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scheda tecnica
durata:
nazionalità:
anno:
103 minuti
Belgio/Germania/Lussemburgo/Gran Bretagna/Francia
2007
regia:
soggetto:
sceneggiatura:
SAM GARBARSKI
PHILIPPE BLASBAND
MARTIN HERRON, PHILIPPE BLASBAND
produzione:
ENTRE CHIEN ET LOUP (Belgio)
PALLAS FILM (Germania)
SAMSA FILM (Lussemburgo)
IPSO FACTO FILMS (Regno Unito)
LIAISON CINEMATOGRAPHIQUE (Francia)
ATELIERS DE BAERE (Belgio)
RTBF TELEVISION (Belgio)
fotografia:
montaggio:
suono:
musica:
costumi:
scenografia:
CHRISTOPHE BEAUCARNE
LUDO TROCH
THOMAS GAUDER
GHINZU
ANUSHIA NIERADZIK
VÉRONIQUE SACREZ
interpreti:
MARIANNE FAITHFULL, MI
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SIOBHÁN HEWLETT, DORKA GRYLLUS, JENNY AGUTTER,
COREY BURKE
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SAM GARBARSKI
Biografia
Nato nel 1948 a Planegg, in Bavaria, nel
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Garbarski Euro RSCG, per la quale gira
circa cinquanta spot, conquistando diversi
premi nei più prestigiosi festival del
settore (Cannes, New York, Londra). Una
svolta lo attende nel 1999, quando dirige
il primo cortometraggio di fiction, La
Dinde, a cui faranno seguito La Vie, la
mort & le foot (2000) e Joyeux Noël,
Rachid (2000), che riceve un premio al
Festival di Giffoni. Il successo lo spinge
ad esordire nel lungometraggio con Le
Tango des Rashevski (2003), che ottiene
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al Jerusalem Film Festival. Irina Palm
(2007) è il suo secondo film, accolto
trionfalmente
alla
Berlinale.
Sam
Garbarski vive a Bruxelles e ha la
cittadinanza belga.
Filmografia
2007 IRINA PALM
Regia
2003 LE TANGO DES RASHEVSKI
Regia
2000 JOYEUX NOËL, RACHID
Regia (cortometraggio)
2000 LA VIE, LA MORT & LE FOOT
Regia (cortometraggio)
1999 LA DINDE
Regia (cortometraggio)
La parola ai protagonisti
Sam Garbarski
Il progetto
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una specie di tragicommedia romantica politicamente scorretta. Quando poi
abbiamo sviluppato la storia, ci è stato chiaro che sarebbe stato un progetto
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sceneggiatura addirittura esisteva prima che iniziassi a scrivere il mio primo film del
2003, Le Tango des Rashevski. È sempre la solita storia: tutti cercano una
sceneggiatura originale, ma, quando salta fuori, tutti si spaventano. Dopo non so
quanti tentativi, un giorno arriva il mio produttore, Sébastien Delloye, e mi chiede:
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sceneggiatore inglese Martin Hennon, che fece un lavoro fantastico, adattando il
copione e inserendovi proprio quello che cercavamo. Infine, il mio produttore ed io
apportammo degli ulteriori cambiamenti per ottenere esattamente quanto avevamo
in mente.
Un vero sacrificio
Maggie è una donna semplice, buona e generosa. Non ha un grande bagaglio
culturale, né ha avuto occasione di viaggiare. Sposata con il suo primo ragazzo, gli
è rimasta fedele perfino dopo la sua morte. Maggie, che non avrebbe mai nemmeno
immaginato che potesse esistere quel genere di lavoro, lo accetta semplicemente
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totalmente innocente. Nella sua testa, sta semplicemente facendo un lavoro per
guadagnare il denaro per le cure mediche di suo nipote. Inoltre, non può uscirne
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prende sul serio gli impegni, finendo per avere un grande successo e per cambiare
la sua vita. Probabilmente il sex club non è il posto migliore per innamorarsi, ma mi
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può immaginare che avvenga una cosa simile.
Maggie al lavoro
Nel mio film volevo mostrare il lato tragicomico della vita quotidiana, ma non fare
un reportage sul business del sesso. Dal momento che Maggie è davvero in buona
fede, ho deciso di filmare le sue scene al lavoro con pudore, concentrandomi nel
raccontare tutto con le espressioni del suo volto e con il linguaggio del corpo.
Marianne Faithfull
Ero in volo e leggevo un articolo su Marianne Faithfull impegnata in Marie
Antoinette di Sofia Coppola. Appena atterrato, ho chiamato il mio produttore e
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contattammo il suo agente e gli mandammo immediatamente la sceneggiatura.
Ventiquattro ore dopo ci richiamò per dirci che Marianne si era innamorata del
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trasformarla nella Maggie che avevo in mente. Anche quando non le piaceva una
battuta o una mia idea della scena, la interpretava seguendo le mie indicazioni: è
stata molto professionale e, al tempo stesso, una grande artista.
Lavorare con Miki
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di realizzare il progetto in Francia. La sceneggiatura gli era piaciuta, ma credo che
pensasse che il film non si sarebbe mai fatto. Tuttavia, lo chiamavo regolarmente
per tenerlo informato sui nostri passi, e lui mostrava sempre lo stesso interesse e lo
stesso entusiasmo. Miki vive a Belgrado e non ama volare. Ha viaggiato in treno
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ho visto come si guardavano, ho capito che erano la mia coppia. Poi Miki si è rifatto
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Marianne Faithfull
Un grande viaggio
In Irina Palm, Maggie compie un grande viaggio. Parte come persona incompleta e
insoddisfatta e diventa una donna sicura di sé, consapevole di cosa è importante
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malato, è disposta a sacrificare anche la sua casa, assumendosi il peso di trovare i
soldi per le cure. La povera donna si trova a dover fronteggiare troppe incombenze,
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spinge a compiere certe scelte.
Che cosa pensa la gente
Maggie è terribilmente nervosa al pensiero che qualcuno possa scoprire il suo lavoro
segreto. Ha paura e si preoccupa immensamente di cosa possano pensare gli altri.
Superare questa paura è parte integrante del suo viaggio. Alla fine del film, non si
preoccupa più dei pettegolezzi e dei giudizi, avendo imparato che non è importante
ciò che dice la gente, quanto piuttosto quello che ognuno pensa di se stesso. È una
verità che ho appreso grazie ai miei genitori, che erano estremamente cool e
anticonvenzionali. Malgrado ciò, molte volte nella mia vita mi sono arrabbiata per
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Essere Maggie
Ero attratta dal ruolo perché Maggie è così incredibilmente diversa da me. Non sono
affatto convenzionale o conformista, ma non potrei mai essere disponibile come
Maggie ad affrontare tutto ciò che affronta. Mi è costato un vero sforzo riuscire ad
immedesimarmi in lei e il regista Sam Garbarski mi ha aiutato molto in questo. Ho
dovuto accantonare la mia esperienza e fare tabula rasa: solo allora ho potuto
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da così tanto tempo che recitare mi permette una pausa da me.
[email protected]
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Lo hanno criticato così
Lietta Tornabuoni - La Stampa, 7 dicembre 2007
Un personaggio e un'interprete magnifici, una trovata volgaruccia e insieme toccante, un'occasione
di ammirazione, riso e commozione, un dubbio: sarà una storia patetica oppure sardonica? Una
vedova inglese provinciale ultracinquantenne (Marianne Faithfull, bravissima) cerca lavoro per far
curare in Australia l'amato nipotino, e diventa una manovale del sesso: in un locale di Londra, i
clienti infilano il coso in un buco dopo aver messo monete in una fessura; dall'altra parte della
parete una persona li masturba, invisibile, muta, senza rumori; alla fine, gli uomini se ne vanno. La
donna viene assunta e si rivela bravissima: si guadagna un nome esotico e allusivo, Irina Palm; gli
uomini fanno la fila per lei; è famosa, il padrone del locale la apprezza. Il nipotino può farsi curare,
lei cambia: non più vedova perbenista ma una donna compassionevole, senza pregiudizi, forse
innamorata.
La personalità della donna dalle mani lisce, morbide e forti, l'ambiente che illustra quanto
l'esercizio sessuale possa essere meccanico e miserando, l'interpretazione perfetta, l'incidente del
figlio che scoperta l'attività della madre la aggredisce e insulta ma poi si calma, il conflitto con le
amiche: tutto è raccontato molto bene, con ironia e pietà, in un film sensibile e anche divertente.
Piera Detassis - Panorama
A modo suo anche Irina Palm del belga Sam Garbarski è un film sul problema del momento: il
precariato (ne parla Ascanio Celestini nel suo Parole sante, ne parlerà Virzì in La vita davanti).
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diverso e il grigio si colora di spregiudicata allegria, senza dover essere politici. Sarà perché la
straordinaria Maggie è Marianne Faithfull, icona del rock, cantante dalla voce cartavetrata, musa di
Mick Jagger, specialista in eccessi. Nel film l'anziana donna ha un solo nipotino con una grave
malattia, già condannato se non si troveranno i soldi per portarlo in Australia. E lei l'argent lo trova
in un peep show, con lavoretti di mano che le procureranno tardiva fama erotica e il nome d'arte
Irina Palm. Nessun voyeurismo (si fa per dire): i clienti, numerosi, infilano la loro virilità in un buco
della parete e lei, cottimista dell'eros, li masturba con coscienziosa morbidezza e precisione. Il
tutto, fuori campo. Dal fango sbocciano diversi fiori: Maggie dà un allungo alle amiche false o
borghesi e il tenutario del peep show (un magnifico Miki Manojlovic) si innamora della sua
intrigante mezza età. Irina Palm è una commedia sagace e gentile che non provoca mai, ma ci
regala una visione più semplice e meno altera del sesso. Il che non è poco.
Alberto Crespi - L’
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Arriva sugli schermi, reduce dal Torino Film Festival, la manina vellutata di Irina Palm. Diretto da
un tedesco (Sam Garbarsi), scritto da un francese nato in Iran (Philippe Blasband), prodotto da
vari paesi europei con prevalenza francese, Irina Palm è un curioso esempio di meticciato
cinematografico che ottiene un risultato clamorosamente «nazionale»: è un film così inglese che
più inglese non si può, perché solo gli inglesi possono mescolare la masturbazione e l'ora del tè, e
avere un quartiere a luci rosse (Soho) nel pieno cuore turistico di Londra. È in un locale di Soho
che trova lavoro Maggie, anziana vedova con un nipotino gravemente ammalato: per pagare le
costose cure necessarie al piccolo, Maggie diventa Irina Palm, regina della masturbazione. Il fatto
che sia anziana non disturba: un muro (con buco apposito) la separa dai clienti, lei non vede loro e
loro non vedono lei. E ben presto, fuori dalla stanza di lavoro di Maggie/Irina, c'è la fila. Vi
lasciamo immaginare cosa succede quando il figlio e la nuora scoprono come Maggie si è procurata
i soldi per far curare il nipote. Nonostante l'argomento, il film è tenero, malinconico, divertente.
Irma è una straordinaria Marianne Faithfull, mentre il tenutario che scopre il suo talento è lo slavo
Miki Manojlovic.
[email protected]
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Antonello Catacchio - Ciak, dicembre 2007
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potrebbe salvarlo. Ma servono soldi. Accidenti. E Maggie si trascina per Londra in cerca di un
lavoro che nessuno le offre. Neppure si rende conto di essere finita a Soho, la zona a luci rosse.
Legge un cartello, entra nel locale, il manager è perplesso, lui ha capito che lei non ha capito. Ma
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pertugio. Nasce così Irma Palm, la nuova stella di Soho. Interpreti principali, due stupendi
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senza nascondere nulla del suo turbinante passato. Alla domanda su come si sia documentata a
proposito di commercio sessuale non esita a rispondere: «È un mondo che conosco bene, quando
ero tossica ho frequentato un sacco di ragazze che si prostituivano». Perché Marianne è così,
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Sacher-Masoch. Sì, proprio quelli di Leopoldo, barone di von Sacher- Masoch, divenuto aggettivo
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Se per Palm, visto il lavoro, non ci sono dubbi, Irina invece deriva da una vecchia passione. Agli
inizi della carriera, quando si esibiva come cantante di supporto, la Faithfull voleva recitare e le
venne offerto di interpretare a teatro Irina in Le tre sorelle di Cechov. È stata anche la prima
attrice a pronunciare una parolaccia sul grande schermo in Il complesso del sesso (1968). Sentire i
suoi racconti è affascinante (ha pubblicato anche una magnifica autobiografia edita da Cooper
Squame Press), sembra quasi impossibile che possa interpretare la parte di una nonna. Eppure
anche Marianne lo è nella vita reale, e aggiunge: «E farei qualsiasi cosa per i miei nipoti».
Silvio Danese - Quotidiano Nazionale, 9 dicembre 2007
Per trovare i soldi di un viaggio della salvezza per il nipotino ammalato, una nonna cinquantenne
accetta di fare «handjob» (masturbazioni in serie da un muro con buco) in un sex club di Soho a
Londra (lei è la 60enne ex rockstar Marianne Faithfull, impagabile per la combinazione tra moralità
e sacrificio). L'apprendistato di Maggie, introdotta al «lavoro» da un gestore scettico e da una
ragazza gentile, è insieme facile ed esilarante. Maggie, incredula, ma tenace, persegue il
brechtiano «adeguamento attivo» (la Faithfull è stata straordinaria interprete teatrale di «Madre
coraggio»). Nel suo ufficio con pertugio indossa un grembiule di casalinga, porta un quadretto da
casa e dei fiori. Professionale, diventa la più richiesta, col nome di Irina Palm. Quando prende una
tendinite, il boss chiama l'ortopedico. Intanto il dramma, forse un po' lacrimevole, è pronto a
scoppiare... L'idea assomiglia agli strilli del Sunday Times, ma sceneggiatore (Philip Blasband) e
regista la sviluppano con notevole equilibrio, combinando Ken Loach e la commedia inglese (da
«Full Monthy» a «Calendar Girls»).
Maurizio Porro - Il Corriere della Sera, 14 dicembre 2007
Scommessa vinta. Sam Garbarski, ex pubblicitario bavarese, ha raccontato con pudore e
raffinatezza una storia che potrebbe apparire volgare. Quella della nonna inglese vedova che, per
aiutare il nipotino malato, si impiega come hostess in un sexyshop di Soho dove masturba
avventori con tocco delicato, complice un buco nella parete. Piccolo borghese, fa di quel loculo una
stanzetta con fiori e quadretti: alla vergogna subentra il trionfo professionale, ma amici e parenti
faticano a superare i preconcetti. Finale happyssimo: chi scaglia la prima pietra? Una commedia
quasi sofisticata su uno scenario alla Ken Loach, con un magnifico personaggio di donna che vive
di sentimenti e contraddizioni e che l' espressivo, bellissimo volto di Marianne Faithfull rende in
ogni sfumatura. Chi spera nell' aggettivo pruriginoso si accontenterà di curiosare nei peep show
dove lavorano pure nonne col senso del tempo e brave ragazze madri. Voto 8,5
[email protected]
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Claudio Carabba - Corriere della Sera Magazine, 13 dicembre 2007
Un bambino malato. Una nonna che va a finire in un locale per uomini soli pur di salvarlo. La
tavola di Garbaski evita ogni ruvidità. E trasforma Marianne Faithfull in una moderna regina
Di madri-coraggio, disposte a molto per salvare la debole famiglia, è pieno il cinema inglese. Tipe
toste, capaci di scansare le pietre che volano da ogni parte, continuando a sognare il pane e le
rose. Ma la grande Maggie, nonna dolente e silenziosa, è un caso a parte. La sua vita in una
casetta alla periferia di Londra non è un paradiso.
Il marito è morto, dopo averle confessato di averla tradita con la vicina più antipatica. Il figlio
sposato è nervoso e senza soldi, la giovane nuora è ostile. Quando il nipotino è preso da una
malattia che potrebbe essere mortale (solo una costosa cura, forse, potrebbe salvarlo), Maggie
decide di trovare il denaro a ogni costo. Finita per caso in un locale di Soho, specializzato in
servizietti manuali per uomini soli, scoprirà di avere un naturale talento. Protetta nell'ombra di un
camerino segreto, diventerà presto Irina Palm, preziosa star della Londra a luci rosse; non sarà
facile, però, far accettare al suo mondo piccolo ed egoista, quel lavoro insolito e scostumato.
A raccontarlo il film può sembrare furbo e volgarotto, riducibile a formulette piccanti, stile "anche
le nonne lo fanno". E invece la favola, ben scritta e ben diretta, riesce a evitare ogni ruvidità,
anche quando parla del "gomito della seghista" e di altri dettagli.
Splendida sessantenne, Marianne Faithfull, già stella peccatrice degli anni 60 (tutta sesso, rock, e
Rolling Stones), passeggia per la storia col distacco assorto di una moderna regina; e i duetti con il
rude slavo Miki Manojlovic, boss dal cuore buono, sono irresistibili. Niente è verosimile: ma a volte
è dolce e giusto che vinca la finzione.
Maria Rosa Mancuso - Il Foglio, 8 dicembre 2007
Nel cazzeggio da festival, alimentato al Lido o sulla Croisette dalle conferenze stampa dei registi
artisti, era il momento di Paolo Franchi e del suo "Nessuna qualità agli eroi" (sì, i critici hanno la
loro forma di bullismo: se la prendono con i deboli, perfino con chi boccheggia a terra, costretto a
spiegare a parole il suo film). L'autore con laurea in cinema e psicoanalisi, tendenza senza dubbio
orgonico-reichiana, aveva proclamato: "La masturbazione è rivoluzionaria". Commento feroce di un
collega: "Se la masturbazione è rivoluzionaria, Irina Palm è una terrorista". Capì la battuta solo chi
aveva visto il film alla Berlinale, mettendolo subito tra i favoriti per l'Orso, che non arrivò (stessa
delusione per "La graine e le mullet" di Abdellatif Kechiche, che uscirà nelle sale con il titolo
"Couscous"). Rise soltanto chi già sapeva tutto del cubicolo –con buco alla parete –dove la
vedova Maggie lavora, per una giusta causa. Deve mettere insieme i soldi per far operare il
moribondo nipote, che solo i medici della lontana Australia potrebbero salvare. Licenza poetica, o
piccola svista di sceneggiatura: siamo in Inghilterra, dove secondo Michael Moore non solo ti
pagano l'ospedale ma ti rimborsano anche il taxi per tornare a casa. Maggie va poco dal
parrucchiere, si veste come capita, conosce male i quartieri di Londra e ha la sua buona dose di
ingenuità. Quando vede un cartello "cercasi hostess" non ci pensa due volte e si presenta, convinta
che il localetto di Soho fornisca alla clientela tè e biscottini. Sbagliato. Le illustra il lavoro, con i
dovuti modi, il simpatico padrone del locale: Miki Manojlovic, presenza fissa nei film di Emir
Kusturica. Tutto il giorno seduta in una stanzetta, a sollazzare maschi che sporgono dal buco –in
gergo, chiamato glory hole –solo il necessario. Insomma: il grado zero dell'andare a puttane.
Marianne Faithfull –la vedova è lei, abbiamo tardato a dirlo fino all'ultimo, era stato un colpo già
duro vederla in "Marie Antoinette" –si mette d'impegno. Alla fine riesce ad avere il nome in ditta: i
clienti deliziati la ribattezzano Irina Palm, con quel tanto di esotico e quel tanto di preciso che si
conviene a una lavoratrice del sesso. Più difficile sarà spiegare la provenienza del denaro. O
giustificarsi con le amiche, dopo averle trascurate. La terza età non è più quella di un tempo. E
neppure i film di Natale.
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Davide Turrini - Liberazione, 7 dicembre 2007
Grigiastre casette ordinary people della provincia londinese. Amiche over cinquanta che si dividono
tra il supermarket del pettegolezzo e il tè delle cinque. Maggie (Marianne Faithfull) fa parte
dell'elegante combriccola, ma di fronte al nipotino ammalato che si può curare solo in Australia alla
modica cifra di seimila sterline, si riscopre, assieme a figlio e nuora, una semplice poveretta.
Nessuno concede prestito ai coniugi e l'attempata nonnina tenta di contribuire alla causa per il
viaggio della speranza. Cerca lavoro, ma è troppo vecchia. Tra le luci rosse di Soho il casuale
riparo. Ad un sexy club cercano una hostess. Ovvio, non si selezionano signore che sappiano
mimare pratiche di soccorso aereo. L'equivoco da avanspettacolo è aggirato da Miki, il proprietario,
che bada al business e trova in Maggie mani morbide utili per la pratica del "gory hole", un buco
nel muro dove gli avventori possono infilare le proprie grazie e usufruire del servizio erotico di una
mano invisibile. Maggie ha successo immediato, nonostante qualche iniziale ritrosia, tanto da
assumere il nome di Irina Palm: star della masturbazione al buio, file e file di clienti in attesa,
concorrenza sbaragliata, seimila sterline raggranellabili in pochi mesi. Il problema starà nel
confessarsi all'irascibile figlio e alle vicine di casa. Irina Palm è commedia agrodolce che insiste
sullo spaccato proletario dell'urbe in esame, sul perbenismo manifesto tipicamente british
(storicamente tra i più facili a sciogliersi al primo rintocco di frivolezza) e sulle soluzioni nel mettere
in scena, prima in fuori vista poi lentamente fuori campo, l'oggetto cilindrico che diverrebbe, in
primo piano, immediato divieto ai 18. Senza dimenticare che il film di Garbarski è interpretato da
Marianne Faithfull. La camminata, i respiri, i gesti e gli sguardi dell'attrice/cantante britannica
cadenzano il ritmo narrativo come il pulsare degli eventi: magistrale la lezione di adattamento
ambientale nello stanzino di lavoro (Maggie si porta dietro thermos del caffè, grembiulino e
quadretto bucolico che stava in soggiorno), superbe le pause e le parole sussurrate a mezza bocca
per svelare alle amiche i misteriosi andirivieni londinesi. In Irina Palm il tempo si dilata per
diventare riflessione bunueliana sull'atto della visione ( Bella di giorno ) e il ritratto femminile si
carica della tipica rassegnazione stralunata delle dame felliniane.
Valerio Caprara - Il Mattino, 8 dicembre 2007
A raccontarlo, sarebbe di una volgarità tremenda. Ma «Irina Palm» riesce nel gioco di prestigio
tutto cinematografico di mantenersi in equilibrio tra dramma, ironia, hardcore e sentimentalismo.
L'opera seconda del belga Sam Garbarski riesce, infatti, a tratteggiare sotto il grigio cielo londinese
alcune situazioni provocatorie e/o paradossali ispirate al luna park mediterraneo di Almodovar,
alternando con sensibilità di tocco malinconia e divertimento, buonismo e anticonformismo,
sociologia e fiabesco. La riuscita di questa commedia in contropiede si basa anche sull'ottima
aderenza mimica ed espressiva della protagonista, la cui identità aggiunge l'ingrediente di uno
storico carisma. Ridotta sullo schermo a matrona pingue e ammaccata, Marianne Faithfull incarna
infatti tutt'altro tipo di mitografia: cantante a metà dei favolosi Sixties, musa e compagna di Mick
Jagger in uno dei più turbolenti connubi del rock, caduta e uscita dall'inferno della droga, rinata
grazie a qualche disco, apprezzati ruoli teatrali e cammei filmici sparsi, Marianne resta una delle
icone della pop-nostalgia. Fa un certo effetto, quindi, ritrovarla nei sobborghi middle class come
nonna dimessa e abitudinaria, costretta un brutto giorno a cercarsi un lavoro per pagare il viaggio
del nipotino in fin di vita. Per usufruire dell'unica cura efficace presso una clinica australiana
occorrono mucchi di sterline e Maggie decide d'impulso di procurarseli in un sordido localino sexy
di Soho, debitamente istruita dal sinistro proprietario incarnato da quel magnifico attore che è Miki
Manojlovic. Si tratta, detto senza eufemismi (parafrasando una delle più belle battute del dialogo),
di masturbare i clienti eccitati dal peep-show attraverso gli appositi buchi di una parete divisoria:
un gettone nella feritoia e l'attempata porno-hostess fa valere le sue impensate qualità... Con il
nome d'arte di Irina Palm conoscerà il successo professionale, ma anche il disprezzo del figlio che
non vorrebbe accettare soldi sporchi e quello delle amiche che la frequentano per giocare a carte o
prendere il té con i pasticcini. I dettagli costituiscono il meglio del film: da non perdere i passaggi
sull'abbellimento del luogo di lavoro operato da una Maggie in stile casalinga, l'offerta megalomane
dell'ingolosita concorrenza o il teatrino delle carampane nel clou rivelatore. Nell'insieme un
sorridente invito alla tolleranza nel segno di un cinema britannico non solo Ken Loach-dipendente.
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Roberto Silvestri - Il Manifesto, 7 dicembre 2007
La sempre adorata Marianne Faithfull, che già a 17 anni cantava As tears go by, era il simbolo
della rivoluzione sicuramente a venire, l'amica del cuore di Allen Ginsberg e Mike Jagger, la «naked
under leather» di Jeff Cardiff, interpreta, a 60 anni, sempre da divina scapestrata beat, un altro
tipo di bomba sexy.
È la spinta propulsiva della tragedia, in forma di farsa, Irina Palm di Sam Garbarski (belga, in
trasferta inglese e alle prese con una complicata co-produzione a 7). Interpreta, né troppo
caricando né troppo sfumando, la protagonista Maggie, una signora pudibonda, gran fumatrice,
della periferia operaia di Londra, che incrocerà nella sua vita orrende comari pettegole ma, per sua
fortuna, anche un sordidissimo sexy club di Soho.
Ha disperatamente bisogno di milioni per salvare la vita del nipotino Oli, da operare in Australia
(forse, nonostante la sponsorizzazione di Michael Moore, il sistema sanitario britannico non è quel
Paradiso sulla terra) e suo figlio Tom è tremendo e inetto almeno quanto le banche e gli usurai
della zona.
Così, improvvisatasi diva della prestidigitazione erotica, delocalizzando le sue alte competenze
manesche di cuoca e operatrice dometica in altro sito, al di là del suo poco igienico maneggiar
genitali, scoprirà anche sentimenti più profondi, e si innamorerà del rude proprietario di club di
«Lap dancers», mister Mikos (il divo serbo Miki Manojlovic, ormai sembra Walter Matthau,
maneggia gli estremismi emozionali con umorismo nietzschiano). Maggie darà però pessima prova
di sensibilità sindacale, sia quando sarà la volta di salvare il lavoro di una collega e «istruttrice», o
quando non sciopererà per aumenti della produttività che causano infortuni sul lavoro (masturbare
a ritmo techno-dance infiamma inevitabilmente certi nervi del braccio).
Singolarità pre-individuale immersa nella contemporaneità, ovvero nel lavoro post-fordista, ancora
obbligato a far diventare robot i corpi umani (come le migliaia e migliaia di operai che vediamo al
lavoro parcellizato nei documentari girati in Cina, metà ammirati e metà addolorati per il boom
economico di Pechino, sue origini e conseguenze), Marianne Faithfull dà al suo personaggio di
precaria, molto rabbiosa dentro, una grinta antagonista e la furia egemonica tipica dell'operaia
delle bio-manifatture insorta. Tanto da spaccare l'irritante clima che si compiace della
degradazione umana, e gode nel produrre sadismo «politicamente scorretto» contro le donne.
Paolo Mereghetti - Il Corriere della Sera, 7 dicembre 2007
C' è la volgarità e c' è la trivialità. Non sono due cose da confondere, perché la prima si riferisce al
modo in cui viene trattato un determinato argomento, mentre la seconda - la trivialità - sta a
indicare il contenuto di quel determinato argomento. E siccome nella vita con le cose triviali
dobbiamo fare i conti tutti i giorni (perché la vita è fatta anche di questo, a cominciare dalla
sessualità e dalla corporeità delle persone), il vero discrimine, almeno quando si parla di cinema,
diventa il modo in cui gli argomenti triviali vengono raccontati dalla macchina da presa. Billy
Wilder, tanto per fare il solito esempio, è stato un maestro anche in questo, nel filmare senza
volgarità temi triviali, mentre i tanti film che usano la prospettiva del buco della serratura per
mostrare il mondo spesso riescono a rendere volgari anche argomenti che non lo sarebbero. Irina
Palm fa parte della prima categoria, anche se Sam Garbaski non è certo un Billy Wilder e il
distributore italiano, la solitamente beneducata Teodora, non ha saputo resistere alla tentazione
del doppiosenso, aggiungendovi un inutile sottotitolo: Il talento di una donna inglese. Il bello del
film è invece il fatto che quel talento, nascosto nelle mani della protagonista e di cui fanno
esperienza i frequentatori di un peep show londinese, è raccontato senza nessuna ombra di
volgarità. Nonostante la trama sia tutta costruita su argomenti che più triviali non si potrebbe. E
cioè sull' esperienza lavorativa di una vedova ultracinquantenne che per trovare i soldi necessari a
far operare il nipotino accetta un insolito lavoro in un locale di Soho. Lei è Maggie e ha il volto oggi
un po' fanée di Marianne Faithfull, ex star del rock inglese (era lei «Sister Morphine» dei Rolling
Stones) entrata nei panni di una anonima casalinga dell' estrema periferia londinese: ha già
venduto la casa per curare il nipotino ma solo in Australia sembra che il piccolo possa guarire. E
non c' è tempo da perdere, perché la malattia avanza. Così Maggie gira per Londra in cerca di
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prestiti che nessuno vuole fare a una vedova pensionata (c' è da pagare l' aereo per i genitori e il
soggiorno a Sydney), fino a finire in un locale dove cercano un' hostess: lei pensa di dover fare le
pulizie e servire il tè, ma il proprietario (Miki Manojlovic) le spiega che quella definizione è «un
eufemismo» per ben altro. Poi, vista l' età ma anche la morbidezza delle sue mani, le propone di
soddisfare i clienti attraverso un «esclusivo» buco nel muro («L' ho visto a Tokyo, ma a Londra
sono il solo ad averlo» dice con un certo orgoglio professionale). Loro introducono il proprio
membro e lei... Scandalo, sdegno, ma poi riflessione e retromarcia: la malattia peggiora e il tempo
stringe. E Maggie si troverà così ad affrontare un impensato successo professionale (per le sue
mani i clienti fanno la coda, e per uscire dall' anonimato il gestore la ribattezza «Irina Palm») ma
anche a dover respingere il disprezzo del figlio, che non vorrebbe accettare soldi guadagnati in
quel modo, e il moralismo delle amiche, che non vogliono più dividere tè, pasticcini e giochi di
carte con l' amica peccaminosa. Piccoli (o grandi) contraccolpi di una tardiva carriera da
«pornostar» che innescano alcuni momenti di autentico divertimento: le migliorie domestiche che
Maggie porta al suo squallido luogo di lavoro, le domande delle amiche sugli «oggetti» delle sue
attenzioni, l' offerta in stile «antico romano» che le fa un imprenditore concorrente, la curiosità
delle zitelle del villaggio. Eppure, nonostante l' argomento che potrebbe scivolare ad ogni scena
nella più risaputa delle pochade, Irina Palm resta miracolosamente al di qua della linea rossa della
volgarità. Anzi, lungo tutto il film si respira un' aria malinconica e dimessa che ben si adatta al
personaggio della Faithfull, tipica rappresentante di quella working class maltratta dalla Thatcher e
non molto risarcita da Blair. Ma soprattutto indicativa di una moralità ancora legata alle apparenze
e ai diktat del perbenismo, contro cui Maggie/Irina finisce per condurre una lotta silenziosa ma
testarda, come se non avesse per niente dimenticato quella voglia di ribellione e di libertà, anche
sessuale, di cui la Faithfull anni Sessanta aveva fatto la propria bandiera. Certo, si dovrebbe anche
parlare della furbizia del film, del suo ridurre molto a macchietta o della sua «prudenza» nello
scavare dentro certe situazioni, ma è anche vero che la discesa di Maggie negli «inferni» del sesso
a pagamento è raccontata come una favola fuori dal tempo, dove il lieto fine è d' obbligo e la
scoperta della propria abilità nel dare piacere è vista come una specie di «elisir di giovinezza» con
poca malizia e nessun peccato.
Fabio Ferzetti - Il Messaggero, 7 dicembre 2007
Fa ridere ma non è una commedia, fa piangere ma non è un mélo, fa pensare ma non ha nulla di
intellettuale. A raccontarlo poi si rischia l'equivoco. Insomma che razza di film è Irina Palm?
Diciamo che è la storia di Maggie, dimessa vedova sui 60, interpretata (primo paradosso) da
Marianne Faithfull, cantante e icona sexy negli anni 60. Meglio: è la storia di come Maggie scopre
che pur di aiutare il nipotino malato può essere, qualche ora al giorno, un'altra. Quest'altra si
chiama Irina Palm, lavora in un sex center, e tutti la conoscono perché è la più brava ma nessuno
la vede perché sta dietro una parete e usa solo le mani, una alla volta, su clienti che restano al di
là di un buco... Insomma avete capito (questo congegno infernale esiste davvero, pare sia d'uso
comune in Giappone). Ma non è questo il punto. Il punto è che Maggie prima pensa di poter
"diventare" Irina, il fine giustifica i mezzi e curare il nipotino è il più nobile dei fini. Poi, ecco il vero
salto mortale, scopre che non c'è nessuna Irina, c'è solo lei, Maggie. Che da brava massaia si porta
da casa thermos, grembiule, merenda, e appende pure i quadri per ravvivare lo squallore. Tanto
che alla fine... No, questo è meglio scoprirlo al cinema. Ma intanto Maggie-Irina ha vinto la sua
battaglia contro amiche, famiglia, luoghi comuni, morale comune. Una vittoria che scalda il cuore.
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