoria del passato non si può costruire un futuro. Ed in questa memoria meritano di es sere compresi i giudizi e i
punti di vista che gli stessi protagonisti hanno avuto. Quando lasciai l‟incarico di ministro dell‟Agricoltura nel marzo del 1996, ho pensato ch e quest‟importante
tela di relazioni tra i principali protagonisti della Politica agricola comune, intessutasi sul campo giorno dopo giorno, meritasse di essere valorizzata. La sua
perdita non sarebbe stata compensata dai commenti pure esistenti sulla Politica agricola comune, magari più esaustivi e scien tificamente corretti, ma privi di
quella presentazione e del senso datogli da parte di chi li aveva vissuti direttamente, per le responsabilità assunte a livello internazionale o nazionale. La storia
della Pac, così com‟è tratteggiata in questo volume, è contraddistinta proprio da questa specificità: è una storia vista e na rrata dall‟interno, dagli stessi
protagonisti dei negoziati europei. È in quest‟aspetto che risiede, a mio parere, l‟originalità del nostro contributo».
Lei dice che «oggi la politica agricola sembra giunta a conclusione di un ciclo». Che cosa significa?
«Come dice anche nel suo saggio Laccone (curatore con me e con Feiter del volume), i motivi della riforma Mac Sharry e delle successive s ono da ricercarsi
negli interessi a lungo termine dell‟Unione europea, cioè nella politica commerciale internazionale, che sarebbe approdata alla creazione del Wto, e
nell‟integrazione nel progetto comunitario dei Paesi dell‟ex blocco sovietico, oltre che nella creazione della nuova Germania . Oggi nuovi processi vengono alla
ribalta mondiale: il cambiamento climatico, il mutato ruolo dei protagonisti nello scacchiere planetario - in particolare della Ue -, la disoccupazione e la recessione
nell‟Europa da cui non riusciamo a venire fuori. La Pac dovrà far fronte a queste sfide, innanzitutto verificando gli strumenti approntati e disponibili alla fine del
percorso di riforma da qualche giorno approvato.
Lei parla di Pac anche in chiave «agro-monetaria», di Pac come «moneta agricola europea». Ritiene che oggi l‟Unione europea debba compiere un
ulteriore passo in avanti e uniformare le politiche fiscali, previdenziali, di mercato, magari partendo proprio dall‟agricoltura?
«Abbiamo dato rilievo all‟esperienza agro-monetaria perché ci è sembrato importante il metodo utilizzato e le fasi che essa ha attraversato negli anni, che
costituiscono un preziosissimo bagaglio di esperienza accumulato. È un esempio di come si possano realizzare sia il mercato comune sia la cr escita di Paesi con
dinamiche economiche e monetarie diverse: vedere come si è riusciti a superare i momenti di crisi che l‟attuale Ue ha avuto negli anni può essere d‟esempio. Per
quanto riguarda le politiche fiscali della parte agricola, non so se sia possibile separarle dal resto, o se sia utile farlo: 40 anni fa l‟agricoltura aveva un altro peso e
valeva tanto nel Mec, inoltre i Paesi componenti la Comunità erano meno di una decina. Certo un processo unitario andrebbe avviato, ma sulla scia di una chiara
decisione politica comune».
L‟incidenza della Pac sul bilancio europeo è andata progressivamente assottigliandosi, oggi è al di sotto del 40 per cento. Di questo passo dove
arriveremo?
«Mi sembra più importante sottolineare e concentrarsi sulla difficoltà di crescita, quindi sull‟incapacità di incrementare i bilanci complessivi da parte della Ue e
degli Stati membri, rispetto ad una discussione sulla riduzione della percentuale da assegnare all‟agricoltura. Oggi la difesa dell‟agricoltura si basa molto p iù che
in passato su meccanismi esterni al settore, ragione per cui rivitalizzare la crescita aiuta il settore molto più che in pas sato. Anche in questo non bisogna perdere
di vista i meccanismi di tutela che, sembrerà paradossale ma non lo è, devono essere rafforzati: la recessione ha effetti più importanti di prima nel settore
primario che ha esaurito il suo ruolo storico di camera di compensazione in particolare per la disoccupazione nelle fasi di passaggio della struttura economico
sociale».
Quali sono stati i momenti più difficili nella storia della Pac e quale è stata, secondo lei, la riforma più rivoluzionaria ( nel bene e nel male)?
«Non passerò in rassegna le diverse crisi passate - il libro le sottolinea tutte - ma credo che sotto le grandi conquiste si siano celate le difficoltà maggiori. Le
grandi svolte, viste oggi solo come momenti positivi, sono stati i momenti più delicati e difficili. Istituire la Pac e deciderne i principi base è stata la fase a mio
avviso più difficile; se fossero state prese decisioni sbagliate il Mec e poi la Ue non avrebbero retto alle crisi succedutes i nel tempo, a partire da quella della
“sedia vuota”. Per lo stesso motivo è risultato decisivo il pacchetto Mac Sharry, varato in una fase in cui le pressioni interna zionali non ci davano molte scelte».
Vi sono Paesi che vorrebbero ridurre ulteriormente le risorse della Pac. Quali potrebbero essere i rischi di una agricoltura europea senza fondi Pac?
«I principali rischi sono connessi alla assenza di difese per il mondo agricolo ed aggiungo agroalimentare, soprattutto per l e fasce piccole e medie dei produttori.
Per trarre profitto dalle occasioni di mercato l‟esperienza ci ha insegnato che non si deve arrivare agli appuntamenti deboli e con punti scoperti nel sistema
agroalimentare. Bisognerà senz‟altro rivedere il sistema di tutele ereditato, ma abolire le risorse per la Pac senza un proge tto chiaro che non riguardi solo la
produzione agricola, è un po‟ come alzarsi in volo senza avere stabilito una meta e, soprattutto, senza paracadute».
I sistemi delle quote (latte, zucchero, diritti di impianti dei vigneti): giusto abolirli o mantenerli in vi ta, magari con formule rinnovate?
«Penso che sia fondamentale collegare la produzione ad obiettivi quali la tutela del sistema agro-ambientale, del mercato interno e della ricerca applicata nel
settore, non solo a quelli consueti di reddito e di mercato. Se il sistema delle quote può servire all‟interno di questo quadro, oppure se vada abolito o rivisto non è
cosa da affrontare in via teorica e da osservatori esterni. A quanti sono interni al tessuto produttivo agroalimentare su que sti problemi il libro offre elementi di
riflessione, analizzando l‟origine e la valenza dei sistemi di quote e vedendone a posteriori le conseguenze».
Come giudica la riforma della Pac approvata nei giorni scorsi? Quali sono i punti di forza?
«Giudico positivamente l‟accordo raggiunto. Spero che questo rappresenti un viatico per il futuro della Ue e della Pac. Mi sento di rivolgere un augurio a quanti
ne sono stati artefici, affinché non ne vada perduto il grande senso politico. Se vi è qualcosa che risulta evidente dalla st oria della Pac, è la capacità, vorrei dire la
caparbietà, che i suoi protagonisti hanno mostrato nel tempo. Capacità di discutere, anche contrapponendosi molto animatament e, ma poi di andare avanti con
volontà in una prospettiva comune, senza la quale, è bene ricordarlo, riavviare la crescita e rinnovare la prosperità sarà un‟impresa impossibile».
Quali consigli si sente di dare al ministro delle Politiche agricole italiane, Nunzia De Girolamo?
«Nessun consiglio, mi sembra che l‟attività sua e dello staff che sta costruendo stia avanzando. Posso solo ricordare la mia esperienza, quando da ministro mi
trovai a presiedere il semestre di Presidenza europeo. Avevamo preparato un‟agenda con priorità ed obiettivi che ci apprestavamo a seguire, ma poi l‟emergenza
“mucca pazza” ci costrinse a cambiare tutto. Ecco: prepararsi e preparare uno staff che sia in grado di reagire in situazioni di eme rgenza, situazioni che nel
settore possono arrivare all‟improvviso e che costringono a scelte difficili ma di grande valenza per t utti i cittadini».
28.08.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Il Veneto aderisce alla rete Eriaff
Il Consiglio regionale ha deciso di entrare nella rete delle Regioni europee per l'innovazione in agricoltura, alimentazione e foreste.
La giunta della Regione Veneto ha stabilito di entrare a far parte della rete “European Regions for the Innovation in Agriculture Food and Forestry” (Eriaff).
Si tratta di un organismo di coordinamento istituito per facilitare il flusso di informazioni tra gli attori coinvolti nella gestione delle Politiche agricole all‟interno
dell‟Unione europea. La decisione è stata presa dall‟assessorato all‟agricoltura guidato da Franco Manzato e ratificata dalla firma di Luca Zaia, Presidente della
Regione.
“La nostra adesione a questo progetto internazionale - afferma in una nota Manzato - ha lo scopo principale di costruire un canale diretto che metta in
comunicazione le Regioni europee. Attraverso questa via passeranno informazioni utili reciprocamente a tutti a Paesi sui temi dell a Ricerca e dell‟innovazione nel
settore agricolo e forestale. Un altro dei nostri obiettivi è quello di portare un contributo all‟incentivazione il raggiungimento degli obiettivi di crescita del
nostro settore. Collaboreremo all‟intento che vuole che vengano costituiti gruppi di lavoro all‟interno dei quali viva lo spi rito dell‟attività progettuale”.
L‟Eriaff è stata varata dalla Commissione Europea nel gennaio scorso ma la sua effettiva data di nascita può essere fatta risalire al 20 settembre 2012 in
occasione del seminario “Innovazione e investimenti per lo sviluppo rurale” promosso dalla Regione Toscana. All‟incontro pres ero parte rappresentanti
provenienti da: Generalitat de la Catalunya, Conseil Regional de Bretagne, Conseil Regional Provence-Alpes-Cote d'Azur (PACA), Conseil Regional des Pays de
la Loire, Freistaat Bayern, Regional Council of Satakunta, Regional Council of South Ostrobothnia, Dubrovnik-Neret va County, Istria County, Flevoland Province
e da molte Regioni italiane.
La massima Istituzione europea ha voluto così dare nuovo impulso all‟attività dei Partenariati europei per l‟innovazione. Gli interventi saranno compresi
nell‟ambito dell‟incremento del tasso di tecnologia sostenibile nella coltivazione dei campi. In particolare si punta a migliorare l‟efficienza nell‟uso delle
risorse, a partire dalla riduzione degli sprechi d‟acqua fino allo stimolo della transizione verso l‟utilizzo di energia ottenuta da fonte rinnovabile . Paesi e
Regioni aderenti inoltre puntano a collaborare tra loro per tenere sotto controllo in maniera sostenibile le malattie che colpiscono le piante.
Un organismo di coordinamento europeo che possa fungere da terminale operativo per le linee guida tracciate dalla Pac (Politica agricola comune) potrà
anche consentire la conservazione della biodiversità e dell‟aspetto naturale del paesaggio attraverso il confronto tra i dive rsi rappresentanti. In questo modo è
auspicabile che ogni zona mantenga il proprio ruolo all‟interno del più generale ecosistema europeo.
06.09.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Dagli Usa il pomodoro dal gusto perfetto
Una ricerca dell’Università della Florida prova a ottenere un sapore impeccabile attraverso incroci selettivi, senza alcun ricorso all’ingegneria genetica.
Obiettivo raggiungere i nostri San Marzano e Perino.
Gli Stati Uniti provano a raggiungere gli standard qualitativi dei pomodori italiani San Marzano e Perino. L‟ortaggio “perfetto” a stelle e strisce è un‟idea degli
scienziati dell‟Università della Florida, che hanno avviato degli studi per individuare i geni necessari a garantire sapore, consistenza e qualità superiore. Il
tutto sarebbe possibile grazie agli incroci selettivi, tramite la creazione di ibridi che mettano gradualmente in risalto le qualità migliori.
La ricerca, portata avanti dall‟Institute for Plant Innovation dell‟ateneo di Gainesville, è passata attraverso una fase iniziale che ha compreso l‟estrazione e la
classificazione dei composti aromatici, delle colorazioni e delle caratteristiche organolettiche di vari tipi dei pomodori americani, come l'Oxacan Rosa, il
Matina, l'Ailsa Craig, il Marmande e il Butcher.
“Sono sicuro delle nostre possibilità di produrre un pomodoro che abbia un gusto sostanzialmente migliore”, ha sottolineato a l New York Times Harry J. Klee,
professore responsabile della ricerca. Riguardo un possibile ingresso sul mercato, il docente si è detto fiducioso di poter vedere i nuovi pomodori sui
banchi statunitensi nel giro di sei o sette anni. I tempi sarebbero ancora più brevi per i coltivatori amatoriali, che potrebbero iniziare a sperimentare i semi
degli ortaggi entro i prossimi due anni.
L‟obiettivo finale della ricerca, che punta (per stessa ammissione di Klee) a raggiungere gli elevati standard qualitativi dei nostri San Marzano e Perino, è
di selezionare i geni chiave dei pomodori attraverso la coltivazione tradizionale, chiudendo quindi la porta all‟ingegneria genetica. Niente Ogm, quindi, ma solo
ricerca sul campo attraverso incroci ripetuti e selezioni che conducano al gusto perfetto e durevole. Al momento, sarebbero g ià stati individuati i cinque geni
responsabili della composizione del sapore, mentre i prossimi passi riguarderanno l‟identificazione di tutte le particelle che induco no le piante a produrne le
diverse varianti.
Un compito piuttosto complesso: se la composizione chimica del gusto dei pomodori è st ata già individuata in tre componenti principali (zuccheri, acidi e prodotti
chimici volatili), sono infatti oltre 400 le componenti volatili che compongono il puzzle di sapori e aromi tipici del Solanum lycopersicum. La ricerca della
dolcezza, secondo Klee, sarà il cardine della ricerca: l‟obiettivo è raggiungere il sapore ideale puntando esclusivamente sulle caratteristiche organolettiche già
naturalmente presenti nell‟ortaggio.
17.09.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
L’agricoltura tra i settori più penalizzati dai terremoti
Un rapporto del Censis analizza l’impatto sul comparto degli eventi sismici degli ultimi 30 anni. La Cia: “Anche la burocrazia rallenta la ricostruzione”.
Trent‟anni di terremoti hanno lasciato il segno sulla superficie agricola italiana. Una ferita aperta che, in alcuni territori, ha provocato perdite di suolo coltivato
con picchi del 40 per cento e determinato un massiccio abbandono delle campagne. È quanto emerge da una ricerca del Censis, realizzata per conto della
Cia (Confederazione italiana degli agricoltori) e pubblicata in questi giorni a L‟Aquila.
Se i dati generali (quindi non esclusivamente riferiti agli eventi sismici), parlano di una perdita del 18,8 per cento delle aree coltivate del nostro Paese , le
percentuali nei singoli territori colpiti dai terremoti tra il 1982 e il 2012 salgono vertiginosamente. Il Friuli, colpito dal sisma del 1976 (con quasi mille vittime), ha
visto ridotta del 42 per cento la sua superficie agricola, mentre l‟Irpinia, ha lasciato per strada un quarto delle sue aree coltivate .
Numeri che fanno riflettere, soprattutto in merito all‟impatto degli eventi tellurici per il settore primario italiano, con effetti che continuano a ripercuotersi anche a
distanza di anni. Altro dato fondamentale, infatti, è quello relativo all‟abbandono delle attività agricole nei territori in questione , con una diminuzione del 78,8
per cento in Friuli e del 45,3 per cento in Campania. Gli eventi più recenti, ha messo in evidenza il Censis, hanno seguito un copione analogo a quello dei
terremoti del quinquennio 1976-1980. L‟agricoltura è stata infatti il comparto più penalizzato anche in occasione del sisma dell‟Umbria e delle Marche
del 1997 (11 le vittime), con un calo della superficie agricola utilizzata pari al 33 per cento. Contestualmente, in queste zone si è registr ata una diminuzione delle
attività imprenditoriali dell‟8,5 per cento (oltre tre volte la media nazionale).
Discorso simile per l‟Abruzzo, (20 milioni i danni al primario a seguito del terremoto del 2009), dove l‟agricoltura è rimasta letteralmente paralizzata, con un calo
degli occupati peri al 30 per cento e una flessione del comparto zootecnico del 10,7 per cento . Nel lento processo ricostruttivo, ha denunciato il presidente
della Cia Giuseppe Politi, ha inoltre giocato un ruolo decisivo la burocrazia. Gli aiuti previsti dalla misura 126 del Psr (4,3 milioni di sostegno all‟agricoltura), ha
sottolineato Politi, sono infatti arrivati nel novembre 2010, mentre l‟ultimo bando da 8,6 milioni è stato sbloccato solo quest‟anno.
Una frammentazione che non riguarda la Pianura padano emiliana, che merita un cenno a parte. In una regione in cui l‟agricoltura e l‟agroalimentare sono i
settori che trainano l‟economia locale e nazionale, il terremoto del maggio 2012 ha infatti provocato danni di gran lunga superiori, stimati in 2,4 miliardi di euro.
La ricostruzione, tuttavia, è ripartita proprio dal settore primario, con risultati già tangibili a un anno di distanza.
Le sostanziali differenze, secondo l‟analisi del Censis, sono tutte nella struttura agricola delle regioni interessate. L‟impulso economico fornito dalla
ricostruzione del post-terremoto, analizza l‟istituto, tende a spostare forza lavoro verso comparti diversi dal primario (soprattutto l‟edilizia), maggiormente
incentivati dai meccanismi economici che seguono questo genere di disastri naturali. L‟età media elevata degli imprenditori, in queste condizioni, influisce poi
sulla tendenza all‟abbandono dell‟attività. Un discorso che non vale per le regioni a trazione agricola come l‟Emilia Romagna e la Lombard ia, in cui il settore
primario è per forza di cose la massima priorità in fase di ricostruzione.
10.10.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
“La produzione agricola mondiale non basterà a sfamare il mondo”
Uno studio americano, ripreso dall’Accademia dei Georgofili, sostiene che l’aumento del ritmo produttivo non garantirà il sos tentamento della popolazione
globale. La soluzione? Cambiare gli stili di vita.
La produzione agricola alimentare mondiale potrebbe non bastare a sfamare la popolazione del pianeta nei prossimi decenni. L‟ allarme arriva dall‟Accademia
dei Georgofili, che ha messo in risalto i risultati di una recente ricerca dell‟Università del Minnesota. Un argomento più che mai attuale: nei giorni scorsi, la
Fao aveva insistito sull‟importanza degli investimenti in agricoltura, il settore destinato a sostenere la popolazione mondiale nei prossimi anni.
Lo studio, condotto da quattro scienziati statunitensi, ha evidenziato come gli attuali incrementi complessivi della produzione agricola alimentare mondiale
siano insufficienti a soddisfare le esigenze della popolazione nel 2050.
“Nel mondo attuale esiste una crescente domanda di produzioni agricole, dettata da tre motivi chiave: aumento numerico della popolazione, crescente consumo
di carne e prodotti caseari, maggiore consumo di biocombustibili - scrive Giulia Bartalozzi, responsabile comunicazione dell‟Accademia dei Georgofili -. Per
soddisfare queste esigenze entro i prossimi quarant‟anni, la produzione dovrebbe essere incrementata tra il 60 e il 100 per cento. Non essendo possibile
estendere le terre coltivate, si è dimostrato che raddoppiare le produzioni per ettaro è l‟unica strada per conseguire la sicurezza alimentare globale. Tuttavia, in
diverse aree agricole non può ulteriormente essere aumentata oltre il 24-39 per cento, mentre in altre zone sta addirittura diminuendo”.
La ricerca statunitense (“Yield Trends Are Insufficient to Double Global Crop Production by 2050”) ha analizzato l‟andamento di quattro colture, che
rappresentano i due terzi della produzione mondiale: mais, riso, grano e soia. Dagli studi è quindi emerso un aumento di produzione medio dell‟1,1 per cento (il
picco massimo, dell‟1,5 per cento, è relativo del mais), un passo ampiamente insufficiente a garantire il raddoppio nei tempi necessari. A meno di un boom nei
prossimi anni, infatti, le colture in questione arriverebbero entro il 2050 ad una crescita media del 50 per cento, mancando di molto l‟obiettivo e mettendo
a rischio le possibilità di sostentamento della popolazione mondiale.
Una crisi globale dell‟agricoltura è quindi dietro l‟angolo? Secondo gli studiosi, si tratta di un‟ipotesi verosimile, anche se esistono delle vie d‟uscita. L‟uso più
efficiente delle terre coltivate, l‟aumento produttivo globale dovuto alla diffusione delle best practice agricole e l‟estensione delle colture, potrebbero infatti
fare la differenza, aumentando il ritmo di crescita e sconvolgendo le attuali previsioni. Il prezzo da pagare per l‟espansion e dell‟agricoltura intensiva sarebbe però
molto alto, con ricadute incalcolabili sulla biodiversità e l‟aumento di emissioni inquinanti.
Esistono però altre strategie, che partono dall‟abbattimento dello spreco di cibo e arrivano all‟adozione di diete maggiormente bilanciate in senso green.
In altre parole, un cambiamento di stile di vita per una parte della popolazione, che potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte per miliardi di persone.
17.10.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
“Le donne, un baluardo per le tradizioni in agricoltura”
Gli ultimi dati dell’Inea sull’imprenditoria femminile nel settore primario italiano: oltre mezzo milione di donne sono alla guida di aziende agricole.
Il commento a Fieragricola Post di Serena Giudici, coordinatrice nazionale di Donne in Campo Cia.
“Il legame tra donna e terra è viscerale”. A sostenerlo è Serena Giudici, la coordinatrice nazionale di Donne in Campo, l‟associazione femminile della
Confederazione italiana agricoltori. La presenza femminile nel settore è un argomento sempre più in vista nel panorama mondiale, ed è stato al centro della
“Giornata internazionale delle donne rurali”, celebrata il 15 ottobre su iniziativa delle Nazioni Unite.
L‟importanza dell‟imprenditoria “rosa” nel settore primario è stata inoltre testimoniata, nel nostro Paese, dalle statistiche elaborate dall‟Inea (Istituto nazionale di
economia agraria) pubblicate nei giorni scorsi. Secondo la ricerca, condotta dalla Rete di informazione contabile agricola de ll‟Istituto, sono 532 mila in Italia le
donne alla guida di aziende agricole. In altre parole, un terzo degli imprenditori totali del comparto.
I numeri dell‟Inea confermano quelli del primo trimestre dell‟anno, resi noti la scorsa estate da Unioncamere, che già avevano messo in risalto la componente
femminile del primario. “Vediamo ogni giorno una reale e genuina passione per l‟agricoltura - spiega a Fieragricola Post la coordinatrice nazionale di Donne in
Campo -. Molte investono in questo settore per scelta, non per necessità . Significa che alla base c‟è un vero amore per la natura e i suoi prodotti”.
A scommettere sul settore primario sono anche le giovani imprenditrici. I dati Inea parlano chiaro: le agricoltrici under 40 sono il 32 per cento del totale
delle nuove leve del comparto. Una percentuale in aumento, che fa ben sperare per il futuro. “L‟intero settore è in crescita, è senza dubbio un momento positivo sottolinea Serena Giudici -. In questo contesto, le donne possono e devono avere un ruolo importante, sia come titolari che come socie delle aziende”.
Quest‟anno, la “Giornata internazionale delle donne rurali” è stata all‟insegna della salubrità e del rispetto della biodiversità. Se n‟è parlato anche a Pavia, in
un convegno organizzato dalla sezione lombarda di Donne in Campo. “Abbiamo riscontrato un forte interesse e un impegno concreto su questi argomenti continua Giudici -. Dalle nostre associate è arrivato un messaggio di rispetto per le tradizioni e l‟ambiente. Le imprenditrici vogliono un settore che sia
sempre più consapevole del suo grande ruolo culturale, oltre che economico”.
La presenza delle donne nell‟agricoltura italiana è da oltre 50 anni una sicurezza. Un percorso partito dalle svolte sociocul turali della metà del secolo scorso e
culminato con i recenti dati dell‟imprenditoria femminile. “A partire dagli anni ‟60, le donne hanno giocato un ruolo fondamentale nell‟evoluzione dell‟agricoltura.
Era il periodo in cui gli uomini abbandonavano le campagne per la città - conclude il coordinatore di Donne in Campo -. Da quel momento e per i decenni
successivi, abbiamo iniziato a maturare la nostra leadership. Le fondamenta dell‟imprenditoria agricola femminile di oggi si poggiano sul coraggio e sulla
dedizione delle donne del passato”.
31.10.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Inea, aumentano i lavoratori agricoli nel Mezzogiorno
I risultati del rapporto “L’agricoltura conta”: il settore primario risente della congiuntura economica, ma ci sono segnali positivi.
L‟agricoltura italiana muove un giro d‟affari di 252 miliardi di euro, pari al 17 per cento del Pil, nonostante un calo del 4,4 per cento del valore aggiunto rispetto
all‟anno precedente. È una fotografia in chiaro scuro quella scattata dall‟Inea (l‟Istituto nazionale di economia agraria) nel rapporto "L‟agricoltura conta”,
dedicato ai risultati del 2012 del settore primario del nostro Paese. La ricerca, giunta alla sua 26esima edizione, mette in risalto tutte le difficoltà di un comparto
che risente sempre più della congiuntura economica, ma che mantiene buone prospettive per il futuro.
Il rallentamento dell‟agricoltura è stato percepito soprattutto nelle regioni settentrionali, che hanno fatto registrare un netto calo (-5,5 per cento), dovuto,
sottolinea l‟Istituto, soprattutto al lungo periodo di siccità estiva che ha danneggiato praticamente tutti i comparti agricoli. Anche gli investimenti hanno fatto
segnare una battuta d‟arresto, con una diminuzione del 9,6 per cento in termini reali. I dati dell‟Inea seguono di un paio di mesi quelli dell‟Istat, che in agosto
avevano segnalato un rallentamento dello 0,2 per cento dell‟agricoltura (il primo calo dal terzo trimestre del 2012)
Dalla ricerca Inea, tuttavia, emergono anche spiragli di ottimismo. Sull‟occupazione, infatti, i segnali sono positivi. È l‟esempio del Mezzogiorno, dove i
lavoratori nel settore agricolo tra i 18 e i 35 anni sono cresciuti del 5,8 per cento, in controtendenza rispetto ai dati nazionali complessivi (relativi anche agli
altri settori produttivi). Altri numeri incoraggianti arrivano dall‟andamento del mercato fondiario che, dopo decenni di salita ininterrotta, ha visto scendere le
quotazioni della terra dello 0,1 per cento su base costante e del 3,1 per cento in termini reali. Una tendenza che potrebbe favorire, nei prossimi anni, una
maggiore mobilità della terra a vantaggio proprio dei giovani intenzionati ad avvicinarsi al settore . Anche il miglioramento degli scambi commerciali con
l‟estero (+2,4 per cento), ha sottolineato l‟Istituto, rappresenta un indice della tenuta del comparto agricolo italiano e della sua buona reputazione nel mercato
globale.
Il rapporto, come ha spiegato il presidente dell‟Inea Tiziano Zigiotto, ha preso in analisi anche il quadro sulla diversificazione delle attività produttive e la vendita
diretta dei prodotti sia all‟interno dell‟azienda sia attraverso i mercati agroalimentari. Le imprese che cercano di restare al passo delle esigenze del mercato e
diversificano la propria attività sono circa 76 mila , pari al 5 per cento del totale. In dettaglio, le aziende in questione sono concentrate maggiormente sul
contoterzismo (il 20 per cento) e nell‟agriturismo (19,5 per cento).
04.11.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Agricoltura, sempre più grandi le imprese europee
I dati dell’ultimo rapporto dell’Ue: le aziende del settore primario sono cresciute al ritmo del 3,8 per cento l’anno
e hanno aumentato la produzione del 5,2 per cento.
Le aziende agricole europee sono sempre più grandi e producono di più. Nonostante il lungo periodo di recessione economica, il settore primario continent ale
tiene saldamente e riesce anche a crescere. È quanto emerge dall‟ultima ricerca dell‟Unione Europea, che ha fotografato la situazione negli Stati membri a
esclusione della Croazia. Le imprese, in dettaglio, sono cresciute del 3,8 per cento l‟anno (la ricerca si basa sugli ultimi dati disponibili, relativi al 2010) e
hanno aumentato la produzione del 5,2 per cento.
Il Vecchio Continente conta quindi oggi su 12 milioni di imprese agricole, che impiegano oltre 25 milioni di persone su una superficie coltivata di 172 milioni
di ettari. Si tratta di un‟estensione pari alla superficie di Francia, Germania, Italia e Spagna messe insieme. Al nostro Paese appartiene una fetta considerevole
dell‟agricoltura europea: contiamo su 1,6 milioni di aziende, circa il 13 per cento del totale. Il nostro, tuttavia, si confe rma come un settore primario largamente
frammentato, dove la maggioranza delle imprese agricole ha a disposizione meno di 5 ettari.
Una spinta decisiva per la crescita è riconducibile al boom degli Stati membri dell‟Europa orientale , entrati nell‟Ue nel 2004 e cresciuti con picchi anche del 10
per cento. Altro fattore decisivo, i risultati del Piano di sviluppo rurale 2007-2013, che ha iniettato nel comparto comunitario 96,3 miliardi di euro. I Paesi
europei, tuttavia, hanno sfruttato questi finanziamenti in modo differente. I più “virtuosi” sono stati Irlanda, Lussemburgo, Belgio e Austria, tutti al di sopra dell‟80
per cento di fondi utilizzati. Fanalino di coda Bulgaria, Romania e Grecia, quest‟ultima ferma al 46,9 per cento. L‟Italia, al 28 agosto, aveva invece impiegato
poco più della metà (il 55,6 per cento) degli 8,98 miliardi di euro messi a disposizione da Bruxelles. Per mettere in pratica gli investimenti previsti per lo
sviluppo rurale, gli Stati membri hanno tempo fino al 31 dicembre 2013 (anche se sono previste proroghe).
L‟attenzione, adesso, si sposta sulla nuova Politica agricola comune, che andrà a coprire i bisogni dell‟agricoltura continentale per il settennio al 2020. Il
budget destinato all‟agricoltura sarà di circa 373 miliardi di euro, in deciso calo rispetto ai 471 del periodo precedente. In totale, al nostro Paese saranno
destinati 41,5 miliardi di euro, 27 per i pagamenti diretti, 4 per le Ocm vino e ortofrutta (Organizzazioni comuni dei mercati agricoli) e i restanti 10,5 per lo
sviluppo rurale.
Nonostante le recenti misure di emergenza adottate dalla Commissione per coprire un “buco” di 1,47 miliardi nei fondi per il finanziamento della Pac, l‟agricoltura
italiana sarà in larga parte risparmiata. Nel nostro Paese, saranno infatti esentati dai tagli oltre 915 mila produttori, praticamente tre quarti del totale, che non
rientreranno nella riduzione dei pagamenti diretti decisa a metà ottobre. La misura, infatti, non verrà applicata alle aziend e che ricevono meno di 2mila euro
nell‟ambito dei finanziamenti diretti della Politica agricola comune.
14.11.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Sardegna, largo ai giovani
L’assessore regionale Oscar Cherchi illustra a Fieragricola Post la ricetta per il rilancio del settore primario locale: si ripartirà dal ricambio generazionale e dalla
coesione tra imprenditori.
Sei miliardi e 400 milioni di euro. Sono i numeri della manovra finanziaria 2014 della regione Sardegna, un piano che dovrà tenere necessariamente conto dello
sviluppo delle aziende agricole. La fotografia dell‟ultimo censimento (datato 2010) parla chiaro: le imprese del settore primario locale sono in costante calo (43,5 per cento negli ultimi dieci anni), mentre la loro dimensione media continua a lievitare . Un comparto, quello sardo, cronicamente “anziano”, che necessita
da anni di una spinta al ricambio generazionale.
Per il rilancio del settore si punterà nei prossimi anni sulla modernizzazione, sulla coesione tra le imprese e sugli incenti vi per le nuove leve. Ne abbiamo parlato
con l‟assessore all‟Agricoltura della regione Sardegna Oscar Cherchi.
Assessore, partiamo dalla nuova Politica agricola comune. Vi siete già fatti un‟idea del possibile impatto sull‟agricoltura sarda?
“È ancora prematuro esprimere un giudizio preciso sulla nuova Pac e sarebbe un errore liquidarla come positiva o negativa. Essendo un provvediment o
articolato, molti giudizi saranno influenzati dagli atti delegati previsti dalle proposte di regolamento e dall‟attuazione ch e ne darà il singolo Stato membro. Sarà
possibile avere una idea più compiuta sull‟impatto che la Pac quando saranno concluse le interlocuzioni in sede di Conferenza Stato-Regioni”.
Può anticipare alcuni dei punti chiave del Psr 2014-2020?
“Il prossimo Programma dovrà far tesoro dell‟esperienza maturata con quello che ci apprestiamo a portare a conclusione, che abbiamo ereditato dalla precedente
amministrazione regionale e che abbiamo dovuto accettare così com‟era. Abbiamo già molte idee sul prossimo Psr ma, prima di c reare aspettative che poi
potrebbero non concretizzarsi, continuiamo a dare ascolto al partenariato economico-sociale e in particolare alle organizzazioni agricole con le quali
armonizzeremo i nostri progetti”.
Quali criticità dovrà affrontare l'agricoltura sarda nei prossimi sette anni?
“I problemi sono molti, ma per fortuna non insormontabili. Un certo progresso si è già registrato, confermato dai numeri che attestano che l‟agricoltura,
nonostante abbia anch‟essa accusato la crisi, ha saputo reagire meglio degli altri settori produttivi. Ovviament e non possiam o attendere gli eventi, ma guidarli,
orientarli. Sono fortemente convinto che serva una maggiore coesione fra gli imprenditori agricoli, che devono capire che l‟a ggregazione è importante per
realizzare economie di scala e provare a creare una programmazione a livello local-provinciale”.
Sulla falsariga di quanto già succede con il Psr regionale.
“Sì, ma armonizzato a porzioni più ridotte di territorio, magari fra aziende adiacenti o che operano nello stesso settore. Pe r esempio, gli allevatori ovini potrebbero
spuntare prezzi più remunerativi ottimizzando la qualità del prodotto e orientando le produzioni conseguenti a specifici accordi con gli industriali della
trasformazione”.
Come è nata l‟iniziativa del fondo di garanzia per gli impianti eolici fino a 60 kw?
“Dalla consapevolezza che l‟energia debba essere sfruttata a vantaggio dello sviluppo imprenditoriale e, nello specifico, dell‟agric oltura. Non deve essere
occasione di guadagno per speculatori senza scrupoli e slegati dal settore primario, oltretutto in una terra, come la nostra, a forte vocazione turistica che fa della
protezione del paesaggio e dell‟ambiente un proprio segno distintivo”.
Per questo è stato avviato un sistema di finanziamento.
“Incentivare la nascita di impianti di produzione di energia di dimensioni „ridotte‟ allontana il pericolo di investimenti delle multinazionali che molto chiedono in
termini di sfruttamento del territorio e poco portano, economicamente, alla nostra regione. Allo stesso tempo, può essere un integrazione al reddito delle stesse
imprese agricole in ossequio ad un idea di diversificazione della produttività prevista anche dalla riforma della Pac”.
L‟eolico, però, suscita spesso perplessità dovute all‟impatto sul paesaggio.
“È indubbio che nel nome dello sviluppo non si possa deturpare e impoverire una terra, la Sardegna, nota e apprezzata per la bellezza delle sue coste e per il
fascino dei luoghi del suo entroterra. Bisogna trovare un compromesso per tutelare le nostre eccellenze e per preservarle per le generazioni future utilizzando
con giudizio quello che la natura ci ha regalato, quindi soprattutto sole e vento. Ciò non vuol dire che si possano scippare terre irrigue all‟agricoltura ma al
servizio della stessa. Spetta a noi amministratori impedire che nuovi impianti possano nascere senza regole certe”.
Passiamo ad un altro tema caldo. Secondo l'ultimo censimento generale, in Sardegna è in crescita il ruolo nel comparto region ale degli agricoltori
over 75. Quali misure adotterete per incentivare i giovani?
“Prima di tutto un chiarimento: è un fenomeno, quello della senilizzazione dell‟agricoltura, che non riguarda specificamente la Sardegna, ma tut to il mondo
occidentale. Negli ultimi tempi, tuttavia, abbiamo avuto un aumento di interesse per il comparto da parte dei giovani under 40, agevolati dai bandi previsti dalla
misura 112 del Psr 2007-2013. Questi prevedono la concessione di un aiuto ai giovani che intendono avvicinarsi per la prima volta al settore”.
Che riscontro avete avuto fino ad ora?
“Per il primo bando sono arrivate più di 2mila domande. Oltre 800 di queste sono state ammesse e riceveranno i 35mila euro previsti per il primo insediamen to.
Con il secondo bando arriveremo a quasi 1.500 nuovi giovani imprenditori agricoli, ma tutti dovranno garantire almeno cinque anni di funzionamento della nuova
azienda”.
12.09.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Agricoltura, la burocrazia costa 7 miliardi l’anno
Confagricoltura: si sprecano 100 giorni lavorativi all’anno per le lungaggini amministrative.
L’appello del ministro della Funzione Pubblica D’Alia, servono semplificazioni per le imprese del settore primario.
“Subito un tavolo di lavoro per semplificare in agricoltura”. A lanciare l‟appello è il ministro della Funzione Pubblica Giampiero D‟Alia, che in questi giorni ha
puntato il dito contro l‟eccessiva burocrazia nel settore primario. Un sos che fa eco ai dati diffusi a giugno dalla Cia, che già parlavano di un fardello di oltre 7
miliardi all‟anno per il comparto agricolo italiano.
“Bisogna iniziare a fare qualcosa da subito - ha detto il Ministro -. Vedremo di lavorare in concorso con le regioni, perché il tema della semplificazione in
agricoltura deve rappresentare una priorità. Un‟opportunità da sfruttare può essere il ddl sulle semplificazioni attualmente all'esame del Senato, dove si
potrebbero inserire norme per il settore”.
I numeri sembrano ancora più rilevanti una volta confrontati con le testimonianze dirette degli addetti ai lavori. Confagricoltura, nel denunciare il problema in
occasione di una tavola rotonda a Roma, ne ha raccolte alcune. C‟è chi ha avuto bisogno di quattro anni per costruire un capa nnone degli attrezzi e chi è stato
costretto a passare per ben 32 volte da un ufficio pubblico all‟altro per aprire una nuova attività.
Ma non è tutto, perché la burocrazia pesa anche nel senso letterale del termine. Ne sono un esempio i Piani di sviluppo rurale. Secondo Confagricoltura, i 20
Psr regionali sono fisicamente composti in media da 600 pagine più una serie di allegati, che li fa lievitare fino a un massimo di 1.600 fogli. Un “malloppo”
considerevole, che oscilla tra i 4 e gli 8,5 kg di peso. Il calcolo, oltretutto, non tiene conto dei documenti attuativi, quelli modificativi e integrativi e i bandi per la
presentazione delle domande.
“La mancata semplificazione è la prima causa della scarsa competitività delle imprese italiane - ha commentato Mario Guidi, presidente di Confagricoltura -.
Viene ancora prima della carenza di infrastrutture. Queste lungaggini costringono l‟imprenditore a dedicare cento giorni all‟anno per far fronte ad una mole di
carte, timbri, procedure, sottraendo così tempo e denaro ai compiti prioritari di un‟azienda. I nostri imprenditori dovrebbero impegnare tutte le loro energie, ancor
più nei periodi di crisi, a fare business, a esportare a prezzi concorrenziali e a mantenere occupazione, non a combattere co n i burocrati”.
26.11.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Il 2014 sarà l’Anno internazionale dell’agricoltura familiare
Le famiglie rurali al centro della nuova iniziativa delle Nazioni Unite.
La Cia: “Riportare questo modello al centro delle politiche agricole, ambientali e sociali mondiali”.
Oltre mezzo miliardo di aziende in tutto mondo. È l‟enorme potenziale umano dell‟agricoltura a conduzione familiare , una realtà che gioca un ruolo
fondamentale per garantire la sicurezza alimentare a miliardi di persone in tutto il mondo. Un fenomeno che non conosce confini, consolidato sia nei Paesi in via
di sviluppo che nelle grandi potenze industriali, e che ha spinto le Nazioni Unite a nominare il 2014 come l‟“Anno Internazionale” (International Year of Family
Farming) per le imprese che si basano sui membri del nucleo familiare per la manodopera e la gestione delle attività.
L‟iniziativa è mirata a mettere in evidenza l‟importanza di un patrimonio che già sfama miliardi di persone e nel quale, attualmente, rientrano ben 8 aziende
agricole su 10 in tutto il pianeta. "Abbiamo voluto riconoscere il ruolo centrale dell'agricoltura familiare nel fare fronte alla doppia emergenza che il mondo si
trova oggi ad affrontare: migliorare la sicurezza alimentare e preservare le risorse naturali - ha commentato il Direttore generale della Fao José Graziano
da Silva -. Gli agricoltori familiari si occupano generalmente di attività non specializzate e diversificate, che conferiscono loro un ruolo centrale per la sostenibilità
ambientale e la conservazione della biodiversità”.
Asia, America Latina, vicino Oriente. Queste le aree del mondo in cui l‟agricoltura familiare può davvero fare la differenza tra la vita e la morte. L‟obiettivo,
secondo le Nazioni Unite, è di arrivare a raddoppiare il potenziale produttivo, un fattore possibile solo attraverso un maggiore supporto da parte delle
istituzioni locali.
Paesi in via di sviluppo ma non solo. Anche in Italia, ha sottolineato la Cia, le imprese agricole a conduzione familiare sono storicamente un punto di forza del
settore primario e, negli ultimi anni, rappresentano sempre di più un baluardo delle eccellenze agroalimentari. ''Sono le micro imprese a custodire e
salvaguardare gli oltre 5mila prodotti agroalimentari tradizionali del Paese - si legge in una nota della Confederazione italiana degli agricoltori -. Dobbiamo
rimettere l'agricoltura familiare al centro dei Programmi di sviluppo nazionali e regionali. Il 2014 deve servire per incrementare significativamente gli investimenti
nel settore, puntando su formazione, ricerca e banda larga, ricambio generazionale e facilitando l'accesso alla terra e al credito”.
Il fondamentale apporto delle aziende a conduzione familiare per il settore primario è stato evidenzi ato anche dall‟Alleanza delle Cooperative Agroalimentari.
“L‟imprenditore agricolo non va considerato mai nella sua individualità - ha spiegato il neo presidente Giorgio Mercuri -, ma sempre nel suo legame costitutivo e
inscindibile con la sua famiglia e in generale con il contesto ambientale in cui vive”. Mercuri ha inoltre ricordato i risultati dell‟ultimo censimento generale
dell‟Agricoltura dell‟Istat del 2011, sottolineando come la quasi totalità (il 99 per cento) delle aziende agricole italiane punti regolarmente sulla manodopera
familiare.
10.12.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Ue, via libera all’etichetta per le carni
La Commissione europea ha approvato un regolamento per chiarire origine e provenienza delle carni.
Ma l’indicazione sul luogo di nascita dei capi sarà facoltativa.
Dal 2015 l‟Unione europea adotterà un sistema di etichettatura per l‟origine e la provenienza delle carni. È quanto previsto da un regolamento approvato dalla
Commissione Ue. La norma interessa i prodotti freschi di maiale, pecora, capra e pollame, sia refrigerati che congelati. In concreto, sarà obbligatorio
introdurre in etichetta il luogo dell'allevamento e della macellazione, mentre l'origine del capo apparirà su base volontaria, nel caso in cui la carne sia
proveniente da animali nati, allevati e macellati nello stesso Paese. Le nuove regole sono destinate ad entrare in vigore il 1° aprile 2015.
"È una decisione che accolgo con estrema soddisfazione - ha commentato il ministro delle Politiche Agricole Nunzia De Girolamo -. Si tratta di un risultato a
lungo cercato dall‟Italia, che è stata sempre in prima fila nella battaglia per la trasparenza delle informazioni in etichett a. Ci adopereremo immediatamente per
rendere questa nuova norma operativa al più presto nel nostro Paese".
Dopo due anni di standby, l‟Ue ha quindi deciso di introdurre la “carta d‟identità per le carni”, un documento che stabilisce di fatto un nesso tra il prodotto finale
e la provenienza del capo di bestiame. “Si tratta di un traguardo fondamentale per garantire alimenti sicuri - ha sottolineato il ministro della Salute Beatrice
Lorenzin -. Il nuovo sistema di etichettatura servirà a promuovere la corretta informazione dei consumatori, a difendere il loro dirit to a poter compiere scelte
alimentari consapevoli e a contrastare la diffusione delle frodi relative ai prodotti alimentari”. Sulla stessa lunghezza d‟o nda il presidente della Comagri, Paolo de
Castro: “Si tratta di un importante passo avanti. Il provvedim ento dimostra l‟attenzione dell‟Unione europea nei confronti dei cittadini”.
“Un passo in avanti”, secondo il presidente di Coldiretti Lombardia, Ettore Prandini, ottenuto anche “grazie alla protesta di Coldiretti al Brennero, a Reggio
Emilia e a Roma”. Prandini ha però messo in evidenza la necessità di maggiore trasparenza sull‟origine degli animali: “Vogliamo che sa indicato i n modo chiaro
anche dove l'animale è nato. La battaglia della nostra associazione prosegue”.
Agrinsieme ha invece bocciato la decisione di Bruxelles, denunciando la mancanza di una vera tutela per consumatori e produttori. In un comunicato, il
coordinamento che riunisce Confagricoltura, Cia e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, ha infatti puntato il dito contro la norma relativa all‟indicazione
facoltativa del luogo di nascita dei capi. “Avevamo sempre ritenuto opportuno e necessario, per assegnare l‟origine, che l‟animale dovesse essere nato,
allevato e macellato in un medesimo Stato membro - si legge in una nota -. Questa sarà solo un opzione e non la regola generale, mentre sarà invece possibile
„nazionalizzare‟ gli animali nel caso di presenza in allevamento per un numero minimo di mesi”.
17.12.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Dall’Italia e dal Mondo
Ue: scende il reddito agricolo, ma l’Italia tiene
I dati Eurostat rivelano una crescita nel nostro Paese dell’8,9 per cento, a fronte del calo dell’1,3 degli altri Stati.
Buone notizie anche dall’export, in salita del 3,4 per cento.
Sale il reddito delle aziende agricole italiane, a fronte del calo di quelle europee. A rivelarlo è un‟indagine condotta dall‟Eurostat che evidenza come, nei paesi
dell‟Ue, i profitti in agricoltura siano scesi dell‟1,3 per cento rispetto al 2012. Una situazione in controtendenza rispetto a quella registrata in Italia, dove il reddito
delle imprese del settore primario è cresciuto, nel corso di quest‟anno, dell‟8,9 per cento.
Lo studio realizzato dall‟Agenzia statistica dell‟Ue riguarda solo i profitti generati dalle attività agricole, senza considerare i ricavi ottenuti da attività collegate,
come la gestione degli agriturismi. L‟Italia, in particolare, si è classificata al quarto posto nella graduatoria degli aumenti di reddito in Europa . Sul podio,
anche Olanda (+11,4 per cento), Romania (+10,4 per cento) e Spagna (+10 per cento).
L‟ufficio statistico dell‟Ue ha sottolineato come il calo generalizzato nei Paesi europei sia “dovuto a un più forte aumento in termini reali dei costi di produzione
(+0,8 per cento) rispetto al valore finale, che è salito solo dello 0,1 per cento”. Dai dati si evince anche un diverso andamento dei prezzi finali a seconda delle
categorie produttive. Sul fronte dei prodotti vegetali, sono diminuiti, ad esempio, quelli dei semi oleosi, in calo del 15,4 per cento, mentre sono saliti, tra gli altri,
quelli dell‟olio d‟oliva (+20,5 per cento), delle patate (+15,2 per cento) e del vino (+2,3 per cento).
Nonostante l‟aumento dei costi di produzione, dunque, il comparto primario italiano fa registrare una buona performance. La salute dell‟agricoltura italiana pare
confermata anche dai recenti dati Istat sulla disoccupazione, che hanno visto le aziende reggere all‟urto della crisi. Buone notizie per il settore arrivano anche
dalle esportazioni. Secondo uno studio dell‟Istat sul commercio estero, infatti, da gennaio a ottobre 2013 l‟export dell‟industria alimentare è cresciuto del 5,9
per cento, mentre quello dei prodotti freschi del 3,4 per cento.
"Il primario diventa sempre più strategico per il Paese e si candida a fare da traino dell‟economia - ha commentato la Cia in una nota -. È chiaro, però, che
ora bisogna continuare a lavorare per rafforzare le capacità di esportare e investire sui mercati globali, creando strumenti normativi ad hoc, semplificando e
razionalizzando le risorse”.
14.01.2014 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Dall’Italia e dal Mondo
Latte, il mercato mondiale è positivo e trascina anche l'Italia.
Fieragricola invita allevatori e industria per definire il contratto.
L’analisi di Veronafiere sui dati Clal in vista della manifestazione (6-9 febbraio).
La Borsa merci di Verona è una delle piazze più importanti a livello nazionale per la quotazione del latte spot. Con il «cicl one Cina» e le quotazioni in
aumento delle polveri a livello internazionale anche le quotazioni in Italia dovrebbero mantenersi su piani interessanti. Il 31 gennaio scade il contratto
interprofessionale sul prezzo, il presidente di Veronafiere, Ettore Riello, invita le parti: «Discutetene qui».
«Il contratto interprofessionale sul latte scade alla fine di gennaio. Verona è una delle piazze principali per la quotazione del latte spot e Fieragricola è la sede
giusta affinché allevatori e industria di trasformazione discutano del rinnovo». Il presidente di Veronafiere, Ettore Riello, invita le parti ad incontrarsi a Fieragricola
(6-9 febbraio), la manifestazione più importante in Italia per l‟agricoltura.
La zootecnia da latte, inoltre, sarà sotto i riflettori con numerosi eventi. Fra questi, grazie alla presenza di Aia e delle associazioni territoriali e di razza, è in
programma il 13° Open Holstein Dairy Show, dedicato alla razza Frisona, e la 46ª mostra nazionale della razza Bruna, oltre al l‟asta delle bovine, organizzata da
Anarb.
Il «ciclone Cina»
A livello mondiale, sottolinea Fieragricola sulla base dei dati Clal, piattaforma che monitora a livello mondiale il settore, s i parla del «ciclone Cina». L‟ex Celeste
Impero sta acquistando notevoli quantità di latte e rappresenta forse il primo importatore al mondo nel settore.
Nel 2012, la Cina ha importato quasi 1.220.000 tonnellate di prodotti lattiero caseari, l‟11% dei volumi mondiali. Non solo. Se si sposta l‟attenzione sulla polvere
di latte intero, la Cina ha importato oltre 405.000 tonnellate, il 18% cioè degli scambi a livello planetario.
Notevoli anche i ritmi tenuti nei primi 11 mesi del 2013: +71% le importazioni di latte, per 110.000 tonnellate di latte sfus o e confezionato e 140.000 tonnellate di
latte per l‟infanzia. Mentre i prodotti lattiero caseari, nel periodo gennaio-novembre 2013, hanno registrato un incremento del 37,27%, per complessive 821.000
tonnellate fra polvere di latte intero, polvere di latte scremato, burro e formaggi. Freccia in alto anche per i derivati, dalla polvere di siero (+16,12%, per 402.000
tonnellate) al lattosio e caseinati (+10,64%, per complessive 88.000 tonnellate).
Un dinamismo verso Pechino sulle rotte che partono dalla Nuova Zelanda (polvere di latte intero e formaggi), dagli Stati Unit i (Polveri di Latte scremato, siero e
Formaggi), ma anche dalla Germania (latte confezionato) e dall‟Olanda (latte per l‟infanzia), che dovrebbe mantenere elevati i prezzi del latte in tutto il mondo.
Italia compresa.
La Cina rappresenta infatti un‟opportunità anche per le imprese trasformatrici italiane. E l‟interesse che realtà importanti come Granarolo o Sterilgarda hanno
manifestato verso il Paese del Dragone sono una testimonianza.
Consegne di latte in flessione
Un altro elemento che fa ipotizzare un2014 in crescita sul piano delle quotazioni del latte è legato alle produzioni. L‟Australia, nel periodo gennaio-novembre2013
ha prodotto il 5,58% in meno su base tendenziale e così il burro (-7,15%), i formaggi (-9,56%) e le polveri (rispettivamente -12,56% per la polvere di latte intero e
-12,14% per quella scremata); gli Stati Uniti hanno prodotto appena lo 0,46% in più di latte, l‟Europa lo 0,23% in più. Ma gli stock sono contenuti, altro fattore che
fa ipotizzare un aumento delle mercuriali.
Previsioni positive
Il mercato sta attraversando una fase indubbiamente frizzante, che potrebbe avere ripercussioni favorevoli anche sul prezzo del latte in Italia, il cui contratto di
fornitura all‟industria di trasformazione è in scadenza, per molti Produttori, il prossimo 31 gennaio.
Inoltre, i dati Clal evidenziano un ulteriore aspetto positivo, legato alle quotazioni delle polveri. La polvere di latte scremato ad uso alimentare vale, sul mercato
olandese, 3.300 euro per tonnellata, nello stesso periodo del 2013 il listino era di poco superiore ai 2.650 euro. Performance analoghe anche in Germania (3.275
euro contro i 2.681 di 12 mesi fa). Ancora più elevata la quotazione della polvere di latte intero, che in Germania ha toccat o i 3.790 euro la tonnellata; una corsa
inarrestabile da un livello di 3.060 euro del gennaio 2013.
Ottimismo anche in Italia
Alla luce di questi trend rialzisti, è possibile ipotizzare - con evidente vantaggio per gli allevatori italiani - uno scenario in crescita anche per i formaggi Dop italiani,
Grana Padano e Parmigiano-Reggiano in testa?
Sulla piazza di Mantova il Grana Padano a 10 mesi di stagionatura è quotato 7,50 euro al chilogrammo (+7,13% rispetto allo st esso periodo del 2013); il
Parmigiano-Reggiano 12 mesi, ha aperto il 2014 alla Borsa merci di Parma a 9,20 euro al chilogrammo, segnando il 4,54% in più su base tendenziale.
Indizi che portano a pensare che il prossimo contratto di fornitura del latte potrebbe concretamente essere superiore agli at tuali 42 centesimi al litro.
13.02.2013 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Meccanizzazione Agricola
Dopo la crisi domanda in aumento e mercati instabili.
Casati: «Avremo una meccanizzazione multiple choice»
Dario Casati tratteggia gli scenari futuri: «Nel 2050 saremo 9,1 miliardi di persone sulla terra, la produzione agricola dovrà aumentare in media del 60 per cento;
la meccanizzazione agricola avrà un ruolo centro centrale nell’ottica della sostenibilità».
Quale volto per l‟agrimeccanica del futuro?
«La meccanizzazione - spiega il prof. Dario Casati, docente di Economia agraria (già prorettore vicario dell‟Università di Milano) - sarà multiple choice, ad offerta
multipla. Ogni costruttore adotterà la linea che più risponde alle proprie strategie aziendali. Tale soluzione consentirà alle aziende di scegliere se specializzarsi
oppure offrire una gamma completa; se produrre solo trattori o anche attrezzature, se potenziare il ruolo dei software o meno; se guardare all‟export in maniera
aggregata con altri partner o se avventurarsi autonomamente».
Europa, Nord America, Africa e Cindia: esigenze opposte.
La parola d‟ordine sarà flessibilità, in base alla contingenza economica, al grado di specializzazione dell‟agricoltura e dei suoi operatori, ai singoli mercati.
«Questo significa software sofisticati nelle aree agricole più evolute, dall‟Europa al Nord America - specifica Casati - mentre in altri Paesi, come l‟India o l‟Africa,
accanto a mezzi di elevata potenza non mancheranno, in futuro, possibilità per i mezzi specializzati. Ma la semplicità di utilizzo sarà una priorità per spingere
sulla meccanizzazione».
Una delle variabili che incideranno su questa ri-modernizzazione strategica, che in alcuni Paesi del pianeta assume i contorni di una vera e propria rivoluzione
industriale, sarà l‟esigenza di aumentare le produzioni agricole. «Nel 2050 la popolazione arriverà a 9,11 miliardi e le rese in tonnellate /ettaro dovranno passare calcola Casati - dalle attuali 2,8 medie del frumento a 3,8, per il riso da 4,1 a 5,3, per il mais da 4, 7 a 6,1. Il fabbisogno alimentare sarà in media di 3.070 calorie e
la produzione agricola dovrà aumentare in media del 60 per cento: rispetto ad oggi, nei Paesi in via di sviluppo del 77 per c ento e del 24 per cento nei Paesi
sviluppati».
Ulteriori indicatori della crescita rilevano che il fabbisogno dei cereali passerà dagli attuali 2,1 miliardi di tonnellate a 3, mentre per la carne si passerà dagli attuali
258 milioni di tonnellate a 455. «Uno sforzo agricolo mondiale che richiede una nuova agricoltura, in termini di investimenti, tecnologie, produttività».
L‟altro fattore di ripresa sarà l‟esigenza di raggiungere la sostenibilità, basata su quattro punti: «Soddisfare il fabbisogn o alimentare di uomini e animali, fibra e
biocarburanti; migliorare la qualità dell‟ambiente e la disponibilità delle risorse; sostenere la vitalità economica dell‟agricoltura; migliorare la qualità de lla vita per
agricoltori, lavoratori agricoli e società nel suo insieme».
Il ruolo della meccanizzazione agricola rappresenta così un valore aggiunto, in grado di sostenere il miglioramento produttivo come antidoto alle variabili interne
all‟agricoltura, mentre si è rivelato più complicato contenere gli effetti di quelle esterne. Come la speculazione e la conse guente volatilità.
Dal 2007-2008 in agricoltura crisi anomale.
Negli ultimi cinque anni si sono succedute tre crisi innescate dai prezzi: nel 2007-2008, 2010-2011, l‟ultima nel 2012. «Sono crisi di prezzo diverse dalle
precedenti - ammonisce Casati -. Hanno intensità e modalità diverse: frumento e mais si muovono insieme, la soia traina la terza crisi, il riso è stabile».
Cresce la volatilità, aumenta la frequenza dei picchi depressivi: le cause scatenanti sono di mercato, entra in gioco la spec ulazione finanziaria, torna il
protezionismo come reazione alla crisi. «Nella terza crisi, quella del 2012, la speculazione rallenta» osserva Casati -. «Forse si torna alla vecchia logica dei
mercati agricoli».
Tutto ruota intorno ai cereali: 2,3 miliardi di tons nel mondo.
Nel contesto agricolo un‟importanza primaria la svolgono i cereali. «Rappresentano il 16 per cento del valore delle produzioni - puntualizza Casati - ma sono
anche strumenti di politica estera e hanno avuto un ruolo chiave in molte operazioni speculative durante la crisi ». Cifre alla mano, la produzione di cereali nel
mondo è di 2,3 miliardi di tonnellate, gli scambi riguardano 300 milioni di tonnellate e gli stock sono 500-520 milioni di tonnellate (circa il 21 per cento del
prodotto). La superficie interessata è 700 milioni di ettari, su un totale di 1,45 miliardi di ettari. Valori per i quali non si sbaglia a considerare i cereali come
paradigma dell‟agricoltura mondiale.
E dopo la crisi? Domanda in aumento e mercati instabili.
Si prevede che la domanda di commodity dopo la crisi aumenterà sia per l‟alimentazione diretta sia per gli allevamenti. E a fronte di consumi previsti in crescita
per effetto dell‟aumento demografico per l‟aumento dei redditi, i mercati reagiranno in modo instabile. A quel punto servirà un potenziamento dell‟offerta, in
equilibrio con le risorse produttive. In che modo? «Investendo in ricerca, innovazione tecnologica, mezzi di produzione. Servono politiche agrarie lungimiranti,
perché una crisi alimentare globale sarebbe molto più grave di quella economica attuale».
11.12.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Zootecnia
Negli allevamenti un sistema per la valutazione del benessere animale
Il progetto “Ribeca” permetterà di rilevare le condizioni delle strutture per i bovini da carne. Gastaldo (Crpa): “Così si può migliorare ulteriormente la qualità”.
Un sistema per rilevare il benessere animale e verificare il rispetto delle normative. È l‟obiettivo del progetto biennale “Ribeca”, coordinato dalla Fondazione
Crpa (Centro ricerche produzione animali) e finanziato dal Ministero delle politiche agricole. La fase di sperimentazione è cominciata con il coinvolgimento di
sette allevamenti di bovini da ingrasso, cinque piemontesi e due veneti, condotti da giovani imprenditori agricoli e dalle loro associazioni, rispettivamente
Asprocarne e Unicarve.
“Il progetto è partito a ottobre e andrà avanti fino a dicembre 2015 - spiega a Fieragricola Post Alessandro Gastaldo, referente dell‟area tecnica del Crpa -.
L‟obiettivo è mettere a punto un sistema di valutazione del benessere animale che tenga conto sia dei fattori legati direttam ente al bestiame che di quelli
connessi alle strutture aziendali. Questi dati vengono poi incrociati e dalla somma dei punteggi si ottiene un indice valutativo che posiziona l‟azienda in una
delle sei classi (dalla più bassa alla più alta, ndr) previste dal sistema”.
In concreto, dunque, il progetto permetterà, una volta messo a punto (a partire dal 2016) di individuare in ogni azienda i punti critici, le non conformità e gli
eventuali interventi migliorativi, valutando anche il costo di realizzazione dei provvedimenti. Una check list in piena regola, studiata per fornire anche indicazioni a
più ampio spettro. “Verranno tenute in considerazione le normative vigenti, con la possibilità di rilevarne il rispetto all‟interno dell‟azienda - sottolinea Gastaldo -.
Sarà inoltre possibile verificare il posizionamento dell‟impresa rispetto alle raccomandazioni dell‟Efsa sul benessere dei bovini per la produzione di carne, così
da poter decidere eventuali interventi di adeguamento”.
Dopo la sperimentazione nelle sette aziende che hanno aderito al progetto, il sistema verrà testato direttamente sul campo. Si partirà l‟anno prossimo con il
coinvolgimento di 130 allevamenti dell‟Italia settentrionale e di diverse razze bovine, dalla Piemontese alla Charolaise, passando per Chianina, Romagnola,
Limousine e Blonde d'Aquitanie. Alla fine del periodo di sperimentaz ione, la Fondazione Crpa organizzerà seminari e convegni per illustrare al mondo degli
allevatori e alle istituzioni del settore le possibilità offerte da “Ribeca”. “Pensiamo ad un impiego futuro del sistema nell ‟ambito dei controlli del ministero della
Salute - conclude Gastaldo -. Oppure, dal punto di vista dell‟impresa, potrebbe essere utilizzato per produrre carne migliore, certificata dalla valutazione sul
benessere dell‟animale”.
13.09.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Energie rinnovabili in agricoltura
Agricoltura, così l’Emilia Romagna punta a ridurre le emissioni dei gas serra
La Regione al lavoro per creare un modello di agricoltura che sia meno dannosa per ambiente mantenendo alta la qualità del prodotto.
La Regione Emilia-Romagna potrebbe diventare un esempio di scuola per l‟agricoltura che impara a diventare rispettosa per l‟ambiente anche ridu cendo
l‟emissione dei gas serra. Si tratta di un progetto battezzato “Climate ChangER” che integra le istituzioni della Regione con alcune delle più grandi realtà
produttive d‟Italia come Barilla, Coop, Granarolo, Granterre, Centro servizi ortofrutticoli, Apoconerpo e Unipeg con il supporto del Consorzio del
Parmigiano Reggiano. Il piano, messo a punto con la collaborazione scientifica di Arpa (l‟Agenzia regionale di prevenzione e ambiente) e gli enti di ricerca Crpv
di Cesena e Crpa di Reggio Emilia.
“Il nostro programma - ha riferito a Fieragricola Post Carlo Malavolta, uno dei responsabili di Climate ChangER per la Regione - fa seguito alla nostra storia di
attenzione all‟ambiente che parte dagli anni ‟70, periodo nel quale ha cominciato ad affermarsi la consapevolezza che le atti vità umane hanno un impatto
notevole sull‟ecologia del pianeta. La messa a punto di buone pratiche in agricoltura non prevede solo la riduzione delle emissioni dei gas serra. La definizione di
modelli industriali ecocompatibili prevede anche un minore utilizzo di fitofarmaci, fertilizzanti e l‟ottimizz azione delle risorse idriche. La messa in opera delle nuove
procedure dovrà ridurre le emissioni di origine agricola dell'Emilia-Romagna di 200 mila tonnellate di CO2 equivalenti in tre anni. Questo è un obiettivo che
punta a rispettare la Strategia Europa 2020”.
Le istituzioni e le aziende coinvolte hanno creato un tavolo unico sul quale sono state condivise tecnologie e idee in tema d i riduzione dell‟impatto ambientale in
agricoltura. I settori su cui si lavorerà sono quelli di grano duro, pomodoro da industria, pero, pesco, fagiolino, bovini (per la produzione di latte alimentare
e di Parmigiano-Reggiano e da carne). I produttori già coinvolti, a questo di maturazione del progetto, sono circa il 30 per cento.
“I piani di riduzione delle emissioni di gas serra puntano a un taglio del 6 per cento entro i prossimi tre anni. L‟anidride carbonica - ha spiegato Malavolta - non è
l‟unico gas responsabile dell‟effetto serra proveniente dalle attività agricole. In questa categoria sono compresi anche metano, ammoniaca e protossido
d‟azoto”.
Climate ChangER è andato già oltre alla fase sperimentale diventando un progetto dimostrativo che è già stato messo in opera in un campione di aziende.
L‟obiettivo finale è quello di integrare le nuove regole nella pratica quotidiana delle aziende, grazie anche alle risorse che saranno comprese nel piano di
sviluppo rurale 2014-2020.
21.05.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Agrofarmaci, fertilizzanti, sementi
Ue, stop ai neonicotinoidi: chi vince, chi perde e qualche retroscena
A Fieragricola Post il commento di Agrofarma e Federazione Apicoltori italiani
sulla sospensione ai pesticidi dannosi per le api decisa dalla Commissione europea.
Una vittoria per gli apicoltori, un problema per le imprese del settore agrofarmaci. Stiamo parlando della recente decisione della Commissione eur opea, che ha
vietato tre insetticidi ritenuti responsabili della morìa delle api in Europa. La sospensione, della durata minima di due anni, sarà effettiva a partire dal prossimo 1°
dicembre.
Lo stop dei farmaci, i cosiddetti neonicotinoidi, è arrivata a seguito dei risultati di uno studio commissionato da Bruxelles all‟Autorità europea per la sicurezza
alimentare (Efsa). Il responso, arrivato nel gennaio scorso, era chiaro: i neonicotinoidi sono fitosanitari nocivi per le api e gli insetti impollinatori. Sotto accusa, in
particolare, sono finiti thiametoxam, clothianidin e imidacloprid. Si tratta di tre pesticidi ampiamente diffusi, che la ricerca ha valutato come troppo rischiosi per la
sopravvivenza delle api.
Una decisione complessa, arrivata senza il raggiungimento della maggioranza qualificata in sede di votazione al Comitato perm anente per la catena alimentare e
la salute degli animali (Scofcah). Da segnalare il dietrofront italiano, che ha scelto di esprimersi per il mantenimento dei tre farmaci, nonostante il nostro Paese si
fosse già espresso nel 2008 sul divieto dei prodotti chimici in questione.
A tenere banco, in particolare, è stata la proposta di una restrizione all‟uso dei neonicotinoidi anche per i trattamenti fog liari sulle specie frutticole. Una scelta che
ha giocato un ruolo decisivo nel passo indietro italiano. “La decisione europea di vietare i trattamenti sulle colture attrattive per le api comporterà un grave danno
per tutto il settore ortofrutticolo italiano - spiega a Fieragricola Post il presidente di Agrofarma Andrea Barella -. L'Italia è tra i principali produttori europei di
ortofrutta, su un superficie che rappresenta ben un terzo dell‟intera produzione lorda vendibile dell'agroalimentare nazionale”. “Privare questo settore di mezzi di
difesa delle colture efficaci e sicuri come i neonicotinoidi - ha sottolineato Barella - accentuerà la situazione di difficoltà in cui versa da oltre dieci anni a causa
delle crisi di mercato e della contrazione di consumi.
Diametralmente opposto il parere di chi le api le alleva. “Consideriamo la sospensione un momento di pace per le sorti di tut ta l‟agricoltura europea - spiega il
presidente della Federazione Apicoltori italiani (Fai) Raffaele Cirone -. I neonicotinoidi sono dei raffinati insetticidi, ma, purtroppo, non sono „bombe intelligenti‟
capaci di distinguere l‟insetto utile per l‟agricoltura da quello dannoso”.
“È necessaria una coabitazione civile tra agricoltori e apicoltori - continua Cirone -. Le api e gli insetti impollinatori sono indispensabili per l‟agricoltura e
rappresentano un valore economico per chi le alleva. In questo senso basterebbe trovare un accordo tra apicoltori e cooperative ortofrutticole a livello nazionale
e comunitario”.
31.05.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Agrofarmaci, fertilizzanti, sementi
Viticoltura, genetica e difese naturali contro la peronospora
Il ricercatore della Fondazione Edmund Mach: “Entro una decina d’anni vitigni dotati di fonti di resistenza incrociate contro l’agente patogeno”.
La peronospora si combatte anche con la ricerca. Per i viticoltori italiani c‟è uno spiraglio nella lotta al fungo che flagella le viti, sul quale è in atto un perenne
dibattito sulle modalità di scelta delle strategie di difesa.
Comprendere i meccanismi di difesa naturali della piante, stimolarli e puntare sul miglioramento genetico per ottenere nuove varietà sempre più resistenti.
Questi, secondo l‟Associazione Enologi Enotecnici italiani, i punti chiave della ricerca su cui basarsi per sconfiggere la ma lattia. Si tratta, inoltre, delle motivazioni
che sono valse a tre studi della Fondazione Edmund Mach di San Michele all‟Adige il premio Assoenologi 2013 per la ricerca scientifica in viticoltura ed
enologia.
“Non si tratta di semplice teoria, nell‟arco di una decina di anni avremo dei vitigni dotati di molte fonti di resistenza inc rociate - ha spiegato a Fieragricola Post
Fulvio Mattivi, ricercatore della Fondazione Edmund Mach -. Sono peraltro già disponibili delle viti che possiedono una resistenza naturale, sviluppate anche da
altre realtà in tutta Europa”.
In particolare, il centro di ricerca ha ricevuto il riconoscimento per i suoi studi nella comprensione dei meccanismi chimici e molecolari messi in atto dai nuovi
incroci di vite per l‟autodifesa dalla peronospora.Il premio, del valore di 9 mila euro, sarà consegnato ufficialmente il prossimo 4 luglio ad Alba, in occasione del
68° congresso nazionale dell‟Assoenologi.
La peronospora è una malattia della vite causata dal fungo Plasmopara viticola, che si manifesta nella sua prima fase di infezione con la comparsa delle tipiche
"macchie d'olio" sulla pagina superiore delle foglie. Senza difese adeguate, il parassita può provocarne il disseccamento e la caduta. Nei casi più gravi, il
deperimento della pianta e dei frutti. Arrivata in Europa dall‟America nella seconda metà del XIX secolo, è diventata una delle più pericolose malattie della vite in
molte regioni europee ed italiane.
Il centro di ricerca della Fondazione ha iniziato da oltre dieci anni gli studi in materia, mettendo a punto dei programmi di miglioramento genetico mirati a
selezionare varietà di vite resistenti alle malattie fungine e avviando di ricerche e test per stimolare le difese naturali della pianta.
12.09.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Agrofarmaci, fertilizzanti, sementi
Con i cambiamenti climatici si spostano anche i parassiti
L’aumento delle temperature sta provocando variazioni anche nella distribuzione geografica degli organismi indesiderati.
Uno studio ha cercato di descrivere il fenomeno nel dettaglio.
Gli studiosi del clima e gli ecologi stanno osservando da anni il fenomeno dello spostamento verso i poli delle alte temperature. Con queste è stata osservata
anche la progressiva migrazione di molte specie animali verso i paralleli più alti dei due emisferi. L‟aspetto che non è mai stato finora indagato a fondo è quello
dello spostamento delle zone infestate dai parassiti delle piante . Ora, uno studio pubblicato su Nature Climate Change da ricercatori dell‟Università di Exeter,
ha cercato di fare luce su questo problema.
Tra gli organismi indesiderati più pericolosi si possono citare funghi, oomiceti, oltre a insiemi di altri microbi simili not i per essere causa delle malattie vegetali.
Particolarmente preoccupanti sono alcuni ceppi di funghi che sono diventati recentement e pericolosi. Un esempio per tutti può essere quello dell'oomiceta
Phytophthora che per i coltivatori di patate irlandesi ha rappresentato un flagello per oltre 150 anni, essendo responsabile di una gravis sima carestia del prodotto.
Dan Bebber, prima firma della ricerca ha lanciato l‟allarme della possibile futura inefficacia dei pesticidi e dei fungicidi. “I nostri metodi di difesa - ha avvisato
lo scienziato - potrebbero incontrare organismi che abbiano sviluppato delle contromisure diventando resistenti agli attacchi e dovranno quindi essere adeguati in
risposta a quanto sta avvenendo in natura in conseguenza del cambiamento del clima”.
Per valutare lo spostamento degli organismi e colmare la lacuna, i ricercatori hanno usato i dati raccolti dal Centro internazionale di bioscienze agricole .
Questa struttura è attiva dal 1822 e da allora conserva i dati sulle malattie vegetali che interessano il pianeta. Ora, per l a prima volta, questa grande massa di
informazioni è stata analizzata per studiare le migrazioni dei parassiti.
La tendenza che ci aspettava era quella di assistere a un progressivo movimento verso i paesi equatoriali e meno sviluppati, in risposta all‟uso di antiparassitari
nelle nazioni più attrezzate a combattere le infestazioni.
Alla prova dei fatti è stato invece scoperto il contrario. Il gruppo ha verificato che gli organismi patogeni si spostano verso i poli al ri tmo di circa 3 chilometri l‟anno,
seguendo molto da vicino la fascia di cambiamento del clima. Questo dato non è però riferibile a tutte le specie e i gruppi. È stato infatti dimostrato che molti degli
ospiti indesiderati dei campi si allontanano dall‟equatore, mentre altri come virus e nematodi percorrono la via contraria. L e informazioni ora a disposizione
dovranno essere tenute in considerazione per prendere le giuste contromisure ed evitare gravi danni futuri.
13.05.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
Trentino-Alto Adige, i dati agrometeorologici a portata di smartphone
Un’applicazione sviluppata dalla Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige permette di visualizzare in tempo reale i dati emessi da un network di 85
stazioni meteo.
Un software che rende disponibili in ogni momento i dati agrometeorologici direttamente sul telefoni no. In tempi in cui l‟uso dei cellulari „intelligenti‟ sta
conquistando un numero sempre più elevato di agricoltori (le stime parlano di una diffusione del 50 per cento), iniziano a fi orire le applicazioni dedicate al settore.
L‟ultima novità arriva dal Trentino-Alto Adige e si chiama FEM Dati Meteo Trentino. Si tratta di un‟app gratuita per smartphone Android progettata dalla
Fondazione Edmund Mach di San Michele all‟Adige. La sua logica di funzionamento è semplice. L‟app raccoglie, analizza e gesti sce i dati delle 85 stazioni meteo
della rete FEM (aggiornati quattro volte l‟ora) e permette di visualizzare in forma tabellare grafica le informazioni agromet eorologiche direttamente sullo schermo
del telefonino.
Temperatura, umidità, pioggia, foglia bagnata, velocità e provenienza del vento. Questi i dati consultabili grazie all‟applicazione, che entro l‟estate sarà ampliata
con una sezione dedicata all‟emissione di informazioni relative all‟evapotraspirazione (la quantità d‟acqua che evapora dal t erreno a determinate temperature),
utili per la misurazione del deficit idrico nell‟irrigazione. Una funzione che tuttavia non può prescindere dall‟esperienza d ell‟agricoltore, come ha spiegato a
Fieragricola Post Stefano Corradini, che insieme a Daniele Andreis è uno dei due sviluppatori che ha dato vita all‟app: “I dati sono trasversali e potenziali, non
tengono conto del tipo di coltura. La stima e l‟uso dei dati dell‟applicazione è quindi affidata ai singoli agricoltori”.
Il software, spiegano dalla Fondazione Edmund Mach, è attualmente utilizzato da oltre 300 persone, tra agricoltori e tecnici di campagna. “L'agricoltore medio
inizia da poco ad apprezzare la potenzialità di simili servizi - continua Corradini - Prima di sviluppare l‟app abbiamo ricevuto numerose richieste per rendere
portatile quello che era già disponibile da anni sul web”.
Un‟altra app simile, ma rivolta alla fruttiviticoltura, è arrivata dalla provincia di Bolzano nei mesi scorsi. Dall‟autunno s corso, infatti, è disponibile Beratungsring, un
software per smartphone (per adesso disponibile solo su piattaforma Android) sviluppato dal Centro di Consulenza per la fruttiviti coltura dell'Alto Adige. L‟app
permette di condividere le informazioni per il controllo dei parassiti in frutteti e vigneti e la consultazione di dati meteo in tempo reale con l‟aggiunta di grafici su
piovosità e temperature.
28.05.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
L’agroalimentare sbarca in Borsa con una nuova piattaforma telematica
Annibale Feroldi, direttore Btmi Scpa: “Il sistema consentirà agli operatori di muoversi facilmente in un contesto di regole che assicura trasparenza e certezza
nelle transazioni”.
Al via una nuova piattaforma merci telematica internazionale per lo scambio dei prodotti agricoli. La novità è stata presentata nei giorni scorsi alla Camera di
commercio di Milano da Borsa merci telematica Italiana Scpa, Agrimercati e Farm Computer System Srl.
Il sistema, finanziato dalla Regione Lombardia e dall‟Unione europea, funz iona a tutti gli effetti come un mercato di scambio. Quello che cambia, è il luogo
d‟incontro degli intermediari, che potranno contare su una realtà telematica al posto di una fisica. Non è novità trascurabil e per il mercato del settore primario: nel
2012 l‟interscambio commerciale agroalimentare ha infatti registrato ricavi per oltre 13,4 miliardi di euro, con la Lombardia in testa su esportazioni e
importazioni.
L‟obiettivo è quello di aprire nuovi canali di scambio e consentire l‟adozione di una regolamentazione basata sui principi del commercio internazionale. “Per
sviluppare le proprie attività commerciali, gli operatori italiani hanno la necessità di rapportarsi non solo con il mercato italiano, ma anche con i mercati esteri - ha
spiegato a Fieragricola Post Annibale Feroldi, direttore di Bmti Scpa -. Molto spesso, però, l‟assenza di modelli condivisi a livello internazionale
rappresenta un ostacolo”.
“Una regolamentazione che disciplina tutte le fasi della contrattazione, unita ad una infrastruttura telematica all‟avanguardia - ha sottolineato Feroldi - consentirà
agli operatori di muoversi facilmente in un contesto di regole che assicura trasparenza e certezza nelle transazioni”. E‟ inoltre prevista l‟introduzione di una
nomenclatura standard per la qualificazione dei prodotti, un particolare studiato per ridurre i contenziosi tra le parti in fase di contrattazione.
Al momento il servizio è ancora in fase sperimentale, ma è prevista una tabella di marcia per un‟espansione graduale. “Dopo l ‟estate contiamo di attivare il
mercato tra operatori tunisini, egiziani e italiani, partendo da alcuni prodotti ortofrutticoli come patate e patate dolci, cachi, cotogne, fichi, kiwi, mele, melograni
e pere”, ha concluso il direttore di Bmti Scpa.
La scelta di Egitto e Tunisia non arriva a caso. Secondo l‟ultima elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati Istat, infatti, sono più di 400 gli
imprenditori provenienti dai due Paesi nordafricani che operano nell‟agroalimentare italiano, con una presenza preponderante in Sicilia (54,3 per cento) e nel
Lazio (14,5 per cento).
28.06.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
Vigneto, un software per prevedere le infezioni
La piattaforma è in fase di sperimentazione nel Veneto.
Il responsabile tecnico: “L’obiettivo è segnalare in tempo i pericoli, per poter intervenire in maniera mirata.”
Un software che „parla‟ con il vigneto. È il nuovo programma di ricerca per il controllo in tempo reale delle viti, inserito nell‟ambito del progetto “Vitinnova”
finanziato dalla Regione Veneto. Si tratta di una piattaforma informatica (il nome è ancora top secret), che punta a fornire agli agricoltori indicazioni sull‟effettiva
necessità dei trattamenti fitosanitari e monitorare costantemente lo stato di salute della vigna.
Il progetto è attualmente in fase di sperimentazione in due aziende della provincia di Treviso e dovrebbe essere introdotto sul mercato nel giro dei prossimi
due anni. A guidare i test, il Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Docg, in collaborazione con il Cra-Vit di Conegliano e l‟Università di Padova.
“Al momento sono in fase di prova due modelli previsionali che, tramite l‟incrocio dei dati meteo climatici e delle fasi feno logiche della vite, riescono a segnalare
eventuali insorgenze delle malattie , in particolare dell‟oidio e della peronospora (il fungo che flagella le viti, che si cerca di combattere anche con la genet ica,
ndr) - ha spiegato a Fieragricola Post Filippo Taglietti, responsabile tecnico del Consorzio di Tutela -. L‟obiettivo è riuscire a segnalare all‟agricoltore la possibilità
di inizio e i tempi di evoluzione dell‟infezione, in modo tale da procedere con interventi tempestivi e mirati”.
Entrambi i modelli (alla fine del periodo di prova sarà selezionato il più affidabile) sono basati su un sistema gprs e sono stati progettati app ositamente per
garantire semplicità di utilizzo e rapidità di consultazione. “Prima di tutto è importante inserire nella piattaform a i dati di crescita, per permettere al software di
tararsi automaticamente sui parametri della vigna - ha sottolineato Taglietti -. Ogni due o quattro ore, quindi, sarà possibile ricevere una „fotografia‟ in tempo
reale di quanto succede nel vigneto, con una previsione fino a tre giorni”.
Secondo i dati raccolti nel 6° Rapporto dell‟Osservatorio sull‟innovazione nelle imprese agricole, gli agricoltori si informa no prevalentemente sull‟andamento del
meteo e sull‟utilizzo degli agrofarmaci. In tempi in cui un imprenditore agricolo su due usa abitualmente uno smartphone , non stupisce che le applicazioni
dedicate proprio a queste variabili inizino a fiorire.
“Ormai la viticoltura di precisione è una realtà consolidata, una strada intrapresa a livello globale ormai da 15 anni - ha concluso il responsabile tecnico del
Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Docg -. Ora più che mai l‟innovazione, anche in campo informatico, è al servizio dell‟agricoltura. Con questo
spirito stiamo lavorando al nuoco software, che sarà disponibile anche sulle ultime piattaforme digitali”.
03.07.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
Anche la fattoria è smart, l’agricoltura secondo la Silicon Valley
Il nuovo progetto si chiama “Steinbeck Innovation Cluster” e punta sulle più moderne tecnologie
per migliorare il monitoraggio delle colture e della filiera dell’ortofrutta.
Controllare l‟umidità del terreno sull‟iPad, diffondere i pesticidi con velivoli a pilotaggio remoto, monitorare il prodotto agroalimentare lungo tutto la filiera. Sarà
possibile nelle “smart farm”, le fattorie intelligenti la cui ideazione si sta perfezionando nel luogo più innovativo del globo per antonomasia: la Silicon Valley.
I manager della valle dove sono nate aziende come Apple e Google, puntano adesso sull‟applicazione delle tecnologie in agricoltura . Il progetto si chiama
“Steinbeck Innovation Cluster” e prende il nome dal popolare scrittore della “Generazione perduta”, nato proprio nella Salinas Valley, il luogo in cui oggi si
concentra la ricerca in campo agricolo. In sostanza, si tratta di una joint venture tra compagnie di alto livello del settore primario, produttori e università, studiata
per promuovere la ricerca tecnologica e l‟innovazione del comparto primario statunitense .
Il luogo in cui è stato avviato il programma non è stato scelto a caso: con un giro d‟affari di oltre 8 miliardi di dollari, la valle di Salinas è infatti la regione
agricola più produttiva della California e rappresenta la principale fonte di approvvigionamento di ortofrutta degli Stati Uniti. Senza contare la vicinanza con la
Silicon Valley, da dove arriva l‟apporto tecnologico ed economico. Insomma, un ambiente ideale per testare nuove tecnologie mirate a incrementare l‟efficienza e
la produttività della filiera agroalimentare.
Al momento, secondo quanto riporta il Financial Times, sono in corso i test sul campo di sensori per il monitoraggio dei livelli di umidità del terreno, con i
risultati che saranno consultabili sui tablet anche a distanza di centinaia di chilometri. Tra le altre novità, è previsto un nuovo sistema di tracciamento
dell‟ortofrutta, in grado di seguire i prodotti dai campi fino agli scaffali dei venditori per prevenire potenziali contaminazioni. Ma è all o studio anche la possibilità
di utilizzare droni (ancora non omologati per il volo civile in territorio statunitense) per l‟irrorazione di pesticidi e per individuare con maggiore precisione le
sezioni di terreno pronte per il raccolto.
Non si tratta di soluzioni inedite per il panorama agricolo statunitense. Alcune aziende del Midwest, infatti, hanno già iniz iato ad utilizzare simili tecnologie per
colture come cereali, legumi e patate. Il progetto Steinbeck, tuttavia, punta ad applicarle anche a quelle deperibili, un fattore che potrebbe spalancare le
porte del programma a nuove partnership a livello federale.
Il trend tecnologico è seguito anche nel nostro Paese. Attualmente, in Veneto, è in fase di sperimentazione un software per il control lo in tempo reale delle viti
(anche questo sarà disponibile su tablet), studiato per fornire agli agricoltori dati sull‟effettiva necessità dei trattamenti fitosanitari e monitorare costantemente lo
stato di salute della vigna. La Fondazione Edmund Mach di San Michele all‟Adige, inoltre, ha già scelto di puntare sugli smar tphone, con lo sviluppo di
un‟applicazione per il moitoraggio dei dati agrometereologici.
12.07.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
Anche l’orto si coltiva sul web
OrtoManager permette di ordinare prodotti agricoli e seguirne tutte le fasi della coltivazione online, fino alla consegna.
Il co-fondatore: “Così i consumatori sono parte attiva della filiera”.
Una piattaforma online per “coltivare” dal web i propri prodotti. Si tratta di OrtoManager, un nuovo sito internet che mette in contatto agricoltori e consumatori
e consente di seguire tutta la filiera produttiva, dalla semina alla consegna a casa.
La procedura è semplice. Basta iscriversi, acquistare i crediti (10 costano 1 euro) e scegliere cosa coltivare, in quale quan tità e selezionare la tipologia di
trasformazione preferita. Si può inoltre seguire giorno dopo giorno l‟attività del coltivatore , ricevendo informazioni sulla crescita e sulla maturazione di frutta e
verdura. Una volta maturi, i prodotti vengono confezionati con il “brand” personalizzato scelto dall‟utente e spediti direttamente a casa. Al momento, la
piattaforma è disponibile solo un numero limitato di prodotti (melanzane, pomodori, arance, broccoli, olio del Garda, funghi e cardoncelli) in tre regioni di verse
(Puglia, Sicilia e Lombardia). I prezzi, che includono anche i costi di spedizione, vanno dai 21 euro per una cassetta da 7 kg di arance agli 80 euro del
“pacchetto” pomodoro, che comprende una riserva da 36 vasetti da 580 grammi di pelati.
OrtoManager è molto simile a un videogioco a tema agricolo, sulla falsariga di quelli che negli ultimi anni hanno riscosso gr ande successo sui più popolari social
network. La differenza è che i prodotti della piattaforma online esistono realmente e sono coltivati da agricoltori in carne e ossa. L‟idea è nata con l‟obiettivo di far
incontrare sul web domanda e offerta e arricchire l‟esperienza di chi acquista. “Il progetto è nato quattro anni fa, ma ha visto la luce solo nelle ultime settimane ha spiegato a Fieragricola Post Vincenzo Dell‟Olio, fondatore del progetto insieme ad Antonio Turchiarelli -. Abbiamo unito le nostre esperienze in agricoltura e in
marketing e comunicazione digitale per fare dei consumatori una parte attiva nella filiera di coltivazione”.
Il prossimo passo sarà l‟espansione della piattaforma, che conta oggi su alcune centinaia di iscritti e una rete di alcune de cine di agricoltori. “Stiamo cercando di
capire quanti utenti sono disposti a considerare l‟esperienza di coltivazione a distanza i n prospettiva. Non dimentichiamo che i prodotti necessitano del loro
tempo di maturazione naturale prima di essere consegnati - ha sottolineato Dell‟Olio -. L‟idea è di puntare sulla qualità a prezzi di mercato. Con OrtoManager
non c‟è un risparmio effettivo, la piattaforma punta di più sulla totale trasparenza della provenienza del prodotto che si sta acquistando e sulla riduzione degli
sprechi”.
Vivere a distanza la filiera del prodotto che finisce sulla nostra tavola, si tratti di frutta o di verdura, è anche un‟esperienza che può aumentare la diffusione della
cultura agricola. “Vogliamo informare gli acquirenti sulla storia e la tradizione che c‟è dietro a ogni prodotto agricolo e alla terra in cui viene coltivato - ha concluso
il cofondatore del progetto -. I più giovani, anche tra i coltivatori, sono al momento più interessati e coinvolti. La vera sfida sarà coinvolgere un numero
maggiore di agricoltori e far capire loro la potenzialità del web per promuovere la loro impresa e i loro prodotti”.
20.08.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
Giovani agricoltori, più opportunità con gli stage all'estero
Le proposte del presidente dei giovani di Confagricoltura: tre mesi di tirocinio in Australia e Stati Uniti
per migliorare le conoscenze teoriche con l'esperienza sul campo.
La globalizzazione viene spesso citata sottolineandone l‟accezione negativa. In campo agricolo, invece, l‟espansione degli orizzonti al di fuori dei confini
nazionali può essere considerata una risorsa. Un valore aggiunto che può essere ottenuto attraverso periodo di formazione all‟estero. E' quanto ribadito dal
presidente dei giovani di Confagricoltura Raffaele Maria Maiorano, che ha segnalato alcune opportunità di crescita professionale fuori dai confini nazionali per le
nuove leve del settore primario italiano. “L‟internazionalizzazione è diventata ormai un obbligo imprescindibile per le nostre imprese - ha sottolineato Maiorano -.
Gli stage all‟estero possono essere un ottimo mezzo per migliorare con l‟esperienza diretta le conoscenze teoriche”.
I programmi segnalati dall'Anga sono stati ideati per i giovani imprenditori ai quali viene data la possibilità di trascorrere in Australia o negli Stati Uniti un
periodo variabile tra tre mesi e un anno. Il paese australe, in particolare, consente la possibilità di lavorare presso aziende di seminativi, imprese del reparto
zootecnico e ortofrutticolo. Per chi vuole avviarsi verso la produzione vitivinicola, esiste inoltre l‟opportunità di svolgere uno stage come assistente di laboratorio o
anche come operatore di cantina. Per essere ammessi al programma è indispensabile parlare un ottimo inglese, avere alla spalle una formazione in enologia
o viticultura o avere avuto l‟esperienza diretta di almeno una vendemmia completata.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti la scelta è ancora più ampia. Secondo i dati di Confagricoltura, si può infatti proporre chi ha già compiuto 20 anni, padrone ggia
la lingua inglese ed ha accumulato almeno due anni di esperienza nel settore richiesto. Le possibilità sono varie, dall‟allevamento di suini nell‟Illinois alla
produzione vinicola nella valle di Willamette nell‟Oregon o in quella di Yakima, nello stato di Washington dove nascono alcuni dei più apprezzati Merlot, Riesling
e Pinot nero. È inoltre possibile prendere parte attiva al censimento che l‟Us Forest Service sta conducendo in questi mesi p er stimare le risorse forestali
americane partendo dagli stati di Washington, Oregon e California. Sempre negli States, inoltre, i giovani possono decidere di integrare le attività pratiche con
un trimestre di lezioni da seguire all'Università .
I tirocini all'estero sono un'altra delle opportunità offerte ai giovani agricoltori dal mercato moderno. La diffusione di Internet, ha segnalato recentemente
l‟Associazione Giovani Imprenditori Agricoli della Cia, ha infatti fornito agli imprenditori agricoli un ulteriore punto di p artenza sul quale è possibile prendere
decisioni per adattare in tempo reale la propria offerta produttiva alle richieste del mercato. Un fattore che, unito alle esperienze di formazione internazionale,
andrà a completare il profilo di quello che, con ogni probabilità, sarà l'agricoltore del futuro. Non si tratta di un dettaglio trascurabile: secondo il Ceja (il
Consiglio europeo dei giovani agricoltori) i giovani agricoltori sono infatti già in grado di generare un reddito maggiore del 40 per cento rispetto alle
generazioni che li hanno preceduti.
23.08.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
Il futuro dell’agricoltura passa dalla banda larga
Lo sviluppo delle imprese oggi dipende anche dalla presenza di una rete informatica moderna ed efficiente. Il progetto svilup pato in Veneto.
Un investimento previsto di oltre 22 milioni di euro, 46.000 linee ad alta velocità, 120.000 persone da raggiungere. Questi i numeri del progetto che la Regione
Veneto ha messo in cantiere per fare in modo che i vantaggi della banda larga possano essere fruiti anche nelle aree rurali venete. “Al pari di altri settori - ha
affermato l'assessore all'Agricoltura del Veneto Franco Manzato - lo sviluppo di quello agricolo dipende anche dalla disponibilità di una rete informatica che sia
al passo coi tempi”.
La coltivazione dei prodotti resta ovviamente il fulcro dell‟attività, ma le imprese costruiscono il proprio successo attrave rso il collegamento via Internet
collegandosi con mercati, fornitori e istituzioni. Indubbiamente utile anche l‟accesso a informazioni riguardanti lo sviluppo della Ricerca in campo agricolo.
Dati che possono essere scaricati, integrati, scambiati e condivisi con gli agricoltori di tutto il mondo.
“I nostri agricoltori - ha spiegato Manzato - sono pronti ad affrontare a testa alta questa evoluzione delle loro attività e noi, come Regione Veneto, ci stiamo
attrezzando utilizzando le risorse messe a disposizione del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr)”. Il Feasr è uno strumento istituito dalla
Comunità europea con lo scopo di rafforzare le politiche che stabiliscono i piani di crescita delle attività rurali. L‟obiettivo finale è di mi gliorare la gestione e i
controllo degli orientamenti strategici della Comunità.
Per raggiungere questo fine, i lavori necessari stanno proseguendo con la costruzione di nuove infrastrutture e con il miglioramento di quelle esistenti: si punta a
ottenere una capillare diffusione della banda larga. “La posa dei cavi sta proseguendo - spiega ancora Manzato e i cantieri che hanno già terminato i lavori sono
ventidue: dieci si trovano in provincia di Belluno, sei in quella di Rovigo, due a Verona e quattro in provincia di Vicenza. Sono diciassette invece i cantieri
attualmente in corso d'opera: due in provincia di Belluno, cinque in quella di Rovigo, sette a Verona, due a Vicenza e uno a Padova”.
Nelle aree di altri comuni ricadenti nel territorio delle province di Rovigo e Verona i lavori sono stati programmati e partiranno nelle prossime settimane .
Questa fase del progetto riguarda l‟installazione di infrastrutture indispensabili per l‟esistenza della connessione a banda larga in quelle che sono state definite
“aree bianche”. A questa definizione rispondono quelle zone del territorio catalogate come aree rurali intermedie e aree rurali “con complessivi problemi di
sviluppo”, nel territorio delle quali la connettività a banda larga è considerata inesistente e per le quali non siano stati previsti piani di sviluppo nel medio
termine”.
05.09.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
Biosicurezza, dall’Italia il network web europeo per le emergenze
Il sistema, che sarà a pieno regime nel 2015, raccoglierà su una piattaforma online le informazioni degli agronomi.
Agroinnova: “Fondamentale per l’intervento tempestivi in caso di rischi fitosanitari”.
Una piattaforma diagnostica online per rispondere tempestivamente alle emergenze in tema di biosicurezza. Si chiama Eupfsis (acronimo di Eu Plant and food
security information system) ed è un network online interattivo sviluppato nell‟ambito del progetto europeo PlantFoodSec (Plant and food biosecurity). A
guidarlo un centro d‟eccellenza tutto italiano: Agroinnova, il Centro di Competenza per l‟Innovazione in campo agroambientale ed agroalimentare dell‟Universit à
di Torino.
Il programma si avvale di un sito web che raccoglie e cataloga le coltivazioni maggiormente esposte ai patogeni più pericolosi . Sarà consultabile dagli
agronomi in tempo reale e permetterà l‟invio di video e foto ai laboratori internazionali aderenti. Avviato nel 2011 e destinato ad entrare a pieno regime entro la
fine del 2015, è giunto oggi al giro di boa. I primi risultati sono stati pubblicati in occasione dell‟International congress of plant pathology (Icpp), tenutosi
recentemente a Pechino.
“Il network è nato per gestire le emergenze derivate dall‟introduzione di patogeni nelle aree coltivate del territorio europeo - ha spiegato a Fieragricola Post Maria
Lodovica Gullino, professore ordinario di patologia vegetale e direttore di Agroinnova -. Il tutto è possibile grazie a sistemi di valutazione del rischio e tramite la
stesura di protocolli diagnostici, che permetteranno di fornire alla Commissione europea un modello di lavoro per la prevenzione e l‟intervento tempestivo
in caso di atti accidentali o di episodi di agroterrorismo”.
Il programma è nato dalla partnership di 13 soggetti in 8 differenti Paesi (Italia, Germania, Inghilterra, Francia, Stati Uni ti, Israele, Turchia). Si tratta del primo
progetto di questo tipo nel nostro Continente, l‟obiettivo è fornire agli operatori agricoli e agroalimentari un network -database che raccolga le informazioni degli
agronomi, che costituiscono la primissima linea difensiva.
“L‟Europa è arrivata particolarmente in ritardo su questo tema, basti pensare ad Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti, che da anni sono impegnati con sistemi
simili sul fronte della biosicurezza - ha sottolineato Gullino -. Questi Paesi sono stati presi a modello per il nostro approccio, che è tuttavia a spettro molto più
ampio. PlantFoodSec, infatti, è studiato per adattarsi di volta in volta alle peculiarità del nostro Continente ”.
Con Eupfsis l‟Europa punta a delineare protocolli comuni e a condividere le informazioni sui vari casi in tempo reale, facend o tesoro degli errori del passato
(primo su tutti il deficit di comunicazione fra le autorità competenti dei diversi Stati). “Puntiamo a migliorare decisivamen te la gestione delle emergenze, pensiamo
al caso escherichia coli in Germania (l‟infezione alimentare che ha colpito l‟Europa centrale a maggio 2011, ndr) - ha concluso il direttore -. È fondamentale, in
caso di introduzione accidentale o deliberata di patogeni nelle aree coltivate, che tutti gli enti preposti sappiano cosa fare, come e quando farlo”.
09.09.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
Tecnologia e agricoltura, al via l’incubatore per le start up
Si chiama Rural hub il progetto dell’Università di Salerno con l’Istituto agronomico mediterraneo. I promotori: “Il successo? Tra tradizione e innovazione”.
Antiche tradizioni e nuove tecnologie. Questo binomio compone l‟anima di “Rural hub”, un progetto che punta a rivoluzionare le attività agricole italiane,
mantenendole legate alla realtà locale ma con un occhio al futuro. Si propone di farlo applicando alla ruralità una rete di c onnessioni che consente lo scambio e
la condivisione di idee e progetti innovativi. Rural hub è un‟idea che ha visto la luce a Calvanico, a pochi chilometri da Salerno, ma che ha una prospettiva
europea. Il programma vuole salvaguardare il patrimonio culturale agricolo del nostro Paese, ma anche essere parte di un più ampio coordinamento
macroregionale grazie anche alla partnership dell‟Istituto Agronomico mediterraneo. Si tratta di una istituzione che si occupa di garantire lo sviluppo
dell'agricoltura nell‟area, facendo in modo che le conoscenze tecnologie e scientifiche si diffondano in tutti i Paesi insieme alla cultura della collaborazione come
fattore di crescita per lo sviluppo solidale.
“L‟idea alla base del progetto - ha spiegato a Fieragricola post Vittorio Sangiorgio, delegato nazionale di Coldiretti giovani impresa, che è fra i promotori
dell‟iniziativa - è quella di ribaltare il concetto americano di startup tipico della Silicon Valley, tornando ad una dimensione in cui si fa impresa per creare
ricchezza partendo dall‟economia reale. Vogliamo facilitare lo sviluppo di progetti di giovani imprenditori che desiderano mettersi in gioco. Mettiamo a
disposizione non solo le strutture, ma anche una rete di relazioni con realtà già esistenti, in modo da facilitare il decollo dell‟attività”.
L‟agricoltura del futuro si potrebbe quindi basare su una pluralità di esperienze diverse che facciano sistema per crescere insieme. “Ci aspettiam o - ha aggiunto
Sangiorgio - di accogliere giovani provenienti da molti percorsi formativi diversi. Ingegneri che hanno voglia di applicare all‟agricoltura una soluzione tecnica
innovativa, biologi che intendono mettere sul campo la propria esperienza scientifica, ma anche sociologi che pensano di aver trovato una via nuova per
l‟integrazione delle aziende con il territorio. Su questo aspetto puntiamo molto. Consigliamo, ad esempio, agli imprenditori di coinvolgere il più possibile gli
anziani del luogo in modo che le loro conoscenze non vadano perse ma che, anzi, vengano messe al servizio del futuro sviluppo dell‟agricoltura ”.
Il progetto ha tra i promotori anche Alex Giordano, fondatore dell‟agenzia Ninja marketing e docente di Societing e Social innovation presso lo Iulm. “Questa
iniziativa - ha raccontato a Fieragricola Post - è anche la risposta al fenomeno della riscoperta della campagne da parte di tanti che stanno abbandonando la città
per trovare una propria dimensione umana e lavorativa in agricoltura. A queste persone noi forniamo strumenti di marketing che possano metterli in
condizione di essere competitivi sul mercato. Insegniamo loro, infatti, a sfruttare tutte le potenzialità delle nuove tecnologie in ambito 2.0”.
La fiducia degli organizzatori di Rural hub non viene comunque riposta in progetti senza basi, ma questi vengono avviati solo dopo uno studio di fattibilità. “I
candidati che si propongono per essere ammessi al nostro programma - ha aggiunto Giordano - devono presentare la loro idea. Questa deve essere sostenibile
sotto il punto di vista della autosufficienza economica , della compatibilità ambientale ma anche sotto l‟aspetto dell‟impatto sociale nell‟area nella quale
intendono operare. Tutto il lavoro deve basarsi sul semplice assunto che le aziende devono garantire la tipicità del prodotto creando buona economia e lavoro”.
16.09.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
L’agricoltura conquista i giovani, sempre più iscritti all’università
Impennata delle iscrizioni alle facoltà di Agraria (+45%).
Bartolini (Ceja): “Importante il percorso accademico, ma non dimentichiamo la formazione sul campo”.
Un boom che ha portato nelle aule universitarie il 45 per cento di studenti in più. Stiamo parlando dell‟impennata di iscrizioni che, negli ultimi cinque anni, ha
visto le facoltà di Agraria conquistare un importante primato: sono quelle che hanno fatto registrare tassi di crescita maggiori. La fotografia è stata scattata nei
giorni scorsi da una ricerca di Datagiovani.
Il primario, un comparto che negli ultimi anni ha dimostrato di saper combattere la recessione meglio di altri, sem bra quindi attrarre anche la fiducia dei giovani
che hanno scelto l‟università come percorso di avvio al lavoro. “Anche all‟epoca della mia iscrizione ad Agraria, nel 1975, l a crisi economica era una dura realtà ha spiegato a Fieragricola Post Dario Frisio, presidente del Comitato di Direzione della Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari dell‟Università di Milano -.
Ma oggi ci sono anche altri fattori da tenere in considerazione, come l‟alta diffusione mediatica del comparto agricolo, pens iamo ai reality show dedicati
all‟agroalimentare”. Un fattore ulteriore che potrebbe spiegare il successo delle facoltà di agraria in termini di iscrizioni è la diffusione degli esami di ammissione
ai corsi scientifici. Secondo il professor Frisio, infatti, una larga fetta di studenti rimasti fuori percorso di studi preventivato, hanno modificato in corsa il proprio iter
accademico, in attesa di provare nuovamente l‟accesso alla strada inizialmente desiderata. “Per capire realmente l‟entità del boom in Agraria, le valutazioni
andrebbero quindi stilate tenendo conto anche del tasso di abbandono e degli iscritti al secondo anno”, ha sottolineato il docente.
Ma le prospettive di impiego, nonostante i numeri confortanti del comparto agricolo, non devono ingannare. L‟agricoltura e l‟iscrizione alle facoltà di Agraria, non
possono ancora essere considerate l‟Eldorado del lavoro italiano: “L‟unico punto di forza su cui contare davvero è la passione - ha continuato Frisio -. Il mito
del “pezzo di carta” passepartout per il lavoro è ormai superato, soprattutto in agricoltura e nell‟agroalimentare, dove è invece fondamentale la propensione alla
creatività nell‟impresa”. L‟avvicinamento dei giovani all‟agricoltura è, inoltre, uno dei temi al centro delle trattative per la nuova Politica agricola comune, che per
la prima volta prevede un incentivo per i giovani under 40 che si insediano in agricoltura. “La qualifica universitaria è un fattore importante anche in agricoltura,
soprattutto per chi non dispone di un back ground familiare nel settore - ha spiegato a Fieragricola Post Matteo Bartolini, presidente del Ceja (il Consiglio
europeo dei giovani agricoltori) -. Il boom di iscrizioni ad Agraria ci dà un segnale di come sia rinato l‟interesse nel settore primario , un riavvicinamento
che i policymak er devono tenere in considerazione per mettere a frutto le opportunità messe in campo dalla nuova Pac”. Per un comparto che punt a ad essere
sempre più “europeo”, la formazione universitaria non può però escludere l‟impiego diretto sul campo. “È importante capire che le possibilità derivanti
dall‟attività accademica possono essere integrate con le esperienze lavorative in azienda - ha concluso Bartolini -. Grazie al progetto Erasmus for young
entrepreneurs, un modello di scambio di conoscenze tra potenziali imprenditori, i giovani agricoltori possono già condividere le best practice con i colleghi
europei. Si tratta di un percorso importante, che consente di avviare un‟attività in Italia che guardi sempre di più al merca to europeo”.
04.10.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
“Un’accademia per formare i giovani imprenditori agricoli e agromeccanici”
Marco Speziali, presidente della Confai Academy, spiega a Fieragricola Post le potenzialità del centro per la formazione delle nuove leve del settore primario.
La Confai Academy è la prima “accademia d‟impresa” rivolta al settore agricolo, agroalimentare ed agromeccanico. È stata fondata per “insegnare a fare
azienda”, attraverso un continuo aggiornamento degli associati Confai e non su temi di carattere tecnico, senza dimenticare aspetti come le normative, la
gestione aziendale e la strategia d‟impresa.
“L‟accademia nasce per gestire i corsi di apprendimento rivolti alla nostra utenza di riferimento, che sono i giovani imprenditori agricoli e agromeccanici - spiega a
Fieragricola Post Marco Speziali, presidente del centro di formazione -. Non è raro vedere la nascita di normative per le quali non sono previste scuole
pubbliche dedite alla formazione , quindi ci siamo organizzati per offrire un‟alternativa valida ai nostri associati ”. Nel programma dell‟Academy, sono infat ti
previsti corsi mirati a garantire a chi lavora nel settore una preparaz ione adeguata. Un esempio è quello attivato in seguito al decreto 81/2008: frequentandolo, si
può ottenere una speciale abilitazione per la conduzione di trattori, escavatori e attrezzature agricole.
La formazione è ormai un ingrediente fondamentale per costruire il successo delle imprese in agricoltura, un settore che, complice la velocità con la quale
procede l‟innovazione tecnologica, è in continuo mutamento. “La conoscenza viene troppo spesso sottovalutata. La nostra utenz a tende a considerare valore il
semplice possesso, sia esso di macchine agricole o di ettari di terreno - sottolinea Speziali -. Capire fino in fondo le tecniche e le normative e la loro
applicazione pratica, può rappresentare un bagaglio importante anche dal punto di vista economico ”.
Non solo apprendimento, dunque. Ma anche sensibilizzazione attraverso la diffusione di materiale informativo. “Nei giorni scorsi è stato pubblicato sul nostro
portale online un ebook gratuito (“Agricoltura in outsourcing, il futuro dei servizi agromeccanici” di Matteo Bernardelli e Luigi Pisoni, ndr) che mira proprio a far
capire alle aziende quanto sia importante valorizzare questa conoscenza”.
La scuola comprende anche un Osservatorio Economico e un Centro Studi di Confai. Si tratta di due strutture compl ementari che supportano i processi formativi
dell‟organizzazione con attività di studio, analisi e ricerca, realizzate in collaborazione con Università, istituzioni pubbl iche ed enti privati.
07.10.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
Agricoltura sociale, quando la terra sostiene i più deboli
Pet therapy, ortoterapia, agri asilo, ippoterapia, onoterapia: dopo la nuova legge regionale, si diffondono le iniziative in Veneto.
Bruno Pigozzo: “Un vantaggio per tutti e un risparmio per lo Stato”.
Politica agricola comune, Piani di sviluppo rurale, primo e secondo pilastro, crisi delle macchine agricole. Sono alcune delle sfide del futuro dell‟agricoltura
comunitaria e italiana. Ma il settore primario non può essere solo accordi politici e strategie economiche. Anche un altro aspetto del comparto, fo rse meno
pubblicizzato, sta prendendo piede sempre più rapidamente: l‟agricoltura sociale.
Dopo la promulgazione della nuova legge regionale in Veneto, approvata nel giugno scorso, le iniziative simili continuano a nascere su tutto il territorio
nazionale. Non si tratta di provvedimenti trascurabili: in Europa l‟agricoltura sociale è ormai una realtà ampiamente riconosciuta e il nostro Paese (insieme
ai Paesi Bassi) è già all‟avanguardia nello sviluppo di questo tipo di attività.
Si tratta, in sostanza, di una serie di iniziative portate avanti in ambito agricolo e alimentare da aziende del settore (ma anche da cooperative sociali), che
puntano a favorire il reinserimento terapeutico di soggetti svantaggiati nella comunità e, allo stesso tempo, produrre beni agroalimentari. Una forma di
welfare territoriale che in Italia ha visto la nascita di iniziative legislative ad hoc in varie regioni, che hanno già ricevuto una risposta favorevole da parte delle
istituzioni e delle imprese locali.
“L‟entusiasmo intorno al progetto era palpabile sin dai primi momenti. L‟iter legislativo è stato completato in appena 100 giorni: un vero record - ha spiegato a
Fieragricola Post Bruno Pigozzo, consigliere regionale del Veneto, tra i firmatari della legge -. L‟agricoltura sociale rappresenta un vantaggio per tutti, sia per
chi riceve un aiuto concreto sul piano sociale, sia per chi apre le porte della propria azienda e ha l‟opportunità di sviluppare settori produttivi „di nicchia‟, ma
sempre più strategici in termini di coesione sociale. In questo modo, oltretutto, si abbattono anche le spese regionali per l‟assistenza alle fasce più deboli ”.
Pet therapy, ortoterapia, agri asilo, ippoterapia, onoterapia. Sono solo alcune delle opportunità per i soggetti deboli (portatori di handicap,
tossicodipendenti, anziani, ma anche detenuti) offerte dalle imprese agricole (una decina in tutto) che al momento hanno forn ito la propria disponibilità nella
provincia trevigiana. Un interesse che segue il trend nazionale, che una recente indagine dell‟Aiab (Associazione Italiana per l'Agricoltura Biologica) ha
segnalato in decisa crescita nel triennio 2007-2010.
“La passione è fondamentale per questa iniziativa di „multifunzionalità‟ agricola, che rappresenta un vero e proprio ponte tra agricoltura e sociale - ha sottolineato
a Fieragricola Post Walter Feltrin, presidente Coldiretti Treviso -. Per questo, abbiamo puntato molto sulla condivisione delle famiglie che si sono proposte.
L‟agricoltura sociale è un impegno in ottica sociale, non serve ad aumentare il giro d‟affari”. “Al momento siamo in attesa d ei decreti attuativi - ha concluso
Feltrin -, ma le potenzialità per il territorio e per la collettività sono indiscutibili. Troppo spesso si dimentica che l‟agricoltura è il traino economico dell‟Italia , ma
grazie a questo tipo di iniziative si può sensibilizzare una fetta maggiore di persone sull‟importanza del settore primario anche per il sociale”.
11.10.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
Vigneto e cantina si gestiscono con un software
Si chiama Ampelide ed è un programma sviluppato da un’azienda veneta che consente di documentare i flussi produttivi della filiera vitivinicola.
Anche il vigneto si può gestire con un clic. Districarsi tra registri cartacei, fogli di calcolo e appunti, nel periodo di vendemmia, può diventare una missione
complessa anche per i più esperti viticoltori. Per questo, l‟informatica può dare una mano ai professionisti anche nella gest ione delle colture. È un trend in
costante aumento: lo abbiamo visto nei mesi, scorsi, in occasione del lancio della nuova piattaforma per i trattamenti fitosanitari nel vigneto in Veneto. In questi
giorni è quindi arrivato l‟ultimo aggiornamento di un interessante software gestionale.
Si chiama Ampelide, ed è un programma che aiuta le imprese vinicole nella documentazione di tutti i flussi produttivi, dal vigneto alla cantina, fino al
trasporto. Programmato e progettato dall‟azienda Spazio Informatico di San Vendemiano (Treviso), permette di registrare le attività svolte lungo tutta la filiera
con l‟obiettivo di ottimizzarne la gestione.
Il funzionamento è piuttosto semplice. Si inizia con l‟inserimento dei dati negli archivi di base (le categorie sono i vigneti, il modello B1, prodotti fitosanitari
impiegati e varietà delle uve), per poi procedere alla rilevazione delle operazioni e dei trattamenti effettuati in vigneto. E‟ inoltre possibile gestire le fascette
Doc e Docg, per controllare gli utilizzi e le rimanenze, e ottenere aiuto per le vendite fuori e dentro i confini italiani.
“Con Ampelide si riesce ad avere una tracciabilità precisa di quanto viene fatto all‟interno dell‟azienda, a partire dalla coltivazione fino alle fasi di
commercializzazione - ha spiegato a Fieragricola Post Flavio Basso, uno degli sviluppatori del software -. Grazie alla valutazione dei dati immagazzinati di anno
in anno è inoltre possibile migliorare le produzioni successive con piccoli aggiustamenti, senza ricorrere ai registri cartacei”.
L‟elaborazione e il confronto dei dati raccolti nelle vendemmie precedenti, infatti, permette a chi impiega il software di ricevere informazioni come la scheda
colturale in ordine cronologico e il quaderno di campagna con controllo automatico degli utilizzi e dell‟intervallo di tempo tra i trattamenti effettuati.
L‟idea di un software gestionale per il vigneto è nata quindici anni fa e, da semplice programma di mantenimento dei registri, Ampelide si è evoluto seguendo
le esigenze delle imprese e dei viticoltori. Grazie alle partnership consolidate nel corso degli anni, oggi il programma consente di gestire a 360 gradi il volume
di informazioni che transita dal vigneto alla cantina, senza tralasciare la componente amministrativa e contabile .
14.10.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
“Senza internet le imprese agricole italiane non possono competere”
I dati Onu sul digital divide nel primo settore italiano: connessi soltanto il 17 per cento degli abitanti.
A Fieragricola Post il commento di Stefano Lamberti (presidente di Anga Lombardia) e Cristoforo Morandini (Between - Osservatorio banda larga).
“Google investirà in Italia, ma serve la banda larga”. Lo ha detto nei giorni scorsi Eric Schmidt, presidente esecutivo di Big G. Lo ha ribadito l‟ultimo rapporto
della Commissione Onu: le aree rurali del nostro Paese sono raggiunte ancora in minima parte dalla rete . Una condizione che penalizza le aziende
agricole italiane, che senza internet non riescono a competere efficacemente in un mercato dove l‟ e-commerce e la comunicazione digitale sono ormai una realtà
consolidata.
La diffusione della banda larga in agricoltura è un‟esigenza sempre più pressante in Europa. Recentemente, la Germania ha ricevuto dalla Banca europea
degli investimenti un finanziamento di 80 milioni di euro per lo sviluppo di questi servizi nelle aree rurali ancora non raggiunte dalla rete. Anche la Francia è
al lavoro su un maxi piano di finanziamento per portare la banda larga nelle campagne.
“La banda larga è fondamentale per stare al passo con le tecnologie che vengono usate nel nostro settore - commenta a Fieragricola Post Stefano Lamberti,
presidente di Anga Lombardia -. Nel nostro settore si utilizzano sempre più spesso tecniche all‟avanguardia che, tuttavia, non possono essere sfruttat e al
meglio in mancanza di una connessione”.
La questione non riguarda esclusivamente l‟uso degli strumenti di lavoro. Internet è infatti fondamentale per informarsi e co municare, sia verso i consumatori che
verso i fornitori. Senza contare l‟importanza della rete per la gestione dei rapporti con le pubbliche amministrazioni. “È uno strumento decisivo per le imprese
che fanno export - sottolinea Lamberti -, addirittura cruciale per le imprese che puntano sull‟e-commerce, un mercato in cui far conoscere al pubblico i propri
prodotti è determinante”.
Per cercare di ovviare al problema del digital divide agricolo, Confagricoltura ha stipulato nei mesi scorsi una convenzione con il provider Open Sky per fornire
la banda larga via satellite alle aziende agricole. I Giovani di Confagricoltura sono inoltre al lavoro per sensibilizzare le istituzioni, con incontri e tavole rotonde
sulla questione della banda larga in agricoltura. “Abbiamo già sottoposto le nostre esigenze alle amministrazioni locali e re gionali - racconta il presidente dei
Giovani di Confagricoltura Lombardia -. La questione non va sottovalutata: bisogna mettere le imprese nella condizione di poter competere efficacemente
su un mercato in continua espansione, soprattutto dal punto di vista tecnologico ”.
Il problema del digital divide in agricoltura nel nostro Paese dipende da un ritardo di natura infrastrutturale. Oggi, secondo gli ultimi dati della Cia, le imprese
informatizzate del settore primario sono 61mila, circa il 3,8 per cento del totale . Il gap territoriale, tuttavia, è sempre più marcato, con livelli massimi di
diffusione di aziende raggiunte da internet nel Nord-Ovest (10,9 per cento) e nel Nord-Est (8,1 per cento), mentre i valori minimi sono nelle Isole (2 per cento) e
nel Sud (1,3 per cento).
“Gli impianti vengono realizzati dove i provider hanno più interesse, cioè nelle aree ad alta densità abitativa e di impresa. Investire nelle aree rurali, per gli
operatori telefonici è quindi meno conveniente - conferma a Fieragricola Post Cristoforo Morandini , direttore di Between, l‟Osservatorio Banda Larga -.
In alcune zone del Paese, però, il problema è quasi risolto. Nella provincia di Trento, ad esempio, si è arrivati a una copertura vicina al 100 per cento, comprese
le aree rurali. Nel prossimo anno ci dovrebbero essere altri interventi, come quello della Toscana, per ridurre il digital divide”.
Mentre in Italia si discute di banda larga in agricoltura e agenda digitale, tuttavia, il mondo di internet continua la sua rapida evoluzione. Mentre ci si attrezza per
portare la connessione nelle aree rurali, infatti, in quelle urbane si sta già passando dalla banda larga a quella ultralarga. Il rischio, per le imprese
agricole è quindi di restare perennemente indietro. “È una prospettiva possibile, purtroppo - ha concluso Morandini -. Il gap potrebbe aumentare, visto che le
nuove reti comportano costi di installazione molto alti. Se ci sono voluti dieci anni per portare la connessione in campagna, per lo step successivo potrebbero
volercene molti di più”.
16.10.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
Agromeccanici, il primo albo professionale è in Lombardia
Istituito ufficialmente nei giorni scorsi, il registro raccoglie e cataloga le imprese del settore.
Bolis (Confai Lombardia): “Più risalto per l’importanza del comparto e maggiore trasparenza per le aziende agricole”.
Nasce in Lombardia il primo albo delle imprese agromeccaniche in Italia. Una novità importante per gli operatori del settore, che saranno inquadrati con
maggiore precisione e potranno avere accesso automatico ai finanziamenti regionali. L‟iniziativa si è concretizzata nei giorn i scorsi, con l‟approvazione della
delibera proposta dall'assessore all'Agricoltura Gianni Fava , come previsto dalla legge regionale 31/2008.
“Gli iscritti all‟albo avranno titolo immediato per accedere ai finanziamenti dedicati per il settore agromeccanico - spiega a Fieragricola Post Leonardo Bolis, il
presidente di Confai Lombardia -. L‟idea è nata per dare maggior peso all‟importanza del settore e scattare una fotografia attendibile dello stato attuale del
comparto. Nell‟albo saranno quantificate le macchine e saranno registrate le specializzazioni dei singoli operatori. A guadagnarci saranno anche le aziende, che
potranno avere maggiore trasparenza sui servizi offerti”.
“Il provvedimento, inoltre, giocherà un ruolo fondamentale nella lotta al mercato sommerso - continua Bolis -. Nel registro saranno infatti catalogati gli operatori
professionali che offrono servizi di qualità e nel pieno rispetto delle norme di sicurezza”.
L‟albo professionale riguarda gli operatori di un settore, l‟agromeccanico, in sempre più rapida diffusione. Secondo l‟ultimo censimento generale dell‟agricoltura,
in Lombardia le aziende che svolgono servizi agromeccanici in conto terzi (in altre parole, forniscono macchine e operatori per l‟esecuzione delle
operazioni) sono circa 1.300. L‟attività riguarda il 2,4 per cento delle imprese agricole lombarde, mentre il 48 per cento delle azienda fa ricorso al contoterzismo
passivo, a fronte di una media nazionale del 33 per cento. In Lombardia, secondo i dati Confai, i contoterzisti effettuano pi ù del 98 per cento della raccolta di soia
e cereali e oltre il 70 per cento delle altre lavorazioni in campo nelle aree di pianura.
“Noi agromeccanici siamo una categoria emergente, ma contribuiamo già a cambiare volto all‟agricoltura italiana - conclude il presidente di Confai Lombardia
Bolis -. Ad oggi, la legge ci considera artigiani, ma in realtà facciamo attività agricola a tutti gli effetti. È una distorsione evidente, nata dalla legge di
orientamento agricolo del 2003, che stiamo cercando di appianare gradualmente. L‟istituzione dell‟albo, in questo senso, è un passo importante, ottenuto con il
pieno riconoscimento della Regione Lombardia”.
21.10.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
Vitimap, il vigneto si mappa con gli aerei
Il sistema, progettato da Terrasystem, serve a tracciare un profilo preciso dei terreni grazie al telerilevamento aereo.
A Fieragricola Post il commento di Claudio Belli, project manager dell’azienda, e di Valeria Fasoli, responsabile agronomica dei Tenim.
Tecnologia e vigneto. Un binomio mai così di attualità. Dalla gestione dell‟azienda ai trattamenti fitosanitari, le innovazioni tecnologiche supportano la filiera
vitivinicola in una numero sempre più elevato di fasi. È proprio in questo contesto che si inserisce il servizio Vitimap, implementato da Terrasystem, uno
spin off dell‟Università di Viterbo, per mappare i vigneti attraverso il telerilevamento aereo.
“Il progetto nasce per il monitoraggio delle filiere agricole e forestali in generale - racconta a Fieragricola Post il project manager dell‟azienda, Claudio Belli -.
Abbiamo quindi deciso di dedicarci alla viticoltura di precisione su richiesta delle aziende del settore. Fra i nostri client i ci sono imprese nel Lazio e nel Chianti,
ma anche diverse realtà produttive in altre zone d‟Italia sono disposte a investire in questo progetto”. Il funzionamento del sistema è apparentemente semplice,
ma si serve di tecnologie all‟avanguardia gestibili solo da professionisti del settore. “Ci sono dei sensori installati a bordo di aerei leggeri, che forniscono immagini
di diverse bande dello spettro elettromagnetico e di una banda termica - spiega Belli -. Queste vengono acquisite ed elaborate secondo tecniche tipiche del
telerivamento. Vengono corrette geometricamente e radiometricamente, per poi essere composte in indici vegetazionali”.
Per la mappatura dei vigneti viene impiegato lo Sky Arrow 650, un velivolo leggero monomotore fornito da partner privati. Dopo la scansione aerea, la
raccolta e l‟analisi dei dati, si procede all‟elaborazione delle informazioni. “Si tratta di mappe tematiche sulla vigoria delle piante, basate sull‟efficienza
fotosintetica e sulla temperatura, con indicazioni che riguardano soprattutto la qualità del prodotto - continua Belli -. Possiamo elaborare anche delle
carte geografiche sullo stress idrico, che servono a conoscere le diverse suscettibilità delle parti dell‟appezzamento alla q uantità d‟acqua presente in un
determinato momento”. I dati del rilevamento aereo rappresentano il vero valore aggiunto per le aziende, che possono servirsi delle informazioni per
migliorare la qualità propria produzione . “Vitimap è utile per conoscere ancora più a fondo il proprio vigneto - sottolinea a Fieragricola Post Valeria Fasoli,
responsabile agronomica dei Tenimenti Ruffino, un‟impresa che opera nei comuni del Chianti classico con uve di varietà Sangio vese e, in piccola parte, Merlot e
Cabernet -. I dati ci consentono di applicare tecniche differenziate. La mappa di vigoria, ad esempio, è usata per impiegare trattamenti diversi, come la
concimazione, a seconda delle varie zone dei vigneti e per avere uniformità e qualità in ogni parte dell‟appezzamento”.
Le evoluzioni tecnologiche e informatiche, insomma, sono se mpre di più al servizio delle imprese agricole. Difficile ipotizzare un vigneto totalmente hi
tech, visto che in questo tipo di attività la tradizione riveste un ruolo centrale (grazie a questa la viticoltura come stile di vita rappresenta un‟eccellenza del nostro
Paese). Le prospettive, tuttavia, sono buone. “Queste applicazioni hanno un grande futuro nel comparto - conclude Fasoli -. Negli Stati Uniti esistono già
tecnologie che vengono utilizzate per la riduzione dei fitofarmaci o per il monitoraggio degli interventi nella fase impiantistica. In Italia, su questo piano, siamo
ancora indietro, ma i nostri viticoltori hanno già capito l‟importanza della tecnologia”.
15.11.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
Agricoltura, nasce in Veneto un progetto per formare imprenditori stranieri
Si chiama “S.O.F.I.I.A.” e prevede la creazione di sportelli di assistenza e formazione sul territorio.
Il commento di Alberto Bertin, coordinatore dell’iniziativa, e di Abdoulaye Laity Fall, presidente dell’Anolf Padova.
Da braccianti a imprenditori agricoli. Attraverso un aiuto concreto per conoscere il mondo delle aziende italiane. È il percorso scelto dalla Coldiretti Veneto
con il progetto “S.O.F.I.I.A”, che prevede, per circa sei mesi, il supporto tecnico, operativo e d‟orientamento per tutti gli immigrati regolari che vogliono aprire
un‟impresa nel settore primario. Un‟iniziativa particolarmente rilevante in un‟area geografica come il Nord Est in cui, secon do il terzo rapporto annuale del
ministero del Lavoro, si concentra il 27 per cento dei lavoratori agricoli extracomunitari in Italia.
“Il progetto riguarda tutti gli immigrati con permesso di soggiorno, in qualunque settore essi abbiano lavorato in passato - spiega a Fieragricola Post Alberto
Bertin, coordinatore regionale dell‟iniziativa per la Coldiretti -. Immaginiamo, tuttavia, che i più interessati saranno coloro che già sono impiegati in agricoltura e
che desiderano compiere un passo successivo”.
“S.O.F.I.I.A”, un progetto promosso dal Ministero delle Politiche agricole, prevede, in concreto, la creazione di sportelli di assistenza su tutto il territorio
regionale. Le informazioni offerte riguardano gli strumenti legislativi, finanziari, tecnici e gestionali per aprire un‟impresa agricola in Italia. In altre parole, tutto il
bagaglio di conoscenze necessario per iniziare. “Ci occuperemo dell‟assistenza ai lavoratori, che vanno considerati come pote nziali imprenditori del settore. Non
abbiamo nessun fondo pubblico da fornire, i pilastri del progetto sono l‟assistenza, la formazione e l‟informazione”.
Gli obiettivi dell‟iniziativa, oltre all‟inclusione sociale degli immigrati regolari, riguardano anche la possibilità di incentivare la crescita dell‟imprenditoria
agricola. Ad oggi, in Italia, le aziende del comparto gestite da stranieri rappresentano circa il 2 per cento del totale, un dato molto basso se co nfrontato con il 7
per cento relativo a tutti i settori produttivi italiani (dati Ministero del Lavoro). “Ci auguriamo che il progetto porti benefici a tutto il mercato dell‟imprenditoria
agricola - conclude Bertin -. I nostri consigli, infatti, sono finalizzati all‟apertura di un‟attività che, nel lungo periodo, potrebbe dare forza lavoro e quindi
rappresentare una risorsa economica per il territorio”.
L‟agricoltura, dunque, può anche essere un veicolo di integrazione. Una pratica già provata in Veneto con le fattorie sociali, il cui obiettivo è favorire il
reinserimento terapeutico di soggetti svantaggiati nella comunità. “Il proget to „S.O.F.I.I.A‟ può favorire un cambiamento culturale nella concezione stessa di
immigrato - sottolinea a Fieragricola Post Abdoulaye Laity Fall, presidente Anolf (Associazione nazionale oltre le frontiere) provinciale di Padova -. Si passerebbe
dal considerare lo straniero da semplice manovale a imprenditore”.
La presenza dei lavoratori stranieri in agricoltura non può essere trascurata. Secondo gli ultimi dati Coldiretti, gli immigrati che nel 2012 hanno lavorato nel
settore primario erano 320mila. In altre parole, un lavoratore su quattro. E i dati sono in crescita costante, con un aumento del 3 per cento nell‟ultimo anno.
Il progetto “S.O.F.I.I.A”, nasce anche per offrire la possibilità di fare un passo in avanti e può rappresentare un modello da imitare. “Sarebbe un modo per
contrastare tanti episodi spiacevoli, come i tristi avvenimenti di Rosarno (la rivolta di braccianti agricoli del gennaio 201 0, ndr) - conclude il presidente dell‟Anolf -.
Produrre dei prodotti che verranno consumati qui in Italia, può essere importante sia per gli stranieri che per il Paese. E può essere anche un modo per
partecipare attivamente alla crescita del comparto agricolo italiano”.
19.11.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
L’agricoltura fa rete, in Toscana il primo network del comparto
Il progetto della Cia prevede la creazione di un coordinamento di 50 aziende per promuovere le eccellenze del comparto primario locale.
Un network di imprese agricole locali per favorire la creazione di un circuito che promuova la vendita diretta dei prodotti. Si tratta di Rete Qualità Toscana, la
prima esperienza italiana di aggregazione sotto forma di rete di aziende nel comparto. L‟iniziativa, curata dalla Cia locale, si è aggiudicata il bando che la
Regione aveva pubblicato per ottimizzare l‟organizzazione della filiera corta delle produzioni agroalimentari.
“All‟interno di Rete Qualità Toscana ci sono sia aziende che cooperative - spiega a Fieragricola Post Marco Failoni, coordinatore del progetto per la Cia -. L‟idea
è quella di mettere in piedi un network di commercializzazione dei prodotti con un catalogo consultabile anche attraverso il sito internet”. L‟iniziativa è partita a
fine maggio, ma è ancora in fase embrionale. Comunque, l‟accoglienza da parte delle 50 aziende che hanno aderito è stata da subito buona.
Ciò che la rete offre ai propri affiliati, dunque, è un vantaggio sia di natura promozionale che commerciale. “Si tratta di uno spazio che permette di crescere e di
ottenere pubblicità. Poi, c‟è anche la possibilità, per le aziende, di arricchire i propri punti vendita con altri prodotti del network . Vogliamo favorire gli scambi e le
sinergie tra le imprese locali”. Un modo, in altre parole, per promuovere le eccellenze del comparto primario toscano, tra cui il vino Igp, le cui esportazioni
sono aumentate del 7 per cento nel 2013, per una mole di affari di oltre 700 milioni di euro.
La rete offre anche il vantaggio di costi limitati, visto che, oltre al prezzo di iscrizione, non esistono vere e proprie spese di gestione. Il modello, infatti, è quello
della rete di imprese, regolata in Italia dalla legge 33/2009, che la definisce come una libera aggregazione tra aziende con l‟obiettivo di accrescere competitività e
innovazione.
Uno schema che, nel settore primario, potrebbe trovare sviluppo anche in altre regioni. “La nostra idea è di superare i formati di associazione eccessivamente
centralistici - conclude Failoni -. Quello della rete è un sistema interessante, perché lascia intatta l‟individualità dell‟azienda e non si sostituisce alle scelte
imprenditoriali. Si tratta di un modello aperto, leggero, che offre buoni vantaggi senza particolari restrizioni. Può rappres entare un aiuto importante”.
25.11.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
Smart farm, quando l’azienda agricola diventa intelligente
Diversificazione delle attività e attenzione all’ambiente: le fattorie intelligenti puntano a fare dell’imprenditore agricolo un rappresentante del territorio.
Produzione agricola, ma anche diversificazione delle attività e rispetto per l‟ambiente. È il concetto alla base delle smart farm, l‟ultima evoluzione dell‟azienda
agricola multifunzionale. Si tratta di un nuovo modo di concepire l‟impresa che, ampliando notevolmente la propria offerta, si pone come punto di riferime nto per
una sensibilità, quella attenta alle tematiche green, sempre più al centro dell‟attenzione del settore. L‟azienda agricola diventa così anche agriturismo, scuola
di equitazione o laboratorio formativo per i più piccoli.
“La smart farm è un modo intelligente di intendere l‟imprenditoria agricola - spiega a Fieragricola Post Lorenzo Boldrini, Presidente della Cia di Ferrara -.
Significa aprirsi alle molteplici opportunità offerte dal contesto in cui si opera e, allo stesso tempo, riuscire a risparmiare energia abbattendo l‟impatto
ambientale”.
Il fattore green, un tema fondamentale anche nella nuova Politica agricola comune, è un punto di forza delle “fattorie intelligenti”. Le imprese del primario italiano
sono già sulla buona strada, considerato che solo il 5,4 per cento delle emissioni inquinanti del nostro Paese provengono dall‟agricoltura , a fronte del 10
per cento di media europea (dati Ue).
Ma come nasce una smart farm? Tutto parte dall‟analisi delle peculiarità della propria azienda, per poi partire con la pianificazione delle nuove attivit à. “È stata la
struttura stessa dei miei terreni a consentirmi di diversificare i servizi - racconta a Fieragricola Post Francesco Soncini, dell‟azienda agricola Le Pradine di
Mirabello, un esempio di “fattoria intelligente” nella provincia di Ferrara -. Così una casa colonica è diventata agriturismo con annesso bed and breakfast, mentre
un‟altra struttura ora funge da centro ippico, con scuola di equitazione e campi estivi per i bambini. Abbiamo anche un‟ osteria, essenziale per promuovere i nostri
prodotti ma anche quelli di altre aziende locali, in modo da diventare una vera e propria vetrina agroalimentare per il territorio”.
Il rispetto per l‟ambiente, nel caso dell‟azienda Le Petrine, si è concretizzato nella produzione di materie prime per la gen erazione di energia pulita, come i
cereali da biomassa. Ma nella zona, non mancano le aziende che da tempo impiegano impianti solari ed eolici. Anche l‟attenzione al sociale, in tempi in cui
l‟agricoltura è maggiormente rivolta alle fasce più deboli e all‟integrazione sociale (basta pensare al recente progetto S.O.F.I.I.A in Veneto), rivestono un ruolo
sempre più importante. “Le fattorie didattiche sono un modo efficace per educare i bambini al rispetto dell‟ambiente e degli animali - conclude Soncini -.
L‟imprenditore agricolo moderno, del resto, non può più essere semplicemente il respons abile dell‟azienda, ma deve anche diventare un rappresentante del
territorio in cui opera”. Difficile ipotizzare una rapida diffusione delle smart farm sul suolo nazionale, anche se le prospettive della nuova Pac (che punta molto
sulle misure green) potrebbero fornire una spinta importante. “Al momento le le fattorie intelligenti sono ancora una nicchia - dice Boldrini -. Siamo però convinti
delle potenzialità di questa innovazione, specialmente in territori vari dal punto di vista orografico come quello ferrarese, dove vivere di sola agricoltura è
complicato”.
05.12.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
Co2 Resa, la sostenibilità agricola parte dai vigneti
Al via il registro delle aziende che attuano misure di riduzione dei gas serra. Crivellaro (Csqa): “L’agricoltura decisiva per la lotta ai cambiamenti climatici”.
Calcolare le emissioni di anidride carbonica per ridurre l‟impatto ambientale dei vigneti. È l‟obiettivo di Co2 Resa, il progetto realizzato da Csqa Certificazioni
e Valoritalia. Si tratta del primo registro in Europa per la valorizzazione di crediti di carbonio, al momento limitato al settore vitivinicolo. Al suo interno, verranno
iscritte tutte le aziende che hanno messo in pratica, o lo faranno in futuro, azioni volte alla riduzione o alla rimozione delle emissioni di Co2.
“Il progetto punta a riportare l‟attenzione sull‟importanza del settore primario nella lotta ai cambiamenti climatici - sottolinea a Fieragricola Post Michele
Crivellaro, referente di Co2 Resa per Csqa -. Per l‟inclusione nel registro, le aziende dovranno dimostrare di aver portato a termine operazioni di contenimento
dell‟impronta carbonica, che poi vanno contabilizzate. Il credito viene, a quel punto, emesso sul mercato volontario del carbonio e può essere acquistato da
altre imprese per compensare le emissioni”.
All‟interno dell‟elenco, che sarà online sul sito di Co2 Resa a partire dal 2014, saranno inserite anche le imprese che intenderanno mettere in campo strategie di
riduzione dell‟impatto ambientale. Attualmente, il comitato scientifico del progetto riconosce tre strade. Si può scegliere di installare sistemi di produzione
energetica da fonti rinnovabili o sfruttare il biochar, un carbone vegetale che assorbe Co2, utilizzato come fertilizzante. Una terza via passa per la creazione e
il miglioramento della gestione di siepi e boschetti sulle superfici agricole.
Il progetto è partito dal settore vitivinicolo, ma dovrebbe espandersi, nei prossimi mesi, ad altri compart i dell‟agroalimentare. La scelta di cominciare dai vigneti è
stata dettata dall‟attenzione che le imprese del comparto hanno rivolto, negli ultimi anni, al tema della riduzione dell‟impa tto ambientale. “Provvedimenti come la
Carta di Montepulciano, che fissa i criteri della sostenibilità nel settore - spiega Crivellaro -, ci hanno spinto a partire da qui. Le imprese del vitivinicolo sono tra
quelle che si stanno impegnando di più per contenere le emissioni inquinanti”.
Co2 Resa arriva nei giorni dell‟approvazione della nuova Pac, che istituisce l‟obbligo di riservare alle misure del greening il 30 per cento del budget relativo al
primo pilastro. “È stato un caso che il progetto sia partito proprio in concomitanza con l‟approvazione della Politica agricola comunitaria - racconta Crivellaro -.
Bisognerà vedere come le regioni interpreteranno le disposizioni. Il registro, comunque, rimane uno strumento importante a di sposizione delle aziende”.
09.12.2013 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
Banca della Terra, il database dei terreni incolti sbarcherà in tutta Italia
Partito dalla Toscana, il progetto ha già assegnato ai giovani agricoltori 300 ettari di campi abbandonati.
A Fieragricola Post il commento di Roberto Negrini (Lega Coop Toscana) e di Luca Brunelli (Agia Cia).
Un archivio online dei terreni incolti o abbandonati, da affidare a chi ne faccia richiesta. È quanto prevede il progetto Banca della Terra, nato in Toscana e ora
in partenza in tutta Italia. L‟iniziativa, ideata dalla Lega Coop Agroalimentare due anni fa e trasformata l‟anno scorso in legge dalla giunta regionale, prevede
dapprima il censimento dei campi lasciati incolti. I terreni, poi, vengono messi a disposizione degli agricoltori privi di appezzamenti da coltivare, con precedenza
ai giovani.
“La Banca della Terra è partita da un sondaggio sulle cooperative toscane - racconta a Fieragricola Post Roberto Negrini, presidente della Lega Coop
Agroalimentare Toscana -. Abbiamo scoperto che una buona parte dei terreni, il 34 per cento, appartenevano ad ultrasettantenni, con un forte rischio di
abbandono dei piccoli appezzamenti. Abbiamo quindi proposto di costituire un archivio, domandando ai nostri soci di indic are i terreni che non usavano più, in
modo da mantenere coltivate le superfici”.
Dopo 300 ettari di campi assegnati, l‟iniziativa sarà estesa su tutto il territorio nazionale. L‟obiettivo della Lega Coop Toscana è di rende re la Banca della Terra
un modello valido per tutta la penisola. “Il progetto diventerà presto nazionale e a metà dicembre sarà pronto un sito web dedicato - spiega Negrini -. L‟obiettivo è
creare 100 banche della terra sul territorio italiano, gestite delle coop locali”.
Il progetto sarà quindi integrato, come già avviene in Toscana, dalle cooperative di lavoro. Si tratta di gruppi di giovani agricoltori che offrono manodopera a quei
proprietari terrieri che vogliono mantenere attive le coltivazioni, ma che non ries cono più a farlo autonomamente. Al momento, non esistono statistiche precise
sul numero e sull‟estensione dei terreni incolti in Italia. La regione Friuli Venezia Giulia ha tuttavia stimato che, a fronte di 30mila campi coltivati sul territorio
regionale, ne esistano almeno altri 100mila abbandonati. Un patrimonio importante, da sfruttare per incentivare i giovani all‟ingresso nel settore primario. “Il
progetto delle banche della terra è di fondamentale rilevanza - sottolinea a Fieragricola Post Luca Brunelli, presidente dell‟Agia Cia (Associazione giovani
imprenditori agricoli) -. È un modo per avere un approccio diverso ai terreni, che vanno considerati strumenti per fare reddito e per creare valore aggiunto.
Bisogna ridurre al minimo la quantità di campi incolti, che spesso nasc ondono speculazioni o abbandono”.
L‟espansione delle banche della terra arriva in un momento storico importante per le nuove leve del settore primario. Dopo il boom di iscrizioni negli istituti
professionali e nelle facoltà di Agraria dell‟ultimo anno scolastico, le novità della Pac e i dati confortanti sul numero di imprese condotte dagli under 30,
l‟assegnazione dei terreni incolti potrebbe alimentare l‟interesse dei giovani a investire nel comparto. “L‟iniziativa può funzionare bene in tutto il Paese ed è la
direzione giusta da intraprendere - conclude Brunelli -. L‟agricoltura deve però essere protagonista dell‟agenda politica. Solo così potrà anche diventare una
risposta importante alla crisi che stiamo vivendo”.
10.01.2014 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
“Prodotti bio online? Un’opportunità per l’agroalimentare”
Decolla in Italia l’e-commerce per il biologico. A Fieragricola Post il commento di Paolo Carnemolla, presidente di Federbio
e di Marco Porcaro, fondatore e Ceo di Cortilia, la prima startup per la spesa bio in Italia.
La spesa di prodotti biologici a portata di click. Sono sempre di più i negozi online che offrono la possibilità di acquistare merce bio su Internet. Una nuova
forma di e-commerce, nata nel 2011 con una serie di esperimenti che si sono poi rapidamente evoluti e diffusi in tutta Italia, che potrebbe rappresentare
un‟occasione di crescita importante. Portali web come Cortilia, Biobox e Ecomarket sono concepiti con il fine di ricreare un vero e proprio mercato agricolo
online che distribuisce, in base alle zone servite, prodotti artigianali loc ali.
Ma cosa sono, concretamente, i negozi bio online? Si tratta di interfacce che mettono in contatto diretto produttori e consum atori, proprio come un mercato
virtuale. “Si tratta di una grande opportunità - sottolinea a Fieragricola Post Paolo Carnemolla, presidente di Federbio -. Il più grande problema del produttore
biologico che fa vendita diretta, del resto, è proprio la difficoltà di accesso alla rete commerciale tradizionale, specialme nte alla Grande distribuzione organizzata.
È evidente come strumenti del genere siano molto interessanti e appetibili per chi vende prodotti bio”.
I portali di e-commerce specializzati nel biologico cavalcano un trend in continua crescita. Gli utenti italiani sono aumentati di oltre il 50 per cento da aprile 2012,
raggiungendo quota 13,6 milioni (fonte eCommerce B2c Netcomm-School of Management del Politecnico di Milano). E tra i comparti in maggiore crescita c‟è
proprio l‟agroalimentare, in salita del 18 per cento.
“La tendenza, nel settore bio, è favorita anche da una tipologia di consumatore particolare - osserva Carnemolla -. Chi sceglie biologico è, in media, giovane,
istruito e molto attivo sul web. L‟unico punto debole, casomai, può essere l‟impossibilità di toccare con mano il prodotto. P er questo è quindi necessario che i
servizi web forniscano una descrizione dettagliata e minuziosa della merce”.
Cortilia, che opera in Lombardia ed è nata a gennaio 2011, è stata la prima startup in Italia ad aver portato la spesa di frutta e verdura fresca dall‟agricoltore
direttamente su Internet, ottimizzando la filiera corta e diretta grazie al servizio di geolocalizzazione.
“Il funzionamento è semplice e veloce - spiega a Fieragricola Post Marco Porcaro, fondatore e Ceo dell‟azienda -. Bisogna iscriversi gratuitamente e scegliere la
modalità di spesa, che può essere singola oppure su abbonamento settimanale o quindicinale. Con quest‟ultima opzione, si ha diritto a una cassetta di frutta e
verdura con cadenza regolare, da arricchire a piacere con prodotti biologici, dai formaggi freschi al pane, passando per carne bovina, pollame e vino”.
22.01.2014 - Fonte: Osservatorio Fieragricola
Servizi per l’agricoltura
Un #felfie per dare un volto all’agricoltura (e agli agricoltori)
Un sito inglese raccoglie gli autoscatti provenienti dai campi coltivati di tutto il mondo.
Obiettivo: rinnovare il settore primario e avvicinarlo al mondo social.
Un blog dedicato ai selfie (gli autoscatti che spopolano sui social network) degli agricoltori. Ai felfie, insomma. È l‟idea che sta alla base di Farmingselfie.com,
il sito messo a punto da un allevatore dell‟Essex, in Inghilterra, per raccontare il lato umano del settore primario. Si tratta, in poche parole, di una collezione di
scatti che arrivano dai campi di tutto il mondo: un vero e proprio album fotografico dei volti - spesso poco noti alla grande catena distributiva - che ogni giorno
dedicano la propria vita all‟agricoltura.
Il nome felfie nasce dalla fusione dei termini farmer (agricoltore) e selfie, cioè l‟autoscatto realizzato con uno smartphone solo per essere condiviso sui social
network. Il selfie è ormai un vero e proprio fenomeno sociale, tanto che la parola è stata eletta la più importante del 2013 dall‟Oxford Diction ary. L‟idea di Will
Wilson, l‟allevatore che ha creato il sito di autoscatti “agricoli”, nasce proprio dalla volontà di raccontare con un mezzo molto m oderno un mondo, quello del
settore primario, spesso erroneamente considerato tra i più tradizionalisti.
Farmingselfie.com segue una tendenza alla condivisione sui social già da tempo in voga in tutto il mondo, anche se a diverse velocità. Se in Italia gli imprenditori
e le nuove leve dell‟agricoltura chiedono maggiori infrastrutture per l‟uso della banda larga e i servizi online per gli operatori del settore sono ancora in fase
evolutiva, in altri Paesi come il Regno Unito Twitter è già da tempo un fertile terreno di discussione. Utilizzando l‟hashtag #AgriChatUk, infatti, gli agricoltori
britannici si scambiano opinioni su novità e innovazioni del settore. E il fenomeno ha successo, tanto che il topic lanciato nel 2012 da Simon Haley ha subito
raggiunto la top 10 degli argomenti più dibattuti.
E non è tutto. Perché in Inghilterra gli agricoltori riescono addirittura a diventare star del web. È il caso di Ben Hole, creato proprietario di un account Instagram
da 50mila follower che racconta per immagini la vita nei campi. Altro caso quello di Jake Freestone, che vive e lavora a Costwolds e ha un canale Youtube con
mille iscritti dove pubblica video che spaziano dai consigli pratici a un vero e proprio diario del raccolto.
Secondo Simon Haley, che ha lanciato #AgriChatUk, utilizzare i social network può aiutare concretamente chi è impegnato in ag ricoltura. “La vita nel settore
primario può essere solitaria - ha spiegato in un‟intervista al Guardian -. Utilizzare i social network è un modo importante per mettere in contatto le persone e
permettere loro di comunicare con gli altri in modo semplice e veloce”.
Sezione 3
FOLLOWER E COMMUNITY AGRICOLA
Sezione 3
APPENDICE: I QUESTIONARI
28.05.2013 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Lo Stato vince sull'Unione europea, ma più potere alle Regioni
Negoziato Pac: in 4.250 rispondono al sondaggio di Fieragricola.
Le risposte compilate dai visitatori sul sito di fieragricola.it, appartenenti a vario titolo al settore primario.
Il risultato più eclatante, nettissimo, è che le trattative sulla Politica agricola comune non dovrebbero essere gestite unicamente dal ministero delle
Politiche agricole: anche le Regioni, rispondono i visitatori, «devono intervenire direttamente nella trattativa, in base all e caratteristiche della propria
agricoltura». Gli economisti agrari invitano a non delegittimare il ruolo del Mipaaf e dell‟Unione europea.
Meno Unione europea, più Regioni. E con lo Stato a difendere gli interessi dell‟agricoltura italiana. Si può sintetizzare cos ì il risultato di un sondaggio lanciato da
Fieragricola lo scorso 13 giugno, sul tema della Politica agricola comune (Pac).
Hanno risposto 4.254 visitatori, appartenenti a vario titolo al settore primario. Il questionario è stato segnalato non solta nto sul sito di Fieragricola, ma anche
veicolato sui social network.
Il risultato più eclatante, nettissimo, è che il negoziato Pac non dovrebbe - così pensano 4.254 singoli utenti - essere gestito unicamente dal ministero delle
Politiche agricole. Anche le Regioni, rispondono i visitatori, «devono intervenire direttamente nella trattativa, in base alle caratteristiche della propria agricolt ura».
Accanto al desiderio di una gestione collegiale della Pac, o almeno non solamente in mano al Mipaaf, il sondaggio mette in lu ce la preferenza, schiacciante, che
a gestire alcuni aspetti cruciali della riforma agricola sia lo Stato italiano e non l‟Unione europea.
È così, ad esempio, per la stesura di una «black list», una lista nera cioè di soggetti ai quali non elargire più i finanziamenti della Pac, come aeroporti e campi da
golf; ma anche per la definizione degli aiuti ai giovani agricoltori - che proprio in questi giorni di discussione a Lussemburgo sul futuro della Pac chiedono a livello
europeo di essere finalmente messi al centro di una manovra che favorisca il ricambio generazionale. E pure per individuare chi sono gli agricoltori attivi, ai quali
spettano i contributi per l‟agricoltura.
Su questi tre punti altrettanta sicurezza: è lo Stato e non l‟Unione europea che deve dettare la linea da seguire.
I commenti degli economisti agrari
Gabriele Canali, docente di Economia e gestione del sistema agroalimentare.
Sul tema dell‟agricoltore attivo ritiene che «gli Stati Membri debbano poter definite autonomamente delle regole generali, mentre sui giovani agricoltori ritengo
che il sistema contenuto nella riforma della Pac sia molto lontano dal poter essere efficace. Tuttavia, se avere gradi di lib ertà a livello nazionale significa rendere
più efficaci gli aiuti, allora va bene».
Relativamente alla «black list», prosegue Canali, «non concordo con la valutazione che esce, perché si rischiano di avere con dizioni di concorrenza sleale tra
Paesi dell‟Ue. Serve una linea minima comune, altrimenti ogni Stato potrà indirizzare migliaia di euro per aeroporti e campi da golf, ai quali invece non
dovrebbero essere assegnati fondi destinati all‟agricoltura. E questo in nessun Paese. Ciò detto, bisogna riconoscere che chi arire a livello nazionale l‟agricoltore
attivo significa definire meglio le risorse».
Quanto al plebiscito che vorrebbe le Regioni in prima fila a decidere della Politica agricola comune, Canali risponde con una domanda. «Non sarebbe ora, visto
che si sta parlando di riforme istituzionali, superare il bicameralismo perfetto e istituire un Senato delle Regioni, al quale delegare il dibattito sulla Pac? Le
Regioni dovranno trovare una sintesi all‟interno del Senato federale e affidare la propria linea al ministero dell‟Agricoltura. Serve una politica seria, che faccia una
sintesi organica. Ma credo che sarebbe inefficiente anche lasciare alle singole Regioni il compito di andare a Bruxelles a rappresent arsi».
Dario Casati, economista agrario, già prorettore dell‟Università di Milano.
«Emerge una forte delusione nei confronti dello Stato centrale - analizza il prof. Casati - e ognuno chiede regole per sé. Ma l‟Unione europea potrebbe obiettare
che i fondi per l‟agricoltura sono comunitari e vengono ripartiti secondo regole comunitarie e non secondo le regole che ogni agricoltore vorrebbe su misura».
Risposte, secondo Casati, «che rappresentano lo specchio dei tempi, ma che non tengono conto della battaglia che si è fatto p er salvare il ministero delle
Politiche agricole e del fatto che, quando si fanno leggi regionali, più che parafrasare le leggi comunitarie non si fa. E le risorse della Pac abbiamo visto che non è
semplice gestirle e le Regioni non sempre sono in grado».
Un‟altra obiezione che Bruxelles potrebbe rivolgere, osserva Casati, «è che di margini di autonomia sono già concessi all‟Italia e alle Regioni, ma non vengono
sfruttati pienamente. Prima di delegittimare la Politica europea è bene riflettere, il rischio è di assistere a continui liti gi fra Regioni».
Ermanno Comegna, economista agrario.
«Sono sinceramente sorpreso dagli esiti del sondaggio condotto da Fieragricola. Non mi aspettavo una convergenza così ampia sull‟autonomia decisionale de gli
Stati membri in materia di politica agricola e sul ruolo diretto delle singole Regioni - afferma Comegna -. Personalmente la penso in maniera diversa dalla
maggioranza di chi ha risposto al sondaggio. In particolare sull‟agricoltore attivo va bene la lista negativa definita a livello nazionale, ma alla condizione che non
vi siano discriminazioni nei confronti di particolari tipologie di impresa e che non si costituiscano barriere burocratiche ed amministrative all‟accesso ai pagamenti
diretti, le quali, peraltro potrebbero essere facilmente superabili ricorrendo ad artifizi».
Inoltre, prosegue Comegna, «ritengo che la questione dell‟autonomia degli Stati membri in materia di Pac rappresenti un elemento di fondamentale importanza.
Credo che spingersi troppo oltre su tale fronte possa comportare la fine della cinquantennale esperienza della Politica agric ola comunitaria e il ritorno alla
nazionalizzazione degli interventi di sostegno del settore. Aspetto questo che non necessariamente va considerato in chiave n egativa, soprattutto per un
contribuente netto al bilancio europeo come l‟Italia».
Infine, conclude, «in relazione all‟intervento delle regioni nella trattativa sulla riforma Pac, il mio parere è di potenziare e non sminuire il ruolo del ministero dell e
Politiche agricole. Una cosa è presentarsi a Bruxelles con una sola voce, altro è andarci con 19 Regioni e 2 Provincie autono me, le quali non tutte peraltro sono
in grado di sostenere un negoziato complesso come quello sulla Pac».
18.10.2013 - Fonte: Servizio Stampa Veronafiere
Sviluppo rurale, Regioni indipendenti ma con regole omogenee
Esclusivo sondaggio di Fieragricola a 4.200 agricoltori e allevatori. De Castro: "Riforma Pac vicina alle imprese".
Approvata la riforma della Politica agricola comunitaria fino al 2020, gli agricoltori italiani chiedono che a gestire i 10,5 miliardi stanziati per lo Sviluppo rurale
siano ancora le Regioni: quelle che spendono di più e meglio. Magari organizzandosi per aree omogenee, la strada privilegiata per garantire al comparto primario
il presidio del territorio, la qualità delle produzioni Made in Italy, veicolo privilegiato per sostenere l‟economia del Paese.
Così hanno risposto 4.200 agricoltori e allevatori al sondaggio esclusivo di Fieragricola. Si tratta, guardando l‟elevato num ero di risposte, di un
campione altamente significativo formato da imprenditori agricoli del Nord (58%), Ce ntro (27%) e Sud/Isole (15%).
Tre le domande rivolte.
Innanzitutto, la destinazione delle risorse per l‟agricoltura non utilizzate, visto che per la prima volta i fondi residui no n faranno ritorno a Bruxelles. Che farne?
Ebbene, il 99% del campione ha risposto che «devono essere destinate alle Regioni con maggiori capacità di spesa agricola», mentre l‟1% ritiene che debbano
«ritornare nella disponibilità dello stato centrale», quindi del Governo.
Orientamento schiacciante anche sulla redazione dei prossimi Piani di sviluppo rurale (Psr), oggi di pertinenza di ciascuna Regione (oltre alle province autonome
di Trento e Bolzano). Il 98% delle risposte insiste per mantenere l‟autonomia delle Regioni, uniformando tuttavia i Psr in ba se a territori o produzioni omogenei; il
restante 2% vorrebbe invece definire i Psr per aree territoriali omogenee, riducendone così il numero e di conseguenza la lib ertà decisionale delle Regioni.
Sostanziale equilibrio, invece, sulla modulazione, cioè la possibilità di trasferire fino al 15 per cento della dotazione nazionale dai pagamenti diretti (1° pilastro)
allo sviluppo rurale (2° pilastro). Il 32% degli addetti ai lavori non vorrebbe modificare la ripartizione attuata da Bruxell es; il 35% dirotterebbe una parte delle
risorse dal 1° al 2° pilastro, mentre il 33% compierebbe il percorso inverso, vale a dire spostando il 15% dei fondi dagli aiuti diretti allo sviluppo rurale.
Sulle risposte al sondaggio di Fieragricola è intervenuto anche Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo: «Gli
agricoltori - commenta - saranno contenti di questa riforma. Anche negli Stati Membri che hanno una articolazione regionale, come l’Italia, non esiste rà più il
disimpegno, ma i fondi non utilizzati andranno a Roma, che le andrà a distribuire alle regioni più virtuose».
Sulla necessità di uniformare i Piani di sviluppo rurale, mantenendo l‟autonomia delle Regioni, De Castro spiega che si tratt a di una linea «indipendente dalle
politiche europee. L’Italia finora ha scelto i piani articolati per regione, ma queste possono mettersi d’accordo e definire regole con una certa similitu dine,
mantenendo l’autonomia, non per macroregioni».
Per il prof. Dario Casati, economista agrario, «le risposte evidenziano la maturità degli agricoltori e una sostanziale fiducia nei confronti dei piani regionali. I
sondaggi di Fieragricola, con oltre 4.200 rappresentanti dell’agricoltura coinvolti, costituiscono un numero rilevante di opi nioni da non sottovalutare affatto».
«Oggi Fieragricola è l’unica rassegna dell’agricoltura in grado di catalizzare e trasmettere su così ampia scala l’opinione degli i mprenditori agricoli - osserva il
direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani -. Questo fa della manifestazione un punto di riferimento per gli espositori e i visitatori, ma anche uno
strumento per trasmettere le istanze del settore alle istituzioni, Governo e Regioni in primis, in modo da sostenere concreta mente con provvedimenti adeguati il
futuro del comparto primario». Non solo. Fieragricola si inserisce nel sistema di Veronafiere dedicato all‟agroalimentare dalla produzione al prodotto finit o. «Da
Fieragricola a Vinitaly, passando per Siab, Eurocarne, Sol&Agrifood, rappresentiamo il 45% dell’offerta fieristica dell’agro alimentare», conclude Mantovani.