FOTOgraphia ottobre 15

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FOTOgraphia ottobre 15
Ogni immagine è accompagnata dal testo che l’accompagna in mostra e sul catalogo.
Nelle didascalie, sono riassunti sia la storia e le emozioni
che hanno motivato l’autore, sia i requisiti tecnici della fotografia.
di Lello Piazza
W
alter Palmer, il dentista del Minnesota che lo
scorso luglio ha abbattuto Cecil, il leone più famoso dello Zimbabwe, avrebbe pagato cinquantamila dollari per la sua “impresa”. E ora una
bella testa circondata da folta criniera starà appesa sopra il suo caminetto, o la bella pelle di
Cecil sarà stesa ai piedi del suo letto. Lasciatemi dire che è barbarie appendere a una parete un pezzo di essere morto, creare
una specie di cimiterino verticale per mostrare agli ospiti quanto
sia coraggioso il padrone di casa. Barbarie è etimologicamente
il termine appropriato: cioè da barbaro, individuo appartenente
a una cultura che non ha ancora letto Pascal e Montesquieu.
Per esempio, un tempo non era considerato barbarie avere
schiavi in casa. Oggi, sì. Lo stesso con la caccia. Anche solo un
secolo fa, quando il leone era veramente il re della savana africana, non ancora minacciato dalle cavallette umane che divorano i territori e li sottraggono agli animali, un trofeo di leone
non era ancora barbarie. Oggi, ritengo che un certo tipo di caccia
sia assolutamente accettabile, per esempio quella praticata per
il controllo del proliferare eccessivo di certe specie animali,
come cinghiali e daini nella nostra Toscana: ma, oggi, è accettabile cacciare, come ha fatto Walter Palmer, leoni in Africa?
Confrontate, con la fantasia, un caminetto con esibita sopra
una testa di leone e un altro caminetto con appesa sopra The
last great picture, la straordinaria fotografia di leoni scattata
dallo statunitense Michael Nichols, Wildlife Photographer of the
Year 2014, in Tanzania, nel Serengeti National Park. Invece di
un leone, ne vedreste cinque. Il coraggioso fotografo, che ha rischiato tanto quanto il cacciatore Walter Palmer per il suo trofeo,
potrebbe raccontare che i leoni (anzi le leonesse, per la precisione) stanno riposando dopo aver attaccato e cacciato due
maschi del branco per difendere i loro cuccioli (qui accanto).
A proposito di cuccioli, tornando a Walter Palmer, un altro
danno provocato dal suo gesto è quello di aver messo in grande
pericolo la progenie di Cecil. Il suo grande rivale, un leone chiamato Jerico, molto probabilmente cercherà di uccidere questi
cuccioli attaccando le femmine di Cecil, rimaste vedove, per fecondarle col proprio seme. Ma molte femmine potrebbero soccombere in questi duelli, e quindi accelerare la diminuzione dei
leoni in Africa, che già sono vicini al valore critico che ne minaccia
l’estinzione. Vi potreste immaginare un’Africa senza leoni?
Michael “Nick” Nichols (Usa): The last great picture (L’ultima grande fotografia).
Wildlife Photographer of the Year 2014.
Nick è un fotografo, artista e giornalista che usa il proprio talento per raccontare
storie su problematiche concernenti l’ambiente e il rapporto dell’uomo
con la natura selvaggia. La sua carriera è iniziata trentacinque anni fa,
e il suo lavoro è stato pubblicato in numerosi libri e riviste. I moltissimi premi
che ha ricevuto riflettono il riconoscimento internazionale che ha raggiunto.
Alla sua cinquantesima edizione, dal 1965 di origine, l’autorevole concorso BBC Wildlife
Photographer of the Year ribadisce il proprio consistente ruolo nell’ambito del panorama
dei concorsi fotografici di livello e prestigio e nei confronti della materia istituzionale: natura
e propri corollari. Come da intenzioni, le sue cifre di partecipazione e la qualità delle fotografie
premiate contribuiscono ad accrescere la presenza della fotografia naturalistica all’interno
della Storia della Fotografia. Ancora e sempre, come da intenzioni, le immagini del concorso
contribuiscono a rafforzare il lavoro delle organizzazioni protezionistiche, per aiutarle a
proteggere animali e territorio. In ripetizione d’obbligo... missione esplicita della fotografia
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Nick mette costantemente alla prova i limiti della fotografia, usando il massimo
consentito dalla tecnologia. Per lui la fotografia naturalistica «non consiste
nel rappresentare la natura, ma piuttosto nel trasmettere messaggi».
«Poche persone hanno visto i branchi di leoni da questa prospettiva.
Nick ha fotografato qualcosa di comune in un modo totalmente nuovo.
L’uso di una macchina fotografica a infrarossi è stato fondamentale per raggiungere
lo scopo proposto», ha dichiarato Jim Brandenburg, presidente di giuria.
Tom Ang, un altro giudice, ha affermato: «Immagine ingannevole e a più livelli,
con la drammaticità del cielo sullo sfondo e il senso di pace in primo piano.
È un’immagine molto più difficile da realizzare di quello che sembra.
È stata ottenuta con una reflex alla quale è stato tolto il filtro che taglia
le luci infrarosse. Grazie all’infrarosso, i leoni sembrano risplendere sulle rocce».
Serengeti National Park, Tanzania. Canon Eos 5D Mark III, Canon EF 24-70mm
f/2,8L II USM a 32mm; 200 Iso equivalenti, 1/250 di secondo a f/8.
E,TRA NOI,
LA NATURA
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Tornando alla fotografia e alla fotografia di Nick (soprannome
con il quale gli amici chiamano Michael Nichols), va detto che
è stata scattata con un apparecchio fotografico al quale è stato
eliminato il filtro che taglia la luce infrarossa. Quindi, è come
se fosse stata ripresa con la vecchia pellicola in bianconero per
l’infrarosso. Naturalmente, davanti all’obiettivo era stato montato
uno dei filtri che si usavano, per l’infrarosso appunto, nella fotografia analogica. Lezione antica, interpretazione attuale.
Infine, va aggiunto che nella fotografia si vedono anche le
grandi pianure dell’Africa, rimaste come ai tempi della Bibbia:
una visione resa ancora più intensa dalla luce del sole che filtra
attraverso le nubi. C’è qualcuno che possa ancora preferire
una testa appesa a questa fotografia?
Quasi dappertutto, nel mondo occidentale, la caccia fotografica ha oggi sostituito la caccia tradizionale (forse grazie anche
a Pascal e Montesquieu). La sua massima celebrazione avviene
una volta all’anno, con la conclusione dei lavori del concorso
BBC Wildlife Photographer of the Year e con la premiazione
dei vincitori. L’attuale edizione del 2014 (conclusasi nel 2015)
è la cinquantesima di questo concorso. La prima si tenne nel
1965, grazie all’opera di Nigel Sitwell, direttore di Animals Magazine (che oggi si chiama BBC Wildlife Magazine). Dieci anni
prima, era nato il World Press Photo.
(continua a pagina 54)
Carlos Perez Naval (Spagna): Stinger in the sun (Pungiglione al sole).
Young Wildlife Photographer of the Year.
Carlos Perez Naval ha trovato questo scorpione che si riscaldava al sole vicino
a casa, e la luce del tardo pomeriggio emanava un bagliore così affascinante
che l’ha indotto a condurre esperimenti con una doppia esposizione. Ha cominciato
con lo sfondo, usando un tempo di otturazione rapido, per non sovraesporre il sole;
quindi, ha scattato per il soggetto principale con il flash. Consapevole della presenza
del bambino (otto anni), lo scorpione ha mostrato il pungiglione come avvertimento.
Questo scorpione giallo comune, altamente velenoso, è notturno; probabilmente
era appena uscito dal proprio nascondiglio. Si nutre di una grande varietà di insetti
e usa le sue chele per afferrare la preda. Poi, schiaccia la preda con le chele
o le inietta il veleno neurotossico contenuto nella ghiandola posta in cima alla coda.
Teruel, Spagna. Nikon D300, AF-S VR Micro-Nikkor 105mm f/2,8G IF-ED
(e AF-S Nikkor 28-300mm f/3,5-5,6G ED VR, per il fondo);
320 Iso equivalenti, 1/320 di secondo a f/10; flash elettronico.
Bence Máté (Ungheria): Herons in time and space (Aironi nel tempo e nello spazio).
Vincitore nella categoria Uccelli.
Dopo aver passato settantaquattro giorni nel capanno, finalmente le condizioni
si sono rivelate ottimali. La costellazione dell’Orsa Maggiore era in posizione corretta,
riflessa sulla superficie calma del lago. Bence Máté ha costruito due timer:
per realizzare una serie di esposizioni perfettamente sincronizzate e per registrare
la nitidezza delle stelle e del lago che fanno da sfondo alle figure oniriche degli aironi.
Per quanto non prettamente notturni, gli aironi possono essere piuttosto attivi
di notte. La migrazione invernale verso sud avviene prevalentemente di notte.
Inoltre, gli aironi si nutrono di giorno o di notte, generalmente
subito prima dell’alba o poco dopo il tramonto.
Kiskunság National Park, Ungheria. Nikon D800, Sigma 15mm f/2,8 EX DG
Diagonal Fisheye; 32 secondi (un secondo a f/10, poi trentuno secondi a f/2,8);
quattro flash, treppiedi, capanno.
Simone Sbaraglia (Italia): Communal warmth (Riscaldamento collettivo).
Finalista nella categoria Mammiferi.
Simone Sbaraglia ha aspettato che questo gruppo di gelada tornasse alla base,
dopo una giornata passata alla ricerca di cibo. Con l’incombere del freddo
notturno, le scimmie hanno trovato un luogo sicuro per dormire su un ciglio sporgente
su uno strapiombo, stringendosi insieme per riscaldarsi. Simone Sbaraglia
si è appoggiato al bordo e ha composto la sua inquadratura.
Ha fotografato impostando la sensibilità più alta, abbinata a un colpo di flash.
Le gelada sono l’ultima specie sopravvissuta di primati, un tempo ampiamente
diffusi, che si nutrono brucando erba. Sono sopravvissute in gole rocciose,
precipizi e brughiere degli altopiani etiopi. Alcune notti, le temperature del luogo
scendono sotto lo Zero, rendendo probabili questi assembramenti per riscaldarsi.
Simien Mountains National Park, Etiopia. Nikon D800, AF-S Nikkor 70-200mm
f/2,8G ED VR II a 180mm; 6400 Iso equivalenti, 1/125 di secondo a f/13 (-0,6EV);
flash Nikon SB-800 AF.
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IN MOSTRA E IN EDIZIONI
Grazie all’Associazione culturale Radicediunopercento, presieduta
da Roberto Di Leo, per il quarto anno consecutivo, Milano ospita
l’importante mostra che raccoglie le immagini premiate al concorso
Wildlife Photographer of the Year (2014). Patrocinata dal Comune
di Milano, da Expo Milano 2015 e Expo in Città, l’esposizione
ha luogo dal nove ottobre al ventitré dicembre nella sale
della Fondazione Luciana Matalon, in Foro Buonaparte 67,
in pieno centro cittadino, a due passi dal Castello Sforzesco.
In mostra tutte le cento immagini premiate. A cominciare
dalle due più rilevanti: The last great picture, di Michael Nichols
(Usa), scattata in Tanzania, nel Serengeti National Park
[a pagina 46], e Stinger in the sun, di Carlos Perez Naval
(Spagna, otto anni), che ritrae uno scorpione in atteggiamento
aggressivo [a pagina 48], che hanno meritato il massimo
riconoscimento, rispettivamente il Wildlife Photographer of the Year
e il Young Wildlife Photographer of the Year.
Poi, tutte le altre lungo un percorso espositivo che rispetta
la divisione delle sezioni nelle quali è articolato il concorso:
Diversità sulla Terra, suddivisa nelle categorie Mammiferi, Uccelli,
Anfibi e Rettili, Invertebrati, Piante e Funghi, Specie acquatiche;
Creatività e Tecnica, con le categorie Natural Design, Bianconero
e il nuovo Premio speciale TimeLapse, che prevede filmati
con riproduzione accelerata dei fotogrammi; Documentario, diviso
in Il Mondo nelle nostre mani e Premio speciale Fotogiornalista
di Natura dell’Anno; poi, la sezione Ambienti terrestri.
Quindi, verso la conclusione, Portfolio, con Premio speciale
talento emergente (età diciotto-venticinque anni) e Premio speciale
Portfolio (oltre i ventisei anni). Infine, Primi scatti, con le categorie
dedicate ai giovani fotografi fino a dieci anni;
da undici a quattordici anni e da quindici a diciassette anni.
Infine, citiamo che, quest’anno, la mostra fa parte
di Photofestival, la manifestazione che da undici edizioni coordina
il mondo della fotografia milanese (?), e che Pas Events
(www.pasevents.com) ha l’esclusiva della mostra per l’Italia.
Wildlife Photographer of the Year 2014. Fondazione Luciana Matalon,
Foro Buonaparte 67, 20121 Milano; 02-878781; www.fondazionematalon.org;
www.radicediunopercento.it. Dal 9 ottobre al 23 dicembre; martedì-domenica
10,00-19,00, giovedì e venerdì 10,00-22,00, sabato 10,00-17,30.
Wildlife Photographer
of the Year Portfolio 24,
con tutte le immagini premiate
e segnalate, a cura
di Rosamund Kidman Cox;
in inglese; The Natural History
Museum, 2014; 160 pagine
25,5x25cm; 35,00 euro.
50 Years of Wildlife
Photographer of the Year:
How Wildlife Photography
Became Art, monografia
commemorativa che celebra
i cinquanta anni del concorso,
a cura di Rosamund Kidman Cox;
in inglese; The Natural History
Museum, 2014;
256 pagine 28,5x28,5cm,
cartonato; 50,00 euro.
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Adriano Morettin (Italia): Touch of magic (Tocco di magia).
Finalista nella categoria Specie acquatiche.
Nell’estate 2013, centinaia di meduse hanno invaso le acque delle scogliere
sotto il castello di Miramare, nell’ononima frazione di Trieste.
Per realizzare una fotografia adeguata, nonostante fosse colpito
dalle loro sostanze urticanti, Adriano Morettin si è avvicinato alle meduse
con un obiettivo fortemente grandangolare, addirittura fisheye. Ma la vera sfida
è stata quella di seguirle durante il loro movimento, «mentre usavano
il loro ombrello come motore», aspettando che due di loro sfiorassero la superficie.
Entrambe queste specie, il polmone di mare ( Rhizostoma pulmo), a sinistra,
e la medusa tuorlo d’uovo ( Phacellophora camtschatica), a destra, si possono trovare
in grandi assembramenti nel Mediterraneo, ma difficilmente si trovano insieme,
come in questo caso. Entrambe filtrano l’acqua per nutrirsi di piccoli organismi
planctonici che possono risucchiare attraverso piccole aperture sui loro sottili
tentacoli. Inquadratura e composizione di grande efficacia.
Castello di Miramare, Trieste, Italia. Nikon D800E, Sigma 15mm f/2,8 EX DG
Diagonal Fisheye; 100 Iso equivalenti, 1/160 di secondo a f/18;
custodia scafandrata Seacam Superdome, due flash Seacam Seaflash 150D.
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Ary Bassous (Brasile): Night of the deadly lights (Notte delle luci spettrali).
Vincitore nella categoria Invertebrati.
«Questa immagine rappresenta il culmine di una ricerca durata dieci anni»,
spiega Ary Bassous. Quando un elateride adulto è volato nel cielo,
illuminato dal bagliore e dalle luci rossastre di una città distante,
ha impostato un tempo di otturazione lungo, facendo in modo che la luce stessa
-emessa dalle larve, mentre ondeggiavano e si muovevano intorno
a un termitaio- creasse una autentica opera d’arte (almeno, così la intendiamo).
Per le prime due settimane della stagione delle piogge, termitai abbandonati
brillano illuminati dalle luci prodotte dalle larve di elateride. Le larve emettono
luci bioluminescenti con un apparato posizionato subito dietro il capo.
La luce serve per attrarre le prede, termiti e formiche volanti. Ma il luogo
dove vivono, le savane della regione brasiliana del Cerrado, è minacciato a causa
della rapidità con cui si diffondono i terreni coltivati. Una volta ancora,
una di più, mai una di troppo, va osservato e sottolineato come tanta fotografia
di natura contribuisce a rafforzare l’opera delle organizzazioni protezionistiche.
Emas National Park, Brasile. Nikon D800, AF-S Nikkor 16-35mm f/4G ED VR
a 16mm; 3200 Iso equivalenti, 30 secondi a f/5,6, treppiedi, torcia MagLite.
Bruno D’Amicis (Italia): The price they pay (Il prezzo che pagano).
Vincitore nella categoria Il mondo nelle nostre mani.
Catturato illegalmente nella sua tana, nel deserto del Sahara,
un fennec di tre mesi è offerto in vendita. Bruno D’Amicis si è guadagnata
la confidenza degli abitanti del villaggio, parlando a lungo con loro.
Così, ha scoperto un commercio diffuso di animali selvatici.
Ha scoperto anche le cause che lo determinano: una forte disoccupazione,
una scarsa educazione, una mancanza di controlli di polizia e turisti ignoranti.
Spera che le sue immagini aiutino a fare conoscere questa situazione.
Il piccolo fennec è perfettamente adattato alla vita nel deserto.
Ha evoluto grandi orecchie, che agiscono come radiatori, dissipando il calore
del corpo. Sono proprio queste grandi orecchie che lo rendono singolare
per i turisti. Per quanto il fennec sia molto diffuso nel Nord Africa, la maggiore
minaccia per la sua conservazione è rappresentata dal fatto di essere molto
richiesto dall’industria che procura agli occidentali animali da compagnia.
Altra minaccia deriva dall’uso che se ne fa negli spettacoli locali.
Douz, Tunisia, Canon Eos 5D Mark II, Canon EF 17-40mm f/4L USM a 38mm;
400 Iso equivalenti, 1/160 di secondo a f/4.
Alexander Badyaev (Russia / Usa): The mouse, the Moon and the mosquiton
(Il topo, la luna e la zanzara). Vincitore nella categoria Mammiferi.
Vicino al sentiero che Alexander Badyaev stava percorrendo, un fungo
Langermannia gigantean stava attirando l’attenzione di molti animali:
«Ogni topo, chipmunk [scoiattolo nordamericano] e scoiattolo, nei paraggi,
si avvicinava al fungo». Con la luna piena che stava salendo nel cielo, un colpo
di flash è servito a congelare nella fotografia l’attività frenetica intorno al fungo.
I baffi del topolino (che risaltano nell’inquadratura) forniscono al roditore
informazioni sull’ambiente, come se un uomo cercasse di capire cosa si muove
nel buio mettendo avanti le mani. Le sue mani sono i baffi.
Insieme a uno sviluppato senso dell’olfatto e dell’udito, i baffi rappresentano
una specie di radar, che permette ai topi muoversi nel mondo notturno.
Per questo motivo, la zanzara dovrebbe fare più attenzione a dove passa:
infatti, diversamente da altre specie di topi, questa si nutre anche di insetti.
Blackfoot Valley, Montana, Usa. Canon Eos-1D Mark IV, 105mm; 250 Iso equivalenti,
2,5 secondi a f/14; flash Canon Speedlite 430EX II.
Alessandro Carboni (Italia): Ice land (Terra di ghiaccio).
Finalista nella categoria Ambienti terrestri.
Mentre Alessandro Carboni era in attesa davanti ad acque tempestose,
ha percepito la straordinaria forza della natura e il fascino dei blocchi di ghiaccio
gettati dalle onde sulla battigia. «Volevo che la linea dall’acqua raggiungesse
il blocco di ghiaccio e lasciasse disegni sulla sabbia nera in primo piano»,
ha commentato [situazione analoga alla fotografia di Ellen Anon,
encomio nella categoria Wildscapes (Paesaggi selvaggi), al Wpoty 2013;
FOTOgraphia, ottobre 2014, con lancio in copertina].
Proveniente dal vicino ghiacciaio Breiôamerkurjökull, il blocco di ghiaccio risalta
sulla sabbia nera di origine vulcanica. L’intenso colore blu rivela l’età antica
del ghiaccio. Con il tempo, le forze naturali hanno compresso minuscole sacche
d’aria tra cristalli di ghiaccio. Il ghiaccio è divenuto più denso, tanto da assorbire
il rosso nello spettro dei colori, e in modo da riflettere solo il blu.
Jökulsárlón, Islanda. Nikon D700, Zeiss Distagon T* 21mm f/2,8; 200 Iso equivalenti,
1,3 secondi a f/16; filtro graduato Lee Neutral Density 0,75, treppiedi.
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(continua da pagina 49)
Fanno sempre effetto i numeri, che qui sintetizzano bene la
situazione: nella prima edizione, le immagini partecipanti furono
trecentosessantuno (361), quasi tutte provenienti dal Regno
Unito, un paese nel quale la fotografia naturalistica ha tradizioni
antiche. Nell’attuale del 2014, hanno concorso quarantaduemila
immagini (42.000), realizzate da fotografi professionisti e non
professionisti provenienti da novantasei paesi.
E, come ha scritto l’autorevole The Guardian, il concorso è
diventato hugely popular / popolarissimo in tutto il mondo.
Uno degli scopi originari di Nigel Sitwell è stato quello di sollecitare l’attenzione dei media affinché -con il loro interessepotessero trasformare la passione dei wildlife photographer in
una professione. Un altro intento era quello di accrescere l’importanza della fotografia naturalistica all’interno della Storia della
Fotografia. Infine, sperava che le immagini del concorso avreb-
bero potuto contribuire a rafforzare il lavoro delle organizzazioni
protezionistiche, per aiutarle a proteggere animali e territorio.
Rosamund Kidman Cox, direttore del BBC Wildlife Magazine
dal 1983 al 2004 e curatrice della consistente retrospettiva 50
Years of Wildlife Photographer of the Year: How Wildlife Photography Became Art, ha dichiarato: «Data la sua grande diffusione di oggi, è difficile capire quanto fosse veramente nuova
e dirompente l’apparizione, cinquanta anni fa, del concorso
Silvio Tavolaro (Italia): Snow stand (Faggi nella neve).
Finalista nella categoria Piante e Funghi.
Silvio Tavolaro stava guidando verso casa, durante una gelida giornata invernale,
quando ha notato questo gruppo di faggi. I rami erano stati delicatamente
imbiancati da una fresca nevicata. Colpito dal silenzio della scena,
«ha rappresentato il senso di pace e leggerezza», impostando un’esposizione
che ha evidenziato il contrasto tra i rami ricoperti di neve e i tronchi sottostanti,
di colore scuro. La lezione espressiva è sempre la stessa: bisogna possedere
competenze della mediazione tecnica... per dimenticarla, applicandola là dove,
quando e per quanto serve alla comunicazione e visualizzazione.
In Italia, molti paesaggi di montagna sono dominati da foreste di faggi.
I faggeti sono spesso privi di sottobosco, perché quando le loro foglie cadono
sul terreno, si decompongono lentamente, e lo coprono di un tappeto impenetrabile.
Monte Livata, Italia. Canon Eos 5D Mark III, zoom Sigma 70-200mm f/2,8
EX DG OS HSM a 70mm; 800 Iso equivalenti, 1/640 di secondo a f/8.
Wildlife Photographer of the Year. Fu la prima manifestazione
di questo tipo, una vera rivoluzione».
La prima edizione aveva solo due sezioni, Gran Bretagna e
Overseas, ciascuna divisa nelle categorie Uccelli, Mammiferi
e Altri animali. Il primo BBC Wildlife Photographer of the Year
fu Roger Dowdeswell, con un’immagine a colori di un allocco
che portava un topo al suo pulcino.
Molte condizioni non sono cambiate nel concorso, ma altrettante sono, invece, cambiate: come è cambiato il mondo
della fotografia e del protezionismo in questi cinquanta anni.
Nel 1977, fu inserita la categoria dedicata al bianconero (il
primo vincitore fu il fotografo tedesco Fritz Pölking).
Nel 1981, furono inserite due categorie espressamente dedicate alla fauna selvatica negli ambienti urbani e ai problemi
ambientali. Iniziò anche la parte del concorso dedicata ai giovani,
Young Photographer Competition. Nel 1984, il concorso trova
la propria sede fisica nel Natural History Museum, di Londra, il
Museo di Storia Naturale a Kensington, in Cromwell Road, dove
si svolge ancora oggi. Nello stesso anno, vengono aggiunte le
categorie Underwater Photography e Landscape Photography.
Quest’anno è stata introdotta la sezione TimeLapse, tecnica
facilmente praticabile grazie alla tecnologia delle attuali macchine fotografiche digitali, e una categoria dedicata alla fotografia scattata con smartphone o tablet, riservata ai giovani
fotografi (diciassette anni massimo).
Tra i personaggi che hanno animato la serata di consegna
dei premi, ricordiamo sir David Attenborough, conduttore dei
documentari di grandissimo successo trasmessi dalla BBC, e
sir Peter Scott, uno degli ideatori del WWF e fondatore del Wildfowl and Wetlands Trust, una delle più importanti organizzazioni
protezioniste inglesi, e anche unico figlio del famoso esploratore
polare Robert.
L’edizione 2014 ha visto ben sette riconoscimenti per i fotografi naturalistici italiani.
Bruno D’Amicis è risultato vincitore nella categoria Il mondo
nelle nostre mani, con la fotografia The price they pay. Impegnato da tempo in un progetto dedicato alla salvaguardia delle
specie in via di estinzione nel Sahara, in un villaggio nel sud
della Tunisia, Bruno D’Amicis ha immortalato un adolescente
che vende un cucciolo di volpe fennec presa da un covo nel
deserto. Cattura o uccisione di queste volpi selvatiche sono illegali, ma ancora molto diffuse, e immagini stimolanti come
questa possono contribuire ad aumentare la consapevolezza
su ciò che sta accadendo al fragile ambiente del Sahara: come
sottolineato nella didascalia all’immagine [a pagina 53].
Gli altri sei italiani sono risultati finalisti in diverse categorie,
a un passo dal podio: Simone Sbaraglia, con la fotografia Communal warmth (categoria Mammiferi [a pagina 48]; Silvio Tavolaro, con la fotografia Snow stand (categoria Piante e Funghi
[qui a sinistra]; Adriano Morettin, con la fotografia Touch of magic (categoria Specie acquatiche [a pagina 50]; Alessandro
Carboni, con la fotografia Ice land (categoria Ambienti terrestri
[a pagina 53]; Cristiana Damiano, con la fotografia A long line
in legs (categoria Bianconero); Bernardo Cesare, con la fotografia Kaleidoscope (categoria Natural Design) [queste ultime
due immagini non sono visualizzate nella nostra relazione].
Riteniamo questo lusinghiero risultato un vero miracolo. I fotografi naturalistici italiani, penalizzati da un quasi totale disinteresse dei media, suppliscono con la propria bravura e passione alla impossibilità di fare della fotografia naturalistica una
professione, magari anche solo parziale.
Un grande bravò, come dicono i francesi, va a tutti loro. ❖
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