Opem - MBRES

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Opem - MBRES
OPEM S.P.A.
Anno fondazione: 1974
Sede legale: Parma
Attività: progettazione e produzione di impianti per capsule, cialde, confezionatrici
sottovuoto, confezionatrici verticali
Stabilimenti in Italia: Parma
Stabilimenti all’estero: GPI Solution LLC (Sunrise, Florida – USA); OPEM Brasil Máquinas e
Serviços Ltda (San Paolo – Brasile)
Azionariato: Fabio Binacchi 48,66%; Ombretta Sarassi 33,00%; Vittoria Binacchi 18,34%
Fatturato: 43 milioni di euro nel 2013; 27 milioni di euro nel 2014; 29 milioni di euro nel
2015
Numero medio dipendenti: 100 nel 2013; 101 nel 2014; 105 nel 2015
Buongiorno a tutti e grazie.
Sono Ombretta Sarassi, Direttore Generale della Opem S.p.A. di Parma. Nel mio
intervento cercherò di farvi capire chi siamo, in che contesto operiamo, con e per quali imprese
lavoriamo e come siamo attivi anche nel sociale. Parlerò anche di passaggio generazionale. Io
e il Presidente, mio marito (che oggi non c’è perché si trova in Brasile per lavoro),
rappresentiamo infatti la prima generazione.
Opem è una media impresa che progetta e produce impianti industriali nel campo del
food. Da poco abbiamo tagliato il traguardo dei 40 anni di attività. La nostra sede è a Parma, in
periferia, in un’area industriale dove ci sono anche altre aziende. Parma è una città ancora a
dimensione d’uomo con circa un 200 mila abitanti. Qui ci sono parecchie industrie alimentari,
tant’è che si parla di valle del food. É normale dunque che in una città come questa nascano
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anche moltissime imprese metalmeccaniche per il settore della lavorazione dei pomodori, della
pasta e, nel nostro caso anche se non ci sono piantagioni di caffè, di impiantistica per le
torrefazioni.
Il contesto in cui viviamo, secondo me, ha un alto valore aggiunto: A Parma la duchessa
Maria Luigia D’Asburgo ha dato un “tocco francese” al territorio: abbiamo anche l’università e il
teatro Regio, non ci manca niente per poter vivere e per poter far crescere bene le nostre
imprese. Qui abbiamo anche un Ente fiera che sta lavorando egregiamente con tre eventi
d’eccellenza, in particolare: Cibus (Salone Internazionale dell'Alimentazione), Cibus Tec (Salone
delle Tecnologie per l'industria alimentare) e MECSPE (Tecnologie per l’innovazione – Industrie
4.0).
Opem al Cibus Tec
Ma veniamo a qualche cenno storico. Opem è stata fondata nel 1974 da Fabio
Binacchi, attuale Presidente. All’epoca acquistò una piccolissima impresa, con 4-5 persone, al
solo scopo di poter già avere nell’azienda tutto quello che necessitava per poter disegnare
impianti, costruirli e, successivamente, proporli sul mercato. All’inizio esisteva solo una
piccolissima base che permise a mio marito di poter sopravvivere lavorando per conto terzi,
quindi su disegni di altri, mentre nel frattempo progettava di produrre in proprio. Nel frattempo
sono nate le nostre tre figlie e io ho lavorato in altri posti dove ho potuto fare utili esperienze.
Sin dall’inizio dell’attività la strada è stata quella dei brevetti per le grandi industrie
alimentari (pastifici in primis). La continua richiesta di nuove realizzazioni per la pesatura e il
confezionamento ha condotto l’azienda a studiare e offrire nuovi impianti utilizzabili anche in
campi diversi, annoverando sin dai primi anni tra i clienti grandi marchi come Barilla, Braibanti,
Lipton e Spigadoro. La sperimentazione ha portato Opem a esplorare il packaging di pasta e
biscotti, mai del tutto abbandonati anche se, ad un certo punto, visto che il prodotto non
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veniva venduto a prezzi elevati e non era possibile garantire sempre un alto livello di investimenti
sugli impianti, abbiamo cominciato a guardare verso altri settori e, il core business dell’azienda si
spostò dalla pasta alla pasta fresca. Ho un bellissimo ricordo di Giovanni Rana: eravamo tutti
giovani e si scherzava molto mentre si progettavano per la sua azienda un impianto per i
tortellini ed uno per gli gnocchi. In seguito ci siamo affermati nel settore del caffè, che in breve
tempo è diventato il core business dell’impresa. Cominciammo con il costruire impianti per il
confezionamento semplice, la pesatura e i sacchetti che ancora oggi si vedono nei
supermercati.
Ad inizio anni ’80, si lavorava moltissimo, si faceva molta sperimentazione ed anche io
feci il mio ingresso in azienda. Mio marito cominciò a lavorare con l’estero e io ripresi a studiare
le lingue e a pensare di ingrandire e spostare la prima sede nella zona industriale di Parma.
Accadde un fatto: mio marito vendette, ricevendo una lettera di credito, un impianto molto
speciale in Jugoslavia; io monetizzai la lettera di credito, senza neanche sapere se l’impianto
sarebbe venuto bene o se fosse stato contestato e detti un acconto per acquistare i primi 5 mila
metri quadri di terreno dove sarebbe sorta la nuova azienda. A quel tempo le banche non
davano credito se non in base ai bilanci, non esistevano ancora favoritismi, ma credettero in noi
e non sbagliarono. É una cosa che ora non farei mai più, però c’è andata bene e, dopo tre
anni, ci trasferimmo nel nuovo capannone. Abbiamo osato – è vero – ed è qui necessario
ricordare che i mutui di quell’epoca avevano tassi di interesse tra il 18 e il 19%. C’è anche da
dire che gli imprenditori di oggi hanno tutto: tassi di interesse zero, tutor che li aiutano ad essere
imprenditori, però manca loro il coraggio di rischiare. Forse questo è il problema.
Stabilimento Opem
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Nella nuova azienda i dipendenti diventarono 50 in breve tempo e il fatturato si
verticalizzò, tanto da permettere l’acquisto di altri due capannoni, si cominciò a lavorare molto
per l’estero (mercato libico e bacino del Mediterraneo). Ancora una volta, l’azienda fece una
scelta coraggiosa: partecipò ad eventi fieristici in America del Nord, manifestazioni all’epoca
costose – si pensi solo all’onere di spostare gli impianti – e la nostra costanza venne ancora una
volta premiata: la Lipton acquistò la macchina esposta, un primo piccolo passo.
Nel 1993, un signore olandese che lavorava per l’azienda multinazionale Sara Lee bussò
alle nostre porte chiedendo a mio marito di studiare impianti per la produzione di cialde di caffè
SENSEO ovvero filtri di carta preconfezionato contenenti caffè che viene preparato nelle
macchine tradizionali o in macchine dedicate attraverso il passaggio di acqua bollente a
pressione. Noi non eravamo ferrati su questi tipi di produzione, ma fummo interpellati perché
c’era la necessita di avere macchine precise con le misurazioni e, nello specifico, si richiedeva
che le cialde fossero riempite con 7 grammi di caffè effettivi. Negli USA, infatti, esisteva già
un’azienda che produceva cialde, ma non era precisa nei pesi, quindi era sì molto veloce ma
alla fine di una giornata, il nostro cliente perdeva troppo caffè o otteneva cialde con pesi
minori. Allora mio marito, con poche nozioni di 3D, si mise alla lavagna e disegnò l’impianto che
piacque subito. Risultato? Ci si aprì un mondo: cominciammo a lavorare con le multinazionali e
ci accorgemmo di non essere subito all’altezza, ma con il tempo siamo cresciuti e abbiamo
venduto una cinquantina di impianti. C’è da dire che siamo stati anche fortunati perchè i nostri
competitor non hanno creduto in questo business e quindi abbiamo avuto il campo veramente
libero: in pochissimi anni, strutturandoci bene, e qui è stata la nostra forza e la nostra flessibilità,
siamo riusciti ad essere presenti in tantissime torrefazioni. Se mi permettete, la vittoria più grande
è stata quella di riuscire a preparare il nostro personale per poter lavorare con le multinazionali,
perché volenti o nolenti queste sono quelle che hanno i numeri, sono quelle che ci fanno
crescere e sono quelle che portano ricchezza.
Ma la storia riservò altre sorprese ad Opem. Nei primi anni 2000 un nuovo personaggio
bussò alla porta di Opem. Era un progettista di Keurig che ci richiese un impianto per le sue
k-cup. Opem studiò, progettò, creò un prototipo che piacque: una sfida vinta, un nuovo
cliente. Molti sanno che Keurig, che si occupava esclusivamente di brevetti, fu acquisita dalla
Green Mountain Coffee Roasters, ciò che forse non sapete è che questa azienda ci ha
commissionato ben 37 impianti in America. Abbiamo quindi deciso di aprire là una piccola filiale
per garantire agli americani il supporto tecnico e commerciale.
Attualmente il nostro core business è dunque rappresentato dalle capsule del caffè. Con
rammarico devo dirvi che mi spiace che l’intuizione di questa produzione abbia una “mente”
non italiana, anche perché la capsula è divenuta un elemento di moda. Pensate alle
Nespresso, belle e colorate. Strano che l’idea non sia venuta a un italiano, visto che siamo
notoriamente riconosciuti come cultori del bello e del fashion.
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Impianto per produzione e confezionamento di cialde
Impianto lineare a 16 piste per capsule
Nel settembre 2014, dopo più di tre anni di lavori di costruzione, è stato inaugurato il
nuovo stabilimento di Opem: un chiaro segno di continuità, di fiducia nel nostro know-how e di
grande apertura verso il futuro. Opem dà enorme importanza alla ricerca e allo sviluppo di
impianti che facciano fronte ad ogni richiesta: ogni nuovo cliente è una sfida da vincere.
Garantiamo flessibilità e velocità nelle consegne, qualità molto apprezzate specie in Germania
e negli Stati Uniti. Se abbiamo raggiunto questi livelli lo dobbiamo a tutto il nostro organico; il
turnover è da noi praticamente assente e la nostra politica è di totale trasparenza nei confronti
dei dipendenti. Diamo grande risalto alla vita aziendale, pubblichiamo annualmente un
giornalino che riporta, oltre ai dati di Opem, le nascite, le lauree, i matrimoni, perché se le
persone che lavorano per noi creano dei progetti di vita e hanno la voglia di costruirsi un futuro
vuol dire che stiamo riuscendo a dargli delle garanzie. Certo, chiediamo molto in cambio, il
nostro è un settore che esige precisione e massima serietà, ma credo di poter affermare che il
malcontento non sia ancora entrato nella nostra azienda.
Nuovo Stabilimento
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La nostra fortuna è stata anche quella di poter contare su una cerchia di fornitori fidati
che possono darci supporto per la produzione della macchine, rispettando i nostri standard
qualitativi in toto.
Siamo in procinto di inaugurare un’altra filiale in Brasile, anche se si tratta di un Paese
che attualmente dà un po’ di pensieri, perché c’è una situazione politica certamente non
favorevole, ma nel momento in cui una multinazionale si sposta in altri Paesi - poveri o ricchi
che siano - l’imprenditore attento, riesce a capire se là, prima o poi, avranno bisogno delle sue
macchine e noi riteniamo che il Brasile, che è un produttore di caffè dove ci sono molti
torrefattori, avrà bisogno delle nostre macchine e noi là ci saremo.
Abbiamo una media di fatturato che è sui 35 milioni di euro l’anno e siamo in 110
dipendenti. La conduzione è familiare e, oltre a me e mio marito, ci sono le nostre tre figlie che
man mano sono entrate dopo aver fatto esperienze esterne. La nostra filosofia è sempre stata
che l’azienda non è nostra ma del territorio. Se tutti crediamo a questo vuol dire che noi
dovremo passare alle nostre ragazze un’azienda che loro dovranno assolutamente coccolare,
mantenere, ingrandire, abbellire. Questo è il messaggio che a casa nostra è sempre appunto
passato proprio come predicava l’Ing. Olivetti citato prima dalla D.ssa Caraffini. Quindi io e mio
marito speriamo di lasciare un’azienda assolutamente sana e che le nostre ragazze, magari
supportate anche da manager esterni, possano mandarla avanti nel miglior modo possibile
scindendo quelli che sono gli affetti familiari dagli interessi aziendali, e per fare questo ci stiamo
avvalendo di uno studio di Milano.
Vendite 2013-2014-2015
Opem è anche estremamente attiva nel sociale a Parma dove da poco è stata
costituita l’Associazione “Parma, io ci sto!” della quale facciamo parte per promuovere un
rinascimento di Parma, della sua cultura, del turismo, del food, della musica (perché noi
abbiamo Toscanini, Giuseppe Verdi…) e della ricerca e sviluppo. Nello specifico, abbiamo
avviato un progetto che sta ancora proseguendo, e che durerà ancora un anno o due, con
l’ITIS di Parma nel quale le aule - e non solo - avevano bisogno di una nuova ventata
d’attenzioni e Opem non si è tirata indietro, pensando soprattutto come proprio dalle scuole
tecniche possano venir fuori nuove risorse di lavoro qualificato per il settore manifatturiero.
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Abbiamo creato quindi aule 3.0, una sala referenza, ristrutturato alcuni laboratori che ormai
erano obsoleti, abbiamo parlato con l’Unione industriali e con tutti i professori per avvicinare
sempre di più questi ragazzi con il mondo del lavoro e con le università. Tra le altre attività
sociali, abbiamo anche sostenuto il Teatro Regio e sponsorizzato il Festival della Parola. Io credo
che, sempre più, le aziende debbano lavorare pensando non solo al proprio sostentamento,
ma pensando al sociale. É come mettere una voce in più in bilancio. Questo pensiero deve
essere trasmesso anche ai lavoratori, in modo che si sentano partecipi al benessere proprio,
dell'azienda e del loro territorio.
Grazie.
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