rel Fidanzia - Documento senza titolo

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CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRAT URA
Nona Commissione – Tirocinio e Formazione professionale
Incontro di studio:
I contratti dell’impresa e la tutela del consumatore
Presentazione di casi pratici incentrati sull’inerenza del contratto all’impresa:
Vendita di beni di consumo
- tutela del consumatore nella vendita di beni di largo e generale consumo
- i contratti di finanziamento collegati alla vendita
I contratti non negoziati
- sottoscrizione di moduli predisposti dall’imprenditore
-obblighi di informazione
- diritto di recesso
dr. Andrea Fidanzia
Giudice del Tribunale di Venezia
INQUADRAMENTO DELLE PROBLEMATICHE
RELATIVE AL CREDITO AL CONSUMO
Premessa
Il presente inquadramento non ha la pretesa di essere una relazione articolata sul credito al
consumo, ma solo uno spunto per una riflessione un po’ più approfondita sulle problematiche
emerse nella discussione del caso pratico.
Non rappresenta quindi una sistematica trattazione della materia ma solo un riassunto delle
questioni giuridiche che si presentano nella pratica con cenni finali su come tali questioni sono state
affrontate e risolte nei paesi europei di antica tradizione e dal legislatore comunitario.
Fonti normative
La disciplina del credito al consumo non è rinvenibile in un unico testo normativo.
Nonostante l’entrata in vigore del d.lgs 6 settembre 2005 n 206, c.d. codice del consumo, che
contiene un’apposita sezione dedicata al credito al consumo dagli artt. da 40 a 43, gran parte della
disciplina del credito al consumo è tuttora contenuta – in virtù dell’espresso richiamo da parte
dell’art. 43 cod. cons. – nel d.lgs 1 settembre 1993 “Testo Unico in materia bancaria e creditizia”
ed in particolare nei capi II e III del titolo IV di tale testo unico.
Fonte, di natura secondaria, del credito al consumo è rappresentato dalla delibera del CICR del 4
marzo 2003 “Disciplina della trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni
e dei servizi bancari e finanziari” – cui l’art. 116 comma 3° TUB ha demandato l’individuazione
delle operazioni e servizi da sottoporre a pubblicità, di dettare le disposizioni relative alla forma, al
contenuto, alle modalità della pubblicità, di individuare gli elementi essenziali che devono essere
indicati negli annunci pubblicitari – nonché dalla contestuale delibera con cui la Banca d’Italia, a
norma dell’art. 13 della citata delibera del CICR, ha emanato disposizioni di attuazione della stessa
delibera.
Il ruolo del CICR non è circoscritto solo alla materia pubblicitaria atteso che l’art. 40 cod. cons.
affida a tale Autorità il compito di adeguare la normativa nazionale a quella comunitaria relativa al
riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli stati membri in
materia di credito al consumo con riguardo, in particolare, alla indicazione del TAEG mediante un
esempio tipico. Inoltre l’art. 41 cod. cons. affida al CICR il compito di apportare le necessarie
modifiche alla disciplina recata dal DPR 8.7.1992, in realtà già modificato dal dm 6.5.2000.
Nozione credito al consumo
art. 121 comma 1° TUB:
“ Per credito al consumo si intende la concessione, nell’esercizio di un’attività commerciale o
professionale, di credito sotto forma di dilazione di pagamento, di finanziamento
o di altra analoga facilitazione finanziaria a favore di una persona fisica che agisce per scopi
estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta (consumatore).
Nonostante, nell’accezione comune, il credito al consumo venga normalmente associato ad
un’operazione “trilaterale” caratterizzata dalla presenza di un terzo finanziatore, in realtà, il TUB dà
una definizione ampia di credito al consumo - comprensivo anche della dilazione di pagamento
concessa dalla stessa parte venditrice di un bene o un servizio al proprio acquirente - che ricorre
ogni qualvolta un finanziamento viene erogato da determinati soggetti tassativamente indicati
dall’art. 121 comma 2° TUB – per lo più banche ed intermediari finanziari - ad un consumatore
salvo le esclusioni previste dall’art. 121 comma 4° TUB.
Rientrano quindi nelle operazioni di credito al consumo il mutuo, l’apertura di credito,
l’anticipazione bancaria, lo sconto bancario, il leasing traslativo avente ad oggetto beni di consumo
(leasing automobilistico).
Una conferma di quanto sopra osservato è dato dal rilievo che l’art. 124 TUB contiene al 2° comma
l’elencazione degli elementi che tutti i contratti di credito al consumo devono contenere
(ammontare e modalità finanziamento, numero, importi e scadenze rate, TAEG, condizioni per la
modifica del TAEG etc) e disciplina al comma 3° il contenuto minimo che i contratti di credito al
consumo devono presentare a pena di nullità nell’ipotesi specifica in cui abbiano ad oggetto
l’acquisto di determinati beni o servizi, ovvero la descrizione analitica dei beni e servizi e gli altri
elementi richiesti alle lettere b) e c) dello stesso comma.
Nel caso pratico che sarà affrontato più avanti sarà esaminata una fattispecie di contratto di credito
avente ad oggetto beni di largo consumo che è quella più frequente nella prassi commerciale.
Contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni al consumo
Si tratta di un’operazione a struttura trilaterale in cui il finanziatore, soggetto terzo rispetto al
contratto di vendita di beni al consumo, eroga a favore dell’acquirente una somma di denaro –
normalmente versata direttamente al fornitore in virtù di apposita clausola inserita nel contratto di
finanziamento - che corrisponde in tutto o in parte al prezzo del bene acquistato.
Il consumatore si impegna a restituire la somma mutuata oltre al costo del finanziamento che si
evince dal TAEG (Tasso annuale effettivo globale) che rappresenta il costo totale del credito a
carico del consumatore espresso in una percentuale annua del credito concesso (art. 122 comma 1°
TUB.
Il TAEG comprende gli interessi (TAN) e tutti gli altri oneri da sostenere per utilizzare il credito
(commissioni, costi di polizze assicurative,tasse etc)
A monte di tale operazione vi è normalmente una convenzione tra fornitore e finanziatore – non a
caso nella maggior parte dei contratti di credito al consumo il venditore è definito “esercente
convenzionato” - in virtù della quale il fornitore si impegna ad eseguire una serie di adempimenti
funzionali alla concessione del finanziamento (identificazione del compratore, messa a disposizione
del consumatore di materiale pubblicitario, consegna di modulo del contratto di finanziamento,
trasmissione, per il suo tramite, al finanziatore della richiesta di concessione di credito sottoscritta
dal consumatore).
Il credito al consumo finalizzato all’acquisto di beni di largo consumo costituisce un’evoluzione
della vendita a rate – dalla quale si differenza per la dissociazione tra il soggetto che fornisce il bene
ed il finanziatore - nella quale convergono una pluralità di interessi:
l’interesse del consumatore ad ottenere la disponibilità di un bene che diversamente non sarebbe in
grado di pagare;
l’interesse del venditore ad incrementare il proprio fatturato ottenendo l’immediato ed integrale
pagamento del prezzo;
l’interesse del finanziatore ad aumentare a sua volta il volume dei propri affari ottenendo un
corrispettivo per il servizio di finanziamento.
Proprio la convergenza di tali interessi e le particolarità modalità di conclusione ed esecuzione del
contratto finanziamento possono fornire degli elementi utili ai fini della valutazione e qualificazione
del rapporto tra contratto di vendita e contratto di finanziamento.
Rapporto tra contratto di vendita e di finanziamento
Il codice al consumo, come precedentemente il T.U.B., non individua la natura del rapporto tra i
due contratti, né lo qualifica in termini di collegamento negoziale.
L’art. 42 cod.cons. , che, come detto, non è altro che la riproduzione integrale degli abrogati commi
4° e 5° dell’art. 125 T.U.B., si limita ad indicare i presupposti ricorrendo i quali il consumatore può
agire nei confronti del finanziatore (inadempimento fornitore, costituzione in mora dello stesso da
parte del consumatore, accordo tra fornitore e finanziatore in virtù del quale a quest’ultimo viene
concessa l’esclusiva per la concessione di credito ai clienti del fornitore) e può quindi ritenersi
sussistente un’ipotesi di collegamento negoziale ex lege tra i due contratti.
In considerazione del fatto che è assai arduo, se non impossibile, per il consumatore provare
l’esistenza dell’accordo di esclusiva, si pone seriamente la questione se tale ipotesi esaurisca le
fattispecie di collegamento negoziale rinvenibili tra il contratto di finanziamento e il contratto di
vendita ovvero se l’interprete possa comunque verificare l’esistenza di un nesso giuridicamente
rilevante caso per caso, previo accertamento della volontà dei contraenti.
Non vi è dubbio che il principio di autonomia contrattuale, che trova il proprio fondamento nell’art.
1322 cod. civ, consenta alle volontà delle parti, al di là della ricorrenza dei presupposti previsti dalla
legge speciale, di instaurare tra i due contratti, pur strutturalmente distinti e ciascuno soggetto alla
disciplina del tipo negoziale cui appartiene, un collegamento negoziale, un nesso di reciproca
interdipendenza in vista della realizzazione di un fine ulteriore unitario.
Tale assunto si pone in linea con quanto ritenuto dalla sentenza della Corte di Giustizia 23 aprile
2009 (causa C 509/07), la quale ha affermato nella sua parte motiva che l’art. 11 della direttiva
87/102 Ce – che prevede il diritto del consumatore di agire nei confronti del finanziatore ove
ricorrano sostanzialmente gli stessi presupposti previsti dall’art. 42 cod. cons. -
offre al
consumatore una protezione supplementare che si aggiunge alle azioni che il consumatore può già
esercitare sulla base delle disposizioni nazionali applicabili ad ogni rapporto contrattuale.
In termini simili si era espressa la Corte di Giustizia anche nella sentenza 4 ottobre 2007 (causa C429/05) nella quale aveva affermato che l’art. 11 n. 2 dir. 87/102 è volto a conferire al consumatore,
in circostanze ben definite, taluni diritti nei confronti del creditore che si aggiungono ai suoi
normali diritti contrattuali nei riguardi di questi e del fornitore di beni e servizi.
Nozione di collegamento negoziale
Sul collegamento negoziale, la dottrina si è divisa tradizionalmente tra coloro che hanno sostenuto
la teoria c.d. soggettiva la quale fonda il collegamento negoziale, il nesso di dipendenza tra due
contratti sulla volontà delle parti, sull’elemento volitivo delle medesime corrispondente all’intento
di collegare e la teoria c.d. oggettiva che fa discendere tale collegamento dalla oggettiva unitarietà
dell’operazione negoziale, dall’unitarietà dell’interesse globalmente perseguito.
In
realtà, come è stato lucidamente evidenziato 1, tale distinzione confonde il profilo del
fondamento giuridico del collegamento che, come detto, è l’autonomia privata ed il profilo
dell’accertamento del nesso che si fonda sulla ricerca di indici idonei a rivelare oggettivamente il
rapporto di interdipendenza funzionale, il programma unitario alla realizzazione del quale i singoli i
contratti sono preordinati.
In sostanza, il collegamento negoziale deve fondarsi sulla autonomia privata e non può prescinderne
mentre l’accertamento del nesso presuppone l’individuazione di indici di natura obiettiva che
rivelino l’esistenza di un assetto di interessi unitario.
La teoria soggettiva ed oggettiva non si pongono quindi in antitesi in quanto l’una e l’altra
concernono due aspetti diversi dello stesso fenomeno.
1
Ferrando, I contratti collegati:principi della tradizione e tendenze innovative, in Contr. Imp. 2000,130; Lener, Profili
del Collegamento negoziale, Milano, 1999, 7; Vettori (a cura di), Regolamento, in ROPPO, Trattato del contratto,
Milano, 2006, 181; Ronchese, L’inadempimento del fornitore nel credito al consumo e rimedi relativi al rapporto di
finanziamento
Il punto di incontro tra elemento soggettivo ed oggettivo nell’evoluzione dottrinale è dato dalla
ricerca della volontà delle parti di instaurare il collegamento funzionale come si è obiettivata nei
contratti stipulati 2.
Da non confondere con il collegamento funzionale è il collegamento occasionale che si verifica
allorquando i contratti, pur casualmente riuniti, rimangono strutturalmente funzionalmente
autonomi, sicchè la loro unione non influenza la disciplina dei singoli negozi in cui si sostanziano 3.
La difficoltà dell’interprete, come sarà più avanti approfondito, è proprio quella di accertare,
soprattutto in presenza di clausole di inopponibilità al finanziatore delle vicende relative al contratto
di compravendita, se le parti abbiano inteso dar vita comunque ad un nesso di reciproca dipendenza
tra i due contratti o se il collegamento tra i medesimi sia solo occasionale.
Applicazione in giurisprudenza del principio di collegamento negoziale nelle operazioni di
credito al consumo
Per lungo tempo la giurisprudenza di merito e di legittimità hanno configurato il rapporto tra
contratto di vendita e contratto di finanziamento in termini di mutuo di scopo4.
In particolare, si è ritenuto che nell’ipotesi in cui nel contratto di mutuo sia previsto il reimpiego
della somma mutuata per l’acquisto di un bene di consumo, nell’ambito dell’assetto di interessi
complessivo risultante dal collegamento funzionale dei due contratti, la risoluzione consensuale del
contratto di vendita rende il finanziamento – che nel primo aveva la propria giustificazione causale privo di ragion d’essere.
Nel mutuo di scopo, la causa contrattuale si realizza quando il bene, per il conseguimento del quale
è stato richiesto il mutuo, entra concretamente nella sfera patrimoniale del mutuatario5
La giurisprudenza ha ritenuto che in un’ipotesi siffatta il mutuante è legittimato a richiedere la
restituzione della somma mutuata non al mutuatario acquirente del bene di consumo ma
direttamente ed esclusivamente al venditore che del mutuo in sostanza beneficia.
2
Vettori (a cura di) Regolamento, in Roppo, Trattato del contratto cit 183; Ronchese cit
In questi termini Cass. 27.3.2007 n. 7524
4
Cass. 474/94 e 5966/2001 la cui massima è riportata nel paragrafo “orientamenti giurisprudenziali”; Tribunale Milano
15 gennaio 2001, Corte d’Appello Milano 6 febbraio 2001 in B.B.T.C. 2002, 388;
5
In questi termini si è espressa la Corte d’appello di Milano nella sentenza sopra citata.
3
In verità, la qualificazione del rapporto tra i due contratti suindicati in termini di mutuo di scopo
non appare del tutto giuridicamente corretta.
Nel mutuo di scopo la specifica destinazione della somma mutuata ad un determinato impiego
forma oggetto di una vera e propria obbligazione che il mutuatario assume nei confronti del
mutuante, la cui violazione dà luogo alla risoluzione del contratto.
Nel mutuo di scopo, il mutuante ha un interesse personale (concorrente con quello del mutuatario),
o sussiste comunque un interesse pubblico – ad es. nei casi di finanziamenti pubblici agevolati
destinati all’attività di impresa – alla realizzazione di quell’impiego 6. Nel caso, invece, di
finanziamento destinato all’acquisto di un bene di consumo, non si pone la questione della mancata
destinazione della somma mutuata alla finalità per cui era stata concessa atteso che, in relazione alle
clausole inserite ordinariamente nel contratto di finanziamento, la somma mutuata viene versata
direttamente al venditore e non entra nella sfera giuridica del consumatore.
Il rischio insito nell’operazione riguarda semmai l’eventualità che nonostante il pagamento del
prezzo (con la somma finanziata) l’acquirente non ottenga la disponibilità del bene.
A partire dalla metà degli anni 2000 all’incirca, la posizione della giurisprudenza è divenuta più
oscillante avendo cominciato ad attribuire un’altra valenza alle clausole di inopponibilità al
finanziatore delle vicende relative al contratto di vendita accortamente predisposte in modo
unilaterale dai finanziatori nonché alle espressioni inserite in contratto finalizzate a circoscrivere
alla mera erogazione del credito il ruolo del finanziatore nell’operazione di credito al consumo.
La Suprema Corte nelle sentenze nn. 8253/03 e 12567/04 ha valorizzato tali clausole per escludere
il collegamento negoziale tra il contratto di vendita e di finanziamento.
Recentemente il Tribunale di Milano nella sentenza 24 ottobre 20087 è pervenuto ad opposte
conclusioni.
Dunque, il ruolo dell’interprete è assai delicato ed in tale prospettiva è indispensabile stabilire, alla
luce di quanto sopra illustrato, quando possa ritenersi instaurato un nesso giuridicamente rilevante
tra due contratti.
Tenuto conto che il compito del giudice è ricercare la volontà delle parti, caso per caso, sulla base di
un’interpretazione sistematica delle clausole contrattuali – in caso di dubbio sul senso di una
6
7
In questi termini Tribunale Milano 24 ottobre 2008 con nota di commento di Ronchese, in G.C.C.2009,5, pag. 436.
Le tre massime sono parimenti riportate nel paragrafo “orientamenti giurisprudenziali
clausola prevale a norma dell’art. 35 comma 2° cod. cons. l’interpretazione più favorevole al
consumatore - lo stesso deve valutare nel caso concreto se certe dichiarazioni contrattuali e talune
clausole (inopponibilità…...) debbano essere interpretate come espressione della volontà delle parti
di escludere il collegamento negoziale o, in relazione alla accertata ricorrenza di indici di
collegamento risultanti sia dalla modulistica contrattuale che dal comportamento di tutti i soggetti
coinvolti nell’operazione economica (compreso il venditore), le suddette clausole debbano essere
solo ritenute come espressione di un significativo squilibrio tra le posizioni delle parti con
conseguente nullità delle stesse in ragione della loro vessatorietà.
Questa va valutata, a norma dell’art. 34 comma 1° cod. cons., anche “con riferimento alle clausole
di un contratto collegato o da cui dipende” e ciò in relazione alla struttura trilaterale e unitaria
dell’operazione, che impone che la corrispettività delle prestazioni, e quindi il loro eventuale
“significativo squilibrio”, vada valutata complessivamente e non con riferimento ai singoli rapporti
contrattuali
Il Tribunale di Milano nella sentenza sopra citata ha rinvenuto gli indici di collegamento negoziale
nei seguenti elementi:
-la prescrizione ex art. 124 comma 3° lett. a) della descrizione analitica dei beni e dei servizi
oggetto dell’acquisto finanziato (che consente al consumatore, in caso di rapporto di esclusiva tra
fornitore e finanziatore, di agire nei confronti di quest’ultimo per l’inadempimento del fornitore);
-la costruzione della fattispecie di credito al consumo su tre rapporti bilaterali (finanziatore e
cliente, cliente e fornitore, finanziatore e fornitore “convenzionato”) il cui collegamento attiene alla
causa degli stessi e non a quello delle sole motivazioni in relazione all’intreccio genetico degli
interessi di cui sono portatori i soggetti coinvolti;
-la modulistica utilizzata, che indica il finanziamento come modo di corresponsione del prezzo del
bene di consumo, prevede il mandato irrevocabile alla banca a versare al venditore l’importo totale
del finanziamento e precisa che il finanziamento viene concesso a soggetto che abbia inoltrato la
richiesta “ per il tramite” di un operatore commerciale convenzionato;
-contestualità tra la stipula della compravendita e richiesta di finanziamento.
Il Tribunale di Milano ha quindi ritenuto vessatoria la clausola che limita la facoltà del consumatore
di opporre al finanziatore le eccezioni relative alla vicenda della vendita e come tale inefficace ex
art. 1469 bis comma 3° n. 18 e 1469 quinques cod. civ. (articoli ora sostituiti dall’art. 33 comma 2°
lett. r e t e 36 cod. cons).
Effetti del collegamento negoziale
Il Tribunale di Milano, nella sentenza citata, sovrapponendo il collegamento negoziale ex lege
previsto dall’art. 42 cod. cons. con il collegamento negoziale che si fonda sull’autonomia privata, ha
ritenuto che non potesse accogliersi la domanda di risoluzione del contratto di finanziamento sul
rilievo che difettavano i presupposti richiesti dalla legge “per agire nei confronti del finanziatore”
(l’esclusiva) potendosi sollevare nei confronti di quest’ultimo solo delle eccezioni.
La soluzione non può essere ritenuta condivisibile.
Una volta ritenuto sussistente un collegamento negoziale di natura volontaria – come ha fatto il
tribunale meneghino - gli effetti tipici sono quelli che derivano dal brocardo ”simul stabunt simul
cadent” 8
Validità delle clausole di inopponibilità al finanziatore delle eccezioni relative al rapporto di
vendita e applicazione del principio di buona fede
La buona fede esprime un principio di solidarietà contrattuale che impone a ciascuna parte
l’obbligo di salvaguardare l’utilità della propria controparte, a prescindere da specifici obblighi
contrattuali, nei limiti in cui ciò non comporti un apprezzabile sacrificio dei propri interessi9.
Il principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, ai sensi dell’art. 1375 cod. civ., è stato
applicato dalla giurisprudenza risalente 10 per tutelare la posizione dell’acquirente, cui non era stato
consegnato il bene dal fornitore, nei confronti del creditore che avesse agito per la restituzione
delle rate di finanziamento. In particolare, si è ritenuto che il creditore che avesse versato
direttamente la somma mutuata al venditore senza essersi preoccupato che costui avesse
8
9
Così Ronchese in N.G.C.C. 2009, cit., 443.
In questi termini Bianca, Il contratto, Milano, 1986, 477.
10
Così App. Milano 22 novembre 1991, Foro it.., Rep. 1993, voce Contratto in genere, n. 313
preventivamente consegnato il bene – in vista del quale il credito era stato concesso – all’acquirente
era venuto meno all’osservanza delle regole di correttezza che devono presiedere i rapporti
negoziali e come tale andava sanzionato.
Proprio il principio di buona fede è stato applicato dalla giurisprudenza
11
nella figura affine del
leasing traslativo al consumo per dichiarare l’inefficacia della clausola del contratto di leasing che
fa gravare sull’utilizzatore il rischio della mancata consegna del bene in quanto viola il principio
dell’esecuzione del contratto secondo buona fede. La Corte ha affermato, in particolare, che “la
nullità di tali clausole deriverebbe dal contrasto in cui le stesse si pongono rispetto all’obbligo del
concedente di eseguire in buona fede il contratto e quindi di salvaguardare l’interesse
dell’utilizzatore”.
Tornando al credito al consumo, parte della dottrina
12
ha ritenuto l’inefficacia delle clausole
d’inopponibilità al finanziatore delle vicende relative al contratto di vendita sul rilievo che la loro
predisposizione e applicazione, nell’ambito dell’operazione economica unitaria risultante dal
collegamento contrattuale, sia contraria alla buona fede e correttezza.
Diritto comparato
Appare utile il raffronto della normativa sul credito al consumo del nostro Stato con la disciplina
adottata da altri ordinamenti 13.
Con la rubrica Verbundene Geschafte (letteralmente negozi collegati) il paragrafo 9 del
Verbraucherschutsgesetz tedesco detta la disciplina del collegamento negoziale nel credito al
consumo. In particolare il 1° comma stabilisce che l’acquisto di beni e/o servizi costituisce negozio
collegato al contratto di credito allorchè il credito sia destinato al finanziamento dell’acquisto e i
due contratti debbano intendersi unitariamente. Inoltre – continua la disposizione – l’unità
economica deve essere rilevata quante il finanziatore si avvalga della collaborazione del fornitore
(dei beni e/o servizi) nella preparazione o nella conclusione del contratto di credito.
11
Cass. 2 ottobre 1998, n. 9785, in Giur.it, 1999,1152
Feerando, Credito al consumo:operazione economica unitaria e pluralità di contratti, in riv.dir. comm. 1991, 613.
13
Disamina effettuata in modo organico da Macario - e nel presente testo riassunta - in “Collegamento negoziale e
principio di buona fede nel contratto di credito per l’acquisto:l’opponibilità al finanziatore delle eccezioni relative alla
vendita” in Foro it. 1994, I, 3097
12
Assai significativo, con riferimento alla problematica delle eccezioni opponibili al finanziatore, è il
3° comma della norma, in virtù del quale il consumatore può rifiutare il rimborso del credito nella
misura in cui sarebbe legittimato a rifiutare la prestazione nei confronti del fornitore in virtù di
eccezioni derivanti dal contratto di acquisto.
Il collegamento negoziale tra contratto di vendita e contratto di finanziamento trova riconoscimento
nel sistema francese con la disciplina del crèdit à al consommation di cui alla legge n. 78-22.
In particolare, l’art. 9 stabilisce che ogni qualvolta il contratto di finanziamento menzioni il bene o
il servizio da procurarsi mediante l’utilizzazione del prestito, l’efficacia del contratto di credito
rimane condizionata alla consegna della cosa ovvero alla prestazione del servizio.
L’art. 9 comma 2° attribuisce al giudice il potere di sospendere l’esecuzione del contratto di credito,
nel caso di controversia sull’esecuzione del contrat principal fino alla definizione della lite.
La stessa disposizione prevede che il contratto di credito possa essere risolto o annullato in caso di
risoluzione o annullamento del contratto in vista del quale il finanziamento è stato concesso.
Nel sistema britannico del credito al consumo consacrato nel Consumer Credit Act, la section 75
prevede espressamente il diritto del debitore di opporre al creditore ogni pretesa o azione che
spetterebbe nei confronti del fornitore dei beni per l’inadempimento di quest’ultimo.
La direttiva 2008/48/CE
Il 23 aprile 2008 è stata approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio la suddetta direttiva
relativa ai contratti di credito ai consumatori, che detta una nuova disciplina della materia, abroga la
direttiva 87/102/CEE e prevede per i singoli stati membri come termine per la sua attuazione il 12
maggio 2010.
Con riferimento alla problematica del collegamento negoziale, l’art. 3 lett. n) di tale direttiva – che
si ispira alla soluzione tedesca - dà la definizione di contratto di credito collegato, intendendo per
tale il contratto di credito che soddisfa due condizioni:
il credito in questione serve esclusivamente per finanziare un contratto relativo alla fornitura di
merci specifiche o alla prestazione di servizi specifici;
i due contratti costituiscono oggettivamente un’unica operazione commerciale.
Questa ricorre quando il fornitore o il prestatore stesso finanzia il credito al consumo oppure, se il
credito è finanziato da un terzo, qualora il creditore ricorra ai servizi del fornitore o del prestatore
per la conclusione o la preparazione del contratto di credito o qualora le merci specifiche o i servizi
specifici siano esplicitamente individuati nel contratto di credito.
La disciplina del collegamento negoziale è dettata dall’art. 15 che prevede che il recesso da parte
del consumatore dal contratto di fornitura comporta che lo stesso non è più vincolato dal contratto
di credito collegato.
Inoltre in caso di inadempime nto del contratto di fornitura il consumatore può agire nei confronti
del finanziatore se ha già agito nei confronti del fornitore ( o prestatore) senza aver ottenuto
soddisfazione.
Se il legislatore italiano, in sede di attuazione, recepirà senza modifiche la definizione e la
disciplina del collegamento negoziale di cui agli artt. 3 lett. n) e 15 della direttiva 48/2008, data la
natura imperativa che avranno necessariamente tali norme dettate a tutela della parte debole, il
collegamento contrattuale non sarà più derogabile e si creerà indipendentemente dall’inserimento
nel testo contrattuale di eventuali clausole dirette ad escluderlo, e ciò tutte le volte in cui si
realizzeranno i presupposti richiesti dalla legge.
Infine, va osservato che dalla lettura del considerando 37° e 35° della citata direttiva emerge che il
legislatore europeo ha accolto una nozione di collegamento c.d. soltanto unilaterale nel senso che,
mentre esiste una relazione di interdipendenza tra il contratto di fornitura e quello di finanziamento,
con la conseguenza che le vicende che affliggono il primo conducono alla caducazione del secondo,
tale relazione non vale in senso inverso: in caso di recesso dal contratto di finanziamento tale
vicenda non ha nessun riflesso sul contratto di fornitura.
Annotazione utile relativa al caso pratico
Con riferimento alle obbligazioni pre-contrattuali che gravano sul finanziatore la direttiva
2008/48/CE prescrive all’art. 5 che il creditore deve fornire al consumatore, in tempo utile prima
questi sia vincolato da un contratto o offerta di credito, le informazioni necessarie per raffrontare le
varie offerte al fine di prendere una decisione con cognizione di causa.
Tali informazioni sono fornite mediate il modulo relativo alle “Informazioni europee di base
relative al credito ai consumatori”.
La lett. f) dell’art. 5 prevede che le informazioni riguardano il tasso debitore tra cui…….la
procedura di modifica del tasso debitore .
La direttiva nulla dice sulle conseguenze derivanti dalla violazione degli obblighi pre- contrattuali.
Tuttavia, sul punto, suscita un certo interesse il considerando 25 secondo cui gli stati possono
disciplinare l’eventuale carattere vincolante delle informazioni fornite prima della conclusione del
contratto.
E’ auspicabile che il nostro legislatore prenda spunto da questo considerando per estendere ai
contratti di credito al consumo l’applicabilità dell’art. 117 comma 6° TUB secondo cui sono nulle e
si considerano non apposte le clausole contrattuali…….. che prevedono tassi, prezzi e condizioni
più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Cass. 20 gennaio 1994 n. 474
Nell'ipotesi di contratto di mutuo in cui sia previsto lo scopo del reimpiego della somma
mutuata per l'acquisto di un determinato bene, il collegamento negoziale tra gli anzidetti
contratti, per cui il mutuatario è obbligato all'utilizzazione della somma mutuata per la
prevista acquisizione, comporta che della somma concessa in mutuo beneficia il
venditore del bene, con la conseguenza che la risoluzione della compravendita del bene,
che importa il venir meno dello stesso scopo del contratto di mutuo, legittima il
mutuante a richiedere la restituzione della somma mutuata non al mutuatario, ma
direttamente ed esclusivamente al venditore.
Cass. 23 aprile 2001 n. 5966
Nell'ipotesi di contratto di mutuo in cui sia previsto lo scopo del reimpiego della somma
mutuata per l'acquisto di un veicolo, venuto meno il contratto per cui il mutuo è
concesso in seguito alla intervenuta risoluzione consensuale della compravendita del
veicolo, il mutuante è legittimato a richiedere la restituzione della somma mutuata non al
mutuatario (acquirente), ma direttamente ed esclusivamente al venditore, che rispetto al
mutuo appare terzo, ma che del mutuato in sostanza beneficia. Infatti nell'ambito della
funzione complessiva dei negozi collegati, essendo lo scopo del mutuo legato alla
compravendita, in quanto la somma concessa in mutuo viene destinata al pagamento del
prezzo, venuta meno la compravendita, il mutuo non ha più ragione d'essere. In tal caso
il mutuatario, il quale impiega la somma secondo la destinazione prevista in contratto,
sostanzialmente non ricava alcun vantaggio, perché non consegue la proprietà del bene,
per il cui pagamento il mutuo gli viene risultante dal collegamento negoziale, il
venditore, che riceve la somma mutuata, deve restituirla.
Cass 8253/03
In tema di contratto di mutuo finalizzato all'acquisto di un veicolo, è valida la clausola
che, pur escludendo in modo palese il collegamento negoziale, faccia gravare sul
mutuatario il rischio della mancata consegna del bene. In tal caso il contratto di mutuo
rimane estraneo alle vicende che interessano quello di vendita ed il mutuatario, che non
riceva il veicolo dal venditore, non può opporre al mutuante l'eccezione di
inadempimento per rifiutare di pagare le rate del mutuo.
Cass. 8 luglio 2004 n. 12567
Affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico non è sufficiente
un nesso occasionale tra i negozi, ma è necessario che il collegamento dipenda dalla
genesi stessa del rapporto, dalla circostanza cioè che uno dei due negozi trovi la propria
causa (e non il semplice motivo) nell'altro, nonché dall'intento specifico e particolare
delle parti di coordinare i due negozi, instaurando tra di essi una connessione teleologica,
soltanto se la volontà di collegamento si sia obiettivata nel contenuto dei diversi negozi
potendosi ritenere che entrambi o uno di essi, secondo la reale intenzione dei contraenti,
siano destinati a subire le ripercussioni delle vicende dell'altro. (Enunciando, in
fattispecie di mutuo utilizzato per corrispondere il prezzo dell'acquisto di un veicolo, il
principio di cui in massima, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza del giudice di
merito, di accoglimento dell'opposizione del mutuatario, che aveva rifiutato il
pagamento, ingiuntogli, di pagare le rate di mutuo perché l'autovettura non gli era stata
consegnata dal venditore, essendo con ciò venuta meno la ragione del finanziamento. La
S.C. ha in particolare escluso che la configurabilità di un mutuo di scopo derivasse dal
semplice fatto della qualificazione del mutuo in termini di prestito al consumo e dalla
circostanza dell'avvenuto versamento della somma dalla banca al venditore su delega
irrevocabile del mutuatario; e ciò, tanto più in presenza di una clausola contrattuale che
espressamente limitava il ruolo della banca alla erogazione del credito e che riconosceva
la "totale estraneità" di essa "al rapporto commerciale con il venditore ed a qualsiasi
altro rapporto ad esso collegato, sussistente con terzi").
Tribunale Milano 24 ottobre 2008
In tema di contratti di credito al consumo la prescrizione dell’art. 124, comma 3, lett. A) del TUB
che a pena di nullità prescrive la descrizione dei beni e servizi oggetto dell’acquisto finanziato, la
previsione dell’azione del consumatore nei confronti del finanziatore di cui all’art. 125, comma 4
(nel testo previgente), nonché la circostanza che quasi sempre nella prassi sono individuabili tre
rapporti bilaterali (quello tra finanziatore e cliente finanziato, quello tra cliente e fornitore del
bene o servizio e quello fra finanziatore e fornitore ) indica l’esistenza tra tali rapporti di un
collegamento causale tale per cui “l’esistenza, la validità, l’efficacia l’esecuzione dell’uno
influisce sulla validità, sull’efficacia e sull’esecuzione dell’altro”.
La risoluzione del contratto di fornitura non consente la risoluzione del contratto di finanziamento
ostandovi il dato testuale dell’art. 125 comma 4° TUB che in assenza di contratto di esclusiva tra
finanziatore ed esercente impedisce al cliente di agire contro il finanziatore”.
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
23 aprile 2009 (*)
«Direttiva 87/102/CEE – Tutela dei consumatori – Credito al consumo – Inadempimento del
contratto di vendita»
Nel procedimento C-509/07,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234
CE, dal Tribunale di Bergamo con decisione 4 ottobre 2007, pervenuta in cancelleria il 21 novembre
2007, nella causa
Luigi Scarpelli
contro
NEOS Banca SpA,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta
OMISSIS
Sentenza
1
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 11, n. 2, della direttiva
del Consiglio 22 dicembre 1986, 87/102/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo
(GU 1987, L 42, pag. 48).
2
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Scarpelli e la NEOS
Banca SpA (in prosieguo: la «NEOS Banca») in merito all’esecuzione di un contratto di credito
concluso per l’acquisto di un’automobile che non è mai stata consegnata.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3
Il ventunesimo ‘considerando’ della direttiva 87/102 prevede quanto segue:
«considerando che, per quanto riguarda i beni e servizi che il consumatore ha sottoscritto per
contratto di acquistare a credito, il consumatore, almeno nelle circostanze sotto definite, deve
godere, nei confronti del creditore, di diritti che si aggiungono ai suoi normali diritti contrattuali nei
riguardi di questo e del fornitore di beni o servizi; che le circostanze di cui sopra sussistono quando
tra il creditore e il fornitore di beni o servizi esiste un precedente accordo in base al quale il credito
è messo da quel creditore a disposizione esclusivamente dei clienti di quel fornitore per consentire
al consumatore l’acquisto di merci o di servizi da tale fornitore».
4
Il venticinquesimo ‘considerando’ di detta direttiva dichiara quanto segue:
«considerando che la presente direttiva è intesa a conseguire un certo grado di ravvicinamento
delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di crediti
al consumo nonché un certo livello di protezione del consumatore e pertanto non dovrebbe essere
escluso che gli Stati membri possano mantenere o adottare misure più severe per la protezione del
consumatore nel rispetto dei loro obblighi derivanti dal Trattato».
5
L’art. 11, nn. 1 e 2, di tale direttiva così dispone:
«1. Gli Stati membri provvedono affinché l’esistenza di un contratto di credito non pregiudichi in
alcun modo i diritti del consumatore nei confronti del fornitore di beni o di servizi acquisiti in base a
tale contratto qualora i beni o servizi non siano forniti o non siano comunque conformi al contratto
di fornitura.
2. Quando:
a)
per l’acquisto di beni o la fornitura di servizi il consumatore conclude un contratto di credito
con una persona diversa dal fornitore, e
b)
tra il creditore e il fornitore dei beni o dei servizi esiste un precedente accordo in base al
quale il credito è messo esclusivamente da quel creditore a disposizione dei clienti di quel
fornitore per l’acquisto di merci o di servizi di tale fornitore, e
c)
il consumatore di cui alla lettera a) ottiene il credito in conformità al precedente accordo, e
d)
i beni o i servizi considerati dal contratto di credito non sono forniti o sono forniti soltanto in
parte, o non sono conformi al relativo contratto di fornitura, e
e)
il consumatore ha proceduto contro il fornitore, ma non ha ottenuto la soddisfazione cui
aveva diritto,
il consumatore ha il diritto di procedere contro il creditore.
Gli Stati membri stabiliranno entro quali limiti e a quali condizioni il diritto è esercitabile».
La normativa nazionale
6
L’art. 42 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Supplemento ordinario alla GURI 8
ottobre 2005, n. 235), così dispone:
«Nei casi di inadempimento del fornitore di beni e servizi, il consumatore che abbia effettuato
inutilmente la costituzione in mora ha diritto di procedere contro il finanziatore nei limiti del credito
concesso, a condizione che vi sia un accordo che attribuisce al finanziatore l’esclusiva per la
concessione di credito ai clienti del fornitore. La responsabilità si estende anche al terzo, al quale il
finanziatore abbia ceduto i diritti derivanti dal contratto di concessione del credito».
7
Tuttavia, il giudice del rinvio riferisce che, secondo la giurisprudenza italiana, i diritti rivendicati dal
consumatore non dipendono dalla conclusione o meno di un accordo di esclusiva tra il creditore ed
il fornitore.
Causa principale e questione pregiudiziale
8
In data 20 giugno 2003, l’acquirente, sig. Scarpelli, rivoltosi alla società Autobrembate, venditrice,
di proprietà del sig. Brioli Duilio, per acquistare un’autovettura della marca Audi A4 1900 TD, ha
sottoscritto, unitamente al contratto di acquisto di tale veicolo, un modulo – fornito dal venditore –
di richiesta di prestito alla società Finemiro SpA, cui è subentrata la NEOS Banca, creditrice.
9
Il sig. Scarpelli ha corrisposto, tramite assegni intestati al sig. Brioli Duilio, la somma di
EUR 10 000 e ha beneficiato di un prestito per un importo pari a EUR 19 130, che si aggiungevano
ai già corrisposti EUR 10 000. Egli ha cominciato a rimborsare a detto istituto finanziario il prestito
così accordato, tramite rate mensili di EUR 402.
10
Dopo aver corrisposto 24 rate mensili, pari ad un importo di EUR 9 648, oltre a EUR 130 per spese
di commissione, il sig. Scarpelli ha interrotto il pagamento delle rate, in ragione del fatto che il
veicolo non gli era ancora stato consegnato.
11
La Finemiro SpA ha notificato al sig. Scarpelli un decreto ingiuntivo relativo al pagamento della
residua somma dovuta, per un importo quantificato in EUR 15 678,38, oltre agli interessi.
12
Successivamente, la società Autobrembate è stata dichiarata fallita e il veicolo acquistato dal
sig. Scarpelli non gli è mai stato consegnato.
13
Il sig. Scarpelli si è opposto al decreto ingiuntivo di pagamento, affermando di non essere tenuto a
corrispondere le rate mensili residue dovute. Inoltre, egli ha richiesto alla NEOS Banca la
restituzione degli EUR 9 778 già corrisposti in rate mensili, oltre agli interessi legali ed alla
rivalutazione monetaria .
14
La NEOS Banca si è costituita in giudizio opponendosi alle richieste del sig. Scarpelli sull’assunto
che l’art. 11 della direttiva 87/102 prevede l’esonero della responsabilità del creditore in tutti i casi
in cui manca un rapporto di esclusiva tra quest’ultimo e il fornitore.
15
A tal proposito la NEOS Banca ha richiamato le disposizioni di legge nazionali e comunitarie, in
particolare l’art. 42 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, sostenendo che nei casi di
finanziamento in regime di non esclusiva il diritto del consumatore di procedere contro il creditore è
precluso, essendo tale possibilità limitata ai finanziamenti in regime d’esclusiva.
16
È pacifico che non sussiste un rapporto di esclusiva tra la NEOS Banca e la società Autobrembate.
17
Secondo il Tribunale di Bergamo, tenuto conto delle indicazioni date dal ventunesimo
‘considerando’ della direttiva 87/102, non è certo che il rapporto di esclusiva sia presupposto
necessario per attribuire diritti maggiori al consumatore.
18
In tale contesto, il Tribunale di Bergamo ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla
Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se l’art. 11, [n. 2, della direttiva 102/87/CEE] debba interpretarsi nel senso che l’accordo tra
fornitore e finanziatore in base al quale il credito è messo esclusivamente da quel creditore a
disposizione dei clienti di quel fornitore, sia presupposto necessario del diritto del consumatore di
procedere contro il creditore – in caso di inadempimento del fornitore – anche quando tale diritto
sia: a) solo quello della risoluzione del contratto di finanziamento; oppure b) quello di risoluzione e
di conseguente restituzione delle somme pagate al finanziatore».
Sulla questione pregiudiziale
19
Con la sua questione, il giudice del rinvio s’interroga sostanzialmente sulla necessità dell’esistenza
di una clausola di esclusiva tra il creditore ed il fornitore affinché il consumatore possa procedere in
giudizio contro il creditore in caso di inadempimento delle obbligazioni incombenti al venditore. In
particolare, il Tribunale di Bergamo domanda se una siffatta condizione sia necessaria nel caso di
un’azione diretta alla risoluzione del contratto di finanziamento e nel caso di un’azione diretta alla
restituzione delle somme già corrisposte al finanziatore.
20
Quanto agli obiettivi della direttiva 87/102, dai ‘considerando’ della stessa risulta che è stata
adottata al duplice scopo di assicurare, da una parte, la realizzazione di un mercato comune del
credito al consumo (terzo, quarto e quinto ‘considerando’) e, dall’altra, di proteggere i consumatori
che sottoscrivono tali crediti (sesto, settimo e nono ‘considerando’) (sentenze 23 marzo 2000,
causa C-208/98, Berliner Kindl Brauerei, Racc. pag. I-1741, punto 20, e 4 marzo 2004,
causa C-264/02, Cofinoga, Racc. pag. I-2157, punto 25).
21
A tal proposito, l’art. 11 di detta direttiva, da una parte, prevede il diritto per il consumatore di
procedere contro il creditore in caso di mancata o inesatta esecuzione delle obbligazioni incombenti
al fornitore dei beni o dei servizi in questione e, dall’altra, subordina tale diritto ad una serie di
condizioni, tra le quali figura quella dell’esistenza di un rapporto di esclusiva tra il creditore ed il
fornitore.
22
Tale disposizione dev’essere letta alla luce del ventunesimo ‘considerando’ della direttiva 87/102
che, con riferimento al regime istituito all’art. 11 di detta direttiva, indica esplicitamente che «il
consumatore, almeno nelle circostanze sotto definite, deve godere, nei confronti del creditore, di
diritti che si aggiungono ai suoi normali diritti contrattuali nei riguardi di questo». Sempre ai sensi
dello stesso ‘considerando’, «le circostanze di cui sopra sussistono quando tra il creditore e il
fornitore di beni o servizi esiste un precedente accordo in base al quale il credito è messo da quel
creditore a disposizione esclusivamente dei clienti di quel fornitore per consentire al consumatore
l’acquisto di merci o di servizi da tale fornitore».
23
Ne consegue che il diritto di procedere in giudizio di cui all’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102
costituisce una protezione supplementare offerta dalla direttiva di cui trattasi al consumatore nei
riguardi del creditore, che si aggiunge alle azioni che il consumatore può già esercitare sulla base
delle disposizioni nazionali applicabili ad ogni rapporto contrattuale. Conseguentemente, il
soddisfacimento delle varie condizioni di cui a tale articolo può essere richiesto solo rispetto ai
ricorsi proposti ai sensi di tale protezione supplementare.
24
Va inoltre rilevato che una siffatta interpretazione dell’art. 11 della direttiva 87/102 è in linea con
il tipo di armonizzazione effettuata con tale direttiva. Infatti, secondo il suo venticinquesimo
‘considerando’, non dovrebbe essere escluso che gli Stati membri possano mantenere o adottare
misure più severe per la protezione del consumatore, dal momento che tale direttiva impone
un’armonizzazione minima in materia di credito al consumo. Gli Stati membri sono quindi liberi di
stabilire una normativa più favorevole per i consumatori.
25
Nel contesto dell’art. 11, n. 2, della direttiva 87/102, la Corte ha dichiarato che l’obiettivo
perseguito da tale direttiva consiste nel garantire il rispetto di una norma di protezione minima del
consumatore in materia di credito al consumo (sentenza 4 ottobre 2007, causa C-429/05, Rampion
e Godard, Racc. pag. I-8017, punto 47).
26
Tale interpretazione è anche corroborata dall’art. 14, n. 1, di detta direttiva, che impone agli Stati
membri di provvedere affinché i contratti di credito non deroghino, a detrimento del consumatore,
alle disposizioni del diritto nazionale che danno esecuzione alla direttiva stessa (v., in tal senso,
sentenza Rampion e Godard, cit., punto 48).
27
In aggiunta, il consumatore non può esercitare alcuna influenza sul rapporto tra il fornitore e il
creditore, il che implica che il consumatore è in balia delle condiz ioni contrattuali come negoziate
tra questi due imprenditori.
28
Inoltre, spesso i creditori presentano moduli prestampati ai consumatori per la conclusione del
contratto di mutuo. Quindi, il consumatore, ovvero la parte più debole del contratto, di regola non
ha la possibilità di apportare modifiche al testo.
29
Pertanto, il fatto di subordinare in ogni caso l’esercizio del diritto del consumatore di procedere
contro il creditore alla condizione dell’esistenza di una clausola di esclusiva tra il creditore ed il
fornitore contrasterebbe con l’obiettivo della direttiva 87/102 che è, in primo luogo, quello di
tutelare il consumatore in quanto parte più debole del contratto.
30
Dalle considerazioni che precedono risulta che, in una situazione come quella descritta dal giudice
nazionale nella decisione di rinvio, in cui la normativa applicabile alle relazioni contrattuali prevede
la possibilità per il consumatore di procedere contro il creditore per ottenere la risoluzione del
contratto di finanziamento e la restituzione delle somme già corrisposte, la direttiva 87/102 non
prescrive che siffatte azioni siano subordinate alla condizione di esclusiva in questione. Per contro,
il soddisfacimento di una siffatta condizione può essere richiesto al fine di far valere altri diritti, non
previsti dalle disposizioni nazionali in materia di relazioni contrattuali, come il diritto al risarcimento
del danno causato da un’inadempienza del fornitore dei beni o servizi in questione.
31
Conseguentemente, occorre risolvere la questione sollevata dichiarando che l’art. 11, n. 2, della
direttiva 87/102 deve essere interpretato nel senso che, in una situazione come quella della causa
principale, l’esistenza di un accordo tra il creditore ed il fornitore, sulla base del quale un credito è
concesso ai clienti di detto fornitore esclusivamente da quel creditore, non è un presupposto
necessario del diritto per tali clienti di procedere contro il creditore in caso di inadempimento delle
obbligazioni che incombono al fornitore al fine di ottenere la risoluzione del contratto di credito e la
conseguente restituzione delle somme corrisposte al finanziatore.
Sulle spese
32
Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente
sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
L’art. 11, n. 2, della direttiva del Consiglio 22 dicembre 1986, 87/102/CEE, relativa al
ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati
membri in materia di credito al consumo, deve essere interpretato nel senso che, in una
situazione come quella della causa principale, l’esistenza di un accordo tra il creditore ed
il fornitore, sulla base del quale un credito è concesso ai clienti di detto fornitore
esclusivamente da quel creditore, non è un presupposto necessario del diritto per tali
clienti di procedere contro il creditore in caso di inadempimento delle obbligazioni che
incombono al fornitore al fine di ottenere la risoluzione del contratto di credito e la
conseguente restituzione delle somme corrisposte al finanziatore.
Cass. 19.1.2005 n. 19024
La violazione dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle
trattative e nella formazione del contratto, stabilito dall'art. 1337 cod. civ., assume
rilievo non soltanto nel caso di rottura ingiustificata delle trattative, ovvero qualora sia
stipulato un contratto invalido o inefficace, ma anche, quale dolo incidente (art. 1440
cod. civ.), se il contratto concluso sia valido e tuttavia risulti pregiudizievole per la
parte rimasta vittima del comportamento scorretto; in siffatta ipotesi, il risarcimento
del danno deve essere commisurato al "minor vantaggio", ovvero al "maggior aggravio
economico" prodotto dal comportamento tenuto in violazione dell'obbligo di buona
fede, salvo che sia dimostrata l'esistenza di ulteriori danni che risultino collegati a detto
comportamento da un rapporto rigorosamente consequenziale e diretto.
.(parte motiva sul punto)………..” Si afferma comunemente che il risarcimento, in caso di
responsabilità precontrattuale, è limitato al c.d. «interesse negativo» e deve, pertanto, essere
commisurato alle spese sostenute per le trattative rivelatesi poi inutili e alle perdite subite per non
aver usufruito di occasioni alternative di affari, non coltivate per l’affidamento nella positiva
conclusione del contratto per il quale le trattative erano state avviate (in tal senso, tra le altre,
Cass. 30 luglio 2004, n. 14539, id., 2004, I, 3009; 14 febbraio 2000, n. 1632, id., Rep. 2000, voce
cit., n. 346; 30 agosto 1995, n. 9157, id., Rep. 1996, voce cit., n. 259; 26 ottobre 1994, n. 8778,
id., Rep. 1994, voce cit., nn. 286, 288; 12 marzo 1993, n. 2973, id., 1994, I, 956).
È tuttavia evidente che, quando, come nell’ipotesi prefigurata dall’art. 1440 c.c., il danno derivi
da un contratto valido ed efficace ma «sconveniente», il risarcimento, pur non potendo essere
commisurato al pregiudizio derivante dalla mancata esecuzione del contratto posto in essere (il
c.d. interesse positivo), non può neppure essere determinato, come nelle ipotesi appena
considerate, avendo riguardo all’interesse della parte vittima del comportamento doloso (o,
comunque, non conforme a buona fede) a non essere coinvolta nelle trattative, per la decisiva
ragione che, in questo caso, il contratto è stato validamente concluso, sia pure a condizioni
diverse da quelle alle quali esso sarebbe stato stipulato senza l’interferenza del comportamento
scorretto.
Il risarcimento, in detta ipotesi, deve essere ragguagliato al «minor vantaggio o al maggiore
aggravio economico» determinato dal contegno sleale di una delle parti (Cass. 17 luglio 1976, n.
2840, id., Rep. 1976, voce cit., n. 265; 16 agosto 1990, n. 8318, id., Rep. 1990, voce cit., n. 345),
salvo la prova di ulteriori danni che risultino collegati a tale comportamento «da un rapporto
rigorosamente consequenziale e diretto» (Cass. 29 marzo 1999, n. 2956, id., Rep. 2000, voce cit.,
n. 553).
Non vi è quindi motivo di ritenere che la conclusione di un contratto valido ed efficace sia di
ostacolo alla proposizione di un’azione risarcitoria fondata sulla violazione della regola posta
dall’art. 1337 c.c. o di obblighi più specifici riconducibili a detta disposizione, sempre che,
s’intende, il danno trovi il suo fondamento (non già nell’inadempimento di un’obbligazione
derivante dal contratto, ma) nella violazione di obblighi relativi alla condotta delle parti nel corso
delle trattative e prima della conclusione del contratto”.
1° CASO PRATICO RELATIVO AL CREDITO AL CONSUMO
ANTEFATTO
Tizio, per acquistare
un nuovo televisore al plasma con schermo gigante,
attratto dalle
vantaggiose condizioni d credito pubblicizzate dalla banca X in un depliant consegnatogli dal
rivenditore, stipulava con tale banca un contratto di finanziamento.
Il modulo, recante la denominazione “ richiesta di finanziamento”, fornito dal rivenditore a Tizio
e da questi compilato e sottoscritto:
- conteneva un apposito spazio per l’indicazione delle caratteristiche del bene o del servizio
finanziato;
- esplicitava, in premessa, che la richiesta di finanziamento era inoltrata alla banca per il tramite
dello stesso rivenditore al fine di acquistare presso quest’ultimo il bene e/o servizio desiderato;
- prevedeva che l’acquirente attribuiva mandato irrevocabile alla banca ad erogare il finanziamento
direttamente al rivenditore;
- conteneva una clausola, non approvata specificamente per iscritto, in cui veniva dato atto che
l’unico ruolo della banca era limitato all’erogazione del credito, e in cui era stabilito che per
qualsiasi controversia inerente forniture di merci e/o prestazioni di servizi, il Cliente , in ragione
della mancanza di un accordo tra la banca e l’esercente convenzionato di un accordo che attribuisca
alla banca stessa l’esclusiva per la concessione di credito ai clienti di quest’ultimo, doveva
rivolgersi unicamente al rivenditore né poteva sospendere di effettuare i rimborsi nei termini e con
le modalità pattuite.
Successivamente, in conseguenza della mancata consegna del televisore, il contratto di
compravendita veniva consensualmente risolto e, a seguito dell’interruzione da parte di Tizio del
rimborso delle rate di finanziamento, la banca richiedeva ed otteneva un decreto ingiuntivo per il
pagamento delle rate residue.
GIUDIZIO
Tizio proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo osservando:
che in considerazione del collegamento negoziale esistente tra il contratto di compravendita e quello
di finanziamento, a seguito della risoluzione del primo, il secondo non aveva più ragione d’essere;
che, in ogni caso, il finanziatore avrebbe dovuto richiede la restituzione delle rate residue al
fornitore;
che, peraltro, il contratto di finanziamento era viziato da dolo dato che, a differenza di quanto
indicato dalla banca nella brochure pubblicitaria, era inserita in esso la clausola che attribuiva al
creditore la facoltà di modificare unilateralmente i tassi di interesse, i costi, i prezzi ed in generale
tutte le condizioni del finanziamento in senso peggiorativo (con la sola previsione del diritto di
recesso senza penalità per il consumatore);
che di tale facoltà l’istituto si avvalse effettivamente con la conseguenza che sia il TAN che il
TAEG concretamente applicati dalla banca risultarono sensibilmente superiori rispetto a quelli
pubblicizzati, e di entità tale che ove il cliente ne avesse avuto consapevolezza all’atto della
stipula, si sarebbe astenuto dal contrarre a quelle condizioni.
DOMANDE dell’opponente:
L’opponente formulava le seguenti conclusioni:
“ Accertarsi che nessuna somma era dovuta dal finanziatore e, per l’effetto, revocarsi il decreto
ingiuntivo opposto;
In via riconvenzionale:
“ Accertarsi e dichiararsi la risoluzione del contratto di finanziamento con conseguente condanna
della banca alla restituzione di tutte le somme alla stessa versate a titolo di capitale ed interessi”
In subordine , in via riconvenzionale:
Annullarsi il contratto di finanziamento per dolo con condanna della banca alla restituzione delle
somme percepite”
In ulteriore subordine, in via riconvenzionale,
“Ridursi la somma dovuta alle condizioni effettivamente pubblicizzate o comunque condannarsi la
banca al risarcimento del danno”.
LE DIFESE della banca opposta:
- insussistenza del collegamento negoziale tra il contratto di compravendita e di finanziamento
in relazione alla mancanza del rapporto di esclusiva, richiesto dall’art. 42 del codice del
consumo,
tra il finanziatore ed il rivenditore per la concessione del credito ai clienti di
quest’ultimo;
-
insussistenza, comunque, del collegamento negoziale tra i due contratti in relazione al
riconoscimento operato in contratto dallo stesso consumatore della limitazione del ruolo della
banca all’erogazione del credito;
- esistenza di un collegamento esclusivamente occasionale tra i due contratti evincibile dalle
clausole di inopponibilità al finanziatore delle vicende della compravendita;
- insussistenza del vizio di volontà del consumatore, non avendogli nessuno impedito un attento
esame delle clausole contrattuali ed in relazione al carattere necessariamente riassuntivo che
caratterizza le informazioni contenute in un depliant.
QUESTIONI RILEVANTI
Qual è la struttura dell’operazione di credito al consumo?
Quali sono gli interessi sottesi ad un’operazione di credito per l’acquisto di determinati beni di
largo consumo?
Che cosa si intende per collegamento negoziale?
E’ configurabile, a seguito dell’entrata in vigore della normativa consumeristica,
il
collegamento negoziale al di fuori delle ipotesi legislativamente previste?
In caso affermativo, quali sono gli effetti di tale collegamento?
Quale valenza hanno le clausole di inopponibilità al finanziatore delle vicende relative al
contratto di fornitura? In particolare, tali clausole incidono sulla natura dei rapporti tra contratto
di fornitura e finanziamento?
Quali sono le conseguenze derivanti dalla violazione degli obblighi pre- contrattuali incombenti
sul finanziatore nei confronti del consumatore?
RIFERIMENTI NORMATIVI
DELIBERA CICR 4 marzo 2003
Disciplina della trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni
e dei servizi bancari e finanziari.
Articolo 1
(Definizioni)
1. Ai fini della presente delibera si definiscono:
a) “testo unico bancario”, il decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e
successive modific azioni;
b) “intermediari”, le banche e gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco
generale di cui all’articolo 106 del testo unico bancario;
c) “tecniche di comunicazione a distanza”, le tecniche di contatto con la clientela,
diverse dagli annunci pubblicitari, che non comportano la presenza fisica e
simultanea del cliente e dell’intermediario o di un suo incaricato;
d) “offerta fuori sede”, l’offerta svolta in luogo diverso dalla sede legale o dalle
dipendenze dell’intermediario.
Articolo 2
(Criteri generali)
1. Le informazioni previste dalla presente delibera sono rese alla clientela,
con modalità adeguate alla forma di comunicazione utilizzata, in modo chiaro ed
esauriente, avuto anche riguardo alle caratteristiche dei rapporti e dei destinatari.
SEZIONE II
PUBBLICITA’ E CONTRATTI
Articolo 3
(Operazioni e servizi)
1. Le disposizioni in materia di pubblicità, previste dagli articoli da 4 a 9, si
applicano alle operazioni e ai servizi indicati nell’allegato alla pr esente delibera. In
relazione all’evoluzione dell’operatività degli intermediari e dei mercati, la Banca
d’Italia può stabilire che altre operazioni e servizi siano riconducibili alle tipologie
indicate nell’allegato medesimo.
Articolo 4
(Avviso)
1. In conformità delle disposizioni emanate dalla Banca d’Italia, gli
intermediari espongono nei locali aperti al pubblico e mettono a disposizione della
clientela un avviso denominato “principali norme di trasparenza”, contenente
l’indicazione dei diritti e degli strumenti di tutela previsti ai sensi del titolo VI del
testo unico bancario.
Articolo 5
(Fogli informativi)
1. Gli intermediari mettono a disposizione della clientela “fogli informativi”
contenenti informazioni sull’intermediario, su tassi, spese, oneri e altre condizioni
contrattuali nonché sui principali rischi tipici dell’operazione o del servizio.
2. I fogli informativi sono datati e tempestivamente aggiornati; copia dei fogli
è conservata dall’intermediario per cinque anni.
3. La Banca d’Italia può prescrivere che il dettaglio dei fogli informativi sia
graduato in relazione alla diffusione e alla complessità delle operazioni e dei
servizi.
4. La Banca d’Italia può individuare operazioni e servizi per i quali, in
ragione della particolare complessità, l’intermediario è tenuto a consegnare al
cliente il foglio informativo prima della conclusione del contratto.
Articolo 6
(Offerta fuori sede e tecniche di comunicazione a distanza)
1. Nel caso di offerta fuori sede, il soggetto che procede all’offerta
consegna al cliente l’avviso e i fogli informativi di cui agli articoli 4 e 5 prima della
conclusione del contratto.
2. Qualora l’intermediario si avvalga di tecniche di comunicazione a
distanza, l’avviso e i fogli informativi sono messi a disposizione della clie ntela
anche mediante tali tecniche.
Articolo 7
(Annunci pubblicitari)
1. Gli annunci pubblicitari, comunque effettuati, con cui l’intermediario rende
nota la disponibilità di operazioni e servizi, specificano la propria natura di
messaggio pubblicitario e indicano che i fogli informativi sono a disposizione della
clientela.
Articolo 8
(Informazione precontrattuale)
1. Prima della conclusione del contratto il cliente ha diritto di ottenere una
copia completa per una ponderata valutazione del contenuto. La consegna della
copia non impegna le parti alla conclusione del contratto.
Articolo 9
(Informazione contrattuale)
1. Al contratto è unito un documento di sintesi delle principali condizioni
contrattuali, redatto secondo i criteri indicati dalla Banca d’Italia.
2. La Banca d’Italia individua le operazioni e i servizi per i quali, in ragione
delle caratteristiche tecniche, gli intermediari sono obbligati a rendere noto un
“Indicatore Sintetico di Costo” (ISC) comprensivo degli interessi e degli oneri che
concorrono a determinare il costo effettivo dell’operazione per il cliente, secondo
la formula stabilita dalla Banca d’Italia medesima.
Articolo 10
(Forma dei contratti)
1. La Banca d’Italia può individuare forme diverse da quella scritta per le
operazioni e i servizi effettuati sulla base di contratti redatti per iscritto, nonché
per le operazioni e i servizi, oggetto di pubblicità ai sensi della presente delibera,
che hanno carattere occasionale ovvero comportano oneri di importo contenuto
per il cliente.
SEZIONE III
COMUNICAZIONI ALLA CLIENTELA
Articolo 11
OMISSIS.
Articolo 12
(Comunicazioni periodiche)
1. Nei contratti di durata, gli intermediari forniscono periodicamente alla
clientela comunicazioni analitiche sullo svolgimento del rapporto. In ogni
comunicazione sono indicati il tasso di interesse e le altre condizioni in vigore.
2. La Banca d’Italia emana disposizioni relative al contenuto e alle modalità
delle comunicazioni.
SEZIONE IV
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 13
(Disposizioni di attuazione)
1. La Banca d’Italia emana disposizioni di attuazione della presente delibera.
Per gli intermediari iscritti nell’elenco generale di cui all’articolo 106 del testo
unico bancario, le disposizioni sono emanate sentito l’UIC.
2. Le disposizioni della presente delibera e quelle di attuazione emanate dalla
Banca d’Italia si applicano, in quanto compatibili, ai soggetti iscritti nelle apposite
sezioni dell’elenco generale di cui all’articolo 106 del testo unico bancario, ai
soggetti che esercitano il credito al consumo di cui all’articolo 121, comma 2, lett.
c), del testo unico bancario, ai mediatori creditizi di cui all’articolo 16 della legge 7
marzo 1996, n. 108, a Poste Italiane S.p.A., per le sole attività di bancoposta di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 2001, n. 144 e agli istituti
di moneta elettronica, di cui agli articoli 114-bis e seguenti del testo unico
bancario, introdotti dall'art. 55 della legge 1° marzo 2002, n. 39. Le valutazioni di
compatibilità delle disposizioni sono rimesse alle rispettive autorità di controllo.
Articolo 14
(Disposizioni transitorie)
1. E’ abrogato, ai sensi dell’articolo 161, comma 5, del testo unico bancario,
il decreto del Ministro del tesoro 24 aprile 1992, recante “Norme per la
trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari”.
2. La presente delibera e le disposizioni di attuazione, che la Banca d’Italia
emanerà entro centoventi giorni dalla pubblicazione della delibera medesima,
entreranno in vigore il 1° ottobre 2003.
3. Ai rapporti in essere alla data di cui al comma 2 si applicano i criteri
generali e le previsioni in materia di comunicazioni alla clientela contenuti nella
presente delibera e nelle disposizioni di attuazione della Banca d’Italia.
4. La presente delibera sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
IL GOVERNATORE DELLA BANCA D’ITALIA
VISTI
OMISSIS
EMANA
l’unito provvedimento per l’attuazione delle norme sopra richiamate. Esso
entra in vigore il 1° ottobre 2003.
Roma , 25 luglio 2003
IL GOVERNATORE: FAZIO
TRASPARENZA DELLE OPERAZIONI
E DEI SERVIZI FINANZIARI
SEZIONE I
DISPOSIZIONI DI CARATTERE GENERALE
1. Premessa
OMISSIS
2. Fonti normative
OMISSIS
3. Definizioni
Ai fini della presente disciplina si definiscono:
— OMISSISOMISSIS
SEZIONE II
PUBBLICITÀ E INFORMAZIONE PRECONTRATTUALE
1. Premessa
Gli strumenti di pubblicità delle operazioni e dei servizi offerti e delle relative
condizioni contrattuali sono:
- l'”avviso” contenente le “principali norme di trasparenza”, atto a richiamare
l’attenzione dei clienti sui diritti e sugli strumenti di tutela previsti a loro
favore;
- il “foglio informativo”, contenente informazioni analitiche sull’intermediario e
su tassi, spese, oneri ed altre condizioni contrattuali nonché sui principali
rischi tipici dell’operazione o del servizio;
- la copia completa dello schema di contratto che può essere richiesta dal
cliente prima della conclusione del contratto;
- il documento di sintesi delle principali condizioni contrattuali, unito al testo del
contratto.
Le disposizioni sugli strumenti di pubblicità si applicano alle operazioni e ai
servizi indicati nell’allegato alla delibera del CICR del 4 marzo 2003 (6).
Gli obblighi di pubblicità relativi alle informazioni indicate nella presente
sezione non possono essere assolti mediante rinvio agli usi.
Le informazioni pubblicizzate non costituiscono offerta al pubblico a norma
dell’art. 1336 del codice civile.
(6) Ai sensi dell'art. 3 della delibera del CICR del 4 marzo 2003, in relazione all’evoluzione
dell’operatività degli intermediari e dei mercati, la Banca d’Italia può stabilire che altre
operazioni e servizi siano riconducibili alle tipologie indicate nell’allegato alla delibera
medesima.
2. Avviso
Gli intermediari espongono nei locali aperti al pubblico e mettono a
disposizione dei clienti, mediante copia asportabile, un avviso denominato
“principali norme di trasparenza”, contenente l’indicazione dei diritti e degli
strumenti di tutela previsti ai sensi del Titolo VI del T.U. bancario.
L’avviso ha una veste grafica di facile identificazione e lettura ed è redatto
in modo da facilitarne la consultazione e la comprensione da parte dei clienti. In
ogni caso, affinché l'avviso risulti di facile e immediata lettura, vengono evitate
informazioni che non riguardano gli strumenti di tutela del cliente.
Nell’avviso sono indicate, almeno, le seguenti informazioni:
— la disponibilità dei “fogli informativi” presso l e dipendenze e per il tramite
delle tecniche di comunicazione a distanza di cui si avvale l’intermediario e
l’obbligo alla consegna del “foglio informativo” nei casi previsti;
— il diritto di ottenere copia del testo del contratto idonea per la stipula, che
include un documento di sintesi, riepilogativo delle principali condizioni;
— il diritto di ricevere copia del contratto stipulato, che include il documento di
sintesi;
— gli strumenti di tutela contrattuale relativi: all'obbligo di forma scritta del
contratto; alla sostituzione automatica di clausole ; al diritto di recesso in caso
di variazioni sfavorevoli delle condizioni contrattuali; al diritto al rimborso
della moneta elettronica non più utilizzata; ecc;
— il diritto di essere informati sulle variazioni sfavorevoli delle condizioni
contrattuali e di ricevere le comunicazioni periodiche sull’andamento del
rapporto;
— gli specifici diritti riconosciuti al consumatore dalla disciplina sul credito al
consumo;
— le procedure di reclamo e di composizione stragiudiziale delle controversie
eventualmente a disposizione del cliente e le modalità per accedervi.
E' opportuno che gli avvisi siano integrati con l'indicazione di altri strumenti
di tutela approntati dall'ordinamento, quale, ad es., il diritto di recesso o di revoca
della proposta nelle forme di legge, laddove questi siano previsti a favore del
cliente da specifiche disposizioni.
3. Fogli informativi
Gli intermediari mettono a disposizione dei clienti “fogli informativi”
contenenti una dettagliata informativa sull’intermediario, sulle caratteristiche e sui
rischi tipici dell'operazione o del servizio, sulle condizioni economiche, sulle
principali clausole contrattuali. E’ assicurata piena coerenza tra le informazioni
contenute nei fogli informativi e le clausole del contratto.
I fogli informativi sono datati e tempestivamente aggiornati. Nel caso di
operazioni e servizi aventi analoga natura (es. finanziamenti a tasso fisso o
variabile), gli intermediari redigono i relativi fogli informativi secondo modalità che
favoriscono la comparazione delle condizioni contrattuali da parte del cliente.
Nel caso di prodotti complessi, gli intermediari predispongono un unico foglio
informativo, relativo a tutte le componenti del prodotto offerto. Ove alcune delle
componenti del prodotto non siano disciplinate dalle presenti disposizioni (ad
esempio, perché aventi natura assicurativa), i fogli informativi fanno riferimento
all'esistenza di tali componenti e rinviano agli eventuali strumenti di trasparenza
per esse stabiliti dalle normative di settore. In ogni caso, il foglio informativo
riporta tutti i costi che il cliente deve sostenere, a qualsiasi titolo, in relazione al
prodotto complesso.
L'acquisto di prodotti complessi da parte di consumatori (7) è preceduto dalla
consegna del foglio informativo al cliente (8). L'intermediario acquisisce
attestazione dell'avvenuta consegna su una copia del foglio informativo stesso,
che conserva agli atti.
I fogli informativi sono asportabili e messi a disposizione dei clienti nei locali
aperti al pubblico, anche mediante l’utilizzo di apparecchiature tecnologiche,
purché consentano facilità di accesso e la possibilità di stampa delle informazioni.
Copia dei fogli informativi è conservata da ll’intermediario, anche avvalendosi
di tecniche che consentano la riproduzione immutata delle informazioni
memorizzate, per cinque anni.
3.1 Struttura dei fogli informativi
Al fine di rendere più efficace l’informativa nei confronti dei clienti e
agevolare la comparazione tra le offerte, i fogli informativi sono strutturati nelle
seguenti sezioni:
— informazioni sull’intermediario . Sono forniti i dati identificativi
dell’intermediario, tra i quali: denominazione e forma giuridica; sede legale e
sede amministrativa; eventuale indirizzo telematico; codice ABI; numero di
iscrizione nell’elenco generale , nell’elenco speciale o nell’albo degli IMEL;
gruppo di appartenenza; numero di iscrizione al registro delle imprese (9);
capitale sociale e riserve risultanti dall'ultimo bilancio approvato; per gli
intermediari esteri, le eventuali autorità di vigilanza estere competenti;
(7) Per consumatore si intende la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività
imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.
(8) L'obbligo di consegna del foglio informativo non si applica ai contratti di
finanziamento associati, anche congiuntamente, a contratti: a) di fornitura o di acquisto di
beni o servizi non aventi natura finanziaria; b) di assicurazione dei beni forniti o acquistati
o posti a garanzia del finanziamento; c) di assicurazione o di garanzia intesi ad assicurare
al finanziatore il rimborso totale o parziale del credito.
(9) Trattandosi di intermediario estero, numero di iscrizione ad altro registro
corrispondente.
— caratteristiche e rischi tipici dell'operazione o del servizio. Viene data
una descrizione sintetica della struttura e della funzione economica
dell'operazione o del servizio, anche alla luce dell'eventuale connessione con
altri servizi e operazioni offerti dall’intermediario o dal altro soggetto. Questa
sezione specifica l'esistenza di eventuali servizi accessori offerti unitamente a
quello pubblicizzato, anche se aventi carattere opzionale.
Sono descritti altresì i principali rischi, di carattere generico o specifico,
connessi con l'operazione o il servizio: es., rischi di tasso di interesse, di
cambio; rischi connessi con meccanismi di indicizzazione o con eventuali
componenti derivative;
— condizioni economiche del servizio o dell’operazione(10). Sono indicati il
prezzo e ogni altro onere, commissione o spesa, (ivi incluse le spese postali, di
scritturazione contabile, di istruttorie), comunque denominati, gravanti sui
clienti (11), anche con riferimento a quelli da sostenere in occasione dello
scioglimento del rapporto; penali;
In particolare, per le operazioni di finanziamento, vengono indicati: tassi di
interesse (12); periodicità e modalità di calcolo degli interessi (13); interessi di
mora; per le condizioni connesse con l'andamento di parametri variabili (ad
es., tasso d'interesse variabile), criteri di indicizzazione (14); ove previsti,
TAEG o indicatore sintetico di costo (cfr. par. 9 della presente Sezione);
Con specifico riferimento alle operazioni di bonifico vengono indicate le
modalità di calcolo delle commissioni e spese a carico del cliente; l’eventuale
data di valuta applicata dall’intermediario e il tasso di cambio;
— clausole contrattuali che regolano l’operazione o il servizio. Le
informazioni di questa sezione sono volte a richiamare l’attenzione del cliente
su clausole non strettamente economiche contenute nel contratto. Sono
riportate (anche in sintesi) le clausole recanti i principali diritti, obblighi e
limitazioni nei rapporti con il cliente (15), tra cui quelle riguardanti: il recesso;
(10) Le condizioni sono indicate nella misura massima se a favore dell'intermediario e nella
misura minima se a favore del cliente.
(11) Tali voci sono riportate anche se relative a servizi o prodotti accessori ai servizi o alle
operazioni ai quali si riferisce il foglio informativo, se la loro fornitura è connessa, anche
su base opzionale, a questi ultimi.
(12) Per le operazioni di leasing finanziario, è indicato il tasso interno di attualizzazione per
il quale si verifica l’uguaglianza fra costo di acquisto del bene locato (al netto di imposte)
e valore attuale dei canoni e del prezzo dell’opzione di acquisto finale (al netto di imposte)
contrattualmente previsti. Per i canoni comprensivi dei corrispettivi per servizi accessori
di natura non finanziaria o assicurativa andrà considerata solo la parte di canone riferita
alla restituzione del capitale investito per l'acquisto del bene e dei relativi interessi.
(13) Nelle operazioni di finanziamento il calcolo degli interessi è eseguito con riferimento
alla durata dell’anno civile.
(14) In presenza di criteri di indicizzazione è opportuno riportare esemplificazioni con
recenti valori assunti dal parametro di riferimento.
(15) Resta ferma la disciplina in materia di clausole vessatorie stabilita dagli artt. 1469-bis
e ss. del codice civile.
il rimborso della moneta elettronica; i termini di esecuzione delle operazioni
(ad esempio, per i contratti di finanziamento, i tempi di effettiva messa a
disposizione delle somme erogate); i tempi di chiusura del rapporto; i termini
per l’esercizio di facoltà o per l’adempimento di obblighi; il rinnovo tacito del
contratto alla scadenza; l’accettazione di contratti accessori; gli esoneri di
responsabilità a favore dell’intermediario; il foro competente, gli organi e le
procedure per la composizione stragiudiziale delle controversie ; sono inoltre
indicate tutte le clausole che possono costituire oggetto di variazione
unilaterale, con la specificazione del diritto dell’intermediario di variarle.
Per le clausole più complesse, la sezione può riportare integralmente il testo
delle clausole stesse.
In questa sezione è indicato se i contratti relativi all’operazione o al servizio
pubblicizzati sono conformi a schemi standard raccomandati da istituzioni
comunitarie, concordati dalle associazioni di categoria ovvero previsti da
codici di condotta.
***
I fogli informativi riportano una legenda esplicativa delle principali nozioni in
essi riportate (ad esempio, tasso di mora, valuta, parametri di indicizzazione
impiegati, ecc.).
Ai sensi dell’art. 5, comma 3 della delibera del CICR del 4 marzo 2003, la
Banca d’Italia può prescrivere che il dettaglio dei fogli informativi sia graduato in
relazione alla diffusione e alla complessità delle operazioni e dei servizi. La
Banca d’Italia si riserva di prescrivere, valutate le prassi di mercato, schemi
uniformi di fogli informativi per singole tipologie di operazioni e di servizi.
4. Offerta fuori sede
OMISSIS.
5. Tecniche di comunicazione a distanza
OMISSIS
6. Annunci pubblicitari
Gli annunci pubblicitari devono essere chiaramente riconoscibili come tali. In
particolare, essi specificano:
- la propria natura di messaggio pubblicitario con finalità promozionale;
- che per le condizioni contrattuali è necessario fare riferimento ai "fogli
informativi", indicando le modalità in cui questi ultimi sono messi a
disposizione dei clienti.
Gli annunci pubblicitari relativi a operazioni di finanziamento nei quali
l’intermediario dichiara il tasso di interesse o altre cifre concernenti il costo del
credito, indicano – ove previsti – il TAEG o l’indicatore sintetico di costo,
specificando il relativo periodo di validità (21).
7. Informazione precontrattuale (22)
Prima della conclusione del contratto, l’intermediario consegna al cliente che
ne abbia fatto richiesta una copia completa del testo contrattuale idonea per la
stipula (23).
OMISSIS
GLI OBBLIGHI INFORMATIVI DEL PROFESSONISTA ED IL
DIRITTO DI RECESSO DEL COMSUMATORE NEI CONTRATTI A
DISTANZA ED IN QUELLI NEGOZIATI FUORI DEI LOCALI
COMMERCIALI
Premessa
Come già osservato con riferimento al credito al consumo, anche la presente non è una
Relazione ma una breve riflessione, limitata alle vendita a distanza e a quelle fuori dai locali
commerciali sulle alcune questioni esaminate nel caso pratico, senza alcuna
pretesa di completezza e, a maggior ragione, di esaustività. Si tratta, quindi, per lo più di
considerazioni sintetiche funzionali all’approfondimento delle problematiche sollevate in
tale caso.
Contratti non negoziati
Nell’attuale sistema economico-produttivo, le imprese, stipulando quotidianamente uno
svariato numero di contratti per operazioni uniformi con una massa indeterminata di controparti,
normalmente consumatori, sono solite ricorrere all’utilizzo di contratti standard, di moduli o
formulari che contengono le c.d. condizioni generali di contratto.
Il contenuto di tali contratti è predisposto unilateralmente dallo stesso imprenditore e le
controparti sono poste solo di fronte all’alternativa se accettare o rifiutare il regolamento negoziale
alla cui formazione non hanno minimamente partecipato.
Il legislatore, consapevole che la prassi commerciale impone l’utilizzo di contratti standard
per la disciplina di un numero indeterminato di rapporti, ha regolato nel codice civile tale tipologia
di contratti preoccupandosi di limitare gli abusi della parte forte ai danni della parte debole,
attraverso la previsione di una norma, l’art. 1341 cod.civ., che condiziona l’efficacia delle
condizioni generali di contratto unilateralmente predisposte dall’imprenditore alla conoscibilità
delle medesime (secondo l’ordinaria diligenza) da parte della parte debole.
Al secondo comma dello stesso articolo il legislatore ha voluto tutelare la parte debole
prevedendo l’inefficacia – ove non specificamente approvate per iscritto - di quelle clausole che più
appalesano lo squilibrio di un regolamento negoziale che non è stato il frutto di una trattativa tra le
parti a e quindi di un equo contemperamento di interessi contrastanti.
In sostanza, lo strumento di tutela che il legislatore ha previsto a favore della parte debole
per addivenire ad una scelta negoziale libera e consapevole è consistito nell’imporre
all’imprenditore di rendere conoscibili alla controparte le clausole unilateralmente predisposte con
la previsione di un onere formale per quelle clausole più penalizzanti – c.d. vessatorie caratterizzate da un significativo squilibrio delle prestazioni contrattuali.
Il diritto dei consumatori, che ha cominciato ad affermarsi nel nostro ordinamento all’inizio
degli anni ’90 sulla scia delle direttive comunitarie, ha rafforzato la protezione di quella particolare
parte debole che è il consumatore, ovvero colui che agisce per scopi estranei all’esercizio
dell’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, sanzionando gli abusi del potere
contrattuale dell’imprenditore con la previsione di inefficacia o nullità delle clausole determinanti
un significativo squilibrio nei diritti e negli obblighi contrattuali delle parti, ed accentuando gli
obblighi informativi incombenti sul professionista al fine di consentire al consumatore una scelta
negoziale più meditata ed equilibrata.
Obblighi informativi del professionista
La previsione a carico del professionista dell’adempimento di obblighi informativi a tutela
del contraente debole costituisce una caratteristica essenziale della legislazione di derivazione
comunitaria.
Tutta la legislazione nazionale consumeristica emanata in attuazione delle direttive
comunitarie – quella che riguarda i contratti negoziati fuori dai locali commerciali, i pacchetti
turistici, i contratti stipulati a distanza, i contratti relativi all’acquisizione di un diritto di godimento
a tempo parziale sui beni immobili – pone a carico del professionista una serie di obblighi
informativi che hanno lo scopo di impedire che allo squilibrio economico e di potere contrattuale
che caratterizza normalmente i rapporti tra professionista e consumatore possa aggiungersi anche un
significativo squilibrio informativo.
Alla base della previsione di specifici obblighi informativi vi è il convincimento che una
corretta, completa e puntuale informazione nella fase antecedente a quella della negoziazione ed
alla conclusione del contratto costituisce lo strumento più efficace per compensare lo squilibrio
sussistente tra professionista e consumatore e consentire al consumatore medesimo di addivenire ad
una scelta negoziale più consapevole14.
Gli obblighi informativi hanno un contenuto variabile a seconda della tipologia di contratti
che il consumatore pone in essere.
Nei contratti stipulati fuori dai locali commerciali il consumatore, se , da un lato, è
normalmente in grado di venire immediatamente a conoscenza delle caratteristiche, del prezzo del
bene o del servizio offerto, delle modalità di pagamento e di consegna del bene e di prestazione del
servizio – tali dettagli gli vengono forniti dal professionista anche mediante l’esame diretto del bene
o con la visione di opuscoli - dall’altro è colto in circostanze (per lo più tra le mura domestiche) in
cui normalmente è impreparato alla negoziazione e conclusione del contratto anche perchè non può
confrontare le caratteristiche ed il prezzo del bene o servizio offerto con quelli di altri concorrenti.
In sostanza, il consumatore è colto in una situazione di particolare vulnerabilità che può
incidere sulla corretta formazione della volontà contrattuale.
In tali contratti, l’obbligo informativo è preordinato a consentire al consumatore l’esercizio
del diritto di recesso.
Tale comunicazione deve essere fornita per iscritto e contenere l’indicazione dei termini,
delle modalità e delle condizioni per l’esercizio del diritto di recesso, l’individuazione del soggetto
nei cui confronti il recesso va esercitato e a cui il prodotto deve essere eventualmente consegnato.
La prescrizione della forma scritta – che costituisce una deroga al principio della libertà
della forma- è funzionale alla protezione del consumatore e si tratta di norma inderogabile ed
imperativa.
14
Suppa, Contratti a distanza, in Cuffaro ( a cura di), Codice del Consumo, Giuffrè editore, 2008
L’informativa sul diritto di recesso può esser contenuta sia nel contratto
che in una
documentazione separata (catalogo).
La clausola relativa al diritto di recesso deve ottemperare a due requisiti essenziali che
hanno lo scopo di rendere edotto il consumatore circa l’esistenza e l’importanza del diritto di
recesso:
-l’autonomia della clausola che deve restare separata rispetto alle altre cause al fine di
rendere chiara, immediata e trasparente l’informazione;
- l’evidenza grafica della clausola che deve avere caratteri eguali o superiori a quelli delle
altre clausole.
I contratti stipulati a distanza – che presuppongono l’utilizzo da parte del professionista di
tecniche di comunicazione a distanza – sono caratterizzati dalla non contemporanea presenza nello
stesso luogo del professionista e del consumatore il quale non ha un contatto fisico con il bene o
servizio offerto.
Proprio in relazione a tale rilievo, le informazioni che, a norma dell’art. 52 cod. cons, , il
professionista deve rendere al consumatore nella fase antecedente alla conclusione del contratto (in
tempo utile) non si limitano alla comunicazione del diritto di recesso ma devono necessariamente
investire le caratteristiche, il prezzo del bene o servizio offerto, le modalità di pagamento o di
consegna etc.
A differenza che nei contratti stipulati fuori dai locali commerciali, il legislatore , per i
dettagliati obblighi informativi ricadenti sul professionista nei contratti a distanza non ha previsto
l’obbligo di forma scritta optando quindi per la libertà delle forme.
Il legislatore nazionale ha solo previsto, a norma dell’art. 53 cod. cons, un obbligo di
conferma scritta o su supporto duraturo delle informazioni già fornite al momento della conclusione
del contratto.
Alla conferma delle informazioni già fornite in precedenza devono essere fornite sempre
per iscritto ulteriori informazioni relative alle condizioni e modalità di esercizio del recesso,
all’indirizzo geografico del professionista ai fini della presentazione di reclami.
Diritto di recesso
E’ il diritto di una parte di sciogliersi dal vincolo contrattuale mediante una dichiarazione
comunicata all’altra parte.
Diritto di recesso costituisce un’eccezione al principio generale sancito dall’art. 1372 cod.
civ. secondo cui il contratto ha forza di legge tra le parti e non può essere sciolto se non per
concorde volontà delle parti o nei casi previsti dalla legge.
Tra i casi nei quali il legislatore ha espressamente riconosciuto il diritto di recesso rientrano
fattispecie – quali quelle sopra menzionate (vendite a distanza, fuori dai locali commerciali etc.) in cui taluni contratti, per la natura dei soggetti coinvolti o per le particolari modalità e/o circostanze
in cui vengono stipulati, sono caratterizzati da uno squilibrio contrattuale a svantaggio di una parte
debole del rapporto, il consumatore 15.
Il diritto di recesso è concesso al consumatore in situazioni in cui la sua volontà risulti
alterata nel processo di formazione e tale strumento è finalizzato proprio a porre rimedio allo
situazione di particolare vulnerabilità che investe il consumatore, consentendogli di sciogliersi
unilateralmente da un vincolo contrattuale sovente troppo frettolosamente assunto.
Scopo del diritto recesso è quindi quello di garantire al contraente debole un’effettiva
ponderazione della convenienza della scelta negoziale che, attraverso l’attribuzione di un diritto di
ripensamento, diviene ex post frutto di un consenso libero e consapevole.
Il recesso previsto a tutela del consumatore, a differenza del recesso codicistico che può
essere subordinato al pagamento di un corrispettivo o al ricorrere di determinati presupposti (giusta
causa), ha natura gratuita ed insindacabile, prescindendo da qualsiasi presupposto giustificativo.
A norma dell’art. 64 comma 1° cod. cons., il consumatore può infatti recedere dal contratto
“senza specificare il motivo”.
Un altro elemento che distingue il recesso codicistico dal c.d. diritto di ripensamento
disciplinato dal codice del consumo è dato dal fatto che mentre il recesso previsto dall’art. 1373
cod. civ. può esercitarsi solo “finchè il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione”
(tranne nei contratti ad esecuzione periodica e continuata nei quali tale facoltà può essere esercitata
anche successivamente ma non per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione), il diritto di
15
Martinello, Il diritto di recesso nei consumatori, in < http://appinter.csm.it/incontri/relaz.
pentimento, quando abbia ad oggetto la vendita di un bene,
può essere esercitato anche ove il
contratto sia già stato eseguito con la consegna della merce e/o pagamento del prezzo 16.
In tal caso, dall’esercizio del diritto di recesso scaturiscono gli obblighi restitutori
disciplinati dall’art. 67 cod. cons., obblighi
il cui eventuale inadempimento da parte del
consumatore nei termini previsti dal contratto o dalla legge non incide comunque sul già avvenuto
perfezionamento del recesso, che non viene quindi caducato. 17
Ove invece il contratto abbia ad oggetto la prestazione di servizi, mentre nei contratti
negoziati fuori dai locali commerciali l’art. 48 cod. cons. segue il principio codicistico che il
recesso non può estendersi alle prestazioni già eseguite, nelle vendite a distanza, è prevista dall’art.
55 comma 2° lett. a) l’esclusione tout court di tale diritto ove, con l’accordo del consumatore, sia
iniziata l’esecuzione del contratto prima della scadenza del termine per l’esercizio del diritto al
ripensamento.
In relazione alle gravi conseguenze che per la parte debole comporta l’inizio dell’esecuzione
del contratto di prestazione di servizi durante il c.d. periodo di ripensamento, è necessario che il
consumatore sia stato ben informato dal professionista di tale ipotesi di esclusione del diritto di
recesso.
Non a caso, il mancato assolvimento dell’obbligo informativo di cui all’art. 52 lett f)
(esistenza del diritto di recesso o di esclusione dello stesso ai sensi dell’art. 55 comma 2) comporta
che il consumatore possa comunque recedere e nel più lungo termine di cui all’art. 65 comma 3°
cod. cons.
Decorrenza del termine per l’esercizio del recesso
Per contemperare l’esigenza che la volontà del consumatore si formi in modo pieno e
consapevole con quella di certezza e stabilità dei traffici giuridici, il legislatore sottopone l’esercizio
16
Non consente invece l’esecuzione del contratto prima della scadenza del termine per l’esercizio del diritto di recesso
il contratto di multiproprietà che prevede all’art. 74 cod. cons.il divieto di acconti prima della scadenza dei termini
previsti all’art. 73.
17
Pretura di Busto Arsizio 22.10.1996, Dir Consumi, 1997, 196.
del diritto di recesso ad un termine relativamente breve di decadenza che è di 10 giorni lavorativi, la
cui decorrenza dipende dall’avvenuto o meno soddisfacimento da parte del professionista dei propri
obblighi informativi.
Proprio per il rilievo già evidenziato che un consumatore, solo se informato, è in grado di
effettuare una scelta negoziale veramente libera e consapevole, il dies a quo per l’esercizio del
diritto di recesso decorre dal momento della conclusione del contratto (se ha ad oggetto la
prestazione di servizi) o dal momento del ricevimento del bene (se ha ad oggetto la vendita di beni)
– o dal diverso momento previsto nei contratti conclusi fuori dai locali commerciali dall’art. 65
comma 1° lett a) e b) cod. cons. - ove in quel momento il professionista abbia già adempiuto gli
obblighi informativi sullo stesso gravanti.
Nell’ipotesi in cui l’adempimento degli obblighi informativi sia avvenuto in un momento
successivo è da questo diverso momento che decorre il diritto per l’esercizio del diritto di recesso.
Nell’ipotesi in cui il professionista ometta di fornire al consumatore l’informazione sul
diritto di recesso oppure fornisca un’informazione errata o incompleta il legislatore ha previsto
quale sanzione per tale condotta dell’operatore commerciale – unitamente alla sanzione
amministrativa - il prolungamento del termine per il recesso, che è di 60 giorni per le vendite fuori
dei locali commerciali e 90 per quelle a distanza, e decorre per l’acquisto di beni dal momento del
loro ricevimento e per la prestazione di servizi dal momento della conclusione del contratto.
Non vi è dubbio che la sanzione prevista dal codice del consumo
per il mancato
soddisfacimento degli obblighi informativi concernenti il diritto di recesso sia alquanto blanda ma
non impedisce al consumatore di avvalersi degli ordinati strumenti di tutela (annullamento del
contratto per dolo, risarcimento del danno, etc.).
Va peraltro segnalato che se , da un lato, il legislatore nazionale – e non solo quello italiano
tra i paesi membri della CE - sia per le vendite a distanza che per quelle fuori dai locali
commerciali, ha comunque previsto un termine di decadenza, sia pure più lungo, per l’esercizio del
diritto di recesso anche in caso di mancato soddisfacimento degli obblighi informativi riguardanti
tale informazione, non altrettanto ha fatto il legislatore comunitario relativamente ai contratti
conclusi fuori dai locali commerciali.
La direttiva 85/577/CEE emanata in tale materia – a differenza di quelle sui contratti a
distanza e in marteria di multiproprietà – non prevede nessun termine di decadenza nell’ipotesi in
cui il professionista non abbia reso edotto del diritto di recesso il consumatore, il quale può quindi
recedere senza alcun limite temporale18.
Su questo tema è intervenuta anche la Corte di Giustizia nella nota sentenza del 13.12.2001,
Heininger (Causa C- 481/99) la quale ha ritenuto che la direttiva sui contratti negoziati fuori dai
locali commerciali osta a che il legislatore nazionale applichi un termine – in quella fattispecie il
legislatore tedesco aveva fissato il termine di un anno – per l’esercizio del diritto di recesso ove il
professionista non abbia informato il consumatore del relativo diritto.
Quella sopra descritta non è l’unica ipotesi in cui si registra un’incongruenza tra la
normativa consumeristica nazionale e quella comunitaria.
Con riferimento ai contratti a distanza, mentre il legislatore nazionale prevede, all’art. 65
comma 3° cod. cons., che solo il mancato soddisfacimento degli obblighi di informazione di cui agli
articoli 52 comma 1 lett.f) e g) e 53 comporta quale sanzione il prolungamento del termine a 90
gironi per l’esercizio del diritto di recesso – di talchè l’omessa informazione al consumatore su un
punto rilevante del contratto quale l’indicazione del prezzo non comporta conseguenze a carico del
professionista – la direttiva comunitaria 97/7/CE, in virtù del combinato disposto degli artt. 5 e 6,
prevede il prolungamento del termine a tre mesi per l’esercizio del diritto di recesso non solo in
caso di omessa o incompleta o errata informazione sul diritto di recesso spettante al consumatore
ma anche nel caso in cui non siano state fornite e confermate per iscritto tutte le altre informazioni
che spettano al consumatore che la direttiva 97/7/CE elenca all’art. 4 1° comma dalle lettere a) ad
e).
Come
nel caso Heininger anche nell’ipotesi sopra descritta la normativa nazionale è
senz’altro più penalizzante per il consumatore rispetto alla direttiva comunitaria.
Si pone quindi seriamente la questione come deve comportarsi l’interprete in caso di
evidente contrasto tra le due normative tenuto conto che le direttive, a differenza dei regolamenti,
non sono atti comunitari direttamente efficaci nel diritto interno con la conseguenza il giudice
nazionale non può limitarsi a disapplicare le norme interne contrastanti con esse.
18
Così Guerinoni, Diritto di recesso, in Cuffaro ( a cura di), Codice del Consumo, cit, 354.
Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, nell’ipotesi in cui non sia possibile
l’applicazione diretta del diritto comunitario - alle direttive comunitarie non recepite o mal
trasposte, pur se precise e dettagliate, si possono riconoscere effetti diretti solo nei rapporti verticali
tra privato ed un organo pubblico ma non nei rapporti orizzontali tra privati – il giudice nazionale
deve comunque interpretare le norme nazionali in modo conforme alla direttiva, deve interpretare il
diritto interno conformemente “ alla lettera ed allo scopo della direttiva al fine di conseguire il
risultato perseguito da quest’ultima”.
Va peraltro osservato che anche se la stessa Corte di Giustizia ha affermato il principio
secondo cui l’obbligo di interpretazione conforme del diritto interno alla luce di quello comunitario
trova il proprio limite in caso di assoluta incompatibilità tra norma interna e norma comunitaria,
tuttavia, nella prassi, la Corte di Giustizia ha applicato il concetto di “ interpretazione conforme” in
modo molto ampio facendovi rientrare casi in cui è difficilmente configurabile un esercizio di
attività ermeneutica.
Per superare quindi l’incompatibilità tra le singole disposizioni interne e quelle comunitarie,
la Corte del Lussemb urgo ha affermato che, seppur “ il principio di interpretazione conforme non
può servire da fondamento ad interpretazione contra legem del diritto nazionale, tale principio
richiede tuttavia che il giudice nazionale prenda in considerazione, se del caso, il diritto nazionale
nel suo complesso per valutare in che misura quest’ultimo può ricevere un’applicazione tale da non
sfociare in un risultato contrario a quello perseguito “ dalla norma comunitaria19.
In sostanza, il conflitto anche palese tra norma interna e norma comunitaria deve essere
sanato, secondo la Corte, attraverso l’opera interpretativa del giudice nazionale che, pur non
potendo formalmente disapplicare la norma nazionale nei rapporti orizzontali, deve pervenire allo
stesso risultato interpretando le norme di recepimento (se già emanate) e l’intero diritto interno in
modo che si raggiunga una soluzione conforme al diritto comunitario ed al risultato perseguito dalla
direttiva 20.
19
C. Giust. CE 6.6.2005, C. 105/03, Maria Pupino; in termini non dissimili si è pronunciata la Corte nelle sentenze del
13.7.2000, C. 456/98, Centrosteel e 5.10.2004, C- 397/01 bis a C-403/01, Pfeiffer.
20
In questi termini si è espresso lucidamente Ruvolo, Il diritto di recesso nei contratti negoziati fuori dai locali
commerciali e nei contratti a distanza, in I contratti dei consumatori ( a cura di Caringella e De Marzo), UTET 2007,
cap.VIII; vedi anche Ruvolo, Interpretazione conforme e situazioni giuridiche soggettive in Riv. Europa e Diritto
Privato, IV, 2006, pag. 1407 e ss.
In conclusione, come con riferimento alla direttiva 85/577/CEE, nei contratti conclusi fuori
dai locali commerciali, la Corte di Giustizia ha ritenuto che il giudice nazionale, con attività di “
interpretazione
conforme” delle norme nazionali alla luce della lettera e dello scopo della
normativa comunitaria, deve arrivare alla conclusione che l’omessa informazione al consumatore
del diritto di recesso comporti la possibilità di costui di recedere senza limiti temporali,
analogamente, nei contratti a distanza, un’interpretazione conforme dell’art. 65 comma 3° cod.
cons. allo scopo ed al risultato perseguito della direttiva 97/7/CE dovrebbe imporre la soluzione del
prolungamento del termine di 90 giorni non solo in caso di mancato soddisfacimento degli obblighi
di cui all’art. 52 lett f) e g) ma anche ove non siano state rese e confermate per iscritto le
informazioni di cui alle lettere da a) ad e) dello stesso art. 52.
Pertanto, ove un giudice nazionale fosse investito della questione come sopra prospettata,
dovrebbe sollevare la questione pregiudiziale della compatibilità dell’art. 65 comma 3° cod. cons.
con gli artt. 4, 5, 6, della direttiva 97/7/CE, sospendere il giudizio e chiedere alla Corte di Giustizia
di pronunciarsi.
L’esercizio del diritto di recesso.
A norma dell’art. 64 comma 2° cod. cons. , il diritto di recesso si esercita con l’invio di una
comunicazione scritta alla sede del professionista mediante lettera raccomandata con avviso di
ricevimento.
La comunicazione può essere inviata entro lo stesso termine mediante telegramma, telex,
posta elettronica e fax purchè confermata con lettera raccomandata con avviso di ricevimento entro
le 48 ore successive.
E’ la stessa norma che prevede che l’avviso di ricevimento non è condizione essenziale per
provare il diritto di recesso.
Si pone la questione se il diritto di recesso possa considerarsi efficacemente esercitato ove la
comunicazione non avvenga mediante lettera raccomandata ma ad esempio con lettera spedita con
posta prioritaria o portata direttamente nei locali commerciali del professionista.
A tal proposito, è stato affermato 21 che il legislatore pur indicando palesemente la
predilezione per lo strumento della raccomandata per l’esercizio del diritto di recesso, in quanto
idoneo a fornire la maggiore certezza possibile in ordine al ricevimento della comunicazione da
parte del destinatario, non ha inteso prescrivere una formalità precisa ed inderogabile di
comunicazione a pena di efficacia del recesso, essendo valida la disdetta effettuata anche in altre
forme ugualmente sicure.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA’ EUROPEE (LUSSEMBURGO)
(Grande Sezione) sentenza 16 giugno 2005. Nel procedimento C-105/03.
Pupino M..
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
16 giugno 2005
«Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale – Artt. 34 UE e 35 UE – Decisione
quadro 2001/220/GAI – Posizione della vittima nel procedimento penale – Tutela delle
persone vulnerabili – Audizione di minori in qualità di testimoni – Effetti di una decisione
quadro»
Nella causa C-105/03,
avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi
dell’art. 35 UE, dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze con
decisione 3 febbraio 2003, pervenuta in cancelleria il 5 marzo 2003, nel procedimento
penale a carico di
Maria Pupino,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta
OMISSIS
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 2, 3 e 8 della
decisione quadro del Consiglio 15 marzo 2001, 2001/220/GAI, relativa alla posizione
della vittima nel procedimento penale (GU L 82, pag. 1; in prosieguo: la «decisione
quadro»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale intentato a
carico della sig.ra Pupino, insegnante di scuola materna, indagata per aver inflitto lesioni
ad alunni di età inferiore a cinque anni all’epoca dei fatti.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione europea
Il Trattato sull’Unione europea
3 Ai sensi dell’art. 34, n. 2, UE, nella sua versione risultante dal Trattato di Amsterdam,
che fa parte del titolo VI del Trattato sull’Unione europea, rubricato «Disposizioni sulla
cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale»:
«Il Consiglio adotta misure e promuove, nella forma e secondo le procedure appropriate
di cui al presente titolo, la cooperazione finalizzata al conseguimento degli obiettivi
dell’Unione. A questo scopo, deliberando all’unanimità, su iniziativa di uno Stato membro
o della Commissione, il Consiglio può:
21
Tribunale Milano 27.2.1997, Contratti, I, 1998,48
(…)
b) adottare decisioni-quadro per il ravvicinamento delle disposizioni legislative e
regolamentari degli Stati membri. Le decisioni-quadro sono vincolanti per gli Stati
membri quanto al risultato da ottenere, salva restando la competenza delle autorità
nazionali in merito alla forma e ai mezzi. Esse non hanno efficacia diretta;
(…)».
4 L’art. 35 UE dispone:
1. La Corte di giustizia delle Comunità europee, alle condizioni previste dal presente
articolo, è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla validità o l’interpretazione
delle decisioni-quadro e delle decisioni, sull’interpretazione di convenzioni stabilite ai
sensi del presente titolo e sulla validità e sull’interpretazione delle misure di applicazione
delle stesse.
2. Con una dichiarazione effettuata all’atto della firma del Trattato di Amsterdam o,
successivamente, in qualsiasi momento, ogni Stato membro può accettare che la Corte di
giustizia sia competente a pronunciarsi in via pregiudiziale, come previsto dal
paragrafo 1.
3. Lo Stato membro che effettui una dichiarazione a norma del paragrafo 2 precisa
che:
a) ogni giurisdizione di tale Stato avverso le cui decisioni non possa proporsi un
ricorso giurisdizionale di diritto interno può chiedere alla Corte di giustizia di pronunciarsi
in via pregiudiziale su una questione sollevata in un giudizio pendente davanti a tale
giurisdizione e concernente la validità o l’interpretazione di un atto di cui al paragrafo 1,
se detta giurisdizione reputi necessaria una decisione su tale punto per emanare la sua
sentenza, o
b) ogni giurisdizione di tale Stato può chiedere alla Corte di giustizia di pronunciarsi in
via pregiudiziale su una questione sollevata in un giudizio pendente davanti a tale
giurisdizione e concernente la validità o l’interpretazione di un atto di cui al paragrafo 1,
se detta giurisdizione reputi necessaria una decisione su tale punto per emanare la sua
sentenza.
(...)».
5 Risulta dall’informazione relativa alla data di entrata in vigore del Trattato di
Amsterdam, pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 1° maggio
1999 (GU L 114, pag. 56), che la Repubblica italiana ha reso una dichiarazione in ordine
all’art. 35, n. 2, UE, con la quale essa ha accettato la competenza della Corte di giustizia
a statuire secondo le modalità previste all’art. 35, n. 3, lett. b), UE.
La decisione quadro
6 Ai sensi dell’art. 2 della decisione quadro, dal titolo «Rispetto e riconoscimento»:
«1. Ciascuno Stato membro prevede nel proprio sistema giudiziario penale un ruolo
effettivo e appropriato delle vittime. Ciascuno Stato membro si adopererà affinché alla
vittima sia garantito un trattamento debitamente rispettoso della sua dignità personale
durante il procedimento e ne riconosce i diritti e gli interessi giuridicamente protetti con
particolare riferimento al procedimento penale.
2. Ciascuno Stato membro assicura che le vittime particolarmente vulnerabili
beneficino di un trattamento specifico che risponda in modo ottimale alla loro
situazione».
7 Ai sensi dell’art. 3 della decisione quadro, dal titolo «Audizione e produzione delle
prove»:
«Ciascuno Stato membro garantisce la possibilità per la vittima di essere sentita durante
il procedimento e di fornire elementi di prova.
Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le autorità competenti
interroghino la vittima soltanto per quanto è necessario al procedimento penale».
8 L’art. 8 della decisione quadro, intitolato «Diritto alla protezione», dispone, al suo n. 4:
«Ove sia necessario proteggere le vittime, in particolare le più vulnerabili, dalle
conseguenze della loro deposizione in udienza pubblica, ciascuno Stato membro
garantisce alla vittima la facoltà, in base ad una decisione del giudice, di rendere
testimonianza in condizioni che consentano di conseguire tale obiettivo e che siano
compatibili con i principi fondamentali del proprio ordinamento».
9 Conformemente all’art. 17 della decisione quadro, ciascuno Stato membro farà entrare
in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie ai fini
dell’attuazione dei menzionati articoli della decisione stessa «il 22 marzo 2002».
Normativa nazionale
10 L’art. 392 del codice di procedura penale italiano (in prosieguo: il «CPP»), che figura nel
libro V, intitolato «Indagini preliminari e udienza preliminare», dispone:
«1. Nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero e la persona sottoposta
alle indagini possono chiedere al giudice che si proceda con incidente probatorio:
a) all’assunzione della testimonianza di una persona, quando vi è fondato motivo di
ritenere che la stessa non potrà essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro
grave impedimento;
b) all’assunzione di una testimonianza quando, per elementi concreti e specifici, vi è
fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o
promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso;
(…)
1 bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli artt. 600 bis, 600 ter, 600 quinquies,
609 bis, 609 ter, 609 quater, 609 quinquies e 609 octies del codice penale [concernenti i
delitti sessuali o a sfondo sessuale] il pubblico ministero o la persona sottoposta alle
indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all’assunzione della
testimonianza di persona minore degli anni sedici, anche al di fuori delle ipotesi previste
al comma 1.
(…)».
11 Ai sensi dell’art. 398, n. 5 bis, del CPP:
«Nel caso di indagini che riguardano ipotesi di reato previste agli articoli 600 bis, 600 ter,
600 quinquies, 609 bis, 609 ter, 609 quater, 609 quinquies e 609 octies del codice
penale, il giudice, ove fra le persone interessate all’assunzione della prova vi siano minori
degli anni sedici, con l’ordinanza (…), stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari
attraverso cui procedere all’incidente probatorio, quando le esigenze del minore lo
rendano necessario od opportuno. A tal fine, l’udienza può svolgersi anche in luogo
diverso dal tribunale, avvalendosi il giudice, ove esistano, di strutture specializzate di
assistenza o, in mancanza, presso l’abitazione dello stesso minore. Le dichiarazioni
testimoniali debbono essere documentate integralmente con mezzi di riproduzione
fonografica o audiovisiva. Quando si verifica una indisponibilità di strumenti di
riproduzione o di personale tecnico, si provvede con le forme della perizia ovvero della
consulenza tecnica. Dell’interrogatorio è anche redatto verbale in forma riassuntiva. La
trascrizione della riproduzione è disposta solo se richiesta dalle parti».
Il contesto di fatto e la questione pregiudiziale
OMISSIS.
18 Ritenendo che, «a prescindere o meno dalla sussistenza di un “effetto diretto”
della
normativa comunitaria», il giudice nazionale debba «interpretare il proprio diritto
nazionale alla luce della lettera e dello scopo della normativa comunitaria» e
nutrendo
dubbi quanto alla compatibilità degli artt. 392, n. 1 bis, e 398, n. 5 bis, CPP con gli
artt. 2, 3 e 8 della decisione quadro, in quanto tali disposizioni del detto codice
limitano
ai soli reati sessuali o a sfondo sessuale la facoltà per il giudice per le indagini
preliminari
di ricorrere, rispettivamente, all’assunzione anticipata della prova e alle modalità
particolari di assunzione e di accertamento della prova, il giudice per le indagini
preliminari presso il Tribunale di Firenze ha deciso di sospendere il giudizio e di
chiedere
alla Corte di pronunciarsi sulla portata degli artt. 2, 3 e 8 della decisione quadro.
Sulla competenza della Corte
OMISSIS
33 Occorre subito rilevare che la formulazione dell’art. 34, n. 2, lett. b), UE è strettamente
ispirata a quella dell’art. 249, terzo comma, CE. L’art. 34, n. 2, lett. b), UE attribuisce un
carattere vincolante alle decisioni quadro nel senso che queste ultime «sono vincolanti»
per gli Stati membri «quanto al risultato da raggiungere, salva restando la competenza
delle autorità nazionali in merito alla forma e ai mezzi».
34 Il carattere vincolante delle decisioni quadro, formulato in termini identici a quelli
dell’art. 249, terzo comma, CE, comporta, in capo alle autorità nazionali, ed in
particolare
ai giudici nazionali, un obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale.
35 La circostanza che le competenze della Corte, in forza dell’art. 35 UE, sono meno estese
nell’ambito del titolo VI del Trattato sull’Unione europea di quanto non lo siano ai sensi
del Trattato CE e il fatto che non esista un sistema completo di rimedi giuridici e di
procedure destinato ad assicurare la legittimità degli atti delle istituzioni nell’ambito del
detto titoloVI non ostano a questa conclusione.
36 Infatti, indipendentemente dal grado di integrazione considerato dal Trattato di
Amsterdam nel processo di creazione di un’unione sempre più stretta tra i popoli
dell’Europa ai sensi dell’art. 1, secondo comma, UE, è perfettamente comprensibile che
gli autori del Trattato sull’Unione europea abbiano ritenuto utile prevedere, nell’ambito
del titolo VI di tale Trattato, il ricorso a strumenti giuridici che comportano effetti
analoghi a quelli previsti dal Trattato CE, al fine di contribuire efficacemente al
perseguimento degli obiettivi dell’Unione.
37 L’importanza della competenza pregiudiziale della Corte ai sensi dell’art. 35 UE è
confermata dal fatto che, in forza del n. 4 di quest’ultimo, ogni Stato membro, che abbia
o meno fatto una dichiarazione a norma del n. 2 del detto articolo, ha la facoltà di
presentare alla Corte memorie od osservazioni scritte nei procedimenti di cui al n. 1 della
stessa disposizione.
38 Tale competenza sarebbe privata dell’aspetto essenziale del suo effetto utile se i singoli
non avessero il diritto di far valere le decisioni quadro al fine di ottenere
un’interpretazione conforme del diritto nazionale dinanzi ai giudici degli Stati membri.
OMISSIS
43 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono occorre concludere che il
principio di
interpretazione conforme si impone riguardo alle decisioni quadro adottate
nell’ambito del
titolo VI del Trattato sull’Unione europea. Applicando il diritto nazionale, il giudice
del
rinvio chiamato ad interpretare quest’ultimo è tenuto a farlo per quanto possibile alla
luce
della lettera e dello scopo della decisione quadro al fine di conseguire il risultato
perseguito da questa e di conformarsi così all’art. 34, n. 2, lett. b), UE.
44 Occorre tuttavia rilevare che l’obbligo per il giudice nazionale di far riferimento al
contenuto di una decisione quadro quando interpreta le norme pertinenti del suo diritto
nazionale trova i suoi limiti nei principi generali del diritto, ed in particolare in quelli di
certezza del diritto e di non retroattività.
45 Questi principi ostano in particolare a che il detto obbligo possa condurre a determinare
o ad aggravare, sul fondamento di una decisione quadro e indipendentemente da una
legge adottata per l’attuazione di quest’ultima, la responsabilità penale di coloro che
agiscono in violazione delle sue disposizioni (v., per quanto riguarda le direttive
comunitarie, in particolare, sentenze X, citata, punto 24, e 3 maggio 2005, cause riunite
C-387/02, C-391/02 e C-403/02, Berlusconi e a., non ancora pubblicata nella Raccolta,
punto 74).
46 Occorre tuttavia rilevare che le disposizioni che formano oggetto della presente domanda
di pronuncia pregiudiziale non vertono sulla portata della responsabilità penale
dell’interessata, ma sullo svolgimento del procedimento e sulle modalità di assunzione
della prova.
47 L’obbligo per il giudice nazionale di fare riferimento al contenuto di una decisione quadro
nell’interpretazione delle norme pertinenti del suo diritto nazionale cessa quando
quest’ultimo non può ricevere un’applicazione tale da sfociare in un risultato compatibile
con quello perseguito da tale decisione quadro. In altri termini, il principio di
interpretazione conforme non può servire da fondamento ad un’interpretazione
contra
legem del diritto nazionale. Tale principio richiede tuttavia che il giudice nazionale
prenda
in considerazione, se del caso, il diritto nazionale nel suo complesso per valutare in
che
misura quest’ultimo può ricevere un’applicazione tale da non sfociare in un risultato
contrario a quello perseguito dalla decisione quadro.
OMISSIS
55 Secondo la normativa controversa nella causa principale, la deposizione resa durante le
indagini preliminari deve generalmente essere reiterata all’udienza pubblica per acquisire
valore di prova a tutti gli effetti. È tuttavia permesso in taluni casi rendere tale
deposizione una sola volta, nel corso delle indagini preliminari, con lo stesso valore
probatorio, ma secondo modalità diverse da quelle imposte all’udienza pubblica.
56 Alla luce di quanto sopra, la realizzazione degli obiettivi perseguiti dalle citate
disposizioni della decisione quadro impone che un giudice nazionale abbia la possibilità,
per le vittime particolarmente vulnerabili, di utilizzare una procedura speciale, come
l’incidente probatorio diretto all’assunzione anticipata della prova, prevista
nell’ordinamento di uno Stato membro, nonché le modalità particolari di deposizione pure
previste, se tale procedura risponde in modo ottimale alla situazione di tali vittime e si
impone al fine di impedire la perdita degli elementi di prova, di ridurre al minimo la
ripetizione degli interrogatori e di impedire le conseguenze pregiudizievoli, per le dette
vittime, della loro deposizione in pubblica udienza.
57 Si deve precisare al riguardo che, ai sensi dell’art. 8, n. 4, della decisione quadro, le
adottate condizioni in cui rendere testimonianza debbono comunque essere compatibili
con i principi fondamentali dell’ordinamento dello Stato membro interessato.
58 D’altro canto, in forza dell’art. 6, n. 2, UE, l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali
garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «Convenzione»), e
quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi
generali del diritto.
59 La decisione quadro deve dunque essere interpretata in maniera tale che siano rispettati
i diritti fondamentali, tra i quali occorre in particolare rilevare il diritto ad un processo
equo, quale sancito all’art. 6 della Convenzione e interpretato dalla Corte europea dei
diritti dell’uomo.
60 Spetta al giudice del rinvio accertarsi che, supponendo che il ricorso all’incidente
probatorio diretto all’assunzione anticipata della prova e l’audizione secondo modalità
particolari previsti dal diritto italiano siano nella fattispecie possibili, in considerazione
dell’obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale, l’applicazione di queste
misure non sia tale da rendere il procedimento penale a carico della sig.ra Pupino,
considerato nel suo complesso, iniquo ai sensi dell’art. 6 della Convenzione, quale
interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (v., in particolare, Corte eur. dir.
dell’uomo, sentenze 20 dicembre 2001, P.S. c. Germania; 2 luglio 2002, S.N. c. Svezia,
Recueil des arrêts et décisions 2002-V; 13 febbraio 2004, Rachdad c. Francia, e decisione
20 gennaio 2005, Accardi e a. c./ Italia, ric. n. 30598/02).
61 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre risolvere la questione
pregiudiziale nel senso che gli artt. 2, 3 e 8, n. 4, della decisione quadro devono essere
interpretati nel senso che il giudice nazionale deve avere la possibilità di autorizzare
bambini in età infantile che, come nella causa principale, sostengano di essere stati
vittime di maltrattamenti a rendere la loro deposizione secondo modalità che permettano
di garantire a tali bambini un livello di tutela adeguato, ad esempio al di fuori dell’udienza
pubblica e prima della tenuta di quest’ultima. Il giudice nazionale è tenuto a prendere in
considerazione le norme dell’ordinamento nazionale nel loro complesso e ad interpretarle,
in quanto possibile, alla luce della lettera e dello scopo della detta decisione quadro.
Sulle spese
OMISSIS
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
Gli artt. 2, 3 e 8, n. 4, della decisione quadro del Consiglio 15 marzo 2001,
2001/220/GAI, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale,
devono essere interpretati nel senso che il giudice nazionale deve avere la
possibilità di autorizzare bambini in età infantile che, come nella causa
principale, sostengano di essere stati vittime di maltrattamenti a rendere la loro
deposizione secondo modalità che permettano di garantire a tali bambini un
livello di tutela adeguato, ad esempio al di fuori dell’udienza e prima della
tenuta di quest’ultima.
Il giudice nazionale è tenuto a prendere in considerazione le norme
dell’ordinamento nazionale nel loro complesso e ad interpretarle, per quanto
possibile, alla luce della lettera e dello scopo della detta decisione quadro.
Firme
2° CASO - DIRITTO DI RECESSO DEL CONSUMATORE NEI CONTRATTI
CONCLUSI A DISTANZA
ANTEFATTO
Caio, contattato al telefono da un operatore di una società di somministrazione di energia
elettrica, concludeva nell’immediatezza un contratto avente ad oggetto la fornitura di servizi di
erogazione di energia elettrica con la formula “tutto compreso” flat, ossia che prevedeva il
pagamento di un prezzo fisso mensile bloccato per tre anni. L’operatore, nel fornire a Caio le
informazioni relative al contratto, ometteva di avvisarlo che la tariffa scelta poteva applicarsi solo
per un consumo di energia mensile non superiore a 250 kwh e che poteva recedere in qualsiasi
momento dal contratto ma con un preavviso di 6 mesi.
Caio, su espressa richiesta dell’operatore, prestava il consenso all’immediata somministrazione di
energia elettrica che, effettivamente, gli veniva erogata dopo 5 giorni.
Dopo 30 giorni dal ricevimento della telefonata perveniva presso il domicilio di Caio un plico
contenente le condizioni generali di fornitura (CGF) applicate dalla società ma senza - per un
disguido -
le condizioni tecniche economiche (CTE). La clausola delle CGF relativa al prezzo
del servizio è la seguente:
ART. 3 - CONDIZIONI ECONOMICHE PER LA FORNITURA DI ENERGIA ELETTRICA.
ALTRI CORRISPETTIVI. Dati relativi alla residenza ed alla potenza
3.1 Le condizioni economiche per ciascuna fornitura e il relativo periodo di applicabilità
(decorrente dalla Data di Efficacia) sono indicati nelle CTE
3.2 In caso di variazione delle condizioni economiche, il Fornitore provvederà a darne
comunicazione al Cliente prima dello scadere del termine di applicabilità delle medesime con
effetto decorsi sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione da parte del Cliente e
comunque non prima dello scadere del periodo di applicabilità delle precedenti condizioni
economiche. In assenza di recesso si intenderanno accettate dal Cliente le nuove condizioni
economiche. In caso di recesso comunicato direttamente dal cliente e non per il tramite del
nuovo fornitore scelto dal cliente stesso - e comunque nei casi in cui l'attivazione della fornitura
da parte del nuovo fornitore non avvenga in tempi compatibili con l'efficacia del recesso - Enel
Energia farà quanto di sua competenza perché l'esercente attivi il servizio di maggior tutela. In
mancanza di variazioni delle condizioni economiche in corso, negli stessi termini il Fornitore
comunicherà per iscritto al Cliente unicamente il nuovo periodo di applicabilità se diverso dal
precedente.
3.3 Per la fornitura di energia elettrica oltre ai corrispettivi per l’energia fornita determinati nella
documentazione di cui al precedente art. 3.1, al Cliente verranno fatturati: a) i corrispettivi per il
servizio di trasmissione e distribuzione e misura nonché le componenti A, UC e MCT previste per i
Clienti del mercato libero dalle delibere dell’Autorità al momento vigenti e di importo pari a quelli
risultanti dalle relative fatture del distributore
OMISSIS
Il contratto per il resto riportava tutte le informazioni di cui all’art. 52 cod. cons., il termine di
preavviso per il recesso, nonché la potenza impegnata (kw 3) nell’erogazione del servizio.
Caio, dopo essersi informato presso la locale associazione dei consumatori ed aver verificato che
per le sue esigenze personali (famiglia numerosa e consumo di energia piuttosto elevato) la tariffa
sul libero mercato era comunque meno conveniente di quella c.d. regolata praticata
dal
precedente gestore e anche in ragione dei disservizi – gli era spesso saltata luce - determinati dal
fatto che il contratto era stato attivato con una potenza inferiore ( 3 kw) rispetto a quella dallo
stesso richiesta espressamente (4,5 kw) all’operatore al telefono, recedeva dopo 20 gironi
dall’arrivo del plico.
In particolare, si recava direttamente presso i locali commerciali della
società consegnando ad un addetto la lettera di recesso (facendosi apporre su una copia un visto
per ricevuta).
Di fronte alla richiesta di pagamento della bolletta della luce, Caio conveniva in giudizio la
società erogatrice del servizio.
GIUDIZIO
Caio osservava che il suo recesso era stato legittimo e tempestivo in ragione del fatto che la
società gli aveva fornito informazioni del tutto incomplete sul prezzo del servizio . Inoltre, era
stato fuorviato dal fatto che l’operatore non gli aveva indicato il termine di preavviso per il
recesso.
In ogni caso, la società si era resa responsabile di inadempimento avendogli fornito un servizio
di erogazione dell’energia elettrica con una potenza impegnata inferiore a quella richiesta con
conseguenti disservizi derivanti dalle frequenti interruzioni dell’energia elettrica.
DOMANDE dell’attore:
Caio chiedeva accertarsi la legittimità e tempestività del recesso.
In subordine, l’anullamento del contratto e comunque la risoluzione del contratto per
inadempimento del gestore.
DIFESE della convenuta.
La società si costituiva eccependo:
che, nel caso di specie, doveva escludersi in radice il diritto di recesso del consumatore per
effetto dell’anticipata esecuzione del contratto espressamente pattuita dalle parti;
che, in ogni caso, il recesso era stato esercitato tardivamente atteso che tra le ipotesi indicate dalla
legge in cui il mancato soddisfacimento degli obblighi informativi comportava il prolungamento
del termine per l’esercizio del recesso non rientrava anche quella cui fossero state fornite
informazioni incomplete sul prezzo;
che, in ogni caso, con l’invio del contratto scritto il cliente aveva ricevuto informazioni complete
ed esaustive, sia sul preavviso per l’esercizio del recesso sia sulla potenza impegnata;
che comunque il recesso era inefficace non essendo stato esercitato con lettera raccomandata;
che, infine, quanto al lamentato inadempimento, la società negava che Caio avesse formulato
nella telefonata una richiesta di attivazione con potenza superiore.
La società chiedeva il rigetto delle domande. In via riconvenzionale, chiedeva il pagamento della
bolletta.
CONTROREPLICHE di Caio:
non sapeva che con l’attivazione immediata del servizio non avrebbe più potuto esercitare il
diritto di recesso;
Il prolungamento del termine per il recesso nell’ipotesi di omesse o incomplete informazioni sul
prezzo era previsto dalla direttiva 97/7/CE sui contratti a distanza.
QUESTIONI RILEVANTI
E’ configurabile il diritto di recesso nel caso di specie?
In ogni caso, il recesso è stato tempestivo?
La mancata comunicazione prima della conclusione del contratto del termine per l’esercizio del
recesso rileva ove risulti che tale termine era stato poi indicato nelle condizioni generali di
contratto?
Come si risolve una eventuale incongruenza tra la direttiva comunitaria e la normativa nazionale
attuativa?
Per il perfezionamento del recesso la legge impone il suo esercizio con lettera raccomandata?
Come si regola l’onere probatorio per il ricevimento di un servizio con potenza inferiore rispetto a
quello richiesto da Caio al telefono?
In particolare, è suo onere provare di aver richiesto un servizio di energia elettrica con potenza 4,5
kw o è sufficiente l’allegazione – peraltro non contestata - della fruizione di un servizio con tante
interruzioni?
RIFERIMENTI NORMATIVI
Direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 maggio 1997
riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza
Articolo 1 - Oggetto
La presente direttiva ha come oggetto di ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati
membri riguardanti i contratti a distanza tra consumatori e fornitori.
Articolo 2 - Definizioni
Ai fini della presente direttiva si intende per:
1) contratto a distanza: qualunque contratto avente per oggetto beni o servizi stipulato tra un fornitore e un consumatore
nell'ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal fornitore che, per tale contratto,
impieghi esclusivamente una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la
conclusione del contratto stesso;
2) consumatore: qualunque persona fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisca per fini che non
rientrano nel quadro della sua attività professionale;
3) fornitore: qualunque persona fisica o giuridica che nei contratti in parola agisca nel quadro della sua attività
professionale;
4) tecnica di comunicazione a distanza: qualunque mezzo che, senza la presenza fisica e simultanea del fornitore e del
consumatore, possa impiegarsi per la conclusione del contratto tra dette parti; un elenco indicativo delle tecniche
contemplate dalla presente direttiva è riportato nell'allegato I;
5) operatore di tecnica di comunicazione: qualunque persona fisica o giuridica, pubblica o privata, la cui attività
professionale consista nel mettere a disposizione dei fornitori una o più tecniche di comunicazione a distanza.
Articolo 3 - Eccezioni
1. La presente direttiva non si applica ai contratti:
- relativi ai servizi finanziari di cui l'allegato II contiene un elenco non esauriente;
- conclusi tramite distributori automatici o locali commerciali automatizzati;
- conclusi con gli operatori delle telecomunicazioni impiegando telefoni pubblici;
- conclusi per la costruzione e la vendita di beni immobili, ovvero ai contratti riguardanti altri diritti relativi a beni immobili,
ad eccezione della locazione;
- conclusi in occasione di una vendita all'asta.
2. Gli articoli 4, 5, 6 e l'articolo 7, paragrafo 1 non si applicano:
- ai contratti di fornitura di generi alimentari, di bevande o di altri beni per uso domestico di consumo corrente forniti al
domicilio di un consumatore, al suo luogo di residenza o al suo luogo di lavoro, da distributori che effettuano giri frequenti
e regolari;
- ai contratti di fornitura di servizi relativi all'alloggio, ai trasporti, alla ristorazione, al tempo libero, quando all'atto della
conclusione del contratto il fornitore si impegna a fornire tali prestazioni ad una data determinata o in un periodo
prestabilito; in caso di attività ricreative all'aperto il fornitore può, in via d'eccezione, riservarsi il diritto di non applicare
l'articolo 7, paragrafo 2, in casi specifici.
Articolo 4 - Informazioni preliminari
1. In tempo utile prima della conclusione di qualsiasi contratto a distanza, il consumatore deve ricevere le seguenti
informazioni:
a) identità del fornitore e, in caso di contratti che prevedono il pagamento anticipato, indirizzo del fornitore;
b) caratteristiche essenziali del bene o del servizio;
c) prezzo del bene o del servizio, comprese tutte le tasse o imposte;
d) eventuali spese di consegna;
e) modalità di pagamento, consegna o esecuzione del contratto;
f) esistenza del diritto di recesso, tranne nei casi di cui all'articolo 6, paragrafo 3;
g) costo dell'utilizzo della tecnica di comunicazione a distanza, quando è calcolato su una base diversa dalla tariffa di
base;
h) durata della validità dell'offerta o del prezzo;
i) se del caso, durata minima del contratto in caso di contratti per la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi di
esecuzione continuata o periodica.
2. Le informazioni di cui al paragrafo 1, il cui scopo commerciale deve essere inequivocabile, devono essere fornite in
modo chiaro e comprensibile, con ogni mezzo adeguato alla tecnica di comunicazione a distanza impiegata, osservando
in particolare i principi di lealtà in materia di transazioni commerciali e di protezione di coloro che secondo le disposizioni
legislative degli Stati membri sono incapaci di manifestare il loro consenso, come ad esempio i minori.
3. Inoltre, in caso di comunicazioni telefoniche, l'identità del fornitore e lo scopo commerciale della telefonata devono
essere dichiarati in modo inequivocabile all'inizio di qualsiasi conservazione telefonica con il consumatore.
Articolo 5 - Conferma scritta delle informazioni
1. Il consumatore deve ricevere conferma per iscritto o su altro supporto duraturo a sua disposizione ed a lui accessibile
delle informazioni previste all'articolo 4, paragrafo 1, lettere da a) ad f), in tempo utile all'atto dell'esecuzione del contratto
e al più tardi al momento della consegna per quanto riguarda i beni non destinati ad essere consegnati a terzi, a meno
che esse non gli siano già state fornite, per iscritto o sull'altro supporto duraturo, a sua disposizione ed a lui accessibile
prima della conclusione del contratto.
Devono comunque essere forniti:
- un'informazione scritta sulle condizioni e le modalità di esercizio del diritto di recesso ai sensi dell'articolo 6, inclusi i
casi di cui all'articolo 6, paragrafo 3, primo trattino;
- l'indirizzo geografico della sede del fornitore a cui il consumatore può presentare reclami;
- informazioni sui servizi di assistenza e sulle garanzie commerciali esistenti;
- le condizioni di recesso dal contratto in caso di durata indeterminata o di durata superiore ad un anno.
2. Il paragrafo 1 non si applica ai servizi la cui esecuzione è effettuata mediante una tecnica di comunicazione a
distanza, qualora siano forniti in un'unica soluzione e siano fatturati dall'operatore della tecnica di comunicazione. Ciò
nondimeno, il consumatore deve comunque poter disporre dell'indirizzo geografico della sede del fornitore a cui può
presentare reclami.
Articolo 6 - Diritto di recesso
1. Per qualunque contratto negoziato a distanza il consumatore ha diritto di recedere entro un termine di almeno sette
giorni lavorativi senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo. Le uniche spese eventualmente a carico del
consumatore dovute all'esercizio del suo diritto di recesso sono le spese dirette di spedizione dei beni al mittente.
Per l'esercizio di questo diritto, il termine decorre:
- per i beni, dal giorno del loro ricevimento da parte del consumatore ove siano stati soddisfatti gli obblighi di cui
all'articolo 5;
- per i servizi, dal giorno della conclusione del contratto o dal giorno in cui sono stati soddisfatti gli obblighi di cui
all'articolo 5, qualora ciò avvenga dopo la conclusione del contratto purché il termine non superi il termine di tre mesi di
cui al comma seguente.
Nel caso in cui il fornitore non abbia soddisfatto gli obblighi di cui all'articolo 5, il termine sarà di tre mesi. Tale termine
decorre:
- per i beni, dal giorno del loro ricevimento da parte del consumatore;
- per i servizi, dal giorno della conclusione del contratto.