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AL MINISTERO DELL`AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E
AL MINISTERO DELL'AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE Ufficio Legislativo ufficio [email protected] Direzione Generale Protezione della Natura e del Mare Divisione II - Tutela della Biodiversità [email protected] [email protected] ALLA COMMISSIONE EUROPEA - DG AMBIENTE Direzione A - Affari giuridici e politica di coesione 200, Rue de la Loi B - 1049 – BRUXELLES [email protected] Rif. Caso EU Pilot 6730/14/ENVI e, per conoscenza, ALLA PRESIDENTE DELLA REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA Via Sabbadini 31 - 33100 Udine [email protected] Illustrissime Autorità in indirizzo, Con la presente nota le associazioni firmatarie espongono i fatti in seguito descritti e chiedono contestualmente l’intervento delle Autorità in indirizzo, per quanto di rispettiva competenza. In data 17 dicembre 2015 il Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli Venezia Giulia (allegato 1) ha sospeso l’atto di indirizzo in forza del quale veniva esercitata l’attività venatoria nella regione, “valutata la gravità e irreparabilità del pregiudizio laddove, nelle more della decisione del presente giudizio, il prelievo venatorio continuasse a essere esercitato in assenza dei necessari atti regolatori che diano puntuale attuazione alle indicazioni del PFR ” (Piano Faunistico Regionale, ndr) . L’atto di indirizzo sospeso dal TAR, era stato approvato senza essere sottoposto alle procedure di cui all’art. 6 Dir. 92/43/CEE e art. 5 D.P.R. n. 357/97 (valutazione di incidenza ambientale) e omettendo l’acquisizione del parere dell’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale. Il Piano Faunistico Regionale (PFR), approvato il 10 luglio 2015 con Decreto del Presidente della Regione 0140/Pres, non è ancora stato messo in efficacia. A tutt’oggi, nonostante i Piani faunistici siano resi obbligatori già dalla Legge 157/92 quale base della pianificazione di settore, nel Friuli Venezia Giulia gli unici atti programmatori erano gli “atti di indirizzo” emanati dalla Giunta Regionale, privi tra l’altro di valutazione di incidenza ambientale e parere ISPRA. Il Piano Faunistico Regionale approvato si discosta comunque in vari punti dal parere dell’ISPRA, senza peraltro fornire motivazioni tecniche o scientifiche per suffragare tali diverse scelte; per questo motivo, pende sul PFR un ulteriore ricorso al TAR (allegato 2). Si evidenzia inoltre che nella Regione Friuli Venezia Giulia i Piani Faunistici Provinciali – redatti ma mai posti in vigenza – sono stati abrogati con la legge regionale n. 30/99. La Regione Friuli Venezia Giulia ha altresì fissato il calendario venatorio regionale con legge (L.R. 24/96), evitando così di sottoporre l’atto al parere dell’ISPRA e a Valutazione di Incidenza ambientale; su analoghe scelte illegittime da parte di altre Regioni si è espressa varie volte la Corte Costituzionale della Repubblica Italiana. A questo proposito si riporta uno stralcio della Sentenza 90/2013 della Suprema Corte: “Questa Corte in più occasioni ha ritenuto «evidente che il legislatore statale, prescrivendo la pubblicazione del calendario venatorio e contestualmente del “regolamento” sull’attività venatoria e imponendo l’acquisizione obbligatoria del parere dell’ISPRA, e dunque esplicitando la natura tecnica del provvedere, abbia inteso realizzare un procedimento amministrativo, al termine del quale la Regione è tenuta a provvedere nella forma che naturalmente ne consegue, con divieto di impiegare, invece, la legge-provvedimento» (sentenza n. 20 del 2012; in seguito, sentenze n. 105 del 2012, n. 116 del 2012, n. 310 del 2012). È da aggiungere che l’art. 18, comma 4, della legge n. 157 del 1992, nella parte in cui esige che il calendario venatorio sia approvato con regolamento, «esprime una scelta compiuta dal legislatore statale che attiene alle modalità di protezione della fauna e si ricollega, per tale ragione, alla competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» (sentenza n. 105 del 2012).” Nella Regione Friuli Venezia Giulia, in forza della Legge Regionale n. 6/2008, tutta la gestione venatoria è di fatto privata, violando così il principio cardine di cui all’art. 10 comma 5 della Legge 11.2.1992, n. 157 (“Il territorio agro-silvo-pastorale regionale può essere destinato nella percentuale massima globale del 15 per cento a caccia riservata a gestione privata ai sensi dell'articolo 16, comma 1, e a centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.”). In ambito regionale, infatti, le quote di territorio che dovrebbero essere destinate a gestione pubblica sono invece state affidate ad associazioni private, costituite unicamente tra cacciatori: “Art. 14 L.R. 6/2008 1. Il territorio regionale è suddiviso in unità territoriali denominate Riserve di caccia individuate con deliberazione della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore competente in materia faunistica e venatoria, da pubblicare sul Bollettino Ufficiale della Regione, sentito il Comitato. Con il medesimo procedimento possono essere modificati l'elenco e le dimensioni delle Riserve di caccia, al fine di migliorare la gestione faunistica e venatoria. 2. L'Amministrazione regionale assegna il territorio corrispondente a ciascuna Riserva di caccia, per la gestione venatoria, a una associazione senza fine di lucro, costituita tra i cacciatori ammessi a esercitare l'attività venatoria sul medesimo territorio.” Sull’illegittimità di tali scelte operate dal legislatore regionale si era già espresso il Governo, in sede di impugnazione della norma ipotizzando che esse “violerebbero anche l'art. 4 dello statuto speciale di autonomia, in quanto determinerebbero «una privatizzazione della gestione faunistica al livello regionale ed una concentrazione nella mani di un'unica categoria della stessa gestione faunistica, in contrasto con quanto previsto dall'art. 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992» il quale, configurandosi come norma fondamentale di riforma economico-sociale, prevede invece che «negli organismi di gestione faunistica, deve essere assicurata la presenza paritaria delle organizzazioni professionali agricole, delle associazioni venatorie nazionali e delle associazioni di protezione ambientale”. Conformemente, la Corte Costituzionale nella sentenza affermava che: “Risulta evidente la difformità della normativa regionale impugnata rispetto a quanto previsto dall'art. 14, comma 10, della legge n. 157 del 1992 che, nel fissare i criteri di composizione degli organi preposti alla gestione dell'attività venatoria negli ambiti territoriali individuati secondo le modalità indicate, fissa uno standard minimo ed uniforme di composizione degli organi stessi che deve essere garantito in tutto il territorio nazionale.” A tutt’oggi però la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia non ha provveduto ad adeguare la norma al rilevo della Corte. Nello stesso regime privatistico, le associazioni che gestiscono le Riserve di caccia adottano i regolamenti di fruizione venatoria (art. 15 L.R 6/2008), atti che contengono contenuti delegati dalla norma quadro nazionale ai Calendari Venatori Regionali e Provinciali o agli enti pubblici. L’approvazione di tali atti e la relativa dichiarazione di esecutività è delegata ai Distretti Venatori, composti “dall'insieme delle Riserve di caccia, delle aziende faunistico-venatorie, delle aziende agri-turistico-venatorie e delle zone cinofile il cui territorio ricade, in misura prevalente, nell'ambito territoriale di competenza del Distretto venatorio”. Il controllore coincide dunque con il controllato. Tutta la gestione avviene dunque senza alcun reale controllo della Pubblica Amministrazione, che si è sino ad ora limitata ad emanare “atti di indirizzo”, e senza l’obbligatorio parere dell’ISPRA e omettendo sugli atti di pianificazione delle Riserve la valutazione di incidenza; Non possono essere poi ulteriormente protratte norme che nel Friuli Venezia Giulia consentono comportamenti in contrasto con leggi nazionali e comunitarie, oltre che con il buon senso: la caccia da natante “purchè saldamente ancorato” (attività che nel resto d’Italia da luogo ad una violazione penale), la caccia agli anatidi fino ad un’ora dopo il tramonto, la caccia in pianura su terreni coperti da neve, l’esonero dell’obbligo del fodero nelle zone vietate alla caccia (viene richiesto solo che l’arma sia aperta), l’utilizzo nelle zone umide di pallini da caccia contenenti piombo “purchè nichelato”, l’omissione dell’obbligo dell’opzione di caccia, l’esonero per gli appostamenti di caccia di qualsiasi procedura autorizzativa – inclusa la valutazione di incidenza - ed altri ancora. Tutto ciò esposto, - Rilevato che ad oggi la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia non ha ritenuto di dare corso all’ordinanza cautelare del Tribunale Amministrativo Regionale, sospendendo l’esercizio dell’attività venatoria nelle more dell’adozione degli atti di programmazione previsti dalle norme e sottoposti ai pareri e valutazioni obbligatori (parere dell’ISPRA e Valutazione di Incidenza Ambientale) - Considerato che il TAR, nelle motivazioni dell’ordinanza cautelare evidenzia “la gravità e irreparabilità del pregiudizio laddove, nelle more della decisione del presente giudizio, il prelievo venatorio continuasse a essere esercitato in assenza dei necessari atti regolatori che diano puntuale attuazione alle indicazioni del PFR”. - Dato atto che la ritardata o omessa ottemperanza all’ordinanza potrebbe dare luogo anche ad addebiti amministrativi, in considerazione della natura patrimoniale della Fauna Selvatica (Art. 1 co. 1 L. 157/92: La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale.) - Considerato che nei confronti dell’Italia risulta essere stata aperta, da parte della Commissione Europea, una procedura UE Pilot per la verifica della corretta applicazione delle procedure di cui all’art. 6 Dir. 92/43/CEE e che l’attuale gestione venatoria risulta totalmente carente di qualsivoglia applicazione di tale procedura alla pianificazione e programmazione dell’attività venatoria, in totale difformità anche da quanto previsto dall’art. 5 del D.P.R. n. 357/97; - Visto l'art. 1, comma 2, della legge 8 luglio 1986, n. 349, che dispone, tra l'altro, che il Ministero dell'ambiente curi la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nazionale; - Visto l'art. 1, comma 5, della legge 8 luglio 1986, n. 349, che dispone che il Ministero dell'ambiente curi l'adempimento delle convenzioni internazionali concernenti l'ambiente e il patrimonio naturale; - Visto l'art. 8 della legge 3 marzo 1987, n. 59, che attribuisce al Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri eventualmente competenti, il potere di emanare ordinanze contingibili per la tutela dell'ambiente qualora si verifichino situazioni di grave danno ambientale; - Visto l'art. 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, concernente la riduzione o il divieto, per periodi prestabiliti, della caccia a determinate specie della fauna selvatica, per importanti o motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica e per sopravvenute particolari condizioni ambientali stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità; - Visti gli l’artt. 14, comma 15 e 15 comma 11 della Legge 11 febbraio 1992, n. 157 che prevedono l’applicazione dell’esercizio del potere sostitutivo da parte del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, di concerto con il Ministro dell'ambiente in caso di inerzia delle regioni negli adempimenti finalizzati all’applicazione della corretta pianificazione faunistica e venatoria; CHIEDONO Al Ministero in indirizzo: di adottare urgentemente il provvedimento di sospensione dell’attività venatoria, in attuazione dell’ordinanza del Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli Venezia Giulia, al fine di evitare un grave pregiudizio al patrimonio faunistico; Alla Commissione Europea – DG Ambiente: di valutare l’inserimento del caso qui descritto nell’ambito della procedura EU Pilot 6730/14/ENVI. Parma – Roma - Udine – Pordenone, 24 dicembre 2015 Le Associazioni di protezione ambientale firmatarie: LIPU - Lega Italiana Protezione Uccelli WWF Italia Legambiente Friuli Venezia Giulia LAC – Lega Abolizione Caccia