Economia: per 7 imprenditori italiani su 10 torna il sogno americano

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Economia: per 7 imprenditori italiani su 10 torna il sogno americano
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Economia: per 7 imprenditori italiani su 10
torna il sogno americano
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MILANO (MF-DJ)--Gli Stati Uniti rappresentano uno dei mercati piu'
attrattivi per i capitali delle aziende di tutto il mondo e storicamente
occupano una posizione di leadership per i nuovi investimenti delle
imprese. Secondo 7 imprenditori italiani su 10 infatti (72%) il mercato
statunitense e' il migliore dove investire i propri capitali in quanto
puo' contare su un'economia solida e in continua espansione (62%), un
sistema fiscale certo e trasparente (58%) e una tassazione vantaggiosa
(55%). Tra le preoccupazioni principali che inibiscono gli investimenti
all'estero la burocrazia (68%), la scarsa conoscenza del sistema legale
(62%) e la lenta ripresa economica (57%).
quanto emerge da un'indagine promossa da K&L Gates Legal Observatory,
l'osservatorio della sede di Milano dello studio internazionale K&L
Gates, che analizza il panorama legale nel contesto italiano e
internazionale. L'indagine e' stata condotta in occasione del convegno
"Investire in USA: crescita e opportunita' per le imprese", organizzato
dall'American Chamber of Commerce in Italy e K&L Gates in collaborazione
con Banca Popolare dell'Emilia Romagna e Confindustria Emilia Romagna, e
ha preso a campione 150 imprenditori delle maggiori citta' italiane
proponendo loro un questionario volto a comprendere come le aziende
italiane considerano e valutano gli investimenti negli Stati Uniti e se
pensano di effettuarne nel loro futuro. Desk China
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Dall'indagine e' emerso inoltre che, nonostante molti imprenditori non
abbiano mai investito negli Stati Uniti (68%) o all'estero (57%), ben 7 su
10 considerano un'operazione negli Usa la migliore opportunita' per lo
sviluppo della propria azienda (72%) e hanno preso in considerazione la
possibilita' di farlo in futuro (69%). Ad incoraggiare le aziende verso
tale orientamento sono la presenza di un mercato maturo e solido che puo'
contare su quasi 320 milioni di abitanti (62%), un sistema fiscale certo e
trasparente che non ammette "furbetti" (58%) sia per quanto riguarda
l'import, sia per quanto riguarda l'export, e una tassazione concretamente
vantaggiosa per le aziende straniere che vogliono investire negli Usa
(55%).
"Il primo ostacolo per gli investitori e' confrontarsi con un sistema
fiscale diverso dal nostro", spiega Vittorio Salvadori di Wiesenhoff,
partner della sede milanese dello studio legale internazionale K&L Gates e
responsabile del dipartimento di diritto tributario. "Il primo e
fondamentale step e' valutare le conseguenze fiscali derivanti dalla
tipologia d'ingresso che viene effettuata sul mercato statunitense. Anche
in assenza di una presenza fisica sul territorio infatti c'e' il rischio
della creazione di una 'stabile organizzazione', instaurabile in alcuni
casi anche con un accordo commerciale con terzi (ad esempio, con un
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distributore locale), che implica il pagamento di imposte negli Stati
Uniti. Qualora, invece, si decida di avere una presenza piu' strutturata
nel Paese, con la costituzione di una societa' in loco, occorre, da un
lato, valutare quale sia la tipologia societaria piu' adatta, non solo
sotto il profilo fiscale, al perseguimento dei propri obiettivi, e,
dall'altro, scegliere lo Stato dove procedere alla costituzione (la scelta
ricade di frequente sul Delaware, in considerazione di una legislazione
societaria estremamente evoluta e flessibile; tuttavia, per gli
insediamenti produttivi c'e' di solito coincidenza tra lo Stato in cui si
trova l'insediamento e quello in cui viene costituita la societa'). In
conclusione, le problematiche maggiori e gli ostacoli piu' frequenti sono
di carattere conoscitivo, ovvero la scarsa familiarita' con una fiscalita'
diversa dalla nostra: il suggerimento e' di non andare allo sbaraglio, e
rendersi conto che ci si sta affacciando in un mercato diverso che
richiede l'assistenza di consulenti esperti per trarre i maggiori vantaggi
da questa economia incredibile".
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Se Olanda, Giappone e Svizzera sono i primi tre paesi investitori negli
Usa con flussi rispettivamente di 29,3 ld euro, 25,4 mld e 17,7 mld,
secondo i dati diffusi dalla Farnesina l'Italia nel 2014 ha fatto affluire
nel mercato americano ben 2,8 mld, un aumento che sfiora il 50% rispetto
agli 1,5 mld nel 2013. Una tendenza che vede un ritorno dei capitali
italiani, oltre che negli Stati Uniti, anche in altre parti del mondo.
Secondo gli esperti, gli altri mercati dove si stanno maggiormente
concentrando gli investimenti sono l'Iran, grazie alla revoca delle
sanzioni internazionali, a seguito dell'accordo sul nucleare del luglio
2015, la Cina, l'India e il Brasile. Mercati che, sebbene abbiano
progressivamente aumentato la loro redditivita', a causa della loto
instabilita' economica e politica, rappresentano ancora territori ad alto
rischio per gli investimenti stranieri.
Il sondaggio effettuato da K&L Gates Legal Observatory porta inoltre
alla luce quegli aspetti che gli imprenditori percepiscono come
difficolta' maggiori nell'approcciare gli investimenti oltreoceano che,
spesso, proprio a causa di queste difficolta' vengono abbandonati: in
primis le questioni burocratiche (68%), la scarsa conoscenza nella tutela
legale (62%) e la lenta ripresa economica (57%), nonche' la perplessita'
sulla possibilita' di creare una rete di vendita capillare ed efficace
(47%) e la mancanza di banche italiane su cui fare affidamento (38%).
Molti degli imprenditori interrogati ritengono pero' che tali criticita'
siano controbilanciate pero' da un grande potere d'acquisto delle famiglie
statunitensi (66%), dall'affinita' di gusti e tendenze tra il mercato
italiano e quello d'oltreoceano, in particolare dall'apprezzamento
americano per il made in Italy, (53%) e da un vastissimo numero di
consumatori (51%). Annunci Premium Publisher Network
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Arturo Meglio, avvocato partner di K&L Gates esperto in ambito
societario, sottolinea che "dal nostro punto di vista la prima difficolta'
riguarda la poca dimestichezza degli imprenditori con la normativa legale
americana che peraltro non e' unitaria ma differisce su base statale oltre
a prevedere anche una regolamentazione federale in alcune materie. Si
tratta di un sistema molto competitivo che puo' offrire tante
opportunita', ma che fa incontrare anche delle difficolta' oggettive, come
le dimensioni notevoli del mercato, la lingua, la scarsa conoscenza del
sistema e la difficile gestione organizzativa che richiede un team
specializzato di professionisti che segua tutte le fasi: dalla scelta
della banca, fino alla costituzione della societa' ed all'attivita' sia
ordinaria che straordinaria della stessa. Per quanto riguarda invece gli
stati piu' attrattivi per i capitali italiani si possono citare quello di
New York, la California, la Carolina del Nord, che per esempio a Charlotte
e Carolina del Sud, con Charleston, offrono degli incentivi, e il
Delaware che presenta una normativa societaria piu' flessibile. Tutte
queste considerazioni, in aggiunta al sempre centrale tema fiscale oltre
che ovviamente a valutazioni di business, impattano sulla scelta
d'iniziare con una sede di rappresentanza o una piu' operativa o
addirittura aprire degli stabilimenti; temi importanti per riuscire a
sfruttare appieno le maggiori potenzialita' del mercato americano, ovvero
la certezza del diritto, la ricchezza di un mercato maturo e un sistema
politico stabile. Esistono anche altri mercati importanti, come quello di
Cina e India, ma non danno le stesse garanzie politiche, giuridiche e
finanziarie".
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