Business Plan

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Business Plan
RATIO - SOLUZIONI PER LA GESTIONE D’IMPRESA [n. 3/2013 • 5404] Centro Studi Castelli s.r.l.
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Controllo di gestione
Come progettare
un business plan
efficace
Linee guida alla redazione del Business Plan CNDEC - edizione 2011
Problema: le imprese, oggi più che mai, necessitano di interpretare e manipolare informazioni interne ed esterne
all’azienda per ricercare modelli di business vincenti.
Soluzione: il Business Plan è lo strumento ideale sia per avviare una impresa che per gestire al meglio eventuali
future fasi di sviluppo.
Attraverso le più moderne tecniche di Business Plan sarà inoltre possibile simulare i comportamenti dell’impresa
prima ancora che questa sia nata, verificando in anticipo quali possano essere i problemi con i quali essa si troverà
a dover lottare e analizzando in anticipo tutti gli scenari entro i quali l’impresa si muoverà.
In questo senso il Business Plan deve essere inteso come il principale strumento di pianificazione aziendale da
utilizzarsi:
1. per simulare la nascita di un business;
2. per verificarne il suo evolversi;
3. per misurare il raggiungimento degli obiettivi.
Finalità del business plan (BP)
Dobbiamo immaginare che il Bu
siness Plan diventi per noi il vero e
proprio riassunto schematico di una
idea d’impresa che si vuole realizzare
oppure monitorare.
Immaginiamo che il Business Plan
sia come l’obiettivo di una macchina
da presa che analizza la nostra idea
di impresa da diverse angolature.
Bilancio d’esercizio e BP
Possiamo immaginare il bilancio
d’esercizio come una macchina fotografica in grado di fornirci delle
semplici e banali istantanee: appare
evidente che dal raffronto tra due o
tre semplici fotografie non si possano percepire tutti i dettagli che il nostro film (il Business Plan appunto!)
è in grado di percepire.
Appare sin da subito evidente la
potenza di uno strumento in grado
di seguire nascita ed evoluzione di
un’impresa passo per passo evidenziando anche i piccoli scostamenti
dal modello di riferimento.
Al centro del Business Plan abbiamo
“un’impresa”.
Con tale termine dobbiamo sicuramente intendere le imprese industriali e commerciali, ma dobbiamo
allo stesso modo ricomprendere tutte le attività di “business”, comprese
quelle di tipo sociale che rientrano
nel terzo settore.
Impresa e business plan
Nella maggior parte dei testi di economia e di ragioneria l’impresa è
definita come “insieme dei fattori
della produzione professionalmente
organizzati al fine della produzione
e/o scambio di beni e servizi per il
conseguimento di un profitto”.
Ma è giusto ritenere il profitto l’unico
mezzo di misura della bontà o meno
di una impresa?
“Fare impresa” deve quindi intendersi in tutto questo contesto come “realizzare un’idea”.
Il Busines Plan, in questo contesto,
può essere lo strumento ideale sia
per avviare un’impresa sia per gestire
al meglio il futuro sviluppo.
ESEMPI
• Analizziamo ad esempio una grossa impresa di tipo industriale (ad esempio la
Fiat) dal lato dell’azionista: tanto maggiori saranno gli utili distribuiti tanto
maggiore sarà con ogni probabilità la sua
soddisfazione.
• Analizziamo ora ad esempio una grossa
impresa (in senso lato) del settore sociale
come un ospedale.
• Non v’è dubbio alcuno che si tratti di
un’impresa.
Basti pensare all’elevato numero dei lavoratori che vi operano e alla gran quantità di capitale impiegato.
• Più difficile risulta in questo caso determinare se il profitto o l’assenza di perdite sia l’unico strumento di misura della
reale efficienza del business oppure non
siano importanti fattori quali il benessere
individuale dei pazienti, non facilmente
misurabile in moneta.
• La misura del successo o meno dovrà
quindi essere parametrata al raggiungimento degli obiettivi che sono stati posti
in partenza, siano essi monetari (come
succederà nella maggior parte dei casi)
oppure di tipo “sociale”.
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Approccio e progettazione
di un Business Plan
Nuovo approccio al Business Plan
Il metodo che presentiamo per la
stesura del Business Plan è di tipo
moderno e poco convenzionale.
Questo metodo lascia molto spazio
sia all’analisi del Business Plan sia
alla verifica della sua fattibilità anche al di là della semplice analisi di
tipo numerico che, pur essendo sicuramente importante (per non dire
obbligatoria) potrebbe non essere
sempre sufficiente a dare una visione
corretta del tema affrontato.
Tale moderno approccio si basa sulla
esigenza di rendere il Business Plan
più facilmente leggibile rispetto ai
modelli unicamente numerici.
L’approccio sopracitato si è rivelato
molto utile nella pratica quotidiana
per una serie di fattori tra i quali si
annota che un Business Plan di semplice lettura:
- risulta più comprensibile da chiunque (anche dagli addetti ai lavori) e
quindi impegna meno tempo per la
sua lettura;
- annoia meno e quindi tende a rimanere per un tempo superiore
nella memoria del lettore poiché
più semplice da memorizzare;
- tende ad incuriosire chiunque, aumentando quindi il bacino dei possibili destinatari.
Sin dalle fasi iniziali avremo pertanto cura di progettare un Business
Plan che abbia il preciso scopo di
“catturare” l’attenzione del lettore.
Quando fare un Business Plan
Un elemento difficile da individuare è quando sia necessario redigere
il Business Plan e quando questo sia
superfluo.
Tale metro di valutazione è sicuramente soggettivo poiché sottende a
considerazioni di vario genere, non
da ultima l’onerosità in termini di
ore di lavoro (e quindi economici).
In linea generale possiamo sicuramente affermare che il Business Plan
può rivelarsi superfluo allorquando
l’investimento iniziale non superi la
cifra di € 20.000,00 e coinvolga una
sola persona.
Per contro possiamo affermare che
nel caso in cui il capitale investito
superi la quota di € 20.000,00 e nel
progetto sia coinvolta più d’una persona la stesura di un Business Plan,
anche semplificato, possa condurre
ad una analisi in grado di palesare un’eventuale errore sostanziale; è
infatti nostro parere che la cifra di €
20.000,00 meriti attenzione e rispetto, così come ne merita il tempo che
due o più persone possono trovarsi
ad investire.
In questo senso possiamo immaginare il nostro Business Plan come
una sorta di assicurazione contro la
perdita del capitale da investire.
Operazioni preliminari
alla stesura di un Business Plan
Possedere doti di creatività, entusiasmo e fantasia è sicuramente la base
di molte attività imprenditoriali; tuttavia, quando si avvia un’impresa il
rischio è sempre in agguato e, nei limiti del possibile, si consiglia di prevederlo.
Gli effetti di una buona pianificazione si riscontrano fin dalle fasi iniziali
nella stesura del progetto di business.
Questa affermazione è tanto più vera
quanto più laborioso e dettagliato
debba essere il lavoro di stesura di
un business plan e poiché (come si
suol dire) “il buongiorno si vede dal
mattino”, nella stesura del nostro
Business Plan cercheremo di partire
con il piede giusto.
Stesura di un Business Plan
Il nostro approccio sarà quello di
suddividere il lavoro in capitoli e
successivamente in sottocapitoli affinché si possa suddividere il nostro
lavoro nelle seguenti parti ideali:
- introduzione e descrizione dell’idea
imprenditoriale;
- aspetto operativo;
- aspetto finanziario.
Questa suddivisione ideale è alla
base di un approccio che abbiamo
definito un po’ “fuori dal coro”, che
muove dall’esigenza di catturare e
tenere alto il livello di attenzione del
lettore.
Tale considerazione deriva direttamente dalla pratica professionale
ove si può frequentemente riscontrare un fenomeno di repentino calo
dell’attenzione degli interlocutori, in
particolare dei funzionari preposti
alla valutazione dei Business Plan.
Le esperienze maturate ci hanno
sicuramente fatto capire come gli
interlocutori abbiano sempre poco
tempo e molteplici impegni cui far
fronte: pertanto si è deciso di puntare su un approccio che punti a privilegiare gli aspetti innovativi dell’idea
imprenditoriale, quantomeno nella
disposizione organica degli elaborati, dedicando gli ultimi capitoli agli
aspetti finanziari.
Questo approccio non deve tuttavia
trarre in inganno il lettore inducendolo a pensare che tali aspetti finanziari siano poco importanti.
Ben più semplicemente tali aspetti
sono solo per addetti ai lavori in sede
di pianificazione finanziaria.
La nostra scelta non intende, in nessun modo, mettere in secondo piano
la trattazione finanziaria, fondamenta imprescindibile, sulla quale poggia qualsiasi idea imprenditoriale;
appare infatti evidente che senza
un’adeguata copertura finanziaria è
praticamente impossibile per chiunque portare a termine il progetto imprenditoriale.
Tale approccio porterà il lettore a
soffermarsi prima sulla descrizione
dell’idea di business e successivamente sugli aspetti operativi.
Il lettore che decidesse di proseguire
nella lettura del Business Plan addentrandosi nell’esame degli aspetti
finanziari avrà sicuramente compreso quello che per noi è fondamentale: l’idea di business, vero cuore pulsante dell’impresa che sta per essere
attivata.
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Iniziare la stesura di un Business Plan
Fasi iniziali
Nelle fasi iniziali della progettazione
di un Business Plan è quanto mai assolutamente importante “mettere a
fuoco” l’idea di business.
Poiché essa costituisce l’aspetto portante di tutto lavoro è comprensibile che il consulente debba compiere
ogni sforzo per centrarsi ed allinearsi
alla filosofia di pensiero dell’imprenditore dal quale ha avuto l’incarico di
redigere il piano di impresa.
Non è infatti immaginabile come si
possa scrivere e soprattutto come si
possa trasmettere al lettore una filosofia vincente che non si è ben capita.
Il consulente dovrà quindi interiorizzare e fare propria tale idea, possibilmente discutendone in maniera
ampia ed esaustiva sia con l’imprenditore sia con i collaboratori che
eventualmente lo assisteranno nella
stesura del Business Plan.
Stesura del canovaccio
Indipendentemente dalla lunghezza e complessità generale del Business Plan nonché dal suo utilizzo è
quanto mai preferibile predisporre
un canovaccio o bozza del lavoro da
svolgere.
Nel canovaccio si affronteranno in
breve tutti i punti che dovranno poi
essere definiti e descritti nel Business Plan, avendo cura di non tralasciare nessuno degli aspetti chiave
del progetto d’impresa.
Al termine della stesura del canovaccio sarà utile affrontare la prima
verifica e cercare di esaminare se il
nostro lavoro dia compiute risposte
a tutte le domande che ci potrebbero
venir rivolte.
Nella pratica quotidiana ci accorgiamo molto spesso che tali domande
sono le più disparate:
- chi è l’imprenditore?
- cosa vuole fare?
- cosa offre?
- qual è il suo target?
- dove mira?
- quanto è organizzato?
- quant’è preparato sulle dinamiche
del mercato e quanto lo conosce?
- chi conosce?
- su chi pensa di contare?
-
quanto renderà quest’investimento?
- quali sono i tempi per coprire l’investimento iniziale?
- quali sono le garanzie di copertura
dell’investimento?
- cosa potrebbe andare storto?
- altre domande.
È tuttavia consigliabile dare ampio
spazio all’esame del canovaccio poiché non è per nulla infrequente il
caso di un buon Business Plan abbandonato a metà perché giudicato
inadeguato rispetto agli obiettivi.
SUGGERIMENTI
Cosa, chi, come
In accordo con quanto detto nell’introduzione il canovaccio avrà una struttura organizzata secondo un með todo “cosa-chi-come” tendente a privilegiare l’idea (il “cosa”) ed il soggetto portatore di tale idea (il “chi”)
rispetto al “come” essa venga effettivamente realizzata.
Idee e persone
Diamo ampio spazio alle idee ed alle persone poiché riteniamo che se tali idee “fanno breccia” nell’attenzione
ð del lettore questo sarà sicuramente invogliato a proseguire la lettura del Business Plan.
Impaginazione
Il nostro Business Plan, nell’intento di catturare l’attenzione del lettore, deve avvalersi di tecniche di scrittura
ð moderne, preferibilmente basate su un approccio di tipo mediatico, senza lesinare ad esempio sull’uso di
immagini, sull’uso del colore oppure su vere e proprie tecniche di marketing visivo.
Attenzione
al settore
Per contro è bene avvisare il lettore che tali tecniche, che si adattano sicuramente bene a molti settori, potrebbero rivelarsi sicuramente controproducenti in altri; ad esempio possiamo immaginare come tali tecniche possano rivelarsi vincente nella presentazione del Business Plan di una discoteca, di un bar alla moda o
ð di marche di abbigliamento per giovani e nel contempo immaginare come esse possano essere controproducenti nella presentazione, ad esempio, del Business Plan di uno studio professionale o di un’altra attività ove
non sia consuetudine l’utilizzo della pubblicità.
Tali aspetti andranno pertanto ben analizzati e misurati già nella fase della stesura del canovaccio.
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Comunicare la mission
Errori da evitare
Qualunque sia l’attività per la quale ci
apprestiamo a progettare il Business
Plan dobbiamo cercare di mettere la
“mission” (in italiano “missione”) al
centro dell’attenzione del lettore.
Tale esigenza non è in alcun modo
dettata da recenti mode esterofile ma
contribuisce alla comunicazione di
un pensiero unitario che è alla base
del nostro sforzo per rendere interessante ed accattivante il nostro lavoro.
Per ottenere tale risultato esistono
diversi approcci tra cui il più usato è
quello di anteporre nelle primissime
pagine un breve indice degli argomenti trattati.
Così facendo si darà la possibilità al
lettore di farsi subito un’idea di cosa
troverà all’interno del Business Plan
permettendogli di esaminare gli argomenti secondo le proprie esigenze.
Anteporre il riassunto si è rivelata
molto spesso una scelta strategica
utile, in particolar modo, in tutte
quelle realtà ove era necessario fare
breccia nel poco tempo a disposizione per la presentazione dell’opera.
Nella pratica quotidiana capita assai
frequentemente di relazionarsi con
potenziali finanziatori che non stanno esaminando unicamente il nostro
Business Plan e molto spesso tali
soggetti hanno molteplici impegni e
poca disponibilità di tempo.
È pertanto evidente come sia inutile insistere nel cercare spazi ove essi
non ci siano!
In tale ottica avremo certamente
cura di non commettere due tra i più
classici errori nella stesura di un Business Plan, di seguito illustrati.
Trattamento dei dati tecnici
La descrizione di un qualsiasi tipo
di progetto d’impresa dovrebbe, in
qualche modo, esporre una serie di
informazioni di tipo tecnico.
Le informazioni tecniche sono assolutamente indispensabili per dare
credibilità al Business Plan ma hanno tuttavia il grande difetto di annoiare il lettore e di distrarlo dalla visione più generale del business.
Questo significa che il lettore, notando i dati tecnici, andrà a concentrarsi
su di essi, magari anche contestandoli e perdendo di vista l’aspetto principale del business.
In tal senso è sicuramente preferibile trovare un’adeguata collocazione
a questi dati; quando gli stessi non
siano assolutamente indispensabili
è preferibile collocarli su uno o più
allegati forniti a parte oppure fornirli
su richiesta del lettore.
CONSIGLIO
È consigliato inserire nel business plan
adeguate schede di sintesi che raggruppino e sintetizzino i dati tecnici, magari con
l’utilizzo di grafici colorati; le tavole contenenti tutti i dati tecnici del caso, invece,
devono essere rese disponibili a parte in un
allegato appositamente dedicato.
Febbre da investimento
Il secondo importante errore che
possiamo evitare è quello di incorrere nella cosiddetta “febbre da investimento”, ovverosia nell’attirare l’attenzione del lettore verso le tabelle di
spesa piuttosto che favorire la lettura
dei ricavi o dei guadagni.
Dobbiamo infatti considerare che la
maggior parte dei destinatari e dei
lettori del nostro Business Plan sono
potenziali soggetti finanziatori della nostra idea e dobbiamo pertanto
evitare di ricordare che i soldi sono
necessari per la realizzazione del business.
Il finanziatore ha ben presente questo aspetto ed il suo approccio sarà
ovviamente sempre tendente ad
erogare la minor quantità di denaro
possibile.
Tale innata tendenza non va certamente
favorita, ma contrastata offrendo la possibilità di comprendere come realizzare il
rientro dell’investimento ed illustrando le
prospettive di guadagno dell’attività oggetto del Business Plan.
Missione
e valori aziendali
• Definire la missione aziendale significa
identificare gli elementi importanti
per il successo dell’azienda e creare
i presupposti per una condivisione
dei valori e dei principi guida
dell’organizzazione.
• Senza una missione condivisa, i nuovi
modelli di azione sono contrastati
dalla forza e dalla prassi tradizionale.
• Per collaborare le persone hanno
bisogno di un senso di direzione e di
uno scopo comune importante.
• Per essere efficiente qualsiasi azienda
ha bisogno di trovare un riscontro tra
valori, principi guida e politiche, prassi
e modelli di comportamento applicati
cercando il loro consolidamento.
• I valori di un’azienda danno così
l’impronta al comportamento delle
persone in tutte le loro attività
lavorative.
• La condivisione dei valori è una
traguardo importante per favorire
un allineamento coerente tra il
comportamento delle persone e gli
obiettivi dell’organizzazione.
CIRCOLARE
NOTIZIARIO
• E-mail mensile
dedicata alle novità
fiscali, alle scadenze
ed agli adempimenti
aziendali
• In formato Word
per essere
personalizzata
• Forma breve:
sintesi
di adempimenti
mensili
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Caratteristiche di un buon business plan
Sintetico ma esauriente
Esporre un’idea imprenditoriale in
modo sintetico ed esauriente non è
certamente cosa facile. L’addetto alla
stesura del Business Plan dovrà:
- esporre le informazioni in modo
sintetico;
- evitare fronzoli inutili che il lettore
potrebbe mal digerire;
- rendere un’informazione esauriente per non dare l’impressione di
voler evitare di trattare questo o
quell’argomento.
La chiarezza e la sintesi sono i punti
di forza del Business Plan.
In questo senso potremo affidarci a moderne tecniche editoriali che utilizzino
ad esempio brevi riassunti, indici guida
e quanto altro utile per guidare il lettore
attraverso una trattazione di un Business
Plan che spesso risulta molto lunga e pesante in termini di pagine.
Semplice e comprensibile a tutti
Un professionista è valido se con facilità espone in modo semplice anche i
concetti più difficili. Solitamente tale
capacità indica sia un buon grado di
preparazione nei confronti dell’argomento sia un accurato studio della
materia applicata al caso specifico.
Ci sentiamo sicuramente di consigliare l’uso di vocaboli facili senza
cedere alla tentazione di utilizzare
termini inglesi e/o termini tecnici,
salvo quando questo sia realmente
indispensabile; in tali casi è preferibile indicare al lettore, mediante il rimando ad una nota, la traduzione in
italiano o comunque in “linguaggio
comune” del termine utilizzato.
Allo stesso modo sarà preferibile isolare, anche graficamente, le dissertazioni di tipo tecnico che esulano dal
contesto generale.
I concetti appena espressi sono dettati
dalla esigenza di rendere il Business Plan
comprensibile a tutti poiché una elevata
accessibilità ai documenti si traduce sicuramente in un maggior numero di potenziali lettori e quindi in un maggior numero
di soggetti interessati all’argomento trattato.
Completo
Abbiamo già accennato nell’introduzione quanto sia importante che
il Business Plan sia completo in ogni
sua parte al fine di non destare dubbi
sulla presenza a meno di zone d’ombra o di possibili problemi che non
sono stati analizzati dal professionista.
Nella stesura del canovaccio, come
peraltro già accennato, si dovrà avere molta cura nell’ipotizzare anche
più di uno scenario ed anche più di
un approccio: non possiamo infatti
immaginare né lo stato d’animo né il
livello di preparazione e di cultura né
tantomeno i molteplici fattori esterni
che possono influenzare la lettura del
Business Plan, e pertanto dobbiamo
fare lo sforzo di rileggere il nostro
elaborato con occhi quanto più critici possibili al fine di chiederci se
realmente abbiamo risposto a tutte le
domande che il lettore si potrà porre.
ad esaminare un progetto d’impresa privo di qualsiasi incognita, sarà
tentato di non ritenerlo aderente alla
realtà, con la conseguenza dello scarto a priori dello stesso, spesso senza
nemmeno spingere la propria analisi all’approfondimento degli aspetti
tecnici.
Per contro, di fronte a un progetto
d’impresa che esamini anche le difficoltà, sarà tentato di indicare soluzioni e di incoraggiare l’imprenditore a trovarne.
Caratteristiche
del Business Plan
• Sintetico ma esauriente
• Semplice e comprensibile a tutti
• Completo
• Credibile
• Trasparente
Quanto più completa sarà questa analisi
tanto più completo sarà il nostro Business
Plan.
Composizione
del Business Plan
Credibile
Quanto alla credibilità, le nostre affermazioni dovranno essere sempre
supportate da atti, fatti e teorie facilmente verificabili.
Diretto
• Descrizione del progetto
• Cosa e come vendere
• A che prezzo vendere
• Raggiungimento del punto di
equilibrio
• Piano economico-finanziario
Trasparente
Una delle armi vincenti dei migliori
elaborati è sicuramente la trasparenza, ovvero la capacità di mostrare al
lettore quanto facile sia verificare le
affermazioni sulle quali si fonda il
Business Plan, e quanto esso sia aderente alla realtà.
Non abbia paura il professionista
nel mostrare eventuali lacune: ricordiamo infatti che il lettore sarà con
ogni probabilità un professionista
del settore, difficilmente disposto a
credere alla perfezione del progetto
di business, alla totale assenza di difetti, a dati certi ed al sicuro rientro
del capitale.
Un qualsiasi analista, trovandosi
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La redazione
del business plan
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Il progetto (1° modulo)
Descrivere il progetto
Il Business Plan è stato frazionato in
tre moduli.
Il primo modulo è di tipo discorsivo
e descrittivo poiché avrà il compito di trasmettere al lettore le prime
informazioni essenziali circa il progetto d’impresa, ovvero dovrà comunicare e descrivere il vero e proprio
progetto inteso come progetto unitario di impresa.
Nel primo ideale modulo del nostro
Business Plan affronteremo quindi
l’argomento “cosa facciamo” ed immediatamente l’argomento “chi lo fa”.
Chi siamo
e cosa facciamo?
È estremamente importante che tali
argomenti siano esaminati per primi
ed insieme.
L’esigenza di esaminarli per primi è
legata alla soglia di attenzione del
lettore, che si sa essere inizialmente più alta e che si vuole catalizzare
sin da subito mostrandogli l’idea di
business, e nel contempo chi c’è alle
spalle di tale idea.
Il tentativo è quello di legare nella mente del lettore l’immagine del
nuovo business con il soggetto che
ne è il titolare in modo che egli abbia
sempre ben presente questo riferimento.
L’utilità di questa simbiosi va ovviamente nella direzione di proteggere
l’idea unendola al nome di colui che
l’ha avuta.
Nel descrivere il nostro progetto di
business dobbiamo tenere ben presente una regola fondamentale comune a tutti Business Plan.
Il progetto è uno sforzo temporaneo intrapreso per sviluppare un prodotto o un
servizio unico.
Fin dalle prime fasi di progettazione del Business Plan è bene tenere
presente che questo particolare strumento è tanto più utile ed efficace
quanto più viene applicato ad un
progetto con caratteristiche di novità, oltre che determinato nel tempo.
Non è consigliabile utilizzare questo strumento per descrivere oppure
analizzare il normale andamento di
una impresa o di un bene o servizio, poiché il Business Plan meglio
si adatta all’analisi imprenditoriale
di uno “sforzo temporaneo” inteso
come accelerazione di un’impresa
produttiva tesa al raggiungimento di
un obiettivo.
L’obiettivo è individuato nello sviluppo di un prodotto o servizio con
caratteristica di unicità, ovvero di
novità.
Difficilmente infatti sarà possibile
redigere un buon Business Plan che
non sia strettamente legato all’analisi
di un arco di tempo determinato oppure che prende o in esame diversi
mercati o diversi beni servizi.
In tutti i casi nei quali sarà necessario sviluppare contemporaneamente due o più
prodotti/servizi sarà opportuno frammentare il Business Plan in sottosezioni, se non
addirittura redigerne due separati.
Differenziare progetto,
impresa ed obiettivi
Un errore comunemente commesso
è quello di non separare correttamente la descrizione del progetto di
business dalla descrizione dell’attività principale dell’impresa che lo ha
progettato e che lo saprà realizzare.
Il progetto:
business project e core business
In molti manuali tecnici che trattano
di quest’argomento viene spesso data
l’indicazione con due termini inglesi:
- “business project”;
- “core business”.
ESEMPIO
• S i prenda ad esempio un’azienda che
produce minuteria metallica e che intenda iniziare la produzione e vendita di un
nuovo tipo di bullone.
• Il “core business” di questa azienda va sicuramente individuato nella produzione
di minuteria metallica, mentre il “business project” è individuato nella nuova
iniziativa di produzione e vendita.
• L’azienda di cui all’esempio precedente
potrebbe inoltre progettare la vendita
dei propri prodotti in un nuovo mercato
emergente.
• Fermo restando il “core business”, sempre
individuato nella produzione di minuteria metallica ci troveremo di fronte ad un
“business project” rappresentato dalla
conquista di tale nuovo mercato.
Appare quindi evidente che la novità contenuta nel progetto d’impresa
può consistere sicuramente sia nella realizzazione di un nuovo bene o
servizio sia nella commercializzazione di un prodotto o servizio già esistente in un nuovo mercato.
Obiettivi (goal) del progetto
Infine è bene familiarizzare anche
con il termine inglese “goal”, traducibile in italiano come obiettivo del
progetto.
Con tale termine possiamo bene intendere i livelli quantitativi o qualitativi a cui mira il progetto d’impresa.
L’obiettivo finale (goal) del Business
Plan deve essere:
- determinato o determinabile;
- espresso in modo chiaro;
- verificabile.
Le tre caratteristiche debbono essere contemporaneamente presenti e
sono direttamente connesse alla possibilità offerta al lettore di verificare
le proprie aspettative di riuscita del
progetto in un arco di tempo che il
progetto stesso ha delineato.
Risulta così indispensabile evidenziare in
maniera chiara quali siano gli obiettivi che
il progetto si prefigge.
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Quanto alla definizione dell’arco
temporale nel quale si presume essi
saranno raggiunti, è bene considerare l’assoluta necessità di dare notizia,
attraverso monitoraggi regolari nel
tempo, dei progressi che via via si
raggiungono.
Molto spesso, infatti, i Business Plan
sono strutturati per misurare un ar-
co temporale abbastanza ampio (da
3 a 5 anni).
In questi casi è quanto mai idoneo
ipotizzare misurazioni intermedie
effettuate su archi temporali differenziati a seconda delle esigenze.
Nelle fasi iniziali del progetto i monitoraggi saranno sicuramente molto
ravvicinati, mentre nelle fasi succes-
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sive potranno essere maggiormente
distanziati.
L’esigenza di utilizzare monitoraggi
su archi temporali ristretti soprattutto nella fase iniziale del progetto,
è data dalla diffusa consapevolezza
che nella fase di start-up ogni progetto necessita di maggior attenzione
e un notevole dispendio di energie.
SOGGETTI COINVOLTI
La descrizione del soggetto titolare del progetto deve essere sicuramente accurata e nel contempo sintetica.
Imprenditore
Il titolare del progetto è la persona fisica o giuridica che è legalmente titolare della business idea e non necessað riamente corrisponde al soggetto realizzatore.
Soggetto
realizzatore
È la persona fisica o giuridica che si occuperà della materiale realizzazione dell’impresa intesa come materiale
ð realizzazione del progetto di business contenuto nel Business Plan.
In presenza di un soggetto titolare del progetto diverso dal soggetto realizzatore del progetto medesimo sarà
ð necessario esaminare e definire la relazione che lega tali soggetti:
Esempio Si dovranno prevedere e conteggiare eventuali diritti d’autore o royalty.
Soggetto
titolare
In particolare si dovrà anche dare spazio all’esame delle relazioni personali qualora ne intercorrano tra i predetti
ð soggetti: una delle cause più frequenti di fallimento dei progetti di business è la litigiosità dei soggetti coinvolti
nella sua realizzazione.
L’esperienza quotidiana ci insegna infatti con quanta rapidità possa andare in crisi se non addirittura in fallið mento (“default”) una buona azienda i cui soci dedicano le proprie energie a combattere tra di loro invece di
combattere la concorrenza.
Figure
coinvolte
In molti progetti di business si ritiene importante dare ampio spazio alle credenziali ed alle esperienze maturate
non solo dai soggetti che saranno posti alla guida dell’impresa (soci, amministratori o management in genere)
ð ma anche ai principali soggetti da cui dipendono settori strategici dell’impresa (capo progetto, capo produzione
e quant’altro).
In questa fase può essere ritenuto utile riportare per i sopra menzionati soggetti le personali esperienze in settori analoghi oppure i curricula e in generale ogni informazione che sia reputata interessante per trasmettere
ð al lettore il confortevole messaggio che le risorse umane coinvolte nel progetto godono di ottime credenziali e
forti esperienze.
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Come vendere (2° modulo)
Cosa vuole
realizzare l’impresa?
Questo modulo descrive gli aspetti
operativi dell’attività d’impresa che si
intende realizzare: le modalità produttive e le modalità di vendita, non
tralasciando di descrivere i rapporti
con la concorrenza ed analizzando
tutti gli aspetti collaterali, in particolare quello della raccolta fondi.
L’aspetto finanziario verrà esaminato
successivamente.
Il primo aspetto che è opportuno
descrivere è sicuramente quello che
riguarda la produzione del bene oppure l’erogazione del servizio di cui è
oggetto il nostro Business Plan.
Una caratteristica intrinseca della
produzione di beni e dell’erogazione
di servizi è che entrambe si basano
su un processo produttivo.
Produzione
Per produzione si intende la trasformazione dei fattori produttivi di base
(solitamente materie prime e lavoro)
al fine di ottenere un determinato
bene o servizio.
Processo produttivo
Il processo produttivo è l’insieme
delle fasi che portano alla produzione di un bene o all’erogazione del
servizio.
Tali fasi sono solitamente concatenate l’una dopo l’altra, interne o esterne
all’azienda ma caratterizzate da una
sequenza precisa.
Norma
UNI-EN ISO 9000: 2000
Un processo è “un insieme di attività
correlate o interagenti che trasformano elementi in entrata in elementi in
uscita fornendo valore aggiunto”.
Ingegneria
di processi industriali
Con il termine processo produttivo
si fa riferimento a quei procedimenti
attraverso i quali avviene la trasformazione di una materia grezza in un
semilavorato oppure in un prodotto
finito.
Nel contesto di Business Plan
Utilizzeremo sempre e comunque
una definizione “allargata” del processo produttivo in modo da poter
applicare i concetti di cui diremo in
questo capitolo non solo alla produzione di beni in senso stretto ma anche all’erogazione di servizi.
Ciò che è realmente importante focalizzare in questa fase rientra nei
seguenti punti:
- il progetto è caratterizzato da novità e quindi da incertezza;
- il processo è caratterizzato da ripetitività e quindi da certezza.
Il progetto di impresa descritto nel
Business Plan ha la caratteristica di
essere aleatorio, perché trattasi di
una novità ancora da realizzarsi, ed
è dotato quindi di incertezza in una
serie di variabili che l’imprenditore
non è in grado di controllare.
Tali variabili si definiscono “fattori
esogeni” ovvero “esterni” all’ambito dell’analisi; sono rappresentati ad
esempio dall’andamento del mercato
o della concorrenza, dai gusti e dalle
aspettative del grande pubblico e da
tutta quella serie di fattori che possiamo solo immaginare; ma che in
corso d’opera possiamo imparare a
misurare.
Come intendiamo produrre?
Ciò che ci prefiggiamo di descrivere in questo secondo modulo è il
“come” produrremo i beni/servizi.
Per ottenere tale risultato suddivideremo tutte le attività della nostra organizzazione in “processi” all’interno
dei quali andremo a descrivere:
- le singole attività che metteranno in
atto;
- le persone coinvolte;
- i fattori della produzione necessari;
- tecnologie e metodologie necessarie;
- i mezzi e le disponibilità finanziarie;
- ogni altro elemento o risorsa necessaria.
Dal momento che il processo produttivo è caratterizzato da un insieme di risorse e di attività tra loro in-
terconnesse necessarie a trasformare
gli elementi in ingresso (input) in
elementi in uscita (output), dovremo aver cura di documentare correttamente tali attività, quasi a voler
rendere l’idea che chiunque, a parità
di fattori della produzione, possa riuscire ad ottenere lo stesso prodotto
finito.
Tale operazione sarà tanto più facile quanto più riusciremo a documentare i processi
produttivi, ovvero quanto più riusciremo
ad affiancare a tali processi la documentazione tecnica, gli schemi di progettazione,
eventuali studi di fattibilità e quant’altro
necessario.
Prevedere gli scostamenti
È inoltre importante considerare che
una corretta documentazione in questa fase ci consentirà, una volta avviata l’impresa, di misurare in modo
efficace gli eventuali scostamenti dal
processo produttivo di base.
Tali scostamenti potranno efficacemente dare la misura, anche economica, dello scostamento dagli
obiettivi prefissati permettendoci
eventualmente di apportare tutte le
necessarie correzioni (anche in corso
d’opera), potendo così non discostarsi dagli obiettivi intermedi di periodo.
Tutta la documentazione di cui sopra andrà raccolta, e catalogata in modo ordinato, perché costituisce, nel suo insieme, il
“piano di progetto”, ovvero il documento
fondamentale nell’ambito dei processi di
gestione.
Analisi del mercato di sbocco
Immediatamente dopo aver descritto come si intende produrre il bene
oggetto del Business Plan o come si
deve fornire il servizio che ne sta alla
base si dovrà analizzare quello che
con ogni probabilità è il principale
dei fattori che possono determinare
il successo o meno dell’impresa: il
mercato.
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Per il momento ci basta conoscere
e considerare due informazioni importati:
-
la prima considerazione consiste
nel fatto che il prezzo del bene o del
servizio oggetto della nostra analisi
altro non è che l’espressione dell’incontro della domanda e dell’offerta:
il prezzo lo decide il mercato;
- la seconda considerazione consiste
nel fatto che nella maggior parte
dei mercati tanto le aziende quanto
i consumatori sono “price-taker”.
Tali soggetti sono costretti ad accettare il prezzo che il mercato ha
spontaneamente fissato e con tale
prezzo devono fare i loro conteggi
di convenienza.
Possiamo certamente affermare che un
buon imprenditore è un imprenditore
informato e tra le informazioni più importanti vi sono sicuramente quelle sulla
concorrenza.
Concorrenza
Per definire ed analizzare il mercato
è opportuno fornire le seguenti informazioni:
- prezzo e packaging del prodotto;
- mercato di riferimento del prodotto;
- barriere all’entrata ed all’uscita del
mercato;
- grado di competitività del prodotto;
-
concorrenti (analisi prezzo/qualità);
- target di vendita;
-
rete commerciale e motivazione
della forza vendite;
- localizzazione degli impianti produttivi e dei fornitori;
- fattori di successo del prodotto nel
settore.
Obiettivo di vendita
Un’operazione assolutamente necessaria è sicuramente quella di stabilire
il corretto obiettivo di vendita.
Un corretto obiettivo di vendita consentirà di:
- raggiungere gli obiettivi di profitto
desiderati;
- ottimizzare la produzione;
- ottimizzare la distribuzione ed organizzare la rete commerciale;
- porre obiettivi quantitativi e qualitativi;
- strutturare correttamente gli investimenti.
Fissare correttamente gli obiettivi di
vendita consentirà inoltre di monitorare l’andamento del progetto di
impresa e di rilevare, e possibilmente
correggere, gli eventuali scostamenti
dal piano di business.
Troveremo inoltre nuovamente molto utili
le informazioni circa gli obiettivi di vendita
non solo per la gestione degli investimenti
tecnici, ma in particolare per la gestione
delle analisi economico finanziarie che
eseguiremo successivamente.
Piano vendite
Il piano vendite solitamente si struttura con il seguente andamento:
- piano vendite;
- portafoglio ordini;
- portafoglio clienti;
- customer care (assistenza post vendita);
- analisi della qualità (Q analysis) e
sistemi di autocontrollo tipo ISO
9000 (ove necessari o consigliati);
- obiettivi e loro misura.
Organizzazione commerciale
OBIETTIVO
Dare spiegazione circa la vendita sul libero
mercato delle quote di beni o servizi, con
particolare riferimento ai tempi entro i
quali le quantità saranno vendute; è bene
considerare, infatti, che ogni bene/servizio
ha un ciclo di vita medio al termine del
quale sarà fisiologicamente scartato dal
mercato.
È necessario considerare che durante
la messa in atto del piano di business
potrebbe rendersi necessario mutare
strategia, oppure mutare canale di
distribuzione; pertanto aver analizzato anche i canali diversi da quello
scelto potrebbe rivelarsi una mossa
vincente.
Obiettivi di vendita chiari e funzioni
commerciali distribuite con chiarezza permettono di dare precise direttive ai venditori fornendo ad essi
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precisi piani operativi.
Un’informazione completa e precisa
ne faciliterà l’attività e si tradurrà immediatamente in maggiori quote di
mercato.
Sarà inoltre opportuno indicare le
tecniche e le modalità per contattare
la clientela che, come facilmente intuibile, è patrimonio importante per
qualsiasi impresa.
Se le dimensioni del Business Plan lo
permettono, potrebbe rivelarsi interessante analizzare anche la gestione
dell’archivio clienti e prevedere la
possibilità di creare un sistema di reporting su base mensile/trimestrale.
Quanto al marketing del prodotto/
servizio, sarà opportuno definire ed
analizzare:
- caratteristiche intrinseche;
- punti di forza e debolezza;
- struttura dell’offerta;
- ciclo di vita medio.
Mercato
Con il termine mercato
facciamo riferimento al
luogo (anche non fisico)
ove si effettuano gli scambi
economici di un determinato
bene o servizio.
In tale luogo avremo
l’incontro della domanda
aggregata e dell’offerta
aggregata.
Concorrenza
Con il termine concorrenza
facciamo riferimento sia alle
imprese che operano nello
stesso mercato e producono
beni o servizi uguali o simili
al nostro sia ad imprese che
producono beni diversi ma
alternativi al nostro.
Obiettivo di vendita
La quantità totale di bene/
servizio da produrre e/o
erogare.
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Piano di fattibilità
Scrivere un piano di fattibilità convincente ma sintetico è un compito
difficile ma ad altissimo valore aggiunto.
Si dovrà infatti tentare di convincere
il lettore che l’impresa dispone della
soluzione ad una serie di problemi
che sono in grado nella realtà di spaventare molti imprenditori.
Raccolta fondi
Questa fase certamente decisiva permette alle imprese di raccogliere i
fondi necessari alla realizzazione del
proprio progetto.
Le fonti di finanziamento dell’impresa possono essere molteplici e sono
riconducibili essenzialmente a:
- capitale di terzi
- capitale di rischio;
Capitale di terzi
Le due principali caratteristiche del
capitale di terzi sono:
- obbligo di corrispondere una remunerazione percentuale che prende il
nome di “interesse”;
- obbligo di restituzione del capitale
per intero, o in più scadenze stabilite, per intero o mediante singole
rate.
PARAMETRI DA RISPETTARE
Anche in questo caso è necessario procedere con un discreto ordine mentale e preferibilmente con uno schema che analizzi una serie di
parametri.
Piano
temporale
del business
project
La descrizione secondo uno schema “tempi e metodi” di come si svolgerà l’attività imprenditoriale, schematizð zando l’intero piano in sotto attività, ognuna delle quali precisamente identificata nella tabella dei tempi.
Problemi
e soluzioni
commerciali
Un’accurata analisi dei possibili problemi con i quali l’impresa si dovrà confrontare e soluzioni che essa si prefigge
ð di adottare.
Composizione
della rete
di vendita
Ovvero un’analisi stratificata della rete commerciale di vendita comprendente l’assegnazione degli obiettivi
ð quantitativi, qualitativi e temporali.
Problemi
e soluzioni
tecniche
Un’attenta analisi dei problemi produttivi o di erogazione del servizio con le possibili soluzioni e le scelte suggeð rite in fase di redazione del Business Plan.
Analisi
del mercato
del lavoro
Una particolareggiata analisi sulla possibilità di reperire maestranze, su come addestrarle ed incentivarle nel
ð corso del tempo.
CSR ed
impatto
ambientale
Un’analisi dell’impatto ambientale del nostro Business Plan e la possibilità di riutilizzare eventuali problemi sorti
ð in fase di progettazione ad esclusivo vantaggio dell’impresa attraverso una politica di responsabilità sociale che
da dovere può trasformarsi in opportunità.
Altre informazioni utili, nessuna esclusa, al fine di trasmettere al lettore l’impressione di aver analizzato quanto più possibile tutti fattori
che possono arrecare pregiudizio alla realizzazione del Business Plan e impedire il ritorno del capitale investito.
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Capitale di terzi
Fondi con provenienza
esterna rispetto ai soggetti
(imprenditore o soci) che si
occupano dell’impresa.
Capitale di rischio
Esso rappresenta la quota di
capitale che l’imprenditore è
disposto a rischiare
nell’impresa e che dallo
stesso imprenditore è stato
versato nelle casse sociali al
momento della costituzione
ed in momenti successivi.
Capitale di rischio
Il “capitale di rischio” è frequentemente conosciuto ed indicato con il
termine “capitale proprio”.
Il finanziamento delle imprese attraverso il capitale di rischio non
comporta per la stessa alcun tipo di
costo.
Il capitale proprio, infatti, non è retribuito attraverso “l’interesse” come
avviene nel caso del capitale preso a
prestito, se non attraverso la distribuzione dell’utile di esercizio mediante i dividendi.
Il capitale di rischio o capitale proprio è costituito da:
-
conferimenti in denaro oppure
in natura eseguiti direttamente
dall’imprenditore individuale oppure dai soci in caso di società;
- mediante autofinanziamento ovvero mediante accantonamento degli utili. In questo caso l’impresa
non provvede alla distribuzione di
dividendi ma trattiene l’utile netto
di esercizio (o di periodo) destinandolo ad aumento del capitale
proprio.
La pratica di autofinanziamento
comporta principalmente vantaggi
di natura economica riconducibili all’assenza di oneri finanziari per
l’impresa, e secondariamente comporta vantaggi di tipo finanziario
legati all’assenza di un vincolo temporale di restituzione.
In altre parole l’azienda non paga
alcun tipo di interesse sul capitale
proprio, né tantomeno è tenuta a rispettare scadenze fisse in merito alla
sua restituzione.
La scelta della misura tra capitale
proprio e capitale di terzi dipende da:
- facilità di accesso al credito da parte dell’impresa (rating);
- disponibilità finanziarie;
- intenzionalità dei soci di privilegiare l’utilizzo di capitale proprio o di
terzi.
Altre fonti di finanziamento
Infine è necessario tenere presente che, in determinati settori, vi è la
possibilità di ricevere dei contributi
a fondo perduto oppure a prestito
con tassi di interesse estremamente
ridotti.
In taluni settori sono inoltre disponibili:
-
agevolazioni a fronte di investimenti sia materiali sia immateriali;
-
agevolazioni sulle modalità e sui
tassi di interesse dei finanziamenti
richiesti;
- incentivi e bonus fiscali;
- aliquote agevolate e crediti di imposta.
Il nostro Business Plan dovrà opportunamente analizzare e tenere conto
di tali opportunità.
Modalità di scelta
della forma giuridica
Una delle operazioni apparentemente semplici nella stesura del piano
di impresa sarà la scelta della forma
giuridica più consona.
La forma giuridica andrà scelta, ad
esempio, in base al capitale minimo
di costituzione di una società e della
quantità di capitale investito, ma in
particolare in relazione alle seguenti
considerazioni:
- in primo luogo la forma giuridica
deve offrire un’adeguata protezione
dei capitali, anche personali, degli
imprenditori e dei soggetti titolari
del progetto d’impresa;
-
in secondo luogo la scelta della
forma giuridica coinvolge ragionamenti ed opportunità in relazione
alla trasferibilità delle quote.
È inutile, ad esempio, porre barriere e sbarramenti qualora si preveda
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una vendita successiva dell’azienda
oppure nel caso si ipotizzi l’entrata di
nuovi soci.
Molto spesso la forma giuridica è
scelta anche per offrire protezione
dalla responsabilità sociale nel caso,
ad esempio, di attività intrinsecamente pericolose.
Sicuramente la scelta della localizzazione geografica non è esente dalla
previsione d’imposta ipotizzata nel
Business Plan.
Raramente la forma giuridica è imposta dal cliente oppure dal mercato.
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A che prezzo vendere
Confronto dei concorrenti
Qualunque sia il nostro punto di
riferimento, in nessun caso potremo evitare di analizzare il comportamento dei nostri concorrenti sul
mercato ed in particolare il comportamento del prezzo dei loro prodotti.
A questo proposito segnaliamo che
uno dei metodi per determinare il
prezzo di vendita del bene/servizio
più semplici, e per questo motivo più
utilizzati, consiste nell’utilizzare il
cosiddetto “prezzo guida”.
Il prezzo dell’impresa “leader” sarà
acquisito dalle imprese “follower”
ovvero da quelle imprese che, per dimensioni e importanza sul mercato,
non hanno forza per imporre il proprio.
Il metodo appena illustrato è sicuramente uno tra i più utilizzati per la
determinazione del prezzo di vendita, in particolar modo per la sua
semplicità.
Si deve sempre e comunque tenere
presente che l’affidabilità del metodo
di determinazione del prezzo sulla
base della concorrenza è legato principalmente a due fattori:
-
necessità di individuare correttamente i concorrenti;
- necessità di tenere conto delle differenze qualitative tra i prodotti concorrenti e di prodotto oggetto del
Business Plan.
Relazione tra prezzo
e legge di domanda e offerta
Esistono molteplici sistemi e metodi per analizzare e determinare il
prezzo reale o potenziale del nostro
bene/servizio sul mercato.
Per capire le dinamiche che sono alla
base della formazione dei prezzi nel
libero mercato è necessario esaminare le forze che ne regolano il funzionamento.
Dal momento che i mercati sono sicuramente “sistemi” molto complessi ci limiteremo, all’interno di questa
analisi, a considerare ed analizzare
unicamente i fattori principali ed in
un certo senso “classici” che ne possono determinare l’andamento.
Determinazione
dell’andamento del mercato
Per poter efficacemente analizzare e
spiegare tali fattori dovremo inoltre
considerare che il mercato si trovi
in libera concorrenza e che non vi
siano vincoli di sorta alla fissazione
del prezzo di vendita da parte, ad
esempio, dello Stato o da parte di
altre forze, come ad esempio un leader che controlli una grossa quota
di mercato.
Una delle condizioni indispensabili
è che nel mercato vi sia un numero
sufficiente di attori (venditori e compratori), tale da garantire il corretto
formarsi delle curve della domanda
e dell’offerta.
ESEMPIO
Possiamo immaginare il mercato delle
arance e considerare che in tale mercato
tutti i prodotti non presentino particolari
differenze (tutte le arance sono della medesima qualità).
Beni alternativi
Uno degli ulteriori requisiti della nostra analisi è che il prezzo dei beni
alternativi non cambi.
Si tratta, ad esempio, delle pere e delle banane in riferimento al mercato
delle arance.
Legge dell’offerta
Verificati i requisiti sopra esposti
possiamo enunciare la legge dell’offerta: l’offerta aggregata di un bene è
funzione diretta del prezzo del bene
medesimo.
Quanto sopra significa che al crescere del prezzo del bene l’offerta del
bene o servizio si espande mentre al
diminuire del prezzo del bene o servizio l’offerta dello stesso si contrae.
Funzione di domanda
di beni o servizi
Quanto alla funzione di domanda
di beni o servizi si deve considerare che: la domanda aggregata di un
bene è funzione inversa del prezzo
del bene medesimo.
Quanto sopra significa che al crescere del prezzo del bene la domanda
del bene o servizio si contrae mentre al diminuire del prezzo del bene
o servizio la domanda dello stesso si
espande.
Il prezzo del bene influisce infatti
sulle scelte delle imprese presenti sul
mercato nel seguente modo:
- al crescere del prezzo del bene o
servizio le imprese saranno proporzionalmente interessate a produrre ed immettere nel mercato
maggiori quantità di bene;
- al diminuire del prezzo del bene le
imprese saranno disincentivate dal
produrre e vendere sul mercato il
bene medesimo e pertanto ridurranno la produzione.
Poiché il prezzo del bene e la quantità prodotta ed immessa sul mercato
dalle imprese va di pari passo si usa
dire che il prezzo del bene influisce
ovviamente anche sulle scelte dei
consumatori, seppur in modo diverso:
- al diminuire del prezzo di un determinato bene i consumatori saranno invogliati ad acquistarne un
maggior quantitativo;
- all’aumentare del prezzo di un bene
i consumatori saranno disincentivati nei loro acquisti e, pertanto, ne
acquisiranno minori quantitativi.
In tutti i casi parliamo sempre di domanda “aggregata” poiché si tratta
della somma delle singole domande
di ogni consumatore.
Allo stesso modo si parla di offerta
“aggregata” intendendo la somma
delle offerte di ogni singola impresa
presente sul mercato.
Beni alternativi
Per bene alternativo
dobbiamo considerare quel
bene del tutto dissimile da
quello di riferimento che
possa essere scelto non tanto
in sostituzione ma in opposta
alternativa al nostro.
RATIO - SOLUZIONI PER LA GESTIONE D’IMPRESA [n. 3/2013 • 5404] Centro Studi Castelli s.r.l.
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ESEMPIO N. 1 - RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DELLA FUNZIONE DI DOMANDA AGGREGATA
• Nel grafico cartesiano della domanda aggregata troviamo indicato nell’asse delle ascisse
(ovvero nell’asse orizzontale delle “X”) il prezzo del bene o servizio e nell’asse delle ordinate
(quello verticale delle “Y”) la quantità di bene che i consumatori sono disposti ad acquistare
ð per quel dato prezzo.
• Nel grafico appare chiaramente che esiste una relazione inversa tra prezzo e domanda del
bene, ovvero appare come al variare del prezzo corrisponda una variazione in senso inverso
della quantità di bene acquistato dai consumatori.
ESEMPIO N. 2 - RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DELLA FUNZIONE DI OFFERTA AGGREGATA
• Nel grafico cartesiano dell’offerta aggregata troviamo indicato nell’asse delle ascisse (ovvero
nell’asse orizzontale delle “X”) il prezzo del bene o servizio e nell’asse delle ordinate (quello
verticale delle “Y”) la quantità di bene che le aziende sono disposte a mettere sul mercato a
ð quel prezzo.
• Nel grafico appare chiaro come esista una relazione direttamente proporzionale tra il prezzo
del bene e la quantità che le imprese sono disposte a vendere.
Prezzo ed elasticità
delle curve di domanda
e offerta aggregata
• Una significativa analisi che dovrebbe essere compiuta con riferimento alla do-manda aggregata del bene oggetto del nostro Business Plan riguarda l’elasticità della domanda (e dell’offerta): l’elasticità è data dall’inclinazione della curva.
ð • Con riferimento alle curve di domanda e offerta aggregata, l’elasticità indica la reazione
quantitativa se reagiscano in funzione di una variazione di prezzo.
• Le curve di domande e di offerta elastiche indicano che con una modesta variazione di prezzo
si attendono grandi variazioni di quantità nella curva di domanda e offerta.
ESEMPIO N. 3 - RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DI UNA CURVA DI DOMANDA AGGREGATA ELASTICA
• In questo grafico possiamo notare come ad una modesta variazione di prezzo sull’asse delle
ascisse corrisponda una sensibile variazione della quantità di domanda di bene sull’asse delle
ordinate.
• Le principali cause responsabili dell’elasticità della domanda sono:
ð - la volatilità del bene;
- la trasparenza del mercato;
- la velocità di circolazione del bene/servizio;
- il commercio elettronico.
ESEMPIO N. 4 - RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DI UNA CURVA DI DOMANDA AGGREGATA RIGIDA
• Le curve di domande e di offerta rigide indicano che a fronte di una variazione di prezzo considerevole si attendono modeste variazioni di quantità nella curva di domanda e di offerta.
• Le principali cause di rigidità della domanda sono:
- presenza di un prodotto molto differenziato rispetto alla concorrenza;
- scarsa trasparenza del mercato;
- scarsa numerosità delle imprese produttrici del bene/servizio.
• Ulteriori fattori di rigidità della domanda aggregata sono rappresentati spesso da quote molð to piccole di reddito destinato all’acquisto del bene/servizio, oppure dal fatto di trovarsi in
presenza di un bene di estrema necessità tale che le considerazioni sulla necessità superano
le opportunità sul prezzo.
• Seppur di taglio accademico, le considerazioni sulla rigidità oppure sulla elasticità delle curve
di domanda e offerta sono comunque importanti politiche che ci consentono di prevedere
come si comporterà il mercato, e pertanto di adottare le necessarie misure di intervento, nel
caso di variazione del prezzo dovute sia al comportamento del mercato medesimo sia a fattori
esterni (c.d. fattori esogeni).
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RATIO - SOLUZIONI PER LA GESTIONE D’IMPRESA [n. 3/2013 • 5404] Centro Studi Castelli s.r.l.
Equilibrio tra domanda
e offerta
• In economia si usa dire che l’equilibrio di mercato si realizza per quel determinato prezzo e per
quella determinata quantità in corrispondenza del quale le forze che determinano le curve
ð delle preferenze si trovino in condizione di equilibrio.
• Molto più semplicemente possiamo esaminare il grafico seguente, dal quale apparirà molto
chiaro cosa si intenda per incontro della domanda e dell’offerta.
ESEMPIO N. 5 - RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DELL’INCONTRO DELLA DOMANDA E DELL’OFFERTA
ð
Fattori che influenzano
gli equilibri del mercato
Vi sono molteplici fattori che possono influenzare le scelte dei consumatori e conseguentemente mettere
a repentaglio l’analisi del mercato
effettuata all’interno del nostro Business Plan.
Uno dei principali fattori che influenza in generale le scelte dei consumatori è sicuramente il reddito dei
medesimi.
Più è alto il reddito maggiore sarà la
capacità di spesa.
Per contro, minore è il reddito del
consumatore e minore sarà la sua capacità di spesa.
A tale riguardo dobbiamo considerare che:
- minore è la capacità di spesa e maggiore è l’orientamento dei consumi
verso beni di prima necessità (pane,
pasta, carne, olio, ed altri beni di
prima necessità);
-
all’aumentare del reddito cresce
l’orientamento delle scelte dei consumatori verso beni di lusso ed in
generale consumi di beni non stret-
• Dall’esame del grafico si intuisce facilmente che l’incrocio delle due funzioni di domanda
aggregata e di offerta aggregata nel punto a (p, q) avviene unicamente per il prezzo “p” che
consente alle imprese di vendere la quantità “q” ed ai consumatori di acquistare la quantità
“q”.
tamente necessari ma indubbiamente gratificanti.
ESEMPIO
La curva delle preferenze dei beni di lusso
ha un comportamento a volte strano ma
comprensibile: all’aumentare del prezzo
del bene corrisponde un aumento della
domanda, mentre al decrescere del prezzo
del bene di lusso i consumatori vedranno
diminuita la propria propensione all’acquisto del predetto bene poiché non considerato più di lusso a causa della diminuzione
del prezzo.
I beni di prima necessità hanno curve di preferenza abbastanza rigide
poiché i consumatori tenderanno,
entro certi limiti, ad acquistarne
le medesime quantità (si pensi ad
esempio al cibo).
Tra gli altri fattori che possono influenzare la domanda aggregata vi
è sicuramente il cosiddetto “effetto
sostituzione”, ovvero la tendenza del
consumatore di sostituire il consumo
di quel determinato bene con uno
meno costoso (anche se diverso) ma
facente simili funzioni.
Un classico esempio lo ritroviamo
nella benzina sostituita dal gasolio
per autotrazione.
Uno degli ulteriori fattori in grado
di modificare in modo significativo le dinamiche relative ai prezzi di
mercato è sicuramente la pratica del
“dumping”, ovvero del cosiddetto
sottocosto.
Questo tipo di pratiche, particolarmente in voga negli anni ‘80 e ‘90,
attualmente risulta in taluni settori
vietata o severamente regolamentata
in altri.
Dumping
Con il termine “dumping”
si identificano le vendite di
beni effettuate con prezzi
inferiori al costo di
produzione tali da spiazzare
la concorrenza e guadagnare
in modo sleale maggiori
quote di mercato.
RATIO - SOLUZIONI PER LA GESTIONE D’IMPRESA [n. 3/2013 • 5404] Centro Studi Castelli s.r.l.
Obiettivi del prezzo
La necessità di comprendere il prezzo di riferimento di mercato del prodotto che ci si accinge a produrre e
commercializzare è particolarmente
importante poiché:
- a prezzi troppo bassi non c’è profitto;
- a prezzi troppo alti non c’è domanda.
Nell’analisi di breve periodo al prezzo sono assegnate le funzioni di:
- massimizzare il profitto della nostra impresa;
- consentire all’impresa di sviluppare
le proprie vendite;
- consentire all’impresa di introitare
profitti e generare liquidità;
- in caso di prodotto o servizio nuovo stimolarne le vendite;
- consentire all’impresa di effettuare
eventuali scremature di mercato.
Nelle analisi di lungo periodo il prezzo ha funzioni di:
- consentire all’impresa di penetrare
il mercato ed acquisirne quote;
-
effettuare una stabilizzazione dei
prezzi;
- consentire all’impresa di effettuare
le proprie “politiche di prezzo” diffondendo un’immagine di qualità
della stessa, garantire il ritorno del
capitale investito, discriminare le
imprese all’interno del proprio segmento.
Costo totale
Il metodo del costo totale, detto anche metodo del mark-up o più semplicemente metodo del “ricarico”,
prevede che l’impresa determini il
costo totale del prodotto ed a questo
sommi un ricarico predeterminato.
Tale metodo è indubbiamente di facile utilizzo e molto spesso è utilizzato dalle imprese di distribuzione e da
quelle manifatturiere.
Viene inoltre utilizzato in tutte quelle occasioni ove sia assai difficile stimare le variabili che compongono le
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curve di domanda ed offerta aggregata dei beni/servizi.
Nonostante questo metodo abbia
un’utilità assai limitata, proprio per
le ragioni sopra espresse, è sempre
comunque applicato come termine
di paragone con i prodotti della concorrenza.
Accade molto spesso, infatti, che le
differenze di prezzo tra una impresa ed un’altra siano riconducibili a
sensibili differenze nell’acquisizione
delle materie prime.
Ecco che tale metodo può facilmente
dare indicazione della forza dei concorrenti per via della loro capacità di
acquistare a condizioni migliori di
quelle che noi prevediamo nel Business Plan.
In conclusione, proprio in virtù della
sua semplicità di calcolo ed utilizzo,
questo metodo è utilizzato non tanto
per determinare il prezzo del bene/
servizio quanto come paragone con
i concorrenti.
Analisi del punto di equilibrio
Break Even analysis
L’analisi del punto di equilibrio è
sicuramente uno tra i metodi statistici più utilizzati per determinare,
con riferimento al prezzo del bene,
la quantità ideale di vendita/produzione che pone in equilibrio i ricavi e
costi totali dell’impresa.
In altre parole l’obiettivo di questo
tipo di analisi consiste nel definire con assoluta certezza quale sia la
quantità di prodotto venduto che copre interamente i costi dell’azienda.
Un’ulteriore utilizzo di questo sistema di analisi - conosciuto anche
come “break even analysis” - è quello di stabilire quale sia il prezzo di
equilibrio al di sotto del quale l’impresa generi perdite di esercizio.
Pur nella sua completezza, questo
metodo presta il fianco ogni qualvolta il mercato non sia in libera concorrenza, poiché non sono comunque
presi in considerazione gli eventuali
vizi nella formazione dell’equilibrio
delle curve di domanda ed offerta
aggregata.
PUNTO DI EQUILIBRIO
• Il punto di equilibrio è definito dalla seguente relazione: π = RT - CT
• Il profitto è il risultato della somma algebrica di ricavi totali (RT) e dei costi totali
(CT).
• In altre parole sottraendo dei ricavi totali
la somma dei costi totali si trova l’importo positivo: il profitto.
• Ogni qualvolta ci troviamo nella situazione in cui: 0 = RT - CT
Sottraendo i costi totali dai ricavi totali il
risultato è pari a zero altro non avremo che
l’equilibrio, ovvero ci saremmo ritrovati
nella situazione in cui RT = CT
• i ricavi totali eguagliano perfettamente i
costi totali.
Funzione dei ricavi totali
Come abbiamo visto precedentemente, per effettuare il calcolo del
punto di pareggio dobbiamo confrontare i ricavi totali con i costi totali.
Per fare questa operazione dobbiamo in primo luogo definire cosa
sono e come si calcolano i due valori
appena citati.
Quanto ai ricavi totali, essi sono
composti dalla somma degli introiti
generati dalla vendita del bene/servizio e sono funzione diretta della
quantità di bene venduto.
I ricavi totali crescono in maniera direttamente e perfettamente proporzionale alla quantità di bene/servizio
venduto.
Costi totali
Costi fissi +
Costi variabili
Ricavi totali
Somma degli introiti generati
dalla vendita del bene/
servizio
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ESEMPIO N. 6 - RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DEI RICAVI TOTALI
ð
• La rappresentazione del grafico dei ricavi totali è la seguente:
- l’interpretazione di tale grafico è assai intuitiva e non presenta alcuna particolare difficoltà;
- nell’asse delle ascisse (asse X) troviamo infatti la quantità di bene venduto mentre nell’asse delle ordinate (Y) troviamo l’ammontare dei ricavi totali. Tale ammontare sale proporzionalmente alla quantità venduta.
Funzione dei costi
totali, costi fissi
e costi variabili
• I costi totali sono l’espressione della somma algebrica di tutti i costi che l’impresa sostiene per
produrre una determinata quantità di bene/servizio.
ð • I costi totali sono composti dalla somma dei costi fissi totali e dei costi variabili totali così come
indicato nella formula che segue: CT = CFT + CVT
Costi fissi
• Per costi fissi intendiamo tutti quei costi che l’impresa deve sostenere anche se la quantità di
bene prodotto/venduto è pari a zero.
ð • Un classico esempio di costo fisso è dato dall’affitto dell’opificio: sia che l’azienda produca 10,
100, 1.000 o 10.000 beni essa pagherà mensilmente sempre la stessa quota di affitto.
ESEMPIO N. 7 - RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DEI COSTI FISSI
• Come possiamo notare dal grafico, nell’asse delle ascisse è indicata la quantità di bene prodotto, mentre nell’asse delle ordinate è indicato il costo di produzione per quella data quantità
ð di bene.
• Ovviamente, la retta è parallela all’asse delle ascisse poiché indipendentemente dalla quantità prodotta il livello dei costi sull’asse delle ordinate non varia.
Costi variabili
• Per costi variabili intendiamo tutti quei costi che variano al variare della produzione.
• Un classico esempio di costo variabile è dato dagli imballaggi: se l’azienda produce 100 pezzi
serviranno 100 imballaggi, mentre se l’azienda produce 10.000 pezzi serviranno altrettanti
imballaggi.
• La vera insidia nella determinazione dei costi fissi e dei costi variabili risiede nella difficoltà di
determinare non tanto quei costi che appartengono sicuramente all’una o all’altra categoria,
ma quelli che contemporaneamente presentano una componente fissa ed una variabile.
• Si pensi ad esempio all’energia elettrica e forza motrice:
- nel caso in cui l’impresa produca un numero di pezzi vicino o pari a zero, essa sosterrà una
spesa per forza motrice che comprende quote significative di costo fisso totale rappresentate dall’illuminazione minima e della forza motrice minima di mantenimento delle attrezzature;
ð
- qualora l’impresa producesse quantità significative di beni, tale costo fisso minimo sarebbe
polverizzato in un numero così elevato di beni tale da essere trascurabile.
• È bene considerare caso per caso tali quote di costo fisso presenti in quasi tutti i costi variabili,
al fine di ottenere un’analisi quanto più precisa possibile.
• È importante oltretutto sottolineare il peso degli sprechi all’interno della determinazione dei
costi variabili. In altre parole è bene considerare che in ogni lavorazione esiste uno scarto
fisiologico, che in caso di quote minime di produzione potrebbe diventare assai significativo
tanto da essere considerato motivo di rigidità nella determinazione del costo variabile.
• Per identiche ragioni, al crescere della produzione si riducono fisiologicamente gli sprechi e si
pongono in essere le cosiddette “economie di scala” per merito delle quali l’impresa riesce a
produrre discrete quantità di bene massimizzando la resa di lavoro e materie prime.
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ESEMPIO N. 8 - RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DEI COSTI VARIABILI
Come possiamo osservare dal grafico, all’aumentare della quantità di beni prodotti sull’asse
ð delle ascisse corrisponde un aumento proporzionale dei costi indicati nell’asse delle ordinate.
ESEMPIO N. 9 - RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DEI COSTI VARIABILI TOTALI
• Nel grafico possiamo osservare come la funzione abbia pendenze diverse. Più precisamente
la pendenza della funzione sarà più elevata quando la quantità sarà vicina allo zero, mentre a
mano a mano che la quantità prodotta sale la funzione acquista un andamento più graduale.
• Tale fenomeno è dovuto alle citate economie di scala, che permettono all’azienda di minimizð zare gli sprechi e di produrre il bene in modo più vantaggioso.
• Qualora la quantità di bene prodotto dovesse salire ulteriormente, tale funzione riacquisterebbe un andamento più che proporzionale.
• Si tratta di un fenomeno spesso poco considerato essenzialmente dovuto alle “diseconomie
di scala”.
Costi totali
ð
• Sommando i costi fissi totali ai costi variabili totali, come abbiamo più sopra evidenziato,
otteniamo i costi totali.
ESEMPIO N. 10 - RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DEI COSTI TOTALI
Punto di pareggio
ð
• Come abbiamo evidenziato nei paragrafi precedenti esiste un prezzo ed una quantità di bene/
servizio venduto ove i ricavi totali sono pari ai costi totali.
ESEMPIO N. 11 - RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DEL PUNTO DI PAREGGIO
ð
• La relazione individuata graficamente è sicuramente molto suggestiva ma ancora non ci dà
la sensazione di come realmente vada calcolato il punto di pareggio nella pratica quotidiana.
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ESEMPIO N. 12 - DETERMINAZIONE DEL PUNTO DI PAREGGIO
I potizziamo di voler calcolare il punto di pareggio di una società che produce un bene il cui prezzo di mercato è attualmente di € 750,00. Per
produrre tale bene la società sostiene i seguenti costi:
Costi
Affitti passivi per immobili
Fissi
Variabili
50.000,00
Assicurazione immobile
2.000,00
Enel - quota fissa annua
3.000,00
Ammortamento macchinari industriali
10,00
25.000,00
Ammortamento attrezzature ufficio
5.000,00
Manutenzione macchinari
3.000,00
20,00
Salari e stipendi unità di produzione
2.000,00
150,00
Materie prime
50,00
Imballaggi
20,00
Spese trasporto merci vendute
40,00
Pubblicità generale prodotto
5.000,00
Spese generali
15.000,00
10,00
Provvigioni passive agenti
35.000,00
60,00
5.000,00
15,00
Altri costi di vendita
Totale costi fissi
Totale costi variabili
150.000,00
375,00
• Trattandosi di un esempio accademico abbiamo preferito indicare una serie di costi di fantasia, opportunamente già suddivisi tra costi
fissi e costi variabili.
• P er quanto riguarda i costi fissi, essi sono riferiti al medesimo arco temporale in cui vengono effettuate le vendite in modo da non
aggiungere variabili alla nostra analisi.
• P er quanto riguarda i costi variabili, essi sono riferiti ad ogni singolo pezzo prodotto e venduto, senza quindi considerare alcun tipo di
reso o invenduto.
• P er semplicità abbiamo esaminato un “range” produttivo che vada da 200 a 800 beni (prodotti e venduti).
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ESEMPIO N. 13 - DETERMINAZIONE DEI COSTI FISSI, DEI COSTI VARIABILI E DEI COSTI TOTALI
C on un qualsiasi foglio elettronico possiamo molto agevolmente costruire una tabella per la determinazione dei costi fissi, dei costi variabili e dei costi totali. Nella stessa tabella possiamo inserire i ricavi totali, ottenendo così uno schema simile al seguente:
Unità prodotte
e vendute
Costi fissi
Costi variabili
(375,00 x prezzo) Costi totali
Ricavi totali
(750 x pezzo)
Risultato
economico
200
150.000,00
75.000,00
225.000,00
150.000,00
-75.000,00
300
150.000,00
112.500,00
262.500,00
225.000,00
-37.500,00
400
150.000,00
150.000,00
300.000,00
300.000,00
0
500
150.000,00
187.500,00
337.500,00
375.000,00
37.500,00
600
150.000,00
225.000,00
375.000,00
450.000,00
75.000,00
700
150.000,00
262.500,00
412.500,00
525.000,00
112.500,00
800
150.000,00
300.000,00
450.000,00
600.000,00
150.000,00
• N ella tabella soprastante abbiamo utilizzato degli incrementi di 100 pezzi per 100 pezzi.
• N ella prima riga abbiamo ipotizzato una quantità prodotta/venduta pari a 200 pezzi.
• I costi fissi determinati analiticamente (riportati nella precedente tabella) rimangano pari a e 150.000 qualsiasi sia il livello produttivo
all’interno dell’intervallo in esame.
• N ella terza colonna abbiamo provveduto ad indicare i costi variabili totali ottenuti semplicemente moltiplicando le unità prodotte
vendute di colonna 1 con il costo per singolo pezzo (€ 375).
• N ella quarta colonna sono riportati i costi totali dati dalla somma dei costi fissi e dei costi variabili. Tale importo sarà confrontato con i
ricavi totali, che saranno pari a e 750 moltiplicati per il numero dei pezzi prodotti venduti indicati in colonna 1.
• N ell’ultima colonna vi è infine indicata la differenza algebrica tra costi e ricavi totali. Tale differenza algebrica delle quantità più basse
sarà ovviamente di segno negativo poiché espressione di una perdita, mentre per quantità più elevate sarà di segno positivo poiché
espressione di un ricavo.
• C iò che si può immediatamente osservare è quanto accade in corrispondenza di 400 unità di pezzi prodotti e venduti: i costi fissi
totali sono sullo stesso livello dei ricavi totali. È quindi dimostrato che per 400 unità di bene prodotto l’impresa spende una cifra
perfettamente pari alle entrate ricavate dalla vendita delle 400 unità prodotte.
• O ltre le 400 unità l’azienda inizierà a generare profitti via via sempre maggiori all’aumentare della quantità prodotte e venduta, fino
ad attestarsi sul massimo risultato economico per 800 pezzi prodotti venduti.
• D a tale quantità l’azienda ricaverà in totale e 600.000 che al netto di e 450.000 di costi totali le consentono di guadagnare e 150.000
lordi.
• I l miglior augurio che si può fare a qualsiasi tecnico del Business Plan è di avere a disposizione dati esatti sui quali compiere la propria
analisi, perché dalla bontà dei dati dipende tutto l’impianto che produce il calcolo del punto di pareggio.
• I n particolare, quando si lavora con elevate quantità di pezzi prodotti, sbagliare a misurare i piccoli valori di costo unitario del pezzo,
come ad esempio il tempo necessario per l’assemblaggio del pezzo, equivale ad una vera e propria tragedia che nella maggior parte
dei casi porta l’impresa a vendere con margini estremamente ridotti oppure addirittura sottocosto, con tutte le evidenti e gravi
conseguenze del caso.
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RATIO - SOLUZIONI PER LA GESTIONE D’IMPRESA [n. 3/2013 • 5404] Centro Studi Castelli s.r.l.
Piano economico/finanziario (3° modulo)
Introduzione
Iniziamo la trattazione dell’ultima
parte della trattazione sul Business
Plan con un’avvertenza: quello che
stiamo per affrontare è probabilmente la vera analisi del progetto d’impresa.
In questa parte affronteremo, da un
lato, il piano degli investimenti e
dall’altro il budget multiannuale.
Si tratterà quindi di mettere in comunicazione due mondi - quello finanziario e quello economico - che
spesso non collimano in quanto hanno regole ed esigenze assai diverse.
In questa sezione del Business Plan
saranno messe a nudo tutte le informazioni necessarie ad avviare il progetto d’impresa e, pertanto saranno
chiare le necessità di disporre delle
adeguate risorse finanziarie.
Accanto alle risorse finanziarie iniziali date dagli investimenti sarà
necessario indicare anche le risorse
necessarie future in termini ad esempio di autofinanziamento o di reperimento delle risorse durante il piano
di sviluppo.
Dovremo prestare pertanto molta attenzione nel suddividere nel tempo
almeno tre momenti fondamentali:
- start-up:
nel momento di “start-up” la neo
impresa brucia tutte le risorse finanziarie messe a sua disposizione
per acquisire tutto quanto necessario ad iniziare la produzione. In
questo momento ovviamente l’impresa non è ancora in grado di generare utili né tantomeno è in grado di generare alcun tipo di introito
monetario.
- crescita:
nella fase di crescita l’impresa non è
ancora in grado di autofinanziarsi,
pur disponendo di risorse proprie.
Questa fase che sarà correttamente
descritta e documentata nel Business Plan è solitamente quella in cui
vengono misurate le perdite per accertarsi che le stesse siano nei limiti
previsti e per verificare che via via
diminuiscano al fine di consentire
all’impresa di iniziare il funziona-
mento a regime.
- funzionamento a regime:
una volta che l’azienda sarà a regime essa si autososterrà con le proprie risorse; tale fase di maturità
dell’impresa non è sicuramente descritta nel Business Blan.
Fase di start-up
e piano degli investimenti
Descrivere nel Business Plan la fase
di start-up è tutto sommato relativamente semplice.
Si tratta infatti di descrivere come si
intenda “bruciare” una grande quantità di denaro al fine di acquistare
una serie di macchinari senza produrre alcun tipo di reddito.
Il documento che descrive queste
operazioni è il “piano di investimenti” ed assomiglia molto semplicemente ad una grossa lista della spesa
suddivisa in vari capitoli.
Poiché il piano di investimento tratta
quasi esclusivamente di immobilizzazioni nella pratica quotidiana solitamente lo si suddivide in:
- immobilizzazioni materiali;
- immobilizzazioni immateriali;
- immobilizzazioni finanziarie.
Questa suddivisione che vede la classica tripartizione delle immobilizzazioni, come siamo abituati a vederla
ad esempio sui bilanci di esercizio
non convince molto poiché priva di
alcuna utilità in questo momento, se
non per via di una esposizione grafica di tipo conosciuto.
Molto più funzionale è una suddivisione degli investimenti per tempi e
non per tipologia dell’investimento.
In altre parole consigliamo di suddividere gli investimenti in base alla
loro priorità, al metodo di pagamento, ed in generale di evidenziare se vi
siano legami propedeutici con altri
beni.
Fase di crescita e budget
Un’impresa che abbia correttamente
affrontato la fase di start-up troverà
sicuramente molto giovamento nel
consolidare durante questa fase la
propria terra e il proprio mercato.
Uno dei fattori primari ed importanti è sicuramente la disponibilità
di informazioni e la corretta analisi
delle stesse. Ci riferiamo principalmente alla possibilità di misurare e
di mettere in relazione tra loro i dati
economici e finanziari.
Uno degli errori commessi che più
frequentemente risiede nella commistione di tali dati, ad esempio nella gestione dei flussi di cassa (cash
flow) che spesso vengono confusi
con gli utili reinvestiti.
Lo strumento principe di analisi,
programmazione e controllo di qualsiasi azienda da utilizzarsi in questa
fase è sicuramente il “budget” o “bilancio di previsione”.
Questo strumento consente un’analisi davvero approfondita poiché coinvolge ed obbliga tutte le aree a fare
una profonda riflessione sull’attività
di propria competenza.
Nella fase preparatoria ogni unità
aziendale dovrà impostare i propri
programmi e controllare continuamente l’evolversi degli stessi.
Come costruire il budget
La stesura della budget avviene solitamente secondo una tipica serie di
analisi successive che potremo delineare nel seguente modo:
-
la direzione generale indica gli
obiettivi di periodo e le risorse a
disposizione;
- ciascuna area aziendale si fa carico,
per quanto riguarda la propria sezione, di elaborare i propri progetti
e di proporre le proprie soluzioni
comunicando i risultati alla direzione;
- la direzione affronta una prima stesura sintetica del piano di previsione (budget) strutturando le priorità
in base ai risultati attesi;
-
ove sia necessario si predispone
il piano di copertura delle risorse
eventualmente mancanti al fine di
calibrare correttamente ogni reparto;
- qualora i risultati delle correzioni
sopra apportate siano giudicati sufficienti, la direzione passa alla ste-
RATIO - SOLUZIONI PER LA GESTIONE D’IMPRESA [n. 3/2013 • 5404] Centro Studi Castelli s.r.l.
sura definitiva del budget.
In caso di risultati non accettabili la
direzione ripete le fasi con i relativi
aggiustamenti.
Coordinamento
Appare evidente quanto sia importante e fondamentale la fase di coordinamento tra direzione ed unità
operative durante l’elaborazione alla
stesura del budget.
In questa fase solitamente si cerca
l’aggregazione, ovvero si cerca di armonizzare tutte le funzioni aziendali
fornendo una strategia e gli obiettivi
comuni e condivisi.
Si tratta non solo di far comprendere
a tutti i reparti ed a tutti collaboratori quali siano gli obiettivi comuni
da perseguire, ma principalmente si
tratta di far sì che tutti - a qualsiasi livello - facciano propri e condividano
tali obiettivi.
Problemi nell’attuazione
Necessità di coordinare uffici acquisti e reparti di produzione.
Necessità di coordinare - specie per il
fattore tempo - il reparto produzione
con il reparto vendite, con il reparto
consegne e con la logistica.
Gestire il personale al fine di consentire la corretta turnazione, possibilmente potendo contare su eventuali
sostituzioni di organico o su procedure snelle di implementazione di
nuovo personale.
Natura
Il fatto che il budget porti la parola
“bilancio di previsione” come traduzione non deve ingannare il lettore
quanto alla sua reale costruzione.
Il bilancio di esercizio altro non è che
una fotografia istantanea scattata solitamente al 31.12 di ogni anno.
In questo documento sono rappresentati valori statici registrati ad una
determinata data e sovente commentati nella nota integrativa.
Il bilancio di previsione (budget)
come struttura grafica ricalca molto
spesso lo schema del bilancio d’esercizio, ma in realtà ha una fondamentale differenza con esso: nel budget
vengano prese in considerazione oltre che ai valori monetari - le quan-
tità di beni prodotti e venduti.
Composizione del budget
Il budget è sempre composto da due
sezioni principali:
- budget operativo;
- budget finanziario.
Il budget operativo illustra - con la
veste grafica di un conto economico
- quali saranno gli andamenti economici che si prevede di realizzare.
Il termine “operativo” indica infatti
che il documento si occupa di descrivere:
- ricavi attesi;
- stima della costo del venduto, delle
materie prime e delle scorte in genere;
- stima oraria della manodopera necessaria per ogni singola unità prodotta;
- stime degli altri costi operativi quali costi commerciali di vendita;
- gestione del post vendita.
Arco di copertura
temporale del budget
Il budget che troveremo all’interno
del Business Plan sarà un budget “di
previsione”, ovvero sia sarà costruito
sulla base di dati che dovremo prevedere interamente e sarà costruito
unicamente sulla base di supposizioni.
Tale affermazione è ancora più vera
nel caso di un budget riferito ad una
attività nuova, ovvero che non abbia
alcun tipo di dato storico sul quale
effettuare l’analisi.
Quanto alla copertura temporale del
budget, è importante sottolineare che
la caratteristica intrinseca di questo
strumento è proprio quella di riferirsi a più momenti e quindi di coprire
un arco temporale abbastanza lungo,
solitamente almeno tre anni.
Una seconda caratteristica importante del budget è quella di essere svincolato da archi temporali di
uguale misura, ma anzi di prendere
in considerazione una frammentazione maggiore nell’analisi del primo
anno e minore in quelli successivi.
Solitamente un budget triennale viene:
-
suddiviso in trimestri il primo
anno;
21
- suddiviso in semestri il secondo ed
il terzo anno.
Può accadere che, spesso, il primo
trimestre del primo anno sia ulteriormente frazionato in mesi.
Bisognerà tuttavia considerare caso
per caso le necessità temporali di
analisi.
ESEMPIO
Un’attività stagionale avrà esigenze di
analisi temporale legate al flusso della
clientela e potrà anche coprire periodi inferiori all’anno.
Allo stesso modo qualora ci trovassimo ad analizzare il budget per una
commessa di una nave, la cui realizzazione richiede sei anni, dovremo
necessariamente adeguare il nostro
budget affinché copra tutto l’arco
temporale di produzione e vendita
del manufatto.
Budget e cash flow
Pur essendo uno strumento molto
complesso, il budget tende a dare risposte generali all’interno del periodo preso in esame.
Il budget, proprio per la sua struttura, analizza i costi e ricavi allo scopo
di determinare quale sia il differenziale (positivo o negativo) tra questi
due valori e quindi è uno strumento
utile per determinare in quale arco
temporale l’impresa terminerà di generare perdite ed inizierà a generare
utili.
Difficilmente il budget è strutturato
per tenere conto di problematiche legate ai flussi di cassa, alla solvibilità
dei clienti ed alle necessità legate ai
flussi in entrata e in uscita.
Lo strumento deputato ad assolvere
questo compito è il “cash flow” o più
semplicemente flusso di cassa.
Questo tipo di analisi prescinde da
valori di tipo economico quali i costi e i ricavi di periodo ed analizza
unicamente le entrate e le uscite che
abbiano generato reale movimento
finanziario suddividendole fra:
- flussi di cassa generati dalla gestione tipica;
- flussi di cassa derivanti da operazioni atipiche.
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ESEMPIO N. 14 - SCHEMA PER IL CALCOLO DEL CASH FLOW
Utile operativo
-
Tasse utile operativo
+
Ammortamenti
+
Accantonamenti
+
Voci non monetarie di accantonamento
=
Flusso primario (dopo le tasse)
+/-
Variazione del Capitale Circolante
+/-
Investimenti/Disinvestimenti
=
Cash Flow Operazionale o Unlevered Free Cash Flow (After tax) o Operating Cash Flow
-
Interessi
-
Debiti
=
Levered Cash Flow
+/-
Incremento passività
+/-
Incremento capitale
-
Divdiendi
=
Flusso di Cassa Effettivo o Flow to Equity o Effective Equity Flow
• Appare evidente quanto l’analisi cash flow sia realmente importante per monitorare il buon andamento finanziario di un’impresa.
• Tale strumento comporta reali difficoltà sia di costruzione che di utilizzo poiché spesso è scambiato (anche da professionisti) con
l’analisi sull’andamento dei profitti di periodo, generando seri problemi alle imprese.
•M
olto spesso tale errore è indotto dalla definizione dei “flussi di capitale circolante netto”, che si calcolano sommando al reddito netto gli
ammortamenti, gli accantonamenti a riserva e le eventuali ulteriori deduzioni contabili che non hanno generato reali uscite monetarie.
• L ’analisi che dev’essere compiuta all’interno del Business Plan deve essere necessariamente un’analisi dei flussi di cassa, che evidenzi
come si siano formate le variazioni finanziarie di base (principalmente cassa e banca) durante il periodo esaminato.
• I l flusso di cassa è solitamente influenzato da:
- quantità di utili reinvestiti risultanti dalla gestione economica;
- gestione delle dilazioni di pagamento dei crediti e debiti commerciali;
- strategie della gestione delle tempistiche dei piani di investimento.
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Guida ODCEC alla redazione
del business plan
Il Gruppo di Lavoro Area Finanza Aziendale del Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha elaborato una
guida alla redazione del Business Plan, composta da 8 documenti e da uno schema esemplificativo. Il documento fornisce un modello dei
prospetti di sintesi (stato patrimoniale, conto economico, rendiconto finanziario) e dei principali indicatori da utilizzare nella predisposizione del documento.
Presentazione del progetto d’imDescrizione sintetica della natura, degli obiettivi e delle caratð presa.
ð teristiche essenziali del progetto d’impresa cui il BP si riferisce.
Principi generali di redazione del
Chiarezza, completezza, affidabilità, attendibilità, neutralità,
ð Business Plan.
ð trasparenza e prudenza.
Descrizione dell’azienda e della
Descrizione delle caratteristiche dell’azienda già esistente o
ð sua storia.
ð descrizione del nuovo progetto d’impresa (start-up).
LINEE GUIDA
ALLA REDAZIONE
DEL BUSINESS PLAN
Analisi dei mercati di riferimento dell’iniziativa e formulazione
Illustrazione delle caratteristiche del mercato in cui l’azienda
ð del relativo piano di marketing ð opera o intende operare.
e vendita.
Formulazione del piano degli inAnalisi e quantificazione dell’insieme degli investimenti e dei
ð vestimenti previsti e dei relativi ð fabbisogni finanziari del progetto.
costi.
Quantificazione dei componenti positivi e negativi che conElementi per la redazione del bið lancio di previsione.
ð corrono alla formazione del reddito in ciascuno dei periodi che
compongono l’arco temporale di previsione del BP.
Valutazione complessiva del proCalcolo del rendimento atteso per il progetto d’impresa comð getto d’impresa.
ð plessivamente inteso e relativo rischio di fattibilità.
Organizzazione del lavoro, scelta del livello di dettaglio delCriticità nell’elaborazione del
ð Business Plan.
ð le proiezioni, identificazione parametri economici interni ed
esterni all’azienda.
ð Parte generale consuntiva
• Notizie generali sull’azienda.
• Produzione e mercato di riferimento.
ð • Struttura produttiva.
• Rapporti con il sistema creditizio.
ð Parte analitica consuntiva
• Andamento economico della gestione.
ð • Informazioni economiche (schemi di conto economico riclassificato).
ð Parte previsionale
• Localizzazione e tempistica degli investimenti.
• Risorse umane previste per la realizzazione delle iniziative.
• Piano economico, finanziario e previsionale:
- stato patrimoniale previsionale
ð - conto economico previsionale
- cash flow previsionale
- indici previsionali.
• Valutazione complessiva del progetto.
SCHEMA
DI BUSINESS PLAN
24
RATIO - SOLUZIONI PER LA GESTIONE D’IMPRESA [n. 3/2013 • 5404] Centro Studi Castelli s.r.l.
Parte generale consuntiva
Notizie generali
Breve descrizione dell’evoluzione
storica della società.
Stato giuridico della società.
Rapporti interaziendali rilevanti.
Organizzazione attuale.
Analisi del mercato e della concorrenza.
Eventi straordinari che hanno caratterizzato l’azienda negli ultimi anni.
Produzione
e mercato di riferimento
Tale paragrafo ha l’obiettivo di rilevare:
- l’attività e i prodotti di riferimento;
- la domanda e l’offerta attuale del
mercato.
È richiesta, inoltre, una valutazione
(alta-media-bassa) in merito a:
- mercati di riferimento;
- stato del ciclo di vita del prodotto;
- situazione attuale del mercato;
- tendenza di breve-medio periodo
del mercato;
- posizione competitiva rispetto alla
concorrenza diretta;
- posizionamento
competitivo
dell’impresa.
Struttura produttiva
Sono richieste le seguenti principali
informazioni:
- numero delle unità produttive (stabilimenti e assimilati);
- ubicazione delle unità produttive;
• Se in Italia, luogo e Provincia.
• Se all’Estero, luogo e nazione.
- condizioni di efficienza attuali;
- grado di automazione e livello tecnologico attuali;
- grado di utilizzo degli impianti attuale;
- organico attuale.
Rapporti
con il sistema creditizio
Sintesi delle principali informazioni
in merito all’esposizione debitoria
dell’impresa.
Parte analitica consuntiva
Andamento economico
della gestione
Tale paragrafo deve riportare un giudizio sintetico sul sistema dei controlli interni e natura dei dati, con
particolare riferimento:
- se la contabilità è di tipo semplificato o ordinario;
-
all’esistenza di un addetto stabile
alla tenuta delle scritture contabili;
- se l’attività amministrativa è assisti-
ta da consulenti esterni;
- all’esistenza di un sistema informatizzato per il controllo di gestione;
- alla rilevanza dei fatti di gestione
che devono essere rilevati in maniera accurata ed esaustiva.
È inoltre richiesta una valutazione in merito all’attendibilità dei dati.
Informazioni economiche
È possibile riclassificare il conto economico al fine di desumere le informazioni necessarie sull’andamento
economico della società negli anni
precedenti.
La riclassificazione può essere differente per varie tipologie di azienda:
- industriale;
- commerciale;
- di servizi.
Parte previsionale
Programma degli investimenti
Localizzazione e titolo di disponibilità degli investimenti.
Tempistiche degli investimenti.
Breve descrizione dell’iniziativa da
realizzare e degli obiettivi da conseguire.
Risorse umane previste per la realizzazione dell’iniziativa.
Dettaglio investimenti.
Piano economico, finanziario e patrimoniale.
Si devono indicare, in modo analitico, le fonti di finanziamento che si
prevede di utilizzare per la realizza-
zione del progetto, con particolare
riferimento a:
-
eventuale contributo pubblico richiesto per il programma;
- finanziamenti a medio-lungo termine richiesti per il programma;
- finanziamenti a breve termine richiesti per il programma;
-
descrizione di eventuali garanzie
reali e/o personali offerte per il programma d’investimento.
Valutazione complessiva
del progetto
Giudizio sintetico in merito ai se-
guenti aspetti:
- programma di investimenti;
- piano di marketing;
-
conseguenze economiche, finanziarie e patrimoniali prodotte dalla
realizzazione del progetto descritto
nel Business Plan.
RATIO - SOLUZIONI PER LA GESTIONE D’IMPRESA [n. 3/2013 • 5404] Centro Studi Castelli s.r.l.
Schema riepilogativo dei rapporti
con il sistema creditizio
Medio termine
Banca
Natura
Totale
Scadenza
Importo originario
Importo residuo
..........................................
Garanzie:
.....................................................................................................................................................................................................................................................
.....................................................................................................................................................................................................................................................
.....................................................................................................................................................................................................................................................
Breve termine
Banca
Scoperti di /c/c
Fido
Totale
Utilizzo
Anticipi S.B.F.
Fido
Utilizzo
Anticipi su export
Fido
Utilizzo
Altro (specificare)
Fido
Utilizzo
..........................................
Garanzie:
.....................................................................................................................................................................................................................................................
.....................................................................................................................................................................................................................................................
.....................................................................................................................................................................................................................................................
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RATIO - SOLUZIONI PER LA GESTIONE D’IMPRESA [n. 3/2013 • 5404] Centro Studi Castelli s.r.l.
Azienda settore industria:
CE riclassificato a margine di contribuzione
Esercizio
Ipotesi di incidenza
.............................
.............................
Euro
Euro
%
RICAVI 1
RICAVI 2
VALORE DELLA PRODUZIONE
-
-
MARGINE DI CONTRIBUZIONE
-
-
Costi fissi generali
-
-
-
-
MOL -
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Costi variabili esterni
Acquisto materie prime
% SU RICAVI
Lavorazioni di terzi
% SU RICAVI
Altri costi esterni
% SU RICAVI
Materiale di consumo
% SU RICAVI
Perdite su crediti stimate
% SU FATTURATO
Affitto e condominio
Energia elettrica e riscaldamento
Manutenzioni
Costi di commercailizzazione
Pubblicità e fiere
Spese amministrative
Costi del personale
Produttivo
Amministrativo
Soci ed Amministratori
MARGINE OPERATIVO LORDO (EBITDA)
Ammortamenti
Ammortamenti immateriali
% SU INVEST.
Ammortamenti materiali
% SU INVEST.
RISULTATO OPERATIVO (EBIT)
FINANZIAMENTO DELLA PRODUZIONE
Oneri finanziari pari a ............% FATTURATO
Come prospetto banca
Oneri finanziari su prestito
RISULTATO LORDO
Imposte su reddito
RISULTATO NETTO
...% sul risultato lordo
%
RATIO - SOLUZIONI PER LA GESTIONE D’IMPRESA [n. 3/2013 • 5404] Centro Studi Castelli s.r.l.
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Aziende commerciali o di distribuzione:
CE riclassificato a margine di contribuzione
Esercizio
Ipotesi di incidenza
.............................
.............................
Euro
Euro
%
RICAVI
PREMI, RIMBORSI E RICAVI DIVERSI
VALORE DELLA PRODUZIONE
-
-
MARGINE DI CONTRIBUZIONE
-
-
Costi fissi generali
-
-
-
-
MOL -
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Costi variabili esterni
Acquisto merci
% SU RICAVI
Trasporti
% SU RICAVI
Provvigioni
% SU RICAVI
Pubblicità
% SU RICAVI
Materiale di consumo
% SU RICAVI
Premi e contributi promozionali
% SU RICAVI
Perdite su crediti stimate
% SU FATTURATO
Locazione e leasing
Energia elettrica e riscaldamento
Manutenzioni
Carburante
Spese amministrative
Costi del personale
Addetti alle vendite
Amministrativi
Soci ed Amministratori
MARGINE OPERATIVO LORDO (EBITDA)
Ammortamenti
Ammortamenti immateriali
% SU INVEST.
Ammortamenti Materiali
% SU INVEST.
RISULTATO OPERATIVO (EBIT)
FINANZIAMENTO DELLA PRODUZIONE
Oneri finanziari pari a ............% FATTURATO
Come prospetto banca
Oneri finanziari su prestito
RISULTATO LORDO
Imposte su reddito
RISULTATO NETTO
...% sul risultato lordo
%
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RATIO - SOLUZIONI PER LA GESTIONE D’IMPRESA [n. 3/2013 • 5404] Centro Studi Castelli s.r.l.
Azienda di servizi: CE riclassificato
a margine di contribuzione
Esercizio
Ipotesi di incidenza
.............................
.............................
Euro
Euro
%
RICAVI
PREMI, RIMBORSI E RICAVI DIVERSI
VALORE DELLA PRODUZIONE
-
-
MARGINE DI CONTRIBUZIONE
-
-
Costi fissi generali
-
-
-
-
MOL -
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Costi variabili esterni
Compensi collaborazione commerciale
% SU RICAVI
Trasporti
% SU RICAVI
Telefoniche e trasferte
% SU RICAVI
Pubblicità
% SU RICAVI
Materiale di consumo
% SU RICAVI
Premi e contributi promozionali
% SU RICAVI
Perdite su crediti stimate
% SU FATTURATO
Locazioni e leasing
Energia elettrica e riscaldamento
Manutenzioni
Carburante
Spese amministrative
Costi del personale
Commericali
Amministrativi
Soci ed Amministratori
MARGINE OPERATIVO LORDO (EBITDA)
Ammortamenti
Ammortamenti immateriali
% SU INVEST.
Ammortamenti Materiali
% SU INVEST.
RISULTATO OPERATIVO (EBIT)
FINANZIAMENTO DELLA PRODUZIONE
Oneri finanziari pari a ............% FATTURATO
Come prospetto banca
Oneri finanziari su prestito
RISULTATO LORDO
Imposte su reddito
RISULTATO NETTO
...% sul risultato lordo
%
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Programma di investimento
a.1) Locazione e titolo disponibilità degli investimenti:
Località:
Nazione:
Titolo disponibilità
Data ultimazione investimento
Data di entrata a regime
a.2) Tempistiche degli investimenti
Data avvio inserimento
a.3) Breve descrizione dell’iniziativa da realizzare e degli obiettivi da conseguire
a.4) Risorse umane previste per la realizzazione dell’iniziativa
Totale ............................................,
di cui Operai ......................................,
Impiegati .....................................,
e Dirigenti ....................
Acquisto
Leasing
Totale
a.5) Dettaglio investimenti
Descrizione
Studi, progettazione e simili
Macchinari, e impianti e attrezzature
Altro materiale
Software altre immateriali
Totale
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Stato patrimoniale previsionale
Voci
Periodo 1
Periodo 2
Periodo 3
Immobilizzazioni materiali
Immobilizzazioni immateriali
Liquidità
Altre attività
TOTALE ATTIVO
Mezzi propri
Finanziamenti
Altre passività
TOTALE PASSIVO
Conto economico previsionale
Voci
Valore della produzione
Costi variabili
Costi fissi
MARGINE OPERATIVO LORDO
Ammortamenti
RISULTATO OPERATIVO
Oneri finanziari
RISULTATO LORDO
Imposte
RISULTATO NETTO
Periodo 1
Periodo 2
Periodo 3
RATIO - SOLUZIONI PER LA GESTIONE D’IMPRESA [n. 3/2013 • 5404] Centro Studi Castelli s.r.l.
Cash Flow previsionale
Voci
Periodo 1
Periodo 2
Periodo 3
Periodo 1
Periodo 2
Periodo 3
Periodo 1
Periodo 2
Periodo 3
Risultato netto
Ammortamenti (-)
AUTOFINANZIAMENTO (a)
Investimenti (-)
Disinvestimento (+)
FLUSSI FINANZIARI IMMOBILIZZAZIONI (b)
Finanziamenti (+)
Rimborsi (-)
FLUSSI FINANZIARI FINANZIAMENTI (c)
Variazione Capitale Circolante Netto (d)
FLUSSI DI CASSA PREVISIONALI (a+b+c+d)
Indici previsionali
Voci
ROE (risultato netto/mezzi propri)
ROI (risultato operativo/totale attività)
ROS (reddito operativo/valore produzione)
Indicatori patrimoniali/Finanziari
Liquidità (attività correnti/passività correnti)
Indebitamento (Finanziamento/attività)
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