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IL MONDO CHE NESSUNO RACCONTA UCRAINA INTER VISTA E SCLUSI VA all’Ambas ciatore in Italia VENEzUELA Le prospettive future SUdEST ASIATICo Profilo dei Paesi ASEAN URUgUAy Il presidente e la Marijuana INTELLIgENCE La “nuova” NSA Copia abbinata a Panorama non acquistabile singolarmente | anno I - n. 3 marzo 2014 | www.lookoutnews.it Politiche estere e interne, successi e insuccessi, accordi e disaccordi. Le due grandi potenze allo specchio | anno I - numero 3 - marzo 2014 Società 24 14 Muro contro muro 18 Se Ankara snobba Milano 22 È ancora tragedia greca? GeopoLitica amici? xi e no... Sisters in islam Le rubriche 20 a dire iL vero... È veramente solo colpa dell’Euro? 60 Los presidentes “Guerrillerros” 46 do you Spread? L’Europa delle banche: investire o risparmiare? 76 Spy GameS 10 giorni a novembre 78 dura Lex I pirati del terzo millennio 24 Amici? Xi e no... 90 90 L’araba fenice Sisters in Islam 30 L’altra guerra fredda 34 USA TODAY: declino o riposizionamento? 37 NSA, una poltrona per due 38 La memoria degli elefanti 40 Il salario, come minimo... 42 Tra mediazione e schizofrenia 43 Fly me to the moon 94 oSServatorio SociaLe Pronti all’azione diretta 96 L’anarchico 2.0 Sorridi, sei anche tu nell’NSA! 97 un Libro aL meSe Intelligence e metodo scientifico Sicurezza 60 Los presidentes “Guerrilleros” 64 Dove cresce l’erba voglio 66 Il buio oltre il chavismo 70 L’odissea colombiana 72 La pax cubana 73 La Santa Muerte economia 80 Cari amici, vicini e lontani 84 ASEAN: l’ombrello asiatico Seguici anche su: www.lookoutnews.it 86 La crescente islamizzazione dell’ASEAN 88 Singapore, prima e ultima l’aggiornamento quotidiano dal mondo LOOKOUT 3 - marzo 2014 3 La viGnetta di “Y a nuko vi ch f ug g e d a Kie v ” 1914-2014: un anniversario pericoloso di mario mori M L’editoriale entre questo numero va in stampa il mondo tiene il fiato sospeso per quanto sta succedendo in Ucraina. Dopo l’impeachment del presidente Yanukovich, la tensione internazionale è improvvisamente salita per la decisione della Russia di salvaguardare i propri interessi strategici nella penisola di Crimea, che non solo è popolata quasi integralmente da russofoni ma è sede della più grande base navale russa, punta di diamante degli interessi strategici di Mosca verso il Bosforo e il Mediterraneo. Per questi motivi riteniamo di aver fatto un buon servizio ai lettori raccogliendo l’intervista in esclusiva all’ambasciatore ucraino a Roma Yevhen Perelygin, che ci ha aiutati con estrema pacatezza e razionalità a comprendere alcuni dei nodi da sciogliere per riportare la pace nella regione. La sua è una voce importante perché chiarisce che non esistono opzioni militari ma che l’unica strada da percorrere è quella del doppio dialogo: il primo bilaterale, tra Mosca e Kiev; il secondo allargato alla comunità e alle istituzioni internazionali. L’ambasciatore ha sottolineato inoltre un punto molto importante che forse è stato messo in secondo piano nelle cronache giornalistiche, spesso vittime del sensazionalismo. Tra l’Ucraina e la Russia si gioca un’importantissima partita economica. Mosca è il primo partner commerciale di Kiev e questo può forse spiegare la reazione della Russia alla prospettiva di vedere l’area del mercato comune europeo estendersi fino alle proprie frontiere. Le prime a capire la portata del problema economico all’interno della crisi ucraina sono state le borse, che hanno reagito malissimo alla caduta di Yanukovich e all’ingresso delle truppe russe in Crimea. Naturalmente non parliamo solo di Crimea. In questo momento gli Stati Uniti non si confrontano soltanto con la Russia di Putin ma anche con la Cina, all’interno di un confronto strategico nel quale anche il Giappone gioca un ruolo fondamentale. Il confronto è difficile perché al di là della sempre crescente supremazia militare americana nel mondo, la politica estera di Washington raramente sembra all’altezza della situazione. Francis Fukuyama, politologo giapponese, all’inizio degli anni Novanta conquistò il suo quarto d’ora di celebrità con un libro dal titolo suggestivo La fine della Storia, che voleva dimostrare che con la caduta dell’URSS il confronto globale si sarebbe attenuato sotto le ali della supremazia americana. Una scorsa al sommario di questo numero dimostra quanto egli si fosse sbagliato. inbox iL direttore editoriaLe riSponde L’Ucraina diventerà una nuova Jugoslavia? Penso che l’Ucraina potrebbe diventare qualcosa di più di una nuova Jugoslavia: se diventerà membra dell’UE e gli USA si faranno venire in mente di installare dei missili di qualsiasi natura, una nuova Guerra Fredda non la impedirà nessuno. In ogni caso, un’Ucraina europea non può non allarmare la Federazione Russa perché parliamo della contesa su una regione strategicamente ottima come la Crimea. ALESSANDRO DE SALVO Il paragone con la ex Jugoslavia sembra eccessivo. La disgregazione della Federazione Balcanica ha avuto matrici etniche e religiose molto forti ed è durata diversi anni. In Ucraina non sembrano esserci i germi della guerra civile. Ci sono contrapposizioni politiche sulle alleanze legate in parte alla matrice russofona delle popolazioni dell’ovest. Inoltre, c’è la questione della Crimea, area di interesse strategico plurisecolare della Russia, alla quale è appartenuta fino al 1954. La presenza militare russa in Crimea era garantita dai proficui contratti di affitto di basi navali a disposizione della marina di Mosca. È difficile oggi capire cosa succederà, ma se il dialogo e le trattative tra le parti contrapposte, e tra queste con Mosca e con l’Europa, non andassero a buon fine con il ritorno allo status quo, vista l’improponibilità di una soluzione militare si potrebbe prevedere una “opzione cecoslovacca”, ovvero una pacifica spartizione democraticamente verificata tra le due grandi aree in cui è diviso il Paese. L’evoluzione o involuzione della crisi in Crimea ha una sola certezza: nulla tornerà come prima sia in Ucraina sia nei rapporti tra Russia, Europa e USA Mi pare che l’Ucraina si sia espressa a favore dell’ingresso nella Ue, quindi democraticamente il suo popolo ha potere di validare una scelta o l’altra. RAFFAELLA D’AMBRA Allo stato delle cose, non abbiamo elementi per sostenere che la maggioranza dei cittadini ucraini si sia espressa a favore dell’ingresso nell’Europa. Quel che sappiamo è che manifestanti molto determinati hanno paralizzato la capitale per settimane con un crescendo di violenze che hanno portato il presidente Yanukovich alla fuga. Anche se si guarda con favore alla volontà di una parte dell’Ucraina di aderire all’Europa, per parlare di scelta democratica le manifestazioni non bastano, ci vogliono le elezioni. I retroscena dell’attentato nel Sinai Voi sostenete che l’attentatore suicida si sarebbe fatto esplodere in territorio israeliano sull’autobus egiziano, ma ciò non è verosimile stante lo stretto controllo al confine israelo-egiziano. SAMI BAH Nell’articolo è scritto che l’attentato è avvenuto a Taba, in territorio egiziano. Noi, sulla base di informazioni raccolte in Israele, abbiamo sostenuto che era “intenzione” dell’attentatore farsi esplodere nella città israeliana di Eilat. Il fatto che non sia riuscito a portare a termine la missione in Israele, decidendo di farsi esplodere in territorio egiziano, vuol dire che con ogni probabilità le misure di sicurezza al confine lo hanno scoraggiato. La lettera di minacce recapitata all’Ansa, i No Tav e il rischio terrorismo: che sta succedendo? Nella loro ottica è l’unico modo per farsi sentire, visto che l’informazione è pilotata dalle banche. MAURO MATTARELLI Scrivi a: [email protected] [email protected] facebook.com/LookoutNews twitter.com/lookoutnews In piena crisi economica nazionale e internazionale le banche hanno altro a cui pensare che pilotare l’informazione sulle proteste anti Tav. Banche o non banche, è innegabile che il movimento No Tav, anche se nella stragrande maggioranza dei suoi aderenti si oppone pacificamente al progetto dell’Alta Velocità contestandone l’utilità, negli ultimi due anni è stato infiltrato da nuclei di anarco-insurrezionalisti che hanno tentato di innalzare il livello di scontro con violenze e attentati. La lettera di minacce è credibile e perfettamente coerente con un contesto di crescenti intimidazioni contro chiunque si opponga alle violenze in Val di Susa (come ad esempio il senatore Esposito), e contro le aziende impegnate nei lavori. LOOKOUT 3 - marzo 2014 7 canada arGentina SpaGna iSraeLe Per mantenere stabile la crescita economica (+2,2% nel 2014) il governo di Ottawa punta tutto sul petrolio. Pronti tre nuovi oleodotti per raggiungere le raffinerie del Golfo del Messico. Tempi duri per Buenos Aires. L’economia argentina ha appena subito il sorpasso anche da parte della Colombia. In America Latina, restano stabili in testa Brasile e Messico. A febbraio il numero dei senza-lavoro è calato dopo 7 anni. Una piccola boccata d’ossigeno per il premier Rajoy, anche se la crisi continua a mordere il Paese e la disoccupazione resta al 26%. A inizio marzo la marina israeliana ha bloccato nel Mar Rosso una nave con a bordo un carico di armi inviate dall’Iran a Gaza. Non c’è pace in Terra Santa e la tensione è costantemente alta. Siria mauritiuS india nuova zeLanda L’OPAC si dice ottimista sullo smaltimento delle armi chimiche siriane entro il 30 giugno. Gli USA però non si fidano e l’inviato siriano presso l’ONU Bashar Jaafari non può lasciare New York. Secondo il Global Competitiveness Report 2013-2014 la piccola isola dell’Oceano Indiano è al primo posto nella top ten dell’Africa subsahariana, al 45esimo a livello mondiale. Tra il 7 aprile e il 12 maggio si svolgono le elezioni politiche. Favoriti gli ultra-nazionalisti indù del Bharatiya Janata Party, che potrebbero porre fine al decennio di governo del Partito del Congresso. Guai a far arrabbiare Tuheitia Paki. Il re maori della Nuova Zelanda non gradisce più le visite dalla ex madrepatria e si è rifiutato di onorare l’arrivo dei reali inglesi, William e Kate. Accadde oggi Cos’è La Tour Eiffel La Tour Eiffel fu inaugurata il 31 marzo del 1889 e aperta al pubblico il 6 maggio dello stesso anno. Costruita in appena 2 anni, 2 mesi e 5 giorni, con le antenne della televisione la sua struttura in ferro (oltre 7.000 tonnellate) raggiunge i 324 metri di altezza. Ogni anno qui transitano circa 7 milioni di visitatori. 10 LOOKOUT 3 - marzo 2014 1889 2014 L’anniversario di un simbolo immortale francia | di L. Tirinnanzi È grazie al genio visionario di Alexandre Gustave Eiffel se oggi Parigi e la Francia possono vantare un simbolo grandioso della propria identità, la Tour Eiffel. Se quella grande opera architettonica non fosse mai stata eretta, magari oggi l’icona per eccellenza di Francia sarebbero la ghigliottina o la baguette. Che direbbero i superbi parigini se fossero conosciuti nel mondo solo per l’Arc du Triomphe? Roma ne ha di più belli e di più “autentici”. E se fosse stata Notre-Dame de Paris? Gli sarebbe stato impossibile surclassare il Duomo di Milano o la maestosità della Basilica di San Pietro. Invece, Parigi può bearsi di uno dei più riconoscibili simboli identitari che una nazione possegga e festeggiare con giustificato orgoglio l’anniversario dei centoventicinque anni dall’inaugurazione della Torre (31 marzo 1889). L’ingegnere più famoso di Francia non era forse un artista, ma il suo genio fu certo seminale per le future opere ingegneristiche che ispirarono le migliori menti di Fin de siècle e oltre. Eiffel si cimentò presto nelle grandi costruzioni, specializzandosi nelle strutture metalliche, grazie anche ai progressi che stava conoscendo allora Il manifesto dell’Expo di Parigi del 1889 La prima “Great exibition” fu quella di Londra nel 1851 e richiamò oltre 14mila visitatori. Fu il marito della Regina Vittoria ad avere l’intuizione dell’Expo, concepito già all’epoca secondo lo schema dei padiglioni che rappresentano ogni Paese presente, per mostrare le meraviglie che ciascuno ha da offrire. Parigi, ancora grande potenza coloniale, non poteva certo essere da meno di Londra e, in seguito, organizzò altrettanto straordinarie esposizioni: in quella del 1878, ad esempio, Gustave Eiffel si emozionò per la testa e la spalla della futura Statua della Libertà, mostrate in anteprima al mondo. Ma la data che a noi interessa è il 1889: l’Expo di Parigi nel centenario della Rivoluzione Francese, doveva essere e fu un appuntamento mondiale indimenticabile. È così che giunge a noi la Tour Eiffel, costruita in meno di tre anni e che ancora oggi innalza l’orgoglio dei francesi fino a 324 metri verso il cielo. Se qualcuno aveva previsto una durata di appena 20 anni, il successo che ebbe la volle imperitura. Chissà se Milano nel 2015 avrà da offrire simili emozioni. Forse non raggiungerà le vette ottocentesche di Parigi, ma certo è un’occasione che l’Italia non può permettersi di perdere. la metallurgia. Sua è ad esempio la “passerella di Bordeaux”, ovvero uno di quei ponti in ferro che tanta fortuna avranno a New York e nel resto d’America. Pioniere anche oltreoceano, Gustave Eiffel sarà inoltre ricordato per sempre grazie al suo contributo per un’altra icona immortale: la Statua della Libertà. Fu, infatti, uno dei principali ingegneri che permisero a Fredric Auguste Bartholdi di realizzare la gabbia d’acciaio che sorregge l’anima interna di “Lady Liberty”, la quale - come noto - venne regalata dalla Francia agli Stati Uniti come simbolo di amicizia e ricordo dell’indipendenza delle due nazioni. Ma quel che è importante sottolineare qui sono lo spirito e la destinazione della Tour Eiffel. Nell’Ottocento, l’appuntamento internazionale DI CUI IO SONO LA LINGUACCIA ELOQUENTE più importante al mondo era l’Esposizione Universale, dove ciascuna nazione partecipante presentava in anteprima i progressi raggiunti dall’uomo nelle arti e nelle scienze e dove il comTIRA E TIRERÀ SEMPRE (FUORI) mercio aveva una parte importantissima (come, in buoGUILLAUME APOLLINAIRE na parte, è ancora oggi). CIAO MONDO, CHE LA TUA BOCCA, O PARIGI, DAVANTI AI TEDESCHI LOOKOUT 3 - marzo 2014 11 Faces I volti più significativi del mese 12 LOOKOUT 3 - marzo 2014 bill Gates Con oltre dieci miliardi di dollari guadagnati nell’ultimo anno, il patron di Microsoft torna ad essere l’uomo più ricco al mondo, secondo Forbes (con un patrimonio di 72,9 mld di dollari). carlos Slim Il miliardario messicano di origini libanesi che controlla America Movil, gigante delle telecomunicazioni in America Latina, scivola al secondo posto (65,5 mld di dollari). christy Walton Con un conto in banca di 36,7 mld di dollari, la vedova del patron della catena americano Wal-Mart è la prima donna nella classifica Forbes(al nono posto). Warren buffett Il tycoon americano, soprannominato “l’oracolo di Omaha” è al quarto posto dei Paperoni, con un patrimonio di 58,2 miliardi di dollari. Jan Koum Il giovane ucraino non è nella classifica d’oro dei più ricchi al mondo, ma con l’accordo da 19 mld dollari con cui ha venduto WhatsApp a Facebook, certo non se la passa male. ingvar Kamprad Il discusso fondatore di Ikea ha costruito la propria fortuna sul “fai da te”. E bene ha fatto: il suo patrimonio oggi ammonta a 50,3 mld di dollari. Società ucraina La crisi in Crimea turchia Il “no” di Erdogan all’Expo 2015 Grecia L’agonia infinita UCRAINtAa iS interv ruSSia-ucraina muro contro muro va eScLuSi ore iat all’Ambasc in Italia PER SAPERNE DI PIÙ WWW.LOOKOUTNEWS.IT/PAESE/UCRAINA 14 LOOKOUT 3 - marzo 2014 ucraina | di Luciano Tirinnanzi Il vostro presidente è in fuga, i militari russi sono entrati in Crimea e ora si temono una guerra e la divisione del Paese. Come uscire da questa grave situazione? Ci sono alcune condizioni imprescindibili per noi. Come primo punto, chiediamo al governo di Mosca il ritiro immediato di tutte le forze militari russe dal nostro territorio. Noi dobbiamo ritornare al giorno precedente l’aggressione della Russia, quando non c’erano in Crimea altre forze se non quelle previste dall’accordo bilaterale russo-ucraino. Secondo punto, noi chiediamo di inviare una missione internazionale in Ucraina, e più precisamente in Crimea, sia essa sotto l’OSCE o sotto le Nazioni Unite. Al tempo stesso, noi auspichiamo altre missioni internazionali - a guida del consiglio d’Europa o delle Nazioni Unite o di altre strutture sovranazionali - per rispondere alla domanda su come proteggere i diritti umani delle minoranze etniche nazionali. Terzo punto, cominciare immediatamente consultazioni e negoziazioni secondo due direttrici: proponiamo una consultazione bilaterale russo-ucraina (ma sappiamo che la Russia non vuole) e una multilaterale, con la partecipazione di più nazioni o organizzazioni, siano esse la Germania, l’Italia, la Francia o piuttosto Unione Europea e NATO. Avete già avuto contatti con qualcuno? Sì, ci sono contatti per promuovere una missione in Crimea e abbiamo ricevuto l’assenso dell’OSCE circa l’invio di una Commissione. Spero che, per la data in cui uscirà questa intervista, la missione della Commissione sia già avvenuta e possa anche aver tratto le prime conclusioni. La nostra posizione, in ogni caso, è descrivibile come “as soon as possible”. Dopo le violente proteste di piazza a Kiev e nel resto dell’Ucraina, il nuovo governo ha promesso le elezioni a maggio. Ma il presidente Viktor Yanukovich dal suo rifugio in Russia grida al golpe, mentre in Crimea l’esercito russo al comando di Putin attende gli ordini. Sarà guerra o compromesso? Il mondo aspetta e la diplomazia è al lavoro. Viktor Yanukovich è stato eletto democraticamente. Dopo le violente proteste di piazza e la sua fuga, il governo ad interim opera ancora nel contesto costituzionale? Noi non abbiamo un governo ad interim, il nostro governo è permanente, “tecnocratico” se vuole. Secondo la Costituzione del 2004, è il parlamento e non il presidente a nominare il governo. Una settimana fa, il parlamento ha varato una nuova coalizione di governo tripartita, denominata “La Scelta Europea”. Tale coalizione ha quindi nominato un governo, ma la definizione ad interim è relativa soltanto a descrivere la condizione temporale che condurrà alle elezioni. Legalmente, il governo è nel pieno delle proprie funzioni e il primo ministro ha la completa autorità. L’opinione di yevhen pereLyGin, Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario d’Ucraina nella Repubblica Italiana Ma Yanukovich grida al golpe e oggi chiede aiuto alla Russia... Secondo la legge Ucraina, Yanukovich oggi è solo un cittadino privato. Si prenda l’accordo politico firmato la notte del 21 febbraio con le opposizioni sotto l’egida di Germania, Francia e Polonia, per metter fine alle violenze. Se il parlamento adotta una legge a maggioranza, secondo Costituzione il LOOKOUT 3 - marzo 2014 15 Società presidente non ha diritto di rifiutarla. Se la Russia non recede dalle Il parlamento ha adottato il provvedi- proprie posizioni, accetterete mento e l’ha passato al presidente per di cedere una parte del Paese la ratifica. Ma il presidente da quel per evitare una guerra? Assolutamente no. Però siamo dimomento è scomparso e il parlamento ha aspettato invano che Yanukovich sposti a valutare ogni possibile accorsi presentasse. Secondo la Costituzio- do per migliorare la condizione dei ne, se il presidente non firma, il par- cittadini. Alcuni deputati, ad esempio, lamento ha il potere di rendere effi- discutono sull’introduzione del russo cace tale legge, attraverso il presi- come seconda lingua e altri hanno dente della Camera. Dopodiché il proposto l’istituzione di una zona franca, per stimolare lo sviluppresidente non c’era più, po economico in Crimea. non so in quale altro PaeMa io penso che tutto se un presidente può debba essere fissato in sparire per cinque Quella un pacchetto di acgiorni. Abbiamo apdi Mosca in cordi, che poi possopreso dalla confeno anche essere affirenza stampa di Rodati a un consiglio stov (in Russia, ndr) si chiama regionale. Ma prima dov’era finito. Adesdi giungere a una siso, noi non abbiamo aggressione mile soluzione, dobbiapiù un presidente, ma mo sapere che cosa vuole una presidenza ad intela Crimea, ricevere una prorim per svolgere le attività posta e valutarla. ordinarie, che ha deciso di nominare nuove elezioni presidenziali per maggio, visto che queste non Ha mai avuto la sensazione che possono avvenire prima di novanta piazza Maidan fosse eterodiretta? No, il problema è sempre stato giorni. nell’assenza di fiducia del popolo verCome definirebbe allora i militari so le istituzioni: troppe tangenti e poche risposte sono un problema enderussi in Ucraina? Il fenomeno si chiama occupazione mico e di lungo corso nel nostro Paedi un territorio indipendente e l’attività se. Poi la mancata firma per l’accordo con l’Europa, senza peraltro alcuna svolta da Mosca si chiama aggressione. spiegazione da parte del presidente, Se non la guerra, si aspetta un re- ha fatto il resto. ferendum per l’autodeterminazione Secondo Lei, perché Yanukovich o per l’indipendenza? Yanukovich e la Russia hanno crea- non ha firmato? Forse ci sono anche altre ragioni ma to da soli il problema. Anni fa fu proprio il presidente a decidere di non ritengo sia perché la Russia non voleadottare la legge sul referendum lo- va. E lo ha fatto capire dall’estate scorcale, dunque oggi legalmente sa, quando ad agosto ha chiuso le l’Ucraina non ha la base giuridica frontiere economiche con l’Ucraina e per tenere questi referendum. Yanu- noi abbiamo perso qualcosa come 3,5 kovich lo fece apposta per il timore miliardi di esportazioni verso Mosca. che alcune regioni dell’ovest potessero scindersi. Oggi, dunque, la Costi- Teme per l’economia dell’Ucraina tuzione proibisce il referendum per e per la dipendenza energetica? L’energia è un problema, ma non il questioni territoriali. Il referendum può avvenire solo per organizzare le più grave. Il vero problema è che oltre un terzo della nostra economia dipende attività regionali. crimea 16 LOOKOUT 3 - marzo 2014 dal commercio bilaterale RussiaUcraina. Il nostro primo partner commerciale è Mosca, per questo dobbiamo trovare la soluzione insieme a loro. Noi vogliamo anche capire perché la Russia ha tanta paura della nostra possibile associazione con l’Europa. Ma la Russia non spiega, dice solamente che se l’Ucraina fa l’accordo per il libero commercio questo è un problema per gli interessi russi. Intanto, con l’Ucraina la politica russa continua ad essere quella del bastone e della carota. Per ogni anno che abbassa il prezzo del gas, l’anno successivo questo raddoppia. Lei che ne pensa? Penso che Mosca tema che i prodotti europei giungano in Russia via Ucraina senza tasse. Ma noi abbiamo spiegato a Mosca che siamo disponibili a costruire insieme una regolamentazione doganale. Ma questo si fa sedendosi intorno a un tavolo. Chi è Yevhen Perelygin Ambasciatore ucraino a Roma dal marzo 2013. In Ucraina ha rivestito i ruoli di direttore dell’ufficio di governo d’Europa e dell’ufficio per le politiche d’integrazione. In passato è stato ambasciatore a Dublino e Strasburgo. Società UCRAINA int erv Secondo lei, Putin è disposto a sedersi al tavolo con voi? Oggi tutti si chiedono cosa pensi davvero Vladimir Putin. Per me, vale quanto disse quando fu eletto presidente per la prima volta, e cioè che il suo più grande dolore era la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Quando è stato ri-eletto nel 2012, ha previsto una strategia che tra i punti principali prevede l’organizzazione di una grande unione doganale euro-asiatica. Ecco perché non vuole l’UE. Lui vorrebbe rianimare l’Unione Sovietica coinvolgendo Ucraina, Bielorussia, Kazakhstan e altri Paesi. Ma sa che senza di noi non si potrà mai fare. Voi avete opzioni militari al momento? Avete avuto contatti con la NATO? No, e purtroppo non siamo parte della NATO. Ma va detto che siamo 45 milioni di abitanti e che il nostro esercito, pur non grande come quello russo, dispone di circa 150mila soldati. Il problema è che non vogliamo combattere, perché sarebbe un disastro per tutti. Ciò detto, per i soldati ucraini è difficile mantenere la calma e non subire le provocazioni della Russia. Nel bene e nel male, siamo a un punto di svolta. Che succede se Mosca non cede? Oggi si decide il futuro dell’Ucraina. Ma resto persuaso che possiamo convincere la Russia, anche con l’aiuto dell’Italia. Dobbiamo convincere Mosca che l’Ucraina come Paese indipendente, democratico e con valori europei, è un vantaggio per la Russia. I cittadini ucraini filorussi non sono essi stessi un pericolo? Devo dire che quasi tutti i cittadini delle regioni russofone non desiderano la reale adesione alla Russia ma solo vivere in un Paese indipendente. La dimostrazione di questo è nelle grandi manifestazioni contro Putin in quelle regioni e gli uomini che si mettono in fila per arruolarsi come volontari nella leva dell’esercito ucraino. Temete nuove proteste a Kiev? Adesso possono esserci delle piccole proteste solo perché il processo di arruolamento di tutti i numerosi volontari che vogliono iscriversi a difendere il Paese può essere un po’ lento (dice l’Ambasciatore sorridendo, ndr). Cosa vorrebbe comunicare al governo italiano? Apprezziamo molto la posizione dell’autorità italiana sull’integrità. Il ministro degli Esteri Mogherini e altre figure del governo hanno spiegato chiaramente che l’Italia, insieme agli altri partner Divisioni etniche in Ucraina principali, vuole garantire questa sovranità e ciò è molto importante per noi. Ci aspettiamo che il governo italiano mantenga un sostegno permanente e al tempo stesso contribuisca alla soluzione del conflitto. Per esempio, spedendo uno o più rappresentanti in Ucraina nell’ambito di una missione internazionale e appoggiando la nostra politica filo-europea a Bruxelles. Il mondo deve capire che noi stiamo parlando di adesione all’Unione Europea, che è per noi una scelta civica, tale per cui o torniamo al passato dell’Unione Sovietica o facciamo un passo avanti verso un “European style”. Forse, non saremo membri dell’UE per altri 10 o 15 anni, ma sono sicuro che dobbiamo costruire un sistema europeo all’interno del nostro Paese. Con la Russia non è possibile costruire un futuro, che sarebbe un passo indietro. Però è il nostro vicino di ieri, oggi e domani e vogliamo conviverci. Mosca deve solo capire che la cooperazione ha una base di parità se si dialoga ponendosi sullo stesso piano. Questo è un principio fondamentale. Dove Tymoshenko ha ottenuto la maggioranza nel 2010 BIELORUSSIA iSta eScLuS iva all’A mbascia tore in Italia Percentuale di popolazione che parla russo dalla nascita ≥90 70 50 30 ≤10 Dove il deposto presidente Yanukovich ha vinto nel 2010. Chernihiv Sumy POLONIA RUSSIA Kiev Kharkiv UCRAINA Luhansk Kirovohrad Dnepropetrovsk Donetsk MOLDAVIA Mykolaiv Zaporizhia Kherson ROMANIA Odesa Crimea Sebastopoli Fonte: State Statistics Service of Ukraine LOOKOUT 3 - marzo 2014 17 Società turchia | dal nostro corrispondente a Istanbul, Giuseppe Mancini Se Ankara snobba Milano Renzi saprà ricucire i rapporti con Erdogan? 18 LOOKOUT 3 - marzo 2014 FOCUS L a Turchia non partecipe- premier - o comunque dal suo entourà all’Expo 2015 di Mila- rage - senza consultazioni con altri mino. La notizia è arrivata il nistri, trasmessa a Milano subito dopo 19 febbraio e ha colto di la visita del presidente Abdullah Gül sorpresa un po’ tutti: per- in Italia. Poi più nulla: la crisi innescata sino all’ambasciata di Ankara, dove dallo scandalo corruzione e la campa“seppur di poco” l’hanno “appresa gna elettorale per le amministrative del prima dalla stampa”. E infatti, è stato il 30 marzo hanno impedito ulteriori apquotidiano turco Hürriyet - nella profondimenti, ma ostacoli di sua edizione online - a rencarattere economico non dere noto il ripensamento ce ne sono. Il commissadel governo turco. “Una rio Giuseppe Sala ha L’Italia decisione inattesa che però parlato di una sostiene la ha scioccato l’Italia” ha “situazione ampiacandidatura di aggiunto la nostra Ammente recuperabile” basciata. Forse l’enfasi e lo stesso Scarante è eccessiva: ma l’ambaha auspicato che per l’Expo sciatore Gianpaolo “questa decisione posScarante ha comunque sa essere rivista, in linea 2020 lamentato “sconcerto e con gli eccellenti rappordispiacere”, anche perché la ti esistenti tra Italia e TurTurchia è stato uno dei primi chia”. Se c’è ancora margine, il Paesi - nel 2011, con una lettera di Re- nuovo governo Renzi deve farsi in ogni cep Tayyip Erdogan a Silvio Berlusconi caso perdonare lo sgarbo di Letta: ma- a confermare la propria presenza, poi gari con un’iniziativa a favore dell’aderatificata con un accordo formale nel sione di Ankara all’Unione Europea 2012. In quell’occasione - a novembre forte e non solo retorica - durante il se- il commissario per il padiglione turco mestre di presidenza italiano. Burak Gürsel aveva promesso “un grande impegno”. Ma aveva anche agRecep Tayyip giunto: “Contiamo sul sostegno dei Erdogan Paesi amici - e specialmente su quello Il premier turco dell’Italia - per la candidatura di Izmir prima della a ospitare l’expo del 2020” (Izmir era delusione per già stata in lizza per il 2015). le Olimpiadi Esattamente un anno dopo, la doccia gelata: il comunicato di Palazzo Chigi con l’annuncio del sostegno italiano non a Izmir ma ad Abu Dhabi. All’ambasciata turca di Roma non l’hanno presa benissimo. Si sono però limitati a sottolineare - diplomaticamente - come gli Emirati Arabi Uniti abbiano acquistato per il 2015 uno dei padiglioni più grandi: particolare confermato, peraltro, nel testo diffuso dal governo di Roma. È questa la ragione della rinuncia turca? Una ritorsione per un comportamento giudicato poco amichevole e scorretto? Del resto, Hürriyet parla di una decisione presa direttamente dal abu dhabi L’illusione di Istanbul L a Turchia puntava alla doppietta per il 2020: Olimpiadi a Istanbul, Expo universale a Izmir. Invece, sono arrivate solo delusioni: la quinta in ordine di tempo per Istanbul, la seconda di fila per Izmir, e chissà se insisteranno a provarci. Nel frattempo, cosa ne sarà dei grandi progetti - impianti e infrastrutture presentati nei dossier di candidatura? Per Istanbul, nessun problema: le precedenti candidature avevano già lasciato in eredità lo stadio olimpico Atatürk, inaugurato nel 2002, oltre alla metropolitana per raggiungerlo. Il piano complessivo dei trasporti verrà in ogni caso completato: sul totale di 19,2 miliardi di dollari di budget, circa 10 erano quelli previsti - e già stanziati autonomamente - per realizzare oltre 200 chilometri di linea ferrata urbana, per giochi pensati “senza automobili”. E verranno costruiti anche alcuni degli impianti sportivi minori: almeno quelli inseriti nel vasto piano - per tutta la Turchia - dal costo complessivo di 2 miliardi di dollari, con 415 tra stadi e palazzetti. Sono invece stati accantonati i progetti per il villaggio degli atleti, per un’arena capace di ospitare le cerimonie di apertura e chiusura, e per il training centre, pensato come una sorta di università turca dello sport. Anche a Izmir, sono i grandi progetti infrastrutturali quelli che - promesse elettorali del governo Erdogan - verranno portati in ogni caso a termine: il tunnel e viadotto Izkaray per tagliare il golfo sull’Egeo, nuove linee della metropolitana, un porto per le navi da crociera e nove porticcioli per gli yacht. Non verrà invece trasformata in parco per l’Expo - secondo il master plan di Zaha Hadid - la laguna di Inciraltı. In compenso, rimane ferma la volontà di istituire un grande museo dedicato alle civiltà che da millenni hanno popolato la regione. LOOKOUT 3 - marzo 2014 19 a dire iL vero... iL mondo che neSSuno racconta di Alfredo Mantici N el giugno del 2013 è stato pubblicato un saggio scritto dall’economista Antonio Maria Rinaldi dal titolo inquietante e significativo: Europa Kaputt. (S)venduti all’Euro. Come ben dice il titolo, il professor Rinaldi non è un fan entusiasta della moneta unica alla quale ascrive non poche delle responsabilità per la crisi economica che investe alcuni Paesi dell’Eurozona, a partire dall’Italia. del Vecchio Continente per inseguire un sogno che si sta rivelando ogni giorno più irrealizzabile dell’unità politica dei Paesi europei. Quando nel 1950 nacque il primo embrione della comunità europea, la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciao), si trattò del primo passo di un processo che nella mente di De Gasperi, Schumann, Adenauer e Monnet doveva consentire a un continente devastato dalla guerra non soltanto di attuare forme di cooperazione economica per la ricostruzione, ma anche una ripresa del dialogo politico tra Paesi che fino a pochi anni prima si erano ferocemente combattuti. Con la nascita della CECA e delle successive aggregazioni economiche comunitarie, dalla CEE (Comunità Economica Europea) fino al trattato di Maastricht, l’Europa si è sviluppata È veramente solo colpa La terza via di Jean monnet dell’Euro? In effetti, dal 2002, quando l’Eusi è affermata ro ha soppiantato tutin Europa te le monete nazionali dell’Unione Europea ad eccezione della sterlina (gelosamente tenuta in vita dal governo di Sua Maestà), passata l’euforia iniziale per il grande passo europeista ci si è resi progressivamente conto del fatto che la nuova moneta nasceva già debole, in quanto frutto non di una strategia di politica economica integrata ma come moneta che per la prima volta non veniva governata dalla politica. L’Euro è il sintomo e non la causa della nostra depressione economica. È il frutto della incapacità sia dei padri fondatori dell’Europa comunitaria che dei loro successori di andare al di là di una concezione mercantilistica 20 LOOKOUT 3 - marzo 2014 lungo una “terza via”, una linea di mediazione tra le due correnti ideologiche sulle quali si sarebbe fondata l’Unione Europea. La prima, quella federalista, mirava a una progressiva integrazione politica da cui far poi discendere un’economia comune. La seconda puntava invece a una semplice cooperazione intergovernativa in campo economico. La terza via, quella che si è affermata grazie al grande politico francese Jean Monnet, è quella che è stata percorsa con alterne vicende fino ad oggi: una progressiva integrazione dei Paesi aderenti all’Unione, accompagnata e sostenuta da tentativi di dare omogeneità alla politica economica comunitaria. L’Euro potrebbe essere definito il simbolo della vittoria di questa via. Ma così purtroppo non è, perché sull’altro piatto della bilancia pesa negativamente il fatto che ad esempio l’Iva non è la stessa per i Paesi aderenti all’Unione Europea. Come può accadere che paghiamo un bene con la stessa moneta e che quel bene possa circolare grazie al Trattato di Maastricht liberamente in tutti i Paesi dell’Unione, per poi subire una tassazione diversa a seconda dei singoli Paesi? PER SAPERNE DI PIÙ A DIRE IL VERO - WWW.LOOKOUTNEWS.IT L’Italia, l’Europa e la crisi ai tempi della moneta unica In questo paradosso si nasconde uno dei più grandi problemi europei, vale a dire la carenza di una politica comune dovuta a un’innegabile deficit di democrazia. Nell’arco dei decenni, trattato dopo trattato in Europa si è radicata una classe di tecnici e di funzionari multinazionali e per lo più sconosciuti. Sono loro che compongono gli uffici, che regolano le attività di organismi che dettano legge ai governi senza dover rispondere ad alcun elettorato. D’altronde, l’Europa non è riuscita neanche a darsi una Costituzione. Oggi tutti parliamo di Costituzione europea. In realtà proprio per il fallimento della politica la “Carta” ha dovuto assumere la prosaica denominazione di “Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea”. Una specie di regolamento che tuttavia non è riuscito a stabilire un raccordo effettivo ed efficiente tra un parlamento europeo nominato a suffragio universale e un organo esecutivo, la Commissione, i cui membri nominati dai governi non hanno alcun obbligo di rispondere dei loro atti né ai governi che li hanno nominati né al parlamento che li dovrebbe controllare. È da una situazione come questa che viene fuori la lettera che nell’autunno 2011 venne inviata (senza alcuna firma) al governo italiano, contenente precise e a tratti insultanti richieste di spiegazioni sulla politica economica del nostro Paese. È una lettera che se fosse stata firmata dal capo di uno Stato, avrebbe comportato una durissima reazione diplomatica. In Italia ha provocato la caduta di un governo. Una lettera scritta non si sa da chi, non si sa da dove ma che grazie al timbro postale di Bruxelles ha posto condizioni a uno Stato sovrano. Questo forse è il problema dell’Euro. Questa disgraziata moneta potrebbe essere in realtà la vittima innocente di un sistema politico simile alla Repubblica ideale di Platone, solo che al posto dei filosofi al governo ci sono i funzionari: grigi, sconosciuti e potenti, privi di qualsiasi controllo politico e di ogni legittimazione democratica dettano legge a governi che dovrebbero ritenersi sovrani. L’Euro è un sintomo del disagio economico europeo, non la sua causa. Jean Monnet Il politico francese e padre fondatore dell’Europa è vissuto tra il 1888 e il 1979. LOOKOUT 3 - marzo 2014 21 Società Grecia | di B. Woods È ancora tragedia greca? I bastioni dell’austerità espansiva disegnati da Alesina e Ardagna nel 2009, si vanno ormai sgretolando. A fronte di nuove evidenze e di reiterati appelli di centinaia di economisti, tra cui diversi premi Nobel, la fortezza dell’ortodossia rigorista (Commissione, Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, altrimenti detto “Troika”) dovrebbe abbondonare le politiche monetarie e fiscali restrittive, decise dal summit del G7 tra i ghiacci artici di Iqaluit nel febbraio del 2010, e intraprendere in via prioritaria iniziative atte a riavviare la crescita economica. Insistere sul contenimento del debito non è solo controproducente, ma rischia di destabilizzare definitivamente le economie dell’UE, trascinandole in una spirale di recessione-deflazione senza fine, dagli esiti sociali imprevedibili, che sta velocemente trasformando la crisi economica in una crisi umanitaria senza precedenti: è quello che sta vivendo, nel colpevole silenzio generale, la Grecia. Nonostante le manovre draconiane (tanto per restare in ambito greco) di contenimento della spesa pubblica, i massicci licenziamenti e i prestiti europei, la Grecia precipita sempre più nella crisi: il PIL continua a ridursi, seppure con un ritmo inferiore, attestandosi per il 2013 al -4,2% (-25% rispetto al 2009); la disoccupazione è al 27%; i salari lordi sono diminuiti di un altro 7% (-20% dal 2010); mentre gli aggiustamenti della bilancia commerciale sono determinati solo dalla forte riduzione delle importazioni, conseguenza della caduta della domanda interna (consumi e investimenti), e comunque insufficienti a colmare il deficit strutturale compreso tra il 6 e l’8% del PIL. 22 LOOKOUT 3 - marzo 2014 Si stima che il debito pubblico raggiunga presto il 173% del PIL (record) mentre il rapporto deficit pubblico/PIL è atteso intorno al 4%. Tuttavia, le misure previste dal piano di rientro della Troika si stanno rivelando insufficienti, tanto da rendere ormai certa la necessità di un ulteriore prestito di 4,4 miliardi nel 2014 e di ben 6,5 miliardi nel 2015, per evitare la bancarotta. Inoltre, tali misure stanno precipitando la culla della civiltà occidentale verso un nuovo medioevo fatto di pochissimi ricchi e di moltitudini di poveri. La drastica caduta degli investimenti pubblici in sanità e welfare (-26% nella spesa per gli ospedali pubblici e riduzione di circa il 35% della spesa farmaceutica tra il 2009 e il 2011) e l’insufficiente spesa privata sostitutiva (il 70% dei greci dell’Acaia non è in grado di comprare i farmaci prescritti) hanno determinato un drastico aumento dei tassi di mortalità e del tasso di diffusione di malattie trasmissibili come l’HIV. La prestigiosa rivista Lancet riporta che nel 2012 in Grecia ci sono stati ben 116.670 morti, il numero più elevato dal 1949. L’aumento dei decessi registrato nel periodo 2008-2012 è attribuibile, in particolare, all’incremento dei decessi tra gli ultra ottantenni (+12,5% nella fascia 80-84 anni e +24,3% negli ultra 85). Inoltre, Lancet afferma che l’aumento della mortalità nella popolazione con un’età maggiore di 55 anni (+2.200 morti) registrato nel biennio 2011-2012, “rappresenta la prima evidente conseguenza di breve periodo dell’austerità”. Quello che però sgomenta maggiormente è il dato sulla mortalità infantile: secondo quanto riportato nell’articolo Greece’s health crisis: from austerity to denialism, le misure di austerità imposte dalla Troika alla Grecia non solo hanno accresciuto la percentuale di bambini a rischio di povertà e malnutrizione (dal 28,2% del 2007 al 30,4% del 2011), ma soprattutto hanno determinato l’esplosione del tasso di mortalità infantile (neo e post-neonatale), cresciuta del 43% tra il 2008 e il 2010. Questi dati, come chiosa l’articolo di Lancet, indicano come gli effetti collaterali dell’austerità espansiva siano stati sottovalutati o addirittura ignorati. Mortalità in Grecia (2004-2012) Numero di morti Fonte: Lancet Tasso di mortalità per età 120 120.000 115 115.000 110 110.000 105 105.000 100 100.000 95 95.000 90 90.000 0 0 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 aLL neWS Società africa Gli stipendi dei presidenti cuba Secondo Jeune Afrique il capo dello Stato più pagato in Africa è il presidente sudafricano Jacob Zuma, che percepisce una retribuzione mensile pari a 19.765 euro. Lo stipendio più basso è invece quello del collega camerunense Paul Biya, cui spettano solo 200 euro. Saccheggiato il Museo Nazionale a L’Avana I l governo cubano ha confermato il furto di un numero significativo di dipinti dal Museo Nazionale delle Belle Arti a L’Avana. Si tratta di quasi un centinaio di opere dal valore di migliaia di dollari. La maggior parte delle opere sottratte sono quadri del pittore Leopoldo Romañach. francia Accusato di incitamento al jihad sul web vietnam Inaugurato il ponte a forma di drago U n giovane francese è stato giudicato dal Tribunale di Parigi per incitamento al terrorismo sul web. Abu Siad Al- Normandia (questo il suo nickname) inneggiava al jihad dal sito internet Ansar Al Haqq, di cui era gestore. In Francia il reato per cui è accusato è punibile con cinque anni di carcere e una multa fino a 45.000 euro. I n occasione del 38° anniversario della fine della guerra del Vietnam, nella città di Da Nang è stato inaugurato un ponte a forma di drago, considerato il simbolo del Paese. L’opera (8,1 tonnellate per una lunghezza di 666 metri) è stata realizzata dalla compagnia americana Louis Berger Group. Costo: 1,7 milioni di dong vietnamiti. iSraeLe iraQ Lezioni di inglese per i tassisti Lezione “fatale” a nord di Baghdad F inisce in tragedia un corso di addestramento per terroristi nei pressi di una base del gruppo qaedista Stato Islamico nell’Iraq e nel Levante (ISIS) a nord di Baghdad. Stando a quanto riferito dal New York Times, nel dare istruzioni su come le persone arrestate indossare una cintura imbottita di esplosivo un per traffico di comandante si sarebbe fatto esplodere accidentalneonati in Cina mente uccidendo se stesso e altre 21 reclute. 1.000 I l sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat, ha proposto ai tassisti lezioni d’inglese (a prezzi modici) per migliorare il servizio offerto ai turisti stranieri. I corsi si svolgeranno in gruppi da dieci, dureranno sessanta ore, costeranno 100 shekel (17 dollari) e saranno focalizzati sulla corretta pronuncia delle attrazioni turistiche. (a febbraio) LOOKOUT 3 - marzo 2014 23 Xi Jinping, Barack Obama e Shinzo Abe, rispettivamente leader della Repubblica Popolare cinese, degli Stati Uniti d’America e dell’Impero del Giappone 24 LOOKOUT 3 - marzo 2014 GeopoLitica La sfida tra i “Big two”, i due giganti Cina e Stati Uniti, si sposta nel Pacifico. Dove il terzo incomodo si chiama Giappone Amici? XI e NO... La copertina LOOKOUT 3 - marzo 2014 25 GeopoLitica cina | Con Deng Xiaoping, che riceverà l’eredità del Grande Timoniere, la Cina lancia per la prima volta una vera e a fondazione della Re- propria politica estera, il cui tratto pubblica Popolare Cinese principale è l’assenza di ideologizzanel 1949 ad opera di Mao zione. Deng utilizza il pragmatismo Zedong ha segnato la fine confuciano, una politica che in termidel “Secolo dell’umilia- ni occidentali potremmo definire neozione”, ovvero di quel Grande Impero bismarckiana: attiva ma di basso profidel Centro umiliato da britannici e lo, cooperativa con i vicini (finanche francesi con le Guerre dell’oppio e con gli Stati Uniti) e funzionale alcon i diktat delle grandi potenze occi- l’obiettivo primario di creare un amdentali. Un’umiliazione accentuata biente internazionale favorevole allo dal fatto che alle potenze coloniali sviluppo economico nazionale. Con l’affermarsi della Cina quale d’Occidente si era aggiunto il Giappone, considerato tradizionalmente dai potenza globale, questa politica estera cinesi come un piccolo Paese vassallo, subisce alcune trasformazioni: da una parte diviene multilaterale, per eppure diventato anch’esso pocui favorisce la crescita del tenza colonialista. Sarà la regionalismo asiatico, ma Cina di Mao a segnare la dall’altra assume profine di questo “Secolo Mai come gressivamente carattedell’umiliazione”. oggi il ri intransigenti, creCon la sua morte, tutto cambia. Fino a confucianeSimo ando non poche preoccupazioni nei PaeMao, infatti, la Cina è così forte e si vicini. Questo divieaveva sì una grande sostenuto dalla ne evidente nel rapstrategia ideologica leadership porto tra Tokyo e Peglobalista (il terzomonchino, le cui ferite della dismo), ma non una vera cinese Seconda Guerra Mondiale politica estera. una conversazione con Franco Mazzei* L a seguire cina La strategia globale e la sfida con gli USA La sfida per lo spazio Giappone L’antagonista di Pechino Stati uniti Il riposizionamento USA La nuova NSA Il salario minimo, Obama e i Repubblicani Quali armi esporta l’Unione Europea in Cina Valore riferito alle armi prodotte dal 2001 al 2011 Paese di provenienza Tipo di prodotto Destinazione Varie tipologie 1.04 mld Francia 1.95 mld di euro Aerei 652 mln Cina 2.81 mld di euro Sistemi radar 526 mln Regno Unito 593 mln Sistemi elettronici Italia PER SAPERNE DI PIÙ WWW.LOOKOUTNEWS.IT/PAESE/CINA 26 LOOKOUT 3 - marzo 2014 Germania Rep. Ceca Olanda Altri Munizioni Semilavorati Agenti chimici Navi da guerra Veicoli corazzati Altri Lo schema considera solo articoli a scopo militare Fonte: Campaign Against Arms Trade ancora oggi non sono rimarginate: basti pensare che il motivo ricorrente e foriero di tensioni tra le due principali potenze asiatiche è relativo a un piccolo gruppo di isolette disabitate (amministrate da Tokyo sin dall’Ottocento) che, se anche fossero ricche di petrolio e gas, non giustificherebbero la guerra che molti analisti paventano. Se i ripetuti atti di ostilità e provocazione da entrambe le parti appaiono incomprensibili all’Occidente, essi si spiegano bene se esaminiamo la politiche dei rispettivi leader, Shinzo Abe e Xi Jinping. È evidente che nessuno dei due vuole la guerra, semplicemente perché essa non conviene. Abe e Xi sono piuttosto impegnati in un gioco strategico, fatto di bluff e contro-bluff, che va sotto il nome di “brinkmanship”. È la strategia del rischio calcolato o, se vogliamo, quella del “gioco del coniglio”, dove perde chi ha paura e dove l’obiettivo non è la guerra ma soddisfare rigurgiti nazionalistici. Questo gratifica i giapponesi, che si sentono minacciati dalla rapida e straordinaria ascesa cinese, sia economica sia strategica. Ma gratifica anche i nazionalisti cinesi, che da sempre sognano d’impartire una lezione umiliante al Giappone. Anche perché in Cina, finito l’ideologismo, oggi è proprio sul nazionalismo che la nuova leadership punta per creare il necessario consenso. In sintesi, l’obiettivo di entrambi i leader altro non è se non gestire il rinascente nazionalismo. La sfida uSa-cina, il “big two” È fin troppo evidente invece la rilevanza che a livello globale e sistemico contrappone Pechino a Washington. L’odierna politica globale prevede un G2, un “big two”, un condominio sinoamericano che dal G7, passando per il G8 e il G20, si è evoluto sin qui. Oggi tra le due grandi potenze esiste un “chain-gang”, ovvero un’alleanza forzata, che li costringe a cooperare: la Cina, che produce più di quanto consuma, ha bisogno del grande mercato Popolazione cinese Dati espressi in milioni e riferiti al 2010 Suddivisione per province 1-20 21-40 41-60 61-80 81-100 >100 Pechino Shandong Henan Shanghai Guangdong La crescita dal 1982 ad oggi ≤0 1-20 21-40 41-60 ≥81 61-80 Pechino Xinjiang Tianjin Shanghai Sichuan Chongqing Guangdong Hainan Popolazione urbana e rurale 1500 1200 Urbana 900 600 300 Rurale 0 1970 1980 1990 2000 Fonte: National Bureau of Statistics China (provincial data); World Bank (Birth rate, total population). 2010 Confucio Il nome deriva da Confucius, espressione latina coniata dei primi missionari gesuiti in Cina per definire Kong Fuzi (il Maestro Kong), il grande filosofo cinese vissuto tra il 551-479 a.C. che ancora oggi influenza il pensiero e lo stile di vita in Oriente LOOKOUT 3 - marzo 2014 27 GeopoLitica Il dizionario continente, puntando unicamente sull’aspetto commerciale. Così, in breve, gli Stati africani hanno iniziato a favorire il Beijing consensus rispetto al Washington consensus. Perché? L’aiuto cinese non pone altre condizioni se non quelle La presenza cinese in Africa è pesantissima, ma non si tratta di colonialismo, piuttosto dell’aver colmato il vuoto lasciato nell’Africa subsahariana dall’Occidente. Nonostante i molti limiti, col suo intervento, la Cina ha energizzato l’intero americano per le esportazioni. Mentre gli USA, che consumano più di quanto producono, hanno bisogno che la Cina compri buoni del Tesoro per finanziare l’ingente debito. Questa particolare relazione tra USA e Cina, cruciale per il sistema internazionale attuale , è la dimostrazione che oggi l’interdipendenza economica, e quindi la geo-economia, prevale sulla geo-politica. Il problema è: fino a quando durerà? Molti studiosi, a cominciare dagli analisti del Dipartimento di Stato, sono preoccupati e si chiedono come la Cina gestirà l’ingente potere che sta progressivamente accumulando. Sarà un attore responsabile? La Casa Bianca è convinta che la Cina sia una potenza fondamentalmente revisionistica, come la Germania guglielmina o hitleriana o l’Italia mussoliniana, ovvero Washington vede la Cina come una potenza revisionistica una potenza non soddisfatta del sistema internazionale esistente e che, per tale ragione, desidera modificarlo. Se fosse vera tale ipotesi, la Cina diventerebbe necessariamente lo sfidante degli Stati Uniti. In realtà, per tutto il periodo post Guerra Fredda, gli USA hanno sempre considerato la Cina una potenza amica-nemica. Non c’è dubbio che l’ascesa straordinaria cinese sia alla base della strategia recentemente adottata da Obama: quella del “pivot-to-Asia”, che ha spostato verso il Pacifico il baricentro geostrategico degli Stati Uniti, ricalibrando e rivedendo al ribasso gli interessi (e la presenza) di Washington nel Medio Oriente, sempre meno interessante per gli USA. In concreto, l’obiettivo di questa nuova strategia di Obama “pivot-to-Asia” è consolidare un ruolo che gli Usa hanno sempre svolto in quest’area, cioè l’offshore balancer, un bilanciatore esterno. Il problema è che una parte della leadership cinese vede in questa strategia USA una minaccia all’unico punto veramente vulnerabile della Cina dal punto di vista geostrategico: il blocco dei porti cinesi e/o delle rotte dello stretto di Malacca. Colpire Pechino qui, significherebbe la fine della Cina per strangolamento. A tale Taiwan, la “provincia ribelle” a Repubblica di Cina, meglio nota come Formosa o Taiwan, pur rivendicando la propria autorità sulla Cina continentale sin dai tempi della sconfitta di Chiang Kai Shek e del Kuomintang, non è più un problema capitale per il pragmatico governo di Pechino. La Cina, non essendo uno Stato-nazione, ma piuttosto uno Stato-civiltà con duemila anni di esistenza alle spalle, è capace di accettare la convivenza di più entità contemporaneamente: “uno Stato e più sistemi”. Così, se oggi in Cina coabitano serenamente due sistemi - il sistema Hong Kong e il sistema Pechino in futuro potrebbe aggiungersi anche il sistema Taipei. L 28 LOOKOUT 3 - marzo 2014 dettate dall’economia, rispetto all’Occidente che mira anche a imporre le proprie idee, culture e modelli. Mentre la Cina, che è essa stessa un insieme di più modelli e culture, parte dal presupposto della diversità e punta solo ai vantaggi reciproci. esercito Soldati 130.000 Tank 1.100 Artiglieria 1.600 marina Sottomarini 4 Cacciatorpedinieri 4 Fregate 22 aeronautica Caccia 388 Bombardieri 22 Pivot-to-Asia La nuova politica americana nel Pacifico Stretto di Malacca Il vero punto debole della Cina Il National Taiwan Democracy Memorial Hall, già Mausoleo di Chiang Kai Shek (Taipei) GeopoLitica Addestramento dell’esercito cinese scopo, la leadership cinese ha elaborato una nuova strategia che mira per l’appunto a neutralizzare questa minaccia modernizzando le proprie forze armate, segnatamente la marina, e sviluppando una tecnologia missilistica avanzata. In realtà, però, a una più approfondita analisi, emerge che a Pechino non conviene seguire una politica di tipo revisionistico. Del resto, oggi le rotte sono sicure e la Cina non risente di limiti geopolitici o problemi geo-economici. Anzi, a differenza dei giapponesi, che sono stati pesantemente danneggiati da questo sistema, Pechino sguazza volentieri nella globalizzazione, dalla quale ha avuto tutto ciò di cui aveva bisogno per la sua straordinaria crescita economica: capitali, tecnologia, mercati per le esportazioni e materie prime. Perché dunque modificare la struttura del sistema internazionale? Perché ammazzare “la gallina dalle uova d’oro”? Il problema è forse allora come l’Occidente legge se stesso in confronto alla Cina: con la “transizione del potere” da Ovest a Est (effetto combinato della “ascesa” dell’Asia - prima trainata dal Giappone e poi dalla Cina - e della globalizzazione) è finita l’epoca dell’egemonia culturale occidentale, iniziata due secoli fa; ma non sembriamo averlo capito. Se l’Occidente in questo momento è incapace a comprenderlo, i cinesi invece - che ci studiano a fondo - sanno bene che il nostro punto debole è proprio la capacità di accettare la diversità. Un problema, questo, che non affligge certo la Cina e che, nonostante i segnali d’arroganza di Pechino, non porta a ritenere credibile una Cina come potenza revisionistica. Se dietro l’Occidente c’è ancora una visione eurocentrica e di dominio, dietro alla Cina c’è invece Confucio: siamo tutti sulla stessa barca, facciamo parte di un unico grande Tao. Infatti, mai come oggi il Confucianesimo è così forte e sostenuto dalla leadership cinese. Si può parlare a ragione di un neo-Confucianesmo del XXI secolo. * Esperto di Relazioni Internazionali, Professore emerito di Storia e Istituzioni dell’Estremo Oriente Le truppe americane in Asia Personale militare attivo in Asia Orientale e nel Pacifico (aggiornato a dicembre 2013). Totale forze impegnate all’estero, in migliaia Asia Orientale e Pacifico 2009 Marzo Giugno Settembre Dicembre 2010 Marzo Giugno Settembre Dicembre 2011 Marzo Giugno Settembre Dicembre 2012 Marzo Giugno Settembre Dicembre 2013 Marzo Giugno Settembre Dicembre 15% 16% 18% 17% 16% 16% 15% 15% 14% 26% 27% 26% 25% 29% 30% 31% 31% 31% 40% 40% 44.4 45.0 48.0 47.2 47.3 46.7 44.0 44.5 43.7 53.9 55.7 51.2 49.1 53.5 52.4 59.5 57.5 57.7 57.5 57.8 Totale 293.7 285.8 262.8 284.1 301.1 297.5 297.3 291.7 305.3 207.7 205.1 196.2 193.1 184.8 173.9 193.7 184.6 186.2 145.6 145.8 Totale Asia Orientale e Pacifico 57,797 Totale Giappone 54,885 *Territori britannici nell’Oceano Indiano, 521; Thailandia, 337; Australia, 327; Singapore, 286; altri, 272. Filippine 1,169 Altri* 1,743 Fonte: U.S. Department of Defense LOOKOUT 3 - marzo 2014 29 GeopoLitica L’altra guerra fredda Nel Pacifico, l’unico Paese che si contrappone all’espansione cinese è il Giappone di Shinzo Abe Giappone | di Marco Giaconi Il Giappone ritiene invece che il nuovo asse della sua sicurezza sarà proprio dalle Senkaku fino alle isole di fronte alla Siberia a Nord. E gli USA cosa fanno? Certamente, malgrado le speranze di Pechino, non hanno alcuna intenzione di abbandonare l’area e sguarnire il Giappone, proprio ora che Washington, dopo le azioni in Afghanistan, sta riposizionando il suo potenziale strategico intorno alla Cina e ai margini meridionali della Federazione Russa. Inoltre, per Tokyo ci sono altri due nodi strategici: la Corea del Nord nucleare, minaccia vitale per il Giappone, in correlazione strategica con la Cina, e l’area del Sud-Est asiatico, in stabile relazione politico-commerciale con Pechino. La Cina gioca alcune carte di rilievo: il suo PIL nel 2013 è quasi il doppio di quello giapponese, e la Cina ha superato il Giappone già nel 2010 come seconda economia mondiale. La spesa militare di Pechino sarà dunque, già da oggi, legata alla modernizzazione (la Quarta, secondo l’elenco di Deng Xiaoping) delle sue forze navali e aeree, che controllano direttamente il sistema di scambi e di proiezione di potenza tra Oceano Indiano, Mar Cinese Meridionale e Oceano Pacifico. Pechino sta impostando un nuovo sistema di relazioni bilaterali con gli USA, che nella visione cinese porterebbero a un indebolimento dello storico L a Cina ha reagito male alla visita del premier Cina Seconda giapponese Shinzo Abe, il 26 dicembre scorso, economia al monastero shinto di Yasukuni, dove peraltro mondiale vanno anche le reclute della “Forza di Autodifesa” giapponese. Una testimonianza di Abe in Giappone ricordo di tutti i soldati giapponesi morti nell’“area di coTerza prosperità” che il Giappone aveva costruito durante l’Asse economia con Roma e Berlino. Ma la questione è più ampia: Abe mondiale spenderà 240 miliardi di dollari per il buildup militare nei prossimi cinque anni, e ha concluso un accordo per le nuove tecnologie d’arma con la Gran Bretagna nel luglio 2013. Le nuove direttive militari di Tokyo portano il Giappone fuori dalla logica di demilitarizzazione forzata che era il portato della Costituzione imposta dagli USA nel 1947. La Cina non accetta certo questo stato di cose. L’area di Identificazione Aerea di PechiIl Giappone no comprende le isole Diaoyu-Senkaku (tre spenderà delle quali comprate nel 2012 dal governo giapponese) e ormai il Giappone ha risposto 306 volte con i suoi aerei alle azioni cinedi dollari per il si nell’area. Le tensioni strutturali tra i due Paesi sono buildup militare ormai chiare: la Cina è quasi completamente nei prossimi dipendente, per il suo sviluppo economico, dal5 anni la sicurezza delle linee marittime, e la tutela giapponese delle Senkaku-Diaoyu interrompe la linea di controllo di Pechino che va dalle isole Ryukyu a Taiwan, che è ancora obiettivo primario per una “unificazione lenta” con la Cina continentale, con o senza azioni militari sulle sue coste, fino alle Filippine e agli oceani Indiano e Pacifico. Senza questa “collana di perle” che cinge la costa della Cina, Pechino vede a rischio sia il suo sviluppo economico che la sua sicurezza territoriale (senza dimenticare le eventuali reazioni di Tokyo ad una “annessione” di Taiwan). 240 mld 30 LOOKOUT 3 - marzo 2014 GeopoLitica Le isole contese e la zona di difesa aerea autoproclamata dalla Cina COREA DEL NORD Pechino Mar cinese orientale COREA DEL SUD Tokyo GIAPPONE CINA Shanghai Zona difesa aerea Oceano Pacifico Okinawa, Giappone Taipei TAIWAN 200 miglia 200 km ISOLE CONTESE Rivendicate da e conosciute come: Isole Senkaku in Giappone Isole Diaoyu in Cina Tiaoyutai a Taiwan Fonte: Reuters; Xinhua news agency legame strategico tra Washington e Tokyo. Ma certamente, lo ripetiamo, gli USA non accetteranno di abbandonare il Giappone al suo destino. Fra l’altro, la Cina ha giocato finora, contro il Giappone, la carta del “ritorno del fascismo” e a Davos il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha paragonato la visita di Abe a Yasukuni all’apologia ufficiale del nazismo in Europa. Il Giappone risponde con un rafforzamento dell’asse con Washington. L’articolo 5 del Trattato di Sicurezza Giappone-USA può riguardare infatti le Diaoyu-Senkaku, e Pechino deve stare attenta a non correre il rischio di un’azione di supporto USA al Giappone, nelle more di un attacco cinese all’arcipelago. L’Abenomics del primo ministro giapponese, poi, ha avuto finora scarsi effetti: la previsione di crescita dell’economia è di +1,1% nel 2014. Ma se Abe abbandona il nanismo militare a cui il Giappone è stato costretto, gli USA dovranno ripensare a una nuova presenza autonoma nell’area, che di per sé non sarà affatto pro-cinese. Le probabili future tensioni tra la Cina comunista e Taiwan, poi, priverebbero Washington di un alleato-chiave nell’area, e non è pensabile che gli USA si isolino completamente in un quadrante per loro decisivo come il Pacifico asiatico, che controlla anche la linea oceanica verso le coste Ovest degli Stati Uniti. Le strategie militari di Cina e Giappone oggi L’ultima e probabilmente più importante modernizzazione che Deng Xiaoping aveva in mente era quella militare. L’obiettivo oggi resta quello disegnato nelle cartine segrete del Comitato Centrale del PCC fin dagli anni ‘50: estensione del potere cinese fino al Giappone, riunione con Taiwan, controllo diretto del Sud-Est asiatico, penetrazione cinese in Asia Centrale fino ai confini con l’India. Sul piano dottrinale, l’asse della nuova strategia globale giapponese è invece l’India. Si tratta di una linea che Pechino legge, giustamente, come una strategia di accerchiamento della Cina. La linea di Tokyo è inoltre quella di riorientare la difesa giapponese verso la Corea: un’eventuale tensione nucleare nella penisola coreana vedrebbe Tokyo in correlazione strategica con la Corea del Sud. L’obiettivo di Shinzo Abe è, comunque, quello di mantenere una relazione bilaterale forte con gli USA e riequilibrare il nesso politico-militare tra Tokyo e l’Australia. Un altro “accerchiamento”, di secondo livello, nei confronti della Cina. (M.G.) Corea del Nord: se Pechino è ostaggio di Pyongyang di Francesco Sisci Poco tempo fa,il leader coreano Kim Jong Un non ha esitato a far giustiziare il potente zio Jang Song-thaek, uccidendo insieme a lui altri centro tra parenti e stretti collaboratori in quella che è apparsa come una vera e propria purga feudale. Jang era l’uomo della dirigenza nordcoreana più vicino a Pechino, ma ciò non è bastato a salvargli la vita. Lo schiaffo per la Cina è stato enorme, ma le opzioni per il presidente Xi Jinping non sono molte. Invadere la Corea del Nord non è realistico e anche la Corea del Sud, nonostante i proclami, intende evitare un conflitto poiché ne subirebbe le conseguenze dirette e vedrebbe affossata la sua economia per decenni. In questo scenario, paradossalmente la Cina è ostaggio del Nord. Questa condizione di non belligeranza è comunque migliore rispetto a ciò che in passato è accaduto in Iraq o Afghanistan, considerato anche l’alto livello di follia del regime nordcoreano e il fatto che Pyongyang possiede missili balistici e testate nucleari. E di ciò, una volta tanto, va dato merito agli Stati Uniti. LOOKOUT 3 - marzo 2014 31 GeopoLitica Un mondo di armi Solo nel 2010, le cento più grandi aziende produttrici di armi al mondo, escluse quelle cinesi, incassavano qualcosa come 410 miliardi di dollari grazie alla vendita di materiale bellico e relativi servizi, segnando una flessione di 7 punti rispetto al +8% del 2009 (ma ottenendo uno straordinario +60% rispetto al 2002). Oggi la cifra si attesta intorno ai 400 miliardi. Senza la Cina, i primi dieci produttori al mondo di armamenti sono, in ordine di grandezza: Lockheed Martin (USA, 36 miliardi di dollari); Boeing (USA, 27,6 mld); BAE Systems (Regno Unito, 26,8 mld); Rayeton (22,5 mld); General Dynamics (USA, 21 mld); Northrop Grumman (USA, 19,4 mld); Airbus Group (UE 15,4 mld - ex EADS); United Technologies (USA, 13,4 mld); Finmeccanica (Italia, 12,5 mld); L-3 Communications (USA, 10,8 mld). Spese per la difesa dalla crisi finanziaria del 2008 150 140 Cina 130 Russia 120 Brasile Giappone India 110 100 Francia USA * 90 Germania UK 80 Italia 70 60 50 2008 2009 2010 2011 Le grandi nel Pacifico cina 2.285.000 1.903 1.190.000 1.430 247.450 uSa 2.338 (Tank) 23.866 cina 7.430+ (Tank) Giappone Giappone Fonte: The Military Balance 2014 (Veicoli Corazzati) uSa uSa 2013 Per ogni Paese, i livelli di spesa per la difesa (secondo le valute correnti) sono state aggiustate per l’inflazione e ricalcolate con indice 100, fatto 100 il livello del 2008. *Budget base cina 2012 552 2.900 (Veicoli Corazzati) Giappone 777 (Tank) 817 (Veicoli Corazzati) cina 12.367+ uSa 6.477 Giappone 1.776 GeopoLitica I primi 15 Paesi per spesa militare Budget 2013 in miliardi di dollari Percentuale rispetto al PIL nazionale Cina 112.2 USA $ 600.4 Arabia Saudita 8.0% Australia 7.2% Israele 6.0% Iran 4.1% USA 3.7% Russia 3.1% Corea del Sud 2.5% 68.2 Russia 59.6 Arabia Saudita 57.0 Regno Unito 52.4 Francia Regno Unito 2.4% 51.0 Giappone Francia 1.9% 44.2 Germania India 1.8% 36.3 India Brasile 1.4% 34.7 Brasile Cina 1.2% 31.8 Corea del Sud Germania 1.2% 26.0 25.2 Australia Italia Italia 1.2% 18.2 17.7 Israele Iran Giappone 1.0% Fonte: The Military Balance 2014 uSa cina 112 77 (TOTALE) 11 1 22 62 0 17 14 (Cacciatorpedinieri) (Fregate) 700 (Portaerei non operative) (SAM - Air Defence) 2 (Incrociatori) 62 Giappone 2 cina (Incrociatori) (Cacciatorpedinieri) (Fregate) (SAM - Air Defence) (TOTALE) (Portaerei non operativa) (Incrociatori) 1.281+ 47 (TOTALE) (Portaerei) uSa Giappone 302 30 (Cacciatorpedinieri) (SAM - Air Defence) 13 cina 65 (combattimento) 211+ (pattugliamento) uSa 72 (combattimento) 41 (pattugliamento) (Fregate) Giappone 18 (combattimento) 6 TESTATE NUCLEARI (pattugliamento) uSa 7.650 (di cui 2.150 attive) cina 240 Giappone 0 GeopoLitica Zio Sam Citato per la prima volta nel 1812, divenne un’icona americana grazie al manifesto del 1917, disegnato da James Montgomery Flagg, utilizzato per reclutare i soldati durante la prima e la seconda guerra mondiale. Fonte di ispirazione per Flagg fu il cartellone “Lord Kitchener Wants You” dell’esercito britannico, in cui era raffigurato il generale Horatio Herbert Kitchener. 34 LOOKOUT 3 - marzo 2014 GeopoLitica USA TODAY: declino o riposizionamento? meno marines, più terminators: la strategia militare americana nel prossimo decennio prevede snellezza, agilità e presenza in Asia. I documenti della “Dottrina Obama” dal 2012 al 2014 uSa | di Ottorino Restelli I l 5 gennaio 2012 fu presentato al Pentagono il rapporto “Sostenere la leadership americana globale: priorità per la Difesa del XXI secolo”. Nell’introduzione di quel “Libro bianco” che aveva il pregio della brevità (otto pagine) e della chiarezza, il Presidente Obama affermava che il suo Paese dovrà emergere dalle guerre del passato decennio “più forte e in grado di preservare, insieme alla leadership mondiale […] la superiorità militare” di fronte alle “sfide attuali e a quelle che potranno emergere”. Si trattava di un’affermazione candidamente neo-imperialista e di disarmante chiarezza: a rileggerla oggi, sembrerebbe che gli Stati Uniti considerino ormai impresso nel proprio Dna il diritto a intervenire anche militarmente in tutti gli scacchieri nei quali la loro supremazia possa essere messa in discussione, con particolare riferimento all’Asia e alle regioni del Pacifico (pivot to Asia). Eppure, qualcosa non torna. La nuova “dottrina” (ogni presidente ne ha elaborata una), pur non mettendo in discussione la fedeltà americana agli impegni assunti nella difesa europea, segnalava anche l’esi- genza di “un’evoluzione dell’impegno in Europa che tenga conto della parallela evoluzione dell’orizzonte strategico”, anche alla luce di una nuova circostanza: “la maggior parte dei Paesi europei da consumatori di sicurezza si sono trasformati in produttori di sicurezza”. Pare di capire che l’Europa - e tra le righe il Mediterraneo, Medio Oriente compreso - verrà progressivamente abbandonata. Ciò vorrebbe dire anche che nel prossimo decennio il Vecchio Continente dovrà affrontare il problema e i costi della propria difesa, senza contare sull’ombrello americano. In tale prospettiva, l’Amministrazione Obama si dovrebbe concentrare con maggiore attenzione sul rapporto con la Russia, cercando “di costruire relazioni più strette nelle aree di mutuo interesse strategico” e, cioè, nell’Asia centrale. Quanto è accaduto sinora di questo “Libro bianco”? In buona parte, il programma è stato pienamente rispettato: l’Europa, più che con le basi militari - sempre più costose - viene ormai presidiata “a distanza” (ossia spiata attraverso la NSA); il Nord Africa e Medio Oriente sono pressoché lasciati in balia di se stessi (dal dietrofront in Siria allo stop di aiuti e forniture militari all’Egitto, passando per la Libia, dove i costi maggiori sono in capo a Francia e Regno Unito); infine, la Russia. Qui è forse l’unico punto non rispettato, come da programma. Ma le ragioni di un mancato miglioramento dei rapporti tra le due superpotenze è probabilmente dettato più dalla radicata diffidenza dei russi nei confronti degli Stati Uniti e dalla politica aggressiva di Vladimir Putin (vedi l’Ucraina), che dai proponimenti di Barack Obama. In ogni caso, dice il “Libro bianco”, il decennio che si concluderà nel 2020, vedrà spostarsi il baricentro degli interessi americani e degli impegni politico-militari del Pentagono decisamente verso l’Est, per giungere a un confronto, anche serrato, con i due Paesi che il Pentagono ritiene le controparti più impegnative: l’Iran nuclearizzato e la Cina in costante espansione. Anche questo si è compiutamente verificato: nel primo caso, il dialogo con Teheran è andato persino oltre le aspettative e ciò ha creato (e crea) non pochi malumori da parte di alleati importanti, come Israele e Arabia Saudita. Eppure, facendo essi parte della casella “Medio Oriente”, anche qui come da programma strategico, sono stati cinicamente trascurati per quella che si potrebbe a buon diritto chiamare ragion di Stato. L’Iran, insomma, oggi vale di più. Con la Cina, invece, probabilmente non basterà il 2020 per traguardare i risultati significativi, ma l’avvicinamento è certamente in corso d’opera. LOOKOUT 3 - marzo 2014 35 GeopoLitica Esercito americano nel mondo EUROPA 114,864 Canada 133 USA 1,230,468 Guantanamo 886 NORD AFRICA, MEDIO ORIENTE E ASIA DEL SUD Germania 152,452 UK 9,221 90,958 Italia 9,665 Honduras 397 CANADA E AMERICHE 1,491 Paesi / territori che ospitano truppe USA Afghanistan 97,000 Diego Garcia 261 AFRICA SUBSAHARIANA E OCEANO INDIANO 277 Corea del Sud 25,374 Giappone 35,598 Guam 2,985 Delta Force ASIA DELL’EST E PACIFICO 64,444 Note: i dati sono relativi a tutte le truppe americane, considerate anche quelle che hanno lasciato l’Iraq, ad eccezione di un piccolo contingente militare lasciato a difesa dell’Ambasciata americana a Baghdad Coerentemente con quanto racconta la cronaca internazionale, gli strumenti nuovi sui quali s’impernia la “dottrina Obama” sono con ogni evidenza: un’intelligence adeguata alle esigenze di lotta anche paramilitare e forze armate “leggere”, elastiche, in grado di intervenire rapidamente su tutti i fronti. Dalla lotta anti-terrorismo (che proseguirà anche con le eliminazioni mirate dei nemici dell’America, leggi i droni) al cyber spazio, dallo spazio alle aree strategiche dove in qualche modo la supremazia americana teme di essere messa in discussione. Anche qui il “Libro bianco” non mentiva. Nel febbraio 2014, però, il Pentagono, attraverso il Segretario alla Difesa, Chuck Hagel, ha sentito il bisogno di aggiornare il pamplhet di otto pagine, annunciando in mondovisione la progressiva riduzione delle forze armate convenzionali (in parte già cominciata parallelamente al “Libro bianco”) fino “ai livelli precedenti la seconda guerra mondiale”. Un salto indietro di 74 anni, per “concentrarci sulle sfide strategiche del futuro: 36 LOOKOUT 3 - marzo 2014 Fonte: The Military Balance 2014 Forze speciali americane nuove tecnologie, nuovi centri di potere e un mondo per certi aspetti con maggiori minacce per gli Stati Uniti”. A cosa alludesse Hagel con la seconda parte della frase non è molto chiaro, ma che tale riduzione del personale si renda necessaria è spiegabile con il peso ormai insostenibile delle buste paga, dell’assistenza sanitaria, del mantenimento delle basi militari nel mondo. In una parola, “meno Marines, più Terminators”. Questo nuovo annuncio non è tecnicamente in contraddizione con la “dottrina Obama” che abbiamo visto. Una dottrina per alcuni versi più aggressiva di quella Bush - vedi l’uso spregiudicato dei droni - che tuttavia dovrà fare i conti con una politica estera tout court che a tutt’oggi si è dimostrata ondivaga e traballante. Il punto è, infatti, politico e non militare: dalla Siria all’Iran, dalla Russia alla Cina, ancora sfugge il disegno generale del commander in chief. Non diteci che dalla “esportazione della democrazia” della famiglia Bush, gli Stati Uniti oggi si stanno rintanando nella “democrazia al risparmio”. Nata nel 1977, è una forza d’élite dell’esercito americano specializzata in operazioni di antiterrorismo, largamente impiegata in Iraq e Afghanistan. Armi ed equipaggiamento M4 carabina con lancia granate Pistola 9mm MP5 9mm mitragliatrice PSG-1 fucile da cecchino Mine direzionali Occhiali per visione notturna Codifica del segnale radio Navy SEALs Le Sea, Air and Land Forces sono le forze d’élite della marina statunitense, molto utilizzate in Vietnam, Iraq e Afghanistan. GeopoLitica uSa | di Alfredo Mantici D a quando circa nove mesi fa le rivelazioni prima e la fuga poi di Edward Snowden hanno messo in crisi l’NSA (National Security Agency), la più grande e costosa macchina spionistica americana, il presidente Barack Obama sta tentando con molte difficoltà di rimettere insieme i cocci di un sofisticato organismo di intelligence. Se le rivelazioni sull’intensa attività di spionaggio elettronico ai danni di capi di Stato stranieri, anche amici e alleati, hanno inferto un duro colpo alla credibilità dell’amministrazione americana nelle relazioni internazionali, le altrettanto dannose rivelazioni sullo spionaggio e sui controlli illegali - non solo di cittadini americani ma anche di membri del Congresso - rischiano di imbrigliare il gigantesco Golia cibernetico in una maglia di divieti e di controlli congressuali che ne potrebbero paralizzare l’attività. In una recente audizione di fronte al Congresso, il vice ministro della Giustizia James Cole ha dovuto ammettere che la NSA probabilmente ha intercettato le telefonate di membri del Congresso o di loro assistenti, affermando con un imbarazzo ai limiti del comico: “Noi probabilmente lo facciamo (cioè intercettiamo le telefonate, ndr), ma non siamo autorizzati ad ascoltarle a meno che non abbiamo ragionevoli sospetti che questi membri del Congresso siano collegati a minacce terroristiche”. Queste dichiarazioni hanno portato all’interno del Congresso acqua al mulino di quelle forze parlamentari che guadagnano ogni giorno più influenza, determinate a ridimensionare i poteri di spionaggio del presidente e dell’NSA. Per questo motivo, Obama sta tentando di correre ai ripari cambiando la governance dell’Agen- NSA, una poltrona per due Cambio al vertice dell’agenzia di spionaggio americana. La direzione va a un militare e a un civile Michael Rogers Il contrammiraglio è neo direttore dell’Agenzia Richard Ledgett Affiancherà Rogers come vicedirettore zia. Così, il direttore dell’NSA, Keith B. Alexander, è stato rimosso e al suo posto è stato nominato il contrammiraglio Michael Rogers. La scelta non è stata gradita dal Congresso, che si aspettava che dopo gli scandali la leadership militare dell’Agenzia venisse sostituita con un direttore civile. Molto probabilmente, Obama non se l’è sentita di contrastare il suo ministero della Difesa, che non voleva perdere il controllo di una struttura spionistica così potente. Ma non solo. Forse, per venire incontro alle richieste pressanti dei lobbisti del Pentagono, ha consentito a Rogers di cumulare la carica di direttore dell’NSA con quella di comandante dello United States Cyber Command (USCYBERCOM), l’unità di guerra elettronica che coordina tutte le operazioni militari nel cyber spazio. A favore di Rogers c’è la circostanza che non è stato coinvolto nelle intercettazioni illegali o inopportune che hanno scosso l’NSA. A suo favore hanno giocato anche la cono- scenza e l’esperienza accumulate sulle capacità di guerra elettronica della Cina, il più grande avversario degli Stati Uniti nelle cyber war. Per venire incontro alle richieste che volevano un civile a capo dell’NSA, Obama ha poi nominato vicedirettore Richard Ledgett, che non è un militare ma proviene dai ranghi dell’Agenzia. Egli era infatti capo della Divisione S3, il Signals Intelligence (SIGINT). Questa nomina potrebbe tuttavia incontrare l’opposizione del Congresso, perché Ledgett ha diretto le più aggressive unità di intelligence di penetrazione dei computer all’estero, comprese quelle di politici stranieri, e gestiva i programmi di acquisizione illegale o illecita di informazioni Prisme e Fairview, quelli che le rivelazioni di Edward Snowden hanno di fatto smascherato. Insomma, secondo alcuni parlamentari, Obama ha fatto due passi avanti e uno indietro. Ha sostituito un direttore travolto dagli scandali con una diarchia che non tranquillizza né all’interno né all’esterno, motivo per cui la nuova NSA avrà vita difficile nel Congresso di Washington. LOOKOUT 3 - marzo 2014 37 GeopoLitica La memoria degli elefanti Stati uniti | di B. Woods L’ opposizione repubblicana, in maggioranza alla Camera dei Deputati, ha tentato in tutti i modi di contrastare le politiche sociali del presidente, in nome del rigore dei conti e degli eccessi della spesa pubblica. L’Amministrazione Obama, tuttavia, ha avuto gioco facile nel dimostrare l’inconsistenza delle argomentazioni conservatrici: la quota di dipendenti pubblici è cresciuta nel corso delle recessioni sia del 1981 (Reagan), 1990 (H.W. Bush) e 2001 (G.W. Bush), mentre si è ridotta di 600mila unità proprio a partire dal 2008 (prima Amministrazione Obama). Inoltre, il deficit pubblico, dopo il picco raggiunto nel 2009 (con 1.400 miliardi di dollari, pari al 10% del PIL), si è ridotto a 845 miliardi di dollari (4,1% del PIL) 38 LOOKOUT 3 - marzo 2014 nel 2013 e, secondo il pubblico statunitense in Congressional Budget Ofmano straniera può rapfice (CBO), è atteso scenpresentare una minaccia dere a 514 miliardi di dolalla sicurezza nazionale, si lari (3% del PIL) nel 2014, è rivelata alquanto incoein linea con la media degli rente. Come riportato dal ultimi quarant’anni. Dipartimento del Tesoro, Le critiche repubblica- repubbLicani circa il 35% del debito ne si sono allora indirizza- Secondo loro americano è detenuto da te verso l’entità del debito soggetti esteri e tra questi il debito federale che ha superato i la Cina che, superando il è un’ipoteca Giappone, nel 2013 è di17.300 miliardi di dollari, pari al 107,4% del PIL, risulla crescita ventata il primo investitore. spetto al 30,6% dell’ammiL’idea che la Cina, con una nistrazione Carter, al 53% della secon- massiccia vendita del suo 8% di titoli, da amministrazione Reagan e al 77% possa minacciare la stabilità finanziaria della seconda amministrazione G.W. degli Stati Uniti innescando una spiraBush (vedi grafico). Per i Repubblicani, le di disinvestimenti con conseguente un debito pubblico così elevato rap- caduta dei corsi, è pura fantasia. presenta una formidabile ipoteca sulla Come ha chiarito lo stesso Pentagono, crescita, sul benessere delle generazio- non solo la quota in mano alla Cina è ni future e sulla sicurezza nazionale. troppo modesta per avere effetti signiCiò nonostante, anche la tesi secon- ficativi sull’economia statunitense (in do cui un’elevata quota del debito quattro anni la Federal Reserve ha FOCUS La crescita del debito pubblico S e negli anni Ottanta del secolo scorso la critica alla crescita del debito pubblico s’incentrava sull’effetto spiazzamento (crowding out), ovvero sulla diversione degli investimenti dagli impieghi privati verso i titoli del debito pubblico, nella prima decade degli anni Duemila tale critica si è concentrata sull’esistenza di un limite massimo nel rapporto debito pubblico/PIL, superato il quale la crescita economica di medio termine sarebbe irrimediabilmente compromessa. Sennonché Reinhart e Rogoff, i due famosi economisti dell’università di Harvard che - sulla base dell’esame di dati storici hanno identificato nel 90% questo limite, non solo sono incorsi in banali e forse non innocenti errori di calcolo nel trattamento dei dati utilizzati (Herdon, Ash e Pollin: Does High Public Debt Consistently Stifle Economic Growth? A Critique of Reinhart and Rogoff, Political Economy Research Institute Worriversato nell’economia quattro volte frenare la crescita economica cinese. king Paper 2013/322) ma sono stail valore dei titoli in mano cinese), ma In queste condizioni, pensare ad azioti smentiti anche da studi più rel’effetto di vendite massicce di titoli ni di terrorismo finanziario tramite la centi, secondo cui è la crescita USA comprometterebbe l’intera eco- vendita massiccia di titoli pubblici staeconomica debole a determinare nomia cinese. Almeno nel medio pe- tunitensi, francamente non appare alti livelli di debito e quindi le poriodo, fino a che cioè la Cina non avrà ipotizzabile nemmeno nell’armamenlitiche di austerità sono inapprocompiuto quel ri-orientamento della tario del Dottor Stranamore! priate, quando non destasua economia dalla dobilizzanti. Per Pescatori, manda estera a quella Debito Pubblico americano in relazione al PIL Sandri e Simon (Debt and interna (come indicato Growth: Is There a Magic dal Terzo Plenum del 150 Threshold? IMF Working Pa1940s 1950s 1960s 1970s 1980s 1990s 2000s 2010s Comitato Centrale del per 2014/34) non esiste Partito Comunista Cine120 una relazione tra livello se nel novembre 2013), del debito e crescita di mein quel della Città Proidio periodo, mentre vicebita dovranno guardarsi 90 versa appare determinante dalla crescita dei prezzi la traiettoria temporale del e dei salari, dalla riduzio60 debito pubblico: Paesi con ne della domanda interdebito elevato ma con un nazionale e dall’esplosiotrend decrescente hanno ne dei debiti delle im30 avuto una crescita compaprese private (attualrabile a quella di Paesi mente ben oltre il 140% 0 con basso debito. Fonte: White House Office of Management and Budget del PIL) che potrebbero LOOKOUT 3 - marzo 2014 39 GeopoLitica Il salario, come minimo... Obama ha messo a segno per decreto una delle sue bandiere elettorali. 10 dollari l’ora è il nuovo salario minimo garantito Quantitative easing (QE3) La politica monetaria espansiva è passata dagli 85 miliardi di dollari di acquisti sul mercato secondario di novembre ai 65 miliardi di dollari di gennaio, ultima operazione dell’era Bernanke 40 Stati uniti | di Ottorino Restelli propri dipendenti da 7,25 a 10,10 dollari l’ora, a partire dal prossimo gennaio. L’incremento della disuguaglianza sociale - solo parzialmente mitigato confortanti dati sulla ripresa economica e il sucdalle politiche redistributive finanziate cesso del ridimensionamento della politica mocon l’imposizione - non è altro che netaria espansiva (quantitative easing QE3), hanuna delle conseguenze indotte dalla no indotto il presidente Barack Obama a rompepolarizzazione dei redditi, causata dalre gli indugi e affrontare direttamente il tema del la concentrazione della qualità del lasalario minimo e della disuguaglianza sociale. voro (bassa e alta) e della progressiva Dopo aver anticipato nel Discorso sullo Stato dell’Unione perdita di rilevanza della classe media. alcune importanti proposte di politica sociale (ripristiIl declino della classe media verso no dei sussidi per i disoccupati di lunga durata, rioccupazioni a bassa retribuduzione del divario di genere nelle retribuzione (ristorazione, pulizioni, promozione dell’istruzione prescoRipresa zia, servizi alle persone, lare e della formazione professionale), il USA etc.) procede speditapresidente ha lanciato la campagna mente da oltre un TEN-TEN perché ovunque negli Stati ventennio, in conseUniti il salario minimo sia portato a guenza delle trasfor10,10 dollari l’ora. Va ricordato che (IV trimestre 2013) mazioni indotte nei l’ultimo aggiornamento del salario processi produttivi minimo è avvenuto nel 2009 e che il dalla sostituzione delle suo valore reale si è ridotto di oltre il mansioni di routine con 20% dai tempi di Reagan, rappresentando (PIL 2013) la cosiddetta computer tecosì un’intollerabile minaccia alle condizioni chnology. Ma con la Grande di vita dei lavoratori più deboli (come i dipenRecessione ha subito una violenta accedenti di fast-food, mense, lavanderie o i disabili). Forte lerazione. Di conseguenza, il mito della delle sue prerogative e senza attendere l’approvazione Terra delle Opportunità, cioè del Paedel Congresso a maggioranza Repubblicana, il 12 febbrase dove le possibilità di successo di un io Obama ha firmato il decreto che impone alle aziende giovane dipendono solo parzialmente e con appalti federali di aumentare il salario minimo dei I LOOKOUT 3 - marzo 2014 +3,2% +2% GeopoLitica non in modo determiche fu istituito nel nante dalla condizione 1975 e più volte rifieconomico-sociale della nanziato, assicurando sua famiglia, ha iniziato a un credito d’imposta La riforma ha vacillare. del 45%, pari a 6.143 il “volto” del La decisione del predollari sui primi primo Segretario 13.430 dollari guadasidente Obama di auLo studio Black and Devereux mentare il salario minignati da una famiglia al Tesoro (Recent Developments in mo, nonostante appaia con tre o più bambini, Intergenerational Mobility, più che legittimata dal contesto ecoe che rappresenta il più importante 2013), ha mostrato nomico e sociale, ha innescato un programma di sussidio degli Stati inequivocabilmente come la mobilità sociale esteso dibattito nella società statuniUniti. intergenerazionale negli Stati tense. Da una parte un numeroso Secondo questi commentatori, i Uniti, non solo è inferiore gruppo di economisti - oltre seicento, programmi di assistenza sociale sono a quella di altri Paesi tra cui diversi premi Nobel come J. Stiin grado di fornire un valido supporindustrializzati ma, anche glitz, M. Spence, R. Solow, T. Schelling, to alle famiglie in difficoltà, senza riladdove persista, varia E. Maskin, P. Diamond e soprattutto durre l’incentivo a trovare un lavoro fortemente da un’area Kenneth Arrow, il padre della modere precipitarle nella cosiddetta “Trapmetropolitana a un’altra. na assiomatizzazione dell’economia pola del Benessere” (Welfare Trap). Ciò in ragione di più fattori: la segregazione razziale e politica (ma dove sono gli italiani d’olPeccato però che simili programmi, reddituale, la disuguaglianza treoceano?) - che, in una lettera indinonostante la benedizione di econosociale, la qualità del sistema rizzata ai vertici del partito democratimisti della Scuola di Chicago come i scolastico, lo sviluppo co, ha sostenuto come i recenti sviluppremi Nobel G. Stigler e M. Frieddel capitale sociale e della pi della letteratura scientifica consenman, abbiano un elevato costo per il struttura familiare (ragazzi con tono di affermare che “l’effetto di un bilancio federale, che difficilmente genitori sposati hanno tassi di aumento del salario minimo sull’occul’amministrazione Obama riuscirebmobilità sociale più elevati se pazione è estremamente limitato [...] be a far approvare dal Congresso a vivono in comunità con poche Esso tuttavia, la può far crescere dumaggioranza repubblicana. famiglie monoparentali). rante periodi di debole domanda di lavoro. Le ricerche suggeriscono che un aumento del salario minimo potrebbe costituire uno stimolo, seppure limitaTrend dei 12 TASSO DI DISOCCUPAZIONE to, per l’economia a causa della spesa disoccupati 10 addizionale dei percettori di bassi salari che farebbe crescere la domanda e USA 8 6.6% quindi l’occupazione”. 6 Il tasso di Dall’altra, troviamo invece la stampa disoccupazione conservatrice - da Bloomberg a Forbes 4 è sceso al 6,6% e una sparuta pattuglia di economisti 2 a gennaio 2014. quali D. Neumark e W. Wascher, J. La percentuale 0 Meer e J. West e altri - che, sulla base 2008 ’09 ’10 ’11 ’12 ’13 2014 di disoccupati della teoria classica dei prezzi, ritensenza lavoro per gono che un aumento delle retribusei mesi o più è LA DISOCCUPAZIONE SECONDO LA DURATA zioni minime determinerà un aumenpari al 37,7% 100 e la durata media to del prezzo dei beni e servizi che 27 settimane o più 35.8% 80 di disoccupazione quel lavoro produce e, quindi, una riè scesa a 35 duzione della loro domanda a vantag60 settimane. da 15 a 26 settimane 16.6% gio di possibili sostituti. 40 Curiosamente, gli oppositori del deda 5 a 14 settimane 23.8% creto presidenziale ritengono che sa20 meno di 5 settimane 23.9% rebbe più producente rafforzare i pro0 grammi federali di assistenza sociale 2008 ’09 ’10 ’11 ’12 ’13 2014 Fonte: U.S. Labor Department come l’EITC (Earned Income Tax Credit), hamilton La mobilità sociale negli States LOOKOUT 3 - marzo 2014 41 GeopoLitica il punto di vista Tra mediazione e schizofrenia uSa | Giovanna Botteri* intervistata da Rocco Bellantone L’ Chi è Dalai Lama Sua santità il XIV Dalai Lama è Tenzin Gyatso, monaco buddista e leader spirituale del Tibet. Nato il 6 luglio 1935 a Taktser, Amdo, nel nord-est del Tibet, a soli due anni viene riconosciuto come la reincarnazione del XIII Dalai Lama, Thubten Gyatso. I Dalai Lama sono ritenuti manifestazione di Avalokiteshvara o Cenresig, il Bodhisattva della Compassione e santo patrono del Tibet. I Bodhisattva sono chiamati gli esseri illuminati che hanno rinviato il proprio nirvana e scelto di rinascere per servire l’umanità. 42 LOOKOUT 3 - marzo 2014 ultimo segnale nel confronto tra Washington e Pechino l’ha lanciato Barack Obama, il quale a fine febbraio non ha esitato a ricevere nella Map Room della Casa Bianca il Dalai Lama nonostante la prevedibile reazione negativa da parte di Pechino. È un messaggio forte nei confronti del governo cinese, anche se gli Stati Uniti hanno tenuto a precisare che la loro è una presa di posizione esclusivamente a sostegno dei diritti umani dei tibetani in Cina, e non per l’indipendenza del Tibet. D’altronde, la sfida tra USA e Cina soprattutto in questo momento non può che giocarsi su due livelli. C’è un primo livello, che è quello mediatico, in cui a turno i contendenti alzano i toni. Sta accadendo soprattutto per ciò che riguarda la questione siriana, con Pechino che, spalleggiata da Mosca, blocca sistematicamente in sede del Consiglio di Sicurezza ONU ogni tentativo d’intervento da parte degli Stati Uniti. C’è poi però anche un secondo livello, vale a dire quello diplomatico. È qui che entra in gioco l’aspetto economico, il nodo cruciale di questo confronto. La Cina, di fatto, con le sue esportazioni ha inglobato e sommerso il mercato americano, possedendone in pratica il debito. Obama ne è consapevole e sa anche perfettamente sin dove può spingersi. Lo stesso vale per certi aspetti nel Pacifico, dove ultimamente si è respirato vagamente un clima da Guerra Fredda. Qui gli USA sostengono il Giappone contro la Cina e la Corea del Sud nelle sue dispute con Pyongyang. Ma, in tempi di austerity, con i tagli che presto interesseranno anche l’esercito americano, la soluzione migliore è lavorare sulla mediazione. Assistiamo perciò a una relazione schizofrenica, i cui alti e bassi sono strettamente connessi agli interessi economici di entrambe le parti. *Responsabile sede RAI a New York GeopoLitica Fly me to the moon Spazio | N ella grande corsa dell’uomo nello spazio, c’è l’Ulisse di Omero e la canoscenza di Dante, ci sono i sogni di grandezza di Alessandro Magno e il coraggio degli Argonauti. C’è la scienza moderna e la gloria dell’uomo, la vanità mescolata al bisogno di misurarsi con l’infinito. E, da Yuri Gagarin in poi, c’è una lunga serie di progressi tecnologici, innestati nell’epico e ardimentoso confronto-scontro tra USA e Russia. Oggi, però, anche Pechino si affaccia alla corsa spaziale, a dimostrazione che anche la Cina ambisce a comparire in quel club esclusivo. Fin dagli anni Settanta gli scienziati mandarini iniziano a studiare e copiare le mosse della NASA, cercando di carpire quanti più segreti tecnologici possibile, nella speranza di competere un giorno con gli USA. Speranza che si è spenta a febbraio, quando il “Coniglio di Giada”, primo rover cinese spedito sulla luna, ha smesso di funzionare. “Down but not out”, è fermo ma non morto, hanno replicato gli orgogliosi tecnici della CNSA, l’agenzia spaziale cinese. Sarà. Ma se la Cina ha ormai raggiunto e superato gli USA in numerosi settori, il divario tra le due superpotenze in campo aerospaziale resta siderale. Il Programma spaziale cinese - timeline dei lanci 1960 1970 1980 1990 2000 Shenzhou 5 2003, primo volo spaziale umano Chang’e 1 2007, primo orbitaggio lunare Senza equipaggio Con equipaggio T-7A 1965, inviati otto topi vivi nello spazio Dong Fang Hong 1 1970, primo satellite cinese Fanhui Shi Weixing 0-2 1975, satellite di recupero Fengyun 1A 1988, satellite metereologico Tiangong 1 Space 2011, prima tappa della stazione spaziale Chang’e 3 Lunar (Coniglio di Giada) 2013, allunaggio Fonte: China National Space Administration; NASA 2010 Corea del Nord Kim Jong Un non rappresenta un pericolo reale per Pechino. Pyongyang è soltanto una sorta di satrapia, sostenuta da qualche aiuto cinese e dalle rimesse che i coreani del nord espatriati in Giappone mandano a casa. Basta osservare il Paese dallo spazio (foto) per capire l’arretratezza in cui versa: molte luci al sud, quasi nessuna al nord. Essa mantiene ancora un ruolo internazionale grazie alla minaccia nucleare ma, anche in questo caso, le provocazioni del giovane leader Kim si possono derubricare a un bluff. Il rischio c’è, ma non per la Cina o il Giappone, ed è determinato solo dal fattore umano. LOOKOUT 3 - marzo 2014 43 GeopoLitica L’opinione Come si svilupperà il confronto tra Usa e Cina nel Pacifico? maurizio molinari Corrispondente de La Stampa da Gerusalemme I l confronto è duplice. Da un lato c’è il contrasto tra la Cina e il Giappone sulle risorse marittime delle isole Senkaku/Diaoyu. Si tratta di un contenzioso che Pechino ha, in altre aree dell’Estremo Oriente, con più nazioni: dalle Filippine al Vietnam fino alla Malesia. La Cina ha bisogno di sempre maggiori risorse per sostenere la propria crescita interna e ciò la porta a innescare contrasti con i suoi vicini. È una situazione di tensione destinata ad aumentare perché Washington è determinata nel sostenere i diritti dei Paesi della regione, al fine di contenere la Cina, mentre la Russia al contrario è a fianco di Pechino, anche per difendere il controllo delle Kurili, strappate al Giappone negli ultimi giorni della seconda guerra mondiale. L’altro aspetto di questa crisi è ancora più esplosivo perché ha a che vedere con la guerra di intelligence tra Pechino e Washington. Se infatti la Cina ha esteso la propria zona di sicurezza aerea sopra le isole contese, è perché ciò le consente di ostacolare i voli degli aerei americani per la sorveglianza elettronica, ovvero una delle più importanti fonti di intelligence USA sulla Repubblica Popolare. È questo il motivo per cui il Pentagono ha spedito un B-52 sui cieli delle Senkaku poche ore dopo l’annuncio cinese. Da qui la previsione che entrambi i fronti di crisi nel Mar della Cina Orientale produrranno scintille in quantità. 44 LOOKOUT 3 - marzo 2014 francesco Sisci Giornalista e commentatore da Pechino per Asia Times A ttorno alle isole Senkaku/Diaoyu e nel Mar Cinese Meridionale, Pechino sta registrando dei successi. Questo serve anche per il rafforzamento della politica interna del presidente Xi Jinping, che così ha dalla sua parte uno strumento in più per farsi valere sull’ala del partito comunista cinese posizionata più a sinistra. Sulle Senkaku la Cina ha ottenuto un risultato importante perché è riuscita a ottenere l’appoggio di Taiwan e Corea del Sud, riuscendo di fatto a isolare il Giappone, su cui invece avevano puntato gli Stati Uniti. Passi in avanti rispetto a quattro-cinque anni fa la Cina li ha fatti anche nel Mar Cinese Meridionale, dove l’unico vero scoglio è rappresentato dalle Filippine, mentre la resistenza di Vietnam e Malesia è molto più morbida. Così la Cina gradualmente si sta allargando verso il Pacifico, forzando quella cintura di sicurezza che per decenni l’aveva tenuta bloccata. Questo processo assume forma concreta con la nascita di una delle marine potenzialmente più grandi del mondo. Le distanze sul piano militare (tecnologico e di prospettiva) rispetto agli Stati Uniti rimangono incolmabili. Ma l’operazione di sfondamento ormai è iniziata e Washington dovrà tenerne conto, considerato anche che la deriva nazionalista di Tokyo in questo momento non favorisce affatto la sua strategia. aLL neWS GeopoLitica Scozia turchia Verso il referendum per l’indipendenza Erdogan attacca l’impero di Gulen Secondo un recente sondaggio pubblicato dal Guardian, il 57% degli scozzesi voterà “no” al referendum sull’indipendenza dal Regno Unito in programma a settembre. I “Sì” sono fermi al 32%. D opo aver respinto nuove accuse di corruzione a suo carico, nella notte tra il 26 e 27 febbraio il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan ha fatto approvare dal parlamento una legge per la chiusura di 4mila istituti privati. Duro colpo per il suo oppositore Fetullah Gulen, considerato che mille di queste scuole sono controllate direttamente dal suo movimento, la confraternita islamica Hizmet. arGentina Caccia: Tel Aviv non si fida di Buenos Aires Libia Il fiasco della nuova Costituzione S i è concluso con un esito molto al di sotto delle aspettative il voto del 20 febbraio per la nomina dei membri del “Comitato dei Sessanta”, incaricato di redigere la nuova Costituzione. Alle urne si sono recati solo 500mila elettori (su 3,4 milioni di aventi diritto al voto). Le elezioni, contraddistinte da disordini e attentati in alcuni seggi, sono state boicottate dalle minoranze Amazigh e Tebu. R ischia di saltare l’acquisto da parte di Buenos Aires di 18 aerei da combattimento israeliani Kfir Block 60. Sulla chiusura della trattativa pesa soprattutto la scarsa affidabilità della Fabrica Argentina de Aviones Brigadier San Martin, che deve già saldare debiti nei confronti delle americane Honeywell e Hercules, della francese Turbomeca e della tedesca Grob. afGhaniStan Libano Hezbollah nel nuovo governo libanese Il ricambio generazionale di Al Qaeda S 42.618 econdo un rapporto pubblicaopo dieci mesi di stallo politico, il premier to dall’ONU Al Qaeda starebbe libanese Tammam Salam è riuscito a forringiovanendo i vertici e la base dell’organizmare un nuovo governo. All’esecutivo, zazione. Si va dalle reclute sempre più giovani composto da 24 ministri, partecipano il Movi(addirittura sin da 12 anni) a capi di livello memento 8 marzo, guidato da Hezbollah, e il Mogli immigrati dio o inferiore che in media non superano i vimento 14 marzo, di Saad Hariri. Per il futuro, il sbarcati in UE nel trent’anni, molto più capaci rispetto agli anziacandidato favorito per il ruolo di primo ministro terzo trimestre ni predecessori di sfruttare le nuove tecnologie 2013 è il generale Michel Aoun, vicino al Partito di Dio. per fare propaganda e arruolare nuove leve. D LOOKOUT 3 - marzo 2014 45 do you Spread? voci daL mercato GLobaLe L’Europa delle banche: investire o risparmiare? di B. Woods L o scorso dicembre la Volcker rule, dal nome dell’ex presidente della Federal Reserve, Paul Volcker (dal 1979 al 1987), chairman dell’Economic Recovery Advisory Board e consigliere del presidente Barack Obama, è stata definitivamente approvata dal Congresso degli Stati Uniti. La Volker rule, parte integrante del DoddFrank Wall Street Reform and Consumer Protection Act, approvato dal Congresso nel 2012 dopo le devastazioni prodotte dalla crisi dei mutui sub-prime, diventerà pienamente operativa nel 2015 e fa parte di quell’insieme di provvedimenti, come la creazione del Consumer Financial Protection Bureau (CFPB), l’agenzia indipendente di vigilanza sul rispetto delle norme di trasparenza nei mercati finanziari, che dovrebbero ristabilire l’ordinato e corretto funzionamento dei mercati e proteggere le famiglie americane da pratiche e comportamenti non equi, quando non da vere e proprie frodi, come quelle messe in atto prima del 2008 dalle grandi banche. Va ricordata in quest’ambito tanto l’azione penale intrapresa del Dipartimento della Giustizia attraverso il Procuratore Nazionale di New York contro JP Morgan, Goldman & Sachs, Bank of America e altre - ritenute colpevoli di comportamenti illeciti - quanto i recenti patteggiamenti miliardari volti a evitare l’incriminazione: ad esempio, JP Morgan il 19 novembre 2013 ha sborsato ben 13 miliardi di dollari. 46 LOOKOUT 3 - marzo 2014 La riforma Volcker separa ora l’attività di trading proprietario dalle attività condotte come banche commerciali per conto dei clienti: in particolare limita al 3% del capitale proprio gli investimenti altamente speculativi (compravendita di titoli, valute e derivati), il private equity e l’hedge funding. Come ha recentemente chiarito lo stesso Paul Volcker in una lezione tenuta agli studenti dell’università di Princeton, lo spirito della riforma è quello di “ricondurre al centro della cultura delle banche la tutela degli interessi dei clienti e non la logica dei profitti a ogni costo e al di là di ogni rischio”. Buona ultima, anche l’Unione Europea sta discutendo sulla riforma strutturale del proprio sistema bancario sulla base delle raccomandazioni (ottobre 2012) del gruppo di esperti guidato da Erkki Liikanen, ex-governatore della Banca di Finlandia. Il Rapporto Liikanen suggerisce di separare legalmente l’attività di trading proprietario da quello di banca commerciale e punta al rafforzamento dei coefficienti patrimoniali sulla base del riadeguamento degli indici di rischiosità degli impieghi, ben oltre i livelli indicati da Basilea III. Tuttavia, secondo il Financial Times, che ha dichiarato di aver avuto accesso all’ultimo documento redatto dalla Commissione (Europe set to soften bank split reforms), Bruxelles sembrerebbe intenzionata a lasciare un ampio margine discrezionale alle autorità nazionali (Banche Centrali) nella definizione del grado minimo di separazione delle attività PER SAPERNE DI PIÙ DO YOU SPREAD? - WWW.LOOKOUTNEWS.IT Paul Volcker Economista statunitense, già presidente della Federal Reserve sotto i presidenti Carter e Reagan Nel tondo: Paul Volcker bancarie, visto il livello di criticità e di affanno raggiunto dai sistemi bancari nazionali. In quest’ottica, le banche francesi e tedesche appaiono vulnerabili e fragili: per la ridotta capacità di assorbire le perdite (svalutazioni dell’attivo) in presenza di crisi; per l’esiguità del capitale proprio a fronte degli impieghi (rapporto di leva finanziaria o leverage ratio compreso tra 30 e 40, o ancora più elevato come sembra nel caso della Deutsche Bank); e, ancora, per la scarsa redditività degli impieghi tradizionali, soprattutto in una fase di credit-crunch. Per altri Paesi - come Spagna, Italia e sorprendentemente anche l’Austria - è l’esplosione delle sofferenze e dei crediti inesigibili a rendere difficile il ridimensionamento degli investimenti altamente speculativi (150 miliardi di dollari in Italia, pari al 7,7% dell’attivo; ben 197 miliardi di dollari in Spagna, pari al 13,7% dell’attivo, nonostante il prestito europeo del 2012; decine di miliardi di esposizione verso i Paesi dell’Est della Hypo Alpe Adria, già nazionalizzata dal governo austriaco nel 2009). L’aspetto comune di tutte le riforme è la necessità di operare, attraverso la costituzione di barriere patrimoniali e/o legali, una scissione tra la raccolta del risparmio (retail) e l’attività di banca d’investimento (investment). Questa indicazione rappresenta la presa d’atto formale del fallimento del modello di banca universale, affermatasi negli anni Novanta nei mercati finanziari mondiali in nome della profittabilità. Non si è ancora al ritorno della divisione tra banche commerciali e banche d’investimento, come stabilito dalle leggi bancarie degli anni Trenta, ma se la prospettiva non è quella di un ritorno al doppio circuito, almeno si intravede la necessità di affermare un modello che rimandi al gruppo polifunzionale. Quali altre alternative praticabili si offrono alle autorità internazionali, di fronte alla scarsa efficacia di provvedimenti come l’European Market Infrastructure Regulation o l’istituzione delle Controparti Centrali nei mercati asiatici e statunitensi, che si sono rivelati incapaci di contenere l’attività di investimento nei mercati non regolamentati (Over the Counter o OTC)? Val la pena di ricordare che nel giugno 2013 il valore nozionale dei contratti derivati ha raggiunto i 693mila miliardi di dollari, di cui oltre il 40% concentrato in JP Morgan, CityBank, Bank of America e Goldman & Sachs, superando ampiamente i 595mila miliardi di dollari del 2007. Ovvero, tutto come prima, anzi peggio di prima! LOOKOUT 3 - marzo 2014 47 raSSeGna Stampa internazionaLe europa media Watch Can Italy’s young political stars deliver? Le nuove star della politica italiana di Alan Johnston, corrispondente per la BBC in Italia “ Dall’articolo apparso su BBC News il 24 febbraio 2014 S paventosamente a corto di esperienza”. Alla vigilia del voto di fiducia, Alan Johnston definisce così il neo premier matteo renzi (nella foto). “Sebbene - prosegue il corrispondente della BBC egli non sia certamente a corto di fiducia in se stesso”. E ancora: “Il suo discorso al Senato segna l’apice di una straordinaria ascesa al potere. Renzi, infatti, non è mai stato eletto al parlamento, passando in un sol colpo dalla carica di sindaco a quella di primo ministro”. “È chiaro che non ci si potessero aspettare troppi dettagli dal suo primo discorso”, osserva Johnston. “Al contempo, tuttavia, fino a quando non emergeranno tutti i particolari del suo programma, sarà difficile credere che Renzi riuscirà effettivamente a realizzare tutto ciò che dice di poter fare”. Insomma, continua l’autore, anziché illustrare al suo uditorio, anche sommariamente, da dove verranno i soldi per questa o quell’altra riforma, il più giovane premier nella storia d’Italia ha sfruttato l’occasione per rendere nota agli italiani per l’ennesima volta la sua vision. Non manca, naturalmente, il riferimento all’altrettanto giovane squadra di governo, dall’età media di 47 anni. I sedici ministri - metà dei quali sono donne - incarnano, secondo Johnston, proprio quel cambio generazionale che costituisce forse l’aspetto più significativo dell’era renziana. “Ma - torna a rimarcare il corrispondente della BBC c’è un sentimento diffuso che il nuovo team sia a corto di esperienza, proprio come il suo primo ministro”. Non resta che attendere, conclude Johnston, se questo governo sarà o meno in grado di produrre risultati. LOOKOUT 3 - marzo 2014 49 raSSeGna Stampa internazionaLe africa e medio oriente media Watch Al Sisi il nuovo Nasser? No, grazie di Jamal Khashoggi, giornalista e politologo saudita, collabora con Asharq Al Awsat e Al Hayat U Dall’articolo apparso su Al Hayat il primo marzo 2014 n altro governo è caduto il mese scorso in Egitto. Dove ha fallito? Ancora una volta è stato incapace di varare riforme economiche per far uscire il Paese dalla crisi sociale che attraversa dalla destituzione di Hosni Mubarak in poi. È questa l’opinione di Jamal Khashoggi, secondo il quale in tanti rivedono nel generale Abdel Fattah Al Sisi il fantasma del glorioso Abdel Nasser. Ma “per il bene dell’Egitto ciò non è assolutamente auspicabile” scrive il giornalista. Se davvero l’Egitto intende risorgere, il futuro presidente non dovrà commettere gli stessi errori di Nasser. Il suo compito sarà piuttosto quello di partire da un piano di riforme necessario per rimettere in piedi un sistema economico che Nasser aveva contribuito a sgretolare e che né la politica della “porta aperta” di Sadat, né la Trickle Down Theory applicata da Mubarak hanno saputo risollevare. Il deficit egiziano ammonta a quasi 35 miliardi di dollari, pari al 14% del PIL nazionale nell’ultimo anno. L’ardua impresa di pareggiare questi due indici sarà possibile solo liberando il Paese dall’eredità nasseriana, contraddistinta da una massiccia spesa pubblica, da un esercito eccessivamente costoso, da sussidi pubblici salatissimi e da un’ingiustizia sociale cronica. “Qualcuno - conclude Jamal Khashoggi - potrà chiedersi come abbiano fatto il dittatore Pinochet e il generale golpista Evren a compiere dei miracoli economici in Cile e Turchia (pur se pagando un elevatissimo costo umano). Ma Nasser non è il modello giusto a cui guardare”. Il destino dell’Egitto è adesso nelle mani di Al Sisi: riuscirà a sfruttare il regime individualistico che ha creato per impostare la rinascita economica del Paese? Nella foto: il generale egiziano abdel fattah al Sisi LOOKOUT 3 - marzo 2014 51 raSSeGna Stampa internazionaLe aSia media Watch Losing Faith Perdere la speranza di Zoher Abdoolcarim, direttore dell’edizione asiatica di Time Magazine “ Dall’articolo apparso su Time Magazine il 3 marzo 2014 Nella foto: il primo ministro della Malesia najib razak L a Malesia dovrebbe essere un esempio di tolleranza religiosa. Sta dimostrando il contrario”. Così inizia l’articolo di Zoher Abdoolcarim che ha sollevato non poche reazioni in Malesia, le cui autorità minacciano adesso di prendere provvedimenti. Il direttore dell’edizione asiatica di Time Magazine sarebbe colpevole di aver sottolineato il progressivo deterioramento dell’equilibrio interreligioso nello Stato federale del Sudest asiatico. “La Malesia spiega Abdoolcarim - è importante perché, più dell’Indonesia e della Turchia, rappresenta un esempio di come un Paese può o non può riconciliare l’Islam con la contemporaneità. Il problema è che recentemente ha fatto degli enormi passi indietro in tal senso”. Abdoolcarim punta il dito contro il premier Najib Razak, il quale per placare i conservatori sunniti del suo partito, l’UMNO (United Malays National Organization), avrebbe ceduto alle richieste di una politica più intransigente nei confronti delle minoranze non musulmane, intaccando così gli equilibri interni su cui sinora si è poggiata la stabilità della società malese. Abdoolcarim cita in proposito gli arresti arbitrari di alcuni sciiti e il divieto dell’uso della parola Allah, in riferimento a qualsiasi Dio che non sia quello musulmano. E a conclusione cita le parole del Corano: “non c’è coercizione nella religione”, e ancora “in qualsiasi cosa tu sia diverso, spetta a Dio giudicare”. La risposta del governo malese? Il suo articolo è al vaglio di un’unità speciale del ministero dell’Interno e la rivista è finita sotto inchiesta. LOOKOUT 3 - marzo 2014 53 Tu gestisci il core business, noi pensiamo al resto. Specializzata nella progettazione e gestione di servizi di Facility Management per la conduzione delle attività no core delle aziende, MANITAL è in grado di operare su tutta la penisola con la forza di centinaia di aziende specializzate per settore di attività e per aree di intervento. Si rivolge alla Pubblica Amministrazione, ai Gruppi Industriali, alle medie imprese appartenenti ai diversi settori di attività. Un mix di professionalità e flessibilità al servizio del cliente. Il vosTro Facility Partner raSSeGna Stampa internazionaLe americhe media Watch Presidente cubano conversa con antiterrorista Fernando González Cuba accoglie “l’eroe antiterrotista” N Dall’articolo apparso su Tribuna de La Habana il 28 febbraio 2014 el 1997 un’ondata di terrorismo colpì Cuba. Diversi hotel vennero colpiti da attacchi terroristici e in un’esplosione morì anche un turista italiano. Per fermare le violenze l’allora presidente Fidel Castro creò un gruppo antiterrorismo a cui affidò il compito di sorvegliare i cubani dissidenti residenti all’estero, in modo da scongiurare nuovi attacchi. Nacquero così i “Cuban Five”, noti anche come “Los Cinco”, guidati da fernando González (nella foto). Nel 1998, però, tutti i membri del gruppo vennero arrestati dall’FBI in Florida con l’accusa di associazione criminale, cospirazione e possesso di identità false. Da quel momento, per gli Stati Uniti e per il resto del mondo, i “Cuban Five” sono diventati delle pericolose spie, mentre a Cuba il governo ne ha fatto degli eroi nazionali. Il 27 febbraio, dopo quindici anni di carcere, Fernando González è stato rilasciato. Giornali, tv e radio hanno ovviamente dato ampio risalto al ritorno del loro eroe in patria. “Il presidente cubano Raul Castro - si legge nella cronaca riportata dalla Tribuna de La Habana - ha ricevuto l’antiterrorista Fernando González da poco tornato nell’isola dopo aver scontato integralmente una condanna in un carcere statunitense che non meritava”. Toni celebrativi sono stati usati anche da altri quotidiani locali, per quella che sull’isola è stata definita come la fine di una lunga ingiustizia. “Gli altri agenti cubani - prosegue l’articolo - dovranno restare ancora dietro le sbarre, nonostante le tante campagne di solidarietà organizzate in diverse parti del mondo per la loro liberazione. Perché i Los Cinco, è bene ricordarlo, sono stati arrestati mentre davano la caccia a gruppi sovversivi che complottavano contro Cuba in territorio statunitense”. LOOKOUT 3 - marzo 2014 55 raSSeGna Stampa internazionaLe oceania media Watch Parliament to probe Manus Island riot Inchiesta sui disordini di Manus di Michael Gordon, Sarah Whyte e David Wroe, giornalisti del Canberra Times I Dall’articolo apparso su The Canberra Times il 5 marzo 2014 disordini registrati tra il 17 e il 18 febbraio nel centro di detenzione per richiedenti asilo dell’isola di Manus, in Papua Nuova Guinea, saranno oggetto di un’inchiesta da parte del parlamento australiano. Il bilancio di quella notte di violenza fu di un morto, il cittadino iraniano Reza Barati, e sessanta feriti. “Dopo aver ottenuto il sostegno del partito laburista - spiegano i giornalisti Michael Gordon, Sarah Whyte e David Wroe, autori di un servizio per The Canberra Times - la senatrice dei Verdi Sarah Hanson-Young ha i numeri per veder approvata la richiesta di effettuare degli interrogatori all’interno del centro”. Oltre ai migranti, verranno ascoltate anche le guardie della compagnia privata G4S, responsabile della sicurezza della struttura, gli agenti della polizia della Papua Nuova Guinea e i funzionari del governo australiano. “Dalle prime dichiarazioni rilasciate dai detenuti - sottolineano i giornalisti - risulta che alcuni imprenditori locali avrebbero invaso il centro, dopo che i detenuti avevano organizzato una protesta non violenta per avere risposte sulle loro richieste di asilo. E pare che già siano emersi i primi particolari sull’identità dell’uomo che ha ucciso Reza Barati”. Non è la prima volta che il centro di Manus finisce al centro delle polemiche. Già lo scorso anno diversi migranti avevano denunciato di aver subito abusi sessuali e torture. Gli occhi adesso sono puntati sulla condotta del ministro per l’Immigrazione e la Protezione delle Frontiere, Scott Morrison, esponente del partito liberale del premier Tony Abbott. E per il governo potrebbero arrivare nuovi problemi. Già in passato l’ONU aveva ritenuto l’Australia colpevole di violazioni del diritto internazionale per aver detenuto 46 rifugiati per oltre quattro anni. Nella foto: il ministro australiano per l’Immigrazione e la Protezione delle Frontiere Scott morrison LOOKOUT 3 - marzo 2014 57 Places Immagini dai luoghi meno conosciuti al mondo 58 LOOKOUT 3 - marzo 2014 riad, arabia Saudita Il principe Carlo indossa l’abito tradizionale saudita per la danza “Arda”, durante il festival di Janadriya (19 febbraio). changde, cina Un pompiere tenta di domare il fuoco divampato da mucchi di canne accatastate in una fabbrica di carta, nella provincia di Hunan (17 febbraio). Kolkata, india Un operaio al lavoro in una fabbrica che ricava dalle pelli di cuoio materiali che poi diventeranno fertilizzanti (3 marzo). Gorenichy, ucraina Un uomo siede nell’appartamento dell'ex procuratore generale ucraino Viktor Pshonka, durante l’assalto alla residenza di Yanukovich (24 febbraio). Stati uniti Una foto rilasciata dallo US Army Edgewood Chemical Biological Center (ECBC) mostra le apparecchiature per neutralizzare gli agenti chimici e le sostanze tossiche. Londra, regno unito L’inondazione di febbraio ha innescato la più grande operazione di salvataggio in Inghilterra dalla seconda guerra mondiale. (febbraio). Sicurezza uruGuay I presidenti e la guerriglia L’economia della marijuana venezueLa Cosa rischia il Paese di Maduro coLombia Il difficile dialogo con le FARC Los pre “Guerr 60 LOOKOUT 3 - marzo 2014 Sicurezza Il Paese sudamericano e il suo bizzarro presidente sono il volto del nuovo corso politico che attraversa il continente, dove ai vertici dello Stato siedono oggi molti di quelli che ieri combattevano le istituzioni. I casi di Brasile, Ecuador, El Salvador sidentes illeros” uruGuay | di Mariana Diaz J osè Pepe Mujica è il presidente di un Paese, l’Uruguay, dove ci sono più mucche che persone, ben 13 milioni di bestie contro 3,2 milioni di abitanti. È stato lui stesso ad affermarlo nel corso di un summit delle Nazioni Unite in Brasile, dimostrando il suo carattere informale e il suo singolare modo d’esprimersi. Nel 2010, poco prima di diventare presidente, aveva affermato: “L’Uruguay è un grande Paese, peccato che sia pieno di uruguayani”. Questo è Pepe Mujica, un capo di Stato che non indossa cravatte, ama la terra e parla da contadino. “Uno dei vantaggi di essere vecchio è che si può dire ciò che si vuole”, ripete spesso. Guida ancora un Maggiolino Volkswagen del 1987 (costato appena 1.900 dollari), non ha conti in banca né debiti e spesso si presenta agli incontri formali in ciabatte. Ma Mujica ha anche un passato da guerrigliero e oggi questa pesante eredità deve coesistere con la necessità di dare sicurezza agli uruguayani e al mondo. Perciò deve dimostrare che, nonostante i quattordici anni trascorsi in prigione, ha ancora la testa salda e che l’esperienza della galera non gli ha fatto perdere la ragione. Ma Pepe è uomo forte e, non a caso, il suo discorso alle Nazioni Unite del 2012 è già diventato un classico ed è persino stato nominato dagli internauti come il “più bello del mondo”. Settantotto anni e un po’ di sangue italiano - i nonni materni erano emigrati dalla Liguria, da un paese in provincia di Genova - dopo il ciclismo, si appassiona alla politica e negli anni Sessanta, a 24 anni, entra a far parte dell’appena nato Movimiento de Liberacion Nacional - Tupamaros (MLN-T), divenendone in poco tempo il leader. Non erano tempi facili: l’Uruguay allora era sommerso dalla crisi finanziaria e dalla scarsa capacità di azione del sistema politico, ma più in generale LOOKOUT 3 - marzo 2014 61 Sicurezza Salvate El Salvador! L’Uruguay di Mujica e il Brasile della Rousseff non sono gli unici esempi in America Latina dove ex guerrilleros sono diventati presidenti. Nel Salvador, la campagna elettorale ha visto lo scontro fra l’esponente della destra ARENA, norman Quijano, e Salvador Sanchez cerén del Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (FMLN), ex gruppo di guerriglieri diventato poi partito politico e che già nel 2009 vinse le presidenziali con Mauricio Funes. Con la vittoria di Salvador Sanchez Cerén (al momento in cui scriviamo i due leader sono ancora al ballottaggio), El Salvador sarà il terzo Paese ad avere un ex guerrigliero come presidente. Nel 1980, mentre Mujica scontava gli ultimi cinque anni in carcere, nasceva il FMLN. Il contesto geopolitico internazionale diviso in due dalla Guerra Fredda, fece sì che El Salvador divenisse terreno fertile per la lotta sociale contro le oligarchie che detenevano la ricchezza del Paese (il FMLN era in guerra contro le Forze Armate, sostenute dagli USA). Sanchez è stato uno dei principali comandanti di una guerriglia durata dodici anni - una lotta armata conclusasi con un saldo di 75mila morti - ma è stato anche uno dei firmatari degli accordi di pace promossi dall’ONU nel 1992, che permisero il passaggio del Frente Farabundo Martí da gruppo rivoluzionario a partito politico. La visita di Barack Obama nel 2011 e l’incontro con l'allora presidente Funes, primo esponente di sinistra al potere (FMLN), è stata catalogata come un segnale storico per la riconciliazione tra i due Paesi. Così come storico è stato l’abbraccio tra Sanchez Cerén e Jose Mujica nel 2012, in occasione della visita ufficiale in Uruguay del salvadoregno. Quell’abbraccio è diventato il simbolo di due nazioni che si riconoscono nel passato dei propri leader. 62 LOOKOUT 3 - marzo 2014 Norman Quijano leader del Partito della destra Arena Salvador Sanchez Cerén il nuovo presidente ed esponente dell’FMLN (sotto, il simbolo) ha un passato da guerrigliero Sicurezza Dilma schedata dalla polizia brasiliana era tutto il Latino America a risentire del peso di appartenere al “cortile di casa degli Stati Uniti” e, a fine anni Sessanta, i partiti socialisti e i movimenti estremisti erano ormai spuntati in quasi ogni Paese. Come in Brasile, dove una giovane Dilma Rousseff entrava a formar parte della POLOP (Organizazione dilma rousseff, classe 1947 e figlia di un Politica Operaria) e in El Salvador, dove erano in corso una seemigrato bulgaro (il vero cognome è infatti Rusev), rie di rivolte popolari che portarono il Paese alla guerra civile. si trovò a dover fare una scelta di vita, poco più che ventenne: abbracciare la rivoluzione sociale I Tupamaros, in quel contesto, ebbero molto spazio per organizattraverso il dialogo o attraverso la lotta armata? zare, attraverso la lotta armata, la loro idea di sviluppo sociale. Dilma scelse la seconda. Fu così che entrò a far Ma il tempo passa per tutti e molti dei giovani leader di allora parte del Comando de Libertação Nacional (Colina) oggi sono arrivati al potere, hanno sostituito ai fucili le parole, e e della Vanguarda Armada Revolucionária Palmares si sono dati un aplomb istituzionale. Eppure, non tutti sono di(VAR-Palmares). ventati presidenti del “Paese dell’anno”, come il settimanale britannico The Economist ha recentemente definito l’Uruguay. Poi arrivò il colpo di Stato in Brasile. Il regime militare Nel caso di Mujica, la lotta armata è stata parte della sua vita durò dal 1964 al 1985 e nei documenti della dittatura - mantenuti sotto segreto di Stato per quarant’anni e causa di ripetuti arresti. Come la prigionia nel carcere di si parlava anche del ruolo della “Giovanna D’Arco dei Punta Carretas, a Montevideo, dove fu rinchiuso nel 1970. rivoluzionari”, ovvero proprio la Rousseff. Dilma fu Chissà che penserà oggi il “presidente più povero del mondo” rinchiusa per tre anni nel carcere Tiradentes (1970) a del fatto che al posto del carcere (dove visse anche un paio San Paolo, con l’accusa di partecipazione nelle attività d’anni in isolamento dentro a un pozzo) adesso qui sorge un svolte dai gruppi guerriglieri (anche se lei ha sempre lussuoso centro commerciale, dove il marmo dei corridoi è ilnegato il coinvolgimento nelle azioni armate, luminato dallo scintillio delle vetrine dei negozi. Eppure, 43 ha ammesso di essere stata alla testa del gruppo). anni fa a Punta Carretas, Mujica e altri 111 uomini attraversarono quegli stessi passaggi - che allora non erano altro che un L’esperienza nella lotta armata, il carcere e le torture, forgiarono nell’acciaio il carattere di questa buco fra muri marci e fatiscenti - e fuggirono dal cardonna, che decise di restare in politica cere, compiendo un’impresa che tuttora viene ridiventando, nei Duemila, ministro cordata come “straordinaria”. dell’Energia dell’ex presidente Lula da Nel 1973, dopo il golpe che diede inizio Molti dei Silva, quindi capo di gabinetto, per alla dittatura uruguayana, Mujica venne proseguire l’ascesa fino all’attuale nuovamente arrestato. Ma questa volta presidenza. dietro le sbarre ci rimase fino al 1985 quando, con il ritorno della democrazia, il di allora sono presidente conservatore del Partito ColoBandiera rado, Julio Maria Sanguinetti, promosse oggi al potere Tupamaros l’amnistia che liberò Mujica e altri prigionieri politici. Di quell’esperienza, Mujica ricorda oggi: “Ero in totale isolamento e non parlavo con nessuno. C’era talmente tanto silenzio che ho sentito le formiche urlare”. In ogni caso, il passato da guerrigliero e la loquacità dell’ex tupamaro, sono serviti non poco al presidente. È grazie a quelAdios? l’esperienza, ad esempio, che le FARC (Forze Armate RivoluPepe Mujica zionarie della Colombia) si sono progressivamente fidate di lui e hanno infine accettato una sua mediazione - anche se non Secondo la Costituzione uruguayana formalmente - nel delicatissimo processo di pace con il goverun presidente può candidarsi una volta soltanto e deve attendere altri cinque no colombiano di Juan Manuel Santos, attualmente in corso a anni prima di ripresentarsi (art.152). Cuba. Mujica stesso aveva espresso il desiderio di contribuire al Alle prossime elezioni del 26 ottobre, processo di pace “più importante dell’America Latina”. Dopodunque, al posto di Pepe si presenterà tutto, è stato proprio il dialogo e l’abbandono delle armi ciò l’ex presidente Tabarè Vasquez che alla fine degli anni Ottanta permise ai Tupamaros di en(contro i candidati del partido Nacional trare a far parte della politica “ufficiale”, all’interno della coay Partido Colorado). lizione di sinistra Frente Amplio, che nel 2005 arrivò alla preÈ la conclusione di un governo sidenza dell’Uruguay con Tabarè Vasquez. emblematico per l’America Latina. Presidente e pasionaria Giovani Leader LOOKOUT 3 - marzo 2014 63 La legge sulla marijuana in Uruguay Sicurezza Dove cresce l’erba voglio Americhe a confronto: viaggio in Uruguay, in Colorado e nello Stato di Washington, dove l’acquisto e il consumo di marijuana per uso ricreativo è appena diventato legale america | di Dario Scittarelli I l 10 dicembre 2013 l’Uruguay ha dato il via libera alla legalizzazione della marijuana. A partire dall’aprile di quest’anno i maggiori di 18 anni la potranno acquistare regolarmente in farmacia. Ma c’è un limite: 40 grammi al mese, e per controllare questo tetto le autorità imporranno ai consumatori di cannabis l’iscrizione a un apposito registro. Per fare concorrenza al narcotraffico, il prezzo della marijuana legale dovrebbe essere di circa un dollaro al grammo: la stessa cifra alla quale viene spacciata oggi in Uruguay (dove, per avere un termine di paragone, un litro di latte costa in media 75 cent). Al momento, dunque, la finalità del governo di Mujica non è rimpinguare le casse statali con le imposte, né attirare turisti come nei Paesi Bassi (tant’è che la vendita agli stranieri non è consentita) ma, come ha dichiarato lo stesso presidente, “colpire il mercato nero attraverso lo stesso mercato”. Diverso, invece - più liberal e ovviamente più business oriented - l’approccio negli Stati Uniti, dove con il referendum del 6 novembre 2012 si è detto di sì alla legalizzazione della recreational marijuana in Colorado e a Washington. Stati dove, per inciso, l’utilizzo della cannabis per uso terapeutico era consentito già 15 anni fa. Sono infatti ben 21 le entità federali americane in cui la medical marijuana è legale, metà delle quali - come la California, prima fra tutte ad approvare nel 1996 l’uso della canapa a scopi curativi hanno abbinato al provvedimento anche la depenalizzazione del consumo personale. Ma parlavamo di business. Ebbene, in Colorado, dal 1° gennaio 2014, la marijuana può essere liberamente acquistata dagli over 21 negli oltre 120 esercizi commerciali che hanno aperto al pubblico, il cui numero - erano solo una trentina il primo dell’anno - sta crescendo di giorno in giorno. Qui l’erba si vende in once (poco più di 28 grammi), che è il quantitativo massimo che un residente del Colorado può comprare presso un singolo negozio. Non che vi siano, beninteso, limiti giornalieri o mensili come in Uruguay - così come non c’è schedatura dell’acquirente - ma è vietato avere con sé più di un’oncia di marijuana a meno che non si sia in possesso di una prescrizione medica. Detto questo, il consumatore di tipo recreational potrà andare a casa sua, “farsi una fumata”, e ritornare Marijuana In Uruguay la vendita parte ad aprile, mentre in Colorado è già nei pot shop da gennaio. Apriranno a giugno i negozi di cannabis nello Stato di Washington. Ogni individuo può coltivare fino a 6 piante di marijuana, per un raccolto annuale non superiore ai 480 grammi. Un istituto supervisionerà le licenze di produttori e venditori e il registro dei consumatori. Le farmacie possono vendere fino a 40 grammi mensili di cannabis a persona. La vendita agli stranieri è proibita. È permesso l’uso per fini terapeutici. Per uso medico serve la ricetta. Nella foto: panetti di erba accatastati È possibile consumare cannabis in club privati con un numero massimo di 45 membri. Non si può guidare se la soglia di THC* nel corpo è superiore alla soglia consentita. La vendita fuori dai canali autorizzati è illegale. 64 LOOKOUT 3 - marzo 2014 * Il tetraidrocannabinolo (THC), è il principio attivo della cannabis. Sicurezza anche allo stesso pot shop ad acquistare un’altra oncia. I visitatori provenienti da altri Stati americani o da altre nazioni sono i benvenuti e potranno acquistare un quarto di oncia per volta (7 grammi). Veniamo ora ai prezzi. L’unità di misura base per la marijuana in USA è l’ottavo di oncia, pari a 3 grammi e mezzo. Per questo quantitativo il prezzo nelle strade americane si aggira tra i 20 e 25 dollari. Ma, ora che è sugli scaffali dei negozi, si arriva a pagarla anche 70 bigliettoni, ovvero 20 dollari per un grammo (e un litro di latte negli States costa più o meno quanto in Uruguay). Un po’ è la legge universale della domanda e dell’offerta - maggiore è la richiesta più alto sarà il prezzo - e il resto sono tasse: il 25% per l’esattezza, più un 3% di altre imposte. Per quest’anno si stima che dalla vendita di marijuana il Colorado incasserà più di 100 milioni di dollari. E verso giugno anche lo Stato di Washington aprirà i suoi liquor store specializzati in erba: saranno 334, a fronte delle 2.206 richieste di licenza pervenute per la sola vendita. Sono invece quasi 5.000 le domande presentate al governo statale per la produzione e per la lavorazione della canapa. E anche questo è business. 17,4 Insomma - per dirla con Jeffrey Miron, ricercatore in economia alla Harvard University - l’equazione è semplice: legalizzare vuol dire ridurre i costi di arresti e processi e aumentare le entrate fiscali. Nel suo lavoro del 2010, The Budgetary Impact Of Ending Drug Prohibition, l’autore stima che - con la legalizzazione di tutti gli stupefacenti, e quindi anche cocaina, eroina e droghe sintetiche - gli Stati Uniti risparmierebbero annualmente circa 41,3 miliardi di dollari, di cui 8,7 miliardi ascrivibili alla sola marijuana. E, se si adoperasse, come in Colorado, un sistema di tassazione simile a quello già in uso per gli alcolici, le cifre sarebbero analoghe per gli introiti fiscali: 46,7 miliardi, di cui 8,7 provenienti dalle imposte sulla cannabis. Tralasciando per un attimo gli 88 miliardi di dollari che deriverebbero - tra risparmi e tributi dalla legalizzazione di soft drugs e hard drugs insieme, l’impatto complessivo della sola legal weed sulle casse degli Stati Uniti sarebbe pertanto il seguente: + 17,4 miliardi di dollari all’anno. miliardi di dollari la stima dei proventi annuali derivanti dalla legalizzazione della marijuana in USA PER SAPERNE DI PIÙ WWW.LOOKOUTNEWS.IT/PAESE/URUGUAY Il consumo di marijuana in Uruguay Prevalenza nella popolazione Frequenza d’uso negli assuntori abituali Tra i 15 e i 65 anni Dati 2011 2001 20 2006 2011 Una sola volta 20% Una volta all’anno 15 8,3% 10 Una volta al mese 29,9% 25,2% 4,9% 5 Fonte: Osservatorio Uruguaiano sulle Droghe (OUD) 8,7% Una volta alla settimana 21,1% 0 Ha provato una volta Negli ultimi 12 mesi Nell’ultimo mese Una volta al giorno 14,6% LOOKOUT 3 - marzo 2014 65 Sicurezza Il buio oltre il chavismo L’instabilità è l’unica costante che contraddistingue la fase sociale, politica ed economica che sta attraversando il Venezuela. Il presidente Nicolas Maduro per il momento resiste. Ma fino a quando? Quanto guadagnano i presidenti in America Latina venezueLa | di Hugo Enrique Peña Nieto, Messico 20.409 dollari D opo le elezioni generali di aprile 2013 non era un’esagerazione affermare che il Venezuela stava entrando in una vera crisi politica: si certificava infatti la fine dell’era di Hugo Chavez e cominciava un processo di lento deterioramento generale. Ciò che non si sapeva (e che non si sa nemmeno oggi) è quanto tempo resta prima di un’implosione definitiva del regime di Nicolas Maduro. Tale processo di crisi è ormai in procinto di minare seriamente la governabilità del Paese e se ne sono avute le prime avvisaglie durante le elezioni comunali di dicembre e con le violenze di piazza di questi giorni. Analizzando i risultati elettorali, il “chavismo” aveva i suoi motivi per essere moderatamente ottimista ancora ad aprile 2013, quando conquistò 98 Comuni, mentre già nella tornata di dicembre ne ottenne appena 75. Questo significa che fra un’elezione e l’altra i 66 LOOKOUT 3 - marzo 2014 chavisti hanno perso 23 Comuni e, probabilmente, alcuni di questi sono stati conquistati unicamente sull’onda emotiva della dipartita prematura di Chavez. In ogni caso, le ragioni della pur ridotta vittoria chavista non risiedono tanto nella tenuta del governo ma nelle debolezze proprie dell’opposizione. L’errore politico fondamentale è consistito nell’analisi errata dei rapporti di forza elettorali: le opposizioni hanno contato troppo sul cosiddetto “plebiscito contro Maduro” e aver preso come punto di riferimento i dati delle elezioni di aprile e dicembre per supporre la definitiva capitolazione del governo, si è rivelato un errore tattico. Così, all’interno dell’opposizione si sono presto scontrate due strategie: lanciarsi in un altro processo elettorale (appello lanciato dall’ex candidato Henrique Capriles) per capitalizzare il logoramento del governo oppure scegliere la via del cambiamento radicale e affrontare il chavismo nelle strade, facendo leva Michelle Bachelet, Cile 15.042 dollari Jose Mujica, Uruguay 12.500 dollari (il 90% devoluto in beneficenza) Dilma Rousseff, Brasile 11.764 dollari Cristina Kirchner, Argentina 10.000 dollari Juan Manuel Santos, Colombia 10.000 dollari Horacio Cartes, Paraguay 8.587 dollari Rafael Correa, Ecuador 7.000 dollari Nicolas Maduro, Venezuela 6.188 dollari Ollanta Humala, Perù 5.500 dollari Evo Morales, Bolivia 2.167 dollari Sicurezza FOCUS Anche gli studenti hanno manifestato malcontento. Tale sentimento è dovuto a più fattori: insicurezza (80 omicidi ogni 100mila abitanti); scarsità di alimenti; inflazione (56,2% nel 2013); regolamentazione dei prezzi; deterioramento dell’economia nazionale; corruzione. Rivolta in Venezuela: il bilancio Proviamo a fare un bilancio dei cambiamenti prodotti da queste giornate che stanno sconvolgendo lo scenario politico venezuelano: - Molti di coloro che si aspettavano cambiamenti in grado di portare benefici tangibili, cominciano ad ammettere che con Chavez si è costruito un progetto ad personam, che ha rinforzato solo il clientelismo tradizionale, la dipendenza dal petrolio e l’inefficienza statale. - Chavez ha politicizzato tutte le fasce della popolazione (fino a quel momento marginalizzate) in un’ottica populista. Per questo motivo, il confronto politico ha in breve polarizzato il Paese, generato antagonismo, indebolito le istituzioni statali ed eroso le libertà civili e politiche. - Con Maduro, tale strategia non ha fatto altro che rendersi ancora più evidente. Potrebbe persino dirsi che Maduro non è altro che una “vittima” delle decisioni precedenti di Chavez. sul diffuso malcontento dei cittadini. Leopoldo Lopez, leader del partito centrista Voluntad Popular e arcinemico di Maduro (ora in carcere per istigazione alla violenza nelle strade, associazione a delinquere, intimidazione pubblica, lesioni gravi, omicidio e terrorismo) ha fatto di questa seconda ipotesi la propria bandiera. Al contrario, l’antagonista politico Henrique Capriles ha prudentemente preferito non prendere parte alle manifestazioni, optando piuttosto per rinforzare la presenza dell’opposizione nei governi locali. L’atteggiamento di Capriles è stato definito “insurrezione pacifica progressiva”, mentre il presidente Nicolas Maduro lo chiama senza mezzi termini “colpo di Stato in corso” e continua ad accusare i dirigenti dell’opposizione e i diplomatici statunitensi di promuovere le manifestazioni antigovernative. - All’autoritarismo del governo si aggiunge oggi la debolezza del modello economico centrista. Ma la differenza fra le proteste attuali e quelle degli anni precedenti, è che adesso il governo non trova un’alternativa alla repressione e, in questo, l’aggressività dell’opposizione diviene funzionale. - Si sta producendo anche una lotta interna per la leadership all’opposizione: Henrique Capriles privilegia la strada delle elezioni mentre Leopoldo Lopez dal carcere promuove la radicalizzazione dello scontro. LOOKOUT 3 - marzo 2014 67 Scenari poSSibiLi Il futuro incerto del Paese I l processo ribellistico appena cominciato in Venezuela può essere contenuto momentaneamente, ma se il governo continua lungo la stessa linea economica e politica, sarà inarrestabile. Al momento, tutti gli scenari sono aperti e molto dipenderà dalla disponibilità del governo al cambiamento. Un patto Maduro-Capriles aprirebbe uno scenario diverso in Venezuela. Ciò nonostante, esistono varie possibiltà: 1 Il conflitto venezuelano si dirige verso uno scenario distruttivo. La definitiva esplosione sociale non ha ancora una data certa e dipende sia dalle azioni che intraprenderà il governo in materia economica sia dalle azioni politiche dell’opposizione. Ma anche dalla saggezza della Forze Armate e da imprevedibili fattori internazionali. Questo senario è altamente probabile. 2 La strategia di Lopez di rovesciare il governo attraverso la lotta nelle strade sembra difficile mentre le Forze Armate, la metà della popolazione e i governi di Brasile, Argentina, Ecuador, Bolivia, Nicaragua e Cuba, sostengono il presidente. Se lo scopo è ottenere uno scontro interno e fare poi appello internazionale alla NATO o all’UE, il piano dovrà aspettare quantomeno la risposta del governo. possibile. 3 Se vengono realizzate le riforme necessarie all’economia, il processo “callejero” sarà più lento. Al netto della capacità di Maduro di rinnovare il sistema ereditato, qui il presidente si gioca il suo futuro. improbabile. Breve termine Rinforzo dell’opposizione Insurrezione pacifica Deterioramento dell’economia Scoppio della rivolta Divisioni all’interno delle Forze Armate Agitazione interna Guerra Civile Scomparsa del Chavismo Altamente probabile 68 LOOKOUT 3 - marzo 2014 Medio termine Probabile Lungo termine Sicurezza Commenti È la prima volta che l’opposizione si manifesta apertamente contro il governo. Henrique Capriles tenta di opporsi all’ala radicale che esige l’uscita di Maduro e annuncia che incontrerà il presidente per trovare una via d’uscita alla crisi. Il processo d’insurrezione pacifica avrà successo se le classi popolari si sommeranno ai manifestanti (ma l’opposizione non ha controllo di quei settori). La scarsità di beni di prima necessità non ha avuto un alto impatto poiché il governo aveva creato una rete parallela di rifornimento (questo fa parte del piano politico “populista e clientelare”). Nonostante gli sforzi di Maduro, la classe media non lo segue più. I consensi che Maduro si aspettava di ottenere offrendo “una garanzia alla classe media per l’accesso ai consumi e ai servizi” si sono volatilizzati in seguito alla minaccia di nuove espropriazioni alle aziende che oltrepassano la soglia del 30% di ricavi. La “escalada” del conflitto Punto di non ritorno ................................................................. Andam ento d el Conflitto aperto Per adesso l’unità della Fuerza Armada Nacional Bolivariana (FANB) sembra indissolubile ma, mentre l’economia si addentra in una profonda crisi, le prime defezioni all’interno delle FANB potrebbero portare i vertici militari a non sostenere più un presidente improduttivo. Consapevole di ciò, in meno di un anno Maduro ha nominato 400 nuovi ufficiali in cariche di alta responsabilità “fuori dall’ambito castrense” (cioè cubano), ma anche 11 ministri e 10 viceministri militari. Tale militarizzazione dello Stato risponde al sospetto secondo cui l’esercito potrebbe rovesciare l’ultimo presidente chavista. conflit to Un governo che militarizza l’economia, cerca di silenziare i dissidenti, dichiara la guerra economica agli imprenditori (con l’aumento delle espropriazioni, controlli e prezzi bassi), censura i social network e i media, e minaccia il giornalismo indipendente con frasi come “arriverà la vostra ora”. Sono tutti fattori che conducono alla resistenza civile e allo scoppio di nuove rivolte. CONTENERE RISOLVERE PREVENIRE Contenimento L’attuale “insurrezione pacifica” dimostra che la situazione in qualsiasi momento potrebbe oltrepassare la leadership dei partiti e diventare una minaccia per la governabilità. I gruppi di sicurezza del governo paventano l’anarchia e terrorizzano la società civile con scenari apocalittici e con l’uso della violenza. Questa deriva contribuisce all’agitazione interna. Da regime ibrido o pseudo-democratico, la situazione è degenerata in una dittatura del terrore fomentata dai collettivi (gruppi armati sostenuti dal governo), dalla violenza della Guardia Nacional Bolivariana e dalla Policia Nacional Bolivariana. Maduro opta per rendere partecipi delle manovre conservative anche le Forze Armate. A loro si aggiungono, nelle periferie, circa 40mila consulenti cubani e organizzazioni come il Frente Francisco de Miranda, che in periodo elettorale è uso mettere sotto pressione gli elettori. Anche se l’attuale regime scomparisse, il chavismo come partito politico (PSUV) e movimento sociale resterà una componente politica ancora a lungo. Durante gli anni di governo, si sono infatti create reti sociali forti e il chavismo manterrà una base elettorale solida nei prossimi anni. La scomparsa definitiva del chavismo è oggi un’ipotesi altamente improbabile. Improbabile La “escalada” (aumento) si ha quando il conflitto cresce a causa di: - un innalzamento del livello di coinvolgimento emotivo dei partecipanti; - un numero di persone che si aggregano al conflitto, senza aver avuto esperienze precedenti; - un crescente uso della violenza; - un’espansione delle zone territoriali in cui si sviluppa. Il pericolo della “escalada” è dato dal fatto che, generalmente, risulta quasi impossibile invertire il processo. Altamente improbabile LOOKOUT 3 - marzo 2014 69 Sicurezza L’odissea colombiana coLombia | di V. Perugia L Guerra e pace si alternano in questa terra da quasi mezzo secolo. Se oggi la pacificazione tra governo e FARC è più vicina, le recrudescenze della parte più retrograda del Paese sono quasi una certezza e Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane (FARC) sono ancora oggi la più organizzata, attiva e pericolosa formazione guerrigliera operante in Colombia. Protagoniste da quasi cinquant’anni di una guerra civile che ha causato decine di migliaia di vittime, dal 2012 le FARC hanno accettato di avviare un dialogo dei proventi derivanti dal traffico di con il governo del presidente Juan droga e dalle estorsioni, pena l’estinManuel Santos e, in quest’ambito, zione “per fame”. Pur essendo un gruppo fortemente hanno partecipato a incontri che si sono tenuti a Cuba, con rappresentanti politicizzato in senso marxista-leninista, durante gli anni della Guerra delle istituzioni di Bogotà. Stando alle indiscrezioni fatte filtra- Fredda le FARC non hanno mai ricere da esponenti di ambedue le parti, i vuto supporto diretto o fondi né da colloqui cubani starebbero registran- Cuba né dall’URSS, riuscendo comundo qualche timido progresso e spin- que ad autofinanziarsi sempre. Nonostante i colloqui di pace, angendo verso una soluzione pacifica che di recente in diverdel conflitto interno. se regioni della ColomTuttavia, le FARC oggi bia si sono registrate contano circa 3mila miazioni dei guerriglieri liziani e 8mila combatFARC contro mezzi di tenti rurali, il cui mantrasporto pubblico, imtenimento costa alla pianti petroliferi, edififormazione rivoluzioci governativi. Gli attacnaria qualcosa come chi sono stati effettuati 200 milioni di dollari Juan manueL con automobili imbottil’anno. SantoS te di esplosivo, granate Per questo, anche se l’organizzazione ha no- Le proiezioni danno e bombe rudimentali. tevolmente diminuito il presidente al 25%. Tali azioni sono opera dei comandanti rurali il ricorso ai sequestri di Il voto di dei distaccamenti delle persona come fonte di maggio dovrebbe FARC, dei veri e propri autofinanziamento, non “signori della guerra”: riconfermarlo ha potuto fare a meno 70 LOOKOUT 3 - marzo 2014 ignoranti, violenti e abituati al controllo assoluto del territorio e delle popolazioni soggette, sono coloro che solo difficilmente potranno accettare la richiesta di smobilitazione generale che potrebbe anche scaturire dai colloqui di pace. Le bande armate rurali delle FARC, infatti, specie dopo il successo della politica antidroga del governo - che ha portato allo smantellamento dei cartelli di Cali, Medellin e della Valle del Nord - sono oggi diventate ancora più potenti che in passato, perché hanno occupato lo spazio lasciato vuoto dalle grandi organizzazioni del narcotraffico. Secondo la stragrande maggioranza di osservatori e analisti, è presumibile dunque che, qualora i colloqui tra i vertici delle FARC e il governo colombiano dovessero avere esito positivo, gli accordi di pace saranno maldigeriti e continueranno a essere Cronologia essenziale delle FARC 1964 Nascono le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia, note anche con la sigla FARC-EP, ovvero Ejército del Pueblo. 1985 Le FARC e alcune formazioni politiche di sinistra fondano il partito Unión Patriótica, che ottiene un discreto successo alle elezioni l’anno successivo. Migliaia dei suoi membri verranno tuttavia uccisi nel corso degli anni da gruppi paramilitari di destra e i suoi leader costretti all’esilio. Il partito sparirà dalla scena politica nel 2002. 1998 Il presidente Andrés Pastrana osteggiati proprio da quelle centinaia di distaccamenti rurali che oggi vivono (e sopravvivono) grazie ai traffici criminali. In caso di esito positivo dei colloqui, dunque, le FARC potrebbero subire un processo di frammentazione che le trasformerebbe in una miriade di piccole formazioni armate paramilitari e autonome, le quali continuerebbero - per pura necessità di sopravvivenza nei loro traffici criminali. In altri termini, è difficile essere ottimisti in merito ai colloqui di Cuba. Le FARC, o le micro formazioni nate dalla loro possibile polverizzazione, continueranno a costituire un problema con il quale sarà necessario fare i conti ogni qualvolta si discute di sicurezza in quelle aree della Colombia, come la Valle del Cauca, dove sono tuttora presenti e fortemente operative. FARC & ELN Le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia e l’Ejército de Liberación Nacional sono le due formazioni ribelli operative in Colombia dal 1964. Nonostante la massiccia repressione delle forze armate abbia drasticamente ridotto le loro unità, sono oggi stimate rispettivamente in circa 8.000 e 3.000 uomini. Le due formazioni sono considerate organizzazioni terroristiche da Stati Uniti e Unione Europea. demilitarizza e cede al controllo delle FARC un’area nel sud della Colombia di 42.000 km2 con l’obiettivo di persuadere il gruppo a intraprendere negoziati con il governo. I colloqui di pace inizieranno l’anno successivo, ma ben presto le FARC abbondonano le trattative. 2002 Il presidente Álvaro Uribe Vélez rimilitarizza il territorio precedentemente ceduto alle FARC in conseguenza del rapimento, ad opera dello stesso gruppo, del senatore Jorge Eduardo Gechem Turbay. Il senatore, insieme ad altri esponenti politici sequestrati nello stesso periodo, verrà rilasciato nel 2008. Ha inizio una massiccia offensiva militare contro le FARC, condotta da Uribe fino al termine del suo mandato nel 2010. 2008 Alfonso Cano diventa leader delle FARC con la morte di Manuel Marulanda Vélez, capo storico e fondatore del gruppo. Cano verrà ucciso nel 2011 nel corso dell’Operación Odiseo delle forze armate colombiane. LOOKOUT 3 - marzo 2014 71 Sicurezza coLombia | di Mariana Diaz S La pax cubana tando alle cifre fornite dal Centro Nacional de Memoria Historica di Colombia (CNMH), dalla nascita delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) nel 1964, sono stati 5,7 milioni gli sfollati, Il governo colombiano e le FARC potrebbero trovare 220mila i morti, 25mila i desaparecidos e 30mila i sequestri. Da oltre due de- a L’Avana l’accordo decisivo per porre fine a mezzo cenni il governo colombiano cerca di secolo di conflitto. raggiungere degli accordi con i guer- L’intervista all’esperto carlos prieto riglieri, senza però ottenere risultati soddisfacenti. L’ultimo negoziato, iniziato nel 1998 e durato tre anni, si è bilancio delle forze era invece concluso senza esiti concreti. favorevole alle FARC”. Nel 2012 i colloqui di pace sono riMa la vera sfida per i colompresi a L’Avana, e sembra che questa biani arriverà quando gli acpotrebbe essere la volta buona. In Co- cordi saranno siglati: come lombia sono in molti a essere ottimisti, verranno inclusi nel nuovo come conferma Carlos Prieto, ricerca- processo politico i guerriglieri tore della Fundacion Ideas para la Paz e come si comporterà lo Stato di Colombia (FIP), centro di studi co- con gli eventuali gruppi di rilombiano specializzato sul conflitto ar- belli che rifiuteranno gli acmato condotto dalle FARC in questi cordi? Sono questi gli inanni. “Mai prima d’ora si era terrogativi attorno a progrediti così tanto nelle cui ruota l’attuale negoziazioni - spiega dibattito pubNel 2012 Due risultati sono stati blico in Coraggiunti, quello sulla sono ripresi a lombia. “I citredistribuzione delle tadini - sottoterre e quello sulla linea Prieto - si partecipazione poliaspettano che i i colloqui di pace tica dopo il conflitto. guerriglieri depontra governo Ancora restano in sogano le armi. È proe ribelli speso temi come la giubabile che vi saranno stizia per i familiari delle dei dissidenti, specie in vittime, ma la sensazione è quei segmenti della guerriVittime che da adesso non si tornerà più glia che ha maggiori legami con il Si calcola indietro”. narcotraffico”. che la guerriglia In Colombia sembra che persino il La questione della partecipazione abbia prodotto: tempo sia favorevole alla risoluzione politica rimane invece legata al prooltre 200mila del conflitto. Infatti, a differenza del- cesso giudiziario che verrà avviato al vittime; 5,7 milioni le precedenti trattative, questi nego- termine delle trattative. L’ultima pasfollati; 25mila ziati sono stati molto più veloci. “Con- rola, però, spetterà ai cittadini. desaparecidos; siderando il ritmo delle negoziazioni “Il patto che verrà firmato a Cuba 30mila sequestri. continua Prieto -, penso che possiamo conclude Prieto - dovrà essere ratificaaspettarci una conclusione forse già to dai colombiani attraverso un refeentro la fine di quest’anno. Adesso lo rendum. Ma se non si troverà un comStato è in grado di porre delle condi- promesso sul disarmo, difficilmente l’aczioni ai guerriglieri. Dieci anni fa il cordo verrà accettato dalla gente”. L’avana 72 LOOKOUT 3 - marzo 2014 Sicurezza La Santa Muerte massimo canevacci, antropologo dell’Università di Sao Paulo, spiega origini e globalizzazione dei culti religiosi in Centro e Sud America i maGGiori ricercati aL mondo di Rocco Bellantone N el meltin pot etnico che contraddistingue le tante culture latinoamericane, c’è un mondo a sé che giace sospeso tra questa vita e l’aldilà, per conoscere il quale di certo non basta specchiarsi nei corpi tatuati dei narcos messicani. La dimensione in questione è quella della morte, un “viaggio” frutto di un’esperienza mistico-religiosa a cui ha avuto il privilegio di partecipare l’antropologo italiano Massimo Canevacci, da quattro anni visiting professor presso l’Università di Sao Paolo. Ecco la sua testimonianza. Quanto dista il nostro concetto di morte da quello delle culture latinoamericane? Rispetto ai monoteismi di cristianesimo e Islam, in diverse culture dell’America Latina tra la vita e la morte non vi è un dualismo irriducibile. Piuttosto che scontrarsi, queste due dimensioni si rincorrono sino a transitare l’una nell’altra. Qualche tempo fa ho partecipato a un funerale in una comunità indigena Bororo, nella regione brasiliana del Mato Grosso. E ho avuto modo di vedere quanto sia complesso il rituale della morte. Dopo un trattamento che dura circa un mese, al momento della luna piena il cadavere della persona deceduta viene spellato fino a lasciarne solo le ossa (e poi lavato dal coniuge). Il teschio, che nella nostra cultura rappresenta il tetro destino della morte, viene lavato e purificato, colorato con tinte vegetali. La morte diventa così un rituale danzato e cantato, digiunato e alterato fino al fenomeno della trasfigurazione. Qual è, invece, la storia della messicana Santa Muerte? In Messico il giorno del ricordo dei morti è vissuto come una festa e non come un lutto. Qui, però, la divinità della morte ha assunto le sembianze della famosa Santa Muerte (foto), principalmente perché in questi luoghi, soggetti in passato a lunghe dominazioni, il rapporto tra l’uomo e Madre-Terra è sempre stato profondissimo. Poi ci sono state la globalizzazione e le migrazioni di massa, che hanno comportato il graduale stravolgimento di questo culto. Come si è arrivati alla “narcotizzazione” di questo culto? Non solo i cartelli della droga del Messico ma anche la mafia siciliana o la ’ndrangheta calabrese affermano la loro egemonia sul territorio, oltre che con la forza e le armi, anche attraverso i simboli religiosi. Attraverso questa legittimazione sacrale, i narcos condividono così con le organizzazioni criminali internazionali lo stesso linguaggio simbolico. Ovviamente, però, così facendo la loro religione da sacra diventa dissacrata. Perché questa ossessione per il teschio e lo scheletro? Santa Muerte ha una fortissima connotazione feticista. Il suo volto è serafico, le sue ossa seduttive. È una morte viva che per certi aspetti si ricongiunge all’uomo attraverso la pratica dei tatuaggi. È dunque una morte sorridente, ormai lontana dai famosi Tristi Tropici di Levi Strauss. ismael zambada “el mayo” 5,000,000 $ nazionaLità Messicana (El Álamo, stato di Sinaloa) Gruppo di appartenenza Cartello di Sinaloa capo di imputazione Traffico internazionale di droga. Numero due del cartello di Sinaloa fino all’arresto del “Chapo” Joaquin Guzman. note 66 anni, narcotrafficante dagli anni Ottanta sotto Miguel Angel Félix Gallardo (“Il padrino”) ed Ernesto Fonseca Carrillo. Dal 2001 diventa l’ombra di Guzman. Gestisce i contatti con i produttori colombiani della cocaina diretta negli USA. Vive in un ranch tra le montagne, ha due figli in carcere negli Stati Uniti e una moglie con cui ha fondato un rifugio per ragazze madri chiamato “Niño Feliz”. Secondo il goveno messicano è una copertura per riciclare denaro sporco. Nella foto, “El Mayo” (a sinistra) insieme a “El Chapo” Guzman (col cappello) LOOKOUT 3 - marzo 2014 73 Sicurezza L’opinione Cosa resta oggi del socialismo in America Latina? rocío montes Giornalista cilena per Revista Caras e autrice del libro Hijas de General N on è più possibile parlare di socialismo in America Latina secondo i parametri classici. Ogni Paese ha la propria realtà. Nel caso del Cile, è stata appena rieletta la socialista Michelle Bachelet, anche se durante la campagna elettorale la nuova presidente ha preferito prendere le distanze dal chavismo, che non è affatto visto di buon occhio dai socialisti cileni. La Bachelet ha alcuni elementi in comune con Cristina Fernandez Kirchner, con l’Uruguay di Jose Mujica e con il modello venezuelano, ma il socialismo cileno segue una linea molto diversa. I governi di sinistra che abbiamo avuto dal 1990 - interrotti dalla parentesi conservatrice di Sebastian Piñera, presidente dal 2010 al 2013 - non hanno proposto un modello socialista nel senso stretto del termine, bensì un modello neoliberale con diversi elementi di protezione sociale, come il superamento della povertà e la riduzione della disuguaglianza. Invece, in altri Paesi ci sono state delle riforme radicali, come ad esempio in Argentina. Ma in Cile in nessun caso verrà statalizzata un’azienda straniera, sarebbe disastroso. La politica che propone Micelle Bachelet si avvicina piuttosto al modello brasiliano di Dilma Rousseff. 74 LOOKOUT 3 - marzo 2014 miguel angel bastenier Giornalista per El País e insegnante per Fundación Nuevo Periodismo Iberoamericano I l socialismo è un’illusione del passato? Dipende da cosa intendiamo per socialismo. Per quanto riguarda l’America Latina, nei Paesi “bolivariani” non c’è socialismo né un progetto socialista, ma vi sono semmai dei modelli assistenzialisti. In Venezuela, ad esempio, lo Stato non intende trasformare il capitalismo ma vuole che esso gli “ubbidisca”. Cuba, seguendo la linea del modello cinese, sta invece progressivamente abbandonando il socialismo. In Bolivia si parla dell’adozione di un socialismo comunitario, pre-colombiano e indigeno, ma per adesso è solo fantasia. In Ecuador, il presidente Correa vuole uno Stato sviluppato e moderno, su cui intende applicare un impianto socialdemocratico. Anche qui, però, siamo fermi alle buone intenzioni. Insomma, il socialismo del XXI secolo non è altro che uno slogan. Ed è terribile che tutti gli sforzi - che indubbiamente hanno migliorato la qualità della vita delle classi meno abbienti - si paghino con gravi limitazioni alla libertà di espressione. Nell’universo bolivariano una relativa giustizia sociale non è compatibile con la libertà politica. Anche se, è bene sottolineare, nessuno di questi Paesi oggi è una dittatura. aLL neWS Sicurezza arabia Saudita Cambio ai vertici dell’intelligence Il principe Bandar Bin Sultan non è più il capo dei servizi segreti sauditi. A sostituirlo è stato il ministro dell’Interno Mohammed Bin Nayef, che ha da subito assunto la piena responsabilità delle operazioni militari a sostegno dell’opposizione al regime siriano di Bashar Assad. C’è chi vede lo zampino della CIA in questa sostituzione. Stati uniti L’esercito si consola con il “fucile intelligente” D opo i tagli annunciati da Barack Obama, l’esercito americano prova a consolarsi con l’acquisto dei prototipi di un nuovo fucile dotato di un sistema che impedisce al grilletto di fare fuoco se l’obiettivo non è perfettamente allineato al mirino. L’arma è inoltre dotata di un computer con sistema operativo Linux in grado di calcolare 16 variabili, tra cui la temperatura, il movimento rotatorio del proiettile e la direzione del vento. eGitto Stati uniti Il Cairo mette fuori legge Hamas A processo i leader di Al Qaeda L È a corte egiziana ha messo fuorilegge Hamas, vietando tutte le sue attività nel Paese e ordinando il sequestro della sua sede al Cairo. L’accusa, mossa nei confronti del movimento radicale palestinese, è di aver complottato per compiere attentati nella penisola del Sinai, al confine con Israele, servendosi dell’appoggio dei Fratelli Musulmani. iniziato il 3 marzo a New York il processo al kuwaitiano Suleiman Abu Ghaith, genero di Osama Bin Laden. Arrestato nel 2013 in Giordania, l’ex portavoce di Al Qaeda è accusato di aver organizzato un attentato per dirottare un volo Parigi-Miami nel dicembre del 2001. Nello stesso mese, di fronte alla corte americana, sono finiti altri due noti esponenti qaedisti: Mustafa Kamel Mustafa, alias Abu Hamza Al Masri, e il libico Abu Anas Al Libi. ruSSia Cresce l’impero delle basi militari corea deL nord Rimpatriato il cargo sequestrato a Panama M osca ha avviato le trattative con Cuba, Venezuela e Nicaragua per installare nuoopo mesi di attesa, il governo nordcoreano ve basi militari per il rifornimento dei propri bomottiene il rientro della nave fermata nelbardieri. Ma non solo. Dopo i contratti per le forl’estate scorsa all’ingresso del Canale di niture militari firmati con Egitto e Algeria, il Panama con a bordo armi provenienti da Cuba. Cremlino guarda anche all’Oceano Indiano e Per il rilascio, Pyongyang ha dovuto pagare una le vittime totali del al Sudest asiatico. Il ministro della Difesa russo, multa di 693mila dollari, senza però ottenere la conflitto tra Boko Sergei Shoigu, ha confermato i contatti con restituzione delle 10mila tonnellate di zucchero Haram e il governo Vietnam, Seychelles e Singapore. sequestrate. nigeriano D 5.000 LOOKOUT 3 - marzo 2014 75 Spy GameS Storie di SpionaGGio e controSpionaGGio 10 giorni a novembre Nel 1983, per un gioco di guerra, il mondo rischiò l’olocausto nucleare N OLEG GORDIEVSKIJ Nato a Mosca nel 1938, dopo la laurea presso l’Istituto di Stato per le Relazioni Internazionali, entra nel KGB. Assegnato alla residenza di Copenaghen, nel 1972 diventa un agente dell’MI6 inglese. Dopo essere stato scoperto nel 1985, fugge in Occidente. Oggi vive in Inghilterra. 76 LOOKOUT 3 - marzo 2014 el 1983 Hollywood produsse un film di grande successo intitolato War Games in cui si raccontava di una gravissima crisi nucleare tra Stati Uniti e Unione Sovietica innescata da un super computer stuzzicato da un giovane hacker. Gli spettatori che nei cinema di tutto l’Occidente seguivano il crescendo di tensione, di suspense e di colpi di scena, non immaginavano che negli stessi momenti fuori dalle sale stava andando in onda una crisi vera e propria, una crisi che ha portato vicinissimi Washington e Mosca allo scontro atomico. Dopo l’insediamento di Ronald Reagan alla Casa Bianca nel gennaio 1981, mentre un Leonid Breznev molto ammalato reggeva le redini dell’URSS, la dialettica tra le due superpotenze registrò un crescendo di toni, di accuse reciproche, di minacce e di insulti decisamente impressionante dando inizio a quella che gli storici definirono poi la seconda Guerra Fredda. Il KGB diretto da Yuri Andropov, allarmato dal mutamento di linea politica nel passaggio dall’amministrazione Carter, debole e incerta, all’amministrazione Reagan, spavalda e aggressiva, decise di avviare la più costosa e impegnativa operazione di spionaggio mai attivata dai russi in Occidente: l’operazione “RYaN” (“Attacco nucleare missilistico”). Dal maggio del 1981 “RYaN” vide tutte le residenze del KGB in Occidente mobilitate nella ricerca di ogni minimo indizio che indicasse un’accelerazione delle politiche militari NATO verso la guerra. Tutti gli agenti sovietici dovettero abbandonare le attività di routine per dedicarsi a uno sforzo informativo volto a identificare e monitorare tutti gli indicatori, anche i più banali, di una mobilitazione occidentale: dall’aumento delle quantità di sangue da trasfusione alla costruzione di nuove infrastrutture come ad esempio le metropolitane da utilizzare come rifugi antiaerei, dall’analisi di tutte le parole dei leader politici occidentali ai messaggi degli alti esponenti del clero. Del tutto ignara dell’operazione “RYaN”, e delle motivazioni paranoidi che ne erano alla base, il Pentagono decise autonomamente di iniziare a “scherzare col fuoco” con i russi, per dare ai sovietici una dimostrazione della nuova policy dell’amministrazione che intendeva trattare la controparte a muso duro. Cominciarono così sortite improvvise di caccia e di bombardieri americani all’interno degli spazi aerei sovietici e aggressive puntate sottomarine ai confini marittimi del Patto di Varsavia e nelle vicinanze delle basi della marina rossa. Queste provocazioni nei mari e nei cieli si accompagnavano a una guerra di parole tra le leadership contrapposte sempre più spregiudicata e violenta. Se sulla stampa russa Reagan veniva ripetutamente paragonato a Hitler e quotidianamente accusato di soffiare sul fuoco della guerra, il presidente americano il primo marzo del 1983 non esitava a definire l’Unione Sovietica “l’impero del male” per sentirsi accusare da Andropov, nuovo presidente dell’URSS, di essere un “malato di mente e bugiardo”. Il primo risultato drammatico della guerra delle parole e delle “punzecchiature aeronavali” si ebbe il primo settembre del 1983, quando un caccia sovietico abbatté senza preavviso un boeing 747 sudcoreano che era penetrato nello spazio aereo della penisola della Kamchatka, uccidendo 246 passeggeri e membri dell’equipaggio. Secondo il ministro della Difesa russo, Nikolai Ogarkov, il volo “Kall-007” (mai sigla fu più disgraziata) era impegnato in una missione di spionaggio aereo per conto degli Stati Uniti. Subito dopo Andropov accusò esplicitamente e pubblicamente gli Stati Uniti, diffondendo una dichiarazione di questo tenore: “Ritengo necessario informare il popolo sovietico e tutti gli altri popoli della terra che la politica estera dell’amministrazione Reagan è da considerarsi come una seria minaccia alla pace mondiale”. È in questo clima esasperato che i militari americani decidono di lanciare un war game, un’esercitazione denominata “Able Archer” durante la quale si doveva sperimentare in primo luogo la capacità delle forze dislocate in Europa di lanciare un rapido attacco nucleare all’Unione Sovietica. I segreti dell’operazione finirono subito sul tavolo di Andropov che visto il clima, e aspettandosi un sicuro attacco nucleare, ordinò una contromobilitazione delle forze balistiche sovietiche. Gli americani, privi di buoni agenti nell’Unione Sovietica, interpretarono le proteste russe come “pura propaganda” e le cose sarebbero sicuramente finite male se il mondo non fosse stato salvato da una spia. Oleg Gordievskij era in quel momento il numero due del KGB a Londra e da oltre dieci anni lavorava per l’MI6 inglese, che per tutelarlo al massimo non ne aveva rivelato l’esistenza alla CIA, che era quindi ignara dell’operazione “RYaN”. Dal flusso dei messaggi che arrivavano alla residenza di Londra, Gordievskij convinse, attraverso i suoi controllori, Margaret Thatcher della realtà. Un gioco di guerra era stato preso troppo sul serio e stava per portare a una guerra vera. La lady di ferro reagì da par suo e dopo aver voluto incontrare Gordievskij si mosse senza perdere tempo per convincere Reagan che i suoi war games stavano per scatenare una reazione nucleare sovietica. Il presidente americano si convinse della gravità della situazione e “Able Archer” venne interrotta. Confermando la saggezza della risposta che nel film War Games il computer recita alla fine della crisi: “L’unica mossa vincente è non giocare”. Gli ultimi combattenti della Guerra Fredda Yuri Andropov dopo essere stato ambasciatore a Budapest durante l’insurrezione ungherese del 1956, ha scalato i vertici del KGB fino a diventarne presidente. Nel 1983, ai tempi del confronto con Reagan, era presidente dell’URSS. Ronald Reagan, ex attore ed ex governatore della California, dopo aver battuto Jimmy Carter nelle elezioni del 1980, avviò un confronto con l’URSS che avrebbe portato alla sconfitta dei falchi sovietici. Il suo progetto di difesa antimissile conosciuto come “Guerre Stellari” provocò indirettamente una catastrofe in Unione Sovietica nel vano tentativo di rincorsa tecnologica. Dopo la morte di Andropov e la presa del potere da parte di Gorbaciov, la crisi sovietica diventa irreversibile e si conclude con la caduta di tutti i regimi comunisti europei nel biennio 1989-91. Alfredo Mantici Capo del dipartimento analisi del Sisde fino al 2008, oggi è il direttore editoriale di LookOut News LOOKOUT 3 - marzo 2014 77 dura Lex Sotto La Lente deL diritto di Giusi Landi S e ne stanno rintanati nei punti di passaggio obbligato per le navi. Al di là della cintura delle lagune, nelle gole propizie agli agguati, dietro petrose barriere. I nuovi predoni del mare si addensano lungo gli stretti di Bab El Mandeb, Hormuz, Malacca o nelle acque prospicienti le coste di Benin o del Puntland, dove i moderni filibustieri si preparano a rastrellare come niente imbarcazioni ed equipaggi. A bordo di barchini, rapidi come gli jinn, i banditi somali, armati di La più antica forma di criminalità organizzata incarna la prima forma imprenditoriale di ateismo operativo: là dove “Dio non vede”, tutto è possibile. Questo scenario è puntellato da Stati instabili, istituzioni pericolanti, politiche criminofile, disordine economico e malessere sociale. In simili contesti, occorrono regole giuridiche chiare e macchine giudiziarie efficienti. Peccato che il lessico giuridico, al riguardo, suoni approssimativo e lacunoso. L’art. 105 della Convenzione di Montego Bay stabilisce che ogni Stato, in alto mare, può sequestrare navi o aeromobili, catturati con atti di pirateria e tenuti sotto il controllo dei pirati, e arrestare coloro che si trovano a bordo requisendone i beni. Gli organi giurisdizionali dello Stato che ha disposto il sequestro hanno facoltà di giudicare gli autori dei crimini di pirateria fermati nelle acque internazionali presso i propri tribunali nazionali e di infliggere loro una pena. Ma per diventare regola positiva, la norma internaziona- I pirati del terzo millennio kalashnikov e granate, abbordano petroliere, navi commerciali, o semplicemente da diporto. La pirateria del terzo millennio è una criminalità dalle tecniche agguerrite. Da impresa di artigianato criminale a strapotente holding privata. La bête noire allunga mille tentacoli, si appropria dei proventi degli arrembaggi, e accumula colossali profitti. Mira al midollo economico e commerciale del mondo. Gli reggono la coda negoziatori, intermediari, attori non statali, finanziatori propensi a pianificare strategie - e sponsor - disponibili a rimediare barche veloci, carburante, armi, sistemi di comunicazione e altro. 78 LOOKOUT 3 - marzo 2014 le ha bisogno di essere incardinata nei vari ordinamenti statuali. Il travaso postula però atti legislativi interni che ratifichino i protocolli, rendendoli esecutivi. Solo così è possibile produrre, all’interno di ciascun Stato ratificante, le sottostanti norme punitive e istituire un sistema repressivo a maglie fitte. Ora il fatto è che gli Stati, de facto, non hanno mai provveduto a creare una normativa interna che introiettasse le norme di matrice internazionale. Va poi segnalato un secondo incaglio. La trama narrativa non prevede alcun obbligo di giudicare. L’articolo 105 della Convenzione contempla invece un uso facoltativo della giurisdizione, con l’effetto che i sopraffattori passano indenni nella ragnatela legale. Catturati e poi lasciati liberi, il più delle volte non subiscono alcun processo e non patiscono alcuna pena. Dunque, la legislazione internazionale in materia di pirateria è materia vecchia, polverosa e affetta da vizi congeniti. E siccome tocca al diritto internazionale Attacchi in mere nel 2013 - 264 arrembaggi - 202 navi abbordate - 22 colpite con armi da fuoco - 12 sequestrate con poco più di 300 marinai presi in ostaggio, dei quali 21 feriti e alla legislazione nazionale cooperare per oliare i meccanismi giudiziari, ipotesi auspicabile sarebbe quella di metter mano a uno “Statement of Principles”, una specie di protocollo aggiuntivo universale, volto a integrare le attuali norme di diritto internazionale. Insomma il mare, malgrado le numerose convenzioni internazionali, è una specie di giungla. Soppesati i diagrammi esponenziali degli attacchi e delle perdite secche, le compagnie di navigazione sillogizzano che solcare le rotte marittime, dove la malavita del mare ha diritto d’asilo, è un’impresa imprevedibile. I noleggi sono aumentati e i premi assicurativi pure (fino a dieci volte sui carichi trasportati e sulle navi mercantili). Tatticisti per necessità, gli utenti del mare vagliano tragitti alternativi, pianificano spossanti gincane per dribblare gli sgherri del mare. Piuttosto che entrare nel golfo di Aden, meglio fare il giro dell’Africa. O, mal che vada, pagare il riscatto e risparmiarsi “quarti d’ora di Rabelais”. Gli interventi di cooperazione tra Stati sono solo propositi declamati - per ora - e il diritto convenzionale è embrione ancora informe. Come si dice: mentre il medico elucubra, il paziente muore. LOOKOUT 3 - marzo 2014 79 economia LEE HSIEN LOONG PRIMO MINISTRO SINGAPORE THEIN SEIN PRESIDENTE MYANMAR fiLippine Terra di opportunità? aSean L’analisi dei dieci Paesi membri BENIGNO AQUINO III PRESIDENTE FILIPPINE NGUYEN TAN DUNG PRIMO MINISTRO VIETNAM Cari amici, vicini e lontani Il Sudest asiatico è sempre più centrale nelle rotte geo-economiche del XXI secolo. Nonostante le molte diversità dei Paesi di quest’area, loro scopo comune è attirare l’attenzione dell’Occidente e i suoi capitali. L’Italia è pronta? 80 LOOKOUT 3 - marzo 2014 SUSILO BAMBANG YUDHOYONO SHINZO ABE PRIMO MINISTRO GIAPPONE PRESIDENTE INDONESIA NAJIB RAZAK PRIMO MINISTRO MALESIA SAMDECH HUN SEN NIWATTHAMRONG BOONSONGPAISAN PRIMO MINISTRO CAMBOGIA HASSANAL BOLKIAH SULTANO DEL BRUNEI fiLippine | di Giorgio R. Fanara* D al cockpit, il Comandante del volo Emirates diretto a Manila, nel presentare l’equipaggio multinazionale, afferma di essere in grado di soddisfare le esigenze dei passeggeri presenti, in ben 16 lingue diverse. Perché? Tra culture differenti, babele di linguaggi, distanze enormi, fusi THONGSING THAMMAVONG RAPPRESENTANTE THAILANDIA PRIMO MINISTRO LAOS orari a iosa quanti i giorni di una settimana, la compagnia aerea relativamente giovane di un Paese piccolo ma non povero, vuole in questo modo sorvolare le barriere esistenti - storiche, culturali, sociali, politiche, religiose ed economiche - e raggiungere uno scopo: lo sviluppo degli affari attraverso la porosità dei confini di questa grande regione. La definizione “confini porosi” fu coniata dalla professoressa Seyla Benhabib (Yale University) nel saggio I diritti degli altri. Nel dibattito intellettuale, che si articola più sulle sfumature che sulle asserzioni nette e che evolve trasformandosi in continuità secondo i contesti storici e non in maniera deterministica, Benhabib individua interessanti matrici di causa/effetto. Il Sudest asiatico si presta molto agevolmente a fungere da modello per questa definizione. E l’ASEAN in particolar modo. L’acronimo citato si riferisce 14 dicembre 2013 I leader dei Paesi ASEAN nella tipica posa mano nella mano, che comunica fratellanza. La foto è stata scattata durante il Summit ASEAN-Giappone tenuto presso l’Akasaka State Guesthouse di Tokyo. LOOKOUT 3 - marzo 2014 81 economia FOCUS Italia: volere volare La visione e il coraggio imprenditoriale della nostra azienda di servizi per il controllo e regolamentazione degli spazi aerei - ENAV è la società per azioni interamente controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano e vigilata dall’Ente nazionale per l’aviazione civile responsabile - sta ottenendo ottimi risultati. E se per quei Paesi è valsa la pena superare migliaia di chilometri e innumerevoli fusi orari per sfidarci (e vincere) su campi ad altissimo valore aggiunto tecnologico che noi consideriamo nostra prerogativa, perché non potremmo fare altrettanto? Siamo pur sempre gli eredi del veneziano Marco Polo, o definitivamente questo non vale più? Nelle foto: il dottor Mauro Iannucci, CEO di Enav Asia Pacific consegna il simbolo societario al Vice Presidente della Repubblica delle Filippine, presidente di turno del Rome Asean Committee (Manila, febbraio 2014) 82 LOOKOUT 3 - marzo 2014 Brunei nel 1984, Vietall’Associazione delle nam nel 1995, Laos e Nazioni del Sudest asiaMyanmar - all’epoca tico: un immenso arciBirmania - nel 1997 e pelago ancorato sul Cambogia nel 1999) continente a sud della hanno saputo e voluto, Cina e proiettato a est nonostante diversità apverso l’oceano Pacifico parentemente insanabia incontrare prima di li, coniugare storie e noi ogni nuovo giorno. dopo i Trattati culture differenti con Dieci Paesi sovrani, una moltitudine di per- di Roma, dall’altra contrasti economici difperequabili. sone diverse, un mercaparte del mondo ficilmente Basta soffermarsi sulto enorme di più di 600 nasceva l’ASEAN le principali religioni milioni di persone, un praticate (cattolicesilaboratorio da seguire e un’opportunità di dialogo e collabo- mo, buddismo e islamismo, di cui qui razione al momento assolutamente si ha la maggiore concentrazione al inesplorata (almeno da noi). La sua mondo) oppure sui palesi contrasti di nascita segue di dieci anni il Trattato accumulazione delle ricchezze e delle di Roma - l’origine della nostra Comu- desolanti povertà (nell’anno della nità Europea poi approdata a Unione fondazione dell’ASEAN, il Pil procapi- e, con tutti i distinguo del caso, segue te dell’Indonesia era di 50 dollari la stessa traccia: dal soddisfacimento mentre quello Singapore era di 550), di una percepita esigenza di armoniz- per rendersi conto di quanto formidazazione dei commerci verso un’inte- bile sia stato e continua ad essere lo grazione politica e di sicurezza, ido- sforzo e la determinazione di questi nea a rafforzare gli interessi dei Paesi popoli verso l’integrazione. Il lungo percorso temporale e le sinmembri verso l’esterno e a regolare con il dialogo le eventuali controver- gole date di adesione sono lì a testimoniare le vicissitudini e i travagli, a sie all’interno. Non c’è spazio in questa sede per volte dolorosissimi, di ognuno dei approfondire il tema se la nascita di Paesi per ottenere indipendenza, staquesta aggregazione fu favorita dalle bilità e miglioramento economico. potenze interessate a contenere Fattori che in ogni caso sembrano l’espansione del mondo comunista aver generato il successivo bisogno di dell’epoca o se invece fu creata - a par- solidarietà e comunanza, sia stato esso tire da un’intuizione indipendente utilitaristico o meno. Secondo la teoria degli Shared Values, delle classi dirigenti dei Paesi fondatori - per costituire un blocco capace di traducibile nell’insieme degli elementi assicurare la stabilità politica dell’ae- della cultura orientale costituenti i valorea e il miglioramento delle condizio- ri asiatici, ciò ha molto influenzato l’atni di vita delle popolazioni (come si teggiamento di tutti i Paesi dell’intero evince dalla lettura della Dichiarazione continente asiatico. Politici, storici, sodi Bangkok dell’8 agosto 1967) senza ciologi e filosofi l’hanno utilizzata per l’interferenza delle grandi potenze del- dimostrare che il relativismo in essa l’epoca, che dismettevano via via gli ul- contenuto serviva a giustificare dittatutimi scampoli di pretese colonialistiche. re e compressione dei diritti civili, altri Ciò che vale affermare qui è che i invece come l’indispensabile alimento primi cinque Paesi fondatori (Indone- per sostenere l’identità asiatica e difensia, Malesia, Filippine, Singapore e dere così i propri interessi strategici riThailandia) e poi gli altri cinque che spetto al mondo occidentale. Troppo poco spazio in questa sede ne completarono l’attuale configurazione nell’arco di 32 anni (nell’ordine: per approfondire tale affascinante 10 anni economia scorcio d’interpretazione storica. Utile può essere riflettere su quanto affermato da Kim Dae-Jung, premio Nobel per la pace nel 2000. La traduzione italiana può liberamente enunciarsi così: “L’Asia deve certamente rafforzare la democrazia e consentire il godimento dei diritti umani, ma l’ostacolo non è la sua peculiarità culturale che presenta certamente differenze con la cultura occidentale, piuttosto la pervicacia di certi poteri forti che supportano regimi indifferenti alle libertà individuali”. E conclude meravigliosamente: “L’armonia delle differenti culture e credenze non sarà per forza il nostro destino, ma la democrazia, sì”. Volendo consapevolmente precipitare da tali altezze culturali per le quali si avverte un senso di vertigine soffocante, viene da chiedersi: ma l’Italia, tra un Jobs Act e un Milleproroghe, ha mai pensato di rafforzare decisamente la presenza in quell’aera? In fin dei conti, la nostra tolleranza e pressoché assente volontà di dominio, ci consentirebbe di occupare uno spazio collaborativo reale nel processo d’integrazione economica dell’ASEAN. Magari riusciremmo a evitare loro di ripetere gli errori commessi, candidandoci a un ruolo di interfaccia e dialogo con potenze con le quali manteniamo ottimi rapporti e che in quell’area cercano di misurare la propria forza e capacità di deterrenza da Stati Uniti, Cina e Russia (e, a seguire, Giappone e Australia). Davvero per noi sarebbe obiettivo che non vale la pena cogliere? Investimenti ASEAN di Cina, Giappone e USA Nel 2012 gli investimenti diretti del Giappone verso l’ASEAN hanno raggiunto la cifra record di 1.55 migliaia di miliardi di yen, il doppio dell’anno precedente Investimenti esteri diretti di Giappone e Cina (in miliardi di yen) 771 628 1,549 1,005 ASEAN Cina 2010 2011 198 332 41 64 558 352 288 150 Thailandia Singapore Indonesia Vietnam 91 43 115 81 Malesia Filippine Fonte: Japan’s Ministry of Finance INVESTIMENTI DIRETTI CINESI E IL CONFRONTO CON GLI USA (in miliardi di dollari) IL VOLUME DI COMMERCIO TOTALE DELLA CINA CON L’ASEAN (in miliardi di dollari) 15 500 USA Cina 12 400 9 300 6 200 3 100 0 2009 2010 0 2011 '01 '02 '03 '04 '05 '06 '07 '08 '09 '10 '11 '12 '13* Note: *dati fino a giugno 2013. Fonte: ASEAN; ASEAN-China Centre; China Ministry of Commerce; China National Administration of Customs. IL VALORE DELLE ECONOMIE ASEAN (secondo il PIL pro capite in dollari) Corea dell Sud de Sud Myanmar 848.9 Cina Thailandia 5,848 Partecipanti Giappone Vietnam Filippine 2,462 1,523 Laos 1,454 I 10 Paesi ASEAN Australia Cina Brunei 38,801 Cambogia 934 Indonesia 3,660 Malesia 10,578 Stime del Fondo Monetario Internazionale (FMI) 2012 * Ceo di FANARA - SPEI, Studio di Politica Economica Internazionale I dati sono aggiornati tra dicembre 2012 e giugno 2013 India Giappone Nuova Zelanda Singapore 49,936 Russia Corea del Sud Stati Uniti Fonte: IMF’s World Economic Outlook Database (October 2012), Association of Southeast Asian Nations LOOKOUT 3 - marzo 2014 83 economia ASEAN: l’ombrello asiatico Kuala Lumpur, Malesia I capi di Stato simbolo delle differenze tra i Pesi ASEAN: Il presidente delle cattoliche Filippine, Benigno Aquino, assieme al primo ministro Najib Razak e al re Abdul Halim dell’islamica Malesia 84 indoneSia | l 2015 sarà un anno cruciale per i Paesi del Sudest asiatico. La creazione della Comunità Economica dell’ASEAN e la maggiore apertura dei mercati dei dieci Paesi membri favorirà nuove opportunità di scambio e di maggiore cooperazione anche sul piano politico che l’Europa e l’Italia devono cogliere. Ma, allo stesso tempo, tutta I LOOKOUT 3 - marzo 2014 l’area sarà chiamata ad affrontare nuove sfide, sia sul piano di politica interna ai singoli membri dell’organizzazione, che sul piano economico e diplomatico e della sicurezza nel contesto regionale, soprattutto per quanto riguarda l’evolversi dei rapporti con la Cina. L’ASEAN costituisce al momento un forum per dibattiti sulle questioni regionali ed in quanto tale ha le potenzialità per contribuire alla diminuzione delle tensioni e alla stabilizzazione dell’area. economia indoneSia fiLippine T ra i Paesi fondatori dell’Associazione del Sudest Asiatico, le Filippine hanno davanti a loro un futuro pieno di sfide. Gli obiettivi dell’ASEAN, quello della creazione di una comunità economica e una politica e di sicurezza entro il 2015, potrebbero incontrare degli ostacoli che al momento il Paese non è in grado di superare. A fine dicembre, il Dipartimento del Commercio e dell’Industria filippino, pur dichiarando il Paese in grado di mantenere una generale competitività in un regime di integrazione economica (quale quello previsto dall’ASEAN), ha riconosciuto che in alcuni settori, tra cui quello dell’agricoltura, tale competitività potrebbe venir meno a causa dell’abolizione delle tariffe e del regime protezionistico. L’economia filippina, inoltre, deve ancora riprendersi dagli effetti del tifone Hayan che in dicembre ha assestato un duro colpo al Paese. Anche sul piano politico e della sicurezza, il processo verso la creazione dell’APSC (ASEAN Political Security Community) è già in salita: il governo è oggi impegnato nella lotta al traffico di armi e droga e, recentemente, Manila è riuscita a raggiungere anche un importante accordo con il Fronte di Liberazione Islamico Moro (MILF), per pacificare la regione di Mindanao. Rimane invece in sospeso la questione dell’ammodernamento della difesa - a fronte delle minacce cinesi nel Mar della Cina Meridionale e di un possibile coordinamento con gli altri Paesi dell’area - per una strategia comune. Infine, le peculiarità etnico-religiose delle Filippine (unico Paese democratico e a maggioranza cattolica dell’area) potrebbero incidere negativamente e creare nuove frizioni con gli altri membri dell’ASEAN, come già avvenuto in passato. Cos’è ASEAN L’Association of South East Asian Nations, è stata creata allo scopo di contribuire allo sviluppo economico, sociale e culturale dei Paesi del Sudest asiatico, assicurando al contempo la stabilità dell’intera regione. Fu costituita nel 1967 da Filippine, Indonesia, Malesia, Singapore e Thailandia, cui si sono aggiunti Brunei nel 1984, Vietnam nel 1995, Laos e Myanmar (ex Birmania) nel 1997 e la Cambogia nel 1999. Ha sede a Giacarta. L’ Indonesia rappresenta la maggiore economia del Sudest asiatico. La crescita sostenuta degli ultimi anni - con una media superiore al 6% tra il 2008 e il 2012 e il minor impatto della crisi del 2009 sull’economia rispetto al generale contesto internazionale - ha fatto dell’Indonesia un punto di riferimento per le altre economie emergenti della regione e la candidata al ruolo di leadership all’interno dell’ASEAN. L’Indonesia può inoltre vantare un Filippine sistema politico stabile, con una deMaggioranza mocrazia che a livello internazionale etnica: viene considerata consolidata, anche Tagalog 28% se rimangono dei punti interrogativi per quanto riguarda la sicurezza (a Religione maggioritaria: causa della presenza di gruppi radicali Cattolicesimo islamici legati ad Al Qaeda, contro i 83% quali però il governo lotta con determinazione e con risultati apprezzabili). Indonesia La buona performance dell’ultimo Maggioranza decennio e la capacità di mediazione etnica: dimostrata nella risoluzione di varie Giavanese 40% dispute tra gli altri membri dell’ASEAN, in particolare tra Cambogia e ThailanReligione maggioritaria: dia, hanno conferito a Giacarta autoIslam 86% revolezza e credibilità sul piano inter(la Sharia è nazionale. Proprio per questo è amammessa solo piamente corteggiata da Stati Uniti, nei tribunali Giappone e Cina, ossia le maggiori poreligiosi locali tenze che per espandere la propria inche regolano fluenza hanno incrementato l’attenil diritto zione nei confronti dell’ASEAN. Un di famiglia) gioco delle grandi potenze, questo, che rischia ora di frammentare l’organizzazione e di creare dei blocchi contrapposti che invece di rafforzare la cooperazione regionale potrebbero acuire i punti di conflittualità. L’Indonesia potrebbe assumere dunque la leadership dell’organizzazione, ma dovrà avere, a questo riguardo, una politica di fermezza, soprattutto nei confronti della Cina, con la quale intrattiene stretti rapporti commerciali. Ma su questa sua capacità sono in pochi, al momento, PER SAPERNE DI PIÙ a scommettere. WWW.LOOKOUTNEWS.IT/PAESE/INDONESIA LOOKOUT 3 - marzo 2014 85 economia La crescente islamizzazione dell’ASEAN Burma, Birmania o Myanmar? maLeSia e brunei al colpo di Stato del 1988, il regime dittatoriale impose al Paese il nome di Myanmar ritenuto neutrale rispetto alla forma precedentemente utilizzata (Burma) legata, secondo la propaganda ufficiale, all’etnia maggioritaria dei Bamar e in quanto tale discriminatoria. Sia come sia, Myanmar oggi è sempre più vicino allo Sri Lanka: i due ministeri degli Esteri in una nota congiunta affermano di condividere le piattaforme internazionali comuni in seno alle Nazioni Unite, il piano di Colombo, il Dialogo per la Cooperazione in Asia, il Forum regionale dell’ASEAN e il Movimento dei Paesi Non Allineati. I n vista delle elezioni generali malesi del maggio 2013, gli esperti davano per scontato un cambiamento nelle politiche interne dell’UMNO (United Malays National Organization), il principale partito della coalizione Barisan Nasional, che guida il governo malese sin dalla sua indipendenza. Questo cambiamento si renderebbe necessario tanto per le dinamiche interne - dato il rafforzamento dell’opposizione alle precedenti elezioni del 2008 - quanto per logiche macroregionali. Una più ampia base di sostegno popolare, che si potrebbe ottenere solo attraverso una più attenta politica etnica tendente al livellamento del gap tra le varie minoranze nazionali, conferirebbe al Paese quell’immagine di nazione democratica funzionale a primeggiare dentro e fuori l’ASEAN. La Malesia si è, infatti, sempre distinta per l’azione catalizzatrice all’interno dell’Associazione degli Stati del Sudest asiatico: prima come Paese mediatore nel conflitto cambogiano, poi con la proposta dell’ex primo ministro Mahathir Mohamed di avviare una cooperazione economica che oggi sopravvive nell’EAS (East Asia Summit). Tuttavia, il cambiamento auspicato non sembra prendere forma. In apparente contraddittorietà rispetto alle precedenti linee guida del governo, da fine dicembre l’UMNO è andato cercando una sempre maggiore comunanza di vedute con il suo storico rivale islamista, il PAS (Parti Islam SeMalaysia, più conservatore), fino alla recente decisione di implementare il Diritto 86 LOOKOUT 3 - marzo 2014 penale islamico secondo le leggi hudud (che prevedono pene corporali per i reati di furto, adulterio, consumo di alcolici e apostasia). Probabilmente, la mossa è stata fatta sulla scia di quanto già attuato nel vicino Stato del Brunei. Qui il Sultano Hassanal Bolkiah ha proceduto a ufficializzare le pene hudud lo scorso ottobre, rendendo il Brunei il primo Stato asiatico a introdurre la Sharia come Codice penale nazionale (fino ad allora la legge islamica veniva applicata solo nel Diritto civile e di famiglia). Anche se le pene si applicano solo alla popolazione musulmana (circa i due terzi dei 415mila abitanti), la mossa rientra nel processo di progressiva islamizzazione del Brunei, che ha già reso obbligatoria l’educazione religiosa nelle scuole e che impone oggi agli esercizi pubblici anche l’obbligo di chiusura il venerdì. In questa mossa poco chiara, che estenderebbe su scala nazionale leggi prima riservate esclusivamente ai tribunali civili federali malesi, l’UMNO sembra dunque abbandonare la sua vocazione etno-nazionalistica per assumere adesso una connotazione pseudo-islamista, che di certo non verrà incontro alle esigenze delle minoranze cinesi e indiane, pur numerose in Malesia. Questo amplificherà la polarizzazione sociale, anche per la netta posizione presa nei confronti della corrente dell’Islam sciita che il ministro degli Affari Interni, nonché vice presidente del partito di governo, Ahmad Zahid Hamidi, ha escluso categoricamente dalla rappresentanza dell’UMNO. (M.P.) D Brunei Maggioranza etnica: Malese 66% Religione maggioritaria: Islam 67% (ufficiale) Malesia Maggioranza etnica: Malese 50% Religione maggioritaria: Islam 60% (ufficiale) Myanmar Maggioranza etnica: Birmana 68% Religione maggioritaria: Buddismo 89% La Golden Rock Pagoda di Yangon, Myanmar economia thaiLandia L EI UN BR a Thailandia potrebbe assumere un ruolo guida nel quadro della nuova Comunità Economica (AEC) dell’ASEAN, che dovrebbe entrare in vigore nel 2015. Tra tutti gli Stati membri, infatti, la sua forza economica potrebbe garantirgli il maggior successo. Eppure, c’è una variabile: la crisi politica. Le proteste vanno ormai avanti da mesi e Fonte: Centre for International Law, National tutti i tentativi della premier Yingluck Shinawatra di sedare University of Singapore; le violenze in strada sono andati a vuoto. Né sono bastate Middlebury College; National Geographic le dimissioni e l’annuncio Le rivendicazioni territoriali del Sudest Asiatico di nuove elezioni a riportaIsole re la stabilità. Senkaku/ Territori contesi Brunei Diaoyu Malesia La radicalizzazione delle Filippine piazze e lo shutdown della Vietnam “Linea dei nove segmenti” (contesa tra Cina e Taiwan) capitale hanno avuto un TAIWAN CINA impatto consistente sulla VIETNAM fiducia di investitori e turiIsole Pratas LAOS sti. Ma i timori maggiori riguardano le prospettive di sviluppo nel lungo perioIsole Paracel do: la Thailandia, infatti, THAILANDIA Scarborough Shoal una delle “tigri asiatiche”, lo scorso anno ha avuto Mar cinese CAMBOGIA meridionale una crescita media intorno al 3%, troppo modesta se Isole paragonata a quella di altri Spratly FILIPPINE Paesi asiatici, quasi tutti in forte espansione (Malesia 5%, Indonesia 5,4% e FiMALESIA 200 miglia lippine 6,4%). 200 km MALESIA Il persistere delle agitazioni rischia di comproINDONESIA mettere il raggiungimento Thailandia del 4%, come auspicato dalla Camera di Commercio di Maggioranza Bangkok, mentre è ormai irrealistico l’obiettivo del goveretnica: no del 7%. La paralisi della politica ha bloccato anche il Thai 75% massiccio piano d’investimenti di Shinawatra: 70 miliardi di dollari per l’ammodernamento delle infrastrutture, Religione principalmente trasporti, fondamentali per uno Stato che maggioritaria: ambisce a diventare perno dell’area economica della regioBuddismo 95% ne e punto di riferimento per i rapporti Cina-ASEAN. (ufficiale) Con una percentuale di popolazione anziana in crescita, una forza lavoro poco specializzata, una moneta in caduta Laos libera e disordini interni, il cui ipotetico spillover (l’impenMaggioranza nata dei prezzi di alcuni prodotti) preoccupa gli Stati conetnica: finanti come il Laos, stanno rendendo la Thailandia meno Lao 55% attraente per gli investimenti, ma soprattutto poco competitiva in un mercato integrato. Con queste premesse e senReligione za un cambio di rotta immediato sul fronte politico, diffimaggioritaria: Buddismo 67% cilmente Bangkok potrà assumere una leadership regionale. Il che sarebbe un’occasione mancata. (C.E.) LaoS N el processo di emancipazione dai blocchi strutturali imposti per decenni dalle dittature comuniste dell’Indocina, la Repubblica Popolare Democratica del Laos è rimasta più di altri Paesi ostaggio del proprio passato. Dalla conquista del potere da parte del Partito Rivoluzionario del Popolo nel 1975, il Paese è arroccato in un sistema statalista, aperto al libero mercato solo dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Il +7% di crescita media annua registrata tra il 2008 e il 2013 non deve però illudere: l’economia continua a dipendere quasi esclusivamente dall’agricoltura (dove è impiegato il 75% della forza lavoro), mentre le entrate illegali derivanti dalla produzione di oppio (insieme a Myanmar e Thailandia, il Laos fa parte del celebre “Triangolo d’Oro”) sono sempre meno rilevanti. Il leader Choummaly Sayasone, a capo del governo dal 2006, punta sulle fertili pianure alluvionali del fiume Mekong, dove è in fase di sviluppo un sistema di dighe per la produzione di energia idroelettrica da vendere alla Thailandia. La più importante è la Nam Theun e nell’arco di venticinque anni frutterà al Paese circa 2 miliardi di dollari. PER SAPERNE DI PIÙ WWW.LOOKOUTNEWS.IT/PAESE/LAOS LOOKOUT 3 - marzo 2014 87 economia Singapore, prima e ultima È stato ed è il porto la grande fortuna di SingapoVietnam re. Da sempre passaggio obbligato di tutte le rotMaggioranza etnica: te che andavano dall’Oceano Indiano al PacifiKinh 85% co, quest’isolotto 50 x 25 Km situato all’estremo sud della Malesia divenne base commerciale delReligione la Compagnia Britannica delle Indie Orientali fin dal 1819. È maggioritaria: bastato questo, unitamente a una rigidissima politica di conBuddismo 9% trollo in ogni settore, a fare della piccola città-Stato il principale hub commerciale, finanziario e tecnologico del Sudest asiatico. O - per usare le parole di Lee Kuan Yew, primo ministro di Singapore dalla fiNella classifica ne dell’era coloniale nel 1959 al 1990 mondiale, Singapore è “un’oasi di primo mondo in una regione di terzo mondo”. E in effetti i quasi 5 milioni e mezzo di abitanti della giovane repubblica (è indiper libertà di stampa pendente dalla Malesia dal 1965) possono (Reporters vantare un PIL pro-capite tra i più alti del sans Frontières) pianeta, superiore anche a quello dei vicini di Hong Kong e della Svizzera. Per avere un’idea della sua forza economica, basta dire che dal 2009 Cambogia Singapore figura costantemente nella top three del World Maggioranza Economic Forum per quanto attiene a competitività globaetnica: le. Ed è oggi, e negli otto anni precedenti, l’economia più Khmer 90% business-friendly al mondo secondo la World Bank. Ma se da un lato Singapore è un esperimento di free-market Religione economy perfettamente riuscito con livelli di criminalità e cormaggioritaria: Buddismo 96% ruzione pressoché nulli, dall’altro le sue statistiche eccellenti (ufficiale) sono del tutto rovesciate per quanto riguarda democrazia, libertà di stampa e diritti umani. Un graffito su un muro, ad esempio, può costare tre mesi di carcere e vari colpi di bastone. Sì, perché le pene corporali - il caning, in questo caso - sono legali e diffuse, specie in ambito militare, scolastico e detentivo. Del resto a Singapore vige la pena di morte, basta esser sorpresi a spacciare qualche grammo di cocaina. Ma il consumo di stupefacenti è praticamente inesistente, così come quello delle gomme da masticare, bandite dal 1992 perché rovinano strade e marciapiedi. Politiche da regime, insomma, seppur “ibrido”. Così l’Economist Intelligence Unit categorizza Singapore per il suo livello di democrazia, posizionando questo Paese - da sempre governato dai conservatori del People’s Action Party - accanto a Ucraina e Turchia, a una manciata di punti dai regimi più autoritari. (D.S.) 150esima 88 LOOKOUT 3 - marzo 2014 camboGia e vietnam L a dittatura di Pol Pot e dei Khmer Rossi (1975-79) e l’occupazione vietnamita (1979-89) sono ormai un lontano ricordo per il regno della Cambogia. Nel suo ventennio al potere, il pragmatico Hun Sen ha messo da parte gli ultimi retaggi del comunismo, aprendo agli investimenti delle società straniere. Nonostante i segnali di crescita degli ultimi anni, secondo i suoi detrattori Sen avrebbe però svenduto il Paese, considerato che ancora oggi cinque dei quindici milioni di cambogiani sopravvivono con meno di un dollaro al giorno. A seguito della rimozione dell’embargo statunitense nel 1994, anche il partito comunista vietnamita ha iniziato ad aprire l’economia del Paese al libero mercato. Dopo una leggera flessione, nel 2013 le esportazioni hanno registrato un +13% rispetto al 2012, trascinate dall’imponente industria del caffè (incremento del 49% negli ultimi cinque anni), seconda al mondo solo al Brasile. Numeri positivi, che permettono al primo ministro Nguyen Tan Dung, in carica dal 2006, di mantenersi saldamente al potere nonostante le recenti agitazioni sociali. aLL neWS economia Stati uniti india La centrale solare più grande del mondo Nuova Delhi cerca fortuna a Riad I 2,2 miliardi di dollari spesi per la costruzione a Ivanpah, in California, della più grande centrale termica a concentrazione solare del mondo. Tra i più importanti investitori figura Google. l governo di Nuova Delhi ha bisogno di almeno 150 miliardi di dollari di investimenti per ammodernare le proprie infrastrutture nei prossimi cinque anni. Parte di questa cifra potrebbe arrivare dall’Arabia Saudita. Riad possiede un budget di 500 miliardi di dollari da dirottare in progetti esteri, senza dimenticare che qui lavorano stabilmente quasi tre milioni di indiani. Contatti sono stati avviati anche con Kuwait, Emirati Arabi, Marocco, Tunisia e Sudan. Stati uniti panama Riprendono i lavori per l’ampliamento del Canale Lo shale gas americano sbarca in Europa N on solo Ucraina nel confronto tra USA e Russia. Secondo fonti interne alla ConocoPhillips, presto importanti compagnie americane come Exxon saranno in grado vendere gas naturale liquido (LNG) agli Stati europei, aprendo anche interessanti prospettive per ciò che concerne lo shale gas. Dopo le batoste in Siria e Crimea, magari per Washington potrebbe essere arrivata l’ora di una rivincita. D opo settimane di stallo nelle trattative, l’Autorità del Canale di Panama (APC) e il consorzio che gestisce i lavori, il Grupo Unidos por el Canal (GUPC) di cui fa parte anche l’italiana Impregilo, hanno raggiunto un compromesso per terminare l’ampliamento dell’opera entro il 2015. I lavori verranno finanziati in parte dalla compagnia Zurich, garante del progetto (400 milioni di dollari), e in parte da GUPC e APC, che sborseranno a testa 100 milioni di dollari. ue-ruSSia paKiStan Gas: rotte contese tra Tap e South Stream Area di libero scambio tra Islamabad e Pechino I l 19 febbraio è partita la seconda fase dell’espansione del TAP (Trans-Adriatic Pipeompromessi i rapporti con gli Stati Uniti, il line), il corridoio energetico progettato per il Pakistan cerca un nuovo fornitore energetitrasporto di gas dall’Azerbaijan all’Europa, pasco. Occhi puntati su Teheran e, soprattutto, sando per Grecia, Albania e Puglia. In risposta Pechino, con cui recentemente il governo di NaGazprom, titolare di South Stream, costruirà una waz Sharif ha firmato una serie di accordi per lo diramazione del suo gasdotto di 59 chilometri le banche USA sviluppo di un corridoio economico condiviso e che hanno chiuso per far arrivare il gas russo a Bulgaria, Turchia, la costruzione di un centro di ricerca congiunto negli ultimi Grecia e Macedonia. nel settore idrico. Prossimo obiettivo: la creazione dieci anni di un’area di libero scambio tra Pakistan e Cina. C 3.200 LOOKOUT 3 - marzo 2014 89 L’araba fenice donne, Società e i tanti voLti deLL’iSLam Sisters in Islam Il caso del femminismo islamico in Malesia di Marta Pranzetti Wadud, nota per la sua rilettura del Corano in prospettiva femminile - Zainah intraprende la strada dell’ermeneutica come strumento di conoscenza ed emancipazione, per rillahu a’lam”, “E Dio ne leggere i concetti coranici più controversi in chiave non sa di più”. “I grandi Ulema misogina. del passato erano soliti Siamo nel contesto di quello che è considerato l’Islam concludere così le loro “periferico”, nonostante la Malesia ospiti quasi i due terzi asserzioni, a differenza dei 29 milioni di abitanti di fede islamica e l’Indonesia codi quelli contemporanei che non am- stituisca la più grande nazione musulmana al mondo, con i mettono la fallibilità del pensiero suoi oltre 210 milioni di fedeli (ovvero l’86% della popolaumano e pretendono di parlare zione locale, secondo i dati della CIA). L’Islam, prein nome dell’Islam”. È valentemente di colorazione sunnita, penetrò in quanto asserisce Zainah questi arcipelaghi nel XIII secolo. Poi, nel corLe donne Anwar nota attivista so della rivolta imperialista del XIX secolo si sono il malese per i diritti rivelò un importante collante identitario in della donna, che infavore della ribellione anticoloniale. tende ricondurre la Dopo l’indipendenza, forti tensioni ingiustizia affermata terne hanno però creato una dicotomia nel Corano all’interfra l’aspetto religioso e quello più prodegli studenti no della sfera politica priamente politico dell’Islam. La rapida nelle università e sociale del suo Paeislamizzazione degli anni Settanta ha fatto sì se, sostenendo che “non che venisse acuito il gap tra musulmani e gli pubbliche è l’Islam a reprimere le altri gruppi etnici della federazione malese. Il donne quanto piuttosto l’inprocesso d’islamizzazione è stato poi incrementato terpretazione maschio-centrica del negli anni Ottanta con i due partiti islamisti - BN (Fronte Corano unita ai valori di una società Nazionale) e PAS (Partito Islamico Malese) - saliti alla ribalpatriarcale che ha fatto della religione ta nella scena politica nazionale. Campagne per la moralizislamica un’ideologia di potere”. zazione dei costumi e la produzione di norme tradizionaliStudiosa di tafsir (esegesi coranica) ste hanno toccato anche l’apparato giuridico e, tra il 1984 e presso l’Università islamica interna- il 1987, anche il Codice di Famiglia (fino ad allora abbazionale di Kuala Lumpur - dove è stata stanza progressista su questioni come il divorzio, la poligaallieva dell’icona di quello che è defi- mia e l’eredità) è stato modificato a netto sfavore delle nito il “femminismo islamico”, Amina donne. “ A 65% 90 LOOKOUT 3 - marzo 2014 Negli anni, la Sharia si è sovrapposta gradualmente alle leggi federali malesi ma il processo è divenuto evidente solo alla fine degli anni Novanta quando un eclatante arresto di tre modelle, accusate di aver partecipato a un concorso di bellezza, rese noto a tutti i malesi che il governo ha nel frattempo adottato un “Atto sui crimini contro la Sharia” (Syariah criminal offences) contenente articoli in aperto contrasto con i principi democratici e le libertà fondamentali garantite dalla Costituzione federale. Nel 1997 viene addirittura istituito il Jabatam Kamajuan Islam Malaysia (JAKIM), il Dipartimento Religioso incaricato di preservare la purezza della fede e gli insegnamenti dell’Islam, tramite il quale lo Stato diviene ufficialmente controllore del codice morale. Attiviste come Zainah - impegnata sin dal 1989 a organizzare campagne di sensibilizzazione attraverso l’associazione Sisters in Islam (SIS) - non contestano i precetti islamici o l’autorità degli Ulema, quanto invece il fatto che lo Stato lasci “a una minoranza autoritaria l’interpretazione e l’implementazione di una forma di Islam discriminatoria, repressiva e ingiusta, del tutto contraria alla tradizione con cui la Malesia ha nutrito la propria civiltà”. Un problema che, secondo Zainah, dipende anche dalla recente storia economica del Paese, che ha reso i malesi poco inclini al dissenso nei confronti dello Stato, da cui dipendono economicamente. La stessa ininfluenza del Dicastero per gli Affari Femminili - le cui Ministre, Shahrizat Abdul Jalil prima e Rohani Abdul Karim adesso, come nota ancora Zainah, sono definite “delle politiche prima ancora di essere donne” - mostra chiaramente come prevalga la tendenza al mantenimento dello status quo. Sukarnoputri e la peculiarità indonesiana L a vicina Indonesia ha una storia femminile del tutto peculiare: lo statuto di alcune isole considerava legittima la successione al trono in via matrilineare e alcune aree dell’arcipelago - tra tutte, Aceh, oggi baluardo degli estremisti - sono state governate da sultane sin dal XV secolo. Megawati Sukarnoputri, Presidente del Paese tra il 2001 e il 2004, è una delle poche donne ad aver guidato una nazione musulmana. Anche qui, l’ascesa dell’Islam si lega alla lotta anticoloniale e al contesto politico del post-indipendenza: negli anni Novanta, alle dimissioni del dittatore Suharto, i movimenti islamisti e le frange più radicali assumono il potere, strumentalizzando la presenza femminile a proprio vantaggio. Alla montante ondata islamista - con il suo carico di leggi discriminatorie e ferrato controllo morale - corrisponde dunque, paradossalmente, tanto l’affermarsi del femminismo indonesiano quanto lo sviluppo di un’estesa partecipazione femminile a questi partiti conservatori. (M.P.) Chi è Zainah Anwar Fondatrice di Sisters in Islam e direttrice di Musawah, movimento globale per l’uguaglianza e la giustizia nella famiglia musulmana, fondato in Malesia nel 2009. LOOKOUT 3 - marzo 2014 91 Rages Le principali manifestazioni di rabbia e dissenso in giro per il mondo 92 LOOKOUT 3 - marzo 2014 tripoli, Libia Ecco come si presentava il parlamento libico il 3 marzo, dopo l’irruzione armata di manifestanti che protestavano chiedendo lo scioglimento di questa istituzione. donetsk, ucraina Protestanti filorussi manifestano in sostegno all’occupazione della Crimea da parte delle Forze Armate della Federazione Russa (1 marzo). rio delle amazzioni, brasile Guerrieri indigeni Munduruku tengono in ostaggio un cercatore d’oro abusivo nel loro territorio (17 febbraio). Gerusalemme, israele Palestinesi lanciano pietre verso i poliziotti israeliani durante scontri nel quartiere arabo di Ras al-Amud, a Gerusalemme Est (28 febbraio). San cristobal, venezuela Una donna trascina via la sua bambina dagli scontri a sud di Caracas, durante le proteste antigovernative contro Maduro (27 febbraio). mazatlan, messico Il più grande narcotrafficante ricercato al mondo, Joaquin “El Chapo” Guzman, viene scortato dai soldati a Città del Messico (22 febbraio). oSServatorio SociaLe monitoraGGio dei principaLi eventi e fenomeni ribeLLiStici ed everSivi neL noStro paeSe Pronti all’azione diretta L a lotta all’Alta Velocità sta diventando mese dopo mese il punto focale dell’opposizione antagonista in Italia. Il 19 febbraio è stata la volta dei Nuclei Operativi Armati, che hanno fatto recapitare all’ANSA di Torino una lettera di minacce in cui vengono emesse quattro “sentenze di condanna a morte” ad alcuni personaggi connessi con i lavori in Val di Susa. Sono quattro, proprio come sono quattro i No-TAV arrestati il 9 dicembre 2013: Stefano Esposito, senatore del PD (che già a gennaio aveva trovato delle molotov sul pianerottolo del suo appartamento torinese), Giuseppe Petronzi, capo della DIGOS di Torino (e responsabile degli arresti del 9 dicembre), Massimo Matteucci, presidente della CMC (Cooperativa Muratori & Cementisti di Ravenna) e Maurizio Bufalini, direttore dei lavori della LTF (Lyon Turin Ferroviaire). Entrambe le aziende menzionate sono naturalmente impegnate nei lavori dell’Alta Velocità. Ma non si tratta solo di una lettera minatoria. La missiva costituisce un vero e proprio appello a tutto il movimento anarchico a colpire la TAV e gli altri “esecutori della strategia repressiva”, siano essi la stampa nemica, le forze dell’ordine o la magistratura. Nel testo, recapitato anche presso altre sedi regionali dell’ANSA (a dimostrazione della ramificazione nazionale dei movimenti antagonisti), si parla infatti esplicitamente di “azione diretta”: un vero e proprio via libera, insomma, per gli anarchici (oggi non più organizzati in strutture gerarchiche come negli anni di piombo, ma operanti attraverso una rete diffusa di piccoli “nuclei di affinità”) ad agire alla prima occasione utile. timeLine deGLi eventi 6 febbraio piacenza Imbrattata una sede del PD con scritte No-TAV. 8 febbraio roma Occupati per due giorni alcuni stabili vuoti nella zona di Villa Gordiani. 9 febbraio padova Irruzione all’Istituto Oncologico Veneto da parte di militanti dell’Animal Liberation Front. 13 febbraio torino Imbrattata una sede del PD con scritte contro i Centri di Identificazione ed Espulsione. 19 febbraio torino Recapitata all’ANSA una lettera di minacce firmata Nuclei Operativi Armati in cui sono emesse quattro “sentenze di condanna a morte” (contro Stefano Esposito, Giuseppe Petronzi, Massimo Matteucci e Maurizio Bufalini). 21 febbraio torino Sabotati 32 sportelli bancomat di Intesa Sanpaolo in un’azione di solidarietà con i quattro No-TAV arrestati il 9 dicembre 2013. Il gruppo bancario è considerato finanziatore dell’Alta Velocità. 28 febbraio torino Manifestazione nell’aula bunker del tribunale in favore di 53 militanti No-TAV imputati delle violenze in Val di Susa nell’estate 2011. Le proteste sono avvenute durante un’udienza. 6 marzo milano Intercettata busta con proiettili indirizzata a Luis Alberto Orellana e Lorenzo Battista, senatori espulsi dal M5S. 94 LOOKOUT 3 - marzo 2014 feb-mar 2014 Aggiornato al 7 marzo 2014 MILANO PADOVA TORINO PIACENZA ROMA attentati Lettere o pacchi bomba incidenti di piazza rapine o aGGreSSioni riSchi o minacce L’anarchico 2.0 PER SAPERNE DI PIÙ Storie poLiticamente Scorrette Sorridi, sei anche tu nell’NSA! di Tersite L’ acquisizione Facebook di WhatsApp porta nei superserver NSA anche i 54 miliardi di messaggi al giorno dei suoi 460 milioni di utenti. Nonché, incidentally, (il termine tornerà) rubriche, immagini e video che WhatsApp si incamera all’iscrizione. Per la NSA una catena infinita di correlazioni. Facebook è infatti nel programma d’intercettazione PRISM della NSA da marzo 2009, dopo Microsoft (2007) Yahoo (2008) Google (2009). E poi PalTalk, YouTube, Skype, AOL ed Apple. Ma non possono ammetterlo perché vincolati al segreto. Se si rifiutasse il prelievo (un server NSA sulle linee), l’Attorney General, ovvero il Ministro della Giustizia, può richiedere un decreto alla FISC - Foreign Intelligence Surveillance Court che, se disatteso, porta al reato di oltraggio. Cioè grandi guai. Senza la corte FISC le richieste della NSA, amministrative, sarebbero opponibili davanti a una corte, non segreta. Guai per l’Amministrazione. Una grande idea far controllare le attività segrete da una corte segreta, vincolata al segreto cui vincola chi segretamente le viene sottoposto. Un paradosso da romanzo, come in “Comma 22”. In 30 anni di garanzia la FISC ha prodotto opposizioni 96 LOOKOUT 3 - marzo 2014 DIETRO LO SPECCHIO - WWW.LOOKOUTNEWS.IT risibili alle richieste d’intercettazione. Richieste che, in barba a basilari principi di diritto, sono discusse senza controparte. E, per di più non riguardano singoli, ma blocchi di numeri, aree geografiche (bulk collection). Una Corte di casa delle agenzie federali sottomessa all’Attorney General, cioè all’esecutivo. Non bastasse, da anni la FISC è soggetta a disposizioni non discusse dal Congresso. Come la validità delle autorizzazioni, portata a 6 anni dai già esagerati 5, e i target dilatati ben oltre la categoria terrorismo. Critiche mosse da un suo ex-giudice, James Robertson, dimessosi nel 2005 per le pressioni sulla Corte dell’Amministrazione Bush. La procedura standard vorrebbe un supervisore a verificare, al 51% di certezza, che il target sia uno straniero all’estero. Ma, oltre a quel 49%, se il target straniero contatta un cittadino americano, anche questi finisce intercettato. E sarebbe ingenuo credere che, una volta verificato il suo contatto con un sospetto, anch’esso non passi sotto sorveglianza elettronica. Stanno lì a fare le spie, non a recitare i diritti della Miranda. Queste intercettazioni di cittadini americani sono incidental collections; mantenute però per 5 anni. E in inglese incidental vale anche per beneficio collaterale. Ed è proprio perché la NSA sfrutta questi benefici collaterali - nonostante il IV emendamento voglia un mandato - che il senatore Rand Paul (repubblicano Kentucky) ha avviato in febbraio una class action contro Obama e NSA. Evidentemente non convinto dalle poco veritiere parole di Obama del dicembre scorso sui limiti posti alla NSA (causa il Datagate). Ma se questa causa può non preoccupare l’Amministrazione, ben più problematica e nel cuore dell’eterna contraddizione federale, è la legge presentata in Tennessee per non fornire supporto all’agenzia federale. Parliamo del caso acqua ed elettricità alla base NSA di Oak Ridge che, per la voracità dei suoi supercomputer, consuma quanto un altoforno. La legge Fourth Amendment Protection Act è stata presentata a gennaio da un altro senatore repubblicano - non dai radical, ma dai conservatori sui valori americani - e altri stati potrebbero seguire: Washington, Arizona, Indiana, Oklahoma, California. Mentre misure interdittive sono pendenti in Kansas e Missouri. L’aggiunta dei 54 miliardi di messaggi di WhatsApp aumenteranno la richiesta di elettricità dei server NSA. Finché gli Stati gliene forniranno. Cioè finché non sarà definita la battaglia di questo secolo tra il diritto all’arbitrio (nella permanente emergenza), negato dalla Costituzione ma perseguibile di fatto dall’Esecutivo, e il diritto alle libertà, vantato dalla Costituzione e preteso dai cittadini. un Libro aL meSe eLezioni imminenti UNGHERIA AFGHANISTAN Intelligence e metodo scientifico di Dario Antiseri e Adriano Soi Rubbettino 2014 pp. 128 12,00 euro È possibile ricondurre un mondo così complesso e affascinante come quello dell’intelligence esclusivamente ai dogmi di un rigoroso metodo scientifico? Probabilmente no, o meglio non del tutto, e gli angoli meno perlustrati - ma comunque determinanti - della Storia dall’inizio del Novecento a oggi ce lo dimostrano. È pur vero, però, che quasi sempre quel misto di istinto, coraggio e spregiudicatezza che spesso in passato hanno permesso di portare a termine importanti operazioni di spionaggio, ha prodotto risultati eccellenti perché preceduto e fortificato da un meticoloso lavoro di analisi su dati e indizi. Su quest’ultimo aspetto si sofferma il volume Intelligence e metodo scientifico, scritto dal prefetto Adriano Soi e dal professore Dario Antiseri. “Goethe diceva che ‘nulla è più funesto dell’ignoranza attiva’ - spiega il professor Antiseri -, motivo per cui le informazioni che i servizi segreti forniscono ai decisori politici per avere efficacia devono essere necessariamente elaborate con metodo scientifico. Il processo si risolve in tre fondamentali passaggi: analizzare il problema, prendere coscienza della sua presunta teoria esplicativa e verificare quanto essa sia valida al punto da smascherarne eventuali crepe. È solo arrivati a questo punto che tali informazioni saranno realmente utili”. Insomma, l’intelligence non sarà una scienza esatta ma di certo i suoi “cicli” devono essere affrontati con coerenza logica e un costante controllo delle informazioni che si maneggiano. Altrimenti il rischio è di rimanere prigionieri dei sospetti, che a poco servono per garantire la sicurezza dei cittadini. @roccobellantone MACEDONIA ALGERIA IRAQ INDONESIA 05 Afghanistan 06 Ungheria 09 Indonesia apr Presidenziali apr Assemblea Nazionale apr Parlamento 13 Macedonia 17 Algeria 30 Iraq apr Presidenziali apr Presidenziali apr Parlamento riSuLtati daLLe urne El Salvador Presidenziali - 2 febbraio 2014 45,7% 4.955.107 2.266.171 astenuti votanti Affluenza alle urne Salvador SÁNCHEZ CERÉN 48.93% Norman QUIJANO 38.96% 54,3% Antonio SACA 11.44% 2.688.936 voti validi Costa Rica Presidenziali - 2 febbraio 2014 33,2% 1.022.049 astenuti 3.078.321 votanti Luis Guillermo SOLÍS Rivera 30.64% Rolando ARAYA 29.71% (ritirato) Affluenza alle urne 67% 2.055.472 voti validi LOOKOUT 3 - marzo 2014 97 NEWS anno I - numero 3 - marzo 2014 EDITORE G-Risk - CEO Giuseppe De Donno Via Tagliamento, 25 00198 Roma Tel. +39 06 8549343 - Fax +39 06 85344635 [email protected] - www.grisk.it In collaborazione con Giapeto srl DIRETTORE SCIENTIFICO Mario Mori DIRETTORE EDITORIALE Alfredo Mantici [email protected] DIRETTORE RESPONSABILE Luciano Tirinnanzi @luciotirinnanzi [email protected] CAPOREDATTORE Rocco Bellantone @RoccoBellantone REDAZIONE Dario Scittarelli Cristiana Era Marta Pranzetti Mariana Diaz Vasquez Brian Woods Hugo HANNO COLLABORATO Giorgio R. Fanara Francesco Sisci Franco Mazzei Marco Giaconi Maurizzio Molinari Giovanna Botteri Massimo Canevacci Rocio Montes Miguel Angel Bastenier Carlos Prieto Giuseppe Mancini Manuel Godano Sara Gelao Vincenzo Perugia Ottorino Restelli Giuseppe Saccone Giusi Landi ART DIRECTION Francesco Verduci FOTOGRAFIE Agenzia Contrasto - Reuters Pictures Archivio Lookout News ILLUSTRAZIONI Tommaso Eppesteingher STAMPATORE ELCOGRAF SpA Via Mondadori, 15 - 37131 Verona Registrata presso il Tribunale di Roma n. 4/2014 del 21/01/2014 È un prodotto Questo numero è stato chiuso il 7 marzo 2014 Copia abbinata a Panorama non acquistabile singolarmente