n° 3 Gennaio 2010

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n° 3 Gennaio 2010
IL RITORNO DEL BRIGANTAGGIO
di LUCA PINCELLI IIIC
Nel 1865, dopo quattro anni di combattimenti, attentati, scontri e violenze, il neonato Stato italiano sconfigge manu
militari, con il contributo del generale Cialdini, il fenomeno del brigantaggio. Nel dopo guerra, dalle elezioni
governative che vedono la DC conquistare la maggioranza dei voti, la mafia e lo Stato iniziano a giungere ad alcuni
accordi, più regionali che nazionali. Dal ventunesimo secolo mafia e Stato hanno iniziato a coesistere. Ma facciamo
un passo alla volta.
Liberato il meridione dal governo borbonico e dal brigantaggio, il recente Stato italiano si trova ad affrontare molte
nuove spese, di cui alcune impreviste: sono le cosiddette spese di “liberazione”, che si aggiungono a quelle
dell’amministrazione e dei lavori pubblici nel sud Italia. Lo Stato italiano commissiona tali lavori ad imprese
lombardo-piemontesi, ma fa gravare le spese sui cittadini delle ultime zone liberate. In tale condizione i meridionali
all'ingiustizia statale cominciano a preferire la giustizia semplice e, ai loro occhi, efficace di organizzazioni settarie
come la “mafia” ("l'onorata società" che almeno in quel periodo talvolta tolse al ricco e diede al povero). Da questo
momento in poi, la mafia avrà il pieno controllo del territorio.
Un primo tentativo, per la verità molto sterile, di lotta alla mafia si ha nell’era fascista, quando il governo Mussolini
è sembrato voler soffocare duramente l'organizzazione mafiosa, ma in realtà ha conservato i contatti con i capi più
importanti; ha, infatti, fatto condannare molti “pesci piccoli”, lasciando in libertà e in pieno controllo dei propri
affari il capomafia Di Giorgio e il fascista referente mafioso A. Cucco.
Il 9 luglio 1943 poi, gli americani sbarcano in Sicilia senza incontrare nessun ostacolo, garantiti dalla mafia che si
era "preoccupata" di tutto. Dopo questo evento l’onorata società riprende il controllo delle campagne, soffocando
ogni protesta contadina, uccidendo sindacalisti e politici di sinistra; questo risultato porta all'organizzazione
vantaggi economici e grandi riconoscimenti.
La collusione tra mafia e Stato diviene evidente nelle regioni meridionali, quando sale al governo la Democrazia
Cristiana i cui esponenti intrattengono importanti relazioni con l’onorata società, quando non ne fanno parte essi
stessi. Tra gli anni '50 e '70 si ha una nuova generazione mafiosa, basata su sistemi americani, che impone il suo
controllo sul settore degli appalti pubblici e dell'edilizia privata, traendo enormi profitti, che poi verranno investiti,
negli anni '70 e '80 nel traffico di armi e droga. Proprio a partire da quegli anni la mafia diventa sempre più un
problema per lo Stato e sempre meno un fenomeno puramente regionale, come dimostrano i numerosi processi ad
imprenditori del nord Italia, che hanno chiesto sovvenzioni e permessi ad organizzazioni parallele allo Stato. In
realtà, la mafia è stata riconosciuta per la prima volta come “cancro” di Stato alla conclusione del maxi processo
del dicembre del 1987, conclusosi con la condanna di famosi boss mafiosi appartenenti al contesto politicoimprenditoriale. Gli anni ’90, poi, sono sicuramente ricordati come un periodo di grande impegno nella lotta a
Cosanostra, visti i numerosi processi e la parziale epurazione dai partiti di personaggi mafiosi o collusi con la
mafia; tuttavia, sono questi anni di grandi sacrifici e lutti, come dimostrano gli attentati a Falcone, Borsellino, Dalla
Chiesa e tanti altri, rivelatisi purtroppo fatali.
Oggi viene da pensare che tali sacrifici siano stati completamente inutili, visto che la “Seconda Repubblica” è, se
possibile, più corrotta della Prima; visto che gli scandali legati agli stretti rapporti tra politica e Cosanostra sono
sempre più frequenti e palesi; visto che il numero di condannati in Parlamento per reati relativi alla collusione con
la mafia è più alto che mai; visto che tutto il mondo della politica, in modo trasversale, aggredisce Giorgio Bocca,
quando scrive sull’Espresso che le organizzazioni mafiose sono capillarizzate in ogni settore dello Stato, anche
nella polizia; visto che il Presidente del Consiglio deve ancora difendersi in vari processi dall’accusa di intrattenere
rapporti con Cosanostra. Mala tempora currunt.
Quello che ai briganti ed ai primi esponenti dell’Onorata Società non è riuscito, ossia sconfiggere la politica, lo
Stato e sostituirsi ad esso, sta riuscendo ora alla nuova mafia, a Cosanostra, che non cerca più il muro contro muro,
lo scontro diretto, ma percorre la strada degli accordi, trovando terreno fertile.
Alla fine, il brigantaggio ha avuto la meglio.
COLAZIONE ALLO ZUCCHI
di MARCO COLOMBO IIG
E rieccoci qui, a gennaio inoltrato, quando ormai le verifiche ci hanno definitivamente ed irrimediabilmente
sommerso, e tutte le materie si sommano inesorabili l’una con l’altra, dandoci come risultato dei meravigliosi ed
appassionatissimi pomeriggi di studio. Ebbene, sorvolando sulla drammatica parentesi, questo mese il tema che vi
propongo è invero abbastanza delicato e certamente molto scottante, perché mischia elementi di razzismo,
xenofobia, immigrazione e intolleranza: sto parlando, ovviamente, delle recenti sommosse di Rosarno, in Calabria,
che è stato appunto teatro di forti e violenti scontri fra gli immigrati che vi lavorano, regolari e non, e i cittadini del
luogo.
Innanzitutto occorre fare un breve riassunto dell’accaduto: il tutto inizia con l’atto idiota di alcuni(si crede siano
due) non meglio identificati cittadini calabresi, che per una strana forma di divertimento avrebbero deciso di
passare un’allegra serata in compagnia sparando pallini ad aria compressa su alcuni extracomunitari, i quali,
esasperati per i continui atti di intolleranza nei loro confronti, di cui quest’ultimo costituisce la cosiddetta goccia
che fa traboccare il vaso, hanno ben pensato di vendicarsi e di cercare di riscattarsi con atti di violenza ancor più
feroci e indirizzati a persone che nulla avevano a che vedere con la triste vicenda dei loro compagni. Mi sembra
scontato aggiungere che i calabresi abbiano deciso di reagire ulteriormente alle violenze di questi ultimi armandosi
di tutto punto e sparando in aria alla cieca oppure prendendo a sprangate alcune delle baracche dei suddetti
immigrati. Ora, normalmente il mio commento ad atti di questo genere sarebbe il seguente: “ i due calabresi sono
due deficienti, però gli extracomunitari vengono in Italia, che non è il loro paese, stuprano a destra e a manca e poi
fanno tutto questo casino per due colpi ad aria. I due calabresi vanno puniti, ma gli immigrati non sono neanche
lontanamente giustificabili”. Tuttavia La mia precedente opinione (e ammetto che sia abbastanza sommaria)
cambia radicalmente se andiamo ad analizzare la situazione di costoro e soprattutto i soprusi che in effetti sono
costretti a subire da parte dei loro vicini italiani. Si scopre infatti che queste persone sono obbligate a lavorare per
circa venticinque euro al giorno sei giorni su sette, per un totale perciò di seicento euro mensili. Tutto in nero
ovviamente, e con turni di circa quattordici ore giornaliere. Si scopre anche che di questi venticinque euro, circa
cinque debbono essere obbligatoriamente versati a varie società mafiose, e facendo un rapido conto possiamo
calcolare quanto rimanga loro a fine mese: quattrocentottanta euro. Una miseria. Nemmeno sufficienti per
acquistare il cibo necessario al proprio sostentamento.
Ho inoltre letto su “ Il Giornale” alcune affermazioni dei datori di lavoro di queste persone, che sosterrebbero di
non capire le ragioni di questa rivolta; avendo anche fatto mettere a disposizione tramite la regione e la provincia
confortevoli e piacevoli alloggi per consentire un sereno riposo ai lavoratori stranieri, che avrebbero quindi tutto
ciò che sia desiderabile. È interessante, a tal proposito, notare che i confortevoli alloggi in realtà non esistano, e che
consistano in due capannoni abbandonati da innumerevoli anni, senza corrente, acqua, gas e vetri, dove tutte
queste povere persone sono costrette a vivere in condizioni penose, peggio delle bestie. Mi piacerebbe che i
cittadini di Rosarno provassero a vivere con quattrocentottanta euro al mese in uno squallido capannone senza
alcun servizio, per poi poter loro chiedere quanto siano soddisfatti ed estasiati dalla loro condizione. In Italia tutti
sono buonisti, specialmente alcune persone che fanno presto a parlare e ad accusare il Governo, che sta cercando di
porre un limite all’immigrazione, di essere xenofobo e razzista, di non avere moralità e di essere senza cuore. Ma
allora mi chiedo: “ se queste benedette persone non vuoi mandarle indietro al loro paese, puoi, una volta fattele
entrare in Italia, trattarle come bestie da soma? Non sarebbe meglio respingerle direttamente invece che predicare
bene e poi razzolare male?”
Forse i cittadini di Rosarno non ricordano che la Calabria, ai primi del novecento, è stata una delle regioni italiane
con il più alto tasso di emigrazione verso gli Stati Uniti, dove la maggior parte degli Italiani era trattata forse
peggio di come ora loro stanno trattando questi immigrati.
Ma la storia non dovrebbe aiutare a non commettere gli errori del passato e a non infliggere le stesse pene, tanto
dolenti, ad altri dopo che le abbiamo provate anche noi sulla nostra stessa pelle? Polibio, il grande storico greco
vissuto per tanto tempo a Roma, sosteneva nella sua teoria dell’anaciclosi che la vita di uno stato e la storia fossero
destinate a ripetersi ad intervalli, per l’appunto, ciclici.
PROSEGUE A PAG 5
IL ROSSO E IL NERO
di MARCO COLOMBO IIG
e LUCA PINCELLI IIIC
Luca Pincelli, alias “ il Rosso”. Si definisce un utopista con tendenze anarchiche, legato più a movimenti
studenteschi (UdS, L'Onda ecc) che a vari partiti italiani. Ateo e progressista sono due delle sue principali
connotazioni. Il suo motto? "Nessuna carovana ha mai raggiunto il suo miraggio, ma solo i miraggi hanno messo in
moto le carovane”
Marco Colombo, ovvero “il Nero”. Libero pensatore moderno di derivazione galileiana e ciceroniana (nel senso
che gli piace contraddire tutto e tutti), abbastanza spostato verso destra, ma con quel pizzico di autocoscienza che
gli consente di pensare con la sua testa, senza un preciso partito di riferimento.
Due pensatori dalle idee molto diverse espongono le loro opinioni su un argomento comune. Questo mese si parla
di Gianfranco Fini.
Chi, con il governo italiano che incontra continui
dissensi da parte del Vaticano, dell’Europa e degli
Stati Uniti, si oppone alle riforme di Berlusconi e
soci? Il maggior partito di “opposizione” (il PD, per
chi non avesse capito che si tratta di un partito e,
soprattutto, che si trova all’opposizione!)? L’IDV,
con la sua fortissima pars destruens e privo di pars
costruens? Nessuno dei due. Gli attacchi più forti al
governo di Centrodestra provengono da uno dei suoi
maggiori esponenti, il Presidente della Camera scelto
dallo stesso Berlusconi, colui che avrebbe dovuto
(dovrebbe?) succedergli alla guida del PDL in futuro:
Gianfranco Fini.
L’ex presidente di AN, dalla fondazione del PDL,
controbatte spesso e volentieri alle parole e alle
azioni del Presidente del Consiglio: da quando ha
definito la propria nuova forza politica come un
gruppo di persone eterogenee che deve ancora
elaborare un’unitaria idea di partito, fino alle recenti
osservazioni sul fatto che “gli imperatori spesso
rischiano di perdere la testa” (riferendosi al modo
poco democratico di porsi e di governare di
Berlusconi).Ora, sebbene il Centrodestra affermi
costantemente la propria compattezza, accusando
semmai le opposizioni di essere carenti sotto questo
aspetto, appare evidente che sia maturato in Fini e nei
finiani un certo dissenso, manifestatosi in questi e in
altri numerosi episodi. Ma perché il delfino di
Almirante (segretario del MSI) si oppone alla politica
del suo partito considerandola conservatrice e
antidemocratica? È solo una questione di ruolo
istituzionale? Oppure è stata la moglie, elettrice del
PD, a traviare il Presidente della Camera?
Io credo che le principali ragioni che spingono un ex
fascista ad agire in controtendenza rispetto ai suoi
vecchi ideali siano tre: sicuramente l’essere una delle
Questo è il primo di una lunga serie di brevi articoli
che presenterò, e che cercheranno di proporre due
visioni opposte, ma non sempre, su argomenti di
attualità e di interesse comune. Il nostro primo
argomento verte sulla figura dell’Onorevole Fini,
attuale presidente della Camera, che come già
esposto è al centro di forti polemiche e critiche da
parte di numerosi politici dell’ala destra del
parlamento e di alcuni giornali , e debbo confessare
di trovarmi in gran parte d’accordo con molte delle
critiche avanzate.
Gianfranco Fini, infatti, inizia la propria carriera
politica circa nel 1976, quando comincia a
frequentare il Fronte della Gioventù, per poi entrare
a far parte del MSI ed infine di An. In sostanza,
quindi, la sua è una formazione che potremmo
definire certamente molto orientata verso destra,
come direbbe qualcuno di mia conoscenza talmente
orientata verso destra da poter quasi sfociare nel’ala
sinistra, come in effetti sta ora accadendo. Le sue
posizioni sono nettamente contrarie, fino all’anno
scorso, quindi direi non molto tempo fa,
all’immigrazione, alla politica della sinistra italiana e
alle critiche rivolte a Silvio Berlusconi, che anzi
difende a spada tratta e col quale dimostra sempre di
avere ottimi rapporti. Ora però inizia ad avere visioni
stranamente più aperte, favorevoli a tutti quei temi
cui era contrario, e sembra stia cercando di
riacquistare un’autonomia che forse credeva, o aveva,
effettivamente perduto a seguito della fusione di An
nel Pdl.
E lo fa in una maniera alquanto insolita, bizzarra
oserei dire, con affermazioni che contraddicono in
buona parte tutte gli ideali in cui ci aveva fatto
credere di rispecchiarsi. E si sposta verso sinistra.
quattro principali cariche istituzionali gioca un suo
ruolo, infatti un buon Presidente della Camera deve
agire in più direzioni, manifestare il suo dissenso
verso ciò che è antidemocratico ed anticostituzionale,
ascoltando e prendendo in considerazione le istanze
di tutti i parlamentari, siano essi di destra o di
sinistra. In secondo luogo, a mio avviso, si è
sviluppato in Fini un senso di repulsione e fastidio
nei confronti delle ingerenze della Lega, che avanza
proposte sempre più barbare ed incivili, che non sono
permesse dalla Costituzione Italiana: l’introduzione
del reato di clandestinità, l’imposizione ai medici di
non curare clandestini, la ghettizzazione degli
studenti stranieri nelle scuole, sono stati infatti
duramente criticati dal Presidente della Camera.
Infine, è probabile che, siccome nel contesto europeo
il Centrodestra italiano è sicuramente tra i più
conservatori e tra i più distanti rispetto all’idea di
destra europea, Fini cerchi di distaccarsi
progressivamente da questo modello per porre le basi
di un movimento fondato sì su valori tradizionali, ma
più aperto al nuovo, all’idea di una società
multietnica e multiculturale. Da persona di sinistra
non posso far altro che lodare il Presidente della
Camera per la sua acutezza politica e per la sua
intelligenza e cultura, tuttavia il fatto che sia proprio
lui a controbattere al Governo e non altri esponenti
del Centrosinistra, dovrebbe far riflettere sul vuoto
che c’è all’opposizione: bisognerebbe trovare una
nuova forza, diversa sia dal PD sia dall’IDV, che si
ispiri alla sinistra europea, al governo di Zapatero
piuttosto che alla Linke tedesca.
Lentamente e senza indugio. È diventato
stranamente buonista. Il contrario di prima insomma.
Ed è una cosa che non sopporto, non tollero e odio
profondamente. Così, tanto per fare una sorta di bel
climax. A parer mio la coerenza dovrebbe essere la
dote fondamentale del politico, che purtroppo non la
possiede quasi mai. E questo vale per molti esponenti
dei più svariati partiti. Quali sono le segrete
ambizioni dell’Onorevole Fini? A che cosa sta
mirando realmente? In effetti non pretendo
certamente che una persona debba mantenere le
medesime opinioni per tutta la vita, io stesso molte
volte cambio parere sullo stesso argomento. Tuttavia
mi chiedo come si possa predicare certe cose per
circa trent’anni per poi rinnegarle completamente nel
giro di pochi giorni. Fini ha recentemente criticato
l’atteggiamento di Silvio Berlusconi, che ha definito
simile a quello di un imperatore, un novello
Napoleone, insomma. Dimentichiamo però che sono
ormai alcuni anni che i due sono alleati, e dunque non
vi sembra che il presidente della camera sia un po’…
“lento” se mi concedete il termine? Non sarà che
l’alleanza e la cooperazione col Cavaliere era
semplicemente una copertura, o meglio, un
espediente pera arrivare prima al governo e
guadagnare più consensi di quelli che le sue posizioni
nettamente radicali gli avrebbero consentito?
Il tempo ce lo dirà, francamente non mi sento in
grado di esporre un giudizio così presto. E concludo
qui per evitare di andare a toccare tasti
eccessivamente caldi che potrebbero scatenare faide
interne alla nostra amatissima scuola.
PROSEGUE DA PAG 3
Inesorabilmente e senza altre possibilità. Spero proprio che avesse torto. Intendiamoci, non voglio certo giustificare
le azioni degli extracomunitari, tanto più che sono state rivolte nei confronti di persone che nulla avevano a che fare
coi loro guai, e che sono e rimangono deprecabili, dico soltanto che prima di giudicarli bisognerebbe farsi un
esamino di coscienza, e pensare a come avremmo reagito noi in una situazione del genere. E concludo con una
esortazione in puro stile ciceroniano, che odio ed amo a tempi alterni: smettiamola di fare tanto i buoni se poi sotto
sotto usiamo gli immigrati solo per nostro vantaggio, li sfruttiamo come animali e di loro non ce ne frega un
beatissimo cavolo! Smettiamola di farli venire nel nostro paese se non c’è abbastanza lavoro neanche per noi, visto
che tutti si lamentano ossessivamente e costantemente di questa crisi! Smettiamola di sfruttare quelli che già sono
nel nostro paese lamentandoci poi se il nostro datore di lavoro ci paga, a nostro avviso, poco! Non è forse infatti
sfruttare pagare per il medesimo lavoro ottanta euro al giorno un italiano e venticinque un nigeriano? Smettiamola
di voler sembrare a tutti i costi angelici e preoccupati per le sorti di queste persone se poi alla fine non ci
interessano realmente!Smettiamola, e qui termino, di predicare bene e razzolare male!
LE MIE COMPAGNE DI CLASSE
NELLA VITA NON HAN CAPITO NULLA
di ALESSANDRO GEROSA IIIG
Dopo cinque anni allo Zucchi, una delle poche certezze che ho realizzato è che le mie compagne di classe nella vita
non hanno capito nulla. Si sbattono da cinque (nel miglior caso xD) anni, studiano e piglieranno la maturità per poi
dover fare almeno altri cinque anni a farsi un sedere tanto x finire probabilmente in un call center. E perché mai?
Non serve studiare! Basta che fai un annuncio in cui dichiari di vendere la tua verginità per un milione di euro!
(pure sei poi tutti sanno che vergine massimo massimo lo puoi essere x segno zodiacale...). E' così (per chi non lo
sapesse) che Raffaella Fico è diventata famosa. Non si può d'altra parte negare che ora si sia impegnata in progetti
ben più ardui e intellettivamente faticosi: ogni giorno lavora incessantemente insieme al cameraman per riuscire a
mostrare quanto più seno e sedere possibile senza poter essere denunciata per oltraggio al pudore. 365 giorni su
365, la definirei senza ombra di dubbio un impresa titanica, tanto che ha trovato l'interesse di vari studiosi, nonché
un numero più ampio di vecchi polentoni scapoli (e spesso anche afflitti da calvizie) che ad ora di cena si
rimbambiscono tenendo con una mano la forchetta e con l'altra ciò che non può essere nominato.
Ma, mi direte voi, Raffaella Fico rispecchia bene il cognome
che porta! E' vero (pure se ciò non riesce a diminuire il mio
disgusto per quella persona), molte ragazze non hanno la sua
fortuna. Ma se anche voi volete avere successo, ma di solito i
ragazzi in voi cercano solo la manopola per tirare l'acqua, non
disperate! La Gerry & Co. ha la soluzione che fa per voi! Non
vi publicizzeremo un macchinario per rassodare i glutei o
scolpirvi gli addominali, no; per voi daremo a disposizione un
piccolo prestito.
Investitelo dal chirurgo plastico, fatevi fare una sesta (si si
avete capito bene, una sesta!) e ci ripagherete presto con i
soldi che farete in tv! D'altra parte dubito che Cristina abbia
Raffaella Fico, classe 1988, nel 2008 ha
qualche cosa d'altro di degno di nota (ed è pure
partecipato al Grande Fratello 8.
oggettivamente bruttina, direi), anche se gli scienziati sembrano
ormai concordi nell'affermare che sia stata proprio la
concorrente del GF ad ispirare i fratelli Montgolfier. E sempre sulla serie di dignità di nota, posso non mettere in
dubbio l'impegno profuso dalla Carfagna nel suo ruolo di ministra, ma mi chiedo quante possibilità avrebbe avuto
di aspirare a tale titolo se non avesse fatto prima la showgirl Che poi lo stesso termine “showgirl” è qualcosa di
fenomenale. “Donna di spettacolo”. Eh?????!! Donne di spettacolo le chiamate? Ma se Eva Henger al confronto
sembra Madre Teresa di Calcutta!
Che poi mi ritrovo ad avere molto più rispetto per le pornostar, sinceramente, che di questi elementi. Almeno loro
sai cosa fanno di mestiere, non fanno mica tanti giri di parole: “Stella del porno”, non “Donna di spettacolo”. Se
vuoi accendi il pc, vai su uno dei tanti siti e bona. Ma per favore, quando guardo la tv, non mi rifilare donnette
messe lì per soddisfare i desideri dei tanti mariti frustati e insoddisfatti di quella sorta di lottatore di sumo truccato
che hanno sposato come moglie; che si rincretiniscono facendosi trip mentali con sederi e seni di turno, senza
considerare il “piccolo et insignificante dettaglio” che se la loro moglie è la figlia di Fantozzi pure loro hanno il sex
appeal di Brad Pitt, dopo un frontale con un tir si intende.
DIALOGO
di JAKOB PANZERI IIIA
Rieccoci qua, care zucchine e cari zucchini, pronti a ripartire di nuovo con voi per un 2010 pieno di iniziative e di
notizie! 2010 Anno di novità! Anno in cui ricorre il bicentenario della morte di Frederik Chopin, anno
internazionale della biodiversità volto alla protezione dei mari e della fauna in via di estinzione, anno di novità
anche a me: infatti oltre alla mia rubrica di etica e politica “Sapere Aude” mi impegno a ripristinare sul nostro
Bartolomeo l’angolo poetico con il nome di “Il dottor Zivago” e sperimenterò insieme al prof.Galeotto e prof.Roi e
ad altri che vogliano seguirci in questa iniziativa la sezione “Arcadia” : sul nostro giornalino una rubrica, un forum
di discussione in lingua latina.
Per questo mese non scriverò io qualcosa, ma desidero pubblicare l’intervista fatta dalla sezione culturale della Rai
(allora esisteva: non c’era spazio per i reality show ma per tanta cultura…) nel 1988 al filosofo spagnolo Emilio
Lledò sul senso del dialogo nella politica riprendendo la famosa massima aristotelica “zoon politikon”. Ritengo sia
un prezioso intervento, soprattutto per il clima suscitato in questi ultimi tempi da Massimo Tartaglia, Susanna
Maiolo e da tutti quelli che inneggiavano alle loro gesta. Chi lo ha fatto non ama l’Italia. Una pagina per riscoprire
il valore del DIALOGO.
DOMANDA: Qual è il significato e l'importanza della definizione aristotelica dell'uomo come zòon politikòn,
che, tradotto letteralmente, significa "animale politico"?
Questo è un termine essenziale, poiché ne è derivata una cosa tanto importante come la politica. Politica è, in
questo caso, la traduzione, o meglio la traslitterazione, il trasferimento, di un aggettivo greco: politikè. Techne
politikè è la politica, è la teoria della polis, e la polis era ovviamente, per i greci, uno spazio reale, un luogo, un
topos, una realtà nella quale sì viveva e si esisteva. Ma, oltre ad esprimere questo concetto di realtà storica, di realtà
fisica nella quale si abita, polis significava anche "reticolo": un sistema di relazioni fra gli uomini, una forma di
organizzazione della vita degli individui che risiedevano in un certo territorio, che calcavano quel territorio, quella
polis, quella città.
Non è strano quindi che Aristotele abbia definito l'uomo, in modo così radicale e deciso, come zòon politikòn, come
animale politico. Un mammifero che respira, che digerisce, che vede, che sente, che è dotato di sensibilità
esattamente come qualsiasi altro mammifero ma che deve vivere insieme ad altri, deve vivere in comunità. E' vero
che ci sono altri animali - e Aristotele lo rammenta nel medesimo contesto della politica - che vivono in comunità,
ma il modo di vivere in comunità di questi animali è un modo gregario - dice Aristotele - mentre l'uomo non vive
gregariamente in comunità, bensì costruisce la sua comunità, costruisce il suo sistema di relazioni per organizzare
gerarchicamente o in condizioni di eguaglianza i suoi rapporti con gli altri.
E' perciò importante, in questo senso, ricordare che Aristotele, nella stessa pagina in cui definisce l'uomo come
animale politico, come animale che vive in una polis e deve organizzare il suo modo di vivere, lo definisce anche
come zòon lògon èchon, che significa, traducendo alla lettera, "animale dotato di parola", o per meglio dire:
"animale dotato di lògos". E' piuttosto singolare che questa definizione aristotelica dell'uomo abbia dato origine
all'altra famosa definizione: "l'uomo è un animale razionale". Non era questo che Aristotele intendeva. Aristotele
voleva dire soltanto che, naturalmente, il lògos è una lotta per la razionalità: ma l'uomo non è un essere razionale.
E' invece, secondo questa famosa definizione, un essere che parla, che muove la lingua - quella cosa così reale e
così fisica che è la lingua - e muovendola produce un suono semantico, dei suoni che creano comunità, che creano
polis, che creano uno spazio collettivo.
E' perciò interessante osservare che entrambe le grandi definizioni aristoteliche dell'uomo - animale politico
e animale dotato di lògos - sono unite, perché sia la politica sia il possedere lògos si necessitano
reciprocamente.
Non potrebbe esistere la politica - un reticolo collettivo, uno spazio di intelligenza collettivo, una società, un
vivere comunitario - se gli uomini non parlassero, se non comunicassero fra loro.
Emilio LLedo, 1988, dall’intervista “Origine del concetto di Eudaimonia per l’uomo greco”
TERRA,
CIELO
FATTI DI TE
RRA, E VÒLTI AL CIEL
O
di GABRIELE GALEOTTO
Os homini sublime dedit, coelumque tueri
iussit et erectos ad sidera tollere vultus.
Ovidio, Metamorfosi, I, v. 76-77
Ich beschwöre euch, meine Brüder, bleibt der Erde treu.
F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, I, cap. 3
“Vi esorto, miei fratelli, a restare fedeli alla terra”. È questo il monito del nietzschiano Zarathustra, ed al di là delle
varie interpretazioni fisolofiche che su tale richiamo sono fiorite, è certo che, almeno dal punto di vista linguistico,
su cui Nietzsche la sapeva più lunga di quanto spesso ci si ricordi, uomo e terra sono state spesso tutt’uno. Così è,
ad esempio, nella Genesi: kaˆ œplasen Ð qeÕj tÕn ¥nqrwpon coàn ¢pÕ tÁj gÁj, che San Gerolamo traduce, in
modo più aderente al testo greco, formavit igitur Dominus Deus hominem de limo terrae. Ma neppure il patrono dei
traduttori può rendere la suggestiva perfezione dell’originale, dove Dio crea Ahadam dalla ahdamah (‫ ָה ֲא ָדמָה‬- ‫)הָ^דָם‬,
a sua volta aggettivo sostantivato e antonomastico: si tratta de “la rossa”, ovvero la creta impastata dal vasaio, il
limum terrae, corradicale al sostantivo dam, “sangue” (la lingua ebraica dispone di un altro “rosso”, sàsér, che
indica la coloritura artificiale ricavata dal minio) Il paradosso è che proprio homo, -inis, la parola usata da San
Gerolamo, è corradicale alla parola humus, -i, “terra”, che però il traduttore non usa, servendosi invece di terra, da
*tersa, -ae, sostantivo di sapore cosmogonico, dato che indica la non-acqua nella primigenia divisione tra gli spazi
del mondo. Quanto sia ancestrale il legame simbolico tra sangue, uomo e argilla lo dimostra la testimonianza dello
mitografo ed erudito Beroso (Babylon. fr. 1a, 82): la dea-Scorpione Tiamat, vedendo la sterilità della terra da lei
creata, ordinò che le fosse tagliata la testa, in modo che il suo sangue, impastandosi con la terra, potesse diventare
la materia prima di ogni vita divina, e dunque animale e umana (tÕ ·u n aŒma toÝj ¥llouj qeoÝj fur©sai tÍ gÍ,
kaˆ diapl£sai toÝj ¢nqrèpouj).
Se parliamo di uomo, è d’obbligo una riflessione su ¥nqrwpoj. Georgiev, partendo dall’attestazione del miceneo ato-ro-qo, la etimologizza, sulla base di paralleli con altri costrutti, come * anthr-okw-o-s, ovvero come volto (in
greco êy)-(con)-barba, un relitto linguistico dell’uomo nel suo status sociale di maschio (nella lingua rumena,
barbat equivale a “uomo”). Certo, ci sarebbe molto da pensare sul fascino delle Elene fatali del mito, quando,
specie nell’oratoria attica, troviamo la locuzione ¹ ¥nqrwpoj ad indicare la donna... Non tutti i linguisti sono
peraltro concordi sull’etimo di Georgiev: Chantraine, per il quale gli aggettivi in –wpoj, come in origine doveva
essere il sostantivo ¥nqrwpoj, derivano dalla radice indoeuropea oqw, cioè “vedere” (si pensi al latino oculus, dove
l’esito dell’antica labiovelare è la gutturale), suggerisce il significato di “vedente in su”, altri preferiscono “vedente
davanti a sé”. Nell’indoeuropeo pre-greco, la posizione eretta e gli occhi in collocazione frontale sembrano dunque
le caratteristiche essenziali che rendono l’uomo diverso da ogni altro animale, che la natura ha creato pronum
ventri, alla perenne ricerca del cibo davanti a sé, o condannato a stare all’erta verso il pericolo, guardandosi ai
fianchi. Eppure il semplice atto fisiologico della vista non è tutto: l’essenza dell’uomo non pare il vedere-reagire,
quanto il vedere-pensare. Non a caso, dice Eschilo nel Prometeo incatenato, ci fu un tempo in cui gli uomini,
ancora primitivi, “guardando, guardavano invano” (blšpontej œblepon m£thn, v. 447). In un locus del Cratilo
(399c 6) Socrate etimologizza ¥nqrwpoj a partire da quanto l’uomo opera a partire dalla vista: Gli altri animali di
quanto vedono nulla osservano né su esso riflettono né lo vagliano (oÙd n ™piskope‹ oÙd ¢nalog…zetai oÙd
¢naqre‹), mentre l’uomo insieme conserva la visione e considera e ragiona su quanto ha visto (˜èraken kaˆ ¢naqre‹
kaˆ log…zetai toàto Ö Ôpwpen). Per Socrate, “uomo” significa dunque letteralmente “colui che vaglia quanto ha
visto” (¢naqrîn § Ôpwpe), solleva il capo oltre se stesso e la terra di cui è fatto. È quasi automatico ripensare al
fascino delle Stanze Vaticane di Raffaello, al volto di quell’austero Platone che indica con la mano destra il cielo,
quasi sia il vero desiderium del millenario errare dell’umanità. Ma per non librarci troppo alti, vorrei, come ci
chiede Nietzsche, ritornare alla terra, e alle memorie di un artista incompreso del secolo trascorso, il pittore Gino
Sandri, che, per intervalla insaniae assai meno noti di quelli lucreziani, ma ben più testimoniati e certi, ci ha
lasciato toccanti immagini e lucide riflessioni su quanto l’uomo, che così alto può volare, spesso si dimentica delle
sue radici e di chi, come lui, dalle medesime è nato: “A che vale guardare gli altri dall’alto, se siamo tutti della
stessa fragilissima creta?”.
IMMAGINI DALL’EGITTO
di CAMILLA ROSSINI IB
È impossibile raccontare l’Egitto in una pagina. È un paese incredibile, che con noncurante fierezza ti mostra
migliaia di anni di storia e con ostinato candore ti assilla perchè ne compri un gadget, una piramidina, una sfinge
immersa nella neve. Dei mille ricordi, ne ho scelti alcuni, che spero minimamente trasmettano l’atmosfera di quei
luoghi.
LA DISSONANTE FUSIONE TRA IL PASSATO ED IL PRESENTE
L’Egitto prima dell’alba. I sensi vagamente offuscati dalla sveglia mattutina non impediscono di abbeverare gli
occhi a quel paesaggio nuovo ed insolito, che scorre come un fondale dipinto oltre i vetri del nostro pullman.
Immerse nella penombra appaiono fugaci visioni di campi fertili e verdi, solcati da una quadrettatura di fitti canali,
palme, a volte catapecchie, carretti, qualche moto per noi obsoleta. All’improvviso, la visuale cambia: la terra si è
fatta brulla, il paesaggio spoglio. Siamo passati dalla fertile valle del Nilo ad un’arida distesa di sabbia e rocce: Il
Regno dei Morti. Non c’è ancora nessuno, nella Valle delle Regine. Nella luce lattiginosa dell’aurora si staglia
davanti a noi un mal assemblato complesso montuoso, rocce gialle e burrose scagliate sulla tavola piatta del deserto
da una qualche divinità stizzita. In questa pietra friabile antichi uomini scavarono le tombe delle loro sovrane,
decorandole con dipinti sontuosi; ora, casupole di fango popolano le pendici di quegli stessi monti, sparse come
pizzichi di sale, e bambini e uomini si spartiscono la vita con asini, capre, cani randagi che si contendono i rifiuti.
Mi volto, a dominare con gli occhi la pianura che si staglia sotto di me. È tutta diversa dalla nostra pianura, qui in
Italia: senza palazzi ad ostruire lo sguardo, senza nebbia, senza foschia, i bassi edifici, i campi ed i minareti si
mostrano a perdita d’occhio, in un susseguirsi di piani prospettici, che nella luce limpida della mattina degradano in
una sinfonia di tinte blu sempre più scure. Un gruppo di ragazzi dai turbanti chiari e dalle lunghe vesti impolverate
consuma la colazione comodamente seduto su rovine millenarie. Non c’è rispetto né soggezione per il passato tra
questa gente, per una semplice ragione: l’Egitto è il proprio passato. Ciò che leggi nei libri di storia è poco distante
dalla realtà che ti si para davanti agli occhi. L’unica visibile differenza sono le parabole che ornano i tetti di ogni
casa, anche la più povera.
DALLA NAVE: LA NATURA
Chiunque visiti un paese del Nord Europa non può astenersi dal notare quanto il cielo appaia vicino, mutevole, e
come ci si senta avvolti dalle nuvole, parte di esse. Qui è tutto il contrario. Immobile, statico, uniforme, dello stesso
turchese propiziatorio che dipinge le porte e gli scarabei portafortuna, sovrasta ed incornicia con contorni
oltremodo nitidi e definiti le palme e la vegetazione rigogliosissima, che si bagna sulle rive del placido Nilo,
solcato dalla nave su cui mi trovo. Sdraiata su un lettino, sul ponte, la brezza tra i capelli e nessun pensiero per la
testa, inizio a chiedermi se questo paesaggio non abbia potuto in qualche modo influenzare la concezione egizia
della vita e della religiosità: la morte che non è che una prosecuzione del viaggio, il continuo riferimento
all’oltretomba, al culto dei defunti. Di fronte a me, la vegetazione più verde e lussureggiante che abbia mai visto
cede di colpo il passo a dune di sabbia infeconda: la morte che si amalgama con la vita, la siccità con l’enorme
massa d’acqua del fiume.
Oppure: la luce così incredibilmente pura, limpida, deve per forza avere a che fare con i disegni stilizzati della
scrittura geroglifica. Guardo una tortorella, sulla ringhiera. Piume rosate, petto tondeggiante, occhi di spillo, si
delinea perfetta contro il cielo blu, ed appare davvero bidimensionale.
IL CAIRO: UN TERMITAIO
Diciotto milioni di abitanti vuol dire che al Cairo non c’è mai requie. Ce lo spiega la nostra guida, autoctona,
mentre ci troviamo imbottigliati nel più assurdo ingorgo che abbia mai visto: mercedes e suv (pochi) si alternano a
vecchie Fiat degli anni sessanta, camion rugginosi che trasportano sul cassone pomodori, divani, ragazzi, e tutti
suonano il clacson, e tutti superano tutti. Il che, in una coda di parecchi chilometri, può risultare problematico.
PROSEGUE A PAGINA SEGUENTE
PIANETA ZUCCHI
ZUCCHI ON ICE
di SARA MONTAGNINO IIIA
Piazza Trento e Trieste, proprio davanti alla nostra scuola, nel mese di dicembre è stata teatro di una piacevole
iniziativa: è stata aperta la pista di pattinaggio, quella che negli anni scorsi era stata montata in Piazza San Paolo.
Quale modo migliore di ricominciare la scuola dopo il ponte di San Ambrogio
PROSEGUE DA PAGINA
se non con una bella pattinata?
PRECEDENTE
Detto fatto: infatti proprio il 9 dicembre la classe IIIA, seguita poi dalla IIIG, e
da tutte le altre classi nei giorni successivi, ha fatto il suo ingresso in pista.
Escludendo il quartiere
Se state pensando ai numerosi film di Natale che hanno trasmesso durante le
lussuoso, ed il centro storico
feste su Canale 5, avete proprio sbagliato a capire: non tutti gli zucchini hanno
deliziosamente ristrutturato, è
superato indenni questa giornata “on ice”, soprattutto perché tante sono state le
una città davvero sporca. Non è
difficoltà da affrontare.
un commento denigratorio, né
disgustato, tutt’altro: città
La prima difficoltà di fondamentale importanza è quella di indovinare, perché si
affascinante, caotica,
tratta proprio di quello, il proprio numero di piede. E vi assicuro che non è una
incredibile. Ma sporca. Lo si
cosa semplice: perché se porti il numero 40 immancabilmente il pattino che
nota, da lontano, perché il cielo
porta lo stesso numero ti sta grande o piccolo, a seconda dei casi??
è diviso a mezza altezza dalla
A questa domanda ancora non so dare una risposta. Miei cari lettori avete una
linea di una nube fosca, densa,
suggerimento da darmi?
oleosa che avvolge
Una volta superato questo problema, ecco la seconda difficoltà: entrare in pista.
perennemente la città in un
La cosa apparentemente è abbastanza semplice, per chi sa pattinare si intende!
bozzolo insalubre.Lo si verifica
Ma il momento più divertente è guardare chi non è, diciamo, “esperto”: c’è chi
nel mercato, dove merci di tutti i
cade pur stando attaccato alla balaustra, chi si muove solo se accompagnato
colori ornano bancarelle
incuneate in vie dagli alti palazzi
mano nella mano da un altro, e chi nel momento in cui, trovato il coraggio,
sordidi; dove vedi un negoziante
decide finalmente di andare a centro pista viene urtato dallo “sborone” di turno
che ramazza la parte di strada di
e ovviamente...cade!
fronte al suo negozio, e pensi
Terza difficoltà della giornata è la lezione con l'istruttrice: è solo allora che lo
“com’è pulito!” finchè ti accorgi
zucchino-medio scopre la cosa più importante del pattinaggio, quella che tutti
che il lerciume viene gettato in
dovrebbero sapere per evitare di correre rischi o di farli correre agli altri: la
mezzo alla strada, dove tu
frenata.
cammini.
M’infilo in una viuzza laterale, e
Fosse semplice attuarla però: spesso si crea più danno imparando a frenare che
mi accorgo con vago timore che
non pattinando senza farlo.
non è per nulla turistica: un
Finita anche la lezione, sempre il solito zucchino-medio si rende conto che
enorme uomo mi squadra con
ormai manca poco tempo al ritorno in classe.
aria torva, mentre mi chino per
Scatta quindi la difficoltà numero quattro: fare finta di non sentire il prof. che
non incagliarmi nella mercanzia
cerca di richiamare tutta la classe: mai il pattinaggio è piaciuto tanto agli
che pende dalla tenda del suo
studenti come in quel momento.
bazar, e quasi mi scontro
E guai a chi dice che non è vero: anche quelli che fino a pochi attimi prima non
con…due occhi. Due occhi neri e
si erano ancora mossi, iniziano ad allontanarsi dalla balaustra (con grave rischio
profondi avvolti dall’informe telo
per se e per gli altri), facendo finta di pattinare, rischiando le gambe pur di non
scuro del burqa. Io sono in
fare una lezione di latino o greco.
canottiera. Per un attimo gli
Finito il tempo a disposizione, si ritorna in classe felici per le due ore passate in
sguardi si incrociano, ed
modo diverso rispetto al solito.
entrambe, così radicalmente
Ma credete che le difficoltà da affrontare siano finite?
diverse, li distogliamo in fretta.
È qui che vi sbagliate, manca ancora l'ultima: superare i due giorni successivi
alla pattinata, tra dolori alle gambe e lividi per le cadute.
Ma in fondo pattinare è cosi bello! O no !?!?!?!
INTERVISTA
AI RAPPRESENTANTI D’ISTITUTO
di GIULIA COLOMBO IIIG
Giovedì, dopo scuola. Mi trovo di fronte alle eminenze politiche zucchine: Michele “Fox” Fossati, Luca “Napo”
Pincelli e Jacopo “Popo” Rossi, tre dei quattro rappresentanti degli studenti nel Consiglio d’Istituto. Il quarto,
Stefano Parravicini, è sopra un pullman da qualche parte sulla linea Monza-Carate.
L’incontro è epocale. L’intervista Frost/ Nixon non era niente al confronto, e so già che con questo articolo
prenderò minimo un Pulitzer. Forse due, se mi viene bene.
Impugno la penna con la serietà che la situazione richiede e intono le domande con aria professionale:
Siete stati eletti in Ottobre. Che progetti siete riusciti a realizzare in questi quattro mesi?
Jacopo, che ha passato gli ultimi minuti ad esultare perché finalmente oggi ha finito le interrogazioni,
improvvisamente si fa serio. Michele estrae dallo zaino una cartelletta piena di circolari e documenti utili. Luca
assume un’aria di concentrato distacco. Si capisce come tutti loro, nonostante gli scherzi, prendano il loro incarico
molto sul serio.
LUCA:Siamo riusciti ad ottenere uno sconto del 10% al Libraccio, oltre che una convenzione con lo Speedy che fa
risparmiare il 15% agli studenti zucchini. Inoltre siamo riusciti ad organizzare anche quest’anno il Carnevale sulla
Neve, che quest’anno si terrà a Lanzada.
MICHELE: Abbiamo anche discusso con il prof. Valentini l’idea di istallare dei free software in tutta la scuola, ma
siamo arrivati alla conclusione che sarebbe una spesa inutile, visto che molti non sanno usarli. Perciò inizialmente
li sperimenteremo solo in alcune classi.
JACOPO: In più stiamo portando avanti una battaglia per entrare in possesso di alcuni locali all’interno del nostro
edificio, tra la palestra e le scale, che la Circoscrizione ha lasciato liberi. Quest’anno se n’è appropriato il Comune
per adibirli ad uffici provvisori, ma dall’anno prossimo potrebbero essere utilizzati dallo Zucchi come aule per il
laboratorio teatrale e musicale.
Quali sono i vostri prossimi obiettivi?
MICHELE: volevamo organizzare alcuni progetti di beneficenza. Ad esempio, pensavamo di sfruttare un mio
contatto con Andy dei Blue Vertigo per farlo venire a parlare d’arte e musica. L’ingresso sarebbe gratuito, con
un’offerta libera che andrebbe ad aiutare la popolazione di Haiti. Oppure c’era l’idea di organizzare una raccolta
dei tappi di plastica: con il ricavato si aiuterebbe la ricerca contro il tumore osseo.
JACOPO: Stiamo anche combattendo per ottenere alcune attrezzature sportive che mancano nella palestra. In più,
come ogni anno, ci dedichiamo all’organizzazione del concerto e della festa di fine anno.
Inoltre vogliamo organizzare qualcosa che sarà molto utile l’anno prossimo, quando tutti noi (si spera) saremo
usciti dallo Zucchi. Pensavamo ad incontri tra i nuovi e i vecchi Rappresentanti d’Istituto, in modo da facilitare le
cose ai neo-eletti, altrimenti ogni anno i primi mesi vengono persi solo per capire come funzionano le cose.
LUCA: Si pensava anche di intitolare l’Aula Magna ad un ex- studente zucchino. Abbiamo deciso di scegliere un
partigiano, e dovremo documentarci frugando le schede dell’ANPI. Durante la prossima Assemblea d’Istituto
chiederemo il parere degli studenti.
A proposito, quando sarà la prossima Assemblea d’Istituto?
JACOPO: La stiamo organizzando per febbraio. Una delle questioni di cui intendiamo occuparci è anche creare un
rapporto più stretto con tutti gli studenti, perché ci sia una più estesa informazione sulle nostre attività e di
conseguenza una maggior partecipazione alla vita politica dello Zucchi.
In realtà, questa partecipazione non sembra essere molto ampia. Perfino riguardo all’ultima cogestione,
momento che dovrebbe interessare tutti gli zucchini (e non solo perché si perde una settimana di scuola), c’è
stato un improvviso disinteresse, tanto che sono arrivate pochissime proposte per aule e conferenze.
MICHELE: in effetti è vero… un po’ è colpa della tempistica: la circolare sulla cogestione è passata il 7 gennaio e
la scadenza per le proposte era il 9, un po’ è colpa degli zucchini che non hanno mostrato partecipazione. L’anno
scorso gran parte delle idee venivano da studenti di terza, quest’anno quasi nessuna. La classe ‘91 fa schifo.
(Michele e Jacopo, dall’alto dei loro vent’anni, ridono alle spalle mie e di Luca, che sopportiamo con stoica
rassegnazione la presa in giro dei diciottenni di oggi.)
JACOPO: più che altro ogni tanto mi sembra che gli studenti si interessino solo ai voti sul libretto e una volta finite
le lezioni se ne freghino di quello che accade a scuola. Forse capita perché si sentono poco informati su quello che
succede a scuola: proprio per questo dobbiamo intensificare le comunicazioni tra noi e il resto degli zucchini. Al
momento stiamo raccogliendo le mail dei rappresentanti di classe per un legame che non si limiti alle sole
Assemblee.
LUCA: a me sembra invece che spesso gli zucchini si concentrino più sulle cose che non vanno bene piuttosto che
avanzare idee per cambiare in qualche modo le cose. Certo, siamo anche schiacciati dal confronto con i
Rappresentanti dell’anno scorso, che sono riusciti a realizzare moltissime proposte.
Avete trovato particolari difficoltà a svolgere il vostro lavoro?
LUCA: Non direi. Soprattutto i rappresentanti dei genitori si sono mostrati disponibili ed attivi (specialmente
riguardo la storia delle aule della Circoscrizione). Solamente alcuni insegnanti si sono dimostrati piuttosto passivi
nel prendere decisioni. Il prof. Cinardi, inoltre, si è dimesso quest’anno, e per non so quali motivi il suo seggio è
ancora vuoto. Più che altro i maggiori problemi ci sono stati causati dall’eccesso di burocrazia dello Zucchi, che
rallenta moltissimo qualsiasi nostra iniziativa.
Domanda di sociologia: secondo voi perché in un liceo a maggioranza femminile tutte le cariche “politiche”
-rappresentanti degli studenti, capo del comitato studentesco, con la sola eccezione di un seggio della
consulta- sono presiedute da ragazzi?
MICHELE: Secondo me perché tra donne c’è più rivalità. Nessuna voterebbe per un’altra ragazza, non volendo in
questo modo farla diventare “superiore” a se stessa. OK; so già che dopo questa frase domani verrò linciato da un
gruppo di femministe furiose.
LUCA: Dall’anno prossimo si potrebbero istituire delle quote rosa. (ride)
JACOPO: Per me capita così perché tra le ragazze manca una figura davvero carismatica. Noi siamo meno, e
pertanto abbiamo meno competizione da sopportare, mentre per loro è più difficile. In più molte temono di
diventare come Rosy Bindi.
MICHELE: A proposito, lo sapevate che ad una festa l’ho invitata a ballare? Peccato che mi abbia detto di no… è
stato un duro colpo per la mia autostima!
Com’è lavorare con ragazzi che prima non conoscevate? Ha influito il fatto di provenire da tre liste diverse?
(N.d.R: Luca viene da “Lo scatafascio”, Stefano e Michele da “Listarnuti” e Jacopo da “The Superlative
Conspiracy”)
LUCA: in realtà no. Più che altro c’è stata la difficoltà di ritrovarsi dopo scuola: a parte gli impegni individuali,
siamo tutti studenti di terza e quindi piuttosto impegnati con lo
studio. Anche il fatto di appartenere a liste diverse si è rivelato un
IL NUMERO DI SEGGI
vantaggio, perché abbiamo potuto scegliere le idee migliori. E poi
ASSEGNATI NEL CONSIGLIO
ora che siamo rappresentanti d’Istituto dobbiamo unire le forze, non
D’ISTITUTO
ci sono rivalità tra noi.
STUDENTI
4
JACOPO: Abbiamo formato una sorta di “partito dell’amore”.
PERSONALE ATA
2
MICHELE: si accettano iscrizioni femminili! (ridono)
INSEGNANTI (E PRESIDE)
9
JACOPO (tornando serio) più che altro nel consiglio d’istituto
GENITORI
4
siamo la minoranza, quindi ci conviene unire le forze.
Ho finito le domande. Avete qualche suggerimento per una chiusura brillante dell’articolo?
JACOPO: Fammi pensare…direi... “The best is yet to come” (N.d.R. nota canzone di Frank Sinatra)
LUCA: Originale! (ride)
JACOPO: Guarda che si chiama imitatio et aemulatio!
MICHELE: In realtà è in linea col suo spirito ecologico. Lui ama riciclare, anche le battute!
L’intervista è finita. Jacopo può finalmente andare a fumare la sigaretta che tiene dietro l’orecchio da un’ora. Luca
saluta con il suo solito sorriso compassato e si allontana con Michele discutendo di affari scolastici. Mi sembrano
dei ragazzi in gamba, adatti a rappresentarci. Ma sarà vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza.
SE FOSSI UNA DONNA GRECA…
di ANNA RIGILLO IA
(donna greca improvvisata)
Essendo noi tutti grandi classicisti, non potevo di certo pensare di evitare di parlare della moda nelle due civiltà da
noi più amate.
Si parte dalla Grecia! (Alle amiche romane ci pensiamo la prossima volta)
Ovviamente la fonte più antica che abbiamo è, come al solito, Omero.
L’abito femminile che ci descrive, chiamato pèplos, phàros o heanòs, era molto semplice: un rettangolo di lana con
pochi punti di cucitura, che le donne dovevano liberamente panneggiare, servendosi di fibbie o, raramente, di
cinture (ringrazio l’invenzione dei vestiti preconfezionati).
Non dobbiamo però pensare che le nostre donne greche fossero immuni dalle critiche riguardo al loro
abbigliamento.
Avete presente la scandalosa minigonna degli anni ’60? La stessa sorte ha subito il peplo spartano, criticato
duramente dai poeti ateniesi, primo tra tutti Euripide, perché troppo corto. In effetti questa tunica doveva lasciare
ben poco all’immaginazione: costituito da uno stretto scialle e legato su entrambe le spalle da una fibbia, senza
cuciture e senza fibbia, lasciava coperta solo una metà del corpo e l’altra si scopriva ad ogni passo.
Ad Atene, invece, il peplo era stretto in vita da una cintura allo scopo di mantenere le pieghe a posto ed evitare di
scoprire le gambe camminando; ciò conferiva alla figura un aspetto nobile e severo (ed evitava eventuali critiche
“poetiche”).
Ma non tutte le donne potevano permettersi di passare tutta la mattinata a cercare di mettere a posto le pieghe del
proprio peplo, così le più pratiche ergastines, le lavoratrici, indossavano un peplo “tubolare” chiuso lateralmente da
cuciture che lasciavano libero solo il passaggio delle braccia.
Questo “capo di abbigliamento” era chiamato peplo dorico e venne sostituito circa nel V secolo dal chitone di lino,
l’abito ionico. Questo avvenne a causa della sempre maggiore diffusione del lino, tessuto preferito perché più
leggero, dovuta ai commerci con l’oriente.
Il chitone era una tunica di lino, costituita da due rettangoli di stoffa, cuciti insieme lungo i bordi dei lati lunghi, in
modo da formare un cilindro che si fermava sulle spalle mediante fibbie, così da formare lunghe maniche; di solito
veniva poi sovrapposta una seconda tunica più corta, da cui deriva il nome di diplòidion/diplòe, ovvero “veste
doppia”.
Tuttavia la tunica era un abito usato solo in certe occasioni: quando la donna usciva in pubblico, acconciata per una
cerimonia. In casa le donne greche portavano il peplo spartano o delle tuniche casalinghe, più lunghe del peplo.
Spesso, poi, portavano una veste corta chiamata chitònia, che lasciava scoperto il ginocchio e il polpaccio e veniva
talvolta utilizzata anche come camicia da notte.
Sopra la tunica di lino le donne portavano vari tipi di mantello. L’himàtion, che consisteva in un pezzo rettangolare
di lana, piegato in due e avvolto intorno al corpo. Esistevano delle mantelline di vario tipo che troviamo indicate
con nomi diversi: l’epomìdes, un semplice scialle fissato in forma di sciarpa su una spalla, oppure l’ènkyklon, un
piccolo mantello rotondo con balze e il paràpechy che aveva le bordure solo su due lati. Infine la chlanide, simile al
mantello maschile, ma il cui lembo cadeva davanti e non di dietro.
Abbiamo poche notizie sulla biancheria intima. Sappiamo solo che le donne greche portavano il reggiseno
(stròphion), che consisteva in una fascia. (Reggiseno sì e mutande no?)
Nonostante il comune stereotipo dell’antico greco con i sandali praticamente incollati ai piedi, la varietà delle
scarpe era grandissima e potevano essere acquistate anche già fatte, oltre che fatte su misura dal calzolaio. Per
quanto riguarda le calzature femminili, c’erano babbucce per scendere la mattina dal letto chiamate nyctipèdekes
(queste sì che sono indispensabili!), sandali di vario tipo detti blauttìa, calzature più comode da casa, le diàbathra, e
scarpe più piccole e “eleganti” come le peribarìdes, per quando la donna si agghindava.
Le donne maritate, sin dai tempi di Omero coprivano il capo con un velo chiamato kàlymma o kalyptra. Un lungo
velo era usato con una precisa funzione rituale dalla sposa durante la cerimonia nuziale e dalle donne che
partecipavano ai riti funebri.
Per quanto riguarda il trucco, le donne greche avevano importato l’usanza dall’ Egitto, inoltre cospargevano il viso
con una crema a base di biacca prodotta a Rodi: l’uso era però vietato durante il lutto e le cerimonie legate ai
misteri di Demetra.
Inoltre sappiamo da Aristofane che le donne usavano depilarsi il pube. (Ecco perché non avevano bisogno delle
mutande!).
CINEFORUM allo ZUCCHI!!!
di BEATRICE CONTI e CHIARA DANIELLI III G
In quanto attenti osservatori della realtà che vi circonda vi sarete sicuramente accorti che da qualche tempo a questa parte
appaiono qua e là per lo Zucchi e per le classi simpatiche circolari su un fantomatico Cineforum. Ebbene il cineforum
esiste! Esiste ed è organizzato da noi pazzi sognatori senza speranze del collettivo Jan Palach (sì perché allo Zucchi esiste
anche un collettivo). Il motivo per cui abbiamo pensato questa iniziativa?
Pensiamo innanzitutto che possa essere un'occasione per trovarci e guardare film che ci forniscano interessanti spunti di
discussione e confronto (in alcuni casi anche film difficilmente reperibili). In
secondo luogo per proporvi un buon modo per trasformare la vostra iactura
temporis nell'adorabile connubio di cinema, pop-corn e birra!!
Questo per dire che non siamo un circolo di pensionati e che non vi stiamo
invitando alla bocciofila! I film che vi proponiamo sono sicuramente di un certo
spessore ,ma sono stati scelti per un pubblico abituato ai ritmi cinematografici del
terzo millennio (personalmente avevo proposto la “corazzata Potëmkin”, ma la
proposta è stata rifiutata in massa da tutti i miei esimi colleghi...).
Dunque, per chi fosse interessato, pubblichiamo di seguito le date e i titoli, nonché
il luogo di proiezione. Per maggiori informazioni rivolgersi alle magnifiche autrici
dell'articolo!!
Il delitto Matteotti
L’uomo che verrà
In questo mondo libero
Welcome
L’ospite inatteso
I 600 giorni di Salò
Le vite degli altri
Il giardino di limoni
Milk
Lunedì 8 febbraio
Domenica 21 febbraio
Domenica 7 marzo
Domenica 21 marzo
Domenica 11 aprile
Domenica 25 aprile
Domenica 9 maggio
Domenica 23 maggio
Domenica 6 giugno
indirizzo via Orsini 4a ,angolo via Borgazzi 9
IL NULLA
di E.N.
In fondo portate nel cuore sangue che è destinato a seccare: vivete a morire.
Mi circondo di giovani immortali, perché io sono immortale. Ma vi annuncio l’apocalisse. Verrà un giorno in cui
l’erba non sarà più così verde, il vento non ci accarezzerà più i capelli, la nostra pelle non si nutrirà più dei raggi
del sole, l’estate non verrà più. Un giorno i frutti della nostra immortalità si disperderanno. Vivremo in un altro
seme. Aghi di pino di un pensiero che non conosco. Chimica organica di corpi che saremo. Eterna giovinezza di
imbarazzi e, ancora, aghi di pino. Secchi. Siamo tutti condannati. Che sia alla vita o alla morte, poco importa. E
siamo tutti degli illusi. Raggirati dalla spensieratezza, dalla bellezza, dal piacere. Finiamo per crederci immortali.
Ma il tempo scorre. E ci ritroviamo vecchi, aridi, tristi. In attesa. Di cosa poi? E’ inconcepibile solo il fatto di poter
pensare di non esistere più. Ma gli aerei cadono, le ore di religione volano, le mie calze scivolano, assieme alle mie
resistenze. Posso vedere tutte le mie vene, e tutte le mie ossa. I calli sulle dita arriveranno, assieme a un bacio fatto
di violenza. Non ti penso più, giuro. Perché lui non sente, tu non vedi, e io non parlo. Ma io ti sento, tu gli parli, e
lui mi vede. C’è il nulla nei loro occhi, nelle loro espressioni, il nulla. E quando me ne andrò sui loro volti affiorerà
il nulla. Ma restiamo uniti ancora per un po’. Che la notte è lunga, e domani mi aspettano altre lacrime. E risate. E
viaggi lontani su braccia forti. E la mia immagine riflessa nello specchio. E quella di chi non ho visto mai, che mi
mancherà sempre. E ancora, il niente. Come se fosse facile chiudere con un passato che è presente.
E poi d’improvviso, acqua. Dentro e fuori di me. E sarebbe stato meglio se tu non ci fossi stato. Costretta ad
annegare nella mia mediocrità. Acqua. Per dire quanto ora sei lontano. Per ridere di quanto prima c’eri vicino.
Perché alla fine il dubbio viene. Le serate sono tutte sbagliate o sono io che sono sbagliata? Acqua. E’ la morte che
temo di più. E’ come dire la mia vita. E pensare che siamo sotto lo stesso cielo. Tre lividi su una coscia mi dicono
che non eri tu. Così come i graffi sulle braccia. E sono ridicola, hai proprio ragione. Faccio ridere. Un cuscino vale
l’altro, tanto ho il cuore radioattivo. Qualche cosa te la dico, poi mi pento. E finisce che perdo il motivo del mio
pianto. Vorrei dire qualcosa. Almeno per levare l’etilico imbarazzo dei tuoi occhi già spenti. Forse l’hai capito
anche tu che un futuro non c’è. Mi dispiace per quel reggiseno che non indosso mai, per gli schiaffi che mi dai, per
i calci, i pugni stretti, le magliette che porti. Mi dispiace di non essere abbastanza. Sia per te che per me. Ma se te
ne vai non avrò più niente per cui lottare. Se te ne vai non avrò più nessuno contro cui lottare. Insomma, se te ne
vai è meglio. Lo schifo che provo per te nemmeno lo immagini.
E io rimarrò sempre ciò che odi di più. Eccesso, totale mancanza di rispetto, odio, ribellione, dolore puro. Seduta su
un marciapiede lurido di ribrezzo per me stessa, ho nelle orecchie un frastuono di gente che mi disprezza. E in un
attimo capisco che ho solo te, e ti prego. Non te ne andare. Ora le canzoni sono tue. Devo andare via finché sono in
tempo, ma fuggire da me stessa è impossibile. Nella mia mente quei tre tentavi ridono di me. Troppo piccola e
fragile per negare un futuro in modo convincente. Mi hai svegliata, e proprio non riesco a riaddormentarmi.
Un’altra scusa la troverò, stanne certo, per allontanarmi da te. E non mi importa se non mi credi, io la so la verità.
Ecco un altro che riceve e non dà. In fondo io e te siamo uguali. Ricucimi le ferite. Proprio non riesci a vedere oltre
i miei occhi? Proprio non riconosci l’ombra del pianto? Libera, voglio essere libera. Perché è la prima parola che
ho scritto. Perché è ciò che è meglio per me. Ma da sempre incoerente, bramo le tue catene. Beato chi non ne fa un
dramma. Beato chi non ha rimpianti. Beato chi il giorno del suo diciottesimo compleanno riderà. Beato chi si sente
vivo senza l’alcol, senza il fumo. Beato chi non dorme mai. Beato chi dell’amore prende solo il buono. Beato chi
sta crescendo. Beato chi urla quando ne ha voglia. Beato chi piange senza un motivo. Beato chi non ha una
coscienza. Beato chi ha un senso. Beato chi ha le ali per volare. Beato chi non ha paura di sporcarsi. Beato chi gode
della poesia. Beato chi stringe un sogno. Beato chi sente girare il mondo. Beato chi ancora sta imparando. Beato chi
non appartiene a nessuno. Beato chi nelle tasche ha tutto e niente. Beato chi ha ancora una speranza. Beato chi si
sofferma a guardare il cielo. Perché egli è un Dio.
IL DOTTOR ZIVAGO
LA RUBRICA DI POESIA PIU’ AMATA DELLO ZUCCHI
I MARI DI POLVERE;
di Jakob Panzeri
Mi perderò nei mari
di polvere
della superficie lunare,
i miei piedi ballano
su mille particelle solide
e nella regolarità
della Regolite.
Sulla Luna
la Bellezza
trasecola e trascolora.
Estetica Estatica
Mi perderò nei mari
di polvere
sorvolerò la Baia delle Rugiade
per desiare il Lago dei Sogni
o come il navigante dell'Eubea
o un nuovo Itaco
veleggerò il mar della Tranquillità.
Sto superando il confine,
ecco il volto nascosto della Luna.
Osservo i millel giochi di colore
di Helios e Selene,
rimembranze e aurei cigni.
Parmenide.
L'essere è
come negli origami giapponesi.
Ma ove il mio ippogrifo,
ove l'apostolo di Patmos
attraversatore dei quattro elementi?
Ebe disse a Flora: mescola il ricamo.
Uno... due... tre
Acqua, Aria, Terra, Fuoco.
Il principio di indeterminazione di Heisemberg.
IIIA
Esplosioni di sintagmi
velate all'orizzonte.
Ho perso la mia posizione chiastica
nè sulla terra c'è più parvenza
di un omoteleuto. C'è da una lingua
da ricostruire.
Io sono Astolfo,
duca dell'Inghilterra,
o forse un cavaliere del Graal,
Percival o Galhaad
eppure non ricordo,
indugiai nel mare delle Nubi.
Cercherò la legge Morale
l'imperativo macchiato
dal flusso relativo.
Renovatio.
Sulla Luna la Bellezza
trasecola e trascolora.
Ho una fanciulla da ritrovare
per un amicizia da rifondare.
Mi guida la luce del crisoberillo
e l'essenza del mio crisma.
Sì, sono Astolfo
e son in cerca.
Mi perderò
nei mari
di polvere
L’ IMMOBILITA’
di MATTEO MONTI IB
Il Natale quest’anno, è stato talmente bianco, che ha evidenziato le nostre ombre. Per inciso, trovo assurdo che ci
debba essere un momento nell’anno, dov’è d’obbligo essere buoni. Sembra tanto una giustifica alla cattiveria per
tutto il resto dell’anno. Alla cattiveria con cui ci troviamo a scontrarci ogni giorno. Cosa pensi? Come ti senti?
Perché io mi sento vuoto e apatico. A momenti non sento manco più questo freddo pungente. Intanto la neve sta
cadendo. Spero che tinga tutto di uno stesso colore, almeno per un po’ non ci saranno situazioni ben definite.
Continua a fare freddo, cosa fare, mi spingo ad uscire? E se poi si rivela una serata inutile? Ne sarà valsa la pena?
Mi hanno detto che forse, mi converrebbe pensare di meno e agire di più. Il mondo è degli incoscienti. In fondo
cosa mi ci vorrebbe ad avvicinarmi, guardarti un’altra volta, ancora da più vicino?
Il mondo è piccolo, ma troviamo sempre i modi per crearci degli ostacoli. Oh, sarebbe tutto più facile, se solo fossi
stato provvisto di un po’ più di senno. Ma se vuoi possiamo andare sulla luna, per prenderne un po’. Ma forse
pretendo troppo. Non dovrei viaggiare troppo con la fantasia, rischio di perdermi. Come se non lo fossi già, perso.
Non mi conosco, non so quello che
vivo, non so quello che sento, non so
quello che dico. Le parole fuggono da
me come il vento. In futuro, magari
riderò. Riderò, quando avrò pensato
che adesso c’è questa lontananza.
Come ti fa sentire? Non ti sembra
una cosa stupida? In fondo è tutto
stupido. Stupidi gli spazi, stupide le
strade, stupide delle persone. So solo
che tu sei lì, e io qui.
Il mondo si gira in 80 giorni, per
raggiungerti ci vuole un’eternità. In
fondo non viviamo in un mondo di
DISEGNO DI MARTINA FILIPPELLA
Dee ed Eroi? Queste imprese
dovrebbero soltanto farci ridere. Ma siamo davvero limitati come vogliamo credere? Siamo davvero così immobili?
Perché tutto scorre, ma rimaniamo così statici? Tu chi sei? Da dove vieni? Se vuoi ti posso offrire qualcosa. Così
mi potrai raccontare qualche storia, giusto per passare un po’ il tempo. Sai, io ne ho da buttare. Ci credi in quello
che vedi? Secondo te l’apparenza ti potrebbe ingannare?
Io penso che non ci sia nulla di più vero, che la prima impressione. Certe cose te le senti subito. Il respiro, la
palpitazione, la pressione che si alza, si può leggere tutto nel primo sguardo. Scontentezza, poco interesse, chiusura,
si legge di tutto quando lo abbassi. Però io non mi ricordo che cos’ho provato quando ti ho visto. Posso provare a
ricordarlo però. In fondo le sensazioni sono dentro di noi, basta ricercarle. Basta che siano autentiche. Anima
intellettiva o concupiscente? Ci guida veramente la ragione? Meglio che io vada a dormire. Il sonno non porta
consiglio? Non ti fa dimenticare? Se ti fa dimenticare ma ti porta consiglio, non rischiamo di fare le azioni giuste
nei momenti sbagliati? Continua a meditare. Tanto fra poco ti addormenterai. Lo so, sono una compagnia noiosa. In
fondo, adesso, con questo freddo, l’unica compagnia che vorremmo sarebbe una femminile. Se non è una donna,
allora sarà la bottiglia. Tutt’e due ti inebriano, tutt’e due ti fanno uscire di testa. L’Alcol almeno annebbia te che
sorridi ad un altro. Ed è un vero signore, quando non ti fa sentire il dolore alla testa dovuto alla caduta.
E’ proprio vero, il sole illumina solo i perfetti. Per questo noi corriamo sempre verso di lui, perché vogliamo
sentirci tali. La cosa strana, è che molto spesso, esistono parti di noi che si sentono perfette, altre invece che si
sentono l’opposto. PROSEGUE A PAGINA 19
SORRIDIAMO
E’ IL PENSIERO CHE CONTA!
di CLARA DEL GENIO IA
E così, anche quest’anno, siamo sopravvissuti a Natale. Periodo dell’anno che dovrebbe essere volto a riaccendere
nei nostri cuori i valori della fede, dell’amore, della carità, della famiglia e bla bla bla (inserire qui quanti altri
clichè da telefilm di rete 4 – sermone domenicale vi vengano in mente) e che invece consegue in un moto di
disperazione e tormento, causato da una feroce e grama belva che si staglia minacciosa sull’orizzonte del 25
Dicembre, e che noi umani chiamiamo col nome di regalo.
Ora, non vorrei scadere nella poco originale smadonnata riguardo alla materialità che caratterizza la società in cui
viviamo (non penso ci sia bisogno di scrivere un’articolo su qualcosa che è innegabilmente posto dinanzi ad ogni
occhio vedente), ma sicuramente va detto questo: le vacanze di Natale dovrebbero consistere in un lungo e meritato
periodo di sciallo, di svaccamento, di ozio più completo e totale, di decadimento in stato vegetativo sul divano. E i
regali, bandiere del nostro periodo di puro piacere, per buona parte delle vacanze natalizie rendono i nostri giorni
un incubo. Anzi, ci travagliano l’anima ancora prima che le festività inizino.
Dopo Halloween (ricorrenza abbastanza insulsa) ci si rende conto che le vetrine dei negozi omettono le
minacciosissime zucche e vengono invece animate da obesi pupazzi di neve, e che iniziano a pendere dai terrazzi
come cadaveri di impiccati quei Babbo Natali fantocci che ahimè, andranno incontro al terribile destino di
decomporsi nelle loro location per il resto dell’anno ed essere saltuariamente sparati da qualche agente della polizia
perché scambiati per ladri dalla vecchietta topica del condominio accanto. Ecco che spunta come una gemma
primaverile nel nostro pensier l’irrequieta sensazione di dover prima o poi comprare i doni natalizi per i nostri cari.
La cosa ci turba tanto che allontaniamo il pensiero sempre di più, sempre di più: nel frattanto la città in cui abbiamo
residenza ha già sparso lucine per ogni via (riuscendo a creare motivi decorativi che sembrano peggiorare con gli
anni; il tema delle decorazioni di Monza quest’anno era “trip psichedelico da LSD dell’elettricista”) , i presepi
simil-viventi iniziano ad invadere ogni dove come zombie resuscitati in cerca di carne umana, le teste delle signore
si popolano di pantegane a forma di colbacchi, e arriviamo al punto in cui mancano due giorni alla fine della
scuola, abbiamo due euro nel portafoglio e siamo fortemente tentati ad ingerire due capsule di cianuro per evitare di
dover affrontare simile situazione.
Dopo aver passato la notte insonne a rimuginare su cosa regalare a chi (e dopo essersi resi conto di avere amici e/o
parenti che a. hanno già tutto, b. hanno gli stessi interessi di vita che potrebbe avere una mozzarella e non c’è niente
che si addica a loro, c. sono così incredibilmente impenetrabili da non far trapelare il loro disgusto o la loro
adorazione verso un qualcosa) finalmente si riesce a giungere a regali universalmente apprezzabili (tazza, candela,
penna, matita, braccialetto, mutanda e gli indimenticabili calzini) che
susciteranno tale gioioso e gradito dialogo.
Destinatario: - Oh, grazie, che bello! Era proprio quello che mi serviva.
Mittente: - No, figurati, è una cosa da niente..
Destinatario: - Mannò, dai, e comunque è il pensiero che conta. PROSEGUE A PAG SEGUENTE
PROSEGUE DA PAGINA PRECEDENTE
PROSEGUE DA PAGINA 17
(Trad. D: - Ma che è’n regalo stamm*****a?
M: - Sai com’è, l’ho preso all’autogrill mentre passavo
de qua.
D: - Eh vabbene che è il pensiero che conta.. ma che
c***o stavi a pensà quando m’hai regalato sto coso?)
Esiste un equilibrio? Solo per chi non ci pensa. Perché
c’è chi sale e chi cade. Tu preferisci salire o cadere?
Tanto alla fine ci troviamo dall’altra parte. Usciremo di
testa, prenderemo strade diverse, ma tanto per quanto
lontano puoi andare, ci si ritrova sempre. Siamo tutti
sullo stesso carro. Andiamo tutti nella stessa direzione.
Chi prima chi dopo. Non trovi? Non è come ti senti
quando lui ti chiama? Non è quello che ti auguri quando
gli sorridi? Lui com’è, perfetto? Che melodramma.
Questi pensieri intendo. Quasi non mi riconosco.
Adesso tra i fiocchi di neve che cadono, sto arrancando
verso qualcosa, sento tutto più accentuato, ma allo
stesso tempo i fumi dell’ebbrezza non mi fanno capire.
Il rumore delle gomm
e sull’asfalto ghiacciato rende tutto molto più acre.
Quando si è a terra si ha una diversa percezione delle
cose. E non si vedono le stelle, con tutta questa neve.
Possiamo biasimare chi si stampa in faccia quel
peculiare sorriso smagliante che sembra il frutto di un
lifting andato storto? Ma certo che no. é lo stesso
sorriso smagliante frutto di lifting andato storto di cui ci
orniamo anche noi, davanti ad un dono
sorprendentemente inutile e/o palesemente riciclato.
Forse è trapelato il fatto che io e il Natale non andiamo
molto d’accordo. Il che è vero, ma solo in parte. Non
detesto tutto del periodo natalizio. C’è una cosa che
combacia molto meglio con il mio disperato bisogno di
tranquillità (bisogno che penso noi tutti allo Zucchi
abbiamo): la neve.
Perché quando nevica e tutto si ricopre di silenzi
abissali, finalmente puoi spegnere quel costante ronzio
che hai in testa, sfuggire all’ansia della versione del
giorno dopo e permetterti di fissare inebetita i fiocchi di
neve fuori dalla finestra, per tutto il tempo che vuoi.
I rappresentanti d’Istituto hanno
concordato con lo” Speedy” di
Monza uno sconto del 10% sulle
consumazioni per gli Zucchini
che si presenteranno muniti del
libretto scolastico!
BAR SPORT
Non è tutto oro quello che luccica…
di FEDERICO SALA IIG e EDOARDO GALLI IIIG
Il pallone che rotola, l’erba verde appena tagliata, il frastuono del pubblico, i soldi facili nel portafoglio, la
popolarità indiscussa…gli arresti cardiaci, gli scontri mortali (o quasi), gli spari, i suicidi, LA MORTE.
25 Agosto 2007, 22.15, Siviglia
La prima giornata del campionato spagnolo che vede affrontarsi Siviglia e Getafe è in corso quando al 22esimo
minuto del primo tempo Antonio Puerta, laterale sinistro della squadra di casa, si accascia sul terreno di gioco
senza aver subito alcuno scontro. Subito il compagno di squadra Dragutinovic accorre per estrargli la lingua in
modo da evitare il soffocamento e nel giro di pochi minuti lo staff medico lo carica sull’ambulanza a bordo campo;
lo stadio intero si ammutolisce. Puerta viene trasportato d’urgenza all’ospedale di Siviglia dove si cerca di
rianimarlo ma gli sforzi sono del tutto vani; muore a causa di ben 4 arresti cardiaci subiti nell’arco di 2 ore, aveva
22 anni e dopo 40 giorni sarebbe nato il suo primo figlio.
10 novembre 2009, 18.15 Hannover (Germania)
Le sirene dalla polizia tedesca e delle ambulanze raggiungono un cavalcavia nella periferia di Hannover, un uomo
giace atterra senza vita con il volto quasi irriconoscibile per le ferite e le fratture, mentre pochi metri più avanti il
treno diretto a Gelsenkirchen, fermo sulle rotaie. La situazione è subito chiara agli agenti, si tratta di suicidio, ma
resta da chiarire l’identità della persona deceduta; dopo qualche minuto, mentre il cadavere viene trasportato via
per l’autopsia, sopraggiungono le telecamere e soprattutto le prime notizie a cui però si stenta a credere ma che
purtroppo si riveleranno veritiere: Robert Enke, calciatore dell’Hannover e della nazionale tedesca si è suicidato
gettandosi sotto un treno. La tifoseria locale crolla nello sconforto e insieme ad essa la Germania intera mentre gli
investigatori trovano un biglietto in cui Enke spiega i motivi di questa follia attribuendoli alla depressione che lo
aveva colpito. Muore all’età di 32 anni lasciando la moglie e la figlioletta di 8 anni.
8 Gennaio 2010, 09.30, Lomè (Togo)
Il pullman della nazionale di calcio togolese comincia il proprio viaggio per l’Angola dove svolgerà il primo match
della Coppa d’africa, la più importante competizione del continente nero. Dopo 2 ore di viaggio, mentre la squadra
attraversa il confine del Congo nella regione di Cabinda, l’inferno piove su giocatori e componenti dello staff del
Togo a colpi di mitra e fucili. L’attentato, rivendicato da alcune forze indipendentiste del posto, provoca la morte
dell’autista e di due dirigenti mentre tra i giocatori il più grave è il portiere, ferito al ventre da tre proiettili; illeso
del tutto invece il più illustre della squadra Emanuel Adebayor. Le prime telecamere che giungono sul posto
riportano i volti rigati dalle lacrime piene di dolore, le parole sbiascicate per lo shock e soprattutto la
consapevolezza che a volte non basta essere Dei del calcio per essere immortali…
Già, a volte sembra che il mondo del calcio sia il paese dei balocchi, un posto in cui tutto è perfetto e nessuno ha
problemi e invece questi sono solo 3 dei molti casi di cronaca nera avvenuti soltanto nell’arco di questi ultimi anni.
Come infatti dimenticare Marc Foe, morto nel 2003 durante la semifinale di confederation cup tra Camerun e
Colombia per un attacco cardiaco, Phil O'Donnell anch’egli deceduto per la medesima causa durante una partita del
campionato scozzese nel 2007, oppure Daniel Jarque, capitano dell’Espanyol, il cui corpo senza vita è stato
ritrovato nella sua camera mentre era in ritiro con la squadra durante l’estate scorsa. Molti altri ci sono andati
soltanto vicino, chi per propria volontà come l’ex calciatore dell’Inter Adriano, vicino al suicidio per sua stessa
confessione, chi per sfortuna come Peter Cech, protagonista, durante il match di Premier League nel 2006, di uno
scontro che gli procurò una doppia frattura al cranio quasi letale, chi per volontà altrui come diversi giocatori della
nazionale Algerina feriti gravemente dal lancio di alcuni sassi mentre si trovavano nella hall del loro albergo, prima
del match contro l’Egitto valido per le qualificazioni ai mondiali del 2010.
Eppure il pensiero comune è un ostracismo totale nei confronti di questo sport e dei ragazzi che lo praticano da
parte di tutte le persone che non ne capiscono il senso, le sensazioni e soprattutto i sentimenti; quante volte sono
stati presi di mira i calciatori per il “lavoro” che fanno, quante volte per i soldi che “guadagnano”, quante volte per
i “privilegi” che hanno, già quante volte, senza badare alle tante realtà difficili e a volte tragiche che invece ne
fanno parte…ma infondo siete davvero così sicuri che sia tutto oro quello che luccica?
PADDOCK ZUCCHI: ROMA VS MONZA
di ALESSANDRO MANTOVANI ID
Qualcuno politicamente molto schierato potrebbe definirlo come un episodio dell'eterna battaglia tra nord e sud, un
duello che anziché Ettore ed Achille vede contrapposte la “Brianza operosa” e la “Roma ladrona”. In realtà la
faccenda è relativamente meno importante: si tratta infatti della decisione presa dalla città di Roma di ospitare un
Gp di Formula 1.
Ma andiamo con ordine.Tutto iniziò nel mese di Gennaio del 2009, quando Maurizio Flammini, già organizzatore
dell'appuntamento romano del mondiale Superbike nel 2007 e nel 2008, supportato da numerosi sponsor e dal
sindaco Alemanno, propose (anzi ripropose: Roma avrebbe dovuto ospitare la F1 già nel 1985 ma poi la gara non si
disputò) di far correre un Gran Premio di Formula 1 per le vie della capitale. L'idea di Flammini trovò presto
l'appoggio importantissimo di Bernie Ecclestone (il boss della F1 ndr) ma anche il parere contrario di numerosi
tifosi e, soprattutto, di Luca Cordero di Montezemolo che disse che Roma aveva altre cose a cui pensare e che il Gp
si sarebbe difficilmente svolto. Poi non si seppe più nulla fino a poche settimane fa quando è stato dato l'annuncio
ufficiale che dal 2012 si sarebbe corso il Gp di Roma su un circuito cittadino ricavato dalle strade del quartiere
dell'Eur. Questo annuncio ha naturalmente scatenato una marea di polemiche: in difesa di Monza si sono schierati
subito la Lega Nord ed i presidenti della provincia e della regione che temono di perdere il Gran Premio e tutti i
benefici economici connessi all'evento mentre ovviamente si sono subito schierati in favore della capitale tutti gli
imprenditori ed i politici di Roma e dintorni. Ma quante sono le reali possibilità che ha Roma di ospitare la Formula
Uno? E soprattutto quante sono le probabilità che Roma ospiti il Gp d'Italia al posto di Monza?
Per cominciare rispondiamo alla prima domanda, la più semplice: la F1 correrà quasi sicuramente a Roma nel 2012
e in teoria la gara si dovrebbe chiamare “Gran premio di Roma”, mentre il Gp d'Italia dovrebbe restare a Monza.
Ma il condizionale è d'obbligo. Perchè anche se l'autodromo di Monza ha ospitato ben 59 gare in 60 anni di
mondiale (ed infatti la pista ha sempre ospitato un Gp mondiale tranne che nel 1980) ed è un vero e proprio tempio
del mondo dei motori corre anche lui il rischio di perdere la F1. Tra l'altro non sarebbe neppure il primo dei circuiti
storici ad essere clamorosamente abbandonato per motivi economici dal campionato più importante di tutto il
motorsport, visto che il circuito inglese di Silverstone (che ha ospitato nel 1950 la prima gara del primissimo
mondiale di Formula 1) ha rischiato di esser tagliato fuori dal calendario del 2010 e che in Belgio SpaFrancochamps (a detta di tutti l'Università dei motori) ha dovuto più volte rinunciare al suo evento. Se Monza
dovesse perdere la Formula uno, la perderebbe solo per motivi di tipo economico perchè sono solo i soldi e il
glamour di Milano che hanno permesso al Gran premio d'Italia di restare in calendario e di disputarsi nella sua sede
storica, mentre Silverstone e Spa, essendo situati nel bel mezzo della campagna inglese o dei boschi delle Ardenne
possono contare solo sulla loro storia motoristica, che non basta all'avido Bernie Ecclestone che ha già provato a
spostare il Gp di Gran Bretagna su un circuito cittadino ricavato per le strade di Londra. Ma molto probabilmente a
Roma il Gp d'Italia non si correrà mai, anche perchè il nuovo circuito cittadino non nasce sotto i migliori auspici:
infatti le strade dell'Eur che dovrebbero ospitare l'evento sono (a detta degli stessi abitanti di Roma) le peggiori di
tutta la capitale e l'incredibile quantità di tifosi che invaderebbe la città sta già facendo tremare i pendolari della
zona che ogni mattina devono fare i conti con un traffico ai limiti dell'impossibile e che aumenterebbe ancora di più
durante il periodo precedente al Gran premio.
Per evitare questo problema la gara verrebbe organizzata nelle ultime settimane di Agosto quando la città è semi
deserta, ma questa collocazione temporale è troppo vicina alla data abituale del Gran premio d'Italia che si corre
come ben sappiamo all'inizio di Settembre ed anche questo è uno dei fattori che potrebbe portare all'abbandono
della Brianza da parte della Formula 1. Ma, poichè è poco probabile l'uscita di scena di Monza ed è difficile che si
disputino due Gran premi in una stessa nazione a così poca distanza tra di loro uno dei due eventi dovrebbe essere
anticipato al mese di Giugno. In ogni caso tutti i tifosi di tutta l'Italia sono concordi nell'affermare che Monza non
si tocca e che il Gp di Roma (già ribattezzato scherzosamente da qualcuno “Gp del Vaticano”) potrà solo essere un
evento alternativo al vero Gran premio d'Italia che si corre a Monza e la cui cancellazione scatenerebbe una vera e
propria rivolta degli appassionati. Che sarebbero ovviamente sostenuti dalla Lega e dagli imprenditori brianzoli che
nella Formula 1 di oggi contano (purtroppo o per fortuna?) molto di più dei tifosi.
CINEMA E TEATRO
di ELENA CAIMI e DAVIDE MONTANARI IIIG
Avviso per tutti coloro che non stanno più nella pelle e non vedono l’ora di correre al cinema per gustarselo (e sono
tanti), o che magari sono semplicemente incuriositi da quello che è stato definito da molti “un film epocale”, una vera e
propria svolta nel modo di fare cinema: non troverete la recensione di Avatar su questo numero del Bartolomeo.
Della nuova pellicola di James Cameron, per chi non lo sapesse il regista di Titanic, ci occuperemo il prossimo mese. Il
motivo è semplice: al momento della stesura dell’articolo il kolossal che ha letteralmente abbattuto ogni record d’incassi
non è ancora presente nelle sale italiane, facendo registrare peraltro un ritardo piuttosto anomalo se si pensa che il film è
stato distribuito nei cinema di tutto il mondo più di un mese fa. Ora facciamo invece un veloce bilancio dell’annata
cinematografica appena trascorsa, per focalizzarci poi su una delle produzioni più “calde” del 2010: Nine.
Si è chiusa con un mese di dicembre, come al solito, decisamente sterile in quanto a film davvero degni di nota,
un’annata 2009 che d’altro canto ha saputo regalarci diversi titoli interessanti, molti dei quali abbiamo avuto modo
di commentare sulle pagine del nostro giornale. Tralasciando quindi gli ultimi (purtroppo) immancabili
cinepanettoni targati De Sica e Pieraccioni, che si confermano “salvatori”, grazie ad incassi da capogiro, del cinema
nostrano, insieme a qualche produzione americana non molto apprezzata dalla critica (vedi il nuovo Sherlock
Holmes, piuttosto che l’animalista-strappalacrime Hachiko con un Richard Gere ormai al tramonto), possiamo dire
che quello appena trascorso è stato un anno di buon cinema. Cinema che, soprattutto per le produzioni
d’oltreoceano, ha in alcune occasioni raggiunto punte di alta classe (si pensi all’ultima fatica di Tarantino Bastardi
senza gloria, o all’ennesima perla di Clint Eastwood, Gran Torino), ma che è stato oggetto di un parziale rilancio
anche nel nostro paese, grazie a registi come Tornatore e Placido (nonostante sia Baaria che Il grande sogno non
abbiano ricevuto i consensi sperati da critica e pubblico) e ad alcune idee coraggiose, su tutte Fortapàsc di Marco
Risi a inizio anno. Detto questo, come sarà invece, cinematograficamente parlando, il 2010? Una cosa è certa: sarà
l’anno dei ritorni. Del grande Peter Jackson che, dopo la trilogia sull’anello e il flop di King Kong, torna con la
trasposizione del best seller Amabili resti; del già citato Eastwood con Invictus, per cui faremo sicuramente il tifo
agli Oscar; dell’ennesimo Robin Hood e del suo redivivo interprete Russel Crowe, diretto ancora una volta da un
Ridley Scott in cerca di conferme… e non solo.
Quest’anno ritroveremo Leo diCaprio che, dopo un anno sabbatico, si rifà sotto con il thriller dalle tinte horror
Shutter Island dell’amico e mentore Scorsese (per lui un genere abbastanza nuovo, siamo curiosi di vedere come se
la caverà), l’ultimo, ma in realtà penultimo perché diviso in due, capitolo di Harry Potter, il divo Clooney nella
commedia amara Tra le nuvole e, udite udite, i mitici Ghostbusters.
Sofia, Nicole e le altre: 8½ diventa “Nine”
“In crisi esistenziale e creativa, alle prese con un film da fare, un regista fa una sorta di mobilitazione generale di
emozioni, affetti, ricordi, sogni, complessi, bugie. Un misto tra una sgangherata seduta psicanalitica e un
disordinato esame di coscienza in un'atmosfera da limbo”. Con queste parole il grande regista italiano Federico
Fellini raccontava il suo film, 8 ½. “Nine”, trasposizione cinematografica del musical debuttato a Broadway nel
1982, che a sua volta si ispira al lavoro di Fellini, è diretto dall’esperto del genere musicale Rob Marshall ,vincitore
del premio Oscar nel 2003 per “Chicago”. Nel film Daniel Day-Lewis si ritrova come d’incanto circondato da
bellissime donne, chi bruna, chi bionda, chi rossa. “Nine” è un musical tutto al femminile dunque, con protagoniste
Nicole Kidman, Penélope Cruz, Marion Cotillard, Kate Hudson,”Fergie” dei Black Eye Peas, Madame Judy Dench
e l’italianissima Sophia Loren. Il musical ruota attorno alle vicende del regista in crisi Guido Contini, e del suo
rapporto con le donne della sua vita, la moglie Luisa, l'amante Carla, la sua musa Claudia e la defunta madre, che
gli appare sotto forma di fantasma. Il titolo del film fa riferimento al personaggio di Guido a nove anni, suo alterego nel musical. Nonostante la produzione sia statunitense e il musical sia girato e interpretato da regista e un cast
per lo più americano, il film sembra stato fatto proprio per noi italiani. C’è infatti una tale abbondanza di
ammiccamenti ai grandi classici del nostro immaginario: (come il) il richiamo al modo in cui Ricky Tognazzi
interpreta il produttore alle prese con le bizze del regista, o la telefonata di Penélope cui Daniel risponde davanti ai
medici e (in) quel “Vada avanti, Monsignore” in riferimento a“Buonasera, Dottore?” . “Nine” può essere inoltre
considerato come una specie di Bignami di ciò che piace agli americani dell’Italia, il Belpaese: mamme, mogli ma,
soprattutto, tette. PROSEGUE A PAG 24
IL METRONOMO
di FEDERICA COTTINI IIIF
RETAGGI DEL 2009
Dopo aver rivolto a tutti i cari lettori del Bartolomeo i più sinceri auguri di un felice 2010, inizierei la rubrica di
Gennaio con una notizia alquanto singolare riportata dai rotocalchi qualche giorno fa, e che ha suscitato nella
sottoscritta somma e sconfinata ilarità: Lady Gaga vende i propri capelli. La giovane artista, dopo essersi presentata
alla regina d’Inghilterra con un abitino rosso fuoco degno di Sailor Moon, ha pensato bene di asportare alla sua
folta chioma copiose ciocche, per incrementare le vendite dell’edizione deluxe del proprio disco. Per 104 dollari vi
porterete a casa i seguenti gadget: una ciocca di capelli di Lady Gaga, un puzzle da collezione, tatuaggi adesivi, un
dietro le quinte, poster, un giornale amatoriale a tema, un paio di occhiali 3-D per vedere i video futuri, note
personali di Lady Gaga e, per concludere in bellezza, una bambola di carta. Forse nel pacchetto è compreso anche il
cd, ma non garantisco. La prima considerazione che si può avanzare alla vista di tale elenco è la ferma convinzione
che il proverbio “ridere per non piangere” non è stato inventato a caso. La seconda, ben più incresciosa, riguarda
l’imminente calvizie della cantante. Mi consolo pensando che, con le nuove entrate finanziarie, Lady Gaga potrà
acquistare fluenti parrucche per sé e per tutto il suo entourage. Intanto la ringrazio sentitamente perché pochi
cantanti sono fonti altrettanto produttive di notizie così meravigliosamente insensate.
IL 2010
Scommessa piuttosto facile, ma il nuovo album di Mika
promette di farsi sentire per buona parte dell’anno. The
boy who knew too much è un lavoro interessante e
corposo, che conta 12 tracce in cui la voce dell’artista
assume un ruolo decisamente predominante rispetto alla
stesura musicale. L’impareggiabile falsetto del
ventiseienne cantante di origini libanesi si impone in
molti dei brani, evidenziando una notevole abilità canora,
in aggiunta ad una spiccata e gradevolissima vena ironica.
Le sonorità sono meno elettroniche del precedente album,
Life in cartoon motion, fatta eccezione per il secondo
singolo estratto, Rain, che richiama molto l’ormai
proverbiale Relax, Take it easy.
Un modo efficace per affacciarsi all’universo musicale di
Mika è guardare i suoi video, che –concedetemi una nota
soggettiva – personalmente adoro. Dall’esordio di Grace
Kelly fino all’ultimo Blame it on the girls, ci si può fare
rapidamente un’idea dell’eclettismo dell’artista. Mika è sempre in movimento, in un bosco, in una stanza, fluttuante
nel cielo, e la videocamera lo segue, senza impedirne i
La copertina del nuovo album di Mika intitolato
gesti enfatici. La predilezione per i colori sgargianti è
“The boy who knew too much”
evidente negli abiti del cantante e nei costumi di scena, e
contribuisce a creare un’atmosfera straniante. Lo sguardo
sempre ben fisso sull’osservatore, accompagnato da un’espressiva mimica facciale, è un efficace mezzo di
coinvolgimento. Insomma, un doveroso tributo va riservato anche ai suoi registi. In conclusione, consiglio la lettura
dei testi delle canzoni: a tratti irriverenti, a tratti melanconici, straordinariamente capaci di raccontare storie. Per
questo mese è tutto, arrivederci al prossimo numero!
Canzone del mese
Do I attract you?
Do I repulse you with my queasy smile?
Am I too dirty?
Am I too flirty?
Do I like what you like?
Grace Kelly, Mika
ULTIMATES:
I SUPEREROI DEL XXI SECOLO
di ROBERTO BALDACCIONI IIIF
Se, più di ogni altra cosa, amata l’azione, allora Ultimates è il fumetto che fa per voi: l’opera di Mark Milla e Brian
Hitch è un puro concentrato di adrenalina, che vi lascerà senza fiato dalla prima all’ultima pagina.All’inizio del
XXI secolo la Marvel, storico editore di fumetti statunitense, decise di svecchiare l’immagine dei suoi eroi più
longevi e famosi, indubbiamente appesantita da quarant’anni di storie e di continuità; nacque, così, la linea
Ultimate, in cui tentare di presentare almeno alcuni dei personaggi della Casa delle Idee (questo è il nome cha alla
Marvel è stato attribuito) ripartendo da zero, dalle origini, con, inoltre, un taglio, narrativo e stilistico, del tutto
nuovo e più moderno.
PROSEGUE DA PAG 22
Emblematico il numero della
Saraghina (interpretata dalla
sensuale Fergie)che, con
l’esornativo titolo “Be Italian”,
invita Guido a essere italiano e
ad stringere e ad abbrancare il
suo seno (“Stringiti a queste”).
In pratica, l’estetica della
valletta di un quiz preserale.
“Nine” verrà forse letto come
una metafore del
berlusconismo: un uomo in
crisi, promesse che non è in
grado di mantenere, etica
traballante, e una consigliera
saggia (la sublime Judi Dench)
che lo esorta a fare quello che
sa fare meglio: “Tu sei un
mentitore di prima classe: vai
là fuori, e menti. Fallo per
l’Italia”. Fellini potrebbe
essere soddisfatto dell’impresa
compiuta da Rob? Daniel sarà
un degno “Guido”, come lo fu
il suo predecessore
Mastroianni? Riuscirà Nicole
ad ottenere lo stesso successo
che ebbe nell’altro musical da
lei interpretato “Moulin
Rouge”? E Kate a vincere la
sua prima statuetta? Per
saperne di più, basta andare al
cinema...
Il primo personaggio a subire questo trattamento fu l’Uomo Ragno; il successo
riscontrato dalla serie ultimate dedicata al ragnetto spinse l’editore ad estendere
l’iniziativa prima agli X-Men e, poi, ai Vendicatori. Per chi non lo sapesse, i
Vendicatori sono il principale supergruppo del mondo Marvel, e, tra i loro
membri principali e storici, contano eroi del calibro di Capitan America, Iron
Man, Thor e Hulk; Ultimates racconta, appunto, le avventure dei Vendicatori del
XXI secolo.
Millar porta meravigliosamente a compimento quel processo di modernizzazione
che sta alla base della serie; lo scrittore recupera, dalle storie originali, i membri
base del gruppo: Capitan America, Iron Man, Thor, Hulk, Wasp e Giant Man,
ma, innanzitutto, la storia si svolge nella più stringente attualità, poi, le
caratterizzazioni dei personaggi, che pur non vengono stravolte completamente
rispetto alle loro versioni classiche, sono ampliate ed approfondite con elementi
squisitamente legati all’attualità.
Così, per esempio, Thor, il dio scandinavo del tuono e della tempesta, pur
continuando ad avere poteri ed armi di natura divina, diventa un no-global che
protesta attivamente contro il governo degli Stati Uniti e la sua aura divina viene
completamente cancellata; Tony Stark, alter ego di Iron Man, è ancora un
geniale miliardario alle prese con mille problemi personali (in particolare,
l’alcolismo), ma la sua volontà di fare di tutto per aiutare il prossimo, anche a
costo di rischiare in prima persona, viene mostrata come elemento di crescita
personale; Steve Rogers è sempre il reduce della seconda guerra mondiale, e il
tema dell’“uomo fuori del tempo” risulta ancora più accentuato in un mondo
così tecnologicamente avanzato e radicalmente cambiato per abitudini, idee,
morale.
Questi, naturalmente, sono solo alcuni, molto semplificati, esempi; per farvi
un’idea di quello che Millar sembra intendere per supereroe del nuovo
millennio, forte ed indistruttibile solo all’apparenza, ma, in realtà, fragile e a
rischio di perdere se stesso in qualunque momento, dovete leggere questo
fumetto.
L’opera, inoltre, è impreziosita dai magnifici disegni di Brian Hitch, che,attraverso un tratto dettagliatissimo ed
iperrealista, contribuisce moltissimo all’operazione di svecchiamento, e dallo homour di Millar, che non perde mai
occasione di farci sapere che cosa pensa di molte delle personalità di potere di questo tempo.
Per chi volesse leggere le avventure degli Ultimates consiglio di recuperare in libreria o in fumetteria i due volumi
pubblicati l’anno scorso da Panini Comics, intitolati Super Umano e Sicurezza Nazionale, facendovi, comunque,
presente che altre storie sono in uscita in un (molto) prossimo futuro.
LO ZUCCHI SOTTO LE STELLE
di ELEONORA BERTANZA
ed ELISA PIAZZA IIG
Cari amici zucchini, siamo a conoscenza del fatto che voi tutti vi aspettate il solito, banale, trito e ritrito OROSCOPO
DEL 2010, ma le vostre divinatrici preferite vi stupiranno. Questo mese infatti, dato che tutti (un po’ per scaramanzia, un
po’ perché ci credono) avranno letto, ascoltato, visto , ricercato il proprio oroscopo annuale, noi vi proponiamo un
oroscopo innovativo: non vi racconteremo il vostro futuro, bensì parleremo del vostro rapporto con il cibo. Vediamo se
riusciamo ad indovinare…
senza lamentarvi a tutte le
cucine e vi piace provare tantissime pietanze…spesso
ARIETE- I DIVORATORI
anche in una volta sola! Cibo preferito: tutti i piatti
Zucchini dell’Ariete, voi si che siete delle
tipici di tutte le cucine!
buone forchette! Amate i piatti sostanziosi e
succulenti, anche se in verità guardate più
alla quantità che alla qualità. E, caspita, con che rapidità
SCORPIONE- GLI INCONTENTABILI
Per voi Scorpioncini il cibo può creare
li ingoiate! Cibo preferito: carne, carne, carne!
parecchi problemi: siete molto esigenti, e se
anche una minima foglia di insalata (sempre
TORO- I RAFFINATI
che vi piaccia!) non è come volete, potrebbe
Per voi nati sotto il segno del Toro, il cibo è
venirvi la voglia di buttare via tutto! Cibo preferito:
molto importante: amate la buona tavola e
stuzzichini e tartine.
avete un palato molto raffinato. E, in più, amate gustare
ogni-singolo-piatto mooolto lentamente! Cibo
SAGITTARIO-I VARIONI
preferito: tutti i tipi di dessert.
Anche se a tavola vi adattate facilmente
GEMELLI- I CREATIVI
La parola d’ordine per voi è: sperimentare.
Adorate provare ogni genere di cucina e
tentare i più insoliti accostamenti di sapore
(mai provato patatine fritte e gelato alla crema?!)…per
fortuna non amate abbuffarvi! Cibo preferito: tutto ciò
che è ipercalorico!
CANCRO- I SEMPLICI
Amici del Cancro, non amate molto
pasticciare, vero?! Preferite una cucina semplice, con
piatti poco elaborati, anche se non vi interessa molto
mantenere la linea… Cibo preferito: pasta e dolci.
LEONE- GLI AFFAMATI
Come si sa, i leoni hanno sempre molta
fame e non è per niente facile soddisfarli…
Amate infatti cibi costosi e raffinati e pure in grandi
quantità! Cibo preferito: tutto quello che è salato.
VERGINE- I PRUDENTI
Voi nati sotto il segno della Vergine siete
molto tradizionalisti e preferite di gran lunga
un piatto ben conosciuto e apprezzato ad una fantasiosa
sperimentazione. Cibo preferito: piatti leggeri e poco
elaborati.
BILANCIA- LE BUONE FORCHETTE
Probabilmente, riguardo al cibo, siete il segno
meno problematico dello Zodiaco! Vi adattate
senza troppe lagne, vi piace comunque avere
una dieta molto variata. Di solito vi ispira parecchio la
cucina tradizionale. Cibo preferito: tutti i primi piatti.
CAPRICORNO- I RICERCATI
Non è semplice descrivere voi del
capricorno: alcuni di voi potrebbero essere
degli autentici mangioni e altri assolutamente portati al
digiuno! In qualsiasi caso, adorate i cibi costosi,
introvabili e ricercati. Cibo preferito: i piatti francesi!
ACQUARIO- GLI
ANTICONVENZIONALI
Cari amici dell’acquario, grazie alla vostra
incredibile fantasia e originalità, non
amate i cibi banali e vi divertite un sacco a creare piatti
strani e improbabili (e magari improponibili!). Per non
parlare dell’abbondanza delle portate… Cibo preferito:
tutto ciò che è sostanzioso.
PESCI- I GOLOSONI
Con voi non si discute: siete dei golosi
incorreggibili. Siete capaci di
divorare qualsiasi cosa trovate a portata di mano a
qualsiasi ora del giorno! Con una particolare
predilezione per i dolciumi…attenti alla linea! Cibo
preferito: ogni cosa che può ospitare la dispensa!
IMMAGINI A CURA DI ELISA PIAZZA
E COSTANZA LUCA’ IIG
ANGULUS OTIOSUS
(O MEGLIO : COME PERDERE TEMPO
FINGENDO DI ALLENARE IL CERVELLO)
1) Sapete riconoscere i due ragazzini perfettamente uguali?
IL REBUS
IL SUDOKU
QUORINFRANTI
di GIULIA BELLINI IIIF, GIULIA BERETTA IIE,
e ANTONELLA SILIOTTO IIIE
Ma se io mi nutro
e tu ti nutri, perché
Frank Si-natra?by james
“Anche Pèricle si
riposò il settimo
giorno!”
By EFFErati
studenti
Un mega abbraccio e un bacione
sul naso a tutte le intraprendenti
scenografe zukkine, salvezza di
tutti noi…! La vostra “serissima”
capo scenografa.
x la muratora: sei
troooppo figa
Per Anzu
“un po’ ci piaci, un po’ci
proviamo,dacci unbacino.”
Le due dell’ultimo banco
per il figo con gli
occhiali di 3 Z..ti
aspetto all'ingresso!
Da simo alla sua compagna di
banco: “già devo vederti 200 gg
l’anno, non rendiamo le cose
difficili.”
Chi volesse dedicare a qualcuno un
“Quorinfranti” può inviare una mail
all’indirizzo [email protected];
LA REDAZIONE
DIRETTORE: GIULIA COLOMBO IIIG
VICEDIRETTORE: SARA MONTAGNINO IIIA
CAPOREDATTORI:MICHELE CASADEI IIIA sezione Cinema e musica
MARCO COLOMBO IIG sezione Attualità
JAKOB PANZERIIIIA sezione Filosofia e politica
BENEDETTA RATTI IIG sezione Letteratura
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REDATTORI:
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BERETTA GIULIA IIE
BERTANZA ELEONORA IIG
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DEL GENIO CLARA IA
GALLI EDOARDO IIIG
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MONTANARI DAVIDE IIIG
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PIAZZA ELISA IIG
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RIGILLO ANNA IA
ROSSINI CAMILLA IB
SILIOTTO ANTONELLA IIIE
UNYANGODA NADEESHA IA
IMPAGINAZIONE E GRAFICA: ELENA MANTOVANI VC
IMMAGINI:
ARPANO SILVIA IF
GEROSA GIULIA IB
FILIPPELLA MARTINA IIA
Ringraziamo inoltre tutti coloro che hanno collaborato all’uscita del Bartolomeo (collaboratori, insegnanti ed
operatori scolastici).
Ricordiamo che chiunque può partecipare alla redazione del Bartolomeo inviando un suo articolo all’indirizzo
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CHI DESIDERA INVIARE UN MESSAGGIO ALLA RUBRICA QUORINFRANTI PUO FARLO INVIANDO
UNA MAIL ALLO STESSO INDIRIZZO.
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Gli articoli per il numero di Febbraio vanno inviati all’indirizzo mail [email protected]
entro l’11 Febbraio.