Giugno 2010 - Insider Magazine

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Giugno 2010 - Insider Magazine
Anno 2
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Numero 13
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Copia omaggio
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Giugno 2010
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direttore editoriale
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direttore responsabile
Francesca d’Aloja
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AMMINISTRAZIONE
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hanno collaborato
Alberto M. Castagna
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intervista
il buon costume
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la regata dei tre golfi
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del santo volto di gesù
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ANNO 2 - NUMERO 13
Periodicità mensile
giugno 2010
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al n. 58/2009 del 25/2/2009
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È
È
LA SUVERA, CASTELLO-RELAIS
NEL CONTESTO ARTISTICO SENESE
Da dimora storica di Papa Giulio II a Relais
per rilassarsi (e innamorarsi)
nei suggestivi borghi della storia senese
di Alessandra Vittoria Fanelli
proprio a La Suvera, un severo Castello del
XVI° secolo che vi dimorò il controverso
e ambizioso pontefice Giulio II, famoso
per aver posto la prima pietra della Basilica di San Pietro
arricchita degli affreschi di Michelangelo nella Cappella
Sistina che, dopo il succedersi di diverse proprietà nel corso
dei secoli, è stato ristrutturato e adibito a esclusivo Relais
adatto per ospitare i cultori dell’arte, della buona e genuina
cucina toscana e del relax.
Ubicato nella romanica Pievascola, il Relais La Suvera è
carico ancora della sua storia che parte dagli albori dell’Alto
Medioevo, dei Celti, dai Merovingi fino al dono che l’allora
proprietario del castello, tale Priore Pandolfo Petrucci, fece
nel 1507 a Papa Giulio II, che accettò l’offerta (tesa a arginare
le mire del Granducato di Firenze sul protettorato di Siena)
facendola poi ristrutturare dal famoso architetto senese
Baldassarre Peruzzi.
Situato tra le dolci colline toscane il Relais La Suvera offre un
servizio di primissima qualità dove, immersi nella raffinata
atmosfera della Villa Papale, corpo centrale del Castello, si
può soggiornare nelle esclusive suite.
Ad esempio, quella più richiesta dagli sposi in luna di miele,
è la suite-regale dedicata alla principessa Maria Gabriella
di Savoia dove ci si può rilassare tra arredi del’700, i ritratti
di famiglia, le tazze di porcellana di Sassonia e riposare
sul letto matrimoniale a baldacchino sotto il ritratto della
secondogenita dei Savoia.
Sempre nel corpo centrale della Villa Papale sono state
ricavate altre splendide suite dedicate ai più noti personaggi
della storia: da quella più severa del famoso Papa Giulio
II, alla più leggiadra di Marie Antoniette, la giovane e
ultima sfortunate regina di Francia, fino a quella dedicata a
Napoleone invasa dai suoi celebri ritratti.
Tutte le suite sono dotate di televisori al plasma con tv
satellitare sia in soggiorno, in camera da letto e in alcune
anche nella sala da bagno dove ci si può rilassare nelle
vasche di idromassaggio.
Nei corpi adiacenti della Villa Papale si trovano le suite
ricavate nelle Antiche Scuderie e le camere situate nella
Fattoria Toscana. La maggior parte delle suite, recentemente
ristrutturate con arredi antichi e con i colori naturali in
armonia con il paesaggio circostante, dispongono di terrazze
affacciate sulla vallata toscana dove poter fare colazione
immersi nel verde e nel silenzio.
Alcune suite, pur disponendo dei servizi di un moderno hotel
a 5 Stelle Lusso, sono ideali per una vacanza per famiglie con
bimbi o figli adolescenti, poiché dotate di due camere e due
bagni indipendenti con vasca e doppio lavandino in modo
che ognuno abbia la propria privacy.
Il Relais La Suvera dispone di diversi servizi quali il Ristorante
Oliviera (aperto anche ai non ospiti del relais) con proposte
di piatti tipici della cucina toscana e italiana accompagnati
da una sapiente scelta di vini La Suvera, ricavati da uve di
coltivazione rigorosamente biologica.
Insider
Resort
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Per una cena più informale, per un light lunch o per sorseggiare
un aperitivo ecco il più discreto La Tana del Riccio Bar &
Grill, luogo particolarmente accogliente e suggestivo dove
trascorrere le serate più calde all’aperto.
Infine per gli ospiti che desiderano tonificarsi ecco la grande
piscina scoperta e riscaldata a temperatura dell’acqua costante
tra i 26° e 30° gradi con sistema speciale di depurazione con
angolo idromassaggio e viziarsi maggiormente presso il Centro
Benessere, vero gioiello ricavato nella parte medievale della
villa immergendosi nella vasca di idromassaggio ricavata
nell’antica cisterna medievale, con acqua igienicamente
trattata e scaldata a 38° gradi. A fianco il bagno turco, una
piccola fitness e una zona relax dove sorseggiare le tisane
biologiche del resort.
E ancora al primo piano della Villa Papale, sotto il severo
ritratto di Giulio II, le sale di rappresentanza sono state
adibite a Museo gestito dall’Associazione Culturale Cardinale
Giovanni Ricci, attività posta sotto il Patrocinio dell’Unesco.
Il Museo raccogli arredi, opere e documenti particolarmente
significativi provenienti dal patrimonio storico delle famiglie
Ricci e Massimo attuali proprietari del Castello La Suvera.
Nei dintorni alcuni luoghi anch’essi posti sotto il Patrimonio
dell’Unesco: Siena, dove attualmente è in corso la mostra
dedicata a ‘Da Jacopo della Quercia a Donatello’ (fino all’11
luglio) nota anche per il famoso Palio di Siena che si tiene a
luglio; a Casole d’Elsa, antico borgo dove nel Museo Civico
Architettonico e della Collegiata si svolge la mostra dedicata
a Marco Romano, protagonista della scultura italiana del
Duecento e Trecento (fino al 3 ottobre).
E per gli amanti della storia medievale ecco San Gimignano,
città famosa per le sue torri, Volterra, nota per il suo artigianato
in alabastro, Monteriggioni, paese immortalato da Dante nella
Divina Commedia e infine San Galgano, splendida abbazia
cistercense e cappella medievale dove si trova la ‘misteriosa
spada nella roccia’ di Re Artù ◆
Piazza del Parlamento, 8 - 00186 Roma
Tel\fax +39 0668192661 - Cell +39 3927883245
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Insider
Lady Walton e S.A.R. Il Principe di Galles (2002)
William e Susana Walton
natura, che sinfonia
riaperti al pubblico i giardini la mortella ad ischia
É
Victoria house
È
una grande storia d’amore quella raccontata
dai Giardini La Mortella, nido di Sir William
Walton, uno dei più significativi musicisti
inglesi del Novecento e di sua moglie Susana, che nel 1949
scelsero l’isola di Ischia quale luogo in cui dimorare.
Ed oggi La Mortella, facente parte del circuito Grandi Giardini
Italiani, rappresenta quanto di più affascinante sia mai stato
creato dalla natura. Qui l’appassionato di botanica e l’amante
dei fiori può stupirsi tra i viottoli, i sentieri che attraversano
il Giardino e il semplice turista abbandonarsi davanti ad un
panorama tra i più suggestivi della baia di Forio.
L’impianto originario della Mortella - che in dialetto
napoletano vuol dire “mirto divino” - fu disegnato dal noto
architetto paesaggista britannico Russel Page, che nel ’56
venne chiamato ad Ischia da Susana Walton. Page provvide
ad integrare il Giardino nelle pittoriche formazioni rocciose
di origine vulcanica e lo arricchì con fontane, piscine, corsi
d’acqua che hanno favorito la coltivazione di una superba
collezione di piante acquatiche come il papiro, il fior di loto e
le ninfee tropicali. Fra le piante più care a Lady Walton ci sono
quelle cresciute dai semi portati dall’Argentina - suo paese di
origine - come la Chorysia speciosa e la Jacaranda mimosifolia,
o quelle che hanno una storia evolutiva interessante come le
cycadacee, addirittura più antiche dei dinosauri.
Ma La Mortella non è solo natura. La casa di William e
Susana Walton, costruita all’interno della tenuta sul lato di
una collina vulcanica, ospita oggi una Sala Concerto-Museo
e l’Archivio del grande compositore. Il secondo, creato nel
1990, comprende lettere, fotografie, manoscritti e cimeli di
Sir William e offre una grande risorsa sia per studiosi che
Roger Clarkson dirige La National Children Orchestra Great Britain
La valle con la fontana principale
per appassionati. Una frazione del materiale è attualmente in
mostra permanente nel Museo, a testimonianza dell’intensa
attività musicale di William Walton ed espone una bellissima
collezione di fotografie, nonchè un teatrino delle Marionette,
opera del famoso disegnatore Lele Luzzati.
All’interno dei Giardini La Mortella nel periodo primaverile
e in quello estivo vengono organizzati concerti e calendari
musicali che vedono protagonisti i più virtuosi giovani
musicisti del mondo. Uno dei desideri più grandi di William
Walton era infatti quello di aiutare i giovani musicisti di talento,
dando loro un’opportunità per affermarsi e farsi conoscere
dal pubblico. Due sono gli spazi creati per accogliere gli
incontri musicali: la Sala Concerti-Museo e il Teatro Greco.
Nella sala concerti in primavera, ogni sabato e domenica,
viene organizzata una stagione di musica da camera dove
giovani musicisti - circa un centinaio ogni anno - provenienti
dalle principali scuole musicali italiane si esibiscono davanti
ad un pubblico competente.
resort
Tempio del sole
Nel corso degli anni, la Fondazione William Walton e La
Mortella hanno stabilito rapporti di collaborazione speciali
con scuole di musica prestigiose, quali il Royal Welsh
College of Music and Drama, che ha istituito una borsa di
studio nel nome di William Walton e manda degli ensemble
dei suoi studenti ad Ischia ogni anno; la Scuola di Musica di
Fiesole, con la quale viene messa in palio una borsa di studio
annuale per un giovane musicista; la Curtis School of Music
di Philadelphia (USA) con cui vengono organizzati corsi di
musica residenziali e concerti.
Lady Walton, dopo una lunga malattia ci ha lasciati nel primo
giorno di primavera. La “Signora dei Fiori” come tanti ad Ischia
amavano chiamarla, verrà ricordata nel modo più semplice
e a lei più caro: proseguendo il suo lavoro e le sue volontà.
La Fondazione WilliamWalton e La Mortella, alla quale Lady
Walton da tempo aveva donato la proprietà, continuerà a
lavorare con lo stesso impulso per portare avanti programmi
e progetti per la valorizzazione della struttura e per offrire
opportunità ai giovani talenti musicali ◆
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Copertina del libro Grandi Giardini Italiani - www.grandigiardini.it
Victoria Amazonica - fiore maschile
Una casa in campagna
I
l cielo limpido, il canto degli uccellini, il verde intenso
del parco: finalmente la bella stagione è arrivata! Godere
della vita che rinasce, tornare a casa e vedere il sole
che illumina la vallata, svegliarsi nel verde. Sembra un
miraggio per chi vive giorno dopo giorno una quotidianità
fatta di ufficio e traffico cittadino. Ma non lo è: nel parco di
Veio, un residence ospita 46 appartamenti perfetti per chi ha
bisogno di una sistemazione temporanea, durante un trasloco
o una ristrutturazione, o per chi si trova in città solo per
qualche settimana magari per lavoro, ma ideali anche per per
una vacanza appena fuori porta o chi decide che, pur non
volendosi allontanare completamente dalla propria rete di
amicizie, impegni e abitudini, preferisce svegliarsi nella natura,
tra animali, laghetti incontaminati e il fruscio degli alberi che
circondano questi piccoli casali dal sapore inglese. Pensati
per assicurare comfort e tecnologia con wi-fi, climatizzatore,
allarme, fax, parcheggio, lavanderia, servizio di recapito
posta… e un giardinetto privato davanti all’ingresso, dove
godere di una dose extra di relax e serenità, che nella bella
stagione si arricchisce anche di una piscina in cui si rispecchia
una vegetazione rigogliosa. Sono piccoli cottage carattarizzati
da una rustica eleganza, a pochissimi chilometri dalla città,
collegati anche mediante una navetta che porta alla stazione
che dalla Giustiniana arriva a San Pietro e assicura un trasporto
lampo: solo venti minuti per arrivare in centro. Intorno agli
appartamenti solo quiete e l’offerta della struttura: bisteccheria,
ristorante-pizzeria, e l’eleganza del ristorante Il Picchio Rosso.
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Insider
Intervista
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GIGI PROIETTI
Lei è indiscutibilmente uno dei più grandi e spesso i grandi,
all’interno del mondo dello spettacolo, sono davvero soli.
Per quanto la riguarda?
“Un’osservazione esatta, la sua... Ma non mi sono mai
concesso del tempo per la solitudine.
Le ho chiuso gli spazi, lasciandola fuori. Fuori dal laboratorio
di teatro, per esempio, con l’impegno costante che allontana
la noia. Con la passione e le speranze dei ragazzi a riempire
eventuali vuoti...”
IO, VELISTA PER CASO,
ATTORE PER PASSIONE
di Carlotta Miceli Picardi
Un lavoro generoso... e di notevole soddisfazione,
suppongo…
“Senza dubbio. Davvero gratificante quando magari un allievo
che entra con uno scarso bagaglio di conoscenze, conclude
il percorso discutendo brillantemente la sua tesi su Sofocle.
O quando un altro, particolarmente dotato, acquisisce gli
strumenti per esprimere al meglio la propria qualità.
Ho preso recentemente in affitto un magazzino di notevoli
dimensioni, con l’intenzione di farne una sala prove. O forse
una scuola. Ma, per portare avanti un progetto di questo tipo,
occorrono fondi.
E attenzione, nonché chiarezza da parte delle istituzioni.
Mi aspetto una mano. Attualmente produco delle
rappresentazioni di Shakespeare a Villa Borghese, con
giovani interpreti.
Vorrei che l’iniziativa continuasse. Con me o senza di me”.
Cosa rappresenta il teatro in un momento culturale e
sociale come quello attuale?
“Il teatro è il luogo di incontro al di fuori del messaggio
continuo del ‘nulla’.
Il capiente cassetto della memoria comune. Aprirne uno,
riguarda la collettività. È un fatto politico. La sua laicità,
diventa garanzia di libera espressione”.
E il cinema?
“Sergio Citti diceva: ‘Io non vedo più il cinema italiano...
vedo solo dei film’.
E
E
sco in una bella giornata di sole, con un
vento leggero che asciuga in fretta le strade
di una Roma splendida e luminosa, dopo
tanti temporali. Il cielo è finalmente sereno. Io, per niente:
sono agitatissima. Aspettavo questo incontro da mesi e ora
mi chiedo se ho l’abito giusto, la voce giusta e persino...
la faccia giusta per presentarmi a colui che, da un solo
dettaglio fuori posto, saprebbe ricavare elementi sufficienti
per il più esilarante dei monologhi: Gigi Proietti, il capostipite
inarrivabile della microdinastia nazionale di ‘one man show’,
che da lui inizia e con Fiorello si esaurisce. Autore, interprete,
direttore artistico, regista. Quarantasei anni di teatro alle
spalle. Attore e Maestro. Un talento assoluto e poliedrico, che
da circa mezzo secolo si muove agilmente dalla commedia
musicale al varietà, dal cinema alla televisione. L’irresistibile
affabulatore di ‘A me gli occhi, please’, L’Ademar di ‘Alleluja
brava gente’.
E ancora, il Neri Chiaramantesi de ‘La cena delle beffe’, il
Bruno Fioretti di ‘Febbre da cavallo’, ‘il Maresciallo Rocca’...
in persona! L’ansia mi attanaglia. Benedico i cinque semafori
Una constatazione più amara che polemica…
“La consapevolezza di una imminente guerra tra poveri”.
rossi consecutivi, determinanti per gli ultimi ritocchi al
maquillage nello specchietto retrovisore...
Ed eccomi ad affrontare in apnea i venticinque secondi di
ascensore che mi separano dal pianerottolo, per non scomporre
né trucco, né pettinatura ripetendomi di essere naturale e
rilassata. Mi sento, insomma, come se dovessi sostenere un
provino. Suono il campanello cercando di controllare, davanti
allo spioncino, tutte quelle reazioni che secondo il criminologo
della serie americana ‘Lie to me’ potrebbero rivelare una
situazione di forte stress: battito delle ciglia ripetuto, dita che
tormentano la bocca o i capelli. Poi, Proietti mi apre la porta,
in forma smagliante. Giacca blu, camicia bianca, pantaloni
grigi, scarpe sportive a sdrammatizzare l’insieme.
E quel suo sorriso cordiale. Riesco a sorridere anch’io e
capisco che la tensione si sta allentando.
Lo seguo nello studio pieno di luce, con la pareti tappezzate
da locandine e foto che lo ritraggono con Eduardo De
Filippo, Vittorio Gassman, Federico Fellini: una galleria
di protagonisti meravigliosi. Di Fellini, noto anche vari
disegni e caricature.
Quali programmi segue in televisione?
“Gli approfondimenti sui temi che riguardano il paese, ma
non per informarmi. Non più: adesso ne esamino le scelte
drammaturgiche e attorali, per approfondire le nuove
‘strategie dell’apparire’. Esiste una pirotecnica compagnia
itinerante, composta da una dozzina di elementi, (alcuni
con il dono dell’ubiquità, persino) che si sposta di canale
in canale, seguendo una sorta di canovaccio teatrale. Il
Parlamento è in tournée nella tv”.
E noi siamo spettatori o vittime?
“Siamo succubi di un malinconico trend. Negli ultimi quindici
anni ho fatto cento ore di trasmissioni: neppure trenta puntate.
Un esponente di partito le fa settimanalmente.
Vive sullo schermo, ne è la nuova star. Si appropria dei
meccanismi, comprende l’immenso potere di orientamento
dei mass media e se ne serve per trarne consenso”.
Ha individuato qualche talento in uno o nell’altro
schieramento? - lo provoco “Come no!“- ride Da che parte? - insisto “Difficile da capire: la linea di confine tra le aree avverse si
assottiglia di giorno in giorno”.
La gente se ne accorge, a suo parere?
“Certamente si rende conto che tragico e comico non sono
mai stati tanto vicini...”
Se fosse un ministro in carica, che farebbe?
“Incentiverei le attività amatoriali”.
Un suo hobby al di fuori dell’ambito professionale?
“Ad un certo punto ho deciso: ‘Provo con la vela!’ E mi ci
sono messo d’impegno, cavandomela pure discretamente...
Ma la verità è che io mi diverto sul palcoscenico. Lì, proprio
lì, me la gioco sino in fondo, rischio senza paura. È un
mestiere talmente straordinario, il mio!”
La disturbano le critiche?
“Mah... Potrei elencargliene di fantasiose, alcune per partito
preso. Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Una volta mi
hanno addirittura rimproverato di aver recitato Sofocle in
romanesco!
Una tale assurdità, che quasi non sono riuscito ad arrabbiarmi.
Io ho studiato per anni l’italiano perfetto e in realtà mi sono
accostato solo piuttosto tardi al dialetto, che comunque
considero una lingua viva, per niente sclerotica. Offre
possibilità di sintesi ed incisività nel racconto”.
Chi riesce a farle perdere le staffe?
“Chi mi mette i bastoni tra le ruote. Mi irritano gli atteggiamenti
di chiusura ingiustificati.
Sono per la lealtà, per chi non nasconde ciò che pensa”.
Attualmente di lei cosa pensano?
“Beh, tutto sommato...”
Mi definisca ‘l’attore Gigi Proietti’
“Un cane sciolto. Più sciolto che cane”.
Se dovesse riassumere la sua carriera fino ad oggi in una
sola frase?
“La mia carriera, le direi, è stata ‘da un’altra parte’. Sempre
‘da un’altra parte’.
Cercando di eludere la mediocrità” ◆
Insider
Intervista
Insider
Locali Storici
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stanze posteriori: il salotto, adatto anche a piccoli eventi,
presentazioni di libri e conferenze, e il giardino d’inverno,
uno spazio riparato che assicura tranquillità e discrezione al
momento del pranzo. Dopo un periodo di alterne vicende,
che ha visto il locale sia ospitare grandi personaggi che
perdere un po’ di smalto, la nuova era del Caffè Schenardi
è volta al rinnovamento nella tradizione: l’intento è quello
di riportare in pochissimo tempo i fasti degli anni passati,
quando personaggi famosi italiani e internazionali, da Fellini
a Orson Welles, passando per il Re di Svezia e tanti altri, si
sedevano ai suoi tavolini per godere di una pausa raffinata e di
gusto. Il cambio generazionale alla direzione ha determinato
un piano di lavoro molto ambizioso: aumentare la qualità
dell’offerta gastronomica, che include pasticceria, gelateria,
bar, cucina e catering, grazie a un intenso miglioramento,
I
I
Gran caffè schenardi dal 1818
La storia intorno a un tavolo
niziamo in questo numero una nuova rubrica,
alla scoperta dei locali storici del Lazio,
caffè o ristoranti che hanno accompagnato
il cambiamento delle persone e delle città, seguendo lo
scorrere della storia attraverso i secoli.
Si trova nel Corso centrale di Viterbo, il Gran Caffè Schenardi,
in un palazzo del XV secolo, un edificio che dopo alterne
vicende e passaggi di mano venne trasformato in Albergo
Reale a fine ‘700, ma solo all’inizio del secolo successivo,
nel 1818, viene acquistato da Raffaele Schenardi che
creò, nella suggestiva struttura dell’albergo, il caffè. È una
rivoluzione culturale quella che accompagna il diffondersi
in Italia dei caffè: le consuetudini cambiano portando
conversazioni intellettuali, dibattiti politici ed avvenimenti
nei locali pubblici, rendendoli testimoni della storia che si
di Antonella De Santis
stava facendo in quegli anni. Le idee risorgimentali, la spinta
alla diffusione della cultura e la partecipazione trovarono
nel caffè Schenardi una sede ideale. Tante le testimonianze
dell’epoca che rilevano come il caffè fosse frequentato tanto
da rivoluzionari e anarchici, quanto da guardie pontificie e
guarnigioni francesi, curiosa anomalia di questo indirizzo
elegante, riservato e dai prezzi competitivi che riscontrava
le simpatie di due fronti avversari. Verso la metà del secolo,
nel 1855, il caffè venne rinnovato dalla mano dell’architetto
Virginio Vespignani, che lo trasformò nel locale sobrio ed
elegante che ancora oggi si può ammirare. Entrando, la
fuga delle due navate è superba, un percorso lunghissimo
scandito dalle volte a crociera, dai marmi e dagli stucchi,
dalle colonne, dalle nicchie e dai contrasti oro e bianco che
donano un’incredibile visione d’insieme che porta alle due
puntando alla qualità e all’esclusività di una proposta
rigorosamente artigianale, che tenga conto delle esigenze
differenti nei diversi momenti della giornata e di una clientela
eterogenea per età e gusti. Durante la sera si spengono le
luci per lasciare spazio alle candele, che creano un’atmosfera
suggestiva e magica che, nella stagione calda, si estende fino
alla terrazza, con i tavoli nella bella piazzetta. Ogni dettaglio
è seguito con cura ed attenzione: perfetto per una pausa di
lavoro, con giornali a disposizione e collegamento wi-fi, per
un gelato pomeridiano e per chiacchierare tra amici, come
per una cena intima e di classe ◆
Gran Caffè Schenardi
Corso Italia, 11/13 - Viterbo
tel. +39 0761 345860
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Insider
Locali Storici
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Gioielli
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Ametista,
gemma protettrice,
simbolo di fortuna
e forza...
Poteri e capacità
Le si attribuiscono dei poteri soprannaturali. È un
talismano simbolo di fortuna e forza, protegge
dalla malasorte, dalla nostalgia verso il paese
natale e dalle ubriacature, come indica il nome
stesso (in greco “amuthustein” significa “non
essere ubriaco”).
Secondo la cristallo terapia, l’ametista allontana
gli incubi e rafforza la chiaroveggenza e la
capacità di sognare. Inoltre, è particolarmente
utile per aumentare l’autostima, rafforzare la
volontà, la memoria e l’autocontrollo. Si dice
che abbia capacità di infondere coraggio e
speranza e, portata alla mano sinistra, avrebbe
un benefico effetto tranquillante.
design by Gianluca Castaldi
Leonardo da Vinci scrisse che tale pietra era in grado di
dissipare i cattivi pensieri e di aumentare l’intelligenza.
Quando l’ametista si rompe è perché ha attratto su di sé
qualcosa di terribile che potrebbe accadere al suo possessore
ed è forse per questo motivo che qualcuno gli ha attribuito
l’immeritata nomea di pietra della malasorte.
Provenienza e giacimenti
Fino alla scoperta dei grandi giacimenti brasiliani nel XIX
secolo, l’ametista era rara e perciò molto
costosa. Al giorno d’oggi invece è molto più
a buon mercato e solo le grandi gemme più
pure e dal colore viola più intenso possono
raggiungere alte quotazioni sul mercato.
Essa si trova anche nelle miniere
dell’Uruguay, Bolivia e Argentina, così
come in Zambia, Namibia e altri paesi
africani.
Generalmente l’ametista del Sud America
tende a essere disponibile in misure
maggiori rispetto a quelle africane; ma le
ametiste dell’Africa hanno la reputazione
di avere un colore migliore è più saturo.
Quelle molto scure, soprattutto in misure
minori, si trovano in Australia ◆
Gianluca Castaldi
[email protected]
L’
L’
ametista è la più importante varietà di
quarzo usata in gioielleria.
I suoi colori variano dal lilla chiaro al
viola intenso. I toni pallidi vengono spesso chiamati “Rosa di
Francia” e si vedono tra i gioielli Vittoriani. Quelli più intensi
sono i più pregiati.
Nel Medio Evo si credeva che tale pietra portasse felicità
coniugale e quando nasceva un bambino gli si donava
un’ametista per dare forza al suo Angelo Custode e
proteggerlo.
“il tuo gioiello su misura”
Insider
Old Fashion
20
21
Narrano antiche cronache...
Esther Williams
U
Bikini nell’antica Roma
U
n attimo di calma! Lunga è la strada che
dall’antichità giunge all’estate del non
lontanissimo 1946 quando venne alla
luce il ‘bikini’ vero e proprio, il costume da bagno che fa
felice ogni donna ( e, indirettamente, ogni uomo...) reduce da
qualche mese di dolorose rinunce alimentari e da ore e ore
passate sul tapirulan della palestra sotto casa. Ma fra poco ci
arriveremo...
Il tradizionale costume da bagno, in realtà, nasce intorno alla
metà dell’Ottocento, poiché prima di quel periodo fare il
bagno in mare, nei laghi o nei fiumi non costituiva un diffuso
passatempo e se proprio qualcuno voleva dedicarsi ad
acquatiche e dilettevoli attività preferiva indossare la propria
biancheria intima o... nulla. Poi qualche medico di larghe
vedute iniziò a sostenere che i bagni ricreativi costituivano un
‘tonico per i nervi’, sagge ed imperscrutabili parole con cui
si spaziava disinvoltamente dal ‘mal d’amore’ alla ‘meningite
Bikini d’altri tempi
di Roberto Volterri
tubercolare’. Non rimaneva che l’imbarazzo della scelta!
La cosiddetta ‘cura delle acque’ spinse quindi decine di
migliaia di uomini e donne europee a sguazzare nei laghi, nei
ruscelli e tra le onde del mare, ben dimentichi che fino a poco
prima ritenevano che fare il bagno, immersi completamente
nell’acqua, a lungo andare potesse condurre a ‘morte sicura’.
O quasi...
Si sa, ogni invenzione richiede un certo tempo per venire
accettata dalle masse: così i primissimi costumi da bagno
si ispiravano pedissequamente ai modelli degli abiti usati
ogni giorno. Le gentili dame indossavano, ad esempio,
un costume di flanella, di alpaca o di serge, curiosa stoffa
prodotta fin dal Medioevo nella cittadina francese di Nîmes,
forse adottata dal genovese Cristoforo Colombo per le vele
delle sue caravelle e poi dai cercatori d’oro di “quando c’era
una volta il West”. Oggi la indossiamo un po’ tutti, solo che
la chiamiamo... jeans!
Il costume da bagno era munito di un corpino stretto, di un
collo che impediva quasi di respirare, di maniche talmente
lunghe e goffe che si faticava ad indovinare dove stesse il
gomito e di una gonna che copriva interamente anche il
ginocchio.
Naturalmente l’acquatica vestizione era completata da
pantaloni stretti alla caviglia, calze nere e... scarpe basse,
di tela. Una volta immerse nelle onde del mare, le novelle
‘sirene’ quando ne emergevano (se riuscivano a farlo,
naturalmente!) più che Venere, la dea che sorge dalle onde
dell’Oceano - perciò appellata anche Anadiomene, oppure
Pelagia - sembravano... un informe guardaroba appena
estratto da una vasca da bagno! Nei mari e nei laghi della
Perfida Albione, dell’Inghilterra insomma, e in America si
registrarono non poche vittime per annegamento, poiché
le aspiranti ‘Novella Calligaris’ dell’epoca a volte non
riuscivano a raggiungere la riva, appesantite com’erano da
tutto quell’armamentario di gonne e sottogonne. La necessità
aguzza l’ingegno e così per salvaguardare da maschili sguardi
indiscreti le grazie muliebri si pensò di inventare la ‘Macchina
da bagno’, costituita da una cabina in cui la damigella poteva
spogliarsi e poi rivestirsi da aspirante ‘sirenetta’. Tramite due
ruote, questa curiosa ‘cabina mobile’ veniva trasportata in
acqua, a pochi metri dalla riva, dove la gentile signora poteva
scendere tra i flutti tramite un’apposita rampa. Ovviamente
una compiacente tenda - poeticamente chiamata ‘cappuccio
del pudore’ - nascondeva l’improvvisata ‘Venere’ dai
lussuriosi sguardi di qualche gentiluomo...capitato lì per
caso. Nei primissimi anni del Novecento, l’evoluzione che
accompagna da sempre la moda, rese popolare un costume
da bagno meno impegnativo, costituito da un unico pezzo,
aderente al corpo, munito di lunghe maniche ‘salvapudore’
e anche da un’inutile gonnellino. Poi venne il danese Carl
Jantzen...
Jantzen, nato ad Aarhus, in Danimarca, nel 1883 era emigrato in
America e nel 1913 era divenuto socio di un’industria di maglieria
operante nell’Oregon, la Portland Knitting Mills, azienda che
produceva maglioni, calzerotti, berretti e guanti di lana.
Portato alla sperimentazione, Jantzen si era dedicato a lungo
a ‘giocare’ con una macchina della ditta al fine di produrre
un maglione stretto e leggero, particolarmente elastico.
Finché ci riuscì sul serio, tramite un ‘punto’ che generava un
interessante tessuto elasticizzato a coste. Si era a due passi
dal costume da bagno vero e proprio, ma Jantzen ancora non
lo sapeva...
Il Fato intervenne facendogli conoscere un membro della
Squadra di Canottaggio di Portland alla ricerca di una tenuta
atletica con maggiori ‘prestazioni’. Il tessuto inventato da
Jantzen era proprio quel che ci voleva e in un attimo la
Portland Knitting Mills diversificò la produzione adottando
anche lo slogan “ Il costume che trasforma il bagno in nuoto!”.
Ma fare il bagno per diporto era ancora un po’ scomodo...
Togli un po’ di stoffa qua, togli un po’ di stoffa là, il costume
da bagno divenne sempre più leggero e di ridotte dimensioni:
dai modelli con un’ampia scollatura sulla schiena e con
spalline particolarmente strette, le dame degli anni Trenta
passarono disinvoltamente al ‘due pezzi’ costituito da un
corpetto ‘prendisole’ e da castigati calzoncini. Poi venne purtroppo! - l’Era nucleare...
Il primo giorno di luglio del 1946 gli Usa iniziarono una
serie di esperimenti nucleari - diciamo così... - ‘pacifici’
facendo esplodere una bomba atomica sulle isole Marshall,
nell’Oceano Pacifico (quando ci si mette pure l’ironia!). Era
l’atollo di ‘Bikini’ che dopo tale esperimento... scomparve
quasi del tutto!
Intanto a Parigi lo stilista Louis Réard era intenzionato a
presentare dei costumi da bagno ‘audaci’, ridottissimi e
sempre a ‘due pezzi’. Ma ancora non era riuscito a trovare
un nome per questa sua innovativa invenzione...
Sui giornali, in quei giorni, non si parlava d’altro che dello
scoppio della ‘pacifica’ bomba atomica a Bikini: era nato il
tanto agognato nome con cui battezzare l’esplosivo modello
ideato da Réard! Quattro giorni dopo lo scoppio di quella
bomba atomica, la top model Micheline Bernardi sfilò su
una passerella della Ville Lumière indossando il primo ‘bikini’
della storia, provocando più commenti, discussioni e critiche
della bomba stessa! ◆
Marilyn Monroe
Insider
Old Fashion
22
il buon
costume
di Luisa Espanet
I
ncredibilmente, forse per la prima volta nella
storia della moda estate, non si parla del grande
ritorno dell’intero. Inteso come costume, of
course. Ogni anno, infatti, puntualmente in primavera si alza
un coro che inneggia alla fine del due pezzi e dichiara unico,
incontrastato protagonista il costume intero. Le vetrine lo
mettono in pole position con solo qualche flash del denigrato
bikini. E poi, altrettanto puntualmente, spiagge e barche sono
invase da signore, signorine, ragazze in due pezzi e solo
qualche outsider, nemmeno troppo convinta, in intero.
Spiegarsi perché succeda non è difficile. L’intero è più
suscettibile di tagli e dettagli particolari. L’antagonista,
con la sua esigua quantità di tessuto a disposizione, non
può assolutamente essere una palestra di stile e finisce
per diventare una macchia di colore, un accessorio per
evidenziare la bellezza di un corpo. E allora i creativi si
rifanno su copricostume e pareo, a contrasto o coordinati,
da usare in spiaggia ma anche per l’aperitivo chic o il party
privato. Questo non significa che il costume intero sia sparito.
È stato sulle passerelle ed è nei negozi.
Si è visto a pois con gonnellino anni Cinquanta da Etro,
sotto minitrench e con calzare alla caviglia. Da Blugirl con
schiena nudissima e stampa “I love you” rossa su fondo
bianco, coordinato alla borsa. Da Tommy Hilfiger è a righe
verticali e taglio olimpionico, sotto la giacca bianca. Missoni
li ha proposti in maglia leggerissima con varie geometrie e
colori da indossare, fuori dall’area mare, con gonne pareo
o lunghe camicie oversize effetto rete. Per Just Cavalli è
molto sgambato e, per non smentirsi, inondato di paillettes.
Sempre attuale il falso intero in cui i due pezzi, reggiseno
e slip, spesso microscopici, sono uniti da un elemento. Li
ha fatti sfilare Frankie Morello. In Lycra blu elettrico o giallo
acceso e a tenere unite le due coppe un ferro di cavallo, fil
rouge di una collezione ispirata al mondo dell’equitazione.
Ha una stretta fascia sulla pancia il falso intero Yamamay con
stampe ispirate al Messico e profili rossi, e per ribadire la sua
strettissima parentela con il bikini ha due fiocchetti laterali
sullo slip.
Fisico
I
Frankie Morello
Insider
Fashion
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25
Etro
Blugirl
Insider
Fashion
Marina Yachting
Yamamay
Lo slip a triangolo con fiocchetto laterale regolabile è un
evergreen. Ice Iceberg lo realizza con stampe animalier,
ma sugli imprevedibili toni del turchese e del verde mela.
Ha i fiocchetti il tridimensionale
(per via dei fiori in materiale plastico
applicati sul reggiseno) modello di
Miss Bikini, disegnato dalle stiliste
Alessandra e Francesca Piacentini
in collaborazione con Lola Ponce,
che è anche la testimonial della
campagna pubblicitaria. Sono quattro
minitriangoli tenuti insiemi da piccoli
lacci i bikini in cotone millerighe di
Falconieri. È giocata sull’elasticità e la
possibilità di variare la vestibilità con
lacci da annodare, la collezione di
bikini di Fisico disegnata da Cristina
Ferrari, guru del beachwear.
Se il nero si riconferma un evergreen per l’intero, il bianco
e nero optical lo segue a distanza ravvicinata. Ecco il
bikini sempre di Wolford a disegni geometrici, quello
ispirazione afro di Yamamay, gli
interi e i bikini a righe bianche
e nere di Marina Yachting, che
bianche e nere a righe realizza
anche le espadrillas. Le righe
sono in primo piano per i boxer
e i pantaloncini di lui. Trionfo
del PVC e della plastica negli
accessori, dagli infradito con
suola da sneakers e le ballerine
bicolori di Pirelli, alle ballerine
di Melissa disegnate da Zaha
Hadid al sandalo con zeppa di
Colors California fino alle borse
trasparenti di Prada ◆
Lola Ponce per Miss Bikini
Insider
Marini, Andersson Hed, Chimenti, Oliosi
Andrea Pavan
Edoardo Molinari
BMW ITALIAN OPEN:
IL GOLF ITALIANO
VOLA SEMPRE PIù IN ALTO
Il pubblico
Il Royal Park I Roveri ha ospitato anche quest’anno l’Open di golf
Un evento che, ancora una volta, ha superato le aspettative
e che quest’anno ha segnato definitivamente l’esplosione di questo sport
nel panorama sportivo italiano
C
di Francesco Mantica
C
ome una pallina che, lanciata verso la
diciottesima buca, arriva finalmente vicina
all’obiettivo, anche il movimento del golf
italiano, guidato dagli ormai famosi fratelli Molinari e dal
giovanissimo ragazzo prodigio Matteo Manassero, ha ormai
raggiunto livelli tecnici e di notorietà unici nella storia di
questo sport. Ultimo esempio è stato il BMW italian Open, la
rassegna italiana che ogni anno viene ospitata dal percorso
del Royal Park I Roveri a Fiano Torinese. Il successo della
manifestazione, aiutato dai molti talenti in gara e dalla
magnifica cornice del Royal Park, è stato la riprova del fatto
che ormai il golf, in Italia, non è più uno sport d’elite, ma uno
sport per tutti.
E dire che non era cominciata nemmeno benissimo, visto
che una delle protagoniste principali della gara è stata la
pioggia. Pioggia che ha reso difficili le riprese, pesante il
terreno di gioco e limitato la visibilità agli spettatori. E che,
per di più, non ha permesso lo svolgimento della Intermedia
Finance Pro-Am, gara che sul percorso del Royal Park I
Roveri a Fiano Torinese doveva aprire la settimana di grande
golf imperniata sull’Open. È stato così impossibile vedere
all’opera in anteprima alcuni dei protagonisti della 67ª
edizione della massima manifestazione di golf, che si è svolta
dal 6 maggio fino a domenica 9 maggio. Poco male, perché
nonostante questo l’affluenza del pubblico è stata notevole e
lo spettacolo non ha tradito le attese.
Matteo Manassero
Ad aggiudicarsi la vittoria è stato lo svedese Fredrik
Andersson. Il 38enne di Halmstad ha ottenuto, nella 67ª
edizione della massima manifestazione italiana di golf, il suo
primo titolo nell’European Tour con lo score di 272 colpi
(70, 66, 63, 73,) dopo una gara di contenimento (parziale di
73 con un birdie e due bogey) che gli è stata permessa dal
notevole vantaggio accumulato al termine del terzo turno.
Ha provato a insidiarlo David Horsey (274 - 68, 71, 67, 68),
che lo aveva raggiunto alla 13ª buca, ma l’inglese si è dovuto
accontentare del secondo posto, dopo due errori. Al terzo,
con 276, lo svedese Peter Gustafsson, l’inglese Chris Wood
e il belga Nicolas Colsaerts; al sesto, con 277, lo spagnolo
Ignacio Garrido; al settimo, con 278, il sudafricano Hennie
Otto, l’inglese Graeme Storm e il gallese Stephen Dodd.
Per gli italiani in gara non è andata affatto male. Il pubblico
ha potuto assistere con emozione alle prodezze del
dilettante romano Andrea Pavan e di Edoardo Molinari,
mentre Matteo Manassero ha debuttato con una gara di
spessore notevole tra i professionisti. Molinari ha concluso
al 13° posto con 280 colpi (72, 71, 69, 68) dopo un rabbioso
tentativo di rimonta seguito a due giri iniziali piuttosto in
grigio. Nel 68 conclusivo ha messo insieme sei birdie e due
bogey. Pavan (282 - 76, 68, 73, 65) ha fatto un gran salto dal
58° al 22° posto grazie a un 65, miglior score di giornata,
ottenuto con sette birdie di cui cinque nell’arco di sei buche.
Il 21enne romano, che studia all’Università Texas A&M farà
il salto tra i professionisti a fine anno. Manassero invece
ha terminato 29° con 283 colpi (70, 70, 72, 71). Nel 71 di
chiusura molta regolarità con due birdie e un bogey. “Ho
tratto sensazioni positive - ha dichiarato - dal mio debutto al
professionismo. Sono rimasto contento del mio gioco, che è
stato regolare in tutti e quattro i giri. Solo un po’ di amarezza
per qualche incomprensione con il putter. Io sono ottimista
e pertanto non penso di avere problemi di putting, perché
ad esempio nei primi due turni sul green le cose sono andate
ottimamente”.
L’evento, organizzato per l’ottavo anno consecutivo in
partnership tra la Federazione Italiana Golf e l’European Tour,
ha avuto un bel successo di pubblico, malgrado le condizioni
meteo poco propizie. Il BMW Italian Open infatti è stato
seguito complessivamente da 21.000 spettatori: tremila nella
prima giornata di gara e seimila nelle altre tre. Migliaia di
persone che hanno tifato, applaudito, partecipato a un
evento che ha messo ancora una volta il golf sotto i riflettori,
segnandone la definitiva esplosione come fenomeno del
panorama sportivo italiano ◆
È
SPETTACOLO NELLA REGATA
DEI TRE GOLFI
di Alessandro Mei
©
Kuhne & Kuhne Ass.ti
©
Kuhne & Kuhne Ass.ti
È
un appuntamento classico della vela d’altura
quello che parte a Napoli dalla sede del
Circolo del Remo e Vela Italia per fare tappa
nel Golfo di Gaeta e in quello di Salerno e poi far rientro in
quello di Napoli. La Settimana dei Tre Golfi, questo il nome
della regata velica valida anche per l’assegnazione del titolo
italiano offshore introdotto quest’anno dalla Federazione
Italiana Vela, ha visto la partecipazione di sessanta equipaggi
che si sono sfidati in avvincenti regate su un campo di regata
solitamente baciato dal vento. Alle regate fra le boe di Ischia,
disputate dal 21 al 23 maggio, si è aggiunta la classica “Tre
Golfi - Coppa Senatore Andrea Matarazzo” e quella della
storica regata lunga su un percorso di 124 miglia che vede
la flotta dei partecipanti impegnati su un percorso NapoliVentotene-Li Galli e ritorno a Napoli. Nella combinata trofeo
Marina Yachting la vittoria in classe 1 è andata a Saphira,
l’imbarcazione di Raffaele Archivolti con al timone l’atleta
delle Fiamme Gialle, Paolo Cian. L’Irascibile, un’imbarcazione
del circolo napoletano con a bordo otto soci del club e al
timone Giampiero Martuscelli ha tagliato prima il traguardo
fra le imbarcazioni di classe 2, mentre Wolverine, di Giacomo
dell’Aria, ha sbaragliato gli avversari in classe 3. Sempre per
la combinata, la classifica con sistema di compensi IRC ha
Premiazione di Saphira - ©Foto Francesco Rastrelli
visto vittoriose nella classe 1-2 l’equipaggio Stelle Olimpiche,
un team in rosa che vede protagoniste le campionesse
olimpiche di vela fra cui Larissa Nevierov, del Gruppo
Sportivo Aeronautica Militare. In classe 3 a dominare è stato
invece Vlag di Salvatore Casolaro, timonata dal finanziere
Roberto Cosentino. La regata lunga ha visto grande mattatore
Wolverine che in tempo compensato si è aggiudicata sia la
Coppa Senatore Andrea Matarazzo, sia il trofeo Vela d’Oro,
destinata al primo classificato Overall in Orc: ma non è
finita qui. Perché l’armatore Giacomo Dell’Aria si è portato
a casa anche la Coppa Mariano Venerusio, assegnata al
primo overall della classifica Irc. Se il team catanese ha
fatto mambassa di premi, a tagliare per prima il traguardo in
tempo reale è stata Saphira di Archivolti che si è portata a
casa la Coppa Gustavo d’Andrea ◆
Saphira
VELA D’ALTURA
Partenza - ©Foto Francesco Rastrelli
31
Dinghy,
piccola grande vela
La storica deriva
di appena 12 piedi protagonista
a fine giugno a Bracciano
nel campionato italiano
di Alessandro Mei
100 imbarcazioni in vetroresina e in legno. La diffusione
della fibra di vetro nel mondo della nautica, infatti, non è
riuscita a cancellare le origini di questa divertente deriva
che, ancora oggi, viene realizzata presso alcuni cantieri
con le tecniche e i materiali utilizzati quasi cent’anni fa.
L’arrivo della vetroresina ha portato ad una rapida diffusione
di quest’imbarcazione che però non ha voluto dimenticare
le sue origini, tanto che l’associazione Dinghy 12 piedi
prevede in ogni manifestazione una classifica a parte per
le imbarcazioni “classiche”. All’appuntamento velico di fine
giugno sono attesi i migliori equipaggi italiani della categoria,
ma non è escluso che possano essere presenti anche atleti
stranieri intenzionati a venire a provare il campo di regata
del lago in vista della World Cup – III Trofeo Cockshott in
programma sempre a Bracciano dal 15 al 18 luglio ◆
Dinghy - ph Pier Giovanni Carta/Papernew.com
Federazione Italiana Vela - IV Zona - Lazio
Via Vitorchiano 113 - 00189 Roma - tel. +39 0633220441
www.fivlazio.com
ph Pier Giovanni Carta - Papernew.com
C
C
hi l’avrebbe mai detto che dalle regate
goliardiche nei porti che a inizi del XX
secolo vedevano protagonisti i tender dei
panfili o le barche dei piloti potesse nascere una deriva a
vela ancora oggi apprezzata e “coccolata” da appassionati
velisti di tutto il mondo. Era il 1913 quando l’inglese George
Cockshott disegnò il Dinghy 12 piedi, aggiudicandosi il
concorso indetto dall’allora Federazione internazionale
della Vela con l’intento di unificare i vari tipi di tender con
cui, appunto, gli armatori dei grandi yacht si sfidavano in
appassionanti competizioni nei porti e nelle rade del nord
Europa. Realizzato in fasciame sovrapposto, con in pozzetto
due banchi per la voga, una poppa a specchio e un albero
con la vela al terzo, questo barchino di appena 12 piedi
(poco più di 3,60 metri di lunghezza) è presto diventato un
punto di riferimento per appassionati velisti: economico,
maneggevole, tecnico a vela e pratico anche per il diporto
nautico. La sua forma particolare non consente di planare
sull’onda. Il suo utilizzo alle Olimpiadi del 1928 - e prima
ancora nel 1920 - come barca in singolo ne rappresenta il
trampolino di lancio in Italia dove nel 1931 si svolge il primo
campionato nazionale. Una manifestazione che dal 24 al
27 giugno prossimo toccherà le acque del lago di Bracciano
per la sua 73ª edizione alla quale è attesa una flotta di circa
Insider
Vela
33
L’isoletta che in noi
gran meraviglia destò...
Insider
Turismo
Cala Tramontana
di Roberto Volterri
S
S
Cala Rossa Favignana
ì, cari lettori di INSIDER magazine, ci troviamo
proprio a Favignana, la più grande del gruppo
delle isole Egadi, l’Aegusa degli antichi Greci,
nello splendido mare di Sicilia, a soli 17 km ad ovest di
Trapani. Qui, in tempi ormai dispersi nelle nebbie del tempo
- oppure frutto della fantasia del ‘cieco cantore’, l’Omero
che tanto ci ha fatto (piacevolmente) ‘penare sui banchi della
scuola - giunse anche l’astuto Ulisse con i suoi compagni.
E proprio da Favignana iniziamo con voi una rapidissima
escursione, non tralasciando di certo le altre due splendide
isole, Levanzo e Marittimo, che a Favignana fanno da cornice
insieme agli isolotti di Formica e Maraone.
Sorta la figlia del mattino appena,
l’isoletta, che in noi gran maraviglia
destò, passeggiavamo. Allor le ninfe,
prole cortese dell’egïoco giove,
per fornir di convito i miei compagni,
quelle capre levaro.
Salpiamo le ancore e partiamo...
Lasciamo tutto ciò e avviamoci a tempi a noi un po’ più
vicini...
Nella prima metà del XVII secolo Favignana fu proprietà del
barone genovese Camillo Pallavicini, il quale si impegnò
a fondo per dare il meritato sviluppo alle attività agricole
dell’isola, in un travagliato periodo in cui erano frequentissime
le incursioni dei pirati provenienti dalla non lontana Algeria,
pirati che costrinsero le popolazioni locali a rifugiarsi nelle
grotte. Intorno al 1640 sorse l’attuale centro abitato di
Favignana, ma un regolare assetto urbanistico si ebbe circa
trent’anni più tardi con la saggia politica imprenditoriale di
Ignazio Florio che fornì notevole impulso alle attività legate
alle tonnare di cui l’isola abbondava.
Se avete intenzione di fare un salto alle splendide Egadi,
suggerirei però di sfruttare al massimo l’efficiente rete
di collegamento tra le varie isole, in modo da ammirare
- insieme alle ‘tracce antropiche’ fin qui descritte - anche
ciò che vi riserva Levanzo, la più piccola dell’affascinante,
piccolo arcipelago.
Facciamo, solo per un attimo, finta di non sapere che il nome
di Favignana derivi dal caldo vento di ponente, il Favonius
come lo chiamavano gli abitanti all’ombra del Colosseo,
oppure da un quasi sconosciuto gigante Favonio. Poco
importa, dopotutto!
Prendiamo però nota che tra le cristalline acque dell’isola
echeggiano ancora, in profondità, il clamore, le grida, i
segreti della terribile ‘battaglia delle Egadi’, combattuta tra
Romani e Cartaginesi, nel 241 a.C., in località Cala Rossa.
Lasciamo nei labirinti della nostra memoria gli ‘omerici’
Lestrigoni, più avvezzi a ‘zappar l’aspra terra’ dell’isola che
a navigare per i suoi mari come invece facevano i Feaci,
evanescenti tracce dei quali è ancora possibile rinvenire nella
località denominata San Nicola insieme a testimonianze
della presenza fenicia e dei resti di una sorta di piscina di
epoca romana scavata nella roccia calcarea. Piscina, oggi
denominata ‘bagno delle donne’, che riceveva l’acqua dal
mare tramite un condotto sotterraneo.
(Omero, Odissea, IX, 191-196)
Faro di Capo Grosso
Salpiamo di nuovo le ancore...
Levanzo, l’antica Phornantia, la saracena Gazirat-al-ya-bisah
(ovvero, l’arida) adornata da rocce scoscese, è l’ideale meta di
chi desideri tranquillità e silenzio, uniti però alla possibilità di
esplorare i suoi fondali, ricchi di testimonianze archeologiche,
come la splendida ‘grotta del Genovese’, antichissimo
santuario di epoca paleolitica e anche neolitica, adornato di
simboli che forse testimoniano una ritualità magica legata alle
antichissime attività di pesca o di caccia dell’isola.
L’isola ha un unico, minuscolo centro abitato, Levanzo,
ovvero qualche decina di case, collegate da una strada, e
dalla splendida Spiaggia del Faraglione. Niente di più, ma
forse è proprio questo che la rende ancor più suggestiva, con
un territorio quasi disabitato e restituito a Madre Natura a
seguito dell’abbandono delle già esigue attività agricole.
Se il... ‘vento è favorevole’ - o, meglio, se avete ancora il
desiderio e le energie per completare le splendide escursioni
che vi possono riservare le Egadi - recatevi ora a Marettimo,
l’isola più distante dalla Sicilia.
Marettimo appare dominata dai 686 metri del Monte
Falcone e dalle impervie coste caratterizzate da falesie che
sorgono verticalmente dalle acque. Un pittoresco villaggio di
pescatori, il castello normanno di Punta Troia e il faro presso
Punta Libeccio non possono di certo mancare nel vostro
‘diario di viaggio’. Così come gli irriducibili subacquei - e
chi scrive ne fa parte... - non possono certamente evitare di
esplorare i fondali ricchissimi di una fauna ittica che nulla
ha da invidiare a quelli del Mar Rosso e della ben più nota
Sharm-el Sheik! Flora e fauna terrestre non mancheranno di
farvi compagnia anche qui, mentre al tramonto tornerete con
la mente a Favignana e agli omerici versi con cui concluderei
insieme a voi questo nostro ideale viaggio... ◆
Marettimo asinelli
Il sole ascoso, ed apparse le tenebre,
le membra sul marin lido
a riposar gettammo
Insider
Vela
34
ALTURA:
TARGA FLORIO DEL MARE
a vela intorno alla sicilia
di Nicoletta Borsei
L
L
a Targa Florio del Mare 3a edizione, organizzata
dallo Yacht Club di Favignana, consiste nella
circumnavigazione in senso orario della Sicilia
con partenza e arrivo all’isola di Favignana. Sulle orme
della storica gara automobilistica omonima, il percorso
di 430 miglia circa, prevede quattro pit-stop di 30 minuti
l’uno nelle località di Cefalù, Giardini Naxos, Marzamemi
e Sciacca. Questa edizione, svoltasi dall’11 al 16 maggio,
è stata sicuramente la più impegnativa delle tre fino a ora
svolte. Nella prima parte della regata, i venti meridionali con
un intensità variabile tra i 15 e i 20 nodi (lo stretto di Messina
è stato attraversato con 25 nodi) hanno consentito agli
equipaggi più esperti di arrivare speditamente a Marzamemi,
ma superato Capo Passero, le imbarcazioni fin lì giunte si
sono “raggruppate” durante un’intera notte di bonaccia,
annullando ogni vantaggio conseguito.
Gli yacht che si erano spinti al largo sono stati favoriti da un
Est di 10 nodi; dopo di loro, sono ripartiti quelli che si erano
mantenuti sotto costa. Passato il pit-stop di Sciacca, il vento
è aumento girando verso sud fino a definirsi, all’altezza di
Mazara del Vallo, in un Ponente di 30 nodi, con punte di 40
nodi in vista di Favignana. Hanno raggiunto il traguardo solo
quattro delle dieci imbarcazioni iscritte, secondo il seguente
ordine in tempo compensato: primo Nigno, il Dufour 34 di
Peppe Fornich, secondo Aida, il GS 40 Race di Giovanni
Calandrino, terzo Oxidiana, l’X-442 di Ignazio Cosumano,
(detentore del trofeo lo scorso anno), quarto l’Este 40 di
Matteo Miceli, che ha mancato, causa diverse rotture sofferte,
il primo posto cui aveva puntato.
Ai primi tre vincitori, oltre alla Targa (riproducente l’antica
targa della gara nautica “la Perla del Mediterraneo” risalente
al 1906), sono stati assegnati premi in denaro rispettivamente
di 5.000, 3.000 e 2.000 euro. A latere, nelle quattro località
interessate dai pit-stop, si è svolto il concorso riservato agli
alunni delle scuole elementari “voglio fare il giro del mondo in
barca a vela”, che quest’anno ha coinvolto circa 500 bambini.
La premiazione della regata è avvenuta nel corso della
serata di gala svoltasi nell’opificio Florio - la storica tonnara
commissionata da Ignazio Florio nel 1874 - il cui progetto
di recupero prevede attività congressuali e nautiche. Il
Presidente dello Yacht Club Favignana, Chiara Zarlocco, con
la Targa Florio del Mare, unitamente al Trofeo Challenge
Ignazio Florio, la cui 5° edizione si svolgerà dal 15 al 18
settembre nello specchio d’acqua delle Egadi, si ripropone di
trasformare l’isola di Favignana nella culla della vela d’altura
mediterranea ◆
Info: www.ycf.it
Lazio Roma
Fregene
S
S
IL CARRO A VELA
A 150 all’ora sulla spiaggia sospinti da Eolo
i guida come un kart, quindi con il classico
volante, ma la sua forza motrice non è fatta
di pistoni e benzina ma sfreccia solo grazie ai
voleri del dio Eolo. È il “carro a vela” (o “sailer land”, “char a
voile” o ancora “triciclo a vela”, “kart a vela”).
Praticare il kart a vela significa prendersi il rischio di esporsi a
due effetti di estrema intensità: l’effetto seduttivo di ambienti
eccezionali e di paesaggi da mozzare il fiato; l’effetto choc,
la pura adrenalina di quando si scivola di fronte al mare sulla
sabbia delle spiagge o magari su laghi salati.
COME è FATTO E COME SI GUIDA
Il kart a vela si compone generalmente di un telaio, uno scafo
per lo più in vetroresina, fissato su tre ruote e di una vela. Si
pilota in modo inconsueto: la solita cima per la vela, ma il
carrello anteriore non si comanda con i piedi bensì con un
manubrio. È facile e sicuro: cintura di sicurezza e struttura
avvolgente.
UN PARADISO IN FRANCIA,
MENTRE IN ITALIA...
In Italia questo singolare mezzo non è ancora molto diffuso,
anche perché servono particolari condizioni meteo e spiagge
lunghe e deserte per poterlo praticare. La Riviera Adriatica
è il posto più battuto dagli appassionati che quest’anno vi
hanno organizzato, a febbraio, il raduno nazionale.
Molto diffuso è nel nord della Francia e in Belgio, dove questi
scenari non mancano davvero. E fra le varie località ce n’è
una molto suggestiva: la Costa d’Opale (nell’estremo nord est
della Francia, affacciata sulla Manica).
di Fabrizio Lodi
È un paradiso degli appassionati dei “char a voile”, che possono
volare sulla sabbia fino a oltre i 150 km all’ora. Le notevoli
escursioni di marea creano infatti bagnasciuga compatti e
levigati come autostrade. La Costa d’Opale è così chiamata
per i cambiamenti di colore che si osservano attraversando
la regione, che ricordano la pietra australiana, che cambia
colore secondo l’incidenza della luce su di essa.
UN PO’ DI STORIA
L’origine di questo mezzo si fa risalire al veliero di Simon
Stevin di Bruges. Il suo carro a due alberi percorse in due ore
i 65 chilometri che separano Scheveningen da Petten con 28
persone a bordo. Per la data di nascita ufficiale del carro a
vela moderno dobbiamo attendere più di due secoli, con gli
esperimenti dei fratelli Dumont in Belgio nel 1898.
Il legame con l’aeronautica emerge con vigore e i nomi di
molti pionieri dell’aviazione figurano anche tra i pionieri del
carro a vela. Willy Coppens, asso dell’aviazione belga nella
Prima Guerra Mondiale, Louis Bleriot con i suoi Aéroplage
ed Henri Demoury, il primo che si avvicina scientificamente
alla progettazione del carro a vela.
I carri diventano così più leggeri, maneggevoli, stabili e
corrono sempre più velocemente su ruote d’automobile che
hanno sostituito quelle più rudimentali ◆
Info
Non esiste una federazione italiana, interessante però, fra
gli altri, questo sito per poter capire qualche cosa di più di
questo sport: www.ruotenelvento.it
Per vedere come è fatto un carro a ruote ed eventualmente
comprarne uno... www.vaicolvento.dw02.com
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C.I. Casale San Nicola
Società Sportiva Dilettantistica a R.L.
Cavalli e nuovi cavalieri
A due passi dalla città, tra pioppi e pini secolari, si estende
un’antica tenuta di campagna dove oggi è possibile trascorrere giornate di relax, tra riposo e attività sportiva.
Casale San Nicola è un circolo ippico pensato per chi
ama rilassarsi con lunghe passeggiate a cavallo e per chi
si dedica all’attività agonistica. La struttura, infatti, pur
mantenendo intatto il fascino antico del casale di campagna, oggi finemente ristrutturato e trasformato in un
club all’inglese e senza alterare l’incanto del paesaggio
circostante, ospita nei suoi 11 ettari moderne strutture e
attrezzature innovative per la pratica ippica amatoriale e
agonistica di grandi e piccini, con la costante presenza di
istruttori qualificati; senza dimenticare palestra e piscina
riservata ai soci e un nuovissimo ristorante dove fermarsi
per uno spuntino veloce o gustare una cena raffinata, in
un’atmosfera esclusiva e rilassante.
Antonio Alfonso e Challenge Z, uno dei tre binomi vincitori della Potenza a Piazza di Siena 2010
Tribune vuote? Ci pensa la Potenza,
la più amata dai romani
P
P
di Enrico Tonali
Via del Casale di San Nicola, 232 - 00123 Roma t Tel. 06 30892884 - Tel. e Fax 06 30892990
www.casalesannicola.com - [email protected]
untuale anche quest’anno a far lievitare
le vendite dei biglietti a Piazza di Siena
è stata la Potenza, l’elevazione, il salto
in alto dei cavalli, che ha cancellato il desolante spettacolo
di una Coppa delle Nazioni - il giorno prima, complice la
pioggia - per pochi intimi.
Per altro a vincere la potenza sono stati tre cavalieri (Gaudiano,
Alfonso e Mantella, con 2,10) degli otto, tutti italiani, in gara,
accompagnati dagli applausi di 7 mila spettatori. “È una
competizione che piace, intriga il pubblico e nella Capitale
è molto seguita, tant’è che l’abbiamo proposta con successo
anche a RomaCavalli e le selezioni per Piazza di Siena,
vinte da Alfonso e Mantella, si sono tenute all’Associazione
Kappa nel Concorso di Fiumicino, l’unica altra competizione
internazionale del Lazio” spiega Stefano Bellantuono, patron
del circolo sul litorale, oltre ad essere stato chef de piste di
RomaCavalli (25 mila visitatori in tre giorni).
Nel 2002, dopo il successo - con record a 2,32 - del baio
romano Carino (proprietà Paolo Vanni, il compianto titolare
del noto bar capitolino) con in sella Cristin Pitzianti, gli
organizzatori ebbero un’eccellente idea: fecero rimontare
il “muro” della potenza alle spalle delle tribune ed il
pubblico fece la fila per farsi fotografare sotto al grande
ostacolo.
Insider
Sport
Carosello Lancieri di Montebello - Piazza di Siena
“È una gara che assolutamente non mette in pericolo il cavallo”
assicura Marco Sassara, selezionatore della rappresentativa
giovanile del Comitato Lazio Equitazione e nel 2009 saltò a
Piazza di Siena 2.05 con Lareina Z. C’è da chiedersi infatti
se sia più stressante e più meccanicamente impegnativo per
l’atleta a quattro gambe fare i due salti (prima del muro va
superata un barriera più bassa) della potenza o i sedici da
1,60 oltre a mezzo km di percorso, il tutto in 82 secondi, del
Gran Premio Roma.
Il giustamente super-osannato Federico Caprilli con i suoi
cavalli disputava (Giochi Olimpici compresi) il salto in lungo
e in alto, e i tedeschi - popolo che qualche competenza
equestre ce l’ha - durante la ritirata dall’Italia nella Seconda
Guerra Mondiale si portarono via il più noto cavallo di quei
tempi, Osoppo, che tra l’altro conoscevano bene perché
aveva partecipato alle Olimpiadi di Berlino 1936. L’imponente
soggetto - era alto 1,79 al garrese - nato in Irlanda nel 1923,
compì, a Piazza di Siena, un’impresa che venne registrata
dalla Federazione Internazionale. Il 27 ottobre 1938, sotto
la sella del capitano Antonio Gutierrez, saltò - durante i
Campionati Italiani - uno steccato di 2,44, stabilendo il record
mondiale. Come poi faranno a Piazza di Siena nel 2002,
Mussolini si fece ricostruire lo steccato nel cortile d’onore di
Palazzo Venezia dove si complimentò con l’ufficiale ed il suo
atletico compagno di potenza ◆
Osoppo (in sella Antonio Gutierrez) salta a Piazza di Siena nel 1938 m 2,44
Paolo Vanni
bacia un suo cavallo (Carino)
43
Piazza di Siena,
è mancata l’Italia
non il fascino
I
I
di Enrico Tonali
Mc Lain Ward su Sapphire - ph Stefano Grasso
l successo è una lunga pazienza e la Piazza
di Siena dei cavalli ne ha accumulata un
bel po’ in 78 anni di vita, passando persino
attraverso due Guerre Mondiali. Ora raccoglie applausi e
congratulazioni, magari con qualche piega amara come
quella del team azzurro che anche quest’anno è uscito
dall’ultracentenario ovale di Villa Borghese (risale al 1792)
quasi senza soddisfazioni.
Settimo nella Coppa delle Nazioni (del cui giro internazionale
l’Italia del salto ostacoli non fa parte, a Roma ha partecipato
perché Nazione ospitante) e nel Gran Premio Roma il primo
dei cavalieri del Bel Paese è stato Natale Chiaudani al nono
posto. Su undici Premi in programma i binomi italiani ne
hanno vinti due, l’Alitalia con Gianni Govoni e la Potenza
con il terzetto Gaudiano-Alfonso-Mantella. Degli stranieri i
più convincenti sono stati, al di là dei successi, la squadra
di Francia - che in un mese ha centrato due Coppe delle
Nazioni (in casa a La Baule e Roma) con otto cavalli diversi
- e lo statunitense McLain Ward, primo (oltre che nel Gran
Premio Roma) anche in altre due competizioni avendo sotto
la sella tre differenti “compagni”.
Premiazione Meydan Fei Coppa delle Nazioni
78° Csio Piazza di Siena - a destra On. Renato Schifani
McLain Ward e il sindaco di Roma Gianni Alemanno
Ph. Bruno De Lorenzo
Insider
45
Chiaudani su Seldana - Ph. Bruno De Lorenzo
Garcia su Hamilton - ph. Bruno De Lorenzo
Rispetto però alle edizioni 2008 e 2009 si è respirato dietro
le quinte aria meno surriscaldata dalle polemiche, quasi
nessuno ha approfittato delle sconfitte - comunque non
lievi - delle giacche tricolori per gettar via il bambino con
l’acqua sporca. Il c.t. azzurro Markus Fuchs sa il fatto suo
- ci mancherebbe altro, è vicecampione olimpico a Sydney
2000 e l’unico svizzero ad aver vinto, con Cosima nel 2001,
il Gran Premio Roma – e alla distanza la fiducia accordatagli
dal presidente Andrea Paulgross della Federazione Italiana
Sport Equestri dovrebbe portare frutti.
Il cruccio di Piazza di Siena rimangono gli spettatori che, al
di là dei numeri positivi degli organizzatori e della massiccia
presenza del “vip-set”, hanno lasciato diverse chiazze
bianche nelle tribune, il cui futuro riempimento a forza di
scolaresche lascia dubbi di realizzazione e di stile.
Il problema l’ha centrato l’altro patron - accanto a Paulgross
- dell’evento romano, il presidente Maurizio Ughi di Snai, il
colosso italiano del betting: “Le scommesse sono andate al
di là di ogni previsione. La gara sulla quale abbiamo ricevuto
più scommesse è stata la Potenza nella quale forse abbiamo
restituito più di quanto abbiamo incassato. A proposito di
scommesse la proposta che mi ha fatto il cavaliere italiano
Juan Carlos Garcia è molto interessante. Chiedere ai cavalieri
di dichiarare, prima di entrare in campo, se la gara la
faranno per lavorare e preparare categorie più importanti
o per vincerla. In questo modo credo si potrebbe dare agli
scommettitori un ulteriore elemento di riflessione. Infine,
il pubblico. Penso che i cavalieri dovrebbero essere più
disponibili a partecipare a gare e categorie magari meno belle
dal punto di vista tecnico ma più affascinanti: l’inseguimento,
le sei barriere. Ritengo che questo possa essere uno dei modi
per coinvolgere di più il pubblico”.
Anche una potenza più frequentata dai binomi sarebbe
sicuramente gradita in tribuna ◆
P iazza di Siena
Insider
Insider
Motori
46
47
I
T
recentosettantacinque equipaggi provenienti
da ogni parte del mondo. Centinaia di
auto d’epoca prodotte entro il 1957. Oltre
1.600 chilometri di percorso. Ogni anno gli appassionati
di tutto il mondo subiscono l’incanto della Mille Miglia: un
evento che, in forma diversa, continua una tradizione nobile
dell’automobilismo sportivo.
La “corsa più bella del mondo” - così la definì Enzo Ferrari è stata una gara di velocità fino a Roma e ritorno, effettuata
su strade aperte al traffico, che si è disputata in Italia per
ventiquattro volte dal 1927 al 1957 (13 edizioni prima della
seconda guerra mondiale e 11 dopo il 1947). Dal 1977 la
competizione rivive sotto forma di gara di regolarità per auto
d’epoca. La partecipazione è limitata alle vetture, prodotte
non oltre il 1957, che avevano partecipato alla corsa originale.
Il percorso (Brescia-Roma andata e ritorno) è lo stesso della
gara originale, così come il punto di partenza/arrivo: allora
Viale Rebuffone, oggi Viale Venezia.
Foto Esercito Italiano
MILLE MIGLIA DI AUTO D’EPOCA,
SOGNO E PASSIONE
Anche quest’anno migliaia di appassionati hanno potuto rivivere,
al volante di una macchina d’epoca o semplicemente come spettatori,
la favolosa “Mille Miglia”, il revival della corsa che vede sfilare
una carovana di auto storiche per 1628 chilometri attraverso l’Italia
di Francesco Mantica
Insider
Motori
Alfa Romeo 1750 SS, equipaggio: 1° Maresciallo Farina (pilota)
e Colonnello Sperotto (navigatore) - Foto Esercito Italiano
Foto Esercito Italiano
Nell’edizione di quest’anno il traguardo é stato tagliato da
Giuliano Cané e Lucia Galliani, che si sono aggiudicati la
vittoria per la decima volta. Il loro nome era già nella rosa
dei favoriti, insieme a quello di Luciano Viaro, titolare
dell’ambitissima medaglia d’argento e già vincitore delle
edizioni 2007 e 2008 della Freccia Rossa. In coppia con
Mark Gessler, a bordo della fedelissima Alfa Romeo 6C 1500
Gran Sport, il triestino si è posizionato secondo. Terzi, Enzo
Ciravolo e Maria Leitner, anch’essi a bordo di una Bmw, una
328 del 1937.
La tappa di Roma ha visto il pubblico della Capitale attendere
le auto a Castel Sant’Angelo, dove ha potuto vedere, oltre
alla kermesse di auto d’epoca, anche i numerosissimi vip
che erano alla guida. Tra i piloti, i campioni del mondo di
Formula 1 David Coulthard e Mika Hakkinen; Jochen Mass,
su Mercedes 300 Slr del ‘55 in coppia con Alberto Tomba;
Jacky Ickx, su Porsche 550-1500 del ‘55 in coppia con il
titolare di Chopard, Karl-Friedrich Scheufele. Con il numero
267 in corsa Jackie Stewart su Mercedes 300 Slr del ‘55. Dal
mondo della musica é tornato alla Mille Miglia Nick Mason,
batterista dei Pink Floyd.
In gara anche Jason ‘Jay’ Kay, cantante dei Jamiroquai, lo
sciatore Kristian Ghedina, l’attrice Anna Kanakis, il presidente
della 20th Century Fox Usa Jim Gianopulos, che avrà come
co-driver Osvaldo De Santis, presidente e ad della 20th
Century Fox Italia. Dal mondo della politica, i ministri Franco
Frattini e Stefania Prestigiacomo, in coppia su una Giulietta
del ‘57 con il numero 335. Oltre alle tante persone famose,
però, i grandi protagonisti sono stati gli appassionati che vi
hanno assistito o partecipato. Grazie a loro anche quest’anno
abbiamo potuto ammirare con i nostri occhi vetture da sogno
e passione ◆
V
BLU CAR E ALLIGATOR:
LE ESOTICHE, SOLARI E IRRESISTIBILI
NOVITÀ A QUATTRO RUOTE
A pannelli fotovoltaici o rivestite di pelle di coccodrillo, le novità
automobilistiche del 2010 arrivano dall’Italia e dalla Russia:
sono la Blue Car di Pininfarina e l’Alligator Bentley Continental GT
V
enghino signori, venghino! Abbiamo merce
per tutti i gusti! Auto a vento, auto a calore,
auto a vapore, auto ad energia solare... e
per chi volesse dare un tocco esotico, saremo lieti di offrirvi
il nuovo modello rivestito di squame di coccodrillo!”.
Non è l’annuncio di una concessionaria del futuro, ma
probabilmente il futuro della concessionaria. Le nuove
automobili che si impongono sul mercato sono sempre più
all’insegna dell’originalità e dell’ecologia, per distinguersi
rimanendo rispettose dell’ambiente. Ne sono un esempio
due delle ultime novità in procinto di entrare sul mercato: la
Blu Car di Pininfarina e l’Alligator Bentley Continental GT.
Due macchine certamente molto diverse, ma con in comune
il richiamo alla natura e la volontà di stupire.
Blue Car è la rappresentazione materiale del fatto che l’auto
elettrica non sia più il futuro, ma il presente. La nostra prestigiosa
Pininfarina - in collaborazione con la francese Bolloré, azienda
produttrice di batterie - ha intenzione di mettere in commercio
un’auto ad energia solare. Non fra 10, 20 o 30 anni, ma questo
stesso anno. Elegante monovolume compatto a trasmissione
automatica, concepito a quattro posti e cinque porte, la
Pininfarina BLUECAR è alimentata dalla batteria elettrica LMP
(Lythium Metal Polymere), alla quale è abbinato un dispositivo
per lo stoccaggio dell’energia (“supercapacity”) che recupera
e immagazzina l’energia in frenata per poi renderla disponibile
alla ripartenza del mezzo.
L’auto elettrica non emette alcun gas, nessuna particella
fine e nessun rumore: le batterie LMP permettono quindi di
contrastare concretamente l’inquinamento atmosferico. In più
sul cofano sono presenti delle celle solari che contribuiscono
all’alimentazione degli equipaggiamenti elettrici. Il gruppo
Bolloré sta studiando anche la messa a punto di pannelli di
celle fotovoltaiche che potranno essere installate in luoghi
privati o pubblici, assicurando una ricarica parziale o totale
delle batterie attraverso la sola energia solare.
L’Alligator è invece il tipico caso di luxury car che arriva
“dalla Russia con amore”. Interamente rivestita in pelle
di coccodrillo, Alligator Bentley Continental GT è stata
progettata dai russi Igor Ryabov e Robert Mauser dello
studio di design “Ohra” che, dopo nove mesi impiegati a
sperimentale vari processi di lavorazione, stampa e fissaggio
della pelle sul corpo della vettura, sono finalmente riusciti a
completare l’opera. La finitura e il fissaggio della pelle sulla
carrozzeria dell’auto, interamente realizzati a mano, hanno
richiesto l’impiego di uno speciale adesivo poliuretanico e
l’applicazione di un rivestimento protettivo multistrato della
superficie esterna della texure.
Insomma, macchine per tutti i gusti, eccentriche o
economiche, con cui si tenta di rispondere alla domanda che
molti si fanno da tempo: come saranno le auto del futuro?
L’impressione é che si vada verso la produzione di automobili
che consumeranno pochissimo, prenderanno ancor meno
spazio e saranno davvero eco-friendly. La fantasia al potere,
con un occhio ai consumi: il nuovo ’68 sarà una rivoluzione
dell’automobile ◆
F.M.
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Insider
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Melanoma cutaneo. Quali i fattori di rischio?
“Nell’ordine: età adulta, razza bianca, precedente melanoma, familiarità, fenotipo chiaro, presenza di numerosi nevi e nevi congeniti giganti. Non è dimostrato che l’eccessiva esposizione alle
radiazioni ultraviolette (UV) sia la causa di melanoma, mentre lo
è sicuramente per i basocellulari e spinocellulari ( causati anche
dai raggi X), decisamente meno pericolosi del melanoma”.
Prof. Stefano Zurrida (a destra)
Medico Chirurgo
Specialista in Chirurgia Oncologica
Equipe IEO (Istituto Europeo Oncologico)
in compagnia del Prof. Umberto Veronesi
IL MELANOMA CUTANEO
PREVENZIONE, QUESTIONE DI “PELLE”
Diagnosi precoce, medici di famiglia, massicce campagne d’informazione e protocolli terapeutici appropriati.
La prevenzione mette in “campo” le sue forze per la lotta al melanoma cutaneo.
Il Prof. Stefano Zurrida, sottolinea l’incidenza di questo tipo di tumore in relazione all’età: “La decade più colpita si attesta tra
i 50 ed i 60 anni”
di Paolo Brandimarte
“Il melanoma scrive il suo messaggio sulla pelle col proprio inchiostro, ed è davanti a noi per essere visto. Sfortunatamente, qualcuno
lo vede ma non lo riconosce”. Il punto di vista del Dott. N. Davis,
rimarca l’assoluta priorità dell’anticipazione diagnostica. Ormai, è
ampiamente dimostrata la necessità di un riconoscimento precoce
della malattia, reputata in passato come una delle più aggressive,
ai fini di una completa guarigione. Il melanoma cutaneo è uno dei
tumori che colpiscono la pelle (ma non solo), decisamente il più
pericoloso.
Studi condotti a cavallo tra gli anni 70’ e 80’, hanno permesso di
identificare lesioni pigmentate della cute di tipo “maligno”, a torto
ritenute innocue.
In Italia, manca del tutto un monitoraggio ufficiale sull’incidenza
dei tumori cutanei non-melanomi e melanomi.
In ogni caso, le campagne di educazione del pubblico, associate ad
una presenza sempre più significativa del medico di famiglia, hanno generato maggiore attenzione alle lesioni pigmentate, favorendo
la formulazione di una diagnosi precoce.
Prof. Zurrida, melanoma della cute. Di cosa si tratta?
“Una neoplasia che prende origine da particolari cellule della pelle
denominate melanociti, rintracciabili nello strato cutaneo superficiale detto epidermide. Si compone di due fasi distinte: in prima
istanza, si assiste ad una crescita orizzontale contrassegnata
da aumento della superficie e più intensa pigmentazione; la
seconda, invece, coincide con una crescita verticale, in cui il
tumore assume la capacità di metastatizzare”.
Quale quadro epidemiologico si delinea?
“Il melanoma rappresenta il 5% dei tumori maligni della cute. Il
tasso di incidenza e mortalità per tumori cutanei sta lievitando in
tutto il mondo, in particolar modo negli Stati Uniti e in Europa.
Negli ultimi cinquant’anni, si è assistito ad un notevole incremento in termini di incidenza, una crescita superiore a qualsiasi
altro tipo di tumore. I carcinomi epiteliali cutanei rappresentano
un terzo di tutti i casi diagnosticati”.
Veniamo all’Italia. Come vengono monitorati i tumori cutanei?
“A dire il vero, nel nostro paese è molto difficile ottenere dati
precisi sull’incidenza e mortalità dei tumori cutanei, a
causa della mancanza di un Registro Nazionale preposto
al monitoraggio.
Ad ogni modo, la casistica parla di 7000 nuovi casi all’anno nel
nostro paese. Si ritiene che il melanoma colpisca 10 uomini su
100.000, e 9 donne sempre su 100.000: 5 ogni 100.000 hanno
esito infausto”.
Con quali sintomi ed avvisaglie?
“Spesso, il primo segno del melanoma è il cambiamento di una
“macchia”cutanea presente da tempo, a livello di dimensioni,
forma o colore. Nell’adulto, anche la comparsa improvvisa di
una “macchia” anomala e scura, va letta come un campanello
d’allarme e fatta vedere allo specialista. Anche se può capitare,
raramente si assiste a melanomi vegetanti, ulcerati e sanguinanti”.
Identificare il melanoma in maniera precoce. È questa la
soluzione più efficace per arginarlo?
“L’unica arma per affrontare questo tipo di neoplasia risiede nella diagnosi precoce. Il riconoscimento nelle sue fasi iniziali ha
portato ad una guaribilità pari al 70% di tutti i casi riscontrati.
Non potendosi avvalere di esami strumentali sofisticati, come accaduto per altri tipi di tumore, la ricerca e la cura passano per
la capacità diagnostica, campagne di informazione e maggior
coinvolgimento dei medici di famiglia. Fattori questi, che hanno
consentito l’identificazione del melanoma con uno spessore di
0,75mm oppure in situazioni in cui è guaribile al 100%, come
nelle fasi non ancora invasive, cosiddette “in situ”. Ancora, le
diagnosi precoci rivestono vitale importanza anche per quelle
persone che hanno già avuto un melanoma e dunque sottoposti
di sovente a controlli clinici”.
Lei accennava al coinvolgimento del medico di famiglia. Che
ruolo ricopre?
“Il medico di famiglia attua uno scrupoloso controllo del paziente, visitandolo periodicamente. Purtroppo, essendo il melanoma
cutaneo così raro, si stima che un medico di famiglia abbia la
probabilità di incontrare un melanoma al massimo tre volte durante tutta la sua carriera, rendendone così la diagnosi corretta
difficile. A questo punto, egli deve prendere atto della presenza
di una lesione anormale, diversa oppure capace di modificare
caratteri dimensionali e di pigmentazione, per poi riferire il
paziente allo specialista”.
Come riconoscere un melanoma?
“In base a criteri ben precisi. Innanzitutto l’asimmetria, con
le due metà della lesione assolutamente non sovrapponibili.
Vanno poi tenuti in debita considerazione fattori come i bordi
(margini irregolari e frastagliati) ed il colore (solitamente molto
scuro). Infine, vanno tenute sotto controllo le dimensioni. Da
questo punto di vista, è raro individuare un melanoma inferiore ai 5-6 mm. di diametro”.
Che rapporto intercorre tra età ed aumento del rischio?
“Prima della pubertà, il melanoma è pressoché inesistente. Il
rischio di melanoma cresce con l’età. La decade più colpita si
attesta tra i 50 ed i 60 anni”.
L’intervento chirurgico rimane lo strumento più indicato ai fini
della guarigione?
“Assolutamente sì. La terapia del melanoma è quasi esclusivamente di stampo chirurgico, almeno negli stadi I, II e III. Occorre biopsare la lesione pigmentata sospetta, asportandola
completamente con un margine di tessuto sano circostante di
circa 2-3 mm. Una volta diagnosticato il melanoma istologicamente, viene programmato l’intervento chirurgico. Generalmente,
se lo spessore del melanoma è inferiore a 2mm, l’intervento
può essere eseguito in anestesia locale e regime ambulatoriale. In caso contrario ( melanoma maggiore di 2mm), è preferibile il trattamento in anestesia generale”.
L’estate è alle porte. Quali consigli si sente di dare con
l’approssimarsi della bella stagione?
“Innanzitutto una visita specialistica. Il sole fa bene
ma non bisogna affatto abusarne, con conseguenti
scottature ed ustioni. Va preso gradualmente fino
all’abbronzatura. Non sdraiarsi al sole durante le ore di
punta e proteggere i bambini con una maglietta chiara
ed un cappellino. Ancora, usare delle creme protettive
con schermi solari per pelli chiare e delicate. Questi
prodotti devono essere di fabbricazione recente, pena
la perdita della loro sicurezza protettiva”.
Insider
Insider
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LIFTING FACCIALE:
RITROVARE LUCENTEZZA E TONICITÀ
Contrastare rughe, agenti atmosferici ed invecchiamento tissutale. Il lifting facciale tra benefici,
modalità di intervento e tecniche adoperate
di Paolo Brandimarte
Il lifting facciale restituisce lucentezza e tonicità al viso. Un
intervento che “risveglia” armonie e contorni, appesantiti da
fattori come agenti atmosferici ed invecchiamento tissutale.
Tutto ciò si ottiene agendo principalmente su due piani, che
coincidono con il livello cutaneo e con quello fascio-muscolare.
Vi si associano anche procedure come il peeling e vari fillers.
L’entità del miglioramento dipende in misura maggiore dalle
condizioni pre-operatorie della cute, spessore del tessuto sottocutaneo, qualità dello scheletro osseo ed abitudine al fumo.
Generalmente si opta per un mini-lifting, indicato in età relativamente giovane (dai 40 anni in su), con uno scollamento
cutaneo assolutamente limitato. Si tratta di un trattamento
rapido, condotto in anestesia locale e blanda sedazione.
Per inestetismi evidenti e conclamati, invece, è consigliabile
ricorrere al lifting facciale completo. Nello specifico, si agisce
a livello delle tempie, guance, zigomi, mandibole e collo,
zone particolarmente soggette a rilassamento tissutale. Tecnicamente, la cute viene separata dai piani profondi, eliminandone l’eccesso. La fascia superficiale ed i muscoli del collo
vengono stirati e fissati con suture. La cicatrice che ne consegue risulta scarsamente percettibile: si sviluppa tra i capelli,
scende anteriormente al padiglione auricolare, finendo per
essere camuffata da quest’ultimo. L’intervento, viene eseguito, a seconda dei casi, in sedazione superficiale o profonda,
con anestesia locale. Solo in alcuni casi, si rende necessaria
l’anestesia totale. La durata spazia da 1 a 4 ore, con tanto di
notte di degenza in clinica.
La scelta del tipo di tecnica da adottare viene consigliata
dal chirurgo al momento della prima visita, in relazione agli
inestetismi da correggere, ai risultati da conseguire ed alle
esigenze del/della paziente. Ovviamente, si privilegia un
approccio soft, con trattamenti di tipo conservativo, volti a
preservare la soggettività dell’espressione mimica.
Agendo sui tessuti profondi, si riesce a raggiungere un risultato assolutamente naturale, senza esercitare trazioni eccessive
e dannose. Al termine dell’operazione, viene praticata una
medicazione elastica ed applicate suture estetiche.
Nei successivi 15 giorni post-operatori, si provvederà ad alcune medicazioni, progressiva rimozione delle suture ed alleggerimento del bendaggio. Dal 3-4° giorno post-operatorio, sarà possibile lavare i capelli con prodotti specifici. Dal
secondo mese il recupero sarà totale, mentre a partire dal
terzo, sarà possibile osservare il risultato definitivo.
www.romachirurgiaestetica.it
Insider
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Cinema
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FATTI E RIFATTI
I “LISTINI” DELLA PROSSIMA STAGIONE CINEMATOGRAFICA,
MA ANCHE LE ANTICIPAZIONI SULLA SUCCESSIVA, VEDONO UNA MASSICCIA
PRESENZA DI RIFACIMENTI DI FILM, ANCHE RECENTI.
E IL FENOMENO DEL ‘REMAKE’ NON RISPARMIA NEMMENO IL CINEMA ITALIANO
soprattutto per inseguire le novità della tecnologia applicata
al cinema. In questo senso, il 3D non poteva mancare: è
atteso per il 27 settembre negli Stati Uniti e in altri paesi
(l’uscita italiana non è ancora annunciata), Piranha 3-D,
costoso remake del Piranha di Joe Dante del 1978 con un
suntuoso cast che annovera, tra gli altri, Richard Dreyfuss,
Elizabeth Shue, Ving Rhames e Christopher Lloyd.
Horror sui generis, con strizzate d’occhio al pubblico giovanile,
L’ammazzavampiri (l’originale è del 1985) è anch’esso un
remake che non bada a spese: lo produce la Dreamworks di
Steven Spielberg, lo distribuisce la Disney, lo interpreta una
star del calibro di Colin Farrel. Uscita nel 2011.
Per restare in tema di stelle del cinema, il più celebre tra gli
attori orientali, Jackie Chan, ha avuto buon gioco a rivestire
i panni di un maestro di kung-fu nel rifacimento di un
celebre film degli anni ’80, The Karate Kid (uscita italiana:
3 settembre). A giovarsi delle sue lezioni, di arti marziali ma
anche di vita, c’è il giovanissimo figlio di Will Smith, Jayden, al
suo primo ruolo da protagonista dopo aver affiancato il padre
in La ricerca della felicità del nostro Gabriele Muccino.
Ancora, alla rinfusa: vedremo un remake americano di Uomini
che odiano le donne, forse con Brad Pitt protagonista, più un
altro thriller nordico, Lasciami entrare, negli Usa il 1 ottobre,
in Italia non si sa. Torneranno a vivere Conan il barbaro,
il robottino Numero 5 di Corto circuito e I guerrieri della
notte, tutti nel 2011. Ma prima, ad ottobre, di quest’anno,
vedremo un remake tutto italiano di un grande successo
francese della scorsa stagione: Giù al Nord diventa da noi
Benvenuti al Sud, lo ha diretto Luca Miniero (Incantesimo
napoletano) e lo ha interpretato Claudio Bisio, settentrionale
trasferito in Campania dove scoprirà un mondo per lui
inaspettato. Ci sarà da (ri)ridere ◆
A Nightmare in Elm Street
Fehran XIX sec.
www.teatappeti.com
tappeti antichi “mille esemplari”
I
I
l fenomeno del ‘remake’, ovvero del rifacimento
di un film pre-esistente, non è certo una novità
per il cinema. Già nel passaggio dal cinema
muto a quello sonoro furono tanti i casi di film rigirati di sana
pianta, originariamente muti, riproposti con i nuovi standard
tecnici, ciò che si ripetè anche in occasione del passaggio
dal bianco e nero al colore. Vi è stato poi il fenomeno, tutto
americano, di rigirare le pellicole straniere per adattarle alla
lingua (e al gusto) anglosassone e poi ancora quello di rigirare
i film di genere fantasy o horror seguendo le evoluzioni degli
effetti speciali.
Non sempre, anzi quasi mai, i remakes si sono dimostrati
all’altezza degli originali, almeno dal punto di vista artistico,
ma in moltissimi casi la fama di un film precedente ha fatto
da ‘traino’ al suo rifacimento, un po’ come accade con i
film tratti dai romanzi, e il pubblico ha risposto in maniera
sufficientemente positiva.
Quello cui stiamo assistendo, però, da qualche mese a
questa parte è una vera e propria invasione di remakes che
non ha precedenti e le cui motivazioni non vanno cercate
tanto nei motivi sopraelencati quanto in una certa scarsità di
idee nuove, in una ridotta propensione al rischio e finanche
alla convenienza, da parte dei produttori, di sfruttare fino
all’inverosimile i diritti di cui sono detentori.
Il mercato incoraggia: poche settimane fa A Nightmare in
Elm Street, remake dell’omonimo capolavoro horror di
Wes Craven del 1984 (in Italia era intitolato Nightmare: nel
profondo della notte), ha sbancato i botteghini americani ed
è uscito a seguire in tutto il mondo (in Italia lo vedremo il
3 settembre). Niente male per un film che aveva avuto ben
7 seguiti (l’ultimo nel 2003)! Va detto, però, che l’horror
è il genere che più ha subito rifacimenti negli ultimi anni,
Piranha 3-D
The Karate Kid
di Alberto M. Castagna
Lungotevere Flaminio, 72 - Tel. +39 063232780 - [email protected]
Insider
Arte
58
P
P
Roma contemporanea
er tre giorni è stata Roma la capitale
mondiale
dell’arte
contemporanea.
Il motivo? L’inaugurazione congiunta
(finalmente un progetto di collaborazione tra realtà diverse
ma vicine) del MAXXI a via Guido Reni, dei nuovi spazi di
MACRO a Via Nizza e della fiera d’arte contemporanea The
Road to Contemporary Art, che ha occupato i due padiglioni
di MACRO Future al Mattatoio e la nuova Pelanda, sempre
al Mattatoio, ma che ha coinvolto la città con appuntamenti
in diversi altri spazi. Una navetta ha unito le aree interessate
da questi eventi per garantire una più facile circolazione
del pubblico. Semplici cittadini e addetti ai lavori hanno
festeggiato così una nuova città, protagonista non solo
dell’arte e dell’architettura antica, ma stella di primo piano
nel contemporaneo, con opere di prestigiose archistar: Odile
Decq, Zaha Hadid si uniscono a Renzo Piano e Richard
Meier, in attesa della chiacchierata “nuvola” di Fuksas.
Del MAXXI abbiamo già parlato, in occasione della
presentazione della struttura dell’iraniana Zaha Hadid. Ora
è il momento di restituire questo luogo alla città, dopo anni
di cantieri. È il momento dunque non solo di ammirarne la
magnifica architettura, ma di osservarlo nel pieno della sua
attività, a segnare il profilo di un polo del contemporaneo,
con il museo a un passo dall’Auditorium. Quattro importanti
mostre festeggiano l’inaugurazione, muovendo tra arte e
architettura. Gino De Dominicis: l’Immortale, a cura di
Achille Bonito Oliva (fino al 7 novembre) è la prima e più
esaustiva retrospettiva sull’artista, con oltre 130 opere per
di Antonella De Santis
ripercorrerne l’originale e fondamentale ricerca estetica.
Luigi Moretti Architetto. Dal Razionalismo all’Informale,
a cura di Bruno Reichlin e Maristella Casciato (fino al 28
novembre), lancia uno sguardo sull’eclettico architetto,
editore, gallerista, regista e studioso; mentre Kutlug Ataman.
Mesopotamian Dramaturgies, a cura di Cristiana Perrella
(fino al 12 settembre), presenta una dei più interessanti artisti
contemporanei, con video che riflettono sul rapporto tra
Oriente e Occidente, modernità e tradizione.
In più c’è Spazio (fino al 23 gennaio 2011): il primo, atteso,
allestimento tematico delle collezioni permanenti d’arte e
di architettura, curato da un gruppo interdisciplinare che
fa dialogare le opere con le forme fluide del museo, sulla
strada dell’interdisciplinarità. Tra interno ed esterno, circa
90 opere delle 350 della collezione Arte (tra cui Alighiero
Boetti, il bellissimo Anish Kapoor, William Kentridge,
Sol Lewitt, Giuseppe Penone, Grazia Toderi, Francesco
Vezzoli) insieme con le installazioni site specific di dieci
studi di architettura internazionali (tra cui Diller, Scofidio
e Renfro, Lacaton & Vassal Architetcs, West 8). Tra gli altri,
un omaggio a Fabio Mauri, le opere di Maurizio Mochetti
e Massimo Grimaldi per MAXXI 2per100, l’imponente
Geografie italiane di Studio Azzurro e una sezione che
esplora le contaminazioni tra il virtuale e reale nel progetto
NETinSPACE, a cura di Elena Giulia Rossi, con opere di
Miltos Manetas, Bianco-Valente, Stephen Vitiello e altri.
Una grande occasione per gettare uno sguardo all’arte del
futuro, e al futuro dell’arte.
I nuovi spazi del MACRO portano la firma di un’altra star:
Odile Decq, famosa dark lady dell’achiettura che porta a
Roma la sua anima poetica e “punk”, con i neri assoluti e i
precipizi abbaglianti. Con la presentazione della nuova ala
del museo, sono state visitabili in anteprima le mostre che
occupano e reinterpretano con istallazioni site specific le sale
di Via Reggio Emilia, una selezione che continua l’indagine
sulle produzioni artistiche di oggi, tra linguaggi e suggestioni
diverse, trasversalità e contaminazione. Tanti i nomi: Aaron
Young (che espone anche un’installazione monumentale al
Teatro Marcello), Jacob Hashimoto, Jorge Peris, João Louro,
Gilberto Zorio, Luca Trevisani.
Mentre il subbuglio per i nuovi progetti che finalmente
posizionano Roma in un ruolo primario nell’arte e
nell’architettura contemporanea generavano un viavai
di interesse in diverse parti della città, la fiera portava al
Mattatoio, 67 gallerie nazionali ed internazionali, collocando
negli spazi esterni opere di grandi dimensioni, e coinvolgendo
altre aree di Roma, in una rete di interesse artistico che ha
spostato, per un fine settimana, il baricentro dell’attenzione
culturale, in un dialogo con accademie, istituti di cultura,
collezionisti (al Complesso Monumentale di Santo Spirito
in Sassia) e realtà collaterali che non ha dimenticato una
produttiva commistione: incontri, performance, dj set,
enogastronomia, radio.
Nel breve e forsennato fine settimana qualcuno ha potuto
immaginare come dovrebbe essere una realtà viva e
produttiva, alla ricerca di nuovi stimoli in grado di suscitare
il vivo interesse di chi, addetto ai lavori o no, si trovi a vivere
l’arte contemporanea, dentro e fuori dai musei ◆
Foto MAXXI courtesy Zaha Hadid Architects - ph Iwan Baan
Hyun Sook Lee
a produzione di questa artista coreana, nata
a Seoul nel 1968, segue da tempo quella
linea rigorosa e coerente che affonda le sue
radici nell’amore per l’arte italiana ed in particolare per
Michelangelo. I suoi lavori sottolineano, sin dall’inizio,
la volontà di catturare tutto il pathos, la forza, la misura
dell’equilibrio che pervadono le opere dell’universale genio
italiano.
Le sculture di Hyun Sook Lee sono ‘sculture in tensione’, siano
esse in pietra che in bronzo, come ‘angelo ribelle’ o ‘testa
d’angelo’ ed esprimono, così imprigionate nel materiale, lo
sforzo suggestivo di liberarsi, di sottrarre le proprie sembianze
allo stato di coazione che le racchiude.
Nell’operare in tal senso l’artista coglie pienamente quel
concetto di ‘non finito’ maturato nel Rinascimento quale
totale antitesi alle tendenze accademiche, tutte fondate sulla
‘finitezza’.
Ancor di più, citando Bruno Zevi: ‘il non finito invera un
assunto morale prima che uno stato psicologico, poiché dice:
in una età come questa l’artista o si riallaccia ad un passato
consumato e sconfitto, oppure abdica in gratuite mitizzazioni’;
occorre invece l’animus di lasciare gli interrogativi in sospeso
là dove non vi sono valide risposte’.
di Maria Laura Perilli
Forse proprio questa convinzione, ovvero la consapevolezza
dello stato di incertezza, di carenza di riferimenti solidi
nel panorama sociale, ha indotto l’artista coreana a
cogliere e riflettere sul senso più profondo del messaggio
michelangiolesco.
Anche con i lavori più recenti, ormai lontani dal panorama
della classicità, di dimensione fortemente concettuale, l’artista
non manca di sottolineare i suoi presentimenti preoccupati
verso il mondo odierno.
Le sculture enucleano una realtà ferita: sono tele vecchie,
anche di 80 anni, con duplice tessitura, particolari per la
impercettibile vibrazione che dalle stesse ne deriva; su di
esse Hyun Sook Lee agisce con tagli ricuciti. Se per Fontana:
‘Le ferite inferte alla tela hanno l’intento di scardinare la nostra
idea di dipinto tradizionale, concepito su due dimensioni
per cercare uno spazio nuovo’ nell’artista coreana il taglio
ricucito non è abdicazione alla ricerca ma desiderio di
sottolineare la necessità per tutti di una riflessione, di un
momento di fertile stasi, utile al riordino delle idee in una
fase di totale assenza di riferimenti, per ripartire poi con un
messaggio artistico che esprima nella ricerca un impeto di
speranza e progettualità ◆
Info: [email protected]
D
eliziosi tavolini e comodi divanetti tra le piante
rigogliose. Tanti angoli discreti dove gustare
un aperitivo nell’attesa che scenda la sera. Un
preludio di bellezza dove fermare il tempo,
rilassarsi nell’incanto della campagna romana,
immersi tra prati verdeggianti e giardini fioriti. Come fermi
in un mondo incantato, dove ogni dettaglio
racconta una storia di eleganza e intimità,
dove una calda ospitalità si respira nei molti
angoli del locale: il salottino in cui fermarsi
a conversare, la sala con il camino da cui
guardare i pellicani sornioni nel cortiletto,
la stanza con il pianoforte, la veranda
affacciata sul parco, uno spazio ricco di
piante che ne fanno un giardino segreto e
infine la saletta privata, riservata solo per
due. Un po’ ovunque sono sparsi, con
apparente casualità, lampade, foto d’epoca,
oggetti antichi, ricordi e tocchi personali
che circondano ogni ospite di intimità e
calore, per accompagnarlo in una cena raffinata, in cui la
semplicità della realizzazione sposa la qualità della materia
prima e la grande tecnica artigianale: pane, dolci, grissini,
carne essiccata, pasta fresca e secca, tutto viene realizzato
gourmet
L
L
Delizie in giardino, tra ricordi,
profumi e sapori d’eccezione
dallo chef. Un continuo omaggio alla cultura gastronomica
italiana che non teme qualche spunto creativo. Si passa
così dal prosciutto di cervo con blinis e mostarda di mele
cotogne, alle tagliatelle con carciofi croccanti e ragout
d’agnello, dal sontuoso filetto di cervo glassato con pesto
di castagne e polenta croccante, alla raffinatezza del tartufo
bianco, secondo stagione, senza scordare
una proposta di piatti di pesce: dal plateau
gran royal di frutti di mare agli stracci con
amatriciana di pesce spada, dal coccio
in guazzetto con frutti di mare in pasta
Fata all’entrecote di tonno alla cacciatora,
allettando la gola con dolci irresistibili,
come il fagottino di mela verde e amaretti
con riduzione di frutti di bosco. Una scelta
di piatti raffinati da accompagnare a una
delle 500 etichette della bella cantina,
scelte da un sommelier sempre presente
per consigliare e seguire ogni ospite con
professionalità e discrezione, occupandosi
del rito del servizio del vino fino all’uso spettacolare
della sciabola, per chi preferisce il rito più suggestivo per
lo champagne. Nel salotto dei distillati, la possibilità di
trascorrere ancora momenti di delizioso relax.
Il PICCHIO ROSSO
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Insider
Mostre
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GOYA E IL MONDO MODERNO
MIMMO JODICE
MILANO, Palazzo Reale
fino al 27 giugno 2010
ROMA, Palazzo delle Esposizioni
fino all’11 luglio 2010
L’influenza di Goya sui movimenti artistici del XIX e del XX secolo è il tema della mostra in corso al
Palazzo Reale di Milano, in cui i rapporti tra l’arte del maestro aragonese e quella dei suoi successori, è
analizzata a partire dal desiderio di dare un volto alla nuova società, in una sorta di realismo ante litteram
e in cui la propria soggettività viene espressa con una nuova tecnica veloce, apparentemente violenta
e quasi gestuale. Punto di riferimento per Géricault, Délacroix e Manet, Goya sarà studiato dai maestri
impressionisti e il suo fare artistico, in cui convivono irrazionale, terrore, visioni, diverrà fondamentale
punto di riferimento per gli artisti d’ambito simbolista, per gli espressionisti e per le ricerche portate
avanti dai surrealisti fino e oltre i maestri dell’informale. La mostra, grazie a numerosi prestiti di istituzioni
italiane e straniere, offre allo spettatore la rara occasione di poter ammirare le opere del maestro spagnolo
vicino e quelle realizzate sotto l’influenza della sua arte da vari artisti tra cui Daumier, Roualt, Mirò, Klee,
Picasso, Pollock, de Kooning, Bacon.
Info: www.mondomostre.it
MOSTRE
di Laura
M
o c ci
ARTE E INDUSTRIA
L’AVVENTURA LENCI
CERAMICA D’ARREDO 1927-1937
TORINO, Palazzo Madama
fino al 27 giugno 2010
La bella e accurata mostra allestita a Palazzo Madama a Torino
è dedicata all’attività che la ditta Lenci, specializzata fin dal
1919 nella realizzazione di bambole e arazzi in pannolenci,
svolse nel campo della ceramica tra il 1927 e il 1937, creando,
con il coinvolgimento di artisti di diversa formazione, il tipo
di scultura d’arredo che ebbe grande fortuna nel mercato
nazionale e internazionale. Le “sculturine” divengono oggetti
“alla moda”, status symbol della borghesia dei pieni anni
Venti e primi anni Trenta, in alternativa all’aristocratico e
algido Déco internazionale, dando vita al gusto moderno,
che apprezza i soggetti popolari di Ines Grande, le fantasie
giocose e ironiche di Mario Sturani, le “signorine grandi
firme” di Elena Scavini e i nudi novecentisti di Gigi Chessa.
Info: [email protected]
La carriera lunga cinquanta anni di Mimmo Jodice, fotografo napoletano, viene celebrata a Roma, al
Palazzo delle Esposizioni, con una rassegna dei suoi lavori realizzati tra il 1964 e il 2009. Interessato alle
potenzialità espressive della fotografia, l’artista parte da vere e proprie Sperimentazioni, per approdare
negli anni Settanta all’indagine sociale, testimoniata in mostra dagli scatti toccanti realizzati a Napoli
durante l’epidemia di colera. In questa ricerca, in cui è evidente una particolare sensibilità per l’equilibrio
e l’armonia della composizione, alla fine degli anni Settanta sparisce l’essere umano e si fa avanti, in
maniera sempre più forte e decisa, l’intento di scoprire ed evidenziare il surreale che è nel quotidiano
di ognuno. Nelle sezioni intitolate Rivisitazioni, Mediterraneo, Eden, Natura, Mare, particolari banali
assumono una valenza metafisica trasformandosi in oggetti-altri dotati di una nuova esistenza, capaci di
dar vita a paesaggi interiori universalmente validi.
Info: www.palazzoesposizioni.it
MARCO ROMANO E IL CONTESTO ARTISTICO
SENESE TRA DUECENTO E TRECENTO
Museo Civico Archeologico e della Collegiata
Casole d’Elsa (Siena)
fino al 3 ottobre 2010
Il suggestivo borgo di Casole d’Elsa rende omaggio a Marco Romano, uno dei protagonisti
della scultura italiana tra la fine del Duecento e gli inizi del Trecento, con una significativa
mostra incentrata sull’attività dello scultore allestita presso il Museo Civico Archeologico e
della Collegiata della cittadina toscana.
Tra le diverse opere esposte, che ricostruiscono compiutamente l’ambiente artistico dove
Marco Romano si trovò ad operare, segnaliamo il frammento del celeberrimo monumento
Cenotafio per Bernardino detto il Porrina dedicato a messer Porrina, insigne giurista legato alla
potente famiglia di ghibellini casoles Albertini.
L’interessante piccola ma ben strutturata rassegna, curata da Alessandro Bagnoli, è promossa
dalla Provincia di Siena, dalla Fondazione Musei Senesi, dal Comune e della Collegiata di
Santa Maria Assunta di Casole d’Elsa, definisce la straordinaria personalità di Marco Romano
che contribuì a rinnovare il linguaggio espressivo della sua epoca.
Info: www.museocasole.it
RENDERING. TRADUZIONE,
CITAZIONE, CONTAMINAZIONE
RAPPORTI TRA I LINGUAGGI
DELL’ARTE VISIVA
ROMA, Palazzo Poli
fino al 18 luglio 2010
PERCORSI DEL NOVECENTO ROMANO
ROMA, VILLA TORLONIA, Casino dei Principi
fino al 4 luglio 2010
Al Casino dei Principi di Villa Torlonia è esposta fino al 4 luglio una interessante
selezione di opere provenienti dalla Galleria Comunale d’arte moderna chiusa da
tempo. Una settantina di lavori, tra sculture e dipinti bene illustrano quello che
è stata la prima metà del Novecento italiano nel suo passaggio dal Simbolismo
divisionista con Balla, Bocchi, Ferrazzi e Mancini, al Classicismo di Carena e
Severini, alla convivenza del movimento di Aeropittura Futurista di Tato, Benedetta
con la Scuola Romana di Mafai, Scipione e le personalità di Pirandello, Cavalli,
Morandi, Guttuso, Melli, e con il Realismo Magico di Donghi.
Info: [email protected]
All’Istituto Nazionale per la Grafica, a Roma, un’interessante mostra riflette sulle
relazioni tra i vari linguaggi artistici dal Cinquecento a oggi, con particolare
riferimento alla grafica e al rapporto di questa con la pittura e la scultura,
concentrandosi soprattutto sul passaggio dell’incisione, dal ruolo di “traduzione” a
quello di interpretazione e rielaborazione. Opere di chiaro impianto purista, in cui
è determinante la volontà di documentazione, come gli affreschi di Pinturicchio
tradotti da F. Giangiacomo e la Danae di Correggio ripresa da N. Otis e A. Porretti,
sono affiancate a reinterpretazioni di M. Pistoletto dell’opera di Piranesi e ai nudi
accademici di G. Marconi ispirati ai lavori di Michelangelo, nell’intento di esporre,
grazie anche a interessanti prestiti dalle Raccolte Museali Fratelli Alinari di Firenze,
dalla Deutsche Bank Collection di Francoforte e dalla Fondazione Sandretto Re
Rebaudengo di Torino, opere antiche e moderne vicino a lavori in cui la ricerca è
legata all’utilizzo di nuovi mezzi espressivi, come fotografia e video, attestato, fin
dall’ingresso all’esposizione, dall’istallazione degli street artist Artcock ispirata alla
Vocazione di Caravaggio. Colonna sonora della mostra è Rendering di L. Berio,
rielaborazione del 1989 di alcuni frammenti di Franz Schubert.
Info: www.grafica.arti.beniculturali.it
Insider
Mostre
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G
Gianni Borgna
G
ph Rino Barillari - www.rinobarillari.com
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di Carlo Calabrese
iornalista e scrittore di alto profilo professionale,
con l’attuale prestigioso incarico di Presidente
della Fondazione Musica per Roma, Gianni
Borgna è sempre in un turbinio di attività.
Ha recentemente dato alle stampe un prezioso volume
intitolato “Dal Piacere alla Dolce Vita”, scritto in sinergia con
il critico letterario Antonio Debenedetti, in cui sfilano nomi
di alto lignaggio letterario e cinematografico, quali Pier Paolo
Pasolini, Alfonso Gatto, Leonardo Sinisgalli, Luchino Visconti,
Federico Fellini e tanti altri, che hanno contraddistinto un
periodo molto fervido di invenzioni, creazioni, fermenti.
È stato ‘magna pars’ della Federazione giovanile comunista di
Roma nel 1975, di cui è stato segretario, lavorando insieme
a Walter Veltroni, Goffredo Bettini e altri. È stato poi dal
1993 al 2006, Assessore alla Cultura del Comune di Roma. E
ancora docente di Sociologia della musica e Consigliere della
Biennale di Venezia.
Un operatore culturale a tutto campo che, con questo
suo ultimo libro, ci restituisce il sapore di un’epoca
irrimediabilmente finita, con un piglio giornalistico rigoroso
ed efficace e dandone anche una periodizzazione ben
definita.
Fra le sue opere, “Storia della canzone italiana”, “Il mito
della giovinezza”, “Il tempo della musica”. Tra i suoi molti
lavori audiovisivi, “La Roma del Luce” e “Città aperta” (storia
culturale del dopoguerra a Roma), prodotti dall’Istituto Luce.
Fra i moltissimi personaggi che si sono avvicendati nel
suo volume “Dal Piacere alla Dolce Vita”, ce ne è uno, in
particolare, a cui è più affezionato?
Ad alcuni sono personalmente più affezionato. Per me
Pirandello è stato un personaggio chiave della drammaturgia
contemporanea e, a mio avviso, rappresenta un punto di
riferimento imprescindibile. Sul piano letterario, mi piacciono
molto anche Gadda e Pasolini.
Lei ha intrattenuto, per lungo tempo, una consuetudine
amicale con Pasolini. Ce ne può parlare?
In primis, mi piaceva come poeta. Me ne innamorai molto.
L’ho sempre definito il ‘Leopardi dell’800’. La sua è una
poesia, in fondo, ‘impura’, come anche quella di Leopardi. E
mi ha sempre molto intrigato sin dai tempi dell’adolescenza.
Prossimi progetti?
Ne ho molti. Per il momento, sto lavorano intensamente su
Pasolini, oltre che sulla vicenda della sua morte, su cui ho
scritto un saggio con Carlo Lucarelli per “Micromega” e che,
forse, diventerà un libro, anche perché lo stiamo ampliando.
Invece ora mi occupo del Pasolini ‘poeta-profeta’, proprio
perché rappresenta una delle voci più alte della poesia del
‘900 e, in specie, del secondo novecento ◆
Dal Piacere alla Dolce Vita
Editore: Mondadori
Autori: Antonio Debenedetti,
Gianni Borgna
Insider
Intervista
67
idee per il tuo compleanno
Feste a tema in costume
Baby Park
Magia Bimbi
Teatrino Burattini
Truccabimbi
Ballon Art
Dj e Baby Dance
Gruppo Musicale per bambini
Ambientazioni di Eventi
I
di Laura Pagnini
I
Noleggio Gonfiabili per interno ed esterno,
macchine per POP CORN, zucchero filato e crepes,
neve, fumo e bolle di sapone
l 21 maggio 2010 si è tenuto il COMICS DAY,
la Giornata Nazionale del Fumetto.
L’evento è stato promosso da Lucca Comics
& Games, su iniziativa del Comune di Lucca (Assessorato
alla Cultura e alle Politiche Giovanili), del Ministero della
Gioventù e dell’A.N.C.I. (progetto inserito nella “Rete dei
Festival Aperti ai Giovani”, cofinanziato dal Ministero della
Gioventù), e in collaborazione col Comitato Nazionale “Un
Secolo di Fumetto Italiano”, con le manifestazioni Napoli
Comicon, Romics e Bilbolbul, e con le associazioni Anafi e
Centro Fumetto Andrea Pazienza. Esso ha goduto inoltre del
Patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del
Ministero degli Esteri.
Attualmente i fumetti stanno vivendo un momento importante
e li troviamo sempre più frequentemente allegati ai quotidiani,
nei musei e nelle gallerie d’arte.
Il mondo dei bambini a portata di mano
[email protected]
Via Santa Cornelia, 5/A • Formello (zona industriale)
Tel. 069075339
www.videomartin.it • [email protected]
Vi è inoltre il moltiplicarsi delle scuole di settore, la nascita
di molte nuove case editrici, il dilagare del fenomeno dei
Cosplay (ragazzi che si vestono come i personaggi dei manga)
e una grande produzione di nuovi generi.
A Milano, all’interno dei locali della fumetteria Supergulp
è stata allestita una mostra di storici “Numeri Uno” di albi
Marvel (Uomo Ragno. Devil, etc..), Bonelli (Tex, Dylan Dog,
etc..) e altri numeri introvabili
Gli insegnanti della Scuola del Fumetto di Venezia, Lucio
Schiavon, Fabrizio Capigatti, Roberto Bottazzo, Marco
Checchetto hanno illustrato le loro opere e le tecniche che
utilizzano nella loro realizzazione.
C’è stata inoltre, durante tutto il weekend, una esibizione sul
fumetto italiano dalle origini ai giorni nostri.
Il Comics Day ha voluto condividere con tutti l’importanza e
la ricchezza del patrimonio artistico e culturale del fumetto,
evidenziando le infinite opportunità offerte da questo mezzo
in altri ambiti, primo fra tutti quello didattico ◆
Insider
Fumetti
69
O
O
IL SENSO DELLA REALTÀ
gni individuo si realizza attraverso una
sua personale visione del mondo.
L’uomo dunque è dotato di una capacità
intenzionale da cui deriva la sua libertà di soggettivare la
realtà, dandogli un significato piuttosto che un altro. I
comportamenti stessi quindi non sono causati dall’esterno,
ma motivati dall’interno, ossia dal valore che l’individuo dà a
ciò che accade al di fuori di se stesso.
L’educatore, per non impostare il rapporto con l’educando
in modo autoritario ed oggettivante, per non imporre la
di Laura Pagnini
propria mentalità, deve comprendere la visione del mondo
di quest’ultimo, senza pregiudizi. Deve calarsi cioè nei suoi
panni, entrare in sintonia con lui, con il massimo della sincerità
possibile. Leggere la realtà come lui, parlare il suo linguaggio.
Deve cogliere i suoi più profondi e sensati orientamenti
esistenziali per cercare di metterlo in contatto con altre
visioni del mondo, per stimolarlo, motivarlo. Per ottenere ciò
è fondamentale che tra i due soggetti si instauri un rapporto
di simpatia da cui scaturisca la giusta disposizione d’animo
che conduce a un dialogo costruttivo ◆
Insider
Insider
Vini
vini
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IL VINO DEL DIAVOLO
NASCE IN PARADISO
La Malvasia Tasca D’Almerita, il “vino del diavolo” come scrisse
Guy de Maupassant a proposito del “vino dei vulcani”,
nasce a Capofaro nell’isola di Salina. Un vero paradiso terrestre
di Monia Innocenti
71
P
P
ensate ad un’isola. Ora ad un promontorio.
Immaginate dei vigneti a picco sul mare
e di svegliarvi la mattina con addosso il
profumo dell’uva. Aprite una finestra e davanti a voi solo
acqua cristallina, le linee di Panarea e Stromboli a darvi il
buongiorno, un silenzio fatto dai rumori della nostra terra e i
filari di Malvasia.
Questa è Salina, l’isola più verde dell’arcipelago delle Eolie e
vi trovate nel resort Capofaro, proprietà della famiglia Tasca
d’Almerita, produttrice di vini siciliani noti in tutto il mondo.
Nasce qui la Malvasia Tasca d’Almerita: armonico equilibrio
tra dolcezza ed acidità, nonostante sia un vino dolce rimane
fresco come il vento che passa fra le sue uve. Il processo
produttivo è ancora quello tradizionale dell’appassimento
al sole su stuoie e cannizzi, facendo molta attenzione che
avvenga in modo dolce e graduale per evitare che l’uva
subisca dei processi di caramellizzazione.
Il resort si inserisce fra alte pareti di roccia bruna vulcanica,
alternate alla macchia mediterranea e ai vigneti che si tuffano a
picco nel mare, in prossimità del faro da cui prende il nome.
Inserite nelle tipiche case eoliane dal tetto piatto e dipinte di
bianco anche all’interno, tutte le venti camere hanno vista sul
mare. Molto ampie, arredate con eleganza e sobrietà, hanno
stanze da bagno molto ricercate con vasche idromassaggio
o grandi docce per due. Molti i particolari di ispirazione zen
come il dosaggio delle luci, le candele, le lanterne e i bassi
lettini di legno.
Il ristorante da quest’anno ospita lo chef Riccardo Di
Giacinto, allievo di Marco Pierre White e di Ferran Adrià.
Il giovane chef, noto per i suoi abbinamenti insoliti e
fantasiosi, avrà modo di realizzare piatti straordinari grazie
alla varietà di prodotti offerti da quest’isola, primo fra tutti
il pesce freschissimo. Ad accompagnare gli ingegnosi e
gustosi piatti, tutte le prestigiose etichette Tasca d’Almerita.
Naturalmente.
Ogni particolare a Capofaro diventa essenziale: la piscina
ha una zona relax con idromassaggio; un’agevole discesa
che parte di fianco al Faro, vi consentirà di raggiungere
comodamente a piedi la spiaggia privata di rocce e ciottoli;
nella club house vi potrete rilassare, davanti al camino nelle
serate più fredde, leggendo qualcosa dalla piccola biblioteca
che propone libri sulla Sicilia e i libri di cucina e cultura
locale a firma della Marchesa Anna Tasca Lanza.
Capofaro coinvolge i cinque sensi. È un posto da vedere,
gustare, ascoltare, annusare e toccare almeno una volta
nella vita ◆
Info: +39 0909844330-1 - www.capofaro.it
Come arrivare: collegamenti da Milazzo, Palermo, Reggio
Calabria e Napoli. Possibili gli arrivi in elicottero.
Da non perdere: aperitivo al tramonto con i vini Tasca
d’Almerita guardando il mare, la famosa spiaggia di Pollara
immortalata nel film di Troisi “Il Postino” e le escursioni
organizzate dai pescatori sui tipici gozzi.
Insider
Vini
Insider
Dessert
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73
I
I
Dolce
cremosità
l gusto intenso del caffè, la morbida cremosità
del mascarpone, la consistenza dei savoiardi.
Sono questi tre elementi che caratterizzano
uno dei dolci più famosi al mondo. Semplice eppure così
amato. Parliamo naturalmente del tiramisù. Quella golosità
casalinga che tutti, o quasi, hanno provato una volta o l’altra
a preparare nella propria cucina, complice la semplicità della
ricetta, solo uova, zucchero, mascarpone, caffè e biscotti e
della realizzazione, che non richiede alcuna cottura, ma solo
qualche ora in frigo, per far assestare i sapori e assicurarne
la giusta consistenza. L’origine è incerta e diverse regioni
italiane se ne contendono la paternità, derivandola da storie
più o meno pittoresche collegate alle sue presunte proprietà
afrodisiache o ricostituenti, oppure pretendendo che fosse
stata dedicata a Cavour o al Granduca di Toscana Cosimo de’
Medici, noto goloso, per il quale si voleva inventare un dolce
importante, deciso, ma semplice negli ingredienti. In ogni
parte del mondo grandi e piccini continuano a consumarne
provando le piccole grandi varianti proprie di ogni ricetta che
si possa dire veramente popolare.
Sono aggiustamenti nelle dosi, più o meno zucchero, o
nella procedura, montare insieme o separatamente tuorli
e albumi, oppure sono rielaborazioni: Pavesini invece dei
savoiardi, varianti alla frutta, senza caffè o con una punta
di liquore. Addirittura qualcuno tenta versioni ipocaloriche
sostituendo tutto o parte del mascarpone con la più innocua
ricotta, passando così da un formaggio prodotto dalla crema
di latte a uno che deriva solo dal siero, praticamente… i
due opposti caseari. Fortunatamente i più si convincono
che quando bisogna fare un peccato di gola, bisogna farlo
per bene.
Per raccontare al meglio i segreti e le evidenti virtù di questa
irresistibile tentazione abbiamo incontrato Roberto Pompi,
uno dei fratelli che gestisce l’omonimo bar-pasticceria, che
sin dagli anni ’80 è diventato per tutti il “regno del tiramisù”.
Gli chiediamo cosa renda così speciale il loro tiramisù, ormai
conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, da gente comune
e personaggi famosi che non di rado si incontrano nei locali
di Via Albalonga, proprio di fronte a una famosa società di
doppiaggio, osserva lui, che vede un via vai di volti noti (tra i
tanti Verdone, Raul Bova, la Bellucci, Totti) che si fermano a
ogni ora per una pausa golosa. La risposta è tra le più semplici
e disarmanti: il segreto, se così lo vogliamo chiamare, è
nella ricetta, messa a punto nel tempo per raggiungere un
perfetto equilibrio di tutti gli ingredienti, che devono essere
di massima qualità.
Un esempio è il caffè: per il dolce, come per il bar, si usa
solo Illy, con miscela 100% arabica e questo incide sulla resa
finale. I savoiardi sono imbevuti ma non c’è mai liquido in
eccesso. Stesso discorso anche per il mascarpone, la sua
qualità assicura una crema morbida e suadente. Naturalmente
per la commercializzazione si usano uova pastorizzate
(la legge lo impone per scongiurare pericoli dovuti all’alta
deperibilità delle uova crude), ma per tutto il resto non ci
sono differenze dalla ricetta casalinga: solo la cura e il tempo
dedicato a bilanciare i sapori lo ha reso così speciale.
Il bar-pasticceria è aperto dal mattino presto per la colazione,
fino al dopocena. A ogni ora la richiesta di tiramisù è altissima
e non è difficile capire come alcuni ristoranti propongano,
magari senza dichiararlo, questo dolce ai propri clienti. È
l’effetto del successo, naturalmente. “Per questo recentemente
si sono aggiunti nuovi punti vendita e continuiamo a dare il
massimo ai nostri clienti: abbiamo ben tre diverse varianti di
tiramisù, più la versione per celiaci, con biscotti senza glutine,
mentre al bar stiamo puntando moltissimo sull’aperitivo e i
cocktail, con barman professionisti di alto livello”. Per noi
golosi, però, dire Pompi significa dire tiramisù ◆
A.D.S.
Bar Pompi
Via Albalonga, 9 tel. +39 067000418
Via Cassia, 8b/c tel. +39 063333488
Via Calpurnio Fiamma, 67
I tanti volti del tiramisù
Negli anni si sono aggiunte al “classico” due varianti alla
frutta: quello alla fragola, molto amato anche all’estero
e quello alla banana e cioccolato fondente, ultimo nato
da un’idea di Roberto Pompi che ha voluto rielaborare
un suo peccato di gola giovanile facendone una nuova
specialità.
Insider
percorsi del buon gusto
Guardando il mare, sulla terrazza di un resort cinque
stelle, o nel roof design di un museo. Per momenti
di relax lontano dalla città o per chiudere al meglio
una giornata all’insegna dell’arte, anche culinaria
La posta
delle meraviglie
Superato il cancello sembrerà di entrare in un mondo
magico: il grande giardino all’italiana che circonda
l’edificio, struttura voluta dagli Orsini nel 1640, l’affaccio
sul mare, la piscina interna, il museo del piano interrato che
conserva resti di una villa romana, le opere d’arte e i pezzi
d’antiquariato scelti dal vecchio proprietario (nientemeno
che Paul Getty) per un arredo di elegante austerità: scoprirete
con facilità perché questo è uno dei Relais e Chateau più
famosi al mondo, premiatissimo da guide di settore e
meta ambita di personaggi famosi in cerca di bellezza e
tranquillità. Anche se siete approdati a Palo solo per godere
delle delizie del The Cesar, il ristorante dell’albergo (e non
è cosa da poco: lo chef Michele Gioia ha conquistato qui
una stella Michelin), non mancate di fare una visita: per
tanta bellezza il vostro animo vi benedirà. Con la buona
stagione approfittate della terrazza panoramica sul mare, e
scegliete il percorso enogastronomico preferito: stagionale,
dal territorio o degustazione, la proposta che non dimentica
le esigenze dei più piccoli o di chi ha particolari necessità,
come per i celiaci, si basa su carne e pesce e prodotti
stagionali soprattutto locali, quando non prodotti nell’orto
biologico del resort, una punta di invenzione e una mano
leggerissima. Interessante anche la cantina, che riserva, oltre
ai grandi nomi, anche etichette tutte da scoprire, insieme a
un servizio di grande livello, curato e professionale. Inutile
dire che, per chi desidera, la giornata si può protrarre per
trasformarsi in una mini vacanza da favola.
Elegante, moderno, versatile. L’Open è uno spazio forse
unico nel panorama romano. Accoglie nel suggestivo cubo
trasparente in orari diversi una clientela eterogenea: easy
lunch nei giorni feriali, aperitivo, brunch nel fine settimana.
Ma è la sera che il locale assicura il meglio, con la proposta
gourmet, perfetta per chiudere con una cena importante
una giornata all’insegna del bello e dell’arte, magari dopo
aver visitato le esposizioni in corso al “Palazzo” (fino all’11
luglio: La Natura secondo De Chirico, Mimmo Jodice, e
l’installazione di Giulio Paolini “L’enigma dell’opera”). Il
richiamo con il glorioso ristorante di Labico, che per tanti
anni è stata la casa di Antonello Colonna, qui è evidente,
nella porticina rossa, nella raffinatezza dei tavoli nello
spazio sovrastrante, riservati alla ristorazione di prestigio
e, soprattutto, nei piatti: una proposta di forte legame
con le tradizioni romane e laziali, rielaborate con una
vena creativa molto precisa e un grande virtuosismo nella
realizzazione. Ci sono il cannolo di baccalà, panna acida,
caviale e limone candito, i cubi di coda alla vaccinara, con
fave di cacao e sedano effervescente, l’intelligente negativo
di carbonara (ravioli ripieni del classico condimento della
carbonara, serviti su una crema di parmigiano), il filetto di
merluzzo, lattarini, insalata di friggitelli e riso soffiato. Sono
solo alcuni piatti, alcuni già storici, che si accompagnano
a una grande lista dei vini: 1.000 etichette e una carta
dedicata al meglio dell’enologia laziale. Per gli appassionati
l’Open Cigar Club, con il suo humidor in legno di cedro
con 25 locker, è un richiamo irresistibile. Per tutti gli altri
la magnifica terrazza, in cui si nasconde un piccolo orto,
saprà regalare attimi di impagabile relax e bellezza.
Open Colonna
Scalinata di via Milano, 9 a
tel. +39 06 47822641
www.opencolonna.it
The Cesar de La Posta Vecchia
Palo Laziale Roma
tel. +39 06 9949501 - [email protected]
www.lapostavecchia.com
Antonella De Santis
wild west
Una cena d’autore
wild west - Steak House
Via della Giustiniana, 906 - Tel. +39 0630207222
Aperto tutti i giorni dalle 19,
sabato e domenica anche a pranzo
Chiuso il lunedì
Giocando al far west
Grandi e piccini sulla strada dei pionieri
T
ante serate trascorse sognando la grande epopea
dei cow boy e degli indiani, scoprendo, quasi per
gioco, che il west è a pochi minuti da noi, nella
campagna romana. Qui infatti una distesa verde, con
un bosco naturale e graziosi laghetti, ospita Wild
West: un angolo di quel lontano mondo dei nativi d’america
e dei pionieri, di frontiera e d’avventura. Ci si arriva per un
aperitivo al tramonto, si rimane per la cena,
ascoltando l’ottima musica di sottofondo,
affascinati dall’atmosfera da film e dalla
bellezza sorprendente di questo parco a
un passo dal caos della città. Un cancello
segna il confine verso l’ovest, con un
toro a grandezza naturale che accoglie
gli ospiti in questo piccolo viaggio oltre
frontiera. All’interno, la sala che ricostruisce
perfettamente la scenografia dei film di cow boy: la banca
e la prigione (che ospita un tavolo per piccole comitive) e
www.wildweststeakhouse.it
ovunque selle, vecchie Colt, cinturoni, frecce, totem, targhe,
tutti pezzi originali che accompagnano in questo viaggio che
parte dalla buona tavola. Il menu, naturalmente, non può
che cedere al richiamo della carne, con una vasta selezione
italiana e straniera da cucinare sulla griglia a legna: scottona
irlandese e entrecote danese, bistecca canadese e bisonte del
Nebraska, galletto e hamburger. Una cucina robusta e saporita
che non dimentica primi piatti, insalate,
contorni gustosi come le bucce di patate
fritte e le verdure grigliate, da accompagnare
con vini e birre. Si chiude in dolcezza, con i
tanti dolci preparati in casa, golosi e genuini,
scaldati dal camino al centro dalla sala o
ospitati dall’ampio spazio all’aperto, da cui
osservare i tanti animali: papere, cigni, daini,
maialini, che faranno la gioia dei più piccoli.
Per chi non resiste al vizio del fumo, una sala riservata da cui
godere della vista incantevole del parco.
76
Convivi storici:
il Seicento
a tavola
F
u il secolo di transizione dalla grande
cucina italiana alla grande cucina
francese. Si apre l’epoca dei cuochi e dei
grandi architetti di banchetti.
Niente più condimenti che coprono il sapore delle vivande,
poche spezie a favore delle erbe aromatiche e del limone.
La carne viene cotta molte ore fino a quando non si stacca
dall’osso.
Le vivande delle classi più umili sono fagioli, polenta di mais,
pane casareccio farcito con formaggio.
Pochi i condimenti, olio al sud e grasso di maiale al nord,
burro per i nobili.
Ci furono novità anche nel campo delle bevande. La più
importante fu la scoperta del metodo champenoise che
Dom Perignon inventò nel 1688 dando origine alla prima
produzione di Champagne.
In Italia fu il boom della gelateria, della torrefazione del caffè
e della diffusione della cioccolata. Al contrario della Francia
la comparsa del pomodoro diede a sua volta origine alla
preparazione di creme e salse per il condimento della pasta.
Ricetta tratta dal libro “La Cucina Storica, percorsi alimentari
dal Medioevo al XX secolo” di Bruno Cantamessa
Gattafura alla genovese
Dall’Opera di Bartolomeo Scappi, nato nei primi decenni del
XVI secolo e cuoco segreto di Pio V.
Preparare un pasta con 250 g di farina, acqua, 3 cucchiai di
olio extravergine di oliva e sale quanto basta (pasta matta).
Lavorare tutto per circa 10 minuti e comunque sino a ottenere
un impasto omogeneo e morbido.
Fatela riposare almeno 30 minuti coperta con un canovaccio
appena inumidito.
Ingredienti
300 gr di bietole già pulite
150 gr di formaggio crema di latte (formaggio fresco di pecora
spalmabile laziale)
100 gr cacio stagionato grattugiato
Olio extravergine di oliva, sale e pepe q.b.
Preparazione
Lessare per qualche minuto le bietole in acqua bollente e
leggermente salata.
Scolarle e una volta raffreddate strizzarle per bene.
Tritarle finemente con una decina di foglie di menta.
Mettere in una ciotola le erbe trite, con il formaggio fresco.
Ungere una teglia e stendere un primo foglio di pasta sottile.
Stendere il composto uniformemente, spolverare di cacio
stagionato grattugiato, pepe nero e spargere un poco di olio
di oliva.
Ricoprire con altro strato sottile di pasta chiudere i bordi
spennellare di olio di oliva e cuocere in forno già caldo (180°)
fino a doratura della superficie.
Servire calda.
Ed eccovi il testo originale per chi vuole divertirsi davvero:
“Piglinsi struccoli overo agretti, i quali sono casci freschi fatti
di un giorno senza sale, e quando hanno alquanto del forte
sono assai meglio, pestisino nel mortaro tanto che venghino
come butiro e si mescolino con biete trite, un poco di menta
battura, e pepe pisto, poi habbisi uno sfoglio di pasta, e
stendasi sopra il suolo di rame onto di butiro, e pongasi sopra
esso sfoglio la compositione che non sia alta più di mezzo
dito, e sopra la compositione spargasi olio dolce, e cuprasi
con un altro sfoglio sottilissimo, e facciasi cuocere nel modo
sopra detto, e servasi calda perché fredda non vale niente; è
ben vero che molte volte si riscaldano sopra la graticola, e in
questo modo si possono fare anchora nelle tortiere” ◆
Info: [email protected]
Foto Open Colonna - Cigars humidors
F
di Enrica Muretti e Bruno Cantamessa
Bruno Cantamessa
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78
LE CLEMATIDI
di Angelo Troiani
I
I
l genere Clematis appartiene alla famiglia delle
Ranuncolacee e comprende circa 250 specie,
diffuse in tutte le zone temperate della Terra,
che hanno dato vita, in varie combinazioni, agli splendidi
incroci dai grandi fiori colorati oggi tanto ambiti nei giardini
e terrazzi. Le Clematis vanno dal grande
arbusto rampicante, fino a piccole specie
erbacee, che disseccano completamente
durante l’inverno.
Le Clematidi che più facilmente troviamo
nei vivai sono ibridi delle specie europee e
asiatiche, coltivati e selezionati per le
peculiari caratteristiche dei loro
fiori. Tutte presentano infatti
fiori molto grandi, la cui parte
più vistosa è rappresentata
dai sepali, colorati come grandi
petali. Quando il fiore appassisce
la pianta produce una particolare
infruttescenza, costituita da una sfera
di piccoli semi ricoperti da una peluria.
Questi ultimi le donano un aspetto
aggraziato. Il nome clematide deriva dal
greco “klema”, viticcio. In antichità infatti
veniva considerata una vite.
I romani facevano crescere le Clematis sui muri delle
abitazioni per la loro fragranza e per la loro presunta capacità
di proteggere dai temporali. I tralci flessibili, ma resistenti,
venivano inoltre impiegati dai contadini fino a poco tempo fa
per fabbricare i cesti e legare le viti. Nei paesi nordici esisteva
l’abitudine di prelevare sezioni di fusto legnoso e fumarlo.
Il succo urticante delle sue foglie provoca lacerazioni delle
pelle ed era per i mendicanti un pratico espediente per
impietosire i passanti.
Il loro carattere vigoroso le rende invadenti nelle maggior
parte delle situazioni, ma costituisce una buona risorsa per
coprire grandi recinzioni antiestetiche.
Le Clematidi, soprattutto gli ibridi, sono di facile coltivazione,
a patto di rispettare alcune regole. Esigono infatti terreni
fertili, un buon drenaggio e se si intende
addossarle a un muro è buona regola
distanziarle di circa 30 cm e direzionarle
verso quest’ultimo con dei supporti. Tutte
le Clematidi esigono di avere le radici
all’ombra e la chioma al sole. Occorre
dunque proteggere le radici con dei
sassi o del pacciamante.
Molto importante è la
potatura. Gli esemplari che
fioriscono su legno giovane
sono da potare a fine inverno;
le specie che fioriscono su rami
più vecchi vanno potate dopo la
fioritura, limitandosi all’ eliminazione dei
rami secchi e a un leggero diradamento.
Le specie più diffuse sono la Clematis
montana, l’alpina, l’armandii florida, la
jackmani, l’orientalis e altre innumerevoli,
tutte con degli splendidi colori dal bianco, al viola, rosa,
rosso e giallo ◆
Sapori rustici
per una gita
nel verde
L
’
il corvo allegr
Insider
Botanica
Il corvo allegro
Seven Hills Village, Via Cassia, 1216 al km 13 - Tel. +39 0630362751
(provenendo dal Raccordo, uscita n. 3) La Giustiniana
Domenica aperto anche a pranzo
inverno sembra finalmente averci abbandonato e arriva
adesso la voglia di allontanarsi, almeno per un po’, dal
grigiore cittadino per respirare una boccata d’aria fresca,
di relax e spensieratezza. Non serve necessariamente
andare lontano, a volte è sufficiente trascorrere qualche
ora nel verde per fare il pieno di energia e buonumore.
Occorrono pochi minuti di macchina dopo l’ufficio per giungere
a destinazione e godere delle ultime ore di luce immersi nella
natura. Basta dare uno sguardo al parco: otto ettari rigogliosi
in ogni stagione, abitati da daini, papere, porcellini e cigni,
rallegrati dal canto dei molti uccelli e dal gracidare delle rane. In
un tale scenario è impossibile non ritrovare immediatamente il
buonumore, confortati da sapori veri, con un menu che è un inno
alla grande tradizione della cucina italiana, dove emergono con
www.ilcorvoallegro.it, [email protected]
forza i sapori di una materia prima scelta con cura ed elaborata
con semplicità. Primi piatti e pesce freschissimo, verdure e tanta
carne cotta alla griglia, senza tralasciare una bella scelta di dolci,
un goloso carosello che non poteva certo dimenticare la pizza
cotta nel forno a legna. Un menu che riesce a soddisfare anche
i palati più capricciosi, mettendo d’accordo grandi e piccini,
che troveranno qui tutto l’occorrente per trascorrere feste di
compleanno in allegria, con giochi gonfiabili, animazione e
intrattenimento musicale. Il Corvo Allegro, infatti, unisce alla
sala con la grande veranda da cui godere una strepitosa vista sul
parco, anche uno spazio disco pub, perfetta scenografia per le
feste pomeridiane dei bimbi e quelle serali dei più grandi. Basta
prenotare per trasformare una giornata qualsiasi in un momento
di festa e di vacanza.
Insider
Architettura
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CHIESA ROMANA
DEL SANTO VOLTO DI GESù
di Maria Laura Perilli - ph. Andrea Jemolo
L
L
a Chiesa del ‘Santo volto di Gesù’ a Roma Magliana rappresenta un esempio concreto
di architettura contemporanea nella nostra
città, che ha ricevuto grandi apprezzamenti durante la visita
pastorale del Pontefice Benedetto XVI.
L’edificio, ideato da Piero SARTOGO e Nathalie GRENON, è
stato realizzato tra il 2003 e il 2006.
Scardinando l’idea di un’architettura autonoma a tutti i
costi, i due progettisti ripropongono una secolare prassi
dell’architettura sacra pervenendo ad una visione corale
dell’ iter progettuale per mezzo del coinvolgimento di ben
otto artisti di respiro internazionale: Carla Accardi, Chiara
Dynys, Jannis Kounnelis, Eliseo Mattiacci, Mimmo Palladino,
Pietro Ruffo, Marco Tirelli e Giuseppe Uncini. Dalle formelle
della Via Crucis di Palladino alla cancellata esterna di
Uncini si respira ovunque il senso dell’apporto collettivo
come nell’antico cantiere delle cattedrali gotiche. Ognuno
è chiamato in piccolo ad onorare con il suo lavoro ‘nostro
Signore’.
L’impianto del complesso religioso si struttura su una V,
un cuneo deciso e profondo il cui punto generatore è il
Crocifisso di Resurrezione; come afferma il Cardinal Martini:
‘La Resurrezione del Cristo non è un miracolo. Il Dio che
attraverso il figlio ha assunto natura umana, dopo la morte
sulla Croce riassume la sua natura divina e immortale.’
La grande croce così posizionata diviene sottolineatura di
questo importante passaggio e da essa scaturisce una strada
corridoio in dilatazione capace, lungo il suo percorso, di
coinvolgere gli spazi di accoglienza, dall’aula ecclesiale agli
uffici parrocchiali. Man mano che il cuneo si allarga intercetta
uno spazio ad esedra proprio in corrispondenza del grande
rosone. Si genera, così, una prima forte integrazione tra l’aula
ecclesiale e la spazialità esterna ad essa; una idea di piazza
suggerita proprio dalla presenza della vetrata. Laddove il
cuneo raggiunge il massimo della dilatazione si trova l’ampio
sagrato: allora si mette definitivamente in atto un processo di
osmosi tra il complesso architettonico ed il tessuto urbano
circostante nel quale proprio il cuneo raggiunge il vertice
della sua funzione operativo-spaziale. Una scelta molto
apprezzata dagli abitanti del quartiere che hanno trovato nel
sagrato una nuovo spazio di aggregazione.
‘L’aula ecclesiale’ si distingue sul tutto con una forma
semicircolare coperta da una mezza cupola sostenuta,
a sbalzo, da una struttura metallica circolare a ‘mozzo
eccentrico’. Un’ “urbatettura” punto di riferimento percettivo,
sottolineata dal sensibile uso del travertino di rivestimento, in
una realtà urbana sempre più piatta, priva di quegli stimoli
visivi raffinati che contribuiscono con ‘il senso del luogo’ ad
un processo di aggregazione sociale di una folla sempre più
solitaria e dispersa in anonimi centri commerciali ◆
Info: www.sartogoarchitetti.it
Insider
Architettura
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83
Distribuzione di prodotti e tecnologie per:
Termica
Climatizzazione
Trattamento acque
Energie rinnovabili:
Kerguéhennec
di Delfina Giannattasio
Q
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uesto luogo dal nome complicato è un
parco situato in Bretagna tra Parigi e
Brest, che si estende su una superficie
di 170 ettari. Kerguéhennec è stato disegnato nel 1972 dal
paesaggista Denis Buler come giardino del castello (1710) del
conte di Lanjuinais.
Nel 1980 la tenuta diventa un particolare centro d’arte
contemporanea; un parco destinato ad ospitare sculture e
opere di Land Art, comprendendo inoltre un centro d’arte
con esposizioni sempre all’avanguardia e degli atelier con
residenze per ospitare non solo artisti interessati a lavorare
in situ, ma anche aperti per workshop a università di belle
arti e architettura.
Kerguéhennec è un raro esempio del genere in Francia ed
è uno dei più importanti d’Europa. Riunisce una ventina
d’opere d’arte dei maggiori esponenti della Land Art, come
i “Parcours flottant n°1 e n°2” di Marta Pan, “Le Sentier de
Charme” di Giuseppe Penone.
solare
termico
solare
fotovoltaico
geotermia
biomasse
Il nostro campo di intervento
spazia dal residenziale all’industriale
Engineering
Il concetto principale della Land Art è quello di fare arte
con e nella natura: non si rappresenta più la natura, ma si
interviene su essa. L’arte non è più un oggetto da vedere ma
un’esperienza da vivere.
Kerguéhennec è un posto che si presta perfettamente a
questo tipo di arte e quindi all’istallazione di opere del
genere. Il paesaggio evolve e si trasforma in modo incredibile,
passando dallo stagno con le ampie vedute sui campi di
colza e grano, alla vegetazione fitta del bosco, per finire
poi in quella densa e umida della palude; offrendo così agli
artisti come ai visitatori una molteplicità di situazioni e realtà
completamente diverse tra loro.
La visita diventa un’esperienza unica per lo spettatore che,
passeggiando per il parco, scopre le opere d’arte nascoste
nella natura. Molte delle opere sono state concepite in situ,
quindi pensate appositamente per lo spazio che le ospita e
non potrebbero avere senso in un altro luogo.
La relazione che si crea tra l’arte e la natura è incredibile ◆
Studio di fattibilità tecnica ed economica
Assistenza nelle pratiche per agevolazioni fiscali
Analisi energetica certificata
TermoIdraulica di Quadrana Fabio & C snc
Via Portuense, 2415/C - 00054 Fiumicino - Roma
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Insider
Design
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LE SEDUTE TRASFORMISTE
Sono poltrone o sofà,
ma sanno diventare anche altro:
ecco i nuovi prodotti multitasking,
perfetti per ogni esigenza
di Valentina Falcinelli
M
M
onolocali da 40mq, zone living
che accorpano cucina e soggiorno,
camerette microscopiche? Quando
l’abitazione si fa piccola, le idee dei designer diventano
davvero grandi. L’ultima tendenza di arredamento, infatti,
è rappresentata dagli oggetti trasformisti. All’apparenza
“qualcosa”, con un semplice gesto diventano “altro”:
un’ottima soluzione per avere, in un’unico prodotto,
tante risposte a molteplici esigenze. Che siano di spazio,
funzionalità, originalità o decoro poco importa. Quello che
conta è avere in casa propria un articolo multitasking bello
e comodo, proprio come le sedute che vi presentiamo in
questo articolo.
NEST, LA POLTRONA CHE VALE PER TRE
Prodotta dalla Nordic Design, Nest è una poltrona e un
comodissimo futon. Comodissima e super imbottita, è
proposta in 4 varianti cromatiche e ha un ingombro che va
dagli 85X85X100 (futon) centimetri ai 220X110 (poltrona).
IL DIVANO POLIFUNZIONALE DI EBUALÀ
Panca, divano letto, chaise longue, zona relax. Ecco cosa si
intende per “polivalenza”. Questo sofà, progettato dal collettivo
spagnolo Ebualà (ora i designer lavorano autonomamente), si
compone di tre cuscini pieghevoli che, inseriti all’interno della
struttura principale, consentono di trasformarlo a piacimento.
Perfetto per personalizzare gli spazi, Cafè&Leche è utilissimo
anche per creare la giusta atmosfera a seconda delle
relazioni sociali che ci si trova a vivere. Se siete un’azienda
di arredamento e vi interessa produrre questo articolo, potete
scrivere a [email protected].
IL TAVOLO SOFÀ DI CAMPEGGI
Il Flip/Sofa Table, progettato dal designer Adrien Rovero
per la ditta Campeggi è ideale per chi vive in spazi ristretti.
Basta un “flip” per trasformarlo da divano a tavolo, senza
l’ausilio di alcun meccanismo. Sotto la base del sofà, infatti,
è nascosto il ripiano. Basta ruotarlo e poggiarlo sui braccioli
e il gioco è fatto.
L’ESPERTO SPIEGA
SEI MATERASSI, UN SOLO DIVANO
Un design essenziale per il divano letto proposto dai designer
Ole Jensen & Claus Mølgaard, un prodotto che esprime al
massimo il concetto di convivialità. La struttura in bambù
ospita ben sei materassi che, all’occorrenza, possono essere
utilizzati per ospitare i propri amici per la notte.
FUNGHETTO, IL TAVOLO-POUF
Un po’ come i funghi, che in un lasso di tempo brevissimo
si trasformano, così questo oggetto cambia rapidamente il
suo aspetto. Da tavolino servitore, si “spetala” per diventare
anche un comodo pouff. Funghetto è stato progettato da
Giampietro Preziosa e realizzato da A.PE.S e Lucatelli ◆
Il progetto più complesso sul quale ogni designer, per
essere definito tale, deve cimentarsi durante la sua carriera
lavorativa o didattica è il concept per una seduta innovativa.
Ed è complesso perché per progettare questa icona di
design bisogna conoscere prima di tutto il corpo umano e non è poco - nonché una lista interminabile di altre cose
che non starò qui a elencare. Premesso questo, ritengo
le sedute un oggetto di utilizzo quotidiano fondamentale
per la vita dell’uomo, che negli anni ha affascinato, e
continua a farlo, l’intelletto dei progettisti di qualsiasi età
e nazionalità. Questo, assieme all’evolversi delle tipologie
abitative attuali, è il motivo per cui la rubrica di questo
mese vede alcuni progetti innovativi che hanno come filo
conduttore il sedersi, la convivialità e - cosa più importante la “trasformabilità”.
Emiliano Brinci
Info: www.designtrasparente.com
www.designtrasparente.blogspot.com
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Jaime Hayon per Camper
Doshi-Levien per John Lobb
Zaha Hadid per Melissa
S
Zaha Hadid per Lacoste
Jaime Hayon
¨LE SCARPE¨
degli architetti!
S
iamo certamente abituati a designer che si
confrontano e si cimentano con gli arredi più
diversi, dalle lampade alle sedie; ma assistiamo
incuriositi a molti di loro già famosi e “all’apice della gloria”,
che si avvicinano al mondo della moda disegnando... scarpe!
Jaime Hayon, per esempio, ha firmato una linea coloratissima
per l’azienda spagnola Camper, mentre Karim Rashid ha
disegnato, per il brand brasiliano Melissa, decolletè in
morbida plastica dalle linee sinuose. La coppia Doshi-Levien
ha contribuito allo charme della britannica Lobb.
La blasonatissima Zaha Hadid, architetto iracheno di
fama mondiale, ha momentaneamente accantonato i suoi
futuristici grattacieli per dedicarsi a questo accessorio. Anche
lei per “Melissa”, ha disegnato scarpe in uno stile che ricorda
molto il suo modo di progettare edifici: linee avvolgenti e
Doshi-Levien per John Lobb
armoniose hanno originato calzature che avviluppano piede
e gamba, arrotolandosi morbidamente attorno alla caviglia.
La forma affascina, ma la comodità? Eguaglierà il design?
Anche per Lacoste la vivace Zaha ha disegnato scarpe
sportive che, con lunghi nastri, corrono fino al ginocchio per
la donna e si fermano alla caviglia per l’uomo. Per esse ha
trattato un morbido pellame di vitello, con una superficie a
schegge che continua anche sulla suola sottilissima.
Non troveremo queste calzature nella boutique sotto casa:
saranno prodotte in un’edizione limitata di 850 paia e
vendute esclusivamente da Colette a Parigi, in Corso Como 10
a Milano e a Dover Street Market a Londra ◆
Antonella Pirolli architetto
[email protected]
Insider
Architettura
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Architettura
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Copertura piani in vetro secondo piano
da poco terminati e incastrato nel caos di un tessuto urbano
cresciuto col tempo nel disordine della metropoli milanese. La
Galleria pertanto si arretra dal fronte strada rispetto agli edifici
vicini, lasciando spazio a una piazza antistante che invita e
accoglie il visitatore aprendosi verso l’esterno.
L’edificio poi non c’è, si annulla: non ha pretese compositive,
le facciate non esistono, la bidimensionalità sparisce a favore
del tutto, del volume, dell’oggetto. Un parallelepipedo nato per
rispettare le esigenze dell’artista, che si può guardare da ogni
lato, senza che ci sia un verso privilegiato: un tempio per l’arte.
L’edificio sorge su un lotto rettangolare e si articolo su
quattro livelli di cui uno interrato e si colloca arretrato
rispetto all’allineamento della strada così da definire uno
spazio antistante come una piccola agora aperta verso la
città che, nel contempo, consente il distacco della Galleria
dal contesto limitrofo.
Il volume fuori terra è caratterizzato dall’arretramento dei
due piani superiori rispetto al piano terra, che rappresenta
lo spazio principale della galleria e la cui copertura piana
diventa un grande terrazzo al primo livello. Un secondo
terrazzo si trova sulla copertura dell’edificio caratterizzato da
un grande lucernario che illumina il secondo piano privo di
aperture sul fronte principale.
Lo spazio e la luce sono gli elementi che definiscono i grandi
volumi delle sale espositive, con altezze tali da accogliere
anche le opere di dimensioni più importanti, mentre uffici e
servizi si trovano sul fondo della galleria.
La scelta di posizionare le scale all’esterno dell’edificio ha
permesso di sfruttare al massimo gli spazi interni fornendo
al contempo un elemento di linguaggio fortemente
caratterizzante alla facciata posteriore. La struttura delle
scale, realizzata interamente in ferro zincato, si articola con
Facciata esterna
UN CUBO PER L’ARTE MODERNA
È il White Cube inaugurato a Milano
dalla celebre gallerista italiana Lia Rumma,
che di fatto diventerà la più grande galleria
d’arte moderna d’Europa
di Alessandra Vittoria Fanelli - ph. Corinna Cappa
C
C
on una personale dedicata a Ettore Spalletti,
artista che ha creato un linguaggio sospeso
tra pittura e scultura, Lia Rumma ha
inaugurato ufficialmente lo scorso 15 maggio il suo nuovo
spazio espositivo ricavato da un ex-capannone industriale: il
White Cube spettacolare edificio bianco distribuito su quattro
livelli, che ospita la Galleria e gli uffici, un laboratorio per gli
artisti e ampie sale per le opere d’arte.
Un progetto molto ambizioso sia come intervento
architettonico sia come nuova sfida su cui Lia Rumma ha
Lia Rumma
deciso di scommettere: quella di far diventare Milano polo
culturale dell’arte contemporanea.
L’incarico di progettare questa nuova cattedrale per l’arte, la
gallerista lo ha affidato a CLS Architetti, uno studio composto
da Giovanna Cornelio, Massimiliano Locatelli e Annamaria
Scevola, giovane gruppo di progettisti affiatati che hanno
risposto con slancio alla sfida della indomita Lia.
Il volume dell’edificio, come scolpito in un blocco geometrico di
marmo statuario dalle proporzioni classiche, si erge in un lotto
tra vecchi edifici ex industriali e nuovi insediamenti abitativi
Interno con installazioni di Ettore Spalletti
Scale esterne
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Architettura
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PERGOTENDA - MILLENNIUM
TENDE DA SOLE - ARREDI ESTERNI
Via di Santa Cornelia, 5 - Zona Industriale Formello (RM)
Tel. 06 90400430 - Fax 06 90405016
[email protected] - www.sunshop2.it
Interno
doppie rampe che si incrociano e conducono alle alte vetrate
di accesso alle sale.
Il piano terra si apre sul cortile di ingresso attraverso una
grande vetrata suddivisa dai montanti dei serramenti il cui
ritmo è scandito dall’alternanza tra ingressi pedonali e grandi
aperture per l’accesso delle opere di grandi dimensioni. La
medesima scansione è ripetuta nella vetrata di accesso al
terrazzo del piano primo e riemerge infine sul terrazzo di
copertura sottoforma di pergolato in profilati di ferro, che
fungono anche da struttura portante per la serra interamente
vetrata posta in cima all’edificio.
Grande attenzione è stata data dal progetto ai materiali. La
finitura di tutti i muri perimetrali dell’edificio è in cemento
bianco TX Millenium, un cemento “ecologico” autopulente
di nuova tecnologia rigenerante capace di ricreare il
processo di fotosintesi proprio delle piante e pertanto in
grado di ridurre il livello di anidride carbonica presente nel
microclima circostante. Si mantiene nel tempo inalterato
nella forma e nel colore e apporta un contributo sensibile e
tangibile all’ambiente. Cemento anche per i pavimenti, grigio
industriale ovunque sia nelle sale espositive sia negli spazi
all’aperto che tra loro comunicano in modo fluido attraverso
le grandi pareti vetrate.
Dall’esterno l’edificio appare compatto e omogeneo mentre
gli interni sono suddividi tra diversi livelli indipendenti ma
collegati tra loro: un monumento minimalista ripensato con
grande efficacia dai giovani architetti cha hanno invaso di
luce naturale tutti gli spazi dove si perde il senso dello spazio
per dare risalto all’arte come quella delle grandi installazioni
di Ettore Spalletti che hanno inaugurato in modo evocativo
questo nuovo spazio della metropoli milanese ◆
Ingresso al White Cube
Ritratto Ettore Spalletti: Studio Moscuto ph. Maria Di Paolo
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rivenditore autorizzato
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Design
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OLTRE IL GIARDINO
Sono declinati in raffinate linee di colori e forme
i mobili, le luci e i complementi d’arredo
che decorano con fragranza i patii delle case al mare,
i giardini in campagna e, perché no,
anche le invidiate terrazze metropolitane
di Vittoria di Venosa
Everest collezione Esterno Tao
L
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e diverse proposte per arredare ogni spazio
esterno, sia il balconcino fiorito che l’ampia
terrazza che spazia sull’orizzonte, presentate ai
recenti eventi espositivi quali Macef e Salone Internazionale
del Mobile di Milano, hanno un solo leitmotiv: sono
trasformabili e liberamente mixati.
Dopo il bagno, il nuovo regno del piacere per l’estate è vivere
intensamente la stagione più amata da tutti arredando, con
gusto oltre il giardino, gli altri spazi aperti.
Non solo mobili ma apparecchi luminosi che si caricano
della luce solare durante il giorno per poi diffonderla nella
notte; chaise-longue che diventano lettini; tavoli arredati con
classe; accessori colorati e freschi dai toni caldi del giallo,
dell’ocra e dell’arancio, in un tripudio di inedite combinazioni
per godere appieno il calore/colore dell’estate.
DeCastelli modello Radici design Patrizia Pozzi
Rexite modello Eveline design Raul Barbieri
Corradi modello Defender
Ecco ad esempio la collezione Radici che Patrizia Pozzi,
la nota gardening designer che ha realizzato i giardini e i
parchi di villa Macherio di Silvio Berlusconi, ha disegnato
per la DeCastelli introducendo la sua poetica che si basa
sull’ibridazione tra oggetti della natura e artefatti umani: una
nuova linea per l’outdoor che si trasforma in strutture vegetali
progettate per essere ricoperte di piante rampicanti e offrire
la sensazione di vivere dentro la natura.
Più tecnica invece la collezione d’arredo di Everest che con
Esterno Tao, propone una linea esclusiva di tavoli, divanetti e
lettini in diverse misure realizzata in alluminio anodizzato nei
colori naturale e bianco di classica eleganza ma di altrettanto
solida qualità.
Il Total look di Corradi con le vele ombreggianti Velombra
sono l’essenza totale per vivere qualche ora di quiete in
giardino, una festa nel parco della villa affacciata sul mare
o sorseggiare un bicchiere di vino con gli amici in terrazza.
Resistenti al sole e alla salsedine la linea Defender, un telo
composto da due vele avvolgibili, crea un rifugio esterno
per il relax e il tempo libero che si integra con l’ambiente in
modo armonioso.
Ideale per i piccoli dehor vista-mare, invece la leggera
seduta Eveline (design Raul Barbieri per Rexite) che grazie
alle sue linee fluide e continue sembra immersa nelle
profondità marine.
Perfetta per organizzare allegre grigliate in giardino, e stupire
i propri ospiti, è il nuovo barbecue Grifo di Palazzetti che
permette di cucinare contemporaneamente nel forno
focacce, pizze e dolci che, con la cottura a legna, acquistano
un sapore decisamente più gustoso.
Palazzetti Barbecue Grifo
Poi tutti a tavola arredata con i set di piatti, bicchieri, vassoi
che rievocano i giardini della verde campagna inglese (o del
nostro Chiantishire toscano) come la raffinata collezione
Country Garden di Bluemarine Home, prodotta, appunto
dall’azienda toscana Arnolfo di Cambio o gustare cibi più
saporiti con Althea, un set coordinato di Villeroy & Boch,
azienda storica e icona del lifestyle quotidiano. Infatti, il
nuovo decoro di Althea offre un design country carico di
emozioni che impressiona per freschezza e attualità.
Jacuzzi modello Santorini
Blumarine Home
per Arnolfo di Cambio
Buzzi & Buzzi - Idrout
E dopo una merenda, una cena o un party, perché no un
tuffo sotto il sole (o sotto le stelle) nella mini piscina MySpa,
prodotta da Glass Idromassaggio, azienda leader di water
art? La mini pool MySpa è facilmente installabile in giardino
e viene proposta in diverse ampiezze con la più grande che
permette di ospitare fino a sei persone.
Il tutto illuminato da Idrout IP65, un nuovissimo sistema di
illuminazione a scomparsa totale ideale per ambienti esterni
(giardini, terrazzi e piscine) poiché totalmente impermeabile
grazie al nuovo materiale Coral Water Out ® brevettato e
prodotto da Buzzi & Buzzi ◆
Evviva il giardino,
benvenuta estate!
Villeroy & Boch collezione Althea
MySpa di Glass Idromassaggio
Sacrofano ville unifamiliari su due livelli fuori terra nuova costruzione rifinitissime
pt: ampio salone con camino due camere cucina abitabile doppi servizi
p1: due camere bagno allarme aria condizionata terreno pianeggiante di mq 10.000