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Apparecchiature fluidodinamiche - 2
LEZIONI DI CONTROLLO E SICUREZZA
DEI PROCESSI IN AMBITO FARMACEUTICO
PROF. ING. MAURIZIA SEGGIANI
[email protected]
tel: 050 2217881
APPARECCHIATURE DINAMICHE PER IL
TRASPORTO DEGLI AERIFORMI
Le macchine operatrici destinate a convogliare e a comprimere gli
aeriformi si dividono in ventilatori e in compressori,
rispettivamente. Tali macchine operano su un fluido comprimibile
(normalmente aria) conferendogli energia di pressione. La loro
classificazione avviene sulla base del rapporto di compressione:
Si hanno le seguenti tipologie di macchine:
I VENTILATORI
I ventilatori sono apparecchi che trasmettono energia ai gas, aumentandone la pressione e la
velocità. Essi si usano quando nel trasporto dei gas si deve superare bassi dislivelli di pressione (al
massimo 0,8 m.c.a. pari a circa 0,08 atm). Dislivelli di pressione superabili usando ventilatori sono
quelli derivanti dalle perdite di carico subite dagli aeriformi nell’attraversare certi settori degli
impianti. La potenza utile dei ventilatori, Wu, si esprime così:
Wu = r ∙ g ∙ H∙ Q
(in W nel S.I.)
dove Q è la portata volumetrica in m3/s, g accelerazione di gravità m/s2, H è la prevalenza in m e r
è la densità del fluido in kg/m3; e la potenza assorbita, Wa, si esprime:
Wa = Wu/h
ove h è il rendimento del ventilatore (0,4-0,6 se sono ventilatori piccoli e 0,8-0,85 se sono grandi).
Le portate dei ventilatori arrivano a 20 Nm3/min. Rispetto al moto del fluido nella girante, i
ventilatori si dividono in ventilatori centrifughi (con percorso radiale) ed in ventilatori
elicoidali (con percorso assiale del fluido). I primi permettono di ottenere prevalenze massime di
0,8 m.c.a., mentre i secondi di 0,08 m.c.a.
VENTILATORI
Regolazione della portata ed usi dei ventilatori
La portata dei ventilatori può essere variata o mutando il numero dei giri o strozzando l’aspirazione o,
solo nei ventilatori elicoidali, variando l’inclinazione e quindi il “pescaggio” delle pale.
I ventilatori possono essere usati sia come apparecchi aspiranti, sia come apparecchi prementi:
nel primo caso sono inseriti alla fine del circuito di ventilazione e nel secondo caso all’inizio.
Se nel circuito si hanno gas tossici è preferibile per motivi di sicurezza che il circuito operi in
aspirazione in quanto in caso di difettosa tenuta delle flange lungo il circuito è preferibile che entri
aria nel circuito piuttosto che fuoriesca il gas tossico; se invece l’introduzione di aria potrebbe
contaminare il gas interno o dar luogo a reazioni indesiderate (ossidazioni, reazioni esplosive) è
preferibile che il circuiti operi in leggera pressione e quindi il ventilatore sarà posto all’inizio del
circuito.
VENTILATORI
Dovendosi,
in
particolare,
convogliare gas caldi o corrosivi, i
ventilatori possono essere inseriti o
in derivazione, o, addirittura,
all’esterno del circuito.
COMPRESSORI
I compressori sono macchine operatrici che permettono di innalzare la pressione
di un gas a valori molto levati. I compressori sono, a grandi linee, simili alle pompe
volumetriche, ma i particolari costruttivi presentano profonde differenze: sia perché
avendo gli aeriformi valori di densità molto minori di quelli dei liquidi, le macchine
utilizzate per comprimerli possono essere molto più veloci delle corrispondenti
pompe per liquidi, sia perché avendo gli aeriformi viscosità minore dei liquidi, le
macchine operatrici ad essi destinate comportano d’essere calcolate e realizzate con
tolleranze minori di quelle delle pompe per liquidi. Inoltre, poiché la compressione
degli aeriformi comporta diminuzione del loro volume, anche di questo si deve tener
conto nel dimensionare i compressori. Inoltre, dato che in seguito alla compressione
aumenta la temperatura del gas e un gas che si riscalda tende ad aumentare il
proprio volume, la sua compressione viene ostacolata: ciò comporta una maggiore
spesa di lavoro a parità di compressione da realizzare. Per tale motivo si ricorre alla
compressione a più stadi con asportazione del calore interstadio: ciò riduce il lavoro
totale richiesto a parità di compressione desiderata.
COMPRESSORI
Compressori rotativi
I compressori rotativi constano di una carcassa fissa e di organi mobili di varia foggia
ruotanti in essa.
Non sono adatti per trasportare gas contenenti solidi abrasivi. Si dividono in a) c.
rotativi ad alto rapporto di compressione (P2/P1 =3-5; dove P1 è la pressione in
ingresso e P2 la pressione in uscita) che forniscono portate massime di 1,5 Nm3/s con
numero di giri da 500-1500 giri/min e rendimenti 0,5-0,6; e b) c. rotativi a basso
rapporto di compressione (P2/P1 = 2) con portata massima di 2,5 Nm3/s, numero di
giri 250-350 giri/min e rendimenti circa 0,4.
COMPRESSORI
Compressori alternativi
I compressori alternativi realizzano la compressione di un gas in uno o più cilindri
disposti in serie. Si impiegano per raggiungere pressioni anche di centinaia di
atmosfere. Le loro portate non superano 1 Nm3/s, non sono adatti a gas contenenti
sospensioni abrasive e funzionano a 100-150 giri/min.
I compressori alternativi monostadio sono adatti a raggiungere rapporti di
compressione max di 6 atm, mentre per rapporti superiori si ricorre a compressori
multistadio con raffreddamenti intermedi.
COMPRESSORI
Compressori Centrifughi
I compressori centrifughi hanno una vasta gamma di portate (0,8 – 40 Nm3/s) e le pressioni che
sono in grado di raggiungere dipendono dal numero di stadi. Il rapporto di compressione relativo
ad una singola girante può arrivare mediamente a 2 (in alcuni casi 5) così con 5 giranti in serie si
possono avere circa 32 atm (25) in uscita entrando con 1 atm.
In questo caso il gas in uscita da una girante viene convogliato all’entrata della girante successiva.
Nel passare da una girante all’altra è opportuno raffreddare il gas al fine di ridurre il lavoro
richiesto e tale raffreddamento si compie generalmente con acqua che viene fatta circolare in
camicie o serpentini.
I compressori centrifughi possono essere accoppiati direttamente con motori elettrici o con
turbine a vapore. I c. centrifughi sono usati all'interno di cicli frigoriferi e per la fornitura di aria
compressa alla strumentazione di processo.
Andamento qualitativo della pressione e
della velocità nelle varie sezioni di un
compressore centrifugo.
LAVORO DI COMPRESSIONE
Generalmente la compressione segue una politropica (PVn = cost con n da valutare
sperimentalmente) che si avvicina molto ad una compressione adiabatica - isoentropica (PVg = cost)
con g = Cp/Cv , pertanto la potenza teorica utile Wu in Watt per un compressore centrifugo è nel caso
di compressione adiabatica - isoentropica:
 P
1
Wu  Pin Qin  out
a
 Pin
a


  1


dove Pin è la pressione in ingresso in N/m2(Pa), Pout è la pressione in uscita in N/m2(Pa), Qin la
portata volumetrica in ingresso in m3/s e a = (Cp/Cv - 1)/(Cp/Cv).
La temperatura di uscita Tout in K da uno stadio di compressione è:
Tout
P 
 Tin  out 
 Pin 
g 1
g
P 
 Tin  out 
 Pin 
a
Per tener conto delle irreversibilità (attriti, turbolenze, etc) e dell’efficienza per la conversione di
energia all’albero motore si introducono l’efficienza isoentropica hIS e l’efficienza hd,
rispettivamente; pertanto la potenza assorbita risulterà:
Wu
Wa 
hIShd
APPARECCHIATURE PER IL VUOTO
Per effettuare alcune operazioni quali evaporazione, distillazione, essiccamento etc.. è
talvolta necessario o vantaggioso operare in condizioni di pressione inferiore a quella
atmosferica.
Le macchine utilizzate per fare il vuoto sono di tipo statico o di tipo dinamico. Alle
macchine di tipo statico appartengono gli eiettori e al secondo tipo le pompe
meccaniche.
Gli eiettori sono usati in questo caso per aspirare, il fluido motore trasferisce energia al
fluido trascinato e lo fa passare da una pressione minore dell’atmosferica a quella
atmosferica. Volendo creare una depressione molto spinta (cioè pressioni assolute residue
molto basse) scaricandone il relativo fluido in atmosfera occorre collegare in serie più
eiettori alternati a condensatori.
Tra le pompe meccaniche per vuoto troviamo le pompe rotative, a lobi, ad anello
liquido e pompe a membrana.
Simbolo per pompa a vuoto
APPARECCHIATURE PER IL VUOTO
Pompa per vuoto rotativa
Una pompa per vuoto rotativa è un tipo particolare di pompa a vuoto di tipo meccanico. Principio di funzionamento: si
tratta di mettere in comunicazione con l'ambiente nel quale si intende fare il vuoto una zona a bassa pressione, che
viene quindi riempita con il gas da espellere. Successivamente, quella regione viene scollegata dall'ambiente e infine
svuotata all'esterno. Il tutto procede ciclicamente grazie all'uso di meccanismi rotanti a tenuta.
Le pompe rotative sono costituite da un rotore provvisto di palette mobili che ruota eccentricamente in uno statore. Le
palette vengono tenute a contatto con la superficie interna dello statore da una molla e dalla forza centrifuga. Tra le
palette e lo statore è sempre presente un velo d'olio come elemento di tenuta. La variazione di volume delle camere crea
depressioni (fase di aspirazione) e compressioni dell'aria (fase di scarico). Nella fase di aspirazione il gas viene estratto
dalla camera da vuoto tramite il manicotto di aspirazione, successivamente grazie all'eccentricità del rotore la camera
continua ad aumentare di volume. Una volta raggiunto il volume massimo il manicotto di aspirazione viene chiuso da
una seconda paletta mentre la camera della pompa comincia a diminuire di volume consentendo ai gas di essere espulsi
dal manicotto di scarico. Le pompe rotative raggiungono pressioni di 0,001 mbar con una velocità di pompaggio anche
superiori a 20 Nm3/h (pompe industriali).
Schema di funzionamento di una pompa rotativa:
(a) il gas viene aspirato dalla camera da vuoto; (b) il gas viene compresso; (c) il gas viene espulso tramite la valvola.
In azzurro viene indicato il volume di fluido spostato durante un ciclo (durante il quale l'eccentrico ruota in questo
caso in senso orario).
APPARECCHIATURE PER IL VUOTO
Pompa a lobi per il vuoto
Le pompe a lobi (pompe roots) sono delle pompe da vuoto a spostamento di parete che lavorano trascinando il gas
attraverso una coppia di lobi rotanti, che lavorano in maniera simile a degli ingranaggi accoppiati. Prendono il nome
dai fratelli Philander e Francis Roots di Connersville, che ne brevettarono il tipo nel 1860 per applicazioni industriali, in
particolare per gli altiforni.
Le pompe sono composte essenzialmente da una camera ovale in cui sono alloggiati la coppia di lobi rotanti. I lobi
comandati da un dispositivo esterno ruotano in maniera sincrona e con senso di rotazione opposto all'interno di una
cavità. I lobi non vengono mai in contatto né con la parete della cavità né tra di loro, ma la tolleranza deve essere
mantenuta inferiore a 0,1mm. Questo tipo di pompe funziona senza olio, ciò permette di evitare la contaminazione dei
gas, lo svantaggio è che per evitare l'attrito i lobi non possono entrare in contatto tra di loro e con la parete esterna,
quindi in fase di progettazione si lascia tra i componenti uno spazio di circa 0.1 mm.
Le pompe roots possono raggiungere pressioni inferiori a 10-3 mbar con una grande portata. A causa della scarsa
tenuta, però non sono in grado di superare differenze di pressione troppo elevate per questo è sempre presente in serie
una pompa rotativa.
Sezione di una pompa roots; si vedono i lobi che ruotando comprimono il gas.
APPARECCHIATURE PER IL VUOTO
Le pompe ad anello liquido per vuoto sono costituite da una girante a palette fisse che ruota
eccentricamente rispetto alla carcassa cilindrica in cui è inserita. La girante a palette fa tenuta con la
carcassa solo sui fianchi. All’interno della pompa si trova una certa quantità di liquido (acqua o altro)
che, messo in rotazione dalle palette della girante, si dispone aderente alla faccia interna della
carcassa formando su di essa una specie di rivestimento liquido continuo avente un certo spessore. Le
palette della girante sono più o meno affondate in questo strato di liquido e delimitano perciò dei vani
che, in virtù del fatto che la girane è eccentrica, variano di volume durante la rotazione. La funzione
del liquido è quindi quella di far tenuta idraulica tra la girante e la carcassa. Il gas/vapore aspirato da
un’apposita apertura ricavata sul fianco della pompa, in prossimità dell’asse di rotazione della girante
ed in corrispondenza dell’aumento di volume dei vani, viene gradualmente compresso (per la
riduzione di volume dei vani stessi) ed infine espulso attraverso la mandata. Anche la mandata è
ricavata sul fianco della pompa ed è in prossimità dell’asse di rotazione, però in corrispondenza del
punto in cui i vani raggiungono il volume minimo.
Né durante l’esercizio né a riposo deve uscire il liquido dalla pompa.
La quantità del liquido deve rimanere costante, per cui a queste pompe
devono arrivare gas il più possibile privi di vapori (che potrebbero
condensare nella pompa) e di goccioline di liquido trascinato. Per
questo motivo le pompe ad anello liquido, quando usate per creare il
vuoto negli evaporatori, vengono istallate dopo un condensatore
seguito da un abbattitore di trascinamenti.
Le pressioni residue che si possono raggiungere dipendono dalla
natura e temperatura del liquido contenuto; in generale si raggiungono
pressioni superiori di 5-6 torr rispetto alla tensione di vapore del
liquido. Per aumentarne l’efficienza, queste pompe, soprattutto nei
grandi modelli, sono provviste di sistemi di raffreddamento ad acqua
fatta circolare nella camicia ricavata nella carcassa.
APPARECCHIATURE PER IL VUOTO
Pompa a membrana per il vuoto
La pompa a membrana, detta anche a diaframma, è un tipo di pompa a vuoto in cui la
variazione di volume è data dall'oscillazione di una membrana che chiude un lato di una camera. Il
movimento può essere impresso alla membrana per via meccanica, per esempio attraverso un
sistema a leva e manovella o una camma, oppure pneumaticamente, alternativamente introducendo e
rilasciando aria compressa in una camera opposta a quella di pompaggio.
Le pompe a membrana tipicamente lavorano nel range compreso fra la pressione atmosferica ed i 10
mbar di vuoto finale. Alcuni produttori, sono in grado di costruire pompe da vuoto a membrana
capaci di scendere fino ad un livello di vuoto pari a circa 0,3 mbar.
Per generare il vuoto in laboratorio le pompe a
membrana sono la prima scelta fra le tecnologie di
vuoto disponibili. Le principali ragioni di ciò sono la
loro resistenza chimica, il vuoto privo di residui d’olio,
e la disponibilità di soluzioni per il recupero dei
solventi.
La pompa a membrana è uno strumento molto
resistente in cui la necessità di manutenzione ordinaria
è ridotta ad un intervento ogni circa 2 anni.
Queste pompe, disponibili anche in materiali resistenti
ad acidi e solventi, hanno assunto un ruolo
fondamentale nella vita del laboratorio chimico e
chimico farmaceutico andando a rimpiazzare in molti
casi l'utilizzo di pompe rotative ad olio.
Controllo delle pompe da vuoto
Le pompe da vuoto, soprattutto quelle utilizzate in applicazioni di ricerca chimica, sono dotate di controllori di vuoto
per consentire all'utente la regolazione del corretto livello di vuoto a cui svolgere la propria applicazione.
Circa i controllori di vuoto elettronici attualmente ne esistono di tre tipi differenti:

controllo del vuoto mediante accensione e spegnimento della pompa da vuoto ( o controllo on-off)

controllo del vuoto operante su un'elettrovalvola che apre e chiude (in una quantità stabilita
dall'operatore) il collegamento fra pompa da vuoto ed "applicazione"

controllo del vuoto di alta precisione, operante sulla velocità di pompaggio della pompa ossia sui
giri motore (in giri al minuto, [rpm]).
Il primo sistema, ormai considerato obsoleto, presenta moltissimi problemi, soprattutto implica la necessità di
utilizzare parti elettriche e meccaniche.
Il secondo sistema, sebbene anch'esso superato, è ancora molto utilizzato, ma presenta come controindicazione
l'inevitabile sviluppo di un processo soggetto ad isteresi. Infatti il vuoto non ha una regolazione esatta, ma viene
controllato all'interno di un range impostato dall'operatore, che corrisponde alle fasi di apertura e chiusura
dell'elettrovalvola. La scelta dell'intervallo di lavoro corrisponde ad un valore di riferimento (chiamato set-point) e ad
uno scarto massimo da questo valore. Ad esempio se si vuole lavorare a 10 mbar si può impostare un intervallo di 10±5
mbar, che significa impostare l'apertura dell'elettrovalvola a 15 mbar e la chiusura a 5 mbar; il valore di 10 mbar è
quindi un valore medio dell'intervallo controllo di vuoto impostato, e viene chiamato set-point.
Il terzo sistema, anche detto di "regolazione continua" è l'unico che consente di non avere isteresi nel sistema,
permettendo di lavorare esattamente al vuoto desiderato (10 mbar seguendo l'esempio precedente). Questa regolazione
avviene mediante il controllo della velocità dei giri motore della pompa che saranno estremamente bassi in prossimità
del livello di vuoto desiderato, allo scopo di mantenere perfettamente costante il vuoto impostato. I vantaggi indiretti di
questo sistema di controllo del vuoto sono:

la regolazione della velocità di creazione del vuoto, utili per evitare fenomeni di brusco decremento del vuoto,
possibile causa di schiumeggi "bumping" o risucchio del prodotto;

minor tempo di lavoro grazie al mantenimento del vuoto ideale senza isteresi

minor consumo delle parti meccaniche della pompa.
APPARECCHIATURE PER IL VUOTO
La misura delle pressioni residue negli impianti si fa con i vacuometri. Le misurazioni, data la
grande varietà di condizioni in cui viene a trovarsi un gas al diminuire della pressione, non si
possono effettuare con un unico tipo di strumento e i vacuometri usati si basano su principi fisici
diversi, ciascuno adatto a coprire un determinato intervallo di pressioni.
I v. si possono classificare in due grandi categorie, in base al tipo di energia che è necessario
fornire per l’esecuzione delle misure: v. di tipo meccanico, in cui tale energia è meccanica e
può provenire dal gas stesso di cui si vuole misurare la pressione (tubi a U ecc.) oppure da una
sorgente esterna (v. a compressione), e v. di tipo elettrico, in cui l’energia elettrica è
trasformata in calore (nei v. a conducibilità termica) o è impiegata per ionizzare il gas (nei v. a
ionizzazione). I v. che utilizzano proprietà molecolari sono detti genericamente v. molecolari.
I v. possono inoltre essere diretti oppure indiretti. Nel primo caso, la lettura dello strumento è
indipendente dalla natura del gas, e ciò si verifica ogni volta che la pressione
viene misurata direttamente come forza che agisce sull’unità di superficie. Nelle misurazioni
indirette si sfrutta una proprietà del gas che è funzione della pressione (per es., la conducibilità
termica o la probabilità di ionizzazione): in questo caso, la risposta del misuratore dipende dalla
natura del gas (peso molecolare); le scale di questi strumenti vanno costruite o trasformate
mediante taratura in funzione del tipo particolare di gas.
APPARECCHIATURE PER IL VUOTO
VACUOMETRO - Campi di applicazione (Passoluta misurabile) e modo di funzionamento dei vacuometri
Patm = 105 Pa
VACUOMETRO AD U, A MERCURIO –
VACUOMETRO DI BENNERT