Giugno 2010 - Insider Magazine
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Giugno 2010 - Insider Magazine
Anno 2 • Numero 13 • Copia omaggio "3."/*$0--&;*0/*r#"--"/5:/&r#-"6&3r#36/&--0$6$*/&--*r$0"45r$:$-&r%0/%61r'":r'*03&/5*/*#",&3r(05*r(6/&9 )0("/r*/$05&9r*5"-*"*/%&1&/%&/5r+"$0#$0)&/r+&$,&340/r+6$$"r-"."35*/"r."630(3*'0/*r.0/$-&3r/0-*5"r1"6-4.*5) 1*/,0r10-03"-1)-"63&/r3&1&550r4&&#:$)-0°r50%4 • Giugno 2010 1JB[[BMF'JMJQQPJM.BDFEPOFr$FOUSP$PNNFSDJBMFi-F5FSSB[[Fi 3PNB$BTBMQBMPDDPr5FMrGBY 7JB%BMNB[JBr$JBNQJOP3PNB r5FMrMMHTSM!ZBIPPJUrXXXCMVrCBTJDDPN Insider 2Ypsilon 1.2 8v Bz Argento con Climatizzatore, prezzo promo € 8.900 grazie a € 3.500 di ecoincentivi Lancia ed al contributo dei Concessionari aderenti. Offerta valida in caso di rottamazione fino al 30 Giugno 2010. TM is a trademark owned by Hachette Filipacchi Presse S.A. France. Gamma Lancia consumi ciclo comb. (l/100 km): Gpl da 7,1 a 8,3; ds da 4,4 a 5,7; bz da 5,9 a 7,8. Emissioni CO2 (g/km): Gpl da 115 a 134; ds da 115 a 119; bz da 140 a 185. New Ypsilon Je ne saurais vivre sans Elle. LANCIA YPSILON TUA DA 8.900 EURO CON CLIMA. 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Castagna Alessandra Vittoria Fanelli Alessandro Mei Angelo Troiani Antonella De Santis Antonella Pirolli Bruno Cantamessa Carlo Calabrese Carlotta Miceli Picardi Delfina Giannattasio Enrica Muretti Enrico Tonali Fabrizio Lodi Francesco Mantica Gianluca Castaldi Laura Mocci Luisa Espanet Maria Laura Perilli Monia Innocenti Nicoletta Borsei Paolo Brandimarte Roberto Volterri Valentina Falcinelli Vittoria di Venosa stampa Fotolito Moggio [email protected] la suvera castello-relais Resort gigi proietti attore per passione intervista il buon costume fashion 14 22 bmw italian open il golf italiano sport vela d’altura la regata dei tre golfi sport potenza, la più amata dai romani sport chiesa romana del santo volto di gesù architettura "le scarpe" degli architetti architettura oltre il giardino design 6 26 28 39 distribuzione Clodia Service +39 0695218700 [email protected] ANNO 2 - NUMERO 13 Periodicità mensile giugno 2010 Registrazione presso il Tribunale di Roma al n. 58/2009 del 25/2/2009 Iscrizione del marchio presso l’Ufficio Italiano Marchi e Brevetti è vietata la riproduzione anche parziale di testi, grafica, immagini e spazi pubblicitari realizzati da: INSIDER Srl Ricerchiamo persone o aziende di elevata professionalità, specializzate nella vendita di spazi pubblicitari I candidati interessati come Agenti o Rappresentanti sono invitati a spedire il proprio curriculum vitae inviando una e-mail a [email protected] Area di lavoro: Roma, Viterbo, Rieti, Frosinone Roma • Milano • Napoli 80 86 92 Thanks to www.vanni.it www.palombini.it Via Veneto, 125 - Roma Via Natale del Grande, 4 - Roma Corso Italia, 68 - Viterbo Olgiata Verde Shopping Plaza Formello - Zona Industriale Via Cassia, 1801 (La Storta) - Roma www.caffeschenardi.com Insider Resort 6 7 È È LA SUVERA, CASTELLO-RELAIS NEL CONTESTO ARTISTICO SENESE Da dimora storica di Papa Giulio II a Relais per rilassarsi (e innamorarsi) nei suggestivi borghi della storia senese di Alessandra Vittoria Fanelli proprio a La Suvera, un severo Castello del XVI° secolo che vi dimorò il controverso e ambizioso pontefice Giulio II, famoso per aver posto la prima pietra della Basilica di San Pietro arricchita degli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina che, dopo il succedersi di diverse proprietà nel corso dei secoli, è stato ristrutturato e adibito a esclusivo Relais adatto per ospitare i cultori dell’arte, della buona e genuina cucina toscana e del relax. Ubicato nella romanica Pievascola, il Relais La Suvera è carico ancora della sua storia che parte dagli albori dell’Alto Medioevo, dei Celti, dai Merovingi fino al dono che l’allora proprietario del castello, tale Priore Pandolfo Petrucci, fece nel 1507 a Papa Giulio II, che accettò l’offerta (tesa a arginare le mire del Granducato di Firenze sul protettorato di Siena) facendola poi ristrutturare dal famoso architetto senese Baldassarre Peruzzi. Situato tra le dolci colline toscane il Relais La Suvera offre un servizio di primissima qualità dove, immersi nella raffinata atmosfera della Villa Papale, corpo centrale del Castello, si può soggiornare nelle esclusive suite. Ad esempio, quella più richiesta dagli sposi in luna di miele, è la suite-regale dedicata alla principessa Maria Gabriella di Savoia dove ci si può rilassare tra arredi del’700, i ritratti di famiglia, le tazze di porcellana di Sassonia e riposare sul letto matrimoniale a baldacchino sotto il ritratto della secondogenita dei Savoia. Sempre nel corpo centrale della Villa Papale sono state ricavate altre splendide suite dedicate ai più noti personaggi della storia: da quella più severa del famoso Papa Giulio II, alla più leggiadra di Marie Antoniette, la giovane e ultima sfortunate regina di Francia, fino a quella dedicata a Napoleone invasa dai suoi celebri ritratti. Tutte le suite sono dotate di televisori al plasma con tv satellitare sia in soggiorno, in camera da letto e in alcune anche nella sala da bagno dove ci si può rilassare nelle vasche di idromassaggio. Nei corpi adiacenti della Villa Papale si trovano le suite ricavate nelle Antiche Scuderie e le camere situate nella Fattoria Toscana. La maggior parte delle suite, recentemente ristrutturate con arredi antichi e con i colori naturali in armonia con il paesaggio circostante, dispongono di terrazze affacciate sulla vallata toscana dove poter fare colazione immersi nel verde e nel silenzio. Alcune suite, pur disponendo dei servizi di un moderno hotel a 5 Stelle Lusso, sono ideali per una vacanza per famiglie con bimbi o figli adolescenti, poiché dotate di due camere e due bagni indipendenti con vasca e doppio lavandino in modo che ognuno abbia la propria privacy. Il Relais La Suvera dispone di diversi servizi quali il Ristorante Oliviera (aperto anche ai non ospiti del relais) con proposte di piatti tipici della cucina toscana e italiana accompagnati da una sapiente scelta di vini La Suvera, ricavati da uve di coltivazione rigorosamente biologica. Insider Resort 9 Per una cena più informale, per un light lunch o per sorseggiare un aperitivo ecco il più discreto La Tana del Riccio Bar & Grill, luogo particolarmente accogliente e suggestivo dove trascorrere le serate più calde all’aperto. Infine per gli ospiti che desiderano tonificarsi ecco la grande piscina scoperta e riscaldata a temperatura dell’acqua costante tra i 26° e 30° gradi con sistema speciale di depurazione con angolo idromassaggio e viziarsi maggiormente presso il Centro Benessere, vero gioiello ricavato nella parte medievale della villa immergendosi nella vasca di idromassaggio ricavata nell’antica cisterna medievale, con acqua igienicamente trattata e scaldata a 38° gradi. A fianco il bagno turco, una piccola fitness e una zona relax dove sorseggiare le tisane biologiche del resort. E ancora al primo piano della Villa Papale, sotto il severo ritratto di Giulio II, le sale di rappresentanza sono state adibite a Museo gestito dall’Associazione Culturale Cardinale Giovanni Ricci, attività posta sotto il Patrocinio dell’Unesco. Il Museo raccogli arredi, opere e documenti particolarmente significativi provenienti dal patrimonio storico delle famiglie Ricci e Massimo attuali proprietari del Castello La Suvera. Nei dintorni alcuni luoghi anch’essi posti sotto il Patrimonio dell’Unesco: Siena, dove attualmente è in corso la mostra dedicata a ‘Da Jacopo della Quercia a Donatello’ (fino all’11 luglio) nota anche per il famoso Palio di Siena che si tiene a luglio; a Casole d’Elsa, antico borgo dove nel Museo Civico Architettonico e della Collegiata si svolge la mostra dedicata a Marco Romano, protagonista della scultura italiana del Duecento e Trecento (fino al 3 ottobre). E per gli amanti della storia medievale ecco San Gimignano, città famosa per le sue torri, Volterra, nota per il suo artigianato in alabastro, Monteriggioni, paese immortalato da Dante nella Divina Commedia e infine San Galgano, splendida abbazia cistercense e cappella medievale dove si trova la ‘misteriosa spada nella roccia’ di Re Artù ◆ Piazza del Parlamento, 8 - 00186 Roma Tel\fax +39 0668192661 - Cell +39 3927883245 [email protected] - www.sartoria-al-corso.roma.it Insider Lady Walton e S.A.R. Il Principe di Galles (2002) William e Susana Walton natura, che sinfonia riaperti al pubblico i giardini la mortella ad ischia É Victoria house È una grande storia d’amore quella raccontata dai Giardini La Mortella, nido di Sir William Walton, uno dei più significativi musicisti inglesi del Novecento e di sua moglie Susana, che nel 1949 scelsero l’isola di Ischia quale luogo in cui dimorare. Ed oggi La Mortella, facente parte del circuito Grandi Giardini Italiani, rappresenta quanto di più affascinante sia mai stato creato dalla natura. Qui l’appassionato di botanica e l’amante dei fiori può stupirsi tra i viottoli, i sentieri che attraversano il Giardino e il semplice turista abbandonarsi davanti ad un panorama tra i più suggestivi della baia di Forio. L’impianto originario della Mortella - che in dialetto napoletano vuol dire “mirto divino” - fu disegnato dal noto architetto paesaggista britannico Russel Page, che nel ’56 venne chiamato ad Ischia da Susana Walton. Page provvide ad integrare il Giardino nelle pittoriche formazioni rocciose di origine vulcanica e lo arricchì con fontane, piscine, corsi d’acqua che hanno favorito la coltivazione di una superba collezione di piante acquatiche come il papiro, il fior di loto e le ninfee tropicali. Fra le piante più care a Lady Walton ci sono quelle cresciute dai semi portati dall’Argentina - suo paese di origine - come la Chorysia speciosa e la Jacaranda mimosifolia, o quelle che hanno una storia evolutiva interessante come le cycadacee, addirittura più antiche dei dinosauri. Ma La Mortella non è solo natura. La casa di William e Susana Walton, costruita all’interno della tenuta sul lato di una collina vulcanica, ospita oggi una Sala Concerto-Museo e l’Archivio del grande compositore. Il secondo, creato nel 1990, comprende lettere, fotografie, manoscritti e cimeli di Sir William e offre una grande risorsa sia per studiosi che Roger Clarkson dirige La National Children Orchestra Great Britain La valle con la fontana principale per appassionati. Una frazione del materiale è attualmente in mostra permanente nel Museo, a testimonianza dell’intensa attività musicale di William Walton ed espone una bellissima collezione di fotografie, nonchè un teatrino delle Marionette, opera del famoso disegnatore Lele Luzzati. All’interno dei Giardini La Mortella nel periodo primaverile e in quello estivo vengono organizzati concerti e calendari musicali che vedono protagonisti i più virtuosi giovani musicisti del mondo. Uno dei desideri più grandi di William Walton era infatti quello di aiutare i giovani musicisti di talento, dando loro un’opportunità per affermarsi e farsi conoscere dal pubblico. Due sono gli spazi creati per accogliere gli incontri musicali: la Sala Concerti-Museo e il Teatro Greco. Nella sala concerti in primavera, ogni sabato e domenica, viene organizzata una stagione di musica da camera dove giovani musicisti - circa un centinaio ogni anno - provenienti dalle principali scuole musicali italiane si esibiscono davanti ad un pubblico competente. resort Tempio del sole Nel corso degli anni, la Fondazione William Walton e La Mortella hanno stabilito rapporti di collaborazione speciali con scuole di musica prestigiose, quali il Royal Welsh College of Music and Drama, che ha istituito una borsa di studio nel nome di William Walton e manda degli ensemble dei suoi studenti ad Ischia ogni anno; la Scuola di Musica di Fiesole, con la quale viene messa in palio una borsa di studio annuale per un giovane musicista; la Curtis School of Music di Philadelphia (USA) con cui vengono organizzati corsi di musica residenziali e concerti. Lady Walton, dopo una lunga malattia ci ha lasciati nel primo giorno di primavera. La “Signora dei Fiori” come tanti ad Ischia amavano chiamarla, verrà ricordata nel modo più semplice e a lei più caro: proseguendo il suo lavoro e le sue volontà. La Fondazione WilliamWalton e La Mortella, alla quale Lady Walton da tempo aveva donato la proprietà, continuerà a lavorare con lo stesso impulso per portare avanti programmi e progetti per la valorizzazione della struttura e per offrire opportunità ai giovani talenti musicali ◆ Maggiori info su: www.lamortella.org Copertina del libro Grandi Giardini Italiani - www.grandigiardini.it Victoria Amazonica - fiore maschile Una casa in campagna I l cielo limpido, il canto degli uccellini, il verde intenso del parco: finalmente la bella stagione è arrivata! Godere della vita che rinasce, tornare a casa e vedere il sole che illumina la vallata, svegliarsi nel verde. Sembra un miraggio per chi vive giorno dopo giorno una quotidianità fatta di ufficio e traffico cittadino. Ma non lo è: nel parco di Veio, un residence ospita 46 appartamenti perfetti per chi ha bisogno di una sistemazione temporanea, durante un trasloco o una ristrutturazione, o per chi si trova in città solo per qualche settimana magari per lavoro, ma ideali anche per per una vacanza appena fuori porta o chi decide che, pur non volendosi allontanare completamente dalla propria rete di amicizie, impegni e abitudini, preferisce svegliarsi nella natura, tra animali, laghetti incontaminati e il fruscio degli alberi che circondano questi piccoli casali dal sapore inglese. Pensati per assicurare comfort e tecnologia con wi-fi, climatizzatore, allarme, fax, parcheggio, lavanderia, servizio di recapito posta… e un giardinetto privato davanti all’ingresso, dove godere di una dose extra di relax e serenità, che nella bella stagione si arricchisce anche di una piscina in cui si rispecchia una vegetazione rigogliosa. Sono piccoli cottage carattarizzati da una rustica eleganza, a pochissimi chilometri dalla città, collegati anche mediante una navetta che porta alla stazione che dalla Giustiniana arriva a San Pietro e assicura un trasporto lampo: solo venti minuti per arrivare in centro. Intorno agli appartamenti solo quiete e l’offerta della struttura: bisteccheria, ristorante-pizzeria, e l’eleganza del ristorante Il Picchio Rosso. Per un soggiorno indimenticabile. veio residence resort Via della Giustiniana, 906 Tel. +39 0630207264 - +39 0630361782, Fax +39 0630363148 [email protected] www.veioresidence.com Insider Intervista 14 15 GIGI PROIETTI Lei è indiscutibilmente uno dei più grandi e spesso i grandi, all’interno del mondo dello spettacolo, sono davvero soli. Per quanto la riguarda? “Un’osservazione esatta, la sua... Ma non mi sono mai concesso del tempo per la solitudine. Le ho chiuso gli spazi, lasciandola fuori. Fuori dal laboratorio di teatro, per esempio, con l’impegno costante che allontana la noia. Con la passione e le speranze dei ragazzi a riempire eventuali vuoti...” IO, VELISTA PER CASO, ATTORE PER PASSIONE di Carlotta Miceli Picardi Un lavoro generoso... e di notevole soddisfazione, suppongo… “Senza dubbio. Davvero gratificante quando magari un allievo che entra con uno scarso bagaglio di conoscenze, conclude il percorso discutendo brillantemente la sua tesi su Sofocle. O quando un altro, particolarmente dotato, acquisisce gli strumenti per esprimere al meglio la propria qualità. Ho preso recentemente in affitto un magazzino di notevoli dimensioni, con l’intenzione di farne una sala prove. O forse una scuola. Ma, per portare avanti un progetto di questo tipo, occorrono fondi. E attenzione, nonché chiarezza da parte delle istituzioni. Mi aspetto una mano. Attualmente produco delle rappresentazioni di Shakespeare a Villa Borghese, con giovani interpreti. Vorrei che l’iniziativa continuasse. Con me o senza di me”. Cosa rappresenta il teatro in un momento culturale e sociale come quello attuale? “Il teatro è il luogo di incontro al di fuori del messaggio continuo del ‘nulla’. Il capiente cassetto della memoria comune. Aprirne uno, riguarda la collettività. È un fatto politico. La sua laicità, diventa garanzia di libera espressione”. E il cinema? “Sergio Citti diceva: ‘Io non vedo più il cinema italiano... vedo solo dei film’. E E sco in una bella giornata di sole, con un vento leggero che asciuga in fretta le strade di una Roma splendida e luminosa, dopo tanti temporali. Il cielo è finalmente sereno. Io, per niente: sono agitatissima. Aspettavo questo incontro da mesi e ora mi chiedo se ho l’abito giusto, la voce giusta e persino... la faccia giusta per presentarmi a colui che, da un solo dettaglio fuori posto, saprebbe ricavare elementi sufficienti per il più esilarante dei monologhi: Gigi Proietti, il capostipite inarrivabile della microdinastia nazionale di ‘one man show’, che da lui inizia e con Fiorello si esaurisce. Autore, interprete, direttore artistico, regista. Quarantasei anni di teatro alle spalle. Attore e Maestro. Un talento assoluto e poliedrico, che da circa mezzo secolo si muove agilmente dalla commedia musicale al varietà, dal cinema alla televisione. L’irresistibile affabulatore di ‘A me gli occhi, please’, L’Ademar di ‘Alleluja brava gente’. E ancora, il Neri Chiaramantesi de ‘La cena delle beffe’, il Bruno Fioretti di ‘Febbre da cavallo’, ‘il Maresciallo Rocca’... in persona! L’ansia mi attanaglia. Benedico i cinque semafori Una constatazione più amara che polemica… “La consapevolezza di una imminente guerra tra poveri”. rossi consecutivi, determinanti per gli ultimi ritocchi al maquillage nello specchietto retrovisore... Ed eccomi ad affrontare in apnea i venticinque secondi di ascensore che mi separano dal pianerottolo, per non scomporre né trucco, né pettinatura ripetendomi di essere naturale e rilassata. Mi sento, insomma, come se dovessi sostenere un provino. Suono il campanello cercando di controllare, davanti allo spioncino, tutte quelle reazioni che secondo il criminologo della serie americana ‘Lie to me’ potrebbero rivelare una situazione di forte stress: battito delle ciglia ripetuto, dita che tormentano la bocca o i capelli. Poi, Proietti mi apre la porta, in forma smagliante. Giacca blu, camicia bianca, pantaloni grigi, scarpe sportive a sdrammatizzare l’insieme. E quel suo sorriso cordiale. Riesco a sorridere anch’io e capisco che la tensione si sta allentando. Lo seguo nello studio pieno di luce, con la pareti tappezzate da locandine e foto che lo ritraggono con Eduardo De Filippo, Vittorio Gassman, Federico Fellini: una galleria di protagonisti meravigliosi. Di Fellini, noto anche vari disegni e caricature. Quali programmi segue in televisione? “Gli approfondimenti sui temi che riguardano il paese, ma non per informarmi. Non più: adesso ne esamino le scelte drammaturgiche e attorali, per approfondire le nuove ‘strategie dell’apparire’. Esiste una pirotecnica compagnia itinerante, composta da una dozzina di elementi, (alcuni con il dono dell’ubiquità, persino) che si sposta di canale in canale, seguendo una sorta di canovaccio teatrale. Il Parlamento è in tournée nella tv”. E noi siamo spettatori o vittime? “Siamo succubi di un malinconico trend. Negli ultimi quindici anni ho fatto cento ore di trasmissioni: neppure trenta puntate. Un esponente di partito le fa settimanalmente. Vive sullo schermo, ne è la nuova star. Si appropria dei meccanismi, comprende l’immenso potere di orientamento dei mass media e se ne serve per trarne consenso”. Ha individuato qualche talento in uno o nell’altro schieramento? - lo provoco “Come no!“- ride Da che parte? - insisto “Difficile da capire: la linea di confine tra le aree avverse si assottiglia di giorno in giorno”. La gente se ne accorge, a suo parere? “Certamente si rende conto che tragico e comico non sono mai stati tanto vicini...” Se fosse un ministro in carica, che farebbe? “Incentiverei le attività amatoriali”. Un suo hobby al di fuori dell’ambito professionale? “Ad un certo punto ho deciso: ‘Provo con la vela!’ E mi ci sono messo d’impegno, cavandomela pure discretamente... Ma la verità è che io mi diverto sul palcoscenico. Lì, proprio lì, me la gioco sino in fondo, rischio senza paura. È un mestiere talmente straordinario, il mio!” La disturbano le critiche? “Mah... Potrei elencargliene di fantasiose, alcune per partito preso. Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Una volta mi hanno addirittura rimproverato di aver recitato Sofocle in romanesco! Una tale assurdità, che quasi non sono riuscito ad arrabbiarmi. Io ho studiato per anni l’italiano perfetto e in realtà mi sono accostato solo piuttosto tardi al dialetto, che comunque considero una lingua viva, per niente sclerotica. Offre possibilità di sintesi ed incisività nel racconto”. Chi riesce a farle perdere le staffe? “Chi mi mette i bastoni tra le ruote. Mi irritano gli atteggiamenti di chiusura ingiustificati. Sono per la lealtà, per chi non nasconde ciò che pensa”. Attualmente di lei cosa pensano? “Beh, tutto sommato...” Mi definisca ‘l’attore Gigi Proietti’ “Un cane sciolto. Più sciolto che cane”. Se dovesse riassumere la sua carriera fino ad oggi in una sola frase? “La mia carriera, le direi, è stata ‘da un’altra parte’. Sempre ‘da un’altra parte’. Cercando di eludere la mediocrità” ◆ Insider Intervista Insider Locali Storici 16 17 stanze posteriori: il salotto, adatto anche a piccoli eventi, presentazioni di libri e conferenze, e il giardino d’inverno, uno spazio riparato che assicura tranquillità e discrezione al momento del pranzo. Dopo un periodo di alterne vicende, che ha visto il locale sia ospitare grandi personaggi che perdere un po’ di smalto, la nuova era del Caffè Schenardi è volta al rinnovamento nella tradizione: l’intento è quello di riportare in pochissimo tempo i fasti degli anni passati, quando personaggi famosi italiani e internazionali, da Fellini a Orson Welles, passando per il Re di Svezia e tanti altri, si sedevano ai suoi tavolini per godere di una pausa raffinata e di gusto. Il cambio generazionale alla direzione ha determinato un piano di lavoro molto ambizioso: aumentare la qualità dell’offerta gastronomica, che include pasticceria, gelateria, bar, cucina e catering, grazie a un intenso miglioramento, I I Gran caffè schenardi dal 1818 La storia intorno a un tavolo niziamo in questo numero una nuova rubrica, alla scoperta dei locali storici del Lazio, caffè o ristoranti che hanno accompagnato il cambiamento delle persone e delle città, seguendo lo scorrere della storia attraverso i secoli. Si trova nel Corso centrale di Viterbo, il Gran Caffè Schenardi, in un palazzo del XV secolo, un edificio che dopo alterne vicende e passaggi di mano venne trasformato in Albergo Reale a fine ‘700, ma solo all’inizio del secolo successivo, nel 1818, viene acquistato da Raffaele Schenardi che creò, nella suggestiva struttura dell’albergo, il caffè. È una rivoluzione culturale quella che accompagna il diffondersi in Italia dei caffè: le consuetudini cambiano portando conversazioni intellettuali, dibattiti politici ed avvenimenti nei locali pubblici, rendendoli testimoni della storia che si di Antonella De Santis stava facendo in quegli anni. Le idee risorgimentali, la spinta alla diffusione della cultura e la partecipazione trovarono nel caffè Schenardi una sede ideale. Tante le testimonianze dell’epoca che rilevano come il caffè fosse frequentato tanto da rivoluzionari e anarchici, quanto da guardie pontificie e guarnigioni francesi, curiosa anomalia di questo indirizzo elegante, riservato e dai prezzi competitivi che riscontrava le simpatie di due fronti avversari. Verso la metà del secolo, nel 1855, il caffè venne rinnovato dalla mano dell’architetto Virginio Vespignani, che lo trasformò nel locale sobrio ed elegante che ancora oggi si può ammirare. Entrando, la fuga delle due navate è superba, un percorso lunghissimo scandito dalle volte a crociera, dai marmi e dagli stucchi, dalle colonne, dalle nicchie e dai contrasti oro e bianco che donano un’incredibile visione d’insieme che porta alle due puntando alla qualità e all’esclusività di una proposta rigorosamente artigianale, che tenga conto delle esigenze differenti nei diversi momenti della giornata e di una clientela eterogenea per età e gusti. Durante la sera si spengono le luci per lasciare spazio alle candele, che creano un’atmosfera suggestiva e magica che, nella stagione calda, si estende fino alla terrazza, con i tavoli nella bella piazzetta. Ogni dettaglio è seguito con cura ed attenzione: perfetto per una pausa di lavoro, con giornali a disposizione e collegamento wi-fi, per un gelato pomeridiano e per chiacchierare tra amici, come per una cena intima e di classe ◆ Gran Caffè Schenardi Corso Italia, 11/13 - Viterbo tel. +39 0761 345860 [email protected] - www. caffeschenardi.com Insider Locali Storici Insider Gioielli 18 19 Insider www.castaldigioielli.it Ametista, gemma protettrice, simbolo di fortuna e forza... Poteri e capacità Le si attribuiscono dei poteri soprannaturali. È un talismano simbolo di fortuna e forza, protegge dalla malasorte, dalla nostalgia verso il paese natale e dalle ubriacature, come indica il nome stesso (in greco “amuthustein” significa “non essere ubriaco”). Secondo la cristallo terapia, l’ametista allontana gli incubi e rafforza la chiaroveggenza e la capacità di sognare. Inoltre, è particolarmente utile per aumentare l’autostima, rafforzare la volontà, la memoria e l’autocontrollo. Si dice che abbia capacità di infondere coraggio e speranza e, portata alla mano sinistra, avrebbe un benefico effetto tranquillante. design by Gianluca Castaldi Leonardo da Vinci scrisse che tale pietra era in grado di dissipare i cattivi pensieri e di aumentare l’intelligenza. Quando l’ametista si rompe è perché ha attratto su di sé qualcosa di terribile che potrebbe accadere al suo possessore ed è forse per questo motivo che qualcuno gli ha attribuito l’immeritata nomea di pietra della malasorte. Provenienza e giacimenti Fino alla scoperta dei grandi giacimenti brasiliani nel XIX secolo, l’ametista era rara e perciò molto costosa. Al giorno d’oggi invece è molto più a buon mercato e solo le grandi gemme più pure e dal colore viola più intenso possono raggiungere alte quotazioni sul mercato. Essa si trova anche nelle miniere dell’Uruguay, Bolivia e Argentina, così come in Zambia, Namibia e altri paesi africani. Generalmente l’ametista del Sud America tende a essere disponibile in misure maggiori rispetto a quelle africane; ma le ametiste dell’Africa hanno la reputazione di avere un colore migliore è più saturo. Quelle molto scure, soprattutto in misure minori, si trovano in Australia ◆ Gianluca Castaldi [email protected] L’ L’ ametista è la più importante varietà di quarzo usata in gioielleria. I suoi colori variano dal lilla chiaro al viola intenso. I toni pallidi vengono spesso chiamati “Rosa di Francia” e si vedono tra i gioielli Vittoriani. Quelli più intensi sono i più pregiati. Nel Medio Evo si credeva che tale pietra portasse felicità coniugale e quando nasceva un bambino gli si donava un’ametista per dare forza al suo Angelo Custode e proteggerlo. “il tuo gioiello su misura” Insider Old Fashion 20 21 Narrano antiche cronache... Esther Williams U Bikini nell’antica Roma U n attimo di calma! Lunga è la strada che dall’antichità giunge all’estate del non lontanissimo 1946 quando venne alla luce il ‘bikini’ vero e proprio, il costume da bagno che fa felice ogni donna ( e, indirettamente, ogni uomo...) reduce da qualche mese di dolorose rinunce alimentari e da ore e ore passate sul tapirulan della palestra sotto casa. Ma fra poco ci arriveremo... Il tradizionale costume da bagno, in realtà, nasce intorno alla metà dell’Ottocento, poiché prima di quel periodo fare il bagno in mare, nei laghi o nei fiumi non costituiva un diffuso passatempo e se proprio qualcuno voleva dedicarsi ad acquatiche e dilettevoli attività preferiva indossare la propria biancheria intima o... nulla. Poi qualche medico di larghe vedute iniziò a sostenere che i bagni ricreativi costituivano un ‘tonico per i nervi’, sagge ed imperscrutabili parole con cui si spaziava disinvoltamente dal ‘mal d’amore’ alla ‘meningite Bikini d’altri tempi di Roberto Volterri tubercolare’. Non rimaneva che l’imbarazzo della scelta! La cosiddetta ‘cura delle acque’ spinse quindi decine di migliaia di uomini e donne europee a sguazzare nei laghi, nei ruscelli e tra le onde del mare, ben dimentichi che fino a poco prima ritenevano che fare il bagno, immersi completamente nell’acqua, a lungo andare potesse condurre a ‘morte sicura’. O quasi... Si sa, ogni invenzione richiede un certo tempo per venire accettata dalle masse: così i primissimi costumi da bagno si ispiravano pedissequamente ai modelli degli abiti usati ogni giorno. Le gentili dame indossavano, ad esempio, un costume di flanella, di alpaca o di serge, curiosa stoffa prodotta fin dal Medioevo nella cittadina francese di Nîmes, forse adottata dal genovese Cristoforo Colombo per le vele delle sue caravelle e poi dai cercatori d’oro di “quando c’era una volta il West”. Oggi la indossiamo un po’ tutti, solo che la chiamiamo... jeans! Il costume da bagno era munito di un corpino stretto, di un collo che impediva quasi di respirare, di maniche talmente lunghe e goffe che si faticava ad indovinare dove stesse il gomito e di una gonna che copriva interamente anche il ginocchio. Naturalmente l’acquatica vestizione era completata da pantaloni stretti alla caviglia, calze nere e... scarpe basse, di tela. Una volta immerse nelle onde del mare, le novelle ‘sirene’ quando ne emergevano (se riuscivano a farlo, naturalmente!) più che Venere, la dea che sorge dalle onde dell’Oceano - perciò appellata anche Anadiomene, oppure Pelagia - sembravano... un informe guardaroba appena estratto da una vasca da bagno! Nei mari e nei laghi della Perfida Albione, dell’Inghilterra insomma, e in America si registrarono non poche vittime per annegamento, poiché le aspiranti ‘Novella Calligaris’ dell’epoca a volte non riuscivano a raggiungere la riva, appesantite com’erano da tutto quell’armamentario di gonne e sottogonne. La necessità aguzza l’ingegno e così per salvaguardare da maschili sguardi indiscreti le grazie muliebri si pensò di inventare la ‘Macchina da bagno’, costituita da una cabina in cui la damigella poteva spogliarsi e poi rivestirsi da aspirante ‘sirenetta’. Tramite due ruote, questa curiosa ‘cabina mobile’ veniva trasportata in acqua, a pochi metri dalla riva, dove la gentile signora poteva scendere tra i flutti tramite un’apposita rampa. Ovviamente una compiacente tenda - poeticamente chiamata ‘cappuccio del pudore’ - nascondeva l’improvvisata ‘Venere’ dai lussuriosi sguardi di qualche gentiluomo...capitato lì per caso. Nei primissimi anni del Novecento, l’evoluzione che accompagna da sempre la moda, rese popolare un costume da bagno meno impegnativo, costituito da un unico pezzo, aderente al corpo, munito di lunghe maniche ‘salvapudore’ e anche da un’inutile gonnellino. Poi venne il danese Carl Jantzen... Jantzen, nato ad Aarhus, in Danimarca, nel 1883 era emigrato in America e nel 1913 era divenuto socio di un’industria di maglieria operante nell’Oregon, la Portland Knitting Mills, azienda che produceva maglioni, calzerotti, berretti e guanti di lana. Portato alla sperimentazione, Jantzen si era dedicato a lungo a ‘giocare’ con una macchina della ditta al fine di produrre un maglione stretto e leggero, particolarmente elastico. Finché ci riuscì sul serio, tramite un ‘punto’ che generava un interessante tessuto elasticizzato a coste. Si era a due passi dal costume da bagno vero e proprio, ma Jantzen ancora non lo sapeva... Il Fato intervenne facendogli conoscere un membro della Squadra di Canottaggio di Portland alla ricerca di una tenuta atletica con maggiori ‘prestazioni’. Il tessuto inventato da Jantzen era proprio quel che ci voleva e in un attimo la Portland Knitting Mills diversificò la produzione adottando anche lo slogan “ Il costume che trasforma il bagno in nuoto!”. Ma fare il bagno per diporto era ancora un po’ scomodo... Togli un po’ di stoffa qua, togli un po’ di stoffa là, il costume da bagno divenne sempre più leggero e di ridotte dimensioni: dai modelli con un’ampia scollatura sulla schiena e con spalline particolarmente strette, le dame degli anni Trenta passarono disinvoltamente al ‘due pezzi’ costituito da un corpetto ‘prendisole’ e da castigati calzoncini. Poi venne purtroppo! - l’Era nucleare... Il primo giorno di luglio del 1946 gli Usa iniziarono una serie di esperimenti nucleari - diciamo così... - ‘pacifici’ facendo esplodere una bomba atomica sulle isole Marshall, nell’Oceano Pacifico (quando ci si mette pure l’ironia!). Era l’atollo di ‘Bikini’ che dopo tale esperimento... scomparve quasi del tutto! Intanto a Parigi lo stilista Louis Réard era intenzionato a presentare dei costumi da bagno ‘audaci’, ridottissimi e sempre a ‘due pezzi’. Ma ancora non era riuscito a trovare un nome per questa sua innovativa invenzione... Sui giornali, in quei giorni, non si parlava d’altro che dello scoppio della ‘pacifica’ bomba atomica a Bikini: era nato il tanto agognato nome con cui battezzare l’esplosivo modello ideato da Réard! Quattro giorni dopo lo scoppio di quella bomba atomica, la top model Micheline Bernardi sfilò su una passerella della Ville Lumière indossando il primo ‘bikini’ della storia, provocando più commenti, discussioni e critiche della bomba stessa! ◆ Marilyn Monroe Insider Old Fashion 22 il buon costume di Luisa Espanet I ncredibilmente, forse per la prima volta nella storia della moda estate, non si parla del grande ritorno dell’intero. Inteso come costume, of course. Ogni anno, infatti, puntualmente in primavera si alza un coro che inneggia alla fine del due pezzi e dichiara unico, incontrastato protagonista il costume intero. Le vetrine lo mettono in pole position con solo qualche flash del denigrato bikini. E poi, altrettanto puntualmente, spiagge e barche sono invase da signore, signorine, ragazze in due pezzi e solo qualche outsider, nemmeno troppo convinta, in intero. Spiegarsi perché succeda non è difficile. L’intero è più suscettibile di tagli e dettagli particolari. L’antagonista, con la sua esigua quantità di tessuto a disposizione, non può assolutamente essere una palestra di stile e finisce per diventare una macchia di colore, un accessorio per evidenziare la bellezza di un corpo. E allora i creativi si rifanno su copricostume e pareo, a contrasto o coordinati, da usare in spiaggia ma anche per l’aperitivo chic o il party privato. Questo non significa che il costume intero sia sparito. È stato sulle passerelle ed è nei negozi. Si è visto a pois con gonnellino anni Cinquanta da Etro, sotto minitrench e con calzare alla caviglia. Da Blugirl con schiena nudissima e stampa “I love you” rossa su fondo bianco, coordinato alla borsa. Da Tommy Hilfiger è a righe verticali e taglio olimpionico, sotto la giacca bianca. Missoni li ha proposti in maglia leggerissima con varie geometrie e colori da indossare, fuori dall’area mare, con gonne pareo o lunghe camicie oversize effetto rete. Per Just Cavalli è molto sgambato e, per non smentirsi, inondato di paillettes. Sempre attuale il falso intero in cui i due pezzi, reggiseno e slip, spesso microscopici, sono uniti da un elemento. Li ha fatti sfilare Frankie Morello. In Lycra blu elettrico o giallo acceso e a tenere unite le due coppe un ferro di cavallo, fil rouge di una collezione ispirata al mondo dell’equitazione. Ha una stretta fascia sulla pancia il falso intero Yamamay con stampe ispirate al Messico e profili rossi, e per ribadire la sua strettissima parentela con il bikini ha due fiocchetti laterali sullo slip. Fisico I Frankie Morello Insider Fashion 24 25 Etro Blugirl Insider Fashion Marina Yachting Yamamay Lo slip a triangolo con fiocchetto laterale regolabile è un evergreen. Ice Iceberg lo realizza con stampe animalier, ma sugli imprevedibili toni del turchese e del verde mela. Ha i fiocchetti il tridimensionale (per via dei fiori in materiale plastico applicati sul reggiseno) modello di Miss Bikini, disegnato dalle stiliste Alessandra e Francesca Piacentini in collaborazione con Lola Ponce, che è anche la testimonial della campagna pubblicitaria. Sono quattro minitriangoli tenuti insiemi da piccoli lacci i bikini in cotone millerighe di Falconieri. È giocata sull’elasticità e la possibilità di variare la vestibilità con lacci da annodare, la collezione di bikini di Fisico disegnata da Cristina Ferrari, guru del beachwear. Se il nero si riconferma un evergreen per l’intero, il bianco e nero optical lo segue a distanza ravvicinata. Ecco il bikini sempre di Wolford a disegni geometrici, quello ispirazione afro di Yamamay, gli interi e i bikini a righe bianche e nere di Marina Yachting, che bianche e nere a righe realizza anche le espadrillas. Le righe sono in primo piano per i boxer e i pantaloncini di lui. Trionfo del PVC e della plastica negli accessori, dagli infradito con suola da sneakers e le ballerine bicolori di Pirelli, alle ballerine di Melissa disegnate da Zaha Hadid al sandalo con zeppa di Colors California fino alle borse trasparenti di Prada ◆ Lola Ponce per Miss Bikini Insider Marini, Andersson Hed, Chimenti, Oliosi Andrea Pavan Edoardo Molinari BMW ITALIAN OPEN: IL GOLF ITALIANO VOLA SEMPRE PIù IN ALTO Il pubblico Il Royal Park I Roveri ha ospitato anche quest’anno l’Open di golf Un evento che, ancora una volta, ha superato le aspettative e che quest’anno ha segnato definitivamente l’esplosione di questo sport nel panorama sportivo italiano C di Francesco Mantica C ome una pallina che, lanciata verso la diciottesima buca, arriva finalmente vicina all’obiettivo, anche il movimento del golf italiano, guidato dagli ormai famosi fratelli Molinari e dal giovanissimo ragazzo prodigio Matteo Manassero, ha ormai raggiunto livelli tecnici e di notorietà unici nella storia di questo sport. Ultimo esempio è stato il BMW italian Open, la rassegna italiana che ogni anno viene ospitata dal percorso del Royal Park I Roveri a Fiano Torinese. Il successo della manifestazione, aiutato dai molti talenti in gara e dalla magnifica cornice del Royal Park, è stato la riprova del fatto che ormai il golf, in Italia, non è più uno sport d’elite, ma uno sport per tutti. E dire che non era cominciata nemmeno benissimo, visto che una delle protagoniste principali della gara è stata la pioggia. Pioggia che ha reso difficili le riprese, pesante il terreno di gioco e limitato la visibilità agli spettatori. E che, per di più, non ha permesso lo svolgimento della Intermedia Finance Pro-Am, gara che sul percorso del Royal Park I Roveri a Fiano Torinese doveva aprire la settimana di grande golf imperniata sull’Open. È stato così impossibile vedere all’opera in anteprima alcuni dei protagonisti della 67ª edizione della massima manifestazione di golf, che si è svolta dal 6 maggio fino a domenica 9 maggio. Poco male, perché nonostante questo l’affluenza del pubblico è stata notevole e lo spettacolo non ha tradito le attese. Matteo Manassero Ad aggiudicarsi la vittoria è stato lo svedese Fredrik Andersson. Il 38enne di Halmstad ha ottenuto, nella 67ª edizione della massima manifestazione italiana di golf, il suo primo titolo nell’European Tour con lo score di 272 colpi (70, 66, 63, 73,) dopo una gara di contenimento (parziale di 73 con un birdie e due bogey) che gli è stata permessa dal notevole vantaggio accumulato al termine del terzo turno. Ha provato a insidiarlo David Horsey (274 - 68, 71, 67, 68), che lo aveva raggiunto alla 13ª buca, ma l’inglese si è dovuto accontentare del secondo posto, dopo due errori. Al terzo, con 276, lo svedese Peter Gustafsson, l’inglese Chris Wood e il belga Nicolas Colsaerts; al sesto, con 277, lo spagnolo Ignacio Garrido; al settimo, con 278, il sudafricano Hennie Otto, l’inglese Graeme Storm e il gallese Stephen Dodd. Per gli italiani in gara non è andata affatto male. Il pubblico ha potuto assistere con emozione alle prodezze del dilettante romano Andrea Pavan e di Edoardo Molinari, mentre Matteo Manassero ha debuttato con una gara di spessore notevole tra i professionisti. Molinari ha concluso al 13° posto con 280 colpi (72, 71, 69, 68) dopo un rabbioso tentativo di rimonta seguito a due giri iniziali piuttosto in grigio. Nel 68 conclusivo ha messo insieme sei birdie e due bogey. Pavan (282 - 76, 68, 73, 65) ha fatto un gran salto dal 58° al 22° posto grazie a un 65, miglior score di giornata, ottenuto con sette birdie di cui cinque nell’arco di sei buche. Il 21enne romano, che studia all’Università Texas A&M farà il salto tra i professionisti a fine anno. Manassero invece ha terminato 29° con 283 colpi (70, 70, 72, 71). Nel 71 di chiusura molta regolarità con due birdie e un bogey. “Ho tratto sensazioni positive - ha dichiarato - dal mio debutto al professionismo. Sono rimasto contento del mio gioco, che è stato regolare in tutti e quattro i giri. Solo un po’ di amarezza per qualche incomprensione con il putter. Io sono ottimista e pertanto non penso di avere problemi di putting, perché ad esempio nei primi due turni sul green le cose sono andate ottimamente”. L’evento, organizzato per l’ottavo anno consecutivo in partnership tra la Federazione Italiana Golf e l’European Tour, ha avuto un bel successo di pubblico, malgrado le condizioni meteo poco propizie. Il BMW Italian Open infatti è stato seguito complessivamente da 21.000 spettatori: tremila nella prima giornata di gara e seimila nelle altre tre. Migliaia di persone che hanno tifato, applaudito, partecipato a un evento che ha messo ancora una volta il golf sotto i riflettori, segnandone la definitiva esplosione come fenomeno del panorama sportivo italiano ◆ È SPETTACOLO NELLA REGATA DEI TRE GOLFI di Alessandro Mei © Kuhne & Kuhne Ass.ti © Kuhne & Kuhne Ass.ti È un appuntamento classico della vela d’altura quello che parte a Napoli dalla sede del Circolo del Remo e Vela Italia per fare tappa nel Golfo di Gaeta e in quello di Salerno e poi far rientro in quello di Napoli. La Settimana dei Tre Golfi, questo il nome della regata velica valida anche per l’assegnazione del titolo italiano offshore introdotto quest’anno dalla Federazione Italiana Vela, ha visto la partecipazione di sessanta equipaggi che si sono sfidati in avvincenti regate su un campo di regata solitamente baciato dal vento. Alle regate fra le boe di Ischia, disputate dal 21 al 23 maggio, si è aggiunta la classica “Tre Golfi - Coppa Senatore Andrea Matarazzo” e quella della storica regata lunga su un percorso di 124 miglia che vede la flotta dei partecipanti impegnati su un percorso NapoliVentotene-Li Galli e ritorno a Napoli. Nella combinata trofeo Marina Yachting la vittoria in classe 1 è andata a Saphira, l’imbarcazione di Raffaele Archivolti con al timone l’atleta delle Fiamme Gialle, Paolo Cian. L’Irascibile, un’imbarcazione del circolo napoletano con a bordo otto soci del club e al timone Giampiero Martuscelli ha tagliato prima il traguardo fra le imbarcazioni di classe 2, mentre Wolverine, di Giacomo dell’Aria, ha sbaragliato gli avversari in classe 3. Sempre per la combinata, la classifica con sistema di compensi IRC ha Premiazione di Saphira - ©Foto Francesco Rastrelli visto vittoriose nella classe 1-2 l’equipaggio Stelle Olimpiche, un team in rosa che vede protagoniste le campionesse olimpiche di vela fra cui Larissa Nevierov, del Gruppo Sportivo Aeronautica Militare. In classe 3 a dominare è stato invece Vlag di Salvatore Casolaro, timonata dal finanziere Roberto Cosentino. La regata lunga ha visto grande mattatore Wolverine che in tempo compensato si è aggiudicata sia la Coppa Senatore Andrea Matarazzo, sia il trofeo Vela d’Oro, destinata al primo classificato Overall in Orc: ma non è finita qui. Perché l’armatore Giacomo Dell’Aria si è portato a casa anche la Coppa Mariano Venerusio, assegnata al primo overall della classifica Irc. Se il team catanese ha fatto mambassa di premi, a tagliare per prima il traguardo in tempo reale è stata Saphira di Archivolti che si è portata a casa la Coppa Gustavo d’Andrea ◆ Saphira VELA D’ALTURA Partenza - ©Foto Francesco Rastrelli 31 Dinghy, piccola grande vela La storica deriva di appena 12 piedi protagonista a fine giugno a Bracciano nel campionato italiano di Alessandro Mei 100 imbarcazioni in vetroresina e in legno. La diffusione della fibra di vetro nel mondo della nautica, infatti, non è riuscita a cancellare le origini di questa divertente deriva che, ancora oggi, viene realizzata presso alcuni cantieri con le tecniche e i materiali utilizzati quasi cent’anni fa. L’arrivo della vetroresina ha portato ad una rapida diffusione di quest’imbarcazione che però non ha voluto dimenticare le sue origini, tanto che l’associazione Dinghy 12 piedi prevede in ogni manifestazione una classifica a parte per le imbarcazioni “classiche”. All’appuntamento velico di fine giugno sono attesi i migliori equipaggi italiani della categoria, ma non è escluso che possano essere presenti anche atleti stranieri intenzionati a venire a provare il campo di regata del lago in vista della World Cup – III Trofeo Cockshott in programma sempre a Bracciano dal 15 al 18 luglio ◆ Dinghy - ph Pier Giovanni Carta/Papernew.com Federazione Italiana Vela - IV Zona - Lazio Via Vitorchiano 113 - 00189 Roma - tel. +39 0633220441 www.fivlazio.com ph Pier Giovanni Carta - Papernew.com C C hi l’avrebbe mai detto che dalle regate goliardiche nei porti che a inizi del XX secolo vedevano protagonisti i tender dei panfili o le barche dei piloti potesse nascere una deriva a vela ancora oggi apprezzata e “coccolata” da appassionati velisti di tutto il mondo. Era il 1913 quando l’inglese George Cockshott disegnò il Dinghy 12 piedi, aggiudicandosi il concorso indetto dall’allora Federazione internazionale della Vela con l’intento di unificare i vari tipi di tender con cui, appunto, gli armatori dei grandi yacht si sfidavano in appassionanti competizioni nei porti e nelle rade del nord Europa. Realizzato in fasciame sovrapposto, con in pozzetto due banchi per la voga, una poppa a specchio e un albero con la vela al terzo, questo barchino di appena 12 piedi (poco più di 3,60 metri di lunghezza) è presto diventato un punto di riferimento per appassionati velisti: economico, maneggevole, tecnico a vela e pratico anche per il diporto nautico. La sua forma particolare non consente di planare sull’onda. Il suo utilizzo alle Olimpiadi del 1928 - e prima ancora nel 1920 - come barca in singolo ne rappresenta il trampolino di lancio in Italia dove nel 1931 si svolge il primo campionato nazionale. Una manifestazione che dal 24 al 27 giugno prossimo toccherà le acque del lago di Bracciano per la sua 73ª edizione alla quale è attesa una flotta di circa Insider Vela 33 L’isoletta che in noi gran meraviglia destò... Insider Turismo Cala Tramontana di Roberto Volterri S S Cala Rossa Favignana ì, cari lettori di INSIDER magazine, ci troviamo proprio a Favignana, la più grande del gruppo delle isole Egadi, l’Aegusa degli antichi Greci, nello splendido mare di Sicilia, a soli 17 km ad ovest di Trapani. Qui, in tempi ormai dispersi nelle nebbie del tempo - oppure frutto della fantasia del ‘cieco cantore’, l’Omero che tanto ci ha fatto (piacevolmente) ‘penare sui banchi della scuola - giunse anche l’astuto Ulisse con i suoi compagni. E proprio da Favignana iniziamo con voi una rapidissima escursione, non tralasciando di certo le altre due splendide isole, Levanzo e Marittimo, che a Favignana fanno da cornice insieme agli isolotti di Formica e Maraone. Sorta la figlia del mattino appena, l’isoletta, che in noi gran maraviglia destò, passeggiavamo. Allor le ninfe, prole cortese dell’egïoco giove, per fornir di convito i miei compagni, quelle capre levaro. Salpiamo le ancore e partiamo... Lasciamo tutto ciò e avviamoci a tempi a noi un po’ più vicini... Nella prima metà del XVII secolo Favignana fu proprietà del barone genovese Camillo Pallavicini, il quale si impegnò a fondo per dare il meritato sviluppo alle attività agricole dell’isola, in un travagliato periodo in cui erano frequentissime le incursioni dei pirati provenienti dalla non lontana Algeria, pirati che costrinsero le popolazioni locali a rifugiarsi nelle grotte. Intorno al 1640 sorse l’attuale centro abitato di Favignana, ma un regolare assetto urbanistico si ebbe circa trent’anni più tardi con la saggia politica imprenditoriale di Ignazio Florio che fornì notevole impulso alle attività legate alle tonnare di cui l’isola abbondava. Se avete intenzione di fare un salto alle splendide Egadi, suggerirei però di sfruttare al massimo l’efficiente rete di collegamento tra le varie isole, in modo da ammirare - insieme alle ‘tracce antropiche’ fin qui descritte - anche ciò che vi riserva Levanzo, la più piccola dell’affascinante, piccolo arcipelago. Facciamo, solo per un attimo, finta di non sapere che il nome di Favignana derivi dal caldo vento di ponente, il Favonius come lo chiamavano gli abitanti all’ombra del Colosseo, oppure da un quasi sconosciuto gigante Favonio. Poco importa, dopotutto! Prendiamo però nota che tra le cristalline acque dell’isola echeggiano ancora, in profondità, il clamore, le grida, i segreti della terribile ‘battaglia delle Egadi’, combattuta tra Romani e Cartaginesi, nel 241 a.C., in località Cala Rossa. Lasciamo nei labirinti della nostra memoria gli ‘omerici’ Lestrigoni, più avvezzi a ‘zappar l’aspra terra’ dell’isola che a navigare per i suoi mari come invece facevano i Feaci, evanescenti tracce dei quali è ancora possibile rinvenire nella località denominata San Nicola insieme a testimonianze della presenza fenicia e dei resti di una sorta di piscina di epoca romana scavata nella roccia calcarea. Piscina, oggi denominata ‘bagno delle donne’, che riceveva l’acqua dal mare tramite un condotto sotterraneo. (Omero, Odissea, IX, 191-196) Faro di Capo Grosso Salpiamo di nuovo le ancore... Levanzo, l’antica Phornantia, la saracena Gazirat-al-ya-bisah (ovvero, l’arida) adornata da rocce scoscese, è l’ideale meta di chi desideri tranquillità e silenzio, uniti però alla possibilità di esplorare i suoi fondali, ricchi di testimonianze archeologiche, come la splendida ‘grotta del Genovese’, antichissimo santuario di epoca paleolitica e anche neolitica, adornato di simboli che forse testimoniano una ritualità magica legata alle antichissime attività di pesca o di caccia dell’isola. L’isola ha un unico, minuscolo centro abitato, Levanzo, ovvero qualche decina di case, collegate da una strada, e dalla splendida Spiaggia del Faraglione. Niente di più, ma forse è proprio questo che la rende ancor più suggestiva, con un territorio quasi disabitato e restituito a Madre Natura a seguito dell’abbandono delle già esigue attività agricole. Se il... ‘vento è favorevole’ - o, meglio, se avete ancora il desiderio e le energie per completare le splendide escursioni che vi possono riservare le Egadi - recatevi ora a Marettimo, l’isola più distante dalla Sicilia. Marettimo appare dominata dai 686 metri del Monte Falcone e dalle impervie coste caratterizzate da falesie che sorgono verticalmente dalle acque. Un pittoresco villaggio di pescatori, il castello normanno di Punta Troia e il faro presso Punta Libeccio non possono di certo mancare nel vostro ‘diario di viaggio’. Così come gli irriducibili subacquei - e chi scrive ne fa parte... - non possono certamente evitare di esplorare i fondali ricchissimi di una fauna ittica che nulla ha da invidiare a quelli del Mar Rosso e della ben più nota Sharm-el Sheik! Flora e fauna terrestre non mancheranno di farvi compagnia anche qui, mentre al tramonto tornerete con la mente a Favignana e agli omerici versi con cui concluderei insieme a voi questo nostro ideale viaggio... ◆ Marettimo asinelli Il sole ascoso, ed apparse le tenebre, le membra sul marin lido a riposar gettammo Insider Vela 34 ALTURA: TARGA FLORIO DEL MARE a vela intorno alla sicilia di Nicoletta Borsei L L a Targa Florio del Mare 3a edizione, organizzata dallo Yacht Club di Favignana, consiste nella circumnavigazione in senso orario della Sicilia con partenza e arrivo all’isola di Favignana. Sulle orme della storica gara automobilistica omonima, il percorso di 430 miglia circa, prevede quattro pit-stop di 30 minuti l’uno nelle località di Cefalù, Giardini Naxos, Marzamemi e Sciacca. Questa edizione, svoltasi dall’11 al 16 maggio, è stata sicuramente la più impegnativa delle tre fino a ora svolte. Nella prima parte della regata, i venti meridionali con un intensità variabile tra i 15 e i 20 nodi (lo stretto di Messina è stato attraversato con 25 nodi) hanno consentito agli equipaggi più esperti di arrivare speditamente a Marzamemi, ma superato Capo Passero, le imbarcazioni fin lì giunte si sono “raggruppate” durante un’intera notte di bonaccia, annullando ogni vantaggio conseguito. Gli yacht che si erano spinti al largo sono stati favoriti da un Est di 10 nodi; dopo di loro, sono ripartiti quelli che si erano mantenuti sotto costa. Passato il pit-stop di Sciacca, il vento è aumento girando verso sud fino a definirsi, all’altezza di Mazara del Vallo, in un Ponente di 30 nodi, con punte di 40 nodi in vista di Favignana. Hanno raggiunto il traguardo solo quattro delle dieci imbarcazioni iscritte, secondo il seguente ordine in tempo compensato: primo Nigno, il Dufour 34 di Peppe Fornich, secondo Aida, il GS 40 Race di Giovanni Calandrino, terzo Oxidiana, l’X-442 di Ignazio Cosumano, (detentore del trofeo lo scorso anno), quarto l’Este 40 di Matteo Miceli, che ha mancato, causa diverse rotture sofferte, il primo posto cui aveva puntato. Ai primi tre vincitori, oltre alla Targa (riproducente l’antica targa della gara nautica “la Perla del Mediterraneo” risalente al 1906), sono stati assegnati premi in denaro rispettivamente di 5.000, 3.000 e 2.000 euro. A latere, nelle quattro località interessate dai pit-stop, si è svolto il concorso riservato agli alunni delle scuole elementari “voglio fare il giro del mondo in barca a vela”, che quest’anno ha coinvolto circa 500 bambini. La premiazione della regata è avvenuta nel corso della serata di gala svoltasi nell’opificio Florio - la storica tonnara commissionata da Ignazio Florio nel 1874 - il cui progetto di recupero prevede attività congressuali e nautiche. Il Presidente dello Yacht Club Favignana, Chiara Zarlocco, con la Targa Florio del Mare, unitamente al Trofeo Challenge Ignazio Florio, la cui 5° edizione si svolgerà dal 15 al 18 settembre nello specchio d’acqua delle Egadi, si ripropone di trasformare l’isola di Favignana nella culla della vela d’altura mediterranea ◆ Info: www.ycf.it Lazio Roma Fregene S S IL CARRO A VELA A 150 all’ora sulla spiaggia sospinti da Eolo i guida come un kart, quindi con il classico volante, ma la sua forza motrice non è fatta di pistoni e benzina ma sfreccia solo grazie ai voleri del dio Eolo. È il “carro a vela” (o “sailer land”, “char a voile” o ancora “triciclo a vela”, “kart a vela”). Praticare il kart a vela significa prendersi il rischio di esporsi a due effetti di estrema intensità: l’effetto seduttivo di ambienti eccezionali e di paesaggi da mozzare il fiato; l’effetto choc, la pura adrenalina di quando si scivola di fronte al mare sulla sabbia delle spiagge o magari su laghi salati. COME è FATTO E COME SI GUIDA Il kart a vela si compone generalmente di un telaio, uno scafo per lo più in vetroresina, fissato su tre ruote e di una vela. Si pilota in modo inconsueto: la solita cima per la vela, ma il carrello anteriore non si comanda con i piedi bensì con un manubrio. È facile e sicuro: cintura di sicurezza e struttura avvolgente. UN PARADISO IN FRANCIA, MENTRE IN ITALIA... In Italia questo singolare mezzo non è ancora molto diffuso, anche perché servono particolari condizioni meteo e spiagge lunghe e deserte per poterlo praticare. La Riviera Adriatica è il posto più battuto dagli appassionati che quest’anno vi hanno organizzato, a febbraio, il raduno nazionale. Molto diffuso è nel nord della Francia e in Belgio, dove questi scenari non mancano davvero. E fra le varie località ce n’è una molto suggestiva: la Costa d’Opale (nell’estremo nord est della Francia, affacciata sulla Manica). di Fabrizio Lodi È un paradiso degli appassionati dei “char a voile”, che possono volare sulla sabbia fino a oltre i 150 km all’ora. Le notevoli escursioni di marea creano infatti bagnasciuga compatti e levigati come autostrade. La Costa d’Opale è così chiamata per i cambiamenti di colore che si osservano attraversando la regione, che ricordano la pietra australiana, che cambia colore secondo l’incidenza della luce su di essa. UN PO’ DI STORIA L’origine di questo mezzo si fa risalire al veliero di Simon Stevin di Bruges. Il suo carro a due alberi percorse in due ore i 65 chilometri che separano Scheveningen da Petten con 28 persone a bordo. Per la data di nascita ufficiale del carro a vela moderno dobbiamo attendere più di due secoli, con gli esperimenti dei fratelli Dumont in Belgio nel 1898. Il legame con l’aeronautica emerge con vigore e i nomi di molti pionieri dell’aviazione figurano anche tra i pionieri del carro a vela. Willy Coppens, asso dell’aviazione belga nella Prima Guerra Mondiale, Louis Bleriot con i suoi Aéroplage ed Henri Demoury, il primo che si avvicina scientificamente alla progettazione del carro a vela. I carri diventano così più leggeri, maneggevoli, stabili e corrono sempre più velocemente su ruote d’automobile che hanno sostituito quelle più rudimentali ◆ Info Non esiste una federazione italiana, interessante però, fra gli altri, questo sito per poter capire qualche cosa di più di questo sport: www.ruotenelvento.it Per vedere come è fatto un carro a ruote ed eventualmente comprarne uno... www.vaicolvento.dw02.com ULTIMI APPARTAMENTI NUOVE COSTRUZIONI VARI TAGLI 50MQ POSSIBILITÀ PAGAMENTO DILAZIONABILE CON L’IMPRESA FEDELI GROUP SRL [mobile] +39 3881677313 - [phone] +39 0690405144 - [fax] +39 0690401015 - [e-mail] [email protected] 39 C.O.N.I. F.I.S.E. C.I. Casale San Nicola Società Sportiva Dilettantistica a R.L. Cavalli e nuovi cavalieri A due passi dalla città, tra pioppi e pini secolari, si estende un’antica tenuta di campagna dove oggi è possibile trascorrere giornate di relax, tra riposo e attività sportiva. Casale San Nicola è un circolo ippico pensato per chi ama rilassarsi con lunghe passeggiate a cavallo e per chi si dedica all’attività agonistica. La struttura, infatti, pur mantenendo intatto il fascino antico del casale di campagna, oggi finemente ristrutturato e trasformato in un club all’inglese e senza alterare l’incanto del paesaggio circostante, ospita nei suoi 11 ettari moderne strutture e attrezzature innovative per la pratica ippica amatoriale e agonistica di grandi e piccini, con la costante presenza di istruttori qualificati; senza dimenticare palestra e piscina riservata ai soci e un nuovissimo ristorante dove fermarsi per uno spuntino veloce o gustare una cena raffinata, in un’atmosfera esclusiva e rilassante. Antonio Alfonso e Challenge Z, uno dei tre binomi vincitori della Potenza a Piazza di Siena 2010 Tribune vuote? Ci pensa la Potenza, la più amata dai romani P P di Enrico Tonali Via del Casale di San Nicola, 232 - 00123 Roma t Tel. 06 30892884 - Tel. e Fax 06 30892990 www.casalesannicola.com - [email protected] untuale anche quest’anno a far lievitare le vendite dei biglietti a Piazza di Siena è stata la Potenza, l’elevazione, il salto in alto dei cavalli, che ha cancellato il desolante spettacolo di una Coppa delle Nazioni - il giorno prima, complice la pioggia - per pochi intimi. Per altro a vincere la potenza sono stati tre cavalieri (Gaudiano, Alfonso e Mantella, con 2,10) degli otto, tutti italiani, in gara, accompagnati dagli applausi di 7 mila spettatori. “È una competizione che piace, intriga il pubblico e nella Capitale è molto seguita, tant’è che l’abbiamo proposta con successo anche a RomaCavalli e le selezioni per Piazza di Siena, vinte da Alfonso e Mantella, si sono tenute all’Associazione Kappa nel Concorso di Fiumicino, l’unica altra competizione internazionale del Lazio” spiega Stefano Bellantuono, patron del circolo sul litorale, oltre ad essere stato chef de piste di RomaCavalli (25 mila visitatori in tre giorni). Nel 2002, dopo il successo - con record a 2,32 - del baio romano Carino (proprietà Paolo Vanni, il compianto titolare del noto bar capitolino) con in sella Cristin Pitzianti, gli organizzatori ebbero un’eccellente idea: fecero rimontare il “muro” della potenza alle spalle delle tribune ed il pubblico fece la fila per farsi fotografare sotto al grande ostacolo. Insider Sport Carosello Lancieri di Montebello - Piazza di Siena “È una gara che assolutamente non mette in pericolo il cavallo” assicura Marco Sassara, selezionatore della rappresentativa giovanile del Comitato Lazio Equitazione e nel 2009 saltò a Piazza di Siena 2.05 con Lareina Z. C’è da chiedersi infatti se sia più stressante e più meccanicamente impegnativo per l’atleta a quattro gambe fare i due salti (prima del muro va superata un barriera più bassa) della potenza o i sedici da 1,60 oltre a mezzo km di percorso, il tutto in 82 secondi, del Gran Premio Roma. Il giustamente super-osannato Federico Caprilli con i suoi cavalli disputava (Giochi Olimpici compresi) il salto in lungo e in alto, e i tedeschi - popolo che qualche competenza equestre ce l’ha - durante la ritirata dall’Italia nella Seconda Guerra Mondiale si portarono via il più noto cavallo di quei tempi, Osoppo, che tra l’altro conoscevano bene perché aveva partecipato alle Olimpiadi di Berlino 1936. L’imponente soggetto - era alto 1,79 al garrese - nato in Irlanda nel 1923, compì, a Piazza di Siena, un’impresa che venne registrata dalla Federazione Internazionale. Il 27 ottobre 1938, sotto la sella del capitano Antonio Gutierrez, saltò - durante i Campionati Italiani - uno steccato di 2,44, stabilendo il record mondiale. Come poi faranno a Piazza di Siena nel 2002, Mussolini si fece ricostruire lo steccato nel cortile d’onore di Palazzo Venezia dove si complimentò con l’ufficiale ed il suo atletico compagno di potenza ◆ Osoppo (in sella Antonio Gutierrez) salta a Piazza di Siena nel 1938 m 2,44 Paolo Vanni bacia un suo cavallo (Carino) 43 Piazza di Siena, è mancata l’Italia non il fascino I I di Enrico Tonali Mc Lain Ward su Sapphire - ph Stefano Grasso l successo è una lunga pazienza e la Piazza di Siena dei cavalli ne ha accumulata un bel po’ in 78 anni di vita, passando persino attraverso due Guerre Mondiali. Ora raccoglie applausi e congratulazioni, magari con qualche piega amara come quella del team azzurro che anche quest’anno è uscito dall’ultracentenario ovale di Villa Borghese (risale al 1792) quasi senza soddisfazioni. Settimo nella Coppa delle Nazioni (del cui giro internazionale l’Italia del salto ostacoli non fa parte, a Roma ha partecipato perché Nazione ospitante) e nel Gran Premio Roma il primo dei cavalieri del Bel Paese è stato Natale Chiaudani al nono posto. Su undici Premi in programma i binomi italiani ne hanno vinti due, l’Alitalia con Gianni Govoni e la Potenza con il terzetto Gaudiano-Alfonso-Mantella. Degli stranieri i più convincenti sono stati, al di là dei successi, la squadra di Francia - che in un mese ha centrato due Coppe delle Nazioni (in casa a La Baule e Roma) con otto cavalli diversi - e lo statunitense McLain Ward, primo (oltre che nel Gran Premio Roma) anche in altre due competizioni avendo sotto la sella tre differenti “compagni”. Premiazione Meydan Fei Coppa delle Nazioni 78° Csio Piazza di Siena - a destra On. Renato Schifani McLain Ward e il sindaco di Roma Gianni Alemanno Ph. Bruno De Lorenzo Insider 45 Chiaudani su Seldana - Ph. Bruno De Lorenzo Garcia su Hamilton - ph. Bruno De Lorenzo Rispetto però alle edizioni 2008 e 2009 si è respirato dietro le quinte aria meno surriscaldata dalle polemiche, quasi nessuno ha approfittato delle sconfitte - comunque non lievi - delle giacche tricolori per gettar via il bambino con l’acqua sporca. Il c.t. azzurro Markus Fuchs sa il fatto suo - ci mancherebbe altro, è vicecampione olimpico a Sydney 2000 e l’unico svizzero ad aver vinto, con Cosima nel 2001, il Gran Premio Roma – e alla distanza la fiducia accordatagli dal presidente Andrea Paulgross della Federazione Italiana Sport Equestri dovrebbe portare frutti. Il cruccio di Piazza di Siena rimangono gli spettatori che, al di là dei numeri positivi degli organizzatori e della massiccia presenza del “vip-set”, hanno lasciato diverse chiazze bianche nelle tribune, il cui futuro riempimento a forza di scolaresche lascia dubbi di realizzazione e di stile. Il problema l’ha centrato l’altro patron - accanto a Paulgross - dell’evento romano, il presidente Maurizio Ughi di Snai, il colosso italiano del betting: “Le scommesse sono andate al di là di ogni previsione. La gara sulla quale abbiamo ricevuto più scommesse è stata la Potenza nella quale forse abbiamo restituito più di quanto abbiamo incassato. A proposito di scommesse la proposta che mi ha fatto il cavaliere italiano Juan Carlos Garcia è molto interessante. Chiedere ai cavalieri di dichiarare, prima di entrare in campo, se la gara la faranno per lavorare e preparare categorie più importanti o per vincerla. In questo modo credo si potrebbe dare agli scommettitori un ulteriore elemento di riflessione. Infine, il pubblico. Penso che i cavalieri dovrebbero essere più disponibili a partecipare a gare e categorie magari meno belle dal punto di vista tecnico ma più affascinanti: l’inseguimento, le sei barriere. Ritengo che questo possa essere uno dei modi per coinvolgere di più il pubblico”. Anche una potenza più frequentata dai binomi sarebbe sicuramente gradita in tribuna ◆ P iazza di Siena Insider Insider Motori 46 47 I T recentosettantacinque equipaggi provenienti da ogni parte del mondo. Centinaia di auto d’epoca prodotte entro il 1957. Oltre 1.600 chilometri di percorso. Ogni anno gli appassionati di tutto il mondo subiscono l’incanto della Mille Miglia: un evento che, in forma diversa, continua una tradizione nobile dell’automobilismo sportivo. La “corsa più bella del mondo” - così la definì Enzo Ferrari è stata una gara di velocità fino a Roma e ritorno, effettuata su strade aperte al traffico, che si è disputata in Italia per ventiquattro volte dal 1927 al 1957 (13 edizioni prima della seconda guerra mondiale e 11 dopo il 1947). Dal 1977 la competizione rivive sotto forma di gara di regolarità per auto d’epoca. La partecipazione è limitata alle vetture, prodotte non oltre il 1957, che avevano partecipato alla corsa originale. Il percorso (Brescia-Roma andata e ritorno) è lo stesso della gara originale, così come il punto di partenza/arrivo: allora Viale Rebuffone, oggi Viale Venezia. Foto Esercito Italiano MILLE MIGLIA DI AUTO D’EPOCA, SOGNO E PASSIONE Anche quest’anno migliaia di appassionati hanno potuto rivivere, al volante di una macchina d’epoca o semplicemente come spettatori, la favolosa “Mille Miglia”, il revival della corsa che vede sfilare una carovana di auto storiche per 1628 chilometri attraverso l’Italia di Francesco Mantica Insider Motori Alfa Romeo 1750 SS, equipaggio: 1° Maresciallo Farina (pilota) e Colonnello Sperotto (navigatore) - Foto Esercito Italiano Foto Esercito Italiano Nell’edizione di quest’anno il traguardo é stato tagliato da Giuliano Cané e Lucia Galliani, che si sono aggiudicati la vittoria per la decima volta. Il loro nome era già nella rosa dei favoriti, insieme a quello di Luciano Viaro, titolare dell’ambitissima medaglia d’argento e già vincitore delle edizioni 2007 e 2008 della Freccia Rossa. In coppia con Mark Gessler, a bordo della fedelissima Alfa Romeo 6C 1500 Gran Sport, il triestino si è posizionato secondo. Terzi, Enzo Ciravolo e Maria Leitner, anch’essi a bordo di una Bmw, una 328 del 1937. La tappa di Roma ha visto il pubblico della Capitale attendere le auto a Castel Sant’Angelo, dove ha potuto vedere, oltre alla kermesse di auto d’epoca, anche i numerosissimi vip che erano alla guida. Tra i piloti, i campioni del mondo di Formula 1 David Coulthard e Mika Hakkinen; Jochen Mass, su Mercedes 300 Slr del ‘55 in coppia con Alberto Tomba; Jacky Ickx, su Porsche 550-1500 del ‘55 in coppia con il titolare di Chopard, Karl-Friedrich Scheufele. Con il numero 267 in corsa Jackie Stewart su Mercedes 300 Slr del ‘55. Dal mondo della musica é tornato alla Mille Miglia Nick Mason, batterista dei Pink Floyd. In gara anche Jason ‘Jay’ Kay, cantante dei Jamiroquai, lo sciatore Kristian Ghedina, l’attrice Anna Kanakis, il presidente della 20th Century Fox Usa Jim Gianopulos, che avrà come co-driver Osvaldo De Santis, presidente e ad della 20th Century Fox Italia. Dal mondo della politica, i ministri Franco Frattini e Stefania Prestigiacomo, in coppia su una Giulietta del ‘57 con il numero 335. Oltre alle tante persone famose, però, i grandi protagonisti sono stati gli appassionati che vi hanno assistito o partecipato. Grazie a loro anche quest’anno abbiamo potuto ammirare con i nostri occhi vetture da sogno e passione ◆ V BLU CAR E ALLIGATOR: LE ESOTICHE, SOLARI E IRRESISTIBILI NOVITÀ A QUATTRO RUOTE A pannelli fotovoltaici o rivestite di pelle di coccodrillo, le novità automobilistiche del 2010 arrivano dall’Italia e dalla Russia: sono la Blue Car di Pininfarina e l’Alligator Bentley Continental GT V enghino signori, venghino! Abbiamo merce per tutti i gusti! Auto a vento, auto a calore, auto a vapore, auto ad energia solare... e per chi volesse dare un tocco esotico, saremo lieti di offrirvi il nuovo modello rivestito di squame di coccodrillo!”. Non è l’annuncio di una concessionaria del futuro, ma probabilmente il futuro della concessionaria. Le nuove automobili che si impongono sul mercato sono sempre più all’insegna dell’originalità e dell’ecologia, per distinguersi rimanendo rispettose dell’ambiente. Ne sono un esempio due delle ultime novità in procinto di entrare sul mercato: la Blu Car di Pininfarina e l’Alligator Bentley Continental GT. Due macchine certamente molto diverse, ma con in comune il richiamo alla natura e la volontà di stupire. Blue Car è la rappresentazione materiale del fatto che l’auto elettrica non sia più il futuro, ma il presente. La nostra prestigiosa Pininfarina - in collaborazione con la francese Bolloré, azienda produttrice di batterie - ha intenzione di mettere in commercio un’auto ad energia solare. Non fra 10, 20 o 30 anni, ma questo stesso anno. Elegante monovolume compatto a trasmissione automatica, concepito a quattro posti e cinque porte, la Pininfarina BLUECAR è alimentata dalla batteria elettrica LMP (Lythium Metal Polymere), alla quale è abbinato un dispositivo per lo stoccaggio dell’energia (“supercapacity”) che recupera e immagazzina l’energia in frenata per poi renderla disponibile alla ripartenza del mezzo. L’auto elettrica non emette alcun gas, nessuna particella fine e nessun rumore: le batterie LMP permettono quindi di contrastare concretamente l’inquinamento atmosferico. In più sul cofano sono presenti delle celle solari che contribuiscono all’alimentazione degli equipaggiamenti elettrici. Il gruppo Bolloré sta studiando anche la messa a punto di pannelli di celle fotovoltaiche che potranno essere installate in luoghi privati o pubblici, assicurando una ricarica parziale o totale delle batterie attraverso la sola energia solare. L’Alligator è invece il tipico caso di luxury car che arriva “dalla Russia con amore”. Interamente rivestita in pelle di coccodrillo, Alligator Bentley Continental GT è stata progettata dai russi Igor Ryabov e Robert Mauser dello studio di design “Ohra” che, dopo nove mesi impiegati a sperimentale vari processi di lavorazione, stampa e fissaggio della pelle sul corpo della vettura, sono finalmente riusciti a completare l’opera. La finitura e il fissaggio della pelle sulla carrozzeria dell’auto, interamente realizzati a mano, hanno richiesto l’impiego di uno speciale adesivo poliuretanico e l’applicazione di un rivestimento protettivo multistrato della superficie esterna della texure. Insomma, macchine per tutti i gusti, eccentriche o economiche, con cui si tenta di rispondere alla domanda che molti si fanno da tempo: come saranno le auto del futuro? L’impressione é che si vada verso la produzione di automobili che consumeranno pochissimo, prenderanno ancor meno spazio e saranno davvero eco-friendly. La fantasia al potere, con un occhio ai consumi: il nuovo ’68 sarà una rivoluzione dell’automobile ◆ F.M. SPEEDY CAR - VENDITA AUTO NUOVO E USATO Via Cassia, 2040 t 0630882400 t Via degli Olmetti, 18 (Zona Industriale Formello) t 0690400458 Massimiliano 3480628947 t Giuliano 3334465422 [email protected] "44*45&/;".&$$"/*$"r"/5*'635*4"5&--*5"3*r"650%*$035&4*"r4&37*;*0"$*r'*/"/;*".&/5**/4&%& Insider 52 53 Melanoma cutaneo. Quali i fattori di rischio? “Nell’ordine: età adulta, razza bianca, precedente melanoma, familiarità, fenotipo chiaro, presenza di numerosi nevi e nevi congeniti giganti. Non è dimostrato che l’eccessiva esposizione alle radiazioni ultraviolette (UV) sia la causa di melanoma, mentre lo è sicuramente per i basocellulari e spinocellulari ( causati anche dai raggi X), decisamente meno pericolosi del melanoma”. Prof. Stefano Zurrida (a destra) Medico Chirurgo Specialista in Chirurgia Oncologica Equipe IEO (Istituto Europeo Oncologico) in compagnia del Prof. Umberto Veronesi IL MELANOMA CUTANEO PREVENZIONE, QUESTIONE DI “PELLE” Diagnosi precoce, medici di famiglia, massicce campagne d’informazione e protocolli terapeutici appropriati. La prevenzione mette in “campo” le sue forze per la lotta al melanoma cutaneo. Il Prof. Stefano Zurrida, sottolinea l’incidenza di questo tipo di tumore in relazione all’età: “La decade più colpita si attesta tra i 50 ed i 60 anni” di Paolo Brandimarte “Il melanoma scrive il suo messaggio sulla pelle col proprio inchiostro, ed è davanti a noi per essere visto. Sfortunatamente, qualcuno lo vede ma non lo riconosce”. Il punto di vista del Dott. N. Davis, rimarca l’assoluta priorità dell’anticipazione diagnostica. Ormai, è ampiamente dimostrata la necessità di un riconoscimento precoce della malattia, reputata in passato come una delle più aggressive, ai fini di una completa guarigione. Il melanoma cutaneo è uno dei tumori che colpiscono la pelle (ma non solo), decisamente il più pericoloso. Studi condotti a cavallo tra gli anni 70’ e 80’, hanno permesso di identificare lesioni pigmentate della cute di tipo “maligno”, a torto ritenute innocue. In Italia, manca del tutto un monitoraggio ufficiale sull’incidenza dei tumori cutanei non-melanomi e melanomi. In ogni caso, le campagne di educazione del pubblico, associate ad una presenza sempre più significativa del medico di famiglia, hanno generato maggiore attenzione alle lesioni pigmentate, favorendo la formulazione di una diagnosi precoce. Prof. Zurrida, melanoma della cute. Di cosa si tratta? “Una neoplasia che prende origine da particolari cellule della pelle denominate melanociti, rintracciabili nello strato cutaneo superficiale detto epidermide. Si compone di due fasi distinte: in prima istanza, si assiste ad una crescita orizzontale contrassegnata da aumento della superficie e più intensa pigmentazione; la seconda, invece, coincide con una crescita verticale, in cui il tumore assume la capacità di metastatizzare”. Quale quadro epidemiologico si delinea? “Il melanoma rappresenta il 5% dei tumori maligni della cute. Il tasso di incidenza e mortalità per tumori cutanei sta lievitando in tutto il mondo, in particolar modo negli Stati Uniti e in Europa. Negli ultimi cinquant’anni, si è assistito ad un notevole incremento in termini di incidenza, una crescita superiore a qualsiasi altro tipo di tumore. I carcinomi epiteliali cutanei rappresentano un terzo di tutti i casi diagnosticati”. Veniamo all’Italia. Come vengono monitorati i tumori cutanei? “A dire il vero, nel nostro paese è molto difficile ottenere dati precisi sull’incidenza e mortalità dei tumori cutanei, a causa della mancanza di un Registro Nazionale preposto al monitoraggio. Ad ogni modo, la casistica parla di 7000 nuovi casi all’anno nel nostro paese. Si ritiene che il melanoma colpisca 10 uomini su 100.000, e 9 donne sempre su 100.000: 5 ogni 100.000 hanno esito infausto”. Con quali sintomi ed avvisaglie? “Spesso, il primo segno del melanoma è il cambiamento di una “macchia”cutanea presente da tempo, a livello di dimensioni, forma o colore. Nell’adulto, anche la comparsa improvvisa di una “macchia” anomala e scura, va letta come un campanello d’allarme e fatta vedere allo specialista. Anche se può capitare, raramente si assiste a melanomi vegetanti, ulcerati e sanguinanti”. Identificare il melanoma in maniera precoce. È questa la soluzione più efficace per arginarlo? “L’unica arma per affrontare questo tipo di neoplasia risiede nella diagnosi precoce. Il riconoscimento nelle sue fasi iniziali ha portato ad una guaribilità pari al 70% di tutti i casi riscontrati. Non potendosi avvalere di esami strumentali sofisticati, come accaduto per altri tipi di tumore, la ricerca e la cura passano per la capacità diagnostica, campagne di informazione e maggior coinvolgimento dei medici di famiglia. Fattori questi, che hanno consentito l’identificazione del melanoma con uno spessore di 0,75mm oppure in situazioni in cui è guaribile al 100%, come nelle fasi non ancora invasive, cosiddette “in situ”. Ancora, le diagnosi precoci rivestono vitale importanza anche per quelle persone che hanno già avuto un melanoma e dunque sottoposti di sovente a controlli clinici”. Lei accennava al coinvolgimento del medico di famiglia. Che ruolo ricopre? “Il medico di famiglia attua uno scrupoloso controllo del paziente, visitandolo periodicamente. Purtroppo, essendo il melanoma cutaneo così raro, si stima che un medico di famiglia abbia la probabilità di incontrare un melanoma al massimo tre volte durante tutta la sua carriera, rendendone così la diagnosi corretta difficile. A questo punto, egli deve prendere atto della presenza di una lesione anormale, diversa oppure capace di modificare caratteri dimensionali e di pigmentazione, per poi riferire il paziente allo specialista”. Come riconoscere un melanoma? “In base a criteri ben precisi. Innanzitutto l’asimmetria, con le due metà della lesione assolutamente non sovrapponibili. Vanno poi tenuti in debita considerazione fattori come i bordi (margini irregolari e frastagliati) ed il colore (solitamente molto scuro). Infine, vanno tenute sotto controllo le dimensioni. Da questo punto di vista, è raro individuare un melanoma inferiore ai 5-6 mm. di diametro”. Che rapporto intercorre tra età ed aumento del rischio? “Prima della pubertà, il melanoma è pressoché inesistente. Il rischio di melanoma cresce con l’età. La decade più colpita si attesta tra i 50 ed i 60 anni”. L’intervento chirurgico rimane lo strumento più indicato ai fini della guarigione? “Assolutamente sì. La terapia del melanoma è quasi esclusivamente di stampo chirurgico, almeno negli stadi I, II e III. Occorre biopsare la lesione pigmentata sospetta, asportandola completamente con un margine di tessuto sano circostante di circa 2-3 mm. Una volta diagnosticato il melanoma istologicamente, viene programmato l’intervento chirurgico. Generalmente, se lo spessore del melanoma è inferiore a 2mm, l’intervento può essere eseguito in anestesia locale e regime ambulatoriale. In caso contrario ( melanoma maggiore di 2mm), è preferibile il trattamento in anestesia generale”. L’estate è alle porte. Quali consigli si sente di dare con l’approssimarsi della bella stagione? “Innanzitutto una visita specialistica. Il sole fa bene ma non bisogna affatto abusarne, con conseguenti scottature ed ustioni. Va preso gradualmente fino all’abbronzatura. Non sdraiarsi al sole durante le ore di punta e proteggere i bambini con una maglietta chiara ed un cappellino. Ancora, usare delle creme protettive con schermi solari per pelli chiare e delicate. Questi prodotti devono essere di fabbricazione recente, pena la perdita della loro sicurezza protettiva”. Insider Insider 54 55 LIFTING FACCIALE: RITROVARE LUCENTEZZA E TONICITÀ Contrastare rughe, agenti atmosferici ed invecchiamento tissutale. Il lifting facciale tra benefici, modalità di intervento e tecniche adoperate di Paolo Brandimarte Il lifting facciale restituisce lucentezza e tonicità al viso. Un intervento che “risveglia” armonie e contorni, appesantiti da fattori come agenti atmosferici ed invecchiamento tissutale. Tutto ciò si ottiene agendo principalmente su due piani, che coincidono con il livello cutaneo e con quello fascio-muscolare. Vi si associano anche procedure come il peeling e vari fillers. L’entità del miglioramento dipende in misura maggiore dalle condizioni pre-operatorie della cute, spessore del tessuto sottocutaneo, qualità dello scheletro osseo ed abitudine al fumo. Generalmente si opta per un mini-lifting, indicato in età relativamente giovane (dai 40 anni in su), con uno scollamento cutaneo assolutamente limitato. Si tratta di un trattamento rapido, condotto in anestesia locale e blanda sedazione. Per inestetismi evidenti e conclamati, invece, è consigliabile ricorrere al lifting facciale completo. Nello specifico, si agisce a livello delle tempie, guance, zigomi, mandibole e collo, zone particolarmente soggette a rilassamento tissutale. Tecnicamente, la cute viene separata dai piani profondi, eliminandone l’eccesso. La fascia superficiale ed i muscoli del collo vengono stirati e fissati con suture. La cicatrice che ne consegue risulta scarsamente percettibile: si sviluppa tra i capelli, scende anteriormente al padiglione auricolare, finendo per essere camuffata da quest’ultimo. L’intervento, viene eseguito, a seconda dei casi, in sedazione superficiale o profonda, con anestesia locale. Solo in alcuni casi, si rende necessaria l’anestesia totale. La durata spazia da 1 a 4 ore, con tanto di notte di degenza in clinica. La scelta del tipo di tecnica da adottare viene consigliata dal chirurgo al momento della prima visita, in relazione agli inestetismi da correggere, ai risultati da conseguire ed alle esigenze del/della paziente. Ovviamente, si privilegia un approccio soft, con trattamenti di tipo conservativo, volti a preservare la soggettività dell’espressione mimica. Agendo sui tessuti profondi, si riesce a raggiungere un risultato assolutamente naturale, senza esercitare trazioni eccessive e dannose. Al termine dell’operazione, viene praticata una medicazione elastica ed applicate suture estetiche. Nei successivi 15 giorni post-operatori, si provvederà ad alcune medicazioni, progressiva rimozione delle suture ed alleggerimento del bendaggio. Dal 3-4° giorno post-operatorio, sarà possibile lavare i capelli con prodotti specifici. Dal secondo mese il recupero sarà totale, mentre a partire dal terzo, sarà possibile osservare il risultato definitivo. www.romachirurgiaestetica.it Insider Insider Cinema 56 FATTI E RIFATTI I “LISTINI” DELLA PROSSIMA STAGIONE CINEMATOGRAFICA, MA ANCHE LE ANTICIPAZIONI SULLA SUCCESSIVA, VEDONO UNA MASSICCIA PRESENZA DI RIFACIMENTI DI FILM, ANCHE RECENTI. E IL FENOMENO DEL ‘REMAKE’ NON RISPARMIA NEMMENO IL CINEMA ITALIANO soprattutto per inseguire le novità della tecnologia applicata al cinema. In questo senso, il 3D non poteva mancare: è atteso per il 27 settembre negli Stati Uniti e in altri paesi (l’uscita italiana non è ancora annunciata), Piranha 3-D, costoso remake del Piranha di Joe Dante del 1978 con un suntuoso cast che annovera, tra gli altri, Richard Dreyfuss, Elizabeth Shue, Ving Rhames e Christopher Lloyd. Horror sui generis, con strizzate d’occhio al pubblico giovanile, L’ammazzavampiri (l’originale è del 1985) è anch’esso un remake che non bada a spese: lo produce la Dreamworks di Steven Spielberg, lo distribuisce la Disney, lo interpreta una star del calibro di Colin Farrel. Uscita nel 2011. Per restare in tema di stelle del cinema, il più celebre tra gli attori orientali, Jackie Chan, ha avuto buon gioco a rivestire i panni di un maestro di kung-fu nel rifacimento di un celebre film degli anni ’80, The Karate Kid (uscita italiana: 3 settembre). A giovarsi delle sue lezioni, di arti marziali ma anche di vita, c’è il giovanissimo figlio di Will Smith, Jayden, al suo primo ruolo da protagonista dopo aver affiancato il padre in La ricerca della felicità del nostro Gabriele Muccino. Ancora, alla rinfusa: vedremo un remake americano di Uomini che odiano le donne, forse con Brad Pitt protagonista, più un altro thriller nordico, Lasciami entrare, negli Usa il 1 ottobre, in Italia non si sa. Torneranno a vivere Conan il barbaro, il robottino Numero 5 di Corto circuito e I guerrieri della notte, tutti nel 2011. Ma prima, ad ottobre, di quest’anno, vedremo un remake tutto italiano di un grande successo francese della scorsa stagione: Giù al Nord diventa da noi Benvenuti al Sud, lo ha diretto Luca Miniero (Incantesimo napoletano) e lo ha interpretato Claudio Bisio, settentrionale trasferito in Campania dove scoprirà un mondo per lui inaspettato. Ci sarà da (ri)ridere ◆ A Nightmare in Elm Street Fehran XIX sec. www.teatappeti.com tappeti antichi “mille esemplari” I I l fenomeno del ‘remake’, ovvero del rifacimento di un film pre-esistente, non è certo una novità per il cinema. Già nel passaggio dal cinema muto a quello sonoro furono tanti i casi di film rigirati di sana pianta, originariamente muti, riproposti con i nuovi standard tecnici, ciò che si ripetè anche in occasione del passaggio dal bianco e nero al colore. Vi è stato poi il fenomeno, tutto americano, di rigirare le pellicole straniere per adattarle alla lingua (e al gusto) anglosassone e poi ancora quello di rigirare i film di genere fantasy o horror seguendo le evoluzioni degli effetti speciali. Non sempre, anzi quasi mai, i remakes si sono dimostrati all’altezza degli originali, almeno dal punto di vista artistico, ma in moltissimi casi la fama di un film precedente ha fatto da ‘traino’ al suo rifacimento, un po’ come accade con i film tratti dai romanzi, e il pubblico ha risposto in maniera sufficientemente positiva. Quello cui stiamo assistendo, però, da qualche mese a questa parte è una vera e propria invasione di remakes che non ha precedenti e le cui motivazioni non vanno cercate tanto nei motivi sopraelencati quanto in una certa scarsità di idee nuove, in una ridotta propensione al rischio e finanche alla convenienza, da parte dei produttori, di sfruttare fino all’inverosimile i diritti di cui sono detentori. Il mercato incoraggia: poche settimane fa A Nightmare in Elm Street, remake dell’omonimo capolavoro horror di Wes Craven del 1984 (in Italia era intitolato Nightmare: nel profondo della notte), ha sbancato i botteghini americani ed è uscito a seguire in tutto il mondo (in Italia lo vedremo il 3 settembre). Niente male per un film che aveva avuto ben 7 seguiti (l’ultimo nel 2003)! Va detto, però, che l’horror è il genere che più ha subito rifacimenti negli ultimi anni, Piranha 3-D The Karate Kid di Alberto M. Castagna Lungotevere Flaminio, 72 - Tel. +39 063232780 - [email protected] Insider Arte 58 P P Roma contemporanea er tre giorni è stata Roma la capitale mondiale dell’arte contemporanea. Il motivo? L’inaugurazione congiunta (finalmente un progetto di collaborazione tra realtà diverse ma vicine) del MAXXI a via Guido Reni, dei nuovi spazi di MACRO a Via Nizza e della fiera d’arte contemporanea The Road to Contemporary Art, che ha occupato i due padiglioni di MACRO Future al Mattatoio e la nuova Pelanda, sempre al Mattatoio, ma che ha coinvolto la città con appuntamenti in diversi altri spazi. Una navetta ha unito le aree interessate da questi eventi per garantire una più facile circolazione del pubblico. Semplici cittadini e addetti ai lavori hanno festeggiato così una nuova città, protagonista non solo dell’arte e dell’architettura antica, ma stella di primo piano nel contemporaneo, con opere di prestigiose archistar: Odile Decq, Zaha Hadid si uniscono a Renzo Piano e Richard Meier, in attesa della chiacchierata “nuvola” di Fuksas. Del MAXXI abbiamo già parlato, in occasione della presentazione della struttura dell’iraniana Zaha Hadid. Ora è il momento di restituire questo luogo alla città, dopo anni di cantieri. È il momento dunque non solo di ammirarne la magnifica architettura, ma di osservarlo nel pieno della sua attività, a segnare il profilo di un polo del contemporaneo, con il museo a un passo dall’Auditorium. Quattro importanti mostre festeggiano l’inaugurazione, muovendo tra arte e architettura. Gino De Dominicis: l’Immortale, a cura di Achille Bonito Oliva (fino al 7 novembre) è la prima e più esaustiva retrospettiva sull’artista, con oltre 130 opere per di Antonella De Santis ripercorrerne l’originale e fondamentale ricerca estetica. Luigi Moretti Architetto. Dal Razionalismo all’Informale, a cura di Bruno Reichlin e Maristella Casciato (fino al 28 novembre), lancia uno sguardo sull’eclettico architetto, editore, gallerista, regista e studioso; mentre Kutlug Ataman. Mesopotamian Dramaturgies, a cura di Cristiana Perrella (fino al 12 settembre), presenta una dei più interessanti artisti contemporanei, con video che riflettono sul rapporto tra Oriente e Occidente, modernità e tradizione. In più c’è Spazio (fino al 23 gennaio 2011): il primo, atteso, allestimento tematico delle collezioni permanenti d’arte e di architettura, curato da un gruppo interdisciplinare che fa dialogare le opere con le forme fluide del museo, sulla strada dell’interdisciplinarità. Tra interno ed esterno, circa 90 opere delle 350 della collezione Arte (tra cui Alighiero Boetti, il bellissimo Anish Kapoor, William Kentridge, Sol Lewitt, Giuseppe Penone, Grazia Toderi, Francesco Vezzoli) insieme con le installazioni site specific di dieci studi di architettura internazionali (tra cui Diller, Scofidio e Renfro, Lacaton & Vassal Architetcs, West 8). Tra gli altri, un omaggio a Fabio Mauri, le opere di Maurizio Mochetti e Massimo Grimaldi per MAXXI 2per100, l’imponente Geografie italiane di Studio Azzurro e una sezione che esplora le contaminazioni tra il virtuale e reale nel progetto NETinSPACE, a cura di Elena Giulia Rossi, con opere di Miltos Manetas, Bianco-Valente, Stephen Vitiello e altri. Una grande occasione per gettare uno sguardo all’arte del futuro, e al futuro dell’arte. I nuovi spazi del MACRO portano la firma di un’altra star: Odile Decq, famosa dark lady dell’achiettura che porta a Roma la sua anima poetica e “punk”, con i neri assoluti e i precipizi abbaglianti. Con la presentazione della nuova ala del museo, sono state visitabili in anteprima le mostre che occupano e reinterpretano con istallazioni site specific le sale di Via Reggio Emilia, una selezione che continua l’indagine sulle produzioni artistiche di oggi, tra linguaggi e suggestioni diverse, trasversalità e contaminazione. Tanti i nomi: Aaron Young (che espone anche un’installazione monumentale al Teatro Marcello), Jacob Hashimoto, Jorge Peris, João Louro, Gilberto Zorio, Luca Trevisani. Mentre il subbuglio per i nuovi progetti che finalmente posizionano Roma in un ruolo primario nell’arte e nell’architettura contemporanea generavano un viavai di interesse in diverse parti della città, la fiera portava al Mattatoio, 67 gallerie nazionali ed internazionali, collocando negli spazi esterni opere di grandi dimensioni, e coinvolgendo altre aree di Roma, in una rete di interesse artistico che ha spostato, per un fine settimana, il baricentro dell’attenzione culturale, in un dialogo con accademie, istituti di cultura, collezionisti (al Complesso Monumentale di Santo Spirito in Sassia) e realtà collaterali che non ha dimenticato una produttiva commistione: incontri, performance, dj set, enogastronomia, radio. Nel breve e forsennato fine settimana qualcuno ha potuto immaginare come dovrebbe essere una realtà viva e produttiva, alla ricerca di nuovi stimoli in grado di suscitare il vivo interesse di chi, addetto ai lavori o no, si trovi a vivere l’arte contemporanea, dentro e fuori dai musei ◆ Foto MAXXI courtesy Zaha Hadid Architects - ph Iwan Baan Hyun Sook Lee a produzione di questa artista coreana, nata a Seoul nel 1968, segue da tempo quella linea rigorosa e coerente che affonda le sue radici nell’amore per l’arte italiana ed in particolare per Michelangelo. I suoi lavori sottolineano, sin dall’inizio, la volontà di catturare tutto il pathos, la forza, la misura dell’equilibrio che pervadono le opere dell’universale genio italiano. Le sculture di Hyun Sook Lee sono ‘sculture in tensione’, siano esse in pietra che in bronzo, come ‘angelo ribelle’ o ‘testa d’angelo’ ed esprimono, così imprigionate nel materiale, lo sforzo suggestivo di liberarsi, di sottrarre le proprie sembianze allo stato di coazione che le racchiude. Nell’operare in tal senso l’artista coglie pienamente quel concetto di ‘non finito’ maturato nel Rinascimento quale totale antitesi alle tendenze accademiche, tutte fondate sulla ‘finitezza’. Ancor di più, citando Bruno Zevi: ‘il non finito invera un assunto morale prima che uno stato psicologico, poiché dice: in una età come questa l’artista o si riallaccia ad un passato consumato e sconfitto, oppure abdica in gratuite mitizzazioni’; occorre invece l’animus di lasciare gli interrogativi in sospeso là dove non vi sono valide risposte’. di Maria Laura Perilli Forse proprio questa convinzione, ovvero la consapevolezza dello stato di incertezza, di carenza di riferimenti solidi nel panorama sociale, ha indotto l’artista coreana a cogliere e riflettere sul senso più profondo del messaggio michelangiolesco. Anche con i lavori più recenti, ormai lontani dal panorama della classicità, di dimensione fortemente concettuale, l’artista non manca di sottolineare i suoi presentimenti preoccupati verso il mondo odierno. Le sculture enucleano una realtà ferita: sono tele vecchie, anche di 80 anni, con duplice tessitura, particolari per la impercettibile vibrazione che dalle stesse ne deriva; su di esse Hyun Sook Lee agisce con tagli ricuciti. Se per Fontana: ‘Le ferite inferte alla tela hanno l’intento di scardinare la nostra idea di dipinto tradizionale, concepito su due dimensioni per cercare uno spazio nuovo’ nell’artista coreana il taglio ricucito non è abdicazione alla ricerca ma desiderio di sottolineare la necessità per tutti di una riflessione, di un momento di fertile stasi, utile al riordino delle idee in una fase di totale assenza di riferimenti, per ripartire poi con un messaggio artistico che esprima nella ricerca un impeto di speranza e progettualità ◆ Info: [email protected] D eliziosi tavolini e comodi divanetti tra le piante rigogliose. Tanti angoli discreti dove gustare un aperitivo nell’attesa che scenda la sera. Un preludio di bellezza dove fermare il tempo, rilassarsi nell’incanto della campagna romana, immersi tra prati verdeggianti e giardini fioriti. Come fermi in un mondo incantato, dove ogni dettaglio racconta una storia di eleganza e intimità, dove una calda ospitalità si respira nei molti angoli del locale: il salottino in cui fermarsi a conversare, la sala con il camino da cui guardare i pellicani sornioni nel cortiletto, la stanza con il pianoforte, la veranda affacciata sul parco, uno spazio ricco di piante che ne fanno un giardino segreto e infine la saletta privata, riservata solo per due. Un po’ ovunque sono sparsi, con apparente casualità, lampade, foto d’epoca, oggetti antichi, ricordi e tocchi personali che circondano ogni ospite di intimità e calore, per accompagnarlo in una cena raffinata, in cui la semplicità della realizzazione sposa la qualità della materia prima e la grande tecnica artigianale: pane, dolci, grissini, carne essiccata, pasta fresca e secca, tutto viene realizzato gourmet L L Delizie in giardino, tra ricordi, profumi e sapori d’eccezione dallo chef. Un continuo omaggio alla cultura gastronomica italiana che non teme qualche spunto creativo. Si passa così dal prosciutto di cervo con blinis e mostarda di mele cotogne, alle tagliatelle con carciofi croccanti e ragout d’agnello, dal sontuoso filetto di cervo glassato con pesto di castagne e polenta croccante, alla raffinatezza del tartufo bianco, secondo stagione, senza scordare una proposta di piatti di pesce: dal plateau gran royal di frutti di mare agli stracci con amatriciana di pesce spada, dal coccio in guazzetto con frutti di mare in pasta Fata all’entrecote di tonno alla cacciatora, allettando la gola con dolci irresistibili, come il fagottino di mela verde e amaretti con riduzione di frutti di bosco. Una scelta di piatti raffinati da accompagnare a una delle 500 etichette della bella cantina, scelte da un sommelier sempre presente per consigliare e seguire ogni ospite con professionalità e discrezione, occupandosi del rito del servizio del vino fino all’uso spettacolare della sciabola, per chi preferisce il rito più suggestivo per lo champagne. Nel salotto dei distillati, la possibilità di trascorrere ancora momenti di delizioso relax. Il PICCHIO ROSSO Via Cassia Km 13, Via Italo Piccagli, 101 (provenendo dal Raccordo, uscita n. 3) - Tel. +39 0630366468 Ambiente Climatizzato, aperto solo la sera, chiuso la domenica. Piano bar venerdì e sabato. Si accettano tutte le carte di credito. Parcheggio custodito www.ilpicchiorosso.it, [email protected] Insider Mostre 62 63 GOYA E IL MONDO MODERNO MIMMO JODICE MILANO, Palazzo Reale fino al 27 giugno 2010 ROMA, Palazzo delle Esposizioni fino all’11 luglio 2010 L’influenza di Goya sui movimenti artistici del XIX e del XX secolo è il tema della mostra in corso al Palazzo Reale di Milano, in cui i rapporti tra l’arte del maestro aragonese e quella dei suoi successori, è analizzata a partire dal desiderio di dare un volto alla nuova società, in una sorta di realismo ante litteram e in cui la propria soggettività viene espressa con una nuova tecnica veloce, apparentemente violenta e quasi gestuale. Punto di riferimento per Géricault, Délacroix e Manet, Goya sarà studiato dai maestri impressionisti e il suo fare artistico, in cui convivono irrazionale, terrore, visioni, diverrà fondamentale punto di riferimento per gli artisti d’ambito simbolista, per gli espressionisti e per le ricerche portate avanti dai surrealisti fino e oltre i maestri dell’informale. La mostra, grazie a numerosi prestiti di istituzioni italiane e straniere, offre allo spettatore la rara occasione di poter ammirare le opere del maestro spagnolo vicino e quelle realizzate sotto l’influenza della sua arte da vari artisti tra cui Daumier, Roualt, Mirò, Klee, Picasso, Pollock, de Kooning, Bacon. Info: www.mondomostre.it MOSTRE di Laura M o c ci ARTE E INDUSTRIA L’AVVENTURA LENCI CERAMICA D’ARREDO 1927-1937 TORINO, Palazzo Madama fino al 27 giugno 2010 La bella e accurata mostra allestita a Palazzo Madama a Torino è dedicata all’attività che la ditta Lenci, specializzata fin dal 1919 nella realizzazione di bambole e arazzi in pannolenci, svolse nel campo della ceramica tra il 1927 e il 1937, creando, con il coinvolgimento di artisti di diversa formazione, il tipo di scultura d’arredo che ebbe grande fortuna nel mercato nazionale e internazionale. Le “sculturine” divengono oggetti “alla moda”, status symbol della borghesia dei pieni anni Venti e primi anni Trenta, in alternativa all’aristocratico e algido Déco internazionale, dando vita al gusto moderno, che apprezza i soggetti popolari di Ines Grande, le fantasie giocose e ironiche di Mario Sturani, le “signorine grandi firme” di Elena Scavini e i nudi novecentisti di Gigi Chessa. Info: [email protected] La carriera lunga cinquanta anni di Mimmo Jodice, fotografo napoletano, viene celebrata a Roma, al Palazzo delle Esposizioni, con una rassegna dei suoi lavori realizzati tra il 1964 e il 2009. Interessato alle potenzialità espressive della fotografia, l’artista parte da vere e proprie Sperimentazioni, per approdare negli anni Settanta all’indagine sociale, testimoniata in mostra dagli scatti toccanti realizzati a Napoli durante l’epidemia di colera. In questa ricerca, in cui è evidente una particolare sensibilità per l’equilibrio e l’armonia della composizione, alla fine degli anni Settanta sparisce l’essere umano e si fa avanti, in maniera sempre più forte e decisa, l’intento di scoprire ed evidenziare il surreale che è nel quotidiano di ognuno. Nelle sezioni intitolate Rivisitazioni, Mediterraneo, Eden, Natura, Mare, particolari banali assumono una valenza metafisica trasformandosi in oggetti-altri dotati di una nuova esistenza, capaci di dar vita a paesaggi interiori universalmente validi. Info: www.palazzoesposizioni.it MARCO ROMANO E IL CONTESTO ARTISTICO SENESE TRA DUECENTO E TRECENTO Museo Civico Archeologico e della Collegiata Casole d’Elsa (Siena) fino al 3 ottobre 2010 Il suggestivo borgo di Casole d’Elsa rende omaggio a Marco Romano, uno dei protagonisti della scultura italiana tra la fine del Duecento e gli inizi del Trecento, con una significativa mostra incentrata sull’attività dello scultore allestita presso il Museo Civico Archeologico e della Collegiata della cittadina toscana. Tra le diverse opere esposte, che ricostruiscono compiutamente l’ambiente artistico dove Marco Romano si trovò ad operare, segnaliamo il frammento del celeberrimo monumento Cenotafio per Bernardino detto il Porrina dedicato a messer Porrina, insigne giurista legato alla potente famiglia di ghibellini casoles Albertini. L’interessante piccola ma ben strutturata rassegna, curata da Alessandro Bagnoli, è promossa dalla Provincia di Siena, dalla Fondazione Musei Senesi, dal Comune e della Collegiata di Santa Maria Assunta di Casole d’Elsa, definisce la straordinaria personalità di Marco Romano che contribuì a rinnovare il linguaggio espressivo della sua epoca. Info: www.museocasole.it RENDERING. TRADUZIONE, CITAZIONE, CONTAMINAZIONE RAPPORTI TRA I LINGUAGGI DELL’ARTE VISIVA ROMA, Palazzo Poli fino al 18 luglio 2010 PERCORSI DEL NOVECENTO ROMANO ROMA, VILLA TORLONIA, Casino dei Principi fino al 4 luglio 2010 Al Casino dei Principi di Villa Torlonia è esposta fino al 4 luglio una interessante selezione di opere provenienti dalla Galleria Comunale d’arte moderna chiusa da tempo. Una settantina di lavori, tra sculture e dipinti bene illustrano quello che è stata la prima metà del Novecento italiano nel suo passaggio dal Simbolismo divisionista con Balla, Bocchi, Ferrazzi e Mancini, al Classicismo di Carena e Severini, alla convivenza del movimento di Aeropittura Futurista di Tato, Benedetta con la Scuola Romana di Mafai, Scipione e le personalità di Pirandello, Cavalli, Morandi, Guttuso, Melli, e con il Realismo Magico di Donghi. Info: [email protected] All’Istituto Nazionale per la Grafica, a Roma, un’interessante mostra riflette sulle relazioni tra i vari linguaggi artistici dal Cinquecento a oggi, con particolare riferimento alla grafica e al rapporto di questa con la pittura e la scultura, concentrandosi soprattutto sul passaggio dell’incisione, dal ruolo di “traduzione” a quello di interpretazione e rielaborazione. Opere di chiaro impianto purista, in cui è determinante la volontà di documentazione, come gli affreschi di Pinturicchio tradotti da F. Giangiacomo e la Danae di Correggio ripresa da N. Otis e A. Porretti, sono affiancate a reinterpretazioni di M. Pistoletto dell’opera di Piranesi e ai nudi accademici di G. Marconi ispirati ai lavori di Michelangelo, nell’intento di esporre, grazie anche a interessanti prestiti dalle Raccolte Museali Fratelli Alinari di Firenze, dalla Deutsche Bank Collection di Francoforte e dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, opere antiche e moderne vicino a lavori in cui la ricerca è legata all’utilizzo di nuovi mezzi espressivi, come fotografia e video, attestato, fin dall’ingresso all’esposizione, dall’istallazione degli street artist Artcock ispirata alla Vocazione di Caravaggio. Colonna sonora della mostra è Rendering di L. Berio, rielaborazione del 1989 di alcuni frammenti di Franz Schubert. Info: www.grafica.arti.beniculturali.it Insider Mostre 64 65 G Gianni Borgna G ph Rino Barillari - www.rinobarillari.com Insider PUNTI VENDITA SUPERCOSE Via Cassia, 2019 - Tel. 0630884600/9 Via A. G. Bragaglia, 100 (zona Olgiata) - Tel. 0630888390/3 www.supercose.it di Carlo Calabrese iornalista e scrittore di alto profilo professionale, con l’attuale prestigioso incarico di Presidente della Fondazione Musica per Roma, Gianni Borgna è sempre in un turbinio di attività. Ha recentemente dato alle stampe un prezioso volume intitolato “Dal Piacere alla Dolce Vita”, scritto in sinergia con il critico letterario Antonio Debenedetti, in cui sfilano nomi di alto lignaggio letterario e cinematografico, quali Pier Paolo Pasolini, Alfonso Gatto, Leonardo Sinisgalli, Luchino Visconti, Federico Fellini e tanti altri, che hanno contraddistinto un periodo molto fervido di invenzioni, creazioni, fermenti. È stato ‘magna pars’ della Federazione giovanile comunista di Roma nel 1975, di cui è stato segretario, lavorando insieme a Walter Veltroni, Goffredo Bettini e altri. È stato poi dal 1993 al 2006, Assessore alla Cultura del Comune di Roma. E ancora docente di Sociologia della musica e Consigliere della Biennale di Venezia. Un operatore culturale a tutto campo che, con questo suo ultimo libro, ci restituisce il sapore di un’epoca irrimediabilmente finita, con un piglio giornalistico rigoroso ed efficace e dandone anche una periodizzazione ben definita. Fra le sue opere, “Storia della canzone italiana”, “Il mito della giovinezza”, “Il tempo della musica”. Tra i suoi molti lavori audiovisivi, “La Roma del Luce” e “Città aperta” (storia culturale del dopoguerra a Roma), prodotti dall’Istituto Luce. Fra i moltissimi personaggi che si sono avvicendati nel suo volume “Dal Piacere alla Dolce Vita”, ce ne è uno, in particolare, a cui è più affezionato? Ad alcuni sono personalmente più affezionato. Per me Pirandello è stato un personaggio chiave della drammaturgia contemporanea e, a mio avviso, rappresenta un punto di riferimento imprescindibile. Sul piano letterario, mi piacciono molto anche Gadda e Pasolini. Lei ha intrattenuto, per lungo tempo, una consuetudine amicale con Pasolini. Ce ne può parlare? In primis, mi piaceva come poeta. Me ne innamorai molto. L’ho sempre definito il ‘Leopardi dell’800’. La sua è una poesia, in fondo, ‘impura’, come anche quella di Leopardi. E mi ha sempre molto intrigato sin dai tempi dell’adolescenza. Prossimi progetti? Ne ho molti. Per il momento, sto lavorano intensamente su Pasolini, oltre che sulla vicenda della sua morte, su cui ho scritto un saggio con Carlo Lucarelli per “Micromega” e che, forse, diventerà un libro, anche perché lo stiamo ampliando. Invece ora mi occupo del Pasolini ‘poeta-profeta’, proprio perché rappresenta una delle voci più alte della poesia del ‘900 e, in specie, del secondo novecento ◆ Dal Piacere alla Dolce Vita Editore: Mondadori Autori: Antonio Debenedetti, Gianni Borgna Insider Intervista 67 idee per il tuo compleanno Feste a tema in costume Baby Park Magia Bimbi Teatrino Burattini Truccabimbi Ballon Art Dj e Baby Dance Gruppo Musicale per bambini Ambientazioni di Eventi I di Laura Pagnini I Noleggio Gonfiabili per interno ed esterno, macchine per POP CORN, zucchero filato e crepes, neve, fumo e bolle di sapone l 21 maggio 2010 si è tenuto il COMICS DAY, la Giornata Nazionale del Fumetto. L’evento è stato promosso da Lucca Comics & Games, su iniziativa del Comune di Lucca (Assessorato alla Cultura e alle Politiche Giovanili), del Ministero della Gioventù e dell’A.N.C.I. (progetto inserito nella “Rete dei Festival Aperti ai Giovani”, cofinanziato dal Ministero della Gioventù), e in collaborazione col Comitato Nazionale “Un Secolo di Fumetto Italiano”, con le manifestazioni Napoli Comicon, Romics e Bilbolbul, e con le associazioni Anafi e Centro Fumetto Andrea Pazienza. Esso ha goduto inoltre del Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Ministero degli Esteri. Attualmente i fumetti stanno vivendo un momento importante e li troviamo sempre più frequentemente allegati ai quotidiani, nei musei e nelle gallerie d’arte. Il mondo dei bambini a portata di mano [email protected] Via Santa Cornelia, 5/A • Formello (zona industriale) Tel. 069075339 www.videomartin.it • [email protected] Vi è inoltre il moltiplicarsi delle scuole di settore, la nascita di molte nuove case editrici, il dilagare del fenomeno dei Cosplay (ragazzi che si vestono come i personaggi dei manga) e una grande produzione di nuovi generi. A Milano, all’interno dei locali della fumetteria Supergulp è stata allestita una mostra di storici “Numeri Uno” di albi Marvel (Uomo Ragno. Devil, etc..), Bonelli (Tex, Dylan Dog, etc..) e altri numeri introvabili Gli insegnanti della Scuola del Fumetto di Venezia, Lucio Schiavon, Fabrizio Capigatti, Roberto Bottazzo, Marco Checchetto hanno illustrato le loro opere e le tecniche che utilizzano nella loro realizzazione. C’è stata inoltre, durante tutto il weekend, una esibizione sul fumetto italiano dalle origini ai giorni nostri. Il Comics Day ha voluto condividere con tutti l’importanza e la ricchezza del patrimonio artistico e culturale del fumetto, evidenziando le infinite opportunità offerte da questo mezzo in altri ambiti, primo fra tutti quello didattico ◆ Insider Fumetti 69 O O IL SENSO DELLA REALTÀ gni individuo si realizza attraverso una sua personale visione del mondo. L’uomo dunque è dotato di una capacità intenzionale da cui deriva la sua libertà di soggettivare la realtà, dandogli un significato piuttosto che un altro. I comportamenti stessi quindi non sono causati dall’esterno, ma motivati dall’interno, ossia dal valore che l’individuo dà a ciò che accade al di fuori di se stesso. L’educatore, per non impostare il rapporto con l’educando in modo autoritario ed oggettivante, per non imporre la di Laura Pagnini propria mentalità, deve comprendere la visione del mondo di quest’ultimo, senza pregiudizi. Deve calarsi cioè nei suoi panni, entrare in sintonia con lui, con il massimo della sincerità possibile. Leggere la realtà come lui, parlare il suo linguaggio. Deve cogliere i suoi più profondi e sensati orientamenti esistenziali per cercare di metterlo in contatto con altre visioni del mondo, per stimolarlo, motivarlo. Per ottenere ciò è fondamentale che tra i due soggetti si instauri un rapporto di simpatia da cui scaturisca la giusta disposizione d’animo che conduce a un dialogo costruttivo ◆ Insider Insider Vini vini 70 IL VINO DEL DIAVOLO NASCE IN PARADISO La Malvasia Tasca D’Almerita, il “vino del diavolo” come scrisse Guy de Maupassant a proposito del “vino dei vulcani”, nasce a Capofaro nell’isola di Salina. Un vero paradiso terrestre di Monia Innocenti 71 P P ensate ad un’isola. Ora ad un promontorio. Immaginate dei vigneti a picco sul mare e di svegliarvi la mattina con addosso il profumo dell’uva. Aprite una finestra e davanti a voi solo acqua cristallina, le linee di Panarea e Stromboli a darvi il buongiorno, un silenzio fatto dai rumori della nostra terra e i filari di Malvasia. Questa è Salina, l’isola più verde dell’arcipelago delle Eolie e vi trovate nel resort Capofaro, proprietà della famiglia Tasca d’Almerita, produttrice di vini siciliani noti in tutto il mondo. Nasce qui la Malvasia Tasca d’Almerita: armonico equilibrio tra dolcezza ed acidità, nonostante sia un vino dolce rimane fresco come il vento che passa fra le sue uve. Il processo produttivo è ancora quello tradizionale dell’appassimento al sole su stuoie e cannizzi, facendo molta attenzione che avvenga in modo dolce e graduale per evitare che l’uva subisca dei processi di caramellizzazione. Il resort si inserisce fra alte pareti di roccia bruna vulcanica, alternate alla macchia mediterranea e ai vigneti che si tuffano a picco nel mare, in prossimità del faro da cui prende il nome. Inserite nelle tipiche case eoliane dal tetto piatto e dipinte di bianco anche all’interno, tutte le venti camere hanno vista sul mare. Molto ampie, arredate con eleganza e sobrietà, hanno stanze da bagno molto ricercate con vasche idromassaggio o grandi docce per due. Molti i particolari di ispirazione zen come il dosaggio delle luci, le candele, le lanterne e i bassi lettini di legno. Il ristorante da quest’anno ospita lo chef Riccardo Di Giacinto, allievo di Marco Pierre White e di Ferran Adrià. Il giovane chef, noto per i suoi abbinamenti insoliti e fantasiosi, avrà modo di realizzare piatti straordinari grazie alla varietà di prodotti offerti da quest’isola, primo fra tutti il pesce freschissimo. Ad accompagnare gli ingegnosi e gustosi piatti, tutte le prestigiose etichette Tasca d’Almerita. Naturalmente. Ogni particolare a Capofaro diventa essenziale: la piscina ha una zona relax con idromassaggio; un’agevole discesa che parte di fianco al Faro, vi consentirà di raggiungere comodamente a piedi la spiaggia privata di rocce e ciottoli; nella club house vi potrete rilassare, davanti al camino nelle serate più fredde, leggendo qualcosa dalla piccola biblioteca che propone libri sulla Sicilia e i libri di cucina e cultura locale a firma della Marchesa Anna Tasca Lanza. Capofaro coinvolge i cinque sensi. È un posto da vedere, gustare, ascoltare, annusare e toccare almeno una volta nella vita ◆ Info: +39 0909844330-1 - www.capofaro.it Come arrivare: collegamenti da Milazzo, Palermo, Reggio Calabria e Napoli. Possibili gli arrivi in elicottero. Da non perdere: aperitivo al tramonto con i vini Tasca d’Almerita guardando il mare, la famosa spiaggia di Pollara immortalata nel film di Troisi “Il Postino” e le escursioni organizzate dai pescatori sui tipici gozzi. Insider Vini Insider Dessert 72 73 I I Dolce cremosità l gusto intenso del caffè, la morbida cremosità del mascarpone, la consistenza dei savoiardi. Sono questi tre elementi che caratterizzano uno dei dolci più famosi al mondo. Semplice eppure così amato. Parliamo naturalmente del tiramisù. Quella golosità casalinga che tutti, o quasi, hanno provato una volta o l’altra a preparare nella propria cucina, complice la semplicità della ricetta, solo uova, zucchero, mascarpone, caffè e biscotti e della realizzazione, che non richiede alcuna cottura, ma solo qualche ora in frigo, per far assestare i sapori e assicurarne la giusta consistenza. L’origine è incerta e diverse regioni italiane se ne contendono la paternità, derivandola da storie più o meno pittoresche collegate alle sue presunte proprietà afrodisiache o ricostituenti, oppure pretendendo che fosse stata dedicata a Cavour o al Granduca di Toscana Cosimo de’ Medici, noto goloso, per il quale si voleva inventare un dolce importante, deciso, ma semplice negli ingredienti. In ogni parte del mondo grandi e piccini continuano a consumarne provando le piccole grandi varianti proprie di ogni ricetta che si possa dire veramente popolare. Sono aggiustamenti nelle dosi, più o meno zucchero, o nella procedura, montare insieme o separatamente tuorli e albumi, oppure sono rielaborazioni: Pavesini invece dei savoiardi, varianti alla frutta, senza caffè o con una punta di liquore. Addirittura qualcuno tenta versioni ipocaloriche sostituendo tutto o parte del mascarpone con la più innocua ricotta, passando così da un formaggio prodotto dalla crema di latte a uno che deriva solo dal siero, praticamente… i due opposti caseari. Fortunatamente i più si convincono che quando bisogna fare un peccato di gola, bisogna farlo per bene. Per raccontare al meglio i segreti e le evidenti virtù di questa irresistibile tentazione abbiamo incontrato Roberto Pompi, uno dei fratelli che gestisce l’omonimo bar-pasticceria, che sin dagli anni ’80 è diventato per tutti il “regno del tiramisù”. Gli chiediamo cosa renda così speciale il loro tiramisù, ormai conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, da gente comune e personaggi famosi che non di rado si incontrano nei locali di Via Albalonga, proprio di fronte a una famosa società di doppiaggio, osserva lui, che vede un via vai di volti noti (tra i tanti Verdone, Raul Bova, la Bellucci, Totti) che si fermano a ogni ora per una pausa golosa. La risposta è tra le più semplici e disarmanti: il segreto, se così lo vogliamo chiamare, è nella ricetta, messa a punto nel tempo per raggiungere un perfetto equilibrio di tutti gli ingredienti, che devono essere di massima qualità. Un esempio è il caffè: per il dolce, come per il bar, si usa solo Illy, con miscela 100% arabica e questo incide sulla resa finale. I savoiardi sono imbevuti ma non c’è mai liquido in eccesso. Stesso discorso anche per il mascarpone, la sua qualità assicura una crema morbida e suadente. Naturalmente per la commercializzazione si usano uova pastorizzate (la legge lo impone per scongiurare pericoli dovuti all’alta deperibilità delle uova crude), ma per tutto il resto non ci sono differenze dalla ricetta casalinga: solo la cura e il tempo dedicato a bilanciare i sapori lo ha reso così speciale. Il bar-pasticceria è aperto dal mattino presto per la colazione, fino al dopocena. A ogni ora la richiesta di tiramisù è altissima e non è difficile capire come alcuni ristoranti propongano, magari senza dichiararlo, questo dolce ai propri clienti. È l’effetto del successo, naturalmente. “Per questo recentemente si sono aggiunti nuovi punti vendita e continuiamo a dare il massimo ai nostri clienti: abbiamo ben tre diverse varianti di tiramisù, più la versione per celiaci, con biscotti senza glutine, mentre al bar stiamo puntando moltissimo sull’aperitivo e i cocktail, con barman professionisti di alto livello”. Per noi golosi, però, dire Pompi significa dire tiramisù ◆ A.D.S. Bar Pompi Via Albalonga, 9 tel. +39 067000418 Via Cassia, 8b/c tel. +39 063333488 Via Calpurnio Fiamma, 67 I tanti volti del tiramisù Negli anni si sono aggiunte al “classico” due varianti alla frutta: quello alla fragola, molto amato anche all’estero e quello alla banana e cioccolato fondente, ultimo nato da un’idea di Roberto Pompi che ha voluto rielaborare un suo peccato di gola giovanile facendone una nuova specialità. Insider percorsi del buon gusto Guardando il mare, sulla terrazza di un resort cinque stelle, o nel roof design di un museo. Per momenti di relax lontano dalla città o per chiudere al meglio una giornata all’insegna dell’arte, anche culinaria La posta delle meraviglie Superato il cancello sembrerà di entrare in un mondo magico: il grande giardino all’italiana che circonda l’edificio, struttura voluta dagli Orsini nel 1640, l’affaccio sul mare, la piscina interna, il museo del piano interrato che conserva resti di una villa romana, le opere d’arte e i pezzi d’antiquariato scelti dal vecchio proprietario (nientemeno che Paul Getty) per un arredo di elegante austerità: scoprirete con facilità perché questo è uno dei Relais e Chateau più famosi al mondo, premiatissimo da guide di settore e meta ambita di personaggi famosi in cerca di bellezza e tranquillità. Anche se siete approdati a Palo solo per godere delle delizie del The Cesar, il ristorante dell’albergo (e non è cosa da poco: lo chef Michele Gioia ha conquistato qui una stella Michelin), non mancate di fare una visita: per tanta bellezza il vostro animo vi benedirà. Con la buona stagione approfittate della terrazza panoramica sul mare, e scegliete il percorso enogastronomico preferito: stagionale, dal territorio o degustazione, la proposta che non dimentica le esigenze dei più piccoli o di chi ha particolari necessità, come per i celiaci, si basa su carne e pesce e prodotti stagionali soprattutto locali, quando non prodotti nell’orto biologico del resort, una punta di invenzione e una mano leggerissima. Interessante anche la cantina, che riserva, oltre ai grandi nomi, anche etichette tutte da scoprire, insieme a un servizio di grande livello, curato e professionale. Inutile dire che, per chi desidera, la giornata si può protrarre per trasformarsi in una mini vacanza da favola. Elegante, moderno, versatile. L’Open è uno spazio forse unico nel panorama romano. Accoglie nel suggestivo cubo trasparente in orari diversi una clientela eterogenea: easy lunch nei giorni feriali, aperitivo, brunch nel fine settimana. Ma è la sera che il locale assicura il meglio, con la proposta gourmet, perfetta per chiudere con una cena importante una giornata all’insegna del bello e dell’arte, magari dopo aver visitato le esposizioni in corso al “Palazzo” (fino all’11 luglio: La Natura secondo De Chirico, Mimmo Jodice, e l’installazione di Giulio Paolini “L’enigma dell’opera”). Il richiamo con il glorioso ristorante di Labico, che per tanti anni è stata la casa di Antonello Colonna, qui è evidente, nella porticina rossa, nella raffinatezza dei tavoli nello spazio sovrastrante, riservati alla ristorazione di prestigio e, soprattutto, nei piatti: una proposta di forte legame con le tradizioni romane e laziali, rielaborate con una vena creativa molto precisa e un grande virtuosismo nella realizzazione. Ci sono il cannolo di baccalà, panna acida, caviale e limone candito, i cubi di coda alla vaccinara, con fave di cacao e sedano effervescente, l’intelligente negativo di carbonara (ravioli ripieni del classico condimento della carbonara, serviti su una crema di parmigiano), il filetto di merluzzo, lattarini, insalata di friggitelli e riso soffiato. Sono solo alcuni piatti, alcuni già storici, che si accompagnano a una grande lista dei vini: 1.000 etichette e una carta dedicata al meglio dell’enologia laziale. Per gli appassionati l’Open Cigar Club, con il suo humidor in legno di cedro con 25 locker, è un richiamo irresistibile. Per tutti gli altri la magnifica terrazza, in cui si nasconde un piccolo orto, saprà regalare attimi di impagabile relax e bellezza. Open Colonna Scalinata di via Milano, 9 a tel. +39 06 47822641 www.opencolonna.it The Cesar de La Posta Vecchia Palo Laziale Roma tel. +39 06 9949501 - [email protected] www.lapostavecchia.com Antonella De Santis wild west Una cena d’autore wild west - Steak House Via della Giustiniana, 906 - Tel. +39 0630207222 Aperto tutti i giorni dalle 19, sabato e domenica anche a pranzo Chiuso il lunedì Giocando al far west Grandi e piccini sulla strada dei pionieri T ante serate trascorse sognando la grande epopea dei cow boy e degli indiani, scoprendo, quasi per gioco, che il west è a pochi minuti da noi, nella campagna romana. Qui infatti una distesa verde, con un bosco naturale e graziosi laghetti, ospita Wild West: un angolo di quel lontano mondo dei nativi d’america e dei pionieri, di frontiera e d’avventura. Ci si arriva per un aperitivo al tramonto, si rimane per la cena, ascoltando l’ottima musica di sottofondo, affascinati dall’atmosfera da film e dalla bellezza sorprendente di questo parco a un passo dal caos della città. Un cancello segna il confine verso l’ovest, con un toro a grandezza naturale che accoglie gli ospiti in questo piccolo viaggio oltre frontiera. All’interno, la sala che ricostruisce perfettamente la scenografia dei film di cow boy: la banca e la prigione (che ospita un tavolo per piccole comitive) e www.wildweststeakhouse.it ovunque selle, vecchie Colt, cinturoni, frecce, totem, targhe, tutti pezzi originali che accompagnano in questo viaggio che parte dalla buona tavola. Il menu, naturalmente, non può che cedere al richiamo della carne, con una vasta selezione italiana e straniera da cucinare sulla griglia a legna: scottona irlandese e entrecote danese, bistecca canadese e bisonte del Nebraska, galletto e hamburger. Una cucina robusta e saporita che non dimentica primi piatti, insalate, contorni gustosi come le bucce di patate fritte e le verdure grigliate, da accompagnare con vini e birre. Si chiude in dolcezza, con i tanti dolci preparati in casa, golosi e genuini, scaldati dal camino al centro dalla sala o ospitati dall’ampio spazio all’aperto, da cui osservare i tanti animali: papere, cigni, daini, maialini, che faranno la gioia dei più piccoli. Per chi non resiste al vizio del fumo, una sala riservata da cui godere della vista incantevole del parco. 76 Convivi storici: il Seicento a tavola F u il secolo di transizione dalla grande cucina italiana alla grande cucina francese. Si apre l’epoca dei cuochi e dei grandi architetti di banchetti. Niente più condimenti che coprono il sapore delle vivande, poche spezie a favore delle erbe aromatiche e del limone. La carne viene cotta molte ore fino a quando non si stacca dall’osso. Le vivande delle classi più umili sono fagioli, polenta di mais, pane casareccio farcito con formaggio. Pochi i condimenti, olio al sud e grasso di maiale al nord, burro per i nobili. Ci furono novità anche nel campo delle bevande. La più importante fu la scoperta del metodo champenoise che Dom Perignon inventò nel 1688 dando origine alla prima produzione di Champagne. In Italia fu il boom della gelateria, della torrefazione del caffè e della diffusione della cioccolata. Al contrario della Francia la comparsa del pomodoro diede a sua volta origine alla preparazione di creme e salse per il condimento della pasta. Ricetta tratta dal libro “La Cucina Storica, percorsi alimentari dal Medioevo al XX secolo” di Bruno Cantamessa Gattafura alla genovese Dall’Opera di Bartolomeo Scappi, nato nei primi decenni del XVI secolo e cuoco segreto di Pio V. Preparare un pasta con 250 g di farina, acqua, 3 cucchiai di olio extravergine di oliva e sale quanto basta (pasta matta). Lavorare tutto per circa 10 minuti e comunque sino a ottenere un impasto omogeneo e morbido. Fatela riposare almeno 30 minuti coperta con un canovaccio appena inumidito. Ingredienti 300 gr di bietole già pulite 150 gr di formaggio crema di latte (formaggio fresco di pecora spalmabile laziale) 100 gr cacio stagionato grattugiato Olio extravergine di oliva, sale e pepe q.b. Preparazione Lessare per qualche minuto le bietole in acqua bollente e leggermente salata. Scolarle e una volta raffreddate strizzarle per bene. Tritarle finemente con una decina di foglie di menta. Mettere in una ciotola le erbe trite, con il formaggio fresco. Ungere una teglia e stendere un primo foglio di pasta sottile. Stendere il composto uniformemente, spolverare di cacio stagionato grattugiato, pepe nero e spargere un poco di olio di oliva. Ricoprire con altro strato sottile di pasta chiudere i bordi spennellare di olio di oliva e cuocere in forno già caldo (180°) fino a doratura della superficie. Servire calda. Ed eccovi il testo originale per chi vuole divertirsi davvero: “Piglinsi struccoli overo agretti, i quali sono casci freschi fatti di un giorno senza sale, e quando hanno alquanto del forte sono assai meglio, pestisino nel mortaro tanto che venghino come butiro e si mescolino con biete trite, un poco di menta battura, e pepe pisto, poi habbisi uno sfoglio di pasta, e stendasi sopra il suolo di rame onto di butiro, e pongasi sopra esso sfoglio la compositione che non sia alta più di mezzo dito, e sopra la compositione spargasi olio dolce, e cuprasi con un altro sfoglio sottilissimo, e facciasi cuocere nel modo sopra detto, e servasi calda perché fredda non vale niente; è ben vero che molte volte si riscaldano sopra la graticola, e in questo modo si possono fare anchora nelle tortiere” ◆ Info: [email protected] Foto Open Colonna - Cigars humidors F di Enrica Muretti e Bruno Cantamessa Bruno Cantamessa Insider Dimore Storiche falegnameria artigianale elementi d’arredo francesco amoroso artigiano DI.EFFE Arredamenti Srl Via G.M. Terreni, 44 Roma trfrc 349 2852606 [email protected] www.mondoqubo.it 78 LE CLEMATIDI di Angelo Troiani I I l genere Clematis appartiene alla famiglia delle Ranuncolacee e comprende circa 250 specie, diffuse in tutte le zone temperate della Terra, che hanno dato vita, in varie combinazioni, agli splendidi incroci dai grandi fiori colorati oggi tanto ambiti nei giardini e terrazzi. Le Clematis vanno dal grande arbusto rampicante, fino a piccole specie erbacee, che disseccano completamente durante l’inverno. Le Clematidi che più facilmente troviamo nei vivai sono ibridi delle specie europee e asiatiche, coltivati e selezionati per le peculiari caratteristiche dei loro fiori. Tutte presentano infatti fiori molto grandi, la cui parte più vistosa è rappresentata dai sepali, colorati come grandi petali. Quando il fiore appassisce la pianta produce una particolare infruttescenza, costituita da una sfera di piccoli semi ricoperti da una peluria. Questi ultimi le donano un aspetto aggraziato. Il nome clematide deriva dal greco “klema”, viticcio. In antichità infatti veniva considerata una vite. I romani facevano crescere le Clematis sui muri delle abitazioni per la loro fragranza e per la loro presunta capacità di proteggere dai temporali. I tralci flessibili, ma resistenti, venivano inoltre impiegati dai contadini fino a poco tempo fa per fabbricare i cesti e legare le viti. Nei paesi nordici esisteva l’abitudine di prelevare sezioni di fusto legnoso e fumarlo. Il succo urticante delle sue foglie provoca lacerazioni delle pelle ed era per i mendicanti un pratico espediente per impietosire i passanti. Il loro carattere vigoroso le rende invadenti nelle maggior parte delle situazioni, ma costituisce una buona risorsa per coprire grandi recinzioni antiestetiche. Le Clematidi, soprattutto gli ibridi, sono di facile coltivazione, a patto di rispettare alcune regole. Esigono infatti terreni fertili, un buon drenaggio e se si intende addossarle a un muro è buona regola distanziarle di circa 30 cm e direzionarle verso quest’ultimo con dei supporti. Tutte le Clematidi esigono di avere le radici all’ombra e la chioma al sole. Occorre dunque proteggere le radici con dei sassi o del pacciamante. Molto importante è la potatura. Gli esemplari che fioriscono su legno giovane sono da potare a fine inverno; le specie che fioriscono su rami più vecchi vanno potate dopo la fioritura, limitandosi all’ eliminazione dei rami secchi e a un leggero diradamento. Le specie più diffuse sono la Clematis montana, l’alpina, l’armandii florida, la jackmani, l’orientalis e altre innumerevoli, tutte con degli splendidi colori dal bianco, al viola, rosa, rosso e giallo ◆ Sapori rustici per una gita nel verde L ’ il corvo allegr Insider Botanica Il corvo allegro Seven Hills Village, Via Cassia, 1216 al km 13 - Tel. +39 0630362751 (provenendo dal Raccordo, uscita n. 3) La Giustiniana Domenica aperto anche a pranzo inverno sembra finalmente averci abbandonato e arriva adesso la voglia di allontanarsi, almeno per un po’, dal grigiore cittadino per respirare una boccata d’aria fresca, di relax e spensieratezza. Non serve necessariamente andare lontano, a volte è sufficiente trascorrere qualche ora nel verde per fare il pieno di energia e buonumore. Occorrono pochi minuti di macchina dopo l’ufficio per giungere a destinazione e godere delle ultime ore di luce immersi nella natura. Basta dare uno sguardo al parco: otto ettari rigogliosi in ogni stagione, abitati da daini, papere, porcellini e cigni, rallegrati dal canto dei molti uccelli e dal gracidare delle rane. In un tale scenario è impossibile non ritrovare immediatamente il buonumore, confortati da sapori veri, con un menu che è un inno alla grande tradizione della cucina italiana, dove emergono con www.ilcorvoallegro.it, [email protected] forza i sapori di una materia prima scelta con cura ed elaborata con semplicità. Primi piatti e pesce freschissimo, verdure e tanta carne cotta alla griglia, senza tralasciare una bella scelta di dolci, un goloso carosello che non poteva certo dimenticare la pizza cotta nel forno a legna. Un menu che riesce a soddisfare anche i palati più capricciosi, mettendo d’accordo grandi e piccini, che troveranno qui tutto l’occorrente per trascorrere feste di compleanno in allegria, con giochi gonfiabili, animazione e intrattenimento musicale. Il Corvo Allegro, infatti, unisce alla sala con la grande veranda da cui godere una strepitosa vista sul parco, anche uno spazio disco pub, perfetta scenografia per le feste pomeridiane dei bimbi e quelle serali dei più grandi. Basta prenotare per trasformare una giornata qualsiasi in un momento di festa e di vacanza. Insider Architettura 80 CHIESA ROMANA DEL SANTO VOLTO DI GESù di Maria Laura Perilli - ph. Andrea Jemolo L L a Chiesa del ‘Santo volto di Gesù’ a Roma Magliana rappresenta un esempio concreto di architettura contemporanea nella nostra città, che ha ricevuto grandi apprezzamenti durante la visita pastorale del Pontefice Benedetto XVI. L’edificio, ideato da Piero SARTOGO e Nathalie GRENON, è stato realizzato tra il 2003 e il 2006. Scardinando l’idea di un’architettura autonoma a tutti i costi, i due progettisti ripropongono una secolare prassi dell’architettura sacra pervenendo ad una visione corale dell’ iter progettuale per mezzo del coinvolgimento di ben otto artisti di respiro internazionale: Carla Accardi, Chiara Dynys, Jannis Kounnelis, Eliseo Mattiacci, Mimmo Palladino, Pietro Ruffo, Marco Tirelli e Giuseppe Uncini. Dalle formelle della Via Crucis di Palladino alla cancellata esterna di Uncini si respira ovunque il senso dell’apporto collettivo come nell’antico cantiere delle cattedrali gotiche. Ognuno è chiamato in piccolo ad onorare con il suo lavoro ‘nostro Signore’. L’impianto del complesso religioso si struttura su una V, un cuneo deciso e profondo il cui punto generatore è il Crocifisso di Resurrezione; come afferma il Cardinal Martini: ‘La Resurrezione del Cristo non è un miracolo. Il Dio che attraverso il figlio ha assunto natura umana, dopo la morte sulla Croce riassume la sua natura divina e immortale.’ La grande croce così posizionata diviene sottolineatura di questo importante passaggio e da essa scaturisce una strada corridoio in dilatazione capace, lungo il suo percorso, di coinvolgere gli spazi di accoglienza, dall’aula ecclesiale agli uffici parrocchiali. Man mano che il cuneo si allarga intercetta uno spazio ad esedra proprio in corrispondenza del grande rosone. Si genera, così, una prima forte integrazione tra l’aula ecclesiale e la spazialità esterna ad essa; una idea di piazza suggerita proprio dalla presenza della vetrata. Laddove il cuneo raggiunge il massimo della dilatazione si trova l’ampio sagrato: allora si mette definitivamente in atto un processo di osmosi tra il complesso architettonico ed il tessuto urbano circostante nel quale proprio il cuneo raggiunge il vertice della sua funzione operativo-spaziale. Una scelta molto apprezzata dagli abitanti del quartiere che hanno trovato nel sagrato una nuovo spazio di aggregazione. ‘L’aula ecclesiale’ si distingue sul tutto con una forma semicircolare coperta da una mezza cupola sostenuta, a sbalzo, da una struttura metallica circolare a ‘mozzo eccentrico’. Un’ “urbatettura” punto di riferimento percettivo, sottolineata dal sensibile uso del travertino di rivestimento, in una realtà urbana sempre più piatta, priva di quegli stimoli visivi raffinati che contribuiscono con ‘il senso del luogo’ ad un processo di aggregazione sociale di una folla sempre più solitaria e dispersa in anonimi centri commerciali ◆ Info: www.sartogoarchitetti.it Insider Architettura 82 83 Distribuzione di prodotti e tecnologie per: Termica Climatizzazione Trattamento acque Energie rinnovabili: Kerguéhennec di Delfina Giannattasio Q Q uesto luogo dal nome complicato è un parco situato in Bretagna tra Parigi e Brest, che si estende su una superficie di 170 ettari. Kerguéhennec è stato disegnato nel 1972 dal paesaggista Denis Buler come giardino del castello (1710) del conte di Lanjuinais. Nel 1980 la tenuta diventa un particolare centro d’arte contemporanea; un parco destinato ad ospitare sculture e opere di Land Art, comprendendo inoltre un centro d’arte con esposizioni sempre all’avanguardia e degli atelier con residenze per ospitare non solo artisti interessati a lavorare in situ, ma anche aperti per workshop a università di belle arti e architettura. Kerguéhennec è un raro esempio del genere in Francia ed è uno dei più importanti d’Europa. Riunisce una ventina d’opere d’arte dei maggiori esponenti della Land Art, come i “Parcours flottant n°1 e n°2” di Marta Pan, “Le Sentier de Charme” di Giuseppe Penone. solare termico solare fotovoltaico geotermia biomasse Il nostro campo di intervento spazia dal residenziale all’industriale Engineering Il concetto principale della Land Art è quello di fare arte con e nella natura: non si rappresenta più la natura, ma si interviene su essa. L’arte non è più un oggetto da vedere ma un’esperienza da vivere. Kerguéhennec è un posto che si presta perfettamente a questo tipo di arte e quindi all’istallazione di opere del genere. Il paesaggio evolve e si trasforma in modo incredibile, passando dallo stagno con le ampie vedute sui campi di colza e grano, alla vegetazione fitta del bosco, per finire poi in quella densa e umida della palude; offrendo così agli artisti come ai visitatori una molteplicità di situazioni e realtà completamente diverse tra loro. La visita diventa un’esperienza unica per lo spettatore che, passeggiando per il parco, scopre le opere d’arte nascoste nella natura. Molte delle opere sono state concepite in situ, quindi pensate appositamente per lo spazio che le ospita e non potrebbero avere senso in un altro luogo. La relazione che si crea tra l’arte e la natura è incredibile ◆ Studio di fattibilità tecnica ed economica Assistenza nelle pratiche per agevolazioni fiscali Analisi energetica certificata TermoIdraulica di Quadrana Fabio & C snc Via Portuense, 2415/C - 00054 Fiumicino - Roma Tel. 06 6505252 - Fax 06 65049756 [email protected] - www.quadrana.com Insider Insider Design 84 LE SEDUTE TRASFORMISTE Sono poltrone o sofà, ma sanno diventare anche altro: ecco i nuovi prodotti multitasking, perfetti per ogni esigenza di Valentina Falcinelli M M onolocali da 40mq, zone living che accorpano cucina e soggiorno, camerette microscopiche? Quando l’abitazione si fa piccola, le idee dei designer diventano davvero grandi. L’ultima tendenza di arredamento, infatti, è rappresentata dagli oggetti trasformisti. All’apparenza “qualcosa”, con un semplice gesto diventano “altro”: un’ottima soluzione per avere, in un’unico prodotto, tante risposte a molteplici esigenze. Che siano di spazio, funzionalità, originalità o decoro poco importa. Quello che conta è avere in casa propria un articolo multitasking bello e comodo, proprio come le sedute che vi presentiamo in questo articolo. NEST, LA POLTRONA CHE VALE PER TRE Prodotta dalla Nordic Design, Nest è una poltrona e un comodissimo futon. Comodissima e super imbottita, è proposta in 4 varianti cromatiche e ha un ingombro che va dagli 85X85X100 (futon) centimetri ai 220X110 (poltrona). IL DIVANO POLIFUNZIONALE DI EBUALÀ Panca, divano letto, chaise longue, zona relax. Ecco cosa si intende per “polivalenza”. Questo sofà, progettato dal collettivo spagnolo Ebualà (ora i designer lavorano autonomamente), si compone di tre cuscini pieghevoli che, inseriti all’interno della struttura principale, consentono di trasformarlo a piacimento. Perfetto per personalizzare gli spazi, Cafè&Leche è utilissimo anche per creare la giusta atmosfera a seconda delle relazioni sociali che ci si trova a vivere. Se siete un’azienda di arredamento e vi interessa produrre questo articolo, potete scrivere a [email protected]. IL TAVOLO SOFÀ DI CAMPEGGI Il Flip/Sofa Table, progettato dal designer Adrien Rovero per la ditta Campeggi è ideale per chi vive in spazi ristretti. Basta un “flip” per trasformarlo da divano a tavolo, senza l’ausilio di alcun meccanismo. Sotto la base del sofà, infatti, è nascosto il ripiano. Basta ruotarlo e poggiarlo sui braccioli e il gioco è fatto. L’ESPERTO SPIEGA SEI MATERASSI, UN SOLO DIVANO Un design essenziale per il divano letto proposto dai designer Ole Jensen & Claus Mølgaard, un prodotto che esprime al massimo il concetto di convivialità. La struttura in bambù ospita ben sei materassi che, all’occorrenza, possono essere utilizzati per ospitare i propri amici per la notte. FUNGHETTO, IL TAVOLO-POUF Un po’ come i funghi, che in un lasso di tempo brevissimo si trasformano, così questo oggetto cambia rapidamente il suo aspetto. Da tavolino servitore, si “spetala” per diventare anche un comodo pouff. Funghetto è stato progettato da Giampietro Preziosa e realizzato da A.PE.S e Lucatelli ◆ Il progetto più complesso sul quale ogni designer, per essere definito tale, deve cimentarsi durante la sua carriera lavorativa o didattica è il concept per una seduta innovativa. Ed è complesso perché per progettare questa icona di design bisogna conoscere prima di tutto il corpo umano e non è poco - nonché una lista interminabile di altre cose che non starò qui a elencare. Premesso questo, ritengo le sedute un oggetto di utilizzo quotidiano fondamentale per la vita dell’uomo, che negli anni ha affascinato, e continua a farlo, l’intelletto dei progettisti di qualsiasi età e nazionalità. Questo, assieme all’evolversi delle tipologie abitative attuali, è il motivo per cui la rubrica di questo mese vede alcuni progetti innovativi che hanno come filo conduttore il sedersi, la convivialità e - cosa più importante la “trasformabilità”. Emiliano Brinci Info: www.designtrasparente.com www.designtrasparente.blogspot.com 87 Jaime Hayon per Camper Doshi-Levien per John Lobb Zaha Hadid per Melissa S Zaha Hadid per Lacoste Jaime Hayon ¨LE SCARPE¨ degli architetti! S iamo certamente abituati a designer che si confrontano e si cimentano con gli arredi più diversi, dalle lampade alle sedie; ma assistiamo incuriositi a molti di loro già famosi e “all’apice della gloria”, che si avvicinano al mondo della moda disegnando... scarpe! Jaime Hayon, per esempio, ha firmato una linea coloratissima per l’azienda spagnola Camper, mentre Karim Rashid ha disegnato, per il brand brasiliano Melissa, decolletè in morbida plastica dalle linee sinuose. La coppia Doshi-Levien ha contribuito allo charme della britannica Lobb. La blasonatissima Zaha Hadid, architetto iracheno di fama mondiale, ha momentaneamente accantonato i suoi futuristici grattacieli per dedicarsi a questo accessorio. Anche lei per “Melissa”, ha disegnato scarpe in uno stile che ricorda molto il suo modo di progettare edifici: linee avvolgenti e Doshi-Levien per John Lobb armoniose hanno originato calzature che avviluppano piede e gamba, arrotolandosi morbidamente attorno alla caviglia. La forma affascina, ma la comodità? Eguaglierà il design? Anche per Lacoste la vivace Zaha ha disegnato scarpe sportive che, con lunghi nastri, corrono fino al ginocchio per la donna e si fermano alla caviglia per l’uomo. Per esse ha trattato un morbido pellame di vitello, con una superficie a schegge che continua anche sulla suola sottilissima. Non troveremo queste calzature nella boutique sotto casa: saranno prodotte in un’edizione limitata di 850 paia e vendute esclusivamente da Colette a Parigi, in Corso Como 10 a Milano e a Dover Street Market a Londra ◆ Antonella Pirolli architetto [email protected] Insider Architettura Insider Architettura 88 89 Copertura piani in vetro secondo piano da poco terminati e incastrato nel caos di un tessuto urbano cresciuto col tempo nel disordine della metropoli milanese. La Galleria pertanto si arretra dal fronte strada rispetto agli edifici vicini, lasciando spazio a una piazza antistante che invita e accoglie il visitatore aprendosi verso l’esterno. L’edificio poi non c’è, si annulla: non ha pretese compositive, le facciate non esistono, la bidimensionalità sparisce a favore del tutto, del volume, dell’oggetto. Un parallelepipedo nato per rispettare le esigenze dell’artista, che si può guardare da ogni lato, senza che ci sia un verso privilegiato: un tempio per l’arte. L’edificio sorge su un lotto rettangolare e si articolo su quattro livelli di cui uno interrato e si colloca arretrato rispetto all’allineamento della strada così da definire uno spazio antistante come una piccola agora aperta verso la città che, nel contempo, consente il distacco della Galleria dal contesto limitrofo. Il volume fuori terra è caratterizzato dall’arretramento dei due piani superiori rispetto al piano terra, che rappresenta lo spazio principale della galleria e la cui copertura piana diventa un grande terrazzo al primo livello. Un secondo terrazzo si trova sulla copertura dell’edificio caratterizzato da un grande lucernario che illumina il secondo piano privo di aperture sul fronte principale. Lo spazio e la luce sono gli elementi che definiscono i grandi volumi delle sale espositive, con altezze tali da accogliere anche le opere di dimensioni più importanti, mentre uffici e servizi si trovano sul fondo della galleria. La scelta di posizionare le scale all’esterno dell’edificio ha permesso di sfruttare al massimo gli spazi interni fornendo al contempo un elemento di linguaggio fortemente caratterizzante alla facciata posteriore. La struttura delle scale, realizzata interamente in ferro zincato, si articola con Facciata esterna UN CUBO PER L’ARTE MODERNA È il White Cube inaugurato a Milano dalla celebre gallerista italiana Lia Rumma, che di fatto diventerà la più grande galleria d’arte moderna d’Europa di Alessandra Vittoria Fanelli - ph. Corinna Cappa C C on una personale dedicata a Ettore Spalletti, artista che ha creato un linguaggio sospeso tra pittura e scultura, Lia Rumma ha inaugurato ufficialmente lo scorso 15 maggio il suo nuovo spazio espositivo ricavato da un ex-capannone industriale: il White Cube spettacolare edificio bianco distribuito su quattro livelli, che ospita la Galleria e gli uffici, un laboratorio per gli artisti e ampie sale per le opere d’arte. Un progetto molto ambizioso sia come intervento architettonico sia come nuova sfida su cui Lia Rumma ha Lia Rumma deciso di scommettere: quella di far diventare Milano polo culturale dell’arte contemporanea. L’incarico di progettare questa nuova cattedrale per l’arte, la gallerista lo ha affidato a CLS Architetti, uno studio composto da Giovanna Cornelio, Massimiliano Locatelli e Annamaria Scevola, giovane gruppo di progettisti affiatati che hanno risposto con slancio alla sfida della indomita Lia. Il volume dell’edificio, come scolpito in un blocco geometrico di marmo statuario dalle proporzioni classiche, si erge in un lotto tra vecchi edifici ex industriali e nuovi insediamenti abitativi Interno con installazioni di Ettore Spalletti Scale esterne Insider Architettura 90 91 PERGOTENDA - MILLENNIUM TENDE DA SOLE - ARREDI ESTERNI Via di Santa Cornelia, 5 - Zona Industriale Formello (RM) Tel. 06 90400430 - Fax 06 90405016 [email protected] - www.sunshop2.it Interno doppie rampe che si incrociano e conducono alle alte vetrate di accesso alle sale. Il piano terra si apre sul cortile di ingresso attraverso una grande vetrata suddivisa dai montanti dei serramenti il cui ritmo è scandito dall’alternanza tra ingressi pedonali e grandi aperture per l’accesso delle opere di grandi dimensioni. La medesima scansione è ripetuta nella vetrata di accesso al terrazzo del piano primo e riemerge infine sul terrazzo di copertura sottoforma di pergolato in profilati di ferro, che fungono anche da struttura portante per la serra interamente vetrata posta in cima all’edificio. Grande attenzione è stata data dal progetto ai materiali. La finitura di tutti i muri perimetrali dell’edificio è in cemento bianco TX Millenium, un cemento “ecologico” autopulente di nuova tecnologia rigenerante capace di ricreare il processo di fotosintesi proprio delle piante e pertanto in grado di ridurre il livello di anidride carbonica presente nel microclima circostante. Si mantiene nel tempo inalterato nella forma e nel colore e apporta un contributo sensibile e tangibile all’ambiente. Cemento anche per i pavimenti, grigio industriale ovunque sia nelle sale espositive sia negli spazi all’aperto che tra loro comunicano in modo fluido attraverso le grandi pareti vetrate. Dall’esterno l’edificio appare compatto e omogeneo mentre gli interni sono suddividi tra diversi livelli indipendenti ma collegati tra loro: un monumento minimalista ripensato con grande efficacia dai giovani architetti cha hanno invaso di luce naturale tutti gli spazi dove si perde il senso dello spazio per dare risalto all’arte come quella delle grandi installazioni di Ettore Spalletti che hanno inaugurato in modo evocativo questo nuovo spazio della metropoli milanese ◆ Ingresso al White Cube Ritratto Ettore Spalletti: Studio Moscuto ph. Maria Di Paolo Insider Architettura rivenditore autorizzato Insider Insider Design 92 OLTRE IL GIARDINO Sono declinati in raffinate linee di colori e forme i mobili, le luci e i complementi d’arredo che decorano con fragranza i patii delle case al mare, i giardini in campagna e, perché no, anche le invidiate terrazze metropolitane di Vittoria di Venosa Everest collezione Esterno Tao L L e diverse proposte per arredare ogni spazio esterno, sia il balconcino fiorito che l’ampia terrazza che spazia sull’orizzonte, presentate ai recenti eventi espositivi quali Macef e Salone Internazionale del Mobile di Milano, hanno un solo leitmotiv: sono trasformabili e liberamente mixati. Dopo il bagno, il nuovo regno del piacere per l’estate è vivere intensamente la stagione più amata da tutti arredando, con gusto oltre il giardino, gli altri spazi aperti. Non solo mobili ma apparecchi luminosi che si caricano della luce solare durante il giorno per poi diffonderla nella notte; chaise-longue che diventano lettini; tavoli arredati con classe; accessori colorati e freschi dai toni caldi del giallo, dell’ocra e dell’arancio, in un tripudio di inedite combinazioni per godere appieno il calore/colore dell’estate. DeCastelli modello Radici design Patrizia Pozzi Rexite modello Eveline design Raul Barbieri Corradi modello Defender Ecco ad esempio la collezione Radici che Patrizia Pozzi, la nota gardening designer che ha realizzato i giardini e i parchi di villa Macherio di Silvio Berlusconi, ha disegnato per la DeCastelli introducendo la sua poetica che si basa sull’ibridazione tra oggetti della natura e artefatti umani: una nuova linea per l’outdoor che si trasforma in strutture vegetali progettate per essere ricoperte di piante rampicanti e offrire la sensazione di vivere dentro la natura. Più tecnica invece la collezione d’arredo di Everest che con Esterno Tao, propone una linea esclusiva di tavoli, divanetti e lettini in diverse misure realizzata in alluminio anodizzato nei colori naturale e bianco di classica eleganza ma di altrettanto solida qualità. Il Total look di Corradi con le vele ombreggianti Velombra sono l’essenza totale per vivere qualche ora di quiete in giardino, una festa nel parco della villa affacciata sul mare o sorseggiare un bicchiere di vino con gli amici in terrazza. Resistenti al sole e alla salsedine la linea Defender, un telo composto da due vele avvolgibili, crea un rifugio esterno per il relax e il tempo libero che si integra con l’ambiente in modo armonioso. Ideale per i piccoli dehor vista-mare, invece la leggera seduta Eveline (design Raul Barbieri per Rexite) che grazie alle sue linee fluide e continue sembra immersa nelle profondità marine. Perfetta per organizzare allegre grigliate in giardino, e stupire i propri ospiti, è il nuovo barbecue Grifo di Palazzetti che permette di cucinare contemporaneamente nel forno focacce, pizze e dolci che, con la cottura a legna, acquistano un sapore decisamente più gustoso. Palazzetti Barbecue Grifo Poi tutti a tavola arredata con i set di piatti, bicchieri, vassoi che rievocano i giardini della verde campagna inglese (o del nostro Chiantishire toscano) come la raffinata collezione Country Garden di Bluemarine Home, prodotta, appunto dall’azienda toscana Arnolfo di Cambio o gustare cibi più saporiti con Althea, un set coordinato di Villeroy & Boch, azienda storica e icona del lifestyle quotidiano. Infatti, il nuovo decoro di Althea offre un design country carico di emozioni che impressiona per freschezza e attualità. Jacuzzi modello Santorini Blumarine Home per Arnolfo di Cambio Buzzi & Buzzi - Idrout E dopo una merenda, una cena o un party, perché no un tuffo sotto il sole (o sotto le stelle) nella mini piscina MySpa, prodotta da Glass Idromassaggio, azienda leader di water art? La mini pool MySpa è facilmente installabile in giardino e viene proposta in diverse ampiezze con la più grande che permette di ospitare fino a sei persone. Il tutto illuminato da Idrout IP65, un nuovissimo sistema di illuminazione a scomparsa totale ideale per ambienti esterni (giardini, terrazzi e piscine) poiché totalmente impermeabile grazie al nuovo materiale Coral Water Out ® brevettato e prodotto da Buzzi & Buzzi ◆ Evviva il giardino, benvenuta estate! Villeroy & Boch collezione Althea MySpa di Glass Idromassaggio Sacrofano ville unifamiliari su due livelli fuori terra nuova costruzione rifinitissime pt: ampio salone con camino due camere cucina abitabile doppi servizi p1: due camere bagno allarme aria condizionata terreno pianeggiante di mq 10.000