il socio - Cotabo Taxi Bologna

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il socio - Cotabo Taxi Bologna
Periodico di informazione e dibattito della COTABO, Cooperativa Tassisti Bolognesi. Sede sociale in Bologna, Via Stalingrado 65/13
ANNO 38 N° 157 - DICEMBRE 2014
IL SOCIO
Periodico di informazione e dibattito
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Sommario
IL PRIMO TAXI DI BOLOGNA
2
EDITORIALE
4
INTERVISTA AD ANNAMARIA LUCCHINI
8ANNIVERSARI
9
INTERVISTA AL PRESIDENTE
10
INFORMAZIONI AI SOCI
22
RACCONTI NOTTURNI
25
LA PAROLA AI SOCI
Realizzazione
30
GRUPPO PREGHIERA
“Il Socio Cotabo“ a cura di CO.TA.BO.
34
RACCONTO BERTAGNIN
Direttore Responsabile
GABRIELE ORSI
36
STORIELLE DEL LANFRY
Segreteria di Redazione
KATIA DI BERNARDO
Redazione
SALVATORE VRENNA
TIBERIO BASALTI
ELIO GUBELLINI
MARCO VECCHIATTINI
DANIELE BERTAGNIN
NICOLA TRIVISONNO
Direzione, Amministrazione, Redazione:
Via Stalingrado 65/13 - Bologna
Tel. 051/374300
Periodico d’informazione e dibattito della CO.TA.BO. distribuito
gratuitamente ai propri soci. Gli articoli pubblicati su “il Socio”
impegnano esclusivamente chi li firma e sono a titolo gratuito.
I soci CO.TA.BO. e non sono liberi di esprimere il loro pensiero
nei limiti stabiliti dal codice penale e dalla legislazione vigente.
Autorizzazione Tribunale di Bologna 4355 del 14/06/1974
1
Editoriale
TRENI CHE PASSANO,
E TRENI CHE SI FERMANO
E Bologna arriva alla frutta
Ci sono treni che passano,
treni che si fermano e altri
che non passano mai.
Qui a Bologna, a quanto pare, siamo specializzati nel lasciare passare anche quelli che si fermano,
e lascia una volta, lascia due volte, anche il treno più paziente e
meglio disposto alla fine si stufa
e smette di passare scegliendo
altre tratte. Piccola premessa:
nell’ultimo mese sono stato in
trasferta per motivi di lavoro in
Alto Adige, zona dove i collegamenti e le comunicazioni, tra una
valle e l’altra, non sono certo facili. Contestualmente, mentre ci
trovavamo su, fra una capata al
Merano Wine Festival, un educational tra le aziende vinicole della
zona e un report su Interpoma,
la fiera delle mele che si svolge
ogni due anni a Bolzano, è nata
anche mia figlia, con due settimane di anticipo sul previsto: è nata
all’ospedale di Brunico, certificato
2
come la migliore maternità d’Italia, e se mi metto anche a concionare su quanto siano eccellenti
gli ospedali altoatesini rispetto ai
nostri rimaniamo qui fino al tremila. Bene, il giorno dopo la nascita di Vittoria il mio tragitto per
andare alla Fiera di Bolzano mi ha
visto andare in ospedale a trovare
mamma e bambina, fare il biglietto alla macchinetta automatica
dell’ospedale (un giornaliero da
15 euro che ti consente di salire
e scendere da tutti i treni regionali
della provincia), prendere il treno
dalla stazione di Brunico Nord accedendo direttamente dall’ospedale, cambiare treno a Fortezza,
scendere a Bolzano Sud, fare un
paio di scalini e trovarmi davanti
al piazzale della Fiera. Il tutto senza, come si suol dire, “bagnarmi
le scarpe”. Capito l’antifona? Dico
questo perché invece qui a Bologna la stazione della Fiera esiste,
ma non ci si ferma praticamente
nulla tant’è che stanno pensando
di sopprimerla.
E poi, ovviamente, ci meravigliamo quando, dopo essere riusciti
a convincere quelli del Macfrut
a traslocare da Cesena a Bologna, alla fine questi ci ripensano e
scelgono la Fiera di Rimini, un’altra che la stazione ferroviaria ce
l’ha, e ci si fermano pure gli Eurostar. Mentre da noi, con una logistica che fa pena, per i tre giorni
dell’Eima ci siamo sorbiti ingorghi
a non finire in zona Fiera e traffico bloccato per ore. Ecco quello
che intendo quando dico che certi treni vanno presi, anche al volo
se necessario, quando scelgono
di passare dalle tue parti, ma a
Bologna, a quanto pare, le priorità sono altre. Come trasformare
il centro in una specie di terra di
nessuno, condannata alla morte
civile. Passate le festività natalizie,
infatti, dopo che per tutta l’estate
si è lavorato sulla ripavimentazio-
ne di strada Maggiore, toccherà
all’asse Ugo Bassi-Rizzoli, che rimarrà completamente chiuso dai
cantieri per circa un anno. Avete
capito? Non lavori suddivisi per
tranche, con parti delle strade interessate aperte a turno, ma una
chiusura completa dell’asse portante del centro storico per quasi
dieci mesi, nell’anno dell’Expo milanese, con deviazione totale del
traffico, anche quello dei mezzi
pubblici, e danni incalcolabili per
residenti, attività commerciali e
tutti coloro che in centro, per motivi di lavoro, ci devono andare o
passare ogni giorno. Un uccellino
mi avrebbe anche detto che, finiti
questi lavori, il parcheggio taxi di
via dell’Archiginnasio verrà soppresso definitivamente e che sarà
realizzata una specie di cordolo
pedonale senza interruzioni dalle
Due Torri fino a piazza Malpighi,
con grande gioia, immagino, di
tutti coloro che devono salire in
auto per via Testoni o scendere da
via Cesare Battisti. Risultato: un
centro storico trasformato in una
sorta di museo a cielo aperto, leccato a lucido nelle belle occasioni
ma preda, durante il resto dell’anno, del degrado più assoluto, senza più un’attività salvo quelle che
dal Comune ottengono ogni sorta
di agevolazione possibile. I lavori pubblici, infatti, non procedono
sempre tutti alla stessa velocità,
dipende da cosa c’è da fare: per
la ripavimentazione di piazza dei
Martiri, infatti, ci sono volute tre
settimane, scomodando gli operai
in agosto, ma alla fine la piazza è
stata prontissima e tirata al burro
per l’inaugurazione del nuovo supermercato Coop. Via Carracci invece, dove non ci sono supermercati Coop ma su cui si affaccia la
nuova stazione dell’Alta Velocità,
è ancora zeppa di cantieri che a
rigore dovevano essere già chiusi
da un bel pezzo. I treni passano
sotto il naso di Bologna, qualcuno si ferma pure invitandoci caldamente a salire, ma noi stiamo
qua, a pensare ad altro, convinti
che le soluzioni entreranno dalla
finestra o di poter campare di rendita come facevamo ai bei tempi.
Io, personalmente, sto meditando
un trasferimento definitivo in Alto
Adige, dove le cose funzionano
e i soldi vengono investiti nella
maniera giusta e, quand’anche
un centro storico sia chiuso al
traffico (e capita spessissimo), è
circondato da parcheggi a prezzi
popolari o anche solo col disco
orario. Occhio però, che già anni
fa su un cordolo, in una zona
meno interessante per i bolognesi
come quella di via Emilia Ponente,
l’Amministrazione Comunale di
allora scivolò clamorosamente e
il partito di governo della città perse, sia pure per un breve periodo,
il bastone del comando.
Meditate gente...
3
Intervista ad Annamaria Lucchini
QUELLI CHE IL DIALETTO
LO MASTICANO ANCORA…
E CI RECITANO PURE
Con Annamaria Lucchini parliamo
del teatro dialettale bolognese
Il 20 gennaio del 2016 cadranno i primi cento anni
della nascita di Arrigo Lucchini, figura storica del teatro
dialettale bolognese, nonché celebre caratterista
del cinema avatiano scomparso nel 1984.
Esattamente trent’anni fa: due
ricorrenze importanti che la figlia Annamaria e il nipote Davide Amadei, prosecutori della sua
opera e tra gli attuali animatori
della Compagnia Teatrale Dialettale “Arrigo Lucchini”, desiderano onorare ripubblicando l’opera
omnia del grande attore. Noi de
“Il Socio” li abbiamo incontrati per capirne di più su un mondo - quello del teatro dialettale
bolognese - quasi magicamente
sospeso tra passato e presente,
che oggi è alle prese con grosse
difficoltà.
4
Annamaria Lucchini, come nasce
il teatro dialettale bolognese?
«In maniera spontanea. Secondo
la ricerca fatta da mio padre nel
1981 e poi rieditata nel 2006 le
prime testimonianze scritte del
dialetto bolognese risalgono alla
seconda metà del XVI secolo e a
Giulio Cesare Croce, l’autore del
“Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno”. Croce era un tipo strano, a
cavallo tra il popolo e l’accademia, e le sue commedie erano
di ambiente popolaresco perché
permettevano ai nobili di parlare,
come per gioco, alla maniera del
popolo, cosa molto tipica della
cultura bolognese, che da sempre ama mescolare cultura alta e
cultura bassa. La vera fioritura del
teatro dialettale bolognese però si
ha nella seconda metà dell’Ottocento quando, dopo l’unità d’Italia, si cerca di creare una lingua
nazionale ma al tempo stesso si
punta a valorizzare i dialetti locali.
A Bologna nasce un giornaletto in
dialetto intitolato “Ehi, ch’al scusa”, che aveva per protagonista
un personaggio, il signor “Pirén”,
protagonista di novelle divertenti.
E’ allora che emerge la figura di
Alfredo Testoni».
Il vero fondatore del teatro dialettale bolognese…
«Sì, ma non ebbe successo immediato. Ci furono diversi tentativi
a vuoto, poi però riuscì a imbroccare la strada giusta e divenne
per cinquant’anni una delle figure
di punta, parallelamente, sia del
teatro bolognese che di quello italiano, lavorando con attori
di primissimo piano come Dina
Galli, Ermete Zacconi, le sorelle
Gramatica. Fu per Zacconi che
scrisse il suo celebre capolavoro,
“Il Cardinale Lambertini”, all’inizio
in italiano e poi, nel 1930, tradotto in bolognese: era
un’opera che creava
l’archetipo junghiano del bolognese, e
a Testoni fruttò un
patrimonio in diritti d’autore. L’agente
di testoni, Adolfo Re
Riccardi, era specializzato nel fare venire
a Parigi le pochade
comiche di Feydeau,
e inseriva sempre nei
suoi “pacchetti” una
commedia di Testoni garantendogli
grande visibilità. Ma
poi i due ruppero e Re Riccardi
fallì mentre Testoni divenne una
figura di prima grandezza del teatro italiano fino a che, nei suoi
ultimi anni, iniziò a privilegiare la
produzione dialettale a discapito
di quella in italiano, e anche grazie ai disegni di Nasica, al secolo
Augusto Majani, al Carlino e alla
Fameja Bulgnàisa, divenne un
modello della bolognesità».
Ma perché la poesia dialettale
riesce a uscire dai confini cittadini, mentre il teatro no?
«Perché a Bologna non c’erano
attori, salvo Lanzarini e da un
certo punto in avanti Lucchini,
che fossero disposti a rinunciare
alle loro professioni per dedicarsi alla recitazione a tempo pieno e diventare dei professionisti.
Comunque Testoni scriveva per
due compagnie, quella del Teatro Contavalli e quella del Teatro
del Corso, e le sue erano com-
medie di ambiente popolaresco,
corali, ambientate in un cortile o
in un condominio, popolate quasi esclusivamente da personaggi
che di per sé erano dei bozzetti. Il
capocomico del Teatro del Corso
era un libraio antiquario di piazza
Aldovandi, Angelo Gandolfi, che
alla fine comperò il teatro dove
teneva una stagione di lirica in
concorrenza col Comunale e una
di teatro dialettale bolognese, ma
mori durante la Seconda Guerra
Mondiale e un anno dopo anche il
teatro venne bombardato».
Fine di tutto quindi?
«No, perché a guerra terminata
ciò che restava delle due compagnie si mise assieme e iniziò
all’Arena del Corso in via Santo
Stefano a riproporre nuove rappresentazioni. E’ allora che viene
fuori la seconda figura chiave del
teatro bolognese, Bruno Lanzarini, che non potendo, per faccende
di diritti d’autore, recitare le commedie
di Testoni andò in
cerca di nuovi autori
e di nuovi attori, tra
cui Arrigo Lucchini, la moglie Clara, il
maestro Luigi Miglari
e tanti altri. Insieme
scrissero due riviste
musicali, tra cui “Bàn
mo dabòn”, che ebbe
un grandissimo successo al Duse, poi
però Lanzarini venne
ingaggiato da Strehler per fare Balanzone nel suo “Arlecchino” e iniziò a
girare il mondo lasciando campo
libero agli altri. E siamo al 1964,
quando Lucchini decide di mettersi in proprio e fonda una sua
compagnia, il Teàter Bulgnàis».
E da qui parte la storia di quella
che oggi è la Compagnia Lucchini…
5
Intervista ad Annamaria Lucchini
«Esatto, e all’inizio si faceva tutto
in famiglia. Mi ricordo ancora che
mio zio era lo scenografo, c’era
mio nonno Armando, che era un
vecchio attore del Corso e che
forse qualcuno ricorderà come il
vecchietto all’inizio di “Hanno rubato un tram” con Fabrizi, mentre
io facevo la Repubblica di San
Marino con la fascia azzurra al
collo. Poi abbiamo ingranato: nel
1982 fu Lucchini il primo a portare
il teatro dialettale bolognese agli
Alemanni, lavorava tantissimo. La
sua base era il Teatro Capitolino,
sotto al Cinema Capitol, dove nel
tempo sono nati tanti personaggi
come Gigi e Andrea, mentre d’estate ci si spostava all’Arena Puccini».
«Ora - aggiunge Amadei - stiamo
ricatalogando l’archivio di Lucchini perché tra diciotto mesi cadono i cento anni della sua nascita, ma
soprattutto per fare
capire
veramente che personalità
fosse. Basti pensare che non volle
mai passare al professionismo, altrimenti avrebbe fatto
le scarpe a Garinei
e Giovannini. Era
uno degli autori de
“Al Pavaglàn” alla radio, e a fine
anni ’70, su Video Bologna, fece
il primo talk show bolognese con
un giovane Giorgio Comaschi,
Quinto Ferrari, Dino Sarti, Valeria
6
Moriconi e Raul Grassilli. Aveva
capito come veicolare sul Carlino
Sera la tradizione bolognese con
la rubrica “Bèn mo dabòn”, scriveva poesie su vari argomenti,
dal Carnevale allo sport, canzoni
e canzonette comiche, zirudelle.
Era davvero una figura d’artista a
tutto tondo».
«Dopo la morte di Lucchini nel
1984 - prosegue Annamaria la compagnia ha preso il suo
nome, e a settembre sono caduti
i trent’anni dalla sua scomparsa.
Nel frattempo erano nate altre
compagnie di teatro dialettale,
come quella di Romano Danielli
e altre. Era un’epoca diversa, gli
attori erano più disponibili, il pubblico masticava maggiormente
il dialetto, mentre oggi devi leggermente italianizzare i testi, e
diventa un po’ un genere, come
la lirica o il balletto.
Il fatto è che il dialetto è una specie
di codice grazie al
quale chi si siede in
platea si sente parte di una comunità:
così si spiegano i
fenomeni editoriali
di gente come Luigi
Lepri, Roberto Serra
e Daniele Vitali, un
vero e proprio revival quando fino a poco tempo
prima il dialetto era bistrattato
come la lingua dei vecchi o degli
ignoranti».
Ma cosa significa, oggi, fare teatro dialettale a Bologna?
«Oggi - spiega Amadei - il punto
è scegliere come farlo il teatro
dialettale bolognese, se farlo per
sentito dire, tipo si è sempre fatto
così, oppure con cose che proponiamo a rotazione, quindi da
volta a volta cambiano gli attori e
quindi cambia sempre l’ambizione di raccontare un pezzo di città,
un aspetto, una tradizione. Come
compagnia Lucchini abbiamo un
repertorio, ma qualcosa bisogna
sempre adattarla, bisogna vedere di aggiungere qualcosa a una
prassi che altrimenti rischia di
venire sottovalutata, anche dalle
istituzioni, soprattutto per la natura amatoriale e facilona del teatro
dialettale bolognese, che una volta era poco curato tanto il pubblico veniva lo stesso. Quindi quello
che facciamo è puntare su scelte
di qualità sia sul repertorio sia su
come mettere in scena l’opera. Io
credo che un copione debba essere interpretato più che recitato,
a volte devi cambiare una frase
perché quelle originali magari il
pubblico non le comprende più,
anche a costo di tradire la filologia originale dell’autore. Quindi
ostinatamente noi cerchiamo di
dare qualcosa in più».
«Come compagnia - aggiunge
Annamaria - il nostro lavoro è
portare avanti il lavoro di Lucchini, curare il suo archivio che include manoscritti dell’800 portatigli
da Ines Ciaschetti con opere dei
maggiori autori, da Badini a Sarti. Adesso faremo un fondo, una
sorta di contenitore che serva da
punto di riferimento. Come si fa
oggi teatro dialettale bolognese?
Prendendo coscienza dagli studi
fatti da Lucchini e dalla moglie,
dall’esperienza dei grandi attori ancora vivi, guardando però al
futuro».
Ma il pubblico risponde?
«Il pubblico è basato sugli afecionados, gente che segue il genere
dagli anni 60, ci sarebbe necessità
di rinfrescarlo. Anche nei copioni
serve gente che faccia la parte dei
giovanotti. Fuori dal palco, specie
grazie ad Annamaria, c’è un forte
spirito di gruppo riconosciuto anche dai tecnici dei vari teatri per la
nostra organizzazione nella scenografia, la collaborazione, una
sorta di grande famiglia che fa
quello che fa non per soldi».
«Con le scuole - aggiunge Annamaria - si lavora poco, ormai
ti trovi davanti scolaresche che
non capiscono bene nemmeno
l’italiano, figurarsi il dialetto. Oggi
è chiaro che il pubblico classico
invecchia, quindi devi proporti in
maniera diversa, per avvicinarsi
a un pubblico diverso, stimolando la curiosità per una vita che
non c’è più. Spesso molti che
inizialmente snobbano il teatro
dialettale bolognese quando lo
conoscono bene ritornano. Bisogna curare il dettaglio e la tecnica interpretativa. Questo con noi
è possibile perché gran parte dei
nostri testi è di ambientazione
storica, perché fare personaggi
odierni che parlano tutti in bolognese sarebbe impossibile, nessuno aspetta più un telegramma,
nessuno ha più la serva in casa
che parla dialetto. Questo vuol
dire che la commedia la devi contestualizzare cronologicamente,
e quindi costumi, musica, devono essere di conseguenza. Quello che deve restare intonso è lo
spirito dell’opera, però è molto un
lavoro di codici perché mi pare
che oggi nell’ambiente della bolognesità si vada molto avanti per
sentito dire. Bisognerebbe creare
una scuola non tanto per scrivere
nuove commedie, ma per studiare quelle esistenti e imparare a
interpretarle secondo la propria
realtà quotidiana».
Quindi possiamo dire che il teatro dialettale bolognese è vivo e
vegeto?
«Se io faccio teatro dialettale
adesso - conclude Amadei - lo
faccio perché mi porto dietro un
bagaglio culturale e di esperienza
nel teatro classico. Ma nel momento in cui la proloco di Casalecchio ci contatta a maggio per
la festa dei sapori curiosi il 2 giugno per la commedia “Qual ch’l’ha
inventè al turtlèn”, noi diventiamo
matti per uscire dal nostro repertorio, a trovare i costumi settecenteschi, ad adattare il dialetto
in italiano per un pubblico generico. Tutto questo in due settimane.
Ci sono personaggi come Balanzone che parlano sia in bolognese
che in italiano. Per non parlare del
legame con i burattini: Sganappino venne inventato da Augusto
Galli, Danielli faceva il burattinaio,
anche Presini, Bertoni, è chiaro
che la parlata bolognese è stata
mantenuta anche come parlata dei burattini, ancora oggi con
Foschi e Pazzaglia. Come con la
canzone di Carpani: il dialetto è
ancora vivo in tutte queste cose,
e Vitali è stato eccezionale nel
codificare la scrittura del dialetto come lo si pronuncia. Bisogna
fare in modo che il dialetto risulti
sempre contemporaneo, tra palco e platea ci deve essere sempre
un dialogo, quindi è necessario un
codice, compreso e riconosciuto
da tutti».
7
Anniversari
40
anni
Calzoni Paolo
Negroni Francesco
Giardina Pasquale
Zarantonello Sauro
Malaguti Alessandro
Ge 08
Bo 97
Pv 07
Fi 02
Pi 09
30
anni
Amici Andrea
Tartaglia Marco
Piccinelli Stefano
Rossi Flavio
Castrechino Laura
Antoni Silvano
Co 14
Fi 15
Ro 07
Lo 02
Fi 20
Ve 09
25
anni
Bollini Mauro
Prendin Marco
Masi Gianluca
Sforza Roberto
8
Ve 16
Lo 20
Pi 13
Bo 03
20
anni
Musiani Carlo
Plachino Salvatore
Scapoli Roberto
Bianchini Lucio
Rocca Tiziano
Basalti Tiberio
Dall'olio Tiberio
Ferri Daniele
Ghibellini Fabio
Gianantoni Andrea
Grillini Davide
Lippi Pierluigi
Mingarini Rubens
Pancaldi Gian Luca
Cicognani Sergio
Domenicali Giovanni
Ferrari Franco
Franci Luciano
Furini Giuseppe
Ghini Roberto
Molinazzi Sergio
Monti Stefano
Romagnoli Floriano
Sillieri Stefano
Viotto Fortunato
Ziosi Gabriele
Saguatti Massimo
Salmi Fausto
Burato Marco
Ud 08
Fi 03
Ro 01
Bo 08
Mi 20
Ce 17
Ud 13
Na 07
Mi 16
Ro 08
Lo 09
Ce 14
Ce 13
Pm 20
Bo 01
Bo 11
At 13
To 08
Lu 10
Ra 19
Ce 19
Ro 02
Ra 13
Ro 04
Vi 08
Ba 04
Lu 16
Ud 10
Bo 04
Intervista al Presidente Riccardo Carboni
BUON
NATALE
nonostante tutto!
Di anni difficili ne abbiamo passati diversi, anzi ultimamente
ricordarsi un anno in cui tutto sia filato liscio senza dover
essere stati costretti ad affrontare
un qualche tipo di rogna risulta
impossibile.
Il 2014 però è sicuramente in
testa alla classifica degli anni
neri, almeno per i tassisti bolognesi, per cui accogliamo con
favore la sua fine.
Abbiamo affrontato divisioni di
categoria, fatto discussioni infinite sulle tariffe, lavorato in una
città martoriata da cantieri che
ha messo a dura prova il nostro
sistema nervoso, subito l’aumento costante degli abusivi,
certificato il fatto che possiamo
contare solo sulle nostre forze
per qualunque problema, e infine subito anche una serie infinita
di controlli sulle dichiarazioni dei
redditi.
Insomma è stato un vero e proprio anno da dimenticare, l’augurio a tutti i nostri soci è quello
di passare un sereno 2015, non
importa che sia meraviglioso o
mirabolante, ma speriamo almeno che possa essere un anno
senza problemi, in cui non vengano messe in discussione le
poche certezze che abbiamo, e
che nella peggiore delle ipotesi possa essere ricordato come
un anno monotono, forse non
sarà un grande augurio ma visto
da dove partiamo credo che di
questo ci sia bisogno.
Auguri a tutti
Riccardo Carboni
Presidente Cotabo
e da tutto il CDA
9
Informazioni ai Soci
Tablet a bordo e un’app per le
chiamate: comincia l’era del taxi 2.0
Cotabo ha presentato il nuovo sistema
nell’auditorium di Telecom Italia
I taxi a Bologna diventano 2.0 con il tablet a bordo e l’app
per le chiamate. E provano anche a rivoluzionare il panorama
italiano, esportando la gestione informatica delle corse.
Alla presenza delle cooperative
di trasporto persone di tutto il
Paese, Cotabo ha messo oggi in
mostra il suo sistema “Smartaxi”, con un convegno a Bologna
nell’auditorium di Telecom Italia,
che è partner del progetto insieme a Ingenico e alla spagnola
Taxitronic.
“Dietro c’è molto lavoro - commenta in una nota il presidente
di Cotabo, Riccardo Carboni tanta intelligenza e creatività
e sistemi tecnologici avanzati.
Smartaxi è il nostro fiore all’occhiello, frutto di anni di lavoro.
É un sistema che non può essere considerato solo come un’in-
10
novazione tecnologica, perché
è destinato a rivoluzionare il
settore del trasporto persone
dal punto di vista dell’offerta”.
Smartaxi potrà essere adottata
da tutte le cooperative di trasporto interessate. Le centrali radio taxi maggiori potranno
gestire i servizi di assegnazione
delle corse in altri territori dove,
per problemi di dimensione o di
costo, non è garantito un servizio efficiente o sulle 24 ore.
La gestione con Smartaxi può
avvenire anche solo in alcune
fasce orarie, ad esempio di notte, e riduce i costi fissi.
“Con le potenzialità di questo sistema - sottolinea Marco Benni,
direttore generale di Cotabo non è difficile immaginare che
nei prossimi anni il dispatching
delle corse potrà essere gestito da pochi punti sul territorio
nazionale. Non è più necessario
che ogni cooperativa o società
abbia la sua centrale radio taxi:
quel servizio potrà essere fornito, non in competizione ma
in collaborazione, da un operatore specializzato in modo più
efficiente di quanto possa fare,
ad esempio, una piccola realtà
cooperativa”.
Un taxi Cotabo
può salvarti la vita
Presentato il progetto per l’installazione
di defibrillatori a bordo
C
otabo sceglie la strada
della sicurezza e della prevenzione per migliorare la
salute dei passeggeri dei suoi
taxi. Per questo la cooperativa
tassisti bolognesi ha aderito alla
campagna di sensibilizzazione “Pronti a salvare una vita?”
promossa da Iredeem-Philips
per l’utilizzo sui luoghi di lavoro
e a bordo dei mezzi di trasporto pubblici, avviando un progetto di collaborazione con il 118.
L’obiettivo finale è quello di dotare una quindicina di taxi di un
defibrillatore di ultima genera-
zione, il Philips HeartStart FRx,
estremamente facile e intuitivo
da utilizzare, dotato di trasmissione dati wireless e attivatore
pediatrico, fornendo quindi nel
contempo ai tassisti una completa e corretta istruzione sul
loro impiego. E a gennaio in Comune, alla presenza del sindaco
Virginio Merola e dell’assessore alla Sanità Luca Rizzo Nervo,
saranno presentati i primi otto
tassisti “addestrati” all’impiego
dei defibrillatori, cui presto andranno ad aggiungersene altri.
La presenza dei defibrillatori sarà
segnalata da apposite indicazioni sulle fiancate dei taxi, in modo
che il passeggero sia correttamente informato.
Forniti da Iredeem-Philips, i
defibrillatori HeartStart rappresentano l’ultima frontiera nel
campo del pronto soccorso grazie a innovazioni tecnologiche
pensate per il trattamento della
causa più comune dell’arresto
cardiaco improvviso. Sono progettati per una facile predisposizione e un semplice utilizzo e per
offrire solidità e affidabilità a coloro che per primi prestano soccorso. Sul luogo dell’incidente
con le forze dell’ordine, in occasione di eventi sportivi giovanili
o sul posto di lavoro, il defibrillatore FRx è la soluzione ideale
per il trattamento dell’arresto
cardiaco improvviso in ambienti e in condizioni inadatti per gli
altri defibrillatori.
11
Informazioni ai Soci
Sicurezza nel weekend:
arriva il taxi della “movida” notturna,
quota fissa 3 euro
Con tre euro, famiglie e ragazzi
godranno di parecchia sicurezza e tranquillità in più. A tanto
ammonta il prezzo della corsa
in taxi che i giovani sanlazzaresi tra 18 e 29 anni potranno
pagare per spostarsi nelle sere
del fine settimana tra il centro
di Bologna e la piazza principale
della città.
L’opportunità è frutto della convenzione, già attiva, che il Comune di piazza Bracci ha firmato con
la cooperativa taxisti Cotabo, accollandosi 17 euro su 20 del costo normale di un trasporto.
Nel 2012, con modalità analoghe,
erano stati incentivati gli spostamenti tra la località Trappolone, capoluogo, e Usl per tutte le
fasce d’età; ora, lo stesso mezzo
funziona per i giovani in via sperimentale anche da Bologna, fino
al 31 dicembre 2014. Con questa
novità, l’Amministrazione intende
favorire la sicurezza delle notti di
‘movida’ preferenzialmente per la
propria popolazione ‘under’.
Per usufruirne, è sufficiente che i
residenti di San Lazzaro compresi nella fascia 18-29 anni provvedano a iscriversi presso il Comune in un’apposita lista, ottenendo
una tessera identificativa d’adesione. Il servizio punto-a-punto
sarà attivo il venerdì e il sabato
notte dall’1.30 alle 5.00, tra il posteggio taxi di piazza Aldrovandi
o piazza della Mercanzia (Bologna) fino a piazza Bracci di San
Lazzaro di Savena.
Nel momento del bisogno, gli
utenti registrati dovranno richiedere un “passaggio” alla centrale Cotabo con anticipo di un’ora,
comunicare il proprio “codice
convenzione”, e una volta a bordo esibire il tesserino di riconoscimento.
Le corse potranno prolungarsi
senza problemi fino ad una qualsiasi destinazione nel territorio
sanlazzarese, con addebito della
differenza a carico del cliente.
È ammesso anche l’uso collettivo tra convenzionati, e di conseguenza si potrà pagare ancor
meno di 3 euro.
Secondo il sindaco Isabella Conti, titolare della delega alla Mobilità, «si tratta di una novità
importante, che abbiamo cercato
di offrire ai nostri giovani cittadini
e crediamo possa rivelarsi molto
utile». “Il taxi a chiamata lo abbiamo già testato con le frazioni, ma
si poteva fare di più - approfondisce - e quindi sperimentiamo
fino alla fine dell’anno la tratta
da Bologna a San Lazzaro in una
fascia oraria nella quale anche il
trasporto pubblico è più rado”.
In parallelo viene rinnovato anche il servizio diurno tra la frazione Paleotto-Trappolone, l’Usl
di via della Repubblica e piazza
Bracci: in funzione da lunedì a venerdì dalle 7.00 alle 19.00.
L’iscrizione alla lista dei cittadini convenzionati è aperta fino al
raggiungimento della quota di
impegno economico del Comune.
13
Informazioni ai Soci
Accuse di stupri, rapimenti,
offese, sorveglianza illegale:
il fronte anti uber si allarga
Venerdì sera, una 26enne ha
utilizzato la app del servizio di
taxi online. In auto si è assopita e al risveglio era in un luogo
appartato, dove è stata violentata
dal conducente.
L’uomo è stato arrestato.
“In India lavoriamo con partner
muniti di licenza e sicurezza è
nostra priorità” spiega la portavoce di Uber, Evelyn Tay.
Ma gli inquirenti la smentiscono:
nessun controllo sul profilo del
conducente.
NEW DELHI - Nella sua aggressiva
campagna di espansione nel
mondo, il servizio di taxi online
Uber ha raggiunto anche l’India.
Dove si registra l’ennesima
violenza da parte di un suo
conducente, dopo i tanti casi di
intimidazioni e molestie, fino allo
stupro, riportati dai clienti dagli
Stati Uniti - dove Uber è nato, a
San Francisco - all’Australia.
Dopo l’arresto dell’autista stupratore, le autorità di Nuova Delhi
hanno messo al bando Uber,
come riferisce un comunicato del
dipartimento dei Trasporti della
14
capitale indiana: “Tutti i servizi
di trasporto - si legge - legati al
website www.uber.com sono vietati con effetto immediato”.
Bando scattato perché secondo
le autorità, Uber ha ingannato i
clienti con la promessa di fornire
un servizio “sicuro”.
A Nuova Delhi, la polizia ha arrestato l’autista, accusato da una
donna di 26 anni di averla violentata. Precedentemente identificato in Shiv Kumar Yadav,
32 anni, grazie alle informazioni
fornite alla polizia dalla sua vittima. L’uomo aveva spento il cellulare per non essere rintracciato,
ma è stato localizzato a Mathura, cittadina a nord dello Stato
dell’Uttar Pradesh dove vive e
dove qualche ora prima era stata
ritrovata abbandonata la sua auto
di servizio. L’uomo comparirà in
tribunale a Nuova Delhi lunedì.
Venerdì sera, la giovane, dipendente di una società finanziaria,
aveva chiamato un taxi utilizzando la app di Uber col suo smartphone dopo un evento a Vasant
Vihar, sud della capitale. Secondo
quanto riporta il Press Trust of India, una volta in auto la cliente si è
assopita. Al risveglio, si è ritrovata
ancora nell’auto, parcheggiata in
un luogo appartato. Con il tassista che in breve è passato dalle
minacce allo strupro. Consumata
la violenza, l’uomo ha accompagnato a casa la donna, intimandole di non denunciare l’accaduto. Lei, invece, ha preso nota
della targa e ha anche fotografato
la vettura, ritrovata più tardi.
N.D.R.
Uber non usa taxi, ma auto
blu e quasi sempre senza
alcun titolo autorizzativo,
pertanto abusivi.
È un sistema che sfrutta la
manodopera a basso costo
derivante da persone che oltre
a svolgere l’attività in maniera
illegale non offre nessuna
garanzia all’utilizzatore finale, perché privi di qualsiasi
requisito identificativo (cosa
ben diversa da un taxi con
licenza o auto blu regolare).
Dall’Australia agli Usa, l’azienda di
taxi privati via app è nel pieno della
bufera. Si moltiplicano le testimonianze di violazioni della privacy,
concorrenza sleale e abusi fisici,
mentre i suoi manager ostentano
indifferenza e aggrediscono i giornalisti. Una campagna di boicottaggio invita a disinstallare l’applicazione
San Francisco, rapimenti, violenze
sessuali, clienti aggrediti e malmenati, dipendenti che si fingono
utenti per sbaragliare la concorrenza, fondi neri, sorveglianza
elettronica dei movimenti dei passeggeri, intimidazioni nei confronti
dei dipendenti della concorrenza
e minacce ai giornalisti. Sembra
una pagina presa dalla storia delle
Whiskey War statunitensi della seconda metà dell’ottocento, quando le gang di New York trasformarono Brooklyn in un campo di
battaglia, ma si tratta invece delle
Cab War (la Guerra dei Tassisti) in
corso negli Usa. E Uber, il colosso
della shared economy statunitense che ha messo a soqquadro il
mondo del trasporto privato cittadino, fa la parte del gorilla.
Che Uber fosse un “go getter” un competitore aggressivo - era
un fatto risaputo. Per prendere di
petto l’industria dei taxi in America, occorrono legioni di avvocati
e capitali sostanziosi da investire
in spese legali, ma anche il coraggio di resistere a vere aggressioni da parte di autisti delle varie
compagnie, che non di rado sono
state accusate di colludere con i
mobster - come vengono definiti in gergo i mafiosi. Ma in pochi
si aspettavano che Uber avrebbe combattuto a questo livello,
adottando tattiche che ricordano
periodi storici nei quali le gang
criminali affliggevano gli Usa. E
tante sono le accuse in genere
mosse agli startupper, ma mai
finora di essere dei gangster.
Almeno fino all’arrivo della compagnia fondata da Garrett Camp
and Travis Kalanick.
Lanciata nel 2010 a San Francisco,
in meno di 4 anni la compagnia dei
due starupper ha raggiunto una
valutazione di mercato di quasi 19
miliardi di dollari e correntemente opera in oltre 200 città sparse
in 45 paesi. Ma con il successo e
l’esplosione dei profitti - si parla di
guadagni nell’ordine del miliardo di
dollari l’anno - sono arrivati anche
i dolori di crescita aziendale. Prima
con le accuse di concorrenza sleale
da parte di altri servizi di trasporto
crowdsourcing come Lyft e Sidecar, i cui autisti riferiscono alternativamente o di minacce o di offerte
di premi di ingaggio per cambiare
azienda da parte di dipendenti di
Uber travestiti da passeggeri. Poi
con le rimostranze dei passeggeri
15
Informazioni ai Soci
che, da New York a Los Angeles, e
arrivando alla stessa San Francisco, stanno lamentando un numero crescente di abusi, anche fisici,
da parte degli autisti.
Denunce di violenze sessuali - nei
confronti sopratutto delle viaggiatrici - sembrano essere ormai
all’ordine del giorno. Quelle più
recenti sono avvenute a New York,
a Los Angeles, Orlando, Chicago
e Alexandria. La trama sembra
essere sempre la stessa: la viaggiatrice è giovane, a volte leggermente inebriata. In più di un caso
gli autisti offrono un tour gratuito
della città, concluso con la molestia. A Washington, di recente, un
autista di Uber è stato protagonista di un rapimento con tanto
di gimkana nel traffico e inseguimento poliziesco. Da San Francisco infine arrivano storie di passeggeri aggrediti a martellate e di
scazzottate durante le corse mentre altri passeggeri hanno riportato di esser stati praticamente tirati
fuori dalla macchina per i capelli.
E gli abusi nei confronti dei passeggeri non si limitano solo al livello fisico, sforano anche nell’universo digitale come ha avuto
modo di verificare una ragazza
australiana appena uscita da un
centro per il trattamento dei tumori che aveva avuto l’ardire di cancellare la sua prenotazione. Il suo
telefonino è stato bombardato di
messaggi offensivi dell’autista,
che tra l’altro le ha detto “ti meriti
quello che ti è capitato”.
E a fare spionaggio elettronico
non sono solo gli autisti. I dirigenti
16
dell’azienda hanno addirittura sviluppato un software che hanno
chiamato sintomaticamente “God
View”, sguardo divino, per controllare gli spostamenti dei loro
clienti e delle macchine. Utilizzato
teoricamente solo dai dirigenti per
questioni interne aziendali della
massima importanza, l’esistenza
di God View è stata rivelata per
caso da Josh Mohrer, manager
della piazza di New York, a Johan
Bhuiyan, una giornalista di Buzz
Feed che lo doveva intervistare.
Mohrer, stanco d’aspettarla, aveva fatto ricorso a God View - lo
chiamano così perché offre una
vista dall’alto degli spostamenti
di un telefono sul quale è stata installata l’app di Uber - per capire
com’è che stesse arrivando in ritardo. “Finalmente sei arrivata, è
da un po’ di tempo che seguivo
i tuoi spostamenti sulla nostra
App”, ha sbottato Mohrer quando
ha visto la Bhuiyan, incurante del
fatto che la giornalista ignorava di
esserle monitorata e che non gli
aveva dato alcun permesso. La
scoperta ha ovviamente suscitato
reazioni molto forti, spingendo il
senatore Al Franken a scrivere una
lettera chiedendo spiegazioni ai
dirigenti di Uber. “Le nostre norme
aziendali sono chiare al riguardo,
l’accesso ai dati e il loro uso è
concesso solo ai dirigenti aziendali che abbiano delle ottime
ragioni”, ha fatto sapere un portavoce dell’azienda, smentito immediatamente da due dipendenti
che infatti hanno confermato che
God View è accessibile da tutti gli
addetti dell’azienda.
L’elenco delle rimostranze nei
confronti del trasporto crowdsourcing sta diventando così lungo che di recente C/net, uno dei
maggiori media dell’informazione
tecnologica Usa, si domandava se
fosse sicuro o meno usare Uber,
concludendo che il passeggero si
assume un grosso rischio quando
usa il servizio senza possibilità di
ricorso nei confronti della compagnia. “I passeggeri non sanno in
cosa si stanno cacciando quando
scaricano la app di Uber e chiamano una delle sue macchine”,
ha dichiarato l’avvocato Chris
Dolan dello studio legale Dolan
Lawfirm, che sta rappresentando
la famiglia di una bambina di sei
anni investita ed uccisa da una
macchina di Uber, “Gli stanno
dando carta bianca”.
Secondo Dolan i termini d’uso del
servizio sono cosi ampi che assolvono la compagnia da qualsiasi responsabilità civile e penale
in caso di incidente e di ferite e
le permettono di evitare qualsivoglia responsabilità per le azioni
dei suoi autisti anche in caso di
decesso del passeggero. “Stupro, omicidio: la compagnia può
lavarsene le mani senza nessun
timore”, aggiunge Dolan.
Ma non si tratta solo di semplici
disfunzioni del sistema di assunzioni e di abuso di strumenti elettronici. Secondo PandoDaily, un
seguitissimo blog tecnologico di
Silicon Valley, si tratta di una vera
e propria cultura aziendale. Una
cultura secondo la quale lanciare
una campagna di sabotaggio nei
confronti di altri siti ridesharing
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è normale. Ed è quello che sta
per l’appunto accadendo dall’agosto scorso, quando i media
hanno scoperto che Uber ha organizzato un gruppo di 177 clienti
fantasma, che muniti di svariate
carte di credito e telefoni cellulari
sono incaricati di chiamare macchine della concorrenza per poi
cancellare la prenotazione pochi
minuti prima che queste arrivino
all’indirizzo che gli è stato fornito,
impegnando così gli autisti della competizione a vuoto e spingendo i consumatori che usano il
ridesharing a rivolgersi a Uber, che
nel settore dispone del maggior
numero di autisti. Smascherati dai
giornalisti, i dirigenti di Uber piuttosto che scusarsi e rinunciare alla
campagna hanno rimarcato che la
tecnica è forse troppo aggressiva
e che hanno chiesto ai loro team
di ridurla al minimo, aggiungendo
poi che c’è comunque poco da
lamentarsi visto che Uber paga la
penale per le cancellazioni.
Impudente anche la reazione alle
rivelazioni della stampa secondo
cui per ridurre il suo carico fiscale
Uber ha organizzato una struttura
proprietaria simile a quelle delle scatole cinesi. In tale maniera
maschera i suoi guadagni in un
labirinto di sussidiarie ed affiliate
con sedi sparse in tutto il mondo,
riuscendo così a esportare capitali
nei paradisi fiscali olandesi e delle
Bermuda. Uber sostiene che queste soluzioni sono del tutto legali,
ignorando ovviamente il fatto che
gran parte del suo successo è dovuto alla facilitazioni fiscali di cui
godono le aziende statunitensi
del web e al fatto che il comune di
San Francisco offre una riduzione
sostanziosa delle imposizioni sui
salari e sulle tasse immobiliari alle
aziende hi-tech che come Uber,
decidono di stabilire la propria
sede in città.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso, e che sta scatenando
una vera rivolta nei confronti di
Uber fino al lancio di una campagna nazionale per la cancellazione
dell’applicazione, è arrivata però a
metà novembre a New York dove,
durante una cena organizzata per
migliorare i rapporti con la stampa, il vicepresidente di Uber Emil
Michael ha suggerito che l’azienda avrebbe dovuto spendere un
milione di dollari per assumere
dei ricercatori (leggi investigatori)
che indagassero quelli che lui ha
definito i giornalisti sleazy, squallidi, per tirare fuori un po’ del loro
fango. In altri termini Micahel annunciava l’intenzione di investire
un milione di dollari per intimidire
i giornalisti che stanno criticando l’azienda. In particolare, Sarah
Lacey fondatrice di PandoDaily
che di recente - visti i casi di aggressioni a sfondo sessuale nei
confronti delle donne - aveva accusato Uber di sessismo e misoginia. Dopo che in Francia l’azienda si è associata a un servizio di
escort femminili, ha aggiunto Lacey, lei aveva deciso di cancellare
la app di Uber.
“Quanti segnali dobbiamo ancora ricevere per concludere che
l’azienda non rispetta e non assegna nessun valore alla nostra
sicurezza?”, aveva scritto Lacey,
cancellando immediatamente la
app. Questo aveva spinto Michael
a suggerire che i “ricercatori” assunti da Uber avrebbero scavato
nella vita privata dei giornalisti e
delle loro famiglie (Lacey e i suoi in
questo caso) e una volta scoperto
qualcosa di discutibile lo avrebbero reso immediatamente di dominio pubblico.
“La si dovrebbe ritenere personalmente responsabile di tutte
le donne che seguendo il suo
suggerimento cancelleranno la
nostra app e finiranno coll’essere assalite sessualmente dagli autisti di altre compagnie di
taxi”, aveva rimarcato con rabbia
Michael, salvo poi fare marcia
indietro - sostenendo che s’era trattato di uno sfogo - dopo la
prevedibile tempesta mediatica
scaturita dalle sue dichiarazioni.
Anche Aston Kutcher, che di Uber
è investitore e che era corso
immediatamente a difendere
l’azienda (“che c’è di male ad
investigare i giornalisti?” aveva
scritto), ha dovuto fare immediatamente marcia indietro.
C’è infatti il rischio che non si
trattasse solo di una boutade ma
che si stesse parlando di sviluppi
futuri. Del resto l’incontro, al quale partecipavano anche esponenti
di rilievo della nuova informazione come Arianna Huffington e
attori come Ed Norton, era stato organizzato da Ian Osbourne,
ex assistente del primo ministro
inglese David Cameron, e lo stesso
Michael è da agosto consulente
del Pentagono.
21
Racconti notturni
RACCONTI
NOTTURNI
Nel mezzo del cammin
Francesco Selis (FI01)
Questa volta voglio raccontarvi
una storia davvero straordinaria.
Era una notte di inizio autunno, nel
mezzo del cammin di mia licenza,
cioè dieci anni dopo averla
conseguita e a dieci anni dalla
pensione (... al cielo piacendo),
e mi trovai in una selva oscura.
Dopo aver accompagnato dei
clienti al Park Hotel di Pianoro,
infatti, avevo abbandonato la via
Nazionale e preso una laterale,
per andare a fare pipì indisturbato,
poi, chissà come e perché, la
diritta via avevo smarrita.
Con un bello spavento mi ero
sentito sprofondare nel terreno,
e mi ero ritrovato in mezzo a una
folla di persone che aspettavano
22
la barca numero quattrocento,
per essere trasportate nel primo
girone dell’inferno.
Fu allora che mi venne incontro
un tipo di cui mi sembrava di
conoscere la fisionomia, e che
appariva estremamente a suo
agio in quell’ambiente poco rassicurante.
Mi salutò e mi disse di non
preoccuparmi, che mi avrebbe
accompagnato lui, che aveva un
certo potere.
“Come ti chiami, Virgilio?” mi
venne da chiedergli.
“No” rispose, “Virginio, e qui sono
il primo cittadino.”
“Piacere, Dante, anzi no, quello è
un mio caro collega; il mio nome
è Francesco” risposi dandogli la
mano.
Cominciò così la mia esplorazione
del mondo dei dannati, dove vige
la legge del contrappasso: la
pena a cui sono costretti è una
sorta di vendetta divina per ciò
che hanno commesso in terra.
Non potendo in questa sede
dilungarmi come il sommo poeta,
elencherò brevemente gli incontri
più importanti e significativi che
Virginio mi condusse a fare.
Il primo spettacolo che mi lasciò
stupefatto fu una sterminata
coda di ciclisti, che procedevano,
senza mai potersi fermare, rigorosamente in fila indiana ordinatamente a ridosso del bordo di
una strada lunghissima; la cosa
straordinaria è che tutti avevano
i fanali accesi, sia davanti che
dietro, ed emettevano un potentissimo raggio laser.
Scendendo di un girone, vidi degli
autisti che procedevano, pure
loro senza sosta, alla ricerca di
un indirizzo che non trovavano,
fermandosi a osservare delle
targhe stradali su cui, rispettivamente, compariva l’indicazione
“Via Fanin”, “Via Fantin”, “Via
Fantini” e “Via Fantoni”. Chiesi
lumi a Virginio, che mi spiegò
trattarsi degli addetti alla
toponomastica, quelli che in vita
avevano dato il nome alle strade,
e che comunque non avrebbero
mai potuto trovare l’indirizzo di
destinazione, che era sì la via
Fantini, ma non si trovava in
questo girone, bensì in quello dei
sanlazzaresi.
Ma, di sorpresa in sorpresa,
accompagnato che fui nel terzo
girone, la scena che vidi fu davvero
strana: in una pista d’atletica
c’erano alcuni podisti che
correvano agili, salvo poi rallentare
bruscamente nel trovarsi, di tanto
in tanto, la pista bloccata da
un altissimo sbarramento, che
dovevano superare con l’aiuto
delle braccia. “Questi” mi spiegò
il mio illustre accompagnatore,
“sono coloro che in vita hanno
deciso di sistemare i dossi
stradali dissuasori di velocità, e
gli ostacoli che devono superare
quaggiù sono tanto più alti quanto
lo furono quelli, da loro decisi,
sulle strade dei poveri mortali.”
Non nascondo che provai una
certa soddisfazione nel vederli
così in difficoltà, ma non lasciai
trapelare il mio sentimento.
Che fu, ancora una volta, di
grandissima sorpresa nel girone
successivo.
Qui, come all’inizio della vicenda,
c’era un fiume da superare, ma
questa volta le barche erano
molte, a occhio e croce un
centinaio; sulla fiancata di ogni
barca c’era scritto “gatto” (in
italiano e in inglese: “cat”) e il
loro compito eterno era quello di
trasportare dall’altra parte, senza
chiedere alcun compenso, una
folla di anziani, malati e donne
sole.
Scendendo sempre più verso
il centro della Terra, là nell’ustionante dimora di Satana, un intero
girone mi apparve popolato
da una sola anima dannata;
appena ci scorse, fece un cenno
ossequioso verso la mia guida,
che ricambiò il saluto. Il suo
castigo era davvero penoso: era
infatti costretto a sostenere un
eterno esame pratico di guida per
la patente “B”, su un’automobile
che non riusciva a passare in
strade rese impraticabili da piste
ciclabili in sede propria ai lati,
immense e deserte, e, ancora più
esternamente, da marciapiedi
altrettanto desolati, larghi come
campi da calcio.
“Credo di capire chi sia questo
poveretto” confidai a Virginio:
“porta il nome di un volatile,
vero?”
“Certo” mi rispose: “è il mio bravo
assessore Piccione, incompreso
in vita e ora ingiustamente punito.”
Scendemmo di un altro piano.
Qui la scena che mi aspettava
fu tanto terrificante che ancora
adesso tremo al suo pensiero.
Non feci in tempo a leggere
un cartello con l’enigmatica
indicazione “Via, alla Larga,
Entrate” che, con fare falsamente
gentile, un’anima dannata in
giacca e cravatta mi portò, da
solo, in un ufficio.
Qui, un altro dannato mi chiese
l’ammontare dei miei incassi di
tassista del 2011, e i chilometri
percorsi in quello stesso anno.
Risposi quanto approssimativamente mi ricordavo.
L’interlocutore, impassibile, mi
fissò negli occhi, e poi cominciò
a dire: “Ah, così vero? Bene, bene,
bene... bene, bene, bene...” con
voce sempre più sinistra e un fare
tanto inquietante da crearmi un
progressivo senso di gelo nel cuore.
Fu così che mi svegliai da
quell’incubo di soprassalto, pieno
di angosciosi e ingiusti sensi di
colpa, e con la testa appoggiata
sul volante.
E, dal posteggio Malpighi, uscii a
riveder le stelle.
Racconti notturni
Correre festosi contro la malattia
Francesco Selis (FI01)
Già da alcuni anni sapevo di
una corsa per le strade della
città, denominata (nel solito
inesorabile inglese) “Race for the
cure” ed effettuata nell’ambito di
una tre giorni di manifestazioni,
a sostegno dell’associazione
“Susan G. Komen” che lotta per
prevenire e curare il tumore al
seno.
non sono frequenti, sia per il
particolare significato dell’evento.
Sono rimasto sorpreso, come
dicevo, dalla quantità impressionante di persone che hanno
festosamente invaso i Giardini
Margherita poco prima della
partenza: evidentemente la modesta distanza chilometrica da
percorrere (cinque chilometri) ha
dominato dalle tinte bianche
e rosa delle magliette-ricordo
già indossate da molti (e dallo
stesso colore esibito dalle podiste
aderenti o solidali con le “Donne in
rosa”, quelle che hanno superato
la malattia).
Ciononostante, finalmente usciti
dai Giardini, il primo chilometro
è stato una vera e propria lenta
processione. Al semaforo di Porta
Santo Stefano un taxi della Co.Ta.
Bo. attendeva immobile e paziente
il deflusso di quello straripante
fiume in piena; forte della mia
riconoscibile canottiera sociale,
mi sono avvicinato al finestrino
del collega in servizio dicendogli:
“Coraggio, passerà” e ottenendo
in cambio un ironico sorriso.
Mi era capitato talvolta, in anni
passati, di incrociare gli ultimi
strascichi dell’evento, nei dintorni
dei Giardini Margherita, mentre
tornavo in automobile da qualche
altra corsa podistica amatoriale,
e non avevo avuto modo di
coglierne l’imponenza, come
manifestazione popolare tanto
partecipata.
L’occasione di farne parte anch’io,
il 28 settembre di questo 2014,
me l’ha data l’invito del nostro
Gruppo Podistico: ho accettato
senza esitazione, sia perché le
piacevoli occasioni di ritrovarsi
invogliato anche i meno allenati.
Pure il nostro gruppo ha visto
scalpitare un numero inconsueto
di baldi e scalpitanti uomini e
donne, tutte e tutti indistintamente
“giovani dentro” (ma alcuni anche
anagraficamente, s’intende), nella
capacità di rispondere all’invito
con il giusto stato d’animo festoso,
a cui ha collaborato non poco una
radiosa e calda mattina di sole.
Dopo le rituali foto di gruppo, in
un piccolo drappello abbiamo
cercato di farci largo fra la folla
in attesa della partenza, un
assembramento impressionante
Poi, appena è stato possibile, ci
siamo lanciati al massimo delle
nostre possibilità, vista anche
la distanza breve, per le strade
del centro, le stesse che molti
avevano già solcato di corsa,
ogni volta con atmosfere diverse,
nell’ambito della Strabologna
e della Run Tune Up. E così,
di ritorno presso la tenda di
appoggio del nostro gruppo nei
pressi del Circolo del Tennis, le
endorfine scatenate dall’impegno
fisico hanno completato l’opera,
facendoci ritrovare ancora più
sereni e gioiosi.
24
La parola ai Soci
A Bologna i taxi più cari d’Italia
A
fine giugno per esigenze
personali vado in Sardegna
per un solo giorno.
Atterrato ad Olbia prendo un
taxi per andare a Cannigione
circa 35 km di tragitto. Il taxi è
un Ford Galaxi monovolume ben
tenuto. Uscendo dall’aeroporto
passiamo dalla sbarra pagano
un abbonamento annuale (non
ricordo la cifra) ma non caricano
sul cliente. Sono in 46 taxi senza
radiotaxi non hanno obbligo di
orario, quel giorno ha iniziato alle
5.30 e finiva a mezzanotte. Hanno
l’obbligo dopo 3 giorni di aeroporto
di fare un giorno al porto e in
piazza ad Olbia ma in aeroporto
non possono caricare. La minima
dall’aeroporto è di 15 euro ma con
me è partito da 3,50 euro, i primi
5 km vanno a 2,90 al km dal quinto
al trentacinquesimo 1,90 dal trentacinquesimo in poi 1 euro.
Il notturno è come il nostro come
supplemento ma dalle 22 alle 6
la tariffa cresce del 25% tutto in
automatico sul tassametro in più
cumulano anche il festivo.
Sosta oraria + di 40,00 euro.
Lavorano in pratica 6 mesi
all’anno da maggio ad ottobre gli
altri mesi arrivano all’aeroporto
alle 7.30 caricano verso le 14.30.
Tornando alla mia corsa calcolandola tutta con la nostra tariffa
avrei speso 48 euro la ne ho
spesi 83 e al ritorno mi è venuto
a prendere (non avrebbe potuto)
mi ha fatto 70 col tassametro
spento. Comunque ricordatevi
che come chiunque di noi si è
sentito dire: a Bologna ci sono i
taxi più cari d’Italia.
Musiani Carlo
Udine 8
Alluvione, i taxi portano generi
alimentari a Montoggio e Rossiglione.
Genova - Sono partite da Genova
cinque auto dei tassisti della
Cooperativa Radio Taxi per portare generi alimentari e di prima
necessità alla popolazione e ai
tanti volontari in azione a Montoggio e Rossiglione, comuni gravemente colpiti dall’alluvione.
“Oltre a portare il nostro supporto
ai volontari del centro città - spiega
Stefano Benassi, presidente della
Cooperativa - non abbiamo voluto
far mancare il nostro aiuto anche
alla popolazioni del nostro entroterra.
Nei
prossimi
giorni
continue-remo a dare, nel nostro
piccolo, un concreto contributo
portando acqua e alimenti per
fare fronte alle prime necessità
dei cittadini”.
n.d.r.: tutta la nostra solidarietà
e tutti i nostri complimenti.
25
La parola ai Soci
Report annuale di Careercast
Quali sono i 10 lavori migliori e peggiori del 2014
C
areercast ha pubblicato il
consueto report annuale
sui migliori e peggiori lavori
dell’anno in corso, valutati in base
ad alcuni parametri come il rapporto tra retribuzione e stress, l’ambiente di lavoro e la percentuale
di crescita professionale nel futuro. L’analisi, comprensiva di salari
medi, si riferisce prevalentemente
al mercato del lavoro statunitense,
ma invia un segnale importante
anche in un contesto internazionale. Non stupisce, ad esempio,
la crescita del settore sanitario,
che sarà uno tra le più importanti
aree professionali a crescere nei
prossimi anni, con una domanda
sempre più crescente di medici e
infermieri. Tuttavia figurano anche
alcune sorprese e professioni che
probabilmente pochissimi tra noi
conosceranno. Andiamo a scoprire i lavori migliori e peggiori del
2014 secondo il report Job Rated
di Carrecast.
26
Chi penserebbe che una laurea
in Matematica possa essere una
delle più spendibili del mondo e
che, in questo 2014 ma anche nei
prossimi anni, possa sbocciare in
un tripudio di possibilità e carriera? Insegnare, fare ricerca, lavorare per enti statistici e collaborare
con professori universitari sono
solo alcune delle tante opzioni che
un laureato in Matematica ha davanti a sé e che, grazie anche alla
bassa concorrenza, darà luogo a
una vastità di impieghi e lavori altamente soddisfacenti.
È quello che sostiene il portale
web Career Cast che ha stilato,
grazie alle statistiche e dati del sito
web del Bureau of Labor Statistics
(organizzazione governativa che
studia la situazione economica
e lavorativa degli Stati Uniti), una
classifica delle dieci migliori occupazioni del 2014 affiancata alla
lista dei dieci peggiori impieghi del
2014.
I dati, sui quali si basa la classifica dei migliori e peggiori lavori
del 2014, sono stati raccolti in un
contesto più che altro statunitense ma non sono del tutto estranei
alla situazione europea e si basano principalmente su di una serie
di parametri come le sfide e le ricompense di carriera, l’uso che
una professione fa delle tecnologie, l’ambiente di lavoro, lo stipendio e - ovviamente - l’offerta e la
domanda di una determinata professione in un definito lasso temporale. Considerati quindi questi
criteri, Career Cast ha stilato una
classifica che prende in esame
duecento professioni diverse e qui
riportiamo le dieci migliori e le dieci peggiori.
Quali sono i migliori lavori
del 2014?
•Matematico
• Professore universitario
• Esperto di statistica
•Attuario
•Otorino
• Igienista dentale
• Sviluppatore software
• Analista sistemi operativi
•Fisioterapista
•Logopedista
La matematica e la statistica hanno moltissime applicazioni nel
mondo lavorativo e anche in ambiti che non ci immagineremmo
come, ad esempio, lo sport dove
l’analisi di alcuni dati è fondamentale per l’evoluzione di una squadra, di una disciplina sportiva e di
tutto l’apparato informativo che
ne consegue. Sanità e tecnologia,
d’altra parte, sono tra i settori più
forti nonostante le turbolenze economiche degli Stati Uniti quanto
dell’Europa e igienisti dentali, audiologi o anche logopedisti vengono visti come campi lavorativi dalle grosse prospettive e che, grazie
all’alta domanda e alla bassa percentuale di specialisti del settore,
diventano professioni piuttosto
richieste e ricche di soddisfazioni
(lavorative e monetarie).
Quali sono i peggiori posti
di lavoro del 2014?
Come Careercast ci tiene a precisare, l’analisi dei lavori migliori
e peggiori dell’anno assume un
semplice carattere di curiosità.
Non è detto, ad esempio, che chi
ricopre un mestiere che compare
nella classifica che pubblicheremo qui di seguito, stia realmente facendo il lavoro peggiore del
mondo. L’analisi viene proposta
solo a carattere informativo, valutata in base a diversi parametri. Su
alcune professioni, ad esempio,
possiamo trovarci assolutamente
d’accordo. Scopriamo i peggiori
posti di lavoro del 2014 secondo
Careercast.
•Taglialegna
•Reporter
• Personale militare arruolato
•Tassista
• Giornalista radiofonico
•Capocuoco
• Assistente di volo
•Spazzino
• Vigile del fuoco
• Guardia carceraria
Quindi, a guardare questa classifica, sembra proprio che chi sia
alla ricerca di un lavoro nel mondo
dell’informazione standard (reporter, giornalista o annunciatore
radio) o nel settore dell’abbattimento degli alberi non avrà forse
molta fortuna e soddisfazioni. I
giornalisti e reporter sembrano
infatti essere stati sostituiti dal
web e dai professionisti della comunicazione online, mentre, per
quello che riguarda i tagliaboschi,
i macchinari specializzati sembrano averli rimpiazzati da tempo.
Non bene nemmeno per i cuochi
o le professioni del sociale e del
pubblico come poliziotti, pompieri
o spazzini che, per via delle poche
prospettive di carriera, del basso
stipendio e dell’ambiente di lavoro
sono anch’esse annoverate tra le
dieci peggiori professioni del 2014.
Salvatore Vrenna
Vicepresidente Co.Ta.Bo.
Sarà il traffico... sarà la politica...
sarà la TV, ma sono tutti arrabbiati,
pochi gentili e sorridenti.
Quando ne incontri uno pensi:
da che pianeta viene?
Visto che indossa il camice bianco
apprendo essere il Direttore Reparto Unità Coronarica Stefano
Urbinati, alte capacità, grande
umanità, con semplici parole
spiega ai propri pazienti la
diagnosi, senza controllare l’orario
e con costo prestazione con
elettrocardiogramma euro 130 da
pagare al cup.
Merita l’oscar... oscar con premio
annuale da proporre anche a quei
tassisti che scendono, aprono
lo sportello e aiutano gli anziani.
Umiltà e gentilezza ripagano
sempre te e la tua cooperativa...
proposta che farò al nuovo
assessore alla sanità per tutelare
gli anziani...
Buone feste a tutti
Franca Boninsegna
27
La parola ai Soci
Vacanze a Cuba
Estate 2014
D
40 dollari al giorno, e per il vitto e
l’alloggio lui si arrangia. Benzina in
entrambi i casi ovviamente a parte.
D’altronde il costo delle auto a
noleggio è veramente importante
(80 dollari al giorno) mentre il costo dell’autista, e la sua auto, è di
Bisogna tenere presente che da
solo poco più di due anni, cioè da
quando c’è Raul Castro al potere, c’è stata una
apertura parziale
all’iniziativa
privata, e chi ha
una attività, che
sia una abitazione, un taxi o un
negozio etc, pagando le tasse
può lavorare per
conto
proprio:
tutto ciò che è
iniziativa privata
si chiama “particular”. Nel caso
che a noi interessa, cioè il servizio
pubblico, ho cercato di indagare. A
Cuba esistono i taxi regolari gesti-
opo una lunga organizzazione, con la mia famiglia
decidiamo di andare in vacanza a Cuba. Una vacanza decisamente low cost dove oltre al biglietto aereo avevamo solamente
contattato via internet un autista
da tenere a nostra disposizione
per una decina di
giorni in quanto i
trasferimenti da
una città all’altra
possono essere
problematici sia
per la mancanza della cartellonistica stradale
che per la condizione delle strade.
28
ti direttamente dallo Stato, che si
chiamano “Cubataxi” colorati generalmente nerogialli o gialli, che
vengono affittati da chi ha i requisiti (uguali ai nostri: abilitazione,
patente adeguata, casellario pulito, il tutto sottoposto a controllo
annuale e spesso sulla strada da
parte della polizia). L’affitto è giornaliero, più o meno come succede
negli Stati Uniti, il tassista va nella
rimessa e affitta il taxi.
A fine giornata il 50% di quello che
segna il tassametro va allo Stato.
Ovviamente succede che nei Cubataxi il tassametro cercano di
usarlo il meno possibile e il prezzo
si contratta. Diverso il discorso del
“taxi particular” che ho contattato
io. Di fatto, nonostante la civetta
taxi sul tetto, è un noleggio e non
ha il tassametro.
L’autista mi ha raccontato che era
20 anni che faceva quel mestiere da abusivo e solo da 2 anni lo
Stato li ha regolarizzati tutti, prendendo per le tasse 40 dollari fissi
al mese (a Cuba c’è la parità fra
dollaro e la moneta locale per i turisti), indipendentemente da quanto lavorano.
Anzi al loro interno c’era tensione in quanto lo stato ventilava di
chiedere ulteriori 300 dollari una
tantum a fine estate. Però con-
siderando che lo stipendio di un
dipendente statale, cioè il 50% dei
lavoratori cubani, dal medico al
poliziotto all’insegnante è di 40/50
dollari al mese, chi ha una attività
in proprio e ha voglia di lavorare
sta decisamente bene.
Comunque la scelta di avere un
autista a disposizione è stata vincente, in quanto l’autista si è rivelato molto professionale, ed oltre
a non avere avuto mai problemi
ci ha fatto alloggiare nel percorso
che avevamo stabilito in buone
“case particular” di sua conoscenza, dove lui sicuramente aveva la
sua percentuale, ma lì d’altronde
tutto funziona così.
In conclusione una bellissima vacanza in un posto meraviglioso e
pieno di contraddizioni, è pur sempre una dittatura, ma dove tutti
hanno accesso alla scuola, alla
sanità e alla previdenza sociale, e
dove nessuno muore di fame.
Tiberio Basalti
CE 17
29
Gruppo preghiera
ALLA RICERCA DELLA
BUONA NOTIZIA:
L’uomo al centro dell’Europa
Q
ualche tempo fa, quando
un gelato costava molto
meno di oggi, un bambino
di dieci anni entrò in un bar
e si sedette al tavolino. Una
cameriera gli portò un bicchiere
d’acqua. “Quanto costa un gelato
Solero?” chiese il bambino. “Un
euro” rispose la cameriera. Il
bambino prese delle monete
dalla tasca e cominciò a contarle.
“Bene, e quanto costa invece
un gelato semplice?” In quel
momento c’erano altre persone
che aspettavano e la cameriera
cominciava un po’ a perdere
la pazienza. “80 centesimi!” gli
rispose in maniera brusca. Il
bambino contò le monete ancora
una volta e disse: “Allora mi porti
un gelato semplice!” La cameriera
gli portò il gelato e il conto. Il
bambino finì il suo gelato, pagò il
30
conto alla cassa e uscì. Quando
la cameriera tornò al tavolo
per pulirlo cominciò a piangere
perché lì, ad un angolo del piatto,
c’erano 20 centesimi di mancia
per lei.
Amici
taxisti,
colleghi
nel
lavoro e fratelli nella fede,
…l’attenzione all’uomo… Anche
noi ridimensioniamo tutte le
cose della nostra vita, pure
importanti, alla luce del bene dei
figli… della nostra famiglia… dei
nostri amici… e per avere questo
inseguiamo il bene della nostra
città… della nostra Italia… della
nostra Europa… della nostra
amata Terra…
Ma per far questo bisogna
riportare al centro dei valori
la persona umana… come ha
sottolineato l’umile uomo di Dio,
Papa Francesco, nella visita al
Parlamento europeo e al Consiglio
d’Europa a Strasburgo:
L’Europa è una “famiglia di popoli”
chiamata a prendersi cura “della
fragilità dei popoli e delle persone”,
a lavorare per dare “dignità”
all’uomo in quanto “persona” e
non come “soggetto economico”.
Vi esorto a rifiutare la “cultura
dello scarto” e quegli stili di vita di
“un’opulenza ormai insostenibile”
e “indifferente” specie verso i più
poveri, e a creare le condizioni per
il lavoro, la difesa della famiglia e
dell’ambiente.
I Padri fondatori hanno pensato
un’Europa su valori concreti:
dignità dell’uomo, solidarietà,
sussidiarietà:
Effettivamente
quale dignità esiste quando
manca la possibilità di esprimere
AVVISO IMPORTANTE:
Amici colleghi, il Gruppo di Preghiera S. Paolo, costituito tra i taxisti COTABO sensibili ai valori dello
spirito, si ritrova ogni primo Martedì del mese: ci incontreremo nella Sala riunioni COTABO alle ore
14.30, con l’opportunità di momenti di riflessione e di preghiera: preghiamo insieme il Rosario, quindi
segue una riflessione-confronto su temi religiosi.
L’invito è cordialmente esteso a tutti i colleghi taxisti! Questo nostro Gruppo, in piena comunione con
la Chiesa in Bologna, è assistito dalle Suore Missionarie del Lavoro e da Alberto Manni.
Per contatti e informazioni:
Pietro Bianco (LUCCA 4) - cell. 347.6964788
liberamente il proprio pensiero o
di professare senza costrizione
la propria fede religiosa? Quale
dignità è possibile senza una
cornice giuridica chiara, che limiti
il dominio della forza e faccia
prevalere la legge sulla tirannia
del potere? Quale dignità può
mai avere un uomo o una donna
fatto oggetto di ogni genere di
discriminazione? Quale dignità
potrà mai trovare una persona
che non ha il cibo o il minimo
essenziale per vivere e, peggio
ancora, che non ha il lavoro che lo
unge di dignità?
Si constata con rammarico un
prevalere delle questioni tecniche
ed economiche al centro del
dibattito politico, a scapito di
un
autentico
orientamento
antropologico. L’essere umano
rischia di essere ridotto a semplice
ingranaggio di un meccanismo
che lo tratta alla stregua di un
bene di consumo da utilizzare,
così che - lo notiamo purtroppo
spesso - quando la vita non è
funzionale a tale meccanismo
viene scartata senza troppe
remore, come nel caso dei malati,
dei malati terminali, degli anziani
abbandonati e senza cura, o dei
bambini uccisi prima di nascere.
Sul lavoro chiedo di coniugare
flessibilità del mercato con
stabilità
e
certezza
delle
prospettive
lavorative.
Sulle
migrazioni
chiedo
politiche
corrette, coraggiose, concrete
e non di interesse. Ma chiedo
anche considerazione per la
famiglia, rispetto per l’ambiente,
per il creato, facendo appello alla
“creatività europea” da alimentare,
puntando
sull’educazione
e
la formazione, e valorizzando
le scoperte nuove sulle fonti
alternative di energia.
Non
ci
può
essere
“l’assolutizzazione della tecnica”,
la vita umana “oggetto di scambio
o di smercio”, il Mare Mediterraneo
ridotto a un cimitero. Non si può
tollerare che milioni di persone
nel mondo muoiano di fame,
mentre tonnellate di derrate
alimentari vengono scartate
ogni giorno dalle nostre tavole.
Le
persecuzioni
colpiscono
quotidianamente le minoranze
religiose e particolarmente quelle
cristiane in più paesi. Persone
schiave,
uccise,
decapitate,
crocefisse e bruciate vive. Avviene
sotto il silenzio vergognoso e
complice di tanti.
Un’Europa che non è più capace
di aprirsi alla dimensione
31
Gruppo preghiera
trascendente
della
vita
è
un’Europa che lentamente rischia
di perdere la propria anima e
anche quello spirito umanistico
che pure ama e difende: le fonti
lontane che vengono dalla
Grecia e da Roma, da substrati
celtici, germanici e slavi e dal
Cristianesimo che li ha plasmati.
Tutto ciò sta in duemila anni di
rapporto tra territorio europeo
e cristianesimo. Una storia non
priva di conflitti e di errori, anche
di peccati, ma sempre animata
dal desiderio di costruire per il
bene. Dunque vi invito a non avere
paura del cristianesimo:
In
questo
senso
ritengo
fondamentale
non
solo
il
patrimonio che il cristianesimo
ha lasciato nel passato alla
formazione socioculturale del
continente, bensì soprattutto il
contributo che intende dare oggi
e nel futuro alla sua crescita.
Tale contributo non costituisce
un pericolo per la laicità degli
Stati e per l’indipendenza delle
istituzioni dell’Unione, bensì un
arricchimento.
32
E Papa Francesco, interrotto
tredici volte dall’applauso dei
presenti, afferma con decisione:
Sono sicuro che un’Europa
che sia in grado di fare tesoro
delle proprie radici religiose,
sapendone cogliere ricchezza e
potenzialità, possa essere anche
più facilmente immune dai tanti
estremismi che dilagano nel
mondo odierno.
E questa famiglia di popoli
potrà sentire vicine le istituzioni
dell’Unione se esse sapranno
sapientemente coniugare l’ideale
dell’unità cui si anela, alla diversità
propria di ciascuno, valorizzando
le singole tradizioni; prendendo
coscienza della sua storia e delle
sue radici; liberandosi dalle tante
manipolazioni e dalle tante fobie.
Mettere al centro la persona
umana significa anzitutto lasciare
che essa esprima liberamente
il proprio volto e la propria
creatività, sia a livello di singolo
che di popolo”.
Al Parlamento europeo Papa
Francesco lascia l’immagine
ricordata dell’affresco di Raffaello
dedicato alla Scuola di Atene:
con Platone che guarda al cielo e
Aristotele che guarda alla terra. E
invoca “un’Europa, che contempla
il cielo, persegue degli ideali;
guarda, difende e tutela l’uomo;
cammina sulla terra sicura e
salda”.
Anche una piccola rappresentanza
di noi taxisti di Bologna ha avuto
la gioia di incontrare Papa
Francesco in udienza a Roma lo
scorso 24 settembre. Ricordiamo
anche che ai primi di Novembre,
nei giorni in cui il cristiano fa
memoria dei propri cari, noi taxisti
ci siamo trovati a Villa Pallavicini
dove Mons. Allori ha celebrato la
S. Messa in memoria dei nostri
colleghi e parenti defunti. In
noi tutti è ancora vivo il ricordo
di volti, di persone, di amici, di
familiari che ci hanno lasciato… a
volte prematuramente.
I taxisti del
Gruppo di Preghiera
“San Paolo”
Racconto Bertagnin (MI14)
Nella ricorrenza delle festività natalizie voglio esprimere a nome
mio e di tutta la Commissione Giornalino, i miei più sinceri
Auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo a tutti i colleghi
e a tutti i lettori de Il Socio, e voglio farlo con questi miei versi tratti
da una omonima poesia di Gianni Rodari.
Buone feste a tutti.
34
L’ANNO NUOVO
E Sonia dirà cosa va’ registrato
Se di tasse non vuoi poi esser spennato
Indovinami, o indovino
Tu che leggi nel destino
Ci ritroveremo un dì in assemblea
Salvo un attacco di grave diarrea
L’anno nuovo come sarà?
Bello, brutto o metà e metà
Dove Carboni col suo tono pacato
Renderà l’uditorio mezz’addormentato
Leggo stampato nei miei libroni
I clienti romperanno sempre i coglioni
Benni dirà “Non s’ha da preoccupa’
Dei debiti tutti, che in groppa noi s’ha “
L’importo che c’è lì sul tassa metro
Verrà guardato sempre di sbieco
E uno urlerà piuttosto incazzato
L’altro sussurra: “Questo è tempo sprecato!”
E l’itinerario che hai selezionato
Sarà giudicato assai inadeguato
Garavina il pizzetto avrà sempre più gran
Sì da sembrar sempre più D’Artagnan
In aeroporto si caricherà
Passata un’ora lì a chiacchierà
E il prode Marino che è così scrupoloso
Lascierà meno tempo al proprio riposo
E durante la notte, se sei sfortunato,
L’ubriaco il sedile avrà tutto insozzato
La nostra centrale avrà ancor quei casini
Che han fatto cadere i capelli a Pasquini
In Cotabo andremo ogni metà mese
Per pagar tutte quante le spese
E al solito Vrenna sarà poco sbarbato
Il che si conviene a chi è carcerato
A S. Luca Tiberio andrà un giorno di luglio
Per chieder di fargli ricrescere il bulbo
Ci saran forse liberalizzazioni?
Invito voi tutti a toccarsi i m..roni!
E se un tipo losco tu caricherai
A Mirko di certo telefonerai
E se per disgrazia Uber verrà
Voi lotterete e lei se ne andrà
Ancora qualcosa CAT contesterà
E nuove tariffe vedrai farà saltà
Napoli Tre fin dalle ore sette
Racconterà centodue barzellette
E se diremo “Ma avevi firmato!”
Risponderà: “Dormivo beato!”
E Modena Sedici, la Robertina
Accompagnerà un cliente a Messina
Alle bici Colombo certo riserverà
Fin’anche il tracciato della tangenzià
Il bel Roma Undici, da Casalecchio
Alle donne dirà frasi dolci all’orecchio
E se coi T-days vorrai fare l’incasso
Rivolgiti a Dio, o a satanasso
E a Rimini Tre, quel gran ricciolone
Spunterà un altro bel boccolone
Ci sarà chi lavora sempre lì sulla via
Quello che ha il mutuo del gigante Golia
Più di questo scritto non trovo
Dei destini dell’anno nuovo
Chi fa le cinque, chi preferisce la sera
Chi va in bicicletta, chi si trova in preghiera
Del resto l’anno nuovo sarà
Come ogni uomo lo costruirà
35
Y
LANFR
L
E
D
IELLE
STOR
LA GARA DI PESCA
DEI TASSISTI BOLOGNESI E FIORENTINI
I tassisti pescatori
Ci son carpe consistenti
fra Bologna e Firenze
sono pieni di rancori
che se non stiam bene attenti
con le canne e con le lenze.
quando a pesca son battuti
ti tirano la nel fondo
C’è lo sponsor ch’è “Draghetti”
dai colleghi più evoluti.
e diventi furibondo
e i tassisti più perfetti
Si, nell’arte di pescare,
perché in questo tira e molla
se gli serve una vettura
bisogna saperci fare
fai rider tutta la folla
con solerzia e con premura
e la gara si fa dura
che venuti li a vedere
lui li tratta bene assai
se vuoi far bella figura.
poi ti prendon pel sedere.
come tu non crederai.
E da sempre la contesa
Alla “Lunga”, il bel laghetto,
Anche se ti fa un tagliando
con la canna ch’è ben tesa
tutti degni di rispetto,
non pensare come e quando
si fa a spese dei carassi
i tassisti son venuti
perché lui ti serve svelto
che son belli grossi e grassi
e non sono sprovveduti.
perché l’auto da lui hai scelto:
da far sudare non poco
Li si è svolta la contesa
c’è la Renault e la Dacia
il pescatore ch’è in gioco.
che da sempre è stata accesa
che tu guidi con tenacia.
ECCO I BOLOGNESI:
ECCO I FIORENTINI:
I PESCATORI PIÙ BRAVI
Trentini, Cardellini, Parazza,
Stefano, Christian, Fabio,
Parazza
50,250 kg
Casalini, Mastelli, Gamberini,
Claudio, Gigi, Graziano,
Carlino
35,100 kg
Gamberini (nipote), Monari,
Carlino, Claudio II, Massimo.
Cardellini
28,020 kg
Gatti, Venturi, Atti, Veronesi,
Graziano
23,460 kg
Lodi, Lodi (padre).
Lodi Senior 36,820 kg
Gamberini 18,120 kg
36
Y
LANFR
L
E
D
IELLE
STOR
TASSISTA E RAPINATORE
SI RITROVAN DOPO ORE
Il tassista è quel lavoro
hanno di proprio evitate
gli serbassero gentili
che sapete che io adoro
che il capestro ormai già stretto
per quei fatti molti ostili.
perché c’è quel condimento
riducesse quel reietto
Entrò dentro all’ospedale
che l’umano fa contento:
in cadavere precoce
perché non volea star male
il suo nome è avventura,
ormai privo della voce.
e lì nel pronto soccorso
spesso pregno di paura.
Ma riuscì nel suo intento,
non più ebbe alcun rimorso
L’avventura è quella cosa,
anche se assai sgomento,
nel far notare all’agente
sia pura o peccaminosa,
liberarsi dalla morsa
ch’era più che compiacente
che colora la tua vita
come ultima risorsa.
che proprio lì vicino
che altrimenti è assai sbiadita.
Scattò fuori repentino
c’era il tipo birichino
Ci sono vicende allegre
con un urlo belluino
che conciato dal bastone
ed alcune molto “negre”.
e frugando nel baule
cercava la guarigione.
Como Dieci è sto soggetto
un bastone di padule
Fu proprio una cosa buffa
che io stimo e poi rispetto,
gli armò tosto la mano
che “quello” della baruffa
il suo nome è Salvatore
ed andando dal marrano
fosse giunto dal dottore
che lui porta con onore,
gli sferrò diversi colpi
che non ebbe alcun pudore
piccolino ma forzuto
come si uccidono i polpi.
a curare le ferite
e poi neanche sprovveduto.
Nella fronte e poi sul naso
causate da quella lite.
Lui ch’è Salvatore Serra,
il degenere ha persuaso
Quando poi fu interrogato
il più mite della terra,
a lasciar star la rapina
presto ammise il suo peccato
s’incazza come un leone
ma come ultima manfrina
e cominciò la procedura
per na brutta situazione.
scappò via con la vettura
per finire poi in Questura.
Una notte il mio collega
urlando dalla paura.
pria di chiudere bottega
Il mio amico, lì da solo,
con un ceffo si fa un giro,
voleva prendere il volo
lui non è proprio un emiro.
e chiamò i Carabinieri
Su al Piccolo Paradiso
che son militi assai seri.
viene preso all’improvviso
Questi agenti han rilevato
per il collo con la corda
che questo malcapitato
che strozzato si ricorda,
era un pochino malconcio
ma con mossa repentina
e per toglierli un po’ il broncio
sfugge a quella “ghigliottina”
lo portarono li vicino
infilando sotto il collo,
perché il povero tapino
ch’era stretto come un pollo,
avesse tutte le cure
le dita che avvinghiate
che infermiere con premure