n° 1 Ottobre 2009 - Liceo Classico Zucchi

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n° 1 Ottobre 2009 - Liceo Classico Zucchi
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EDITORIALE
L’ARDUA STRADA DELLO STUDENTE DI TERZA
OVVERO
DAMOCLE? AVEVA UNA SEMPLICE SPADA
NOI ABBIAMO LA MATURITA’
di GIULIA COLOMBO IIIG
Ultima cena, ultimo cioccolatino, ultime volontà: raramente quest’aggettivo possiede un’accezione positiva.
Tantomeno poi se parliamo dell’Ultimo Anno di Scuola.
Tu, studente di terza che ti sei destreggiato per anni tra quattro in matematica e versioni di recupero, questione
omerica e paternalismo manzoniano, sei ora costretto ad affrontare eroicamente l’ultima battaglia: il temibile esame
di maturità, spada di Damocle che pende minaccioso sulla tua testa.
I professori già dall’anno scorso si divertivano a fare oscure previsioni a tue spese (“L’anno prossimo uscirà allo
scritto greco… Preparatevi!”) ma ora sembrano provare un’intima soddisfazione nell’aumentare il panico della
classe con frasi terroristiche (“Guardate che mancano pochi mesi all’esame”).
Devi iniziare a pensare all’argomento della tesina. Ovviamente gli unici titoli che ti vengono in mente all’inizio
sono quelli che il prof si è affrettato a citare, aggiungendo poi le parole: “Vi prego ragazzi, non scegliete questi
argomenti perché li sentiamo ogni anno”. Dopo qualche settimana i più sicuri hanno già deciso i loro, e il temibile
foglio bianco appeso sulla bacheca della classe con l’impostazione “TESINE” inizia a riempirsi di idee, alcune più
originali, altre più curiose o intellettuali, ma che ti sembrano sempre e comunque migliori di quelle che verranno in
mente a te. Alla fine, più per sfinimento che per reale convinzione, sorteggi una qualsiasi delle idee che hai pensato
e vicino al tuo nome tracci le parole: BEAT GENERATION. Quelle quattordici semplici lettere ti infondono una
carica nuova: ora che l’argomento è stato deciso, è come se avessi quasi scritto metà della tesina, e puoi
ricominciare a disinteressarti totalmente della maturità.
A maggio, quando scoprirai di essere ineluttabilmente indietro con lo studio - non importa se hai iniziato a studiare
a ottobre - e dovrai ancora incominciare a raccogliere materiale per la ricerca, te ne pentirai amaramente, ma per
ora ti culli nella dolce illusione di aver già preso l’unica decisione importante riguardo al tuo futuro.
Illusione che peraltro dura giusto il tempo di un sospiro di sollievo prima che in classe entri la bidella porgendo con
aria felice (o è un sorrisetto di scherno? Lei non ha questi problemi) una circolare che annuncia: “Orientamento per
l’università: selezionare i corsi prescelti”.
Una folata di vento glaciale attraversa l’aula. La porta si chiude cigolando dietro la bidella che torna alle sue
preoccupazioni quotidiane lasciando dietro di sé venti ragazzi che si immergono in desolate riflessioni sul loro
futuro. Anzi, diciannove, perché Beatrice al terzo banco ha già le idee chiare (farà il medico) e infatti è l’unica che
ora ascolta serenamente il prof parlare di Giolitti. Tutti gli altri rimuginano disperatamente, cercando di trovare un
corso universitario o al limite un lavoro adatto a loro. Ovviamente alla fine l’unico criterio di scelta valido è lo
stesso utilizzato cinque anni fa per decidere a quale liceo iscriversi (scelta della quale non siete ancora del tutto
convinti): il metodo per esclusione.
Come cinque anni fa elimini per principio tutte le facoltà scientifiche. Poi scarti quelle che ti interesserebbero, ma
che in quanto a sbocco sul lavoro non ti lasceranno altra scelta che vendere margherite al lato di una strada.
Alla fine, dopo molti altri tagli inframmezzati da cocenti dubbi (<<e se la mia vera strada fosse “scienze
dell’allevamento, dell’igiene e del benessere del cane e del gatto”?>>) vedi che l’unica facoltà rimasta è Scienze
della Comunicazione, che in effetti ti starebbe anche bene, visto che scrivi sul Bartolo da anni e non ti
dispiacerebbe la carriera giornalistica.
Allora ti addentri nell’intricato reticolo di informazioni che sono i siti delle Università, e dopo aver appreso che il
corso di Sociologia che si teneva in U4 sabato alle 10 è stato spostato in U6 venerdì alle 14 sotto il nome di
“Psicologia della comunicazione infantile”, trovi finalmente il corso prescelto, giusto per scoprire che è stato
chiuso l’anno scorso per mancanza di fondi e che l’università più vicina che lo propone è quella di Bologna.
A quel punto, irritato, spegni il computer e decidi che dopo la maturità ti unirai alla ciurma di pirati somali che
imperversa nei mari orientali e che passerai la vita saccheggiando navi senza pronunciare mai più un termine latino
o greco.
PS: Mi scuso ufficialmente per il tono irrispettoso che posso aver utilizzato citando la facoltà di Scienze dell’allevamento,
dell’igiene e del benessere del cane e del gatto . Esiste veramente ed ha una sua dignitosissima sede a Taranto, come
succursale dell’Università di Bari.
ISLAMISMO O CATTOLICESIMO?
MEGLIO LA LORO STORIA
di LUCA PINCELLI IIIC
Da quest’estate, il tema dell’insegnamento della religione nelle scuole occupa le pagine dei giornali e infiamma il
dibattito pubblico in maniera più spiccata rispetto al passato. Ad Agosto la questione è emersa a causa (o meglio,
grazie a) della sentenza del TAR del Lazio che ha stabilito che la frequenza dell’ora di religione cattolica non
concorrerà all’attribuzione del credito scolastico e che i docenti della materia non potranno partecipare, a pieno
titolo, ai Consigli di classe.
Potete ben immaginare quante e quali polemiche possa aver scatenato questa delibera: la Chiesa si è richiamata al
concetto della pari dignità rispetto alle altre discipline; il governo (che deve rifarsi un’immagine agli occhi del
mondo cattolico dopo gli scandali estivi del premier) ha pedissequamente appoggiato la posizione dei vescovi.
Premetto che, a mio avviso, la pari dignità ci potrebbe essere solo se gli insegnanti di religione fossero scelti
attraverso un concorso di Stato (come i loro colleghi di altre materie) e non fossero imposti dalla Curia; se si
insegnasse la storia della religione e non si proponesse solamente il punto di vista dei Vangeli (per altro, solo i
Sinottici e non gli Apocrifi); se le ore di lezione fossero comparate a quelle di materie come storia e filosofia, affini
all’insegnamento della storia delle religioni, per alcuni aspetti.
Ad alimentare le fiamme di questo dibattito già abbastanza agguerrito, è intervenuto non un pericoloso ateo
comunista, ma l’onorevole Urso del PDL, membro eminente dell’organizzazione “Farefuturo”, vicina al presidente
della Camera, Gianfranco Fini. Urso ha infatti proposto che all’ora di religione cattolica sia affiancata, nelle scuole,
uno spazio dedicato all’insegnamento della religione islamica, ovviamente facoltativo. Indovinate un po’? Si è
scatenato il putiferio. In primis la Lega, che ha anticipato addirittura le istituzioni ecclesiastiche, si è detta
fortemente contraria all’iniziativa di Urso: come si può accettare che vengano raccontate ai nostri figli le falsità di
una religione che spinge i suoi adepti a fare attentati in tutto il mondo? Questa è più o meno la posizione sostenuta
dai leghisti, forti della loro conoscenza dei miti celtici, forse più che della dottrina cristiana! La Chiesa ha rincarato
la dose, sebbene con qualche rara eccezione, rappresentata ad esempio dal cardinal Martini favorevole alla
proposta, rispolverando ancora una volta la questione delle radici cristiane dell’Europa, per opporsi al progetto di
Urso.
In molti, poi, tra gli esponenti del PDL hanno sfavorevolmente accolto l’iniziativa, coadiuvati dall’UDC e dagli
irriducibili teodem del PD, giustificando tale resistenza con l’affermazione che gli immigrati di qualsiasi fede o
cultura, debbano uniformarsi a quella del Paese ospitante. Ora, che alla storia della religione cattolica debba essere
dedicato uno spazio nel mondo della scuola (e sottolineo il termine “storia”) penso sia pacifico; è infatti un diritto
inalienabile sancito dalla Costituzione, che definisce quella cattolica come religione di Stato, ma penso anche che
questo non precluda il fatto che nelle scuole italiane si studi la storia (ribadisco, la storia) di altre religioni, fatta di
costumi, tradizioni, eventi drammatici o straordinari. D’altro canto questa possibilità c’è anche negli altri Paesi
europei: in Inghilterra è facoltativa l’ora di religione, a scelta tra Cristianesimo protestante, cattolico o Islamismo;
in Spagna è possibile frequentare un corso di studio della religione, a scelta tra le tre monoteiste. Queste nazioni,
come molte altre in Europa, hanno scelto un insegnamento plurale, che dovrebbe essere alla base di qualsiasi
democrazia: infatti l’ora di religione solo islamica o solo cattolica, porrebbe gli studenti dell’una o dell’altra su un
livello diverso rispetto ad altri coetanei.
“Ma perché noi dovremmo studiare la loro religione, le loro tradizioni in casa nostra, quando non ci
permetterebbero di fare altrettanto nei loro Paesi?” È semplice: perché se, come spesso affermiamo, siamo più
evoluti e più aperti al cambiamento, allora dovremmo comportarci come tali. Più facile ancora dovrebbe essere per
i credenti, secondo i quali siamo tutti fratelli e figli di Dio, perciò su un piano di parità anche con gli individui che
tante volte chiamiamo “infedeli” in tono dispregiativo.
Io credo che la conoscenza della storia delle Guerre Sante e di tutti gli altri eventi legati a motivi religiosi, sia
fondamentale nella formazione dello studente, ma credo anche che possa essere veramente completa solo se
analizzata da punti di vista il più possibile diversi ed eterogenei.
LA PALATA
LONTANO DAGLI OCCHI,
LONTANO DAI GIORNALI
di PIERPAOLO MELLONI
e LUCA PINCELLI IIIC
Negli ultimi tempi sui vari quotidiani si è parlato a lungo della guerra in Afghanistan, visti i recenti episodi che
hanno coinvolto le truppe italiane, tuttavia sono molti i conflitti che tuttora insanguinano il mondo, taciuti dai mass
media. In particolare vogliamo qui parlare di quelli che affliggono da tempo l´ Africa Sub-Sahariana.Qualche dato:
sono almeno 11,6 milioni gli africani che hanno perso la casa perché coinvolti in guerre e conflitti, secondo i dati
dell´ Alto commissario dell' Onu per i Rifugiati.
Ad esempio in Somalia, dopo la caduta del regime di Siad Barr e nel 1991, è iniziata una guerra, tuttora in corso,
in seguito alla quale un quarto della popolazione ha abbandonato il paese e sono morti 300.000 bambini e un
milione e mezzo di abitanti, il paese è oggi diviso in quattro fazioni politico-militari che si spartiscono il potere,
situazione che, dati alla mano, ci sembra ben peggiore di quella afghana. Un´altra guerra dimenticata è quella in
corso nella Repubblica Democratica del Congo dove secondo stime Onu, dal gennaio scorso, da quando è iniziata
l'operazione congiunta fra l'esercito congolese e i caschi blu dell' Onu contro i ribelli hutu rwandesi sarebbero
morte un migliaio di persone, circa 7000 fra donne e bambine sarebbero state stuprate e 900.000 persone avrebbero
perso la casa.
Così anche nella regione del Delta del Niger dove, dal 1993 a oggi l´esercito governativo e le forze di polizia si
scontrano con numerose milizie armate: sono oltre 15.000 le vittime del conflitto, causato dalle tensioni interetniche, anche se la vera causa sembrano essere gli interessi petroliferi delle grandi multinazionali occidentali.
Dal 1998 ad oggi infuria la guerra fra l´ esercito eritreo contro l´ esercito etiope per il controllo del cosiddetto
"triangolo di Badme", al confine tra i due paesi, senza apparenti motivazioni economiche, ma solo per rivalità
etniche; le vittime stimate superano le 70.000 unità, e numerosi sono gli sfollati che sono scappati dalle zone di
guerra per evitare le ripetute violenze degli eserciti contrapposti.
In Sudan, nella regione del Darfur, il conflitto ha assunto i contorni di un vero e proprio genocidio, più di 400.000
persone sono state uccise e almeno altri 2 milioni hanno dovuto abbandonare le proprie case. Il 27 Agosto 2009 la
guerra è stata ufficialmente dichiarata conclusa, notizia felice, ma sostanzialmente taciuta dai media.Infine in
Uganda i guerriglieri dell'Esercito di Resistenza del Signore, capeggiati dal fondamentalista cristiano Joseph Kony
e negli anni scorsi appoggiati dal Sudan, combattono una guerra civile contro il governo e si stima che oltre 20.000
persone siano rimaste uccise in 20 anni di conflitto; inoltre si stima che siano 25.000 i bambini forzatamente
arruolati da parte dei guerriglieri, mentre i profughi nell´area sarebbero oltre 1.700.000.
Perché nessun governo occidentale muove un dito per arginare queste violenze?
Semplicemente, in Africa l´ Occidente non interviene o perché non può trarre benefici economici rilevanti dalla
fine di questi scontri o perché, al contrario, conviene che essi siano fomentati in quanto i guadagni da essi derivati
sono ingenti: per avere un´idea dell´entità di questi interessi legati alle guerre per le risorse, si calcola che durante
la guerra in Angola il reddito per il traffico di diamanti abbia reso circa 125 milioni di dollari ogni anno; tra i 100 e
i 187 milioni annui per il legname tropicale al centro della guerra in Liberia; oltre 250 milioni di dollari per il
coltan nella guerra in Congo.
Ci sembra che queste cifre si commentino da sole, perciò non vi tedieremo con i soliti discorsi retorici di rito,
speriamo solo di avervi indotto, leggendo questo articolo, a fermarvi un attimo a pensare quanto poco sappiamo di
ciò che accade nel mondo, e che se i media non ritengono opportuno riferirci tali notizie qualche motivo deve pur
esserci; ma non sembra che in molti si preoccupino particolarmente di ciò che accade al di fuori del proprio
orticello.....dopotutto l´ Africa è lontana.
NOBEL IN ROSA
di NADEESHA UYANGODA, I A
Sfogliando l'album dei vincitori dei Nobel, nella lunga lista dei nomi maschili sono quasi indistinguibili le
sporadiche presenze femminili: fra il 1901 e il 2008 solo 37 donne sono state insignite del prestigioso premio, un
numero insignificante se paragonato ai 743 vinti dagli uomini.
Ma questo è l'anno dei Nobel in rosa, le acque si sono mosse. Sembra che l'Accademia Svedese abbia dato
un’occhiata al mondo, in cerca di novità, prima di rendere noti i nomi dei vincitori, o meglio, delle vincitrici e,
vedendo una Angela Merkel diventare, dopo aver preso in mano per la seconda volta le redini della Germania, una
delle donne più potenti del mondo, vedendo una signora Clinton scorrazzare per il mondo come Segretaria di Stato,
abbia deciso di assegnare il premio tanto desiderato da scienziati e letterati di tutto il mondo a ben cinque donne:
Herta Muller, per la Letteratura, Ada E. Yonath, per la Chimica, Elizabeth H. Blackburn e la sua allieva Carol W.
Greider, per la Medicina e, infine, record nel record, Elinor Ostrom, prima donna ad aver ottenuto il premio Nobel
per l'Economia.
Queste nomine arrivano tanto inaspettate quanto gradite, come se fossero qualcosa di simile ad un risarcimento per
ripagare le dimenticanze dei saggi di Stoccolma nei confronti del genere femminile e rendere giustizia al loro
genio; scopriamo così che tante donne hanno dato importanti contributi alla Scienza, alla Medicina, alla Fisica,
come la russa Sofja Kovelevskaja che risolse il problema della rotazione dei corpi intorno a un punto fisso, Rosalin
Franklin che ha posto le basi per la scoperta della struttura del Dna, ma a prendere il Nobel furono i suoi tre
colleghi, uomini per la precisione, che rivelarono il “furto” solo molti anni dopo; o ancora Jocelyn Bell-Burnell
scoprì, quand'era ancora una studentessa in Astronomia, l'esistenza dei pulsar, tuttavia il premio fu assegnato al
relatore della sua tesi.
A segnare una svolta in più quest' anno è la Ostrom che, pur avendo ricevuto il Nobel per l'Economia, non è affatto
un'economista, ma è una studiosa di formazione umanistica che da anni si impegna per trovare, in sintesi, un
equilibrio fra risorse naturali, ambiente ed economia. Il suo nome fino a poco tempo fa era sconosciuto ai più, a
guardarla sembra una simpatica casalinga, proprio a dimostrare che anche le donne sono capaci di occuparsi di
economia...e non solo quella domestica.
Szatak ha ricevuto il premio Nobel per la Medicina, ma il suo volto sarà nascosto dietro a quelli delle colleghe
Blackburn e Greider che portano, con la loro nomina, un'altra ventata di novità: due donne, insieme, hanno ottenuto
il premio Nobel per la Medicina, una meritata gratificazione per il duro lavoro che le ha portate a scoprire l'enzima
che riallunga i telomeri ogni volta che le divisioni cellulari consumano l'estremità, facendo sì che riduca il
consumarsi del Dna e l'invecchiamento delle altre cellule. L'enzima, ovvero la telomerasi, è stato ribattezzato
“enzima dell'immortalità”.
La scrittrice tedesca Herta Muller, di origine rumena, che tiene viva la memoria della parte peggiore del socialismo
di stato dalla caduta del MuroTuttavia il suo nome ha trascinato un fiume di polemiche, in quanto inaspettato per le
sue opere poco conosciute, ma l'Accademia l'ha voluta premiare con la seguente motivazione: «Con la
concentrazione della poesia e la franchezza della prosa ha rappresentato il mondo dei diseredati».
RITA LEVI MONTALCINI, PREMIO NOBEL PER LA MEDICINA 1986
IL VASO DI PANDORA
FENOMENO VLOGGERS
di MICHELE CASADEI IIIA
Youtube, blog, avatar, loggarsi: anticaglie. Social network, taggare, Twitter: e anche a questi, noi ggiovani tutti
Facebook e telefilm in streaming ci siamo arrivati. Ma i vloggers? Che cosa sono i vloggers? Cosa indica questo
neologismo da internauti, che, lentamente ma inesorabilmente, è partito alla conquista della carta stampata? Noi
filologi in erba non possiamo che partire dalla radice, che, ahinoi, non è greca: si chiama vlogger chi possiede e
gestisce un vlog, ossia un proprio spazio su internet in forma video.
In principio era il blog, il diario on-line diventato in breve un must per giornalisti più o meno in erba o per chi
semplicemente voleva condividere pensieri e impressioni di una giornata con amici e parenti lontani. E con tutto il
resto del mondo, ovviamente. Questi web log (letteralmente “traccia su internet”), nati negli Stati Uniti già nel
lontano 1997 ma solo dal 2001 fenomeno in .it, godono tuttora, dopo dieci anni di onorato servizio, di un discreto
successo, e sono ormai considerati il nuovo modo di fare giornalismo. Un esempio su tutti The Huffington Post,
l’internet newspaper di Arianna Huffington che ha recentemente superato per numero di contatti la versione on-line
del colosso New York Times.
Il vlog si propone quindi come video blog, uno spazio su cui raccontare e raccontarsi direttamente attraverso la
telecamera. Pardon, la webcam. Il fenomeno ha raggiunto dimensioni impressionanti, sia negli States che all’estero,
e ormai su Youtube, il principale canale utilizzato dai vloggers per diffondere i loro filmati, non si può non trovare
un filmato per ogni genere d’argomento: dalla politica alla musica, dal cinema alle parodie, da tutorial di ogni
ordine e grado a quelli per i mega brufoli (vivamente sconsigliati). Sono loro a imporre ritmi e tematiche: i vloggers
d’oltreoceano.
Re incontrastato è indubbiamente Shane Dawson, 21enne californiano mattatore di ShaneDawsonTv, che su
Youtube risulta come il quinto canale in assoluto con più sostenitori. Iscritto da soli due anni, realizza filmati di
ogni genere, in cui non mancano travestimenti e parodie: bersagli preferiti sono le teen-star come Hanna Montana e
i Jonas Brothers, il “fenomeno” Twilight, Hollywood, gli emo e anche qualche politico statunitense (imperdibile
l’imitazione di Sarah Palin che canta “Don’t trust me”). Attraverso i suoi video Shane racconta il proprio mondo,
rappresentando scene di vita domestica con la madre, la scuola o anche registrando semplicemente le proprie
impressioni su un certo argomento. Il video non è tuttavia uno strumento fine a se stesso: ciò che distingue questo
da altri vlog sono le tipiche domande rivolte agli spettatori, a cui Shane chiede video responses che riflettano sul
tema affrontato (società, famiglia, sesso, spettacolo) sempre con una vena comica.
Recentemente Shane si è unito ad altri vloggers americani come Lisanova o Kassem G nel progetto di “The
Station”, canale che si propone un nobile scopo: fornire una valida alternativa alla televisione, considerata perlopiù
spazzatura. Al giorno d’oggi questi vloggers hanno realizzato numerose parodie, contro quelli che sono per loro i
simboli della società “zombie”: Gossip Girl, i reality show di MTV, David Guetta e le teen-star.
E in Italia? Se da un lato spopolano i tutorial, in cui sedicenti esperti svelano i segreti del body-building (per
esempio “In forma con Davide”) o del make up (così Clio, che ha anche pubblicato un libro, e il controverso
AlbyMakeUp), anche il Belpaese ha i propri vloggers comici. Tra questi si distingue WillWoosh, lo Shane Dawson
de noantri: al secolo Guglielmo, 21enne romano, che realizza video tra i più disparati, sempre con travestimenti e
imitazioni. Il divertimento è assicurato quando “il Gu” riflette, ironicamente, sui film appena usciti o su situazioni
di vita quotidiana: dal pagare il conto al ristorante ad Art attack, dalle pubblicità dell’actis regularis alla dipendenza
da Wii, dai film horror ai consigli sul San Valentino che arriva. Interpretazioni sempre riuscit,e che sulla rete sono
ormai un must.
Va avanti così la generazione vloggers: tra un sorriso e l’altro, tra una parodia e l’altra, critica gli aspetti
della società che la disgustano e li denuncia al mondo che conta, quello del web. Sempre preparando il
video successivo.
CIAO CHICO
di PIETRO CAPPELLETTO
Il 19 settembre scorso si è spento Luigi Enrico Rossi, uno dei più importanti studiosi e docenti di
greco del nostro Paese. LER, secondo l’efficace acronimo che consentiva ai visitatori di identificare
il citofono del suo studio sull’Aventino, è stato allievo di illustri filologi come Gennaro Perrotta,
Carlo Gallavotti, Scevola Mariotti, Bruno Gentili. Per quarant’anni ha diretto e animato gli studi di
Letteratura Greca dell’Università La Sapienza di Roma. Con felice intuito ha dato vita, alla fine degli
anni ’60, alle riunioni settimanali dei Seminari Romani, impareggiabile momento di confronto e
discussione tra studenti, dottorandi e docenti sui diversi temi di ricerca via via proposti da relatori
noti e meno noti, tutti di eccezionale livello scientifico e culturale. Con autorevole sicurezza e non
comune generosità ha profuso le sue energie in primo luogo nell’insegnamento e nella relazione
diretta con allievi e colleghi, lasciando in tutti coloro che hanno avuto il privilegio di incontrarlo e
conoscerlo una traccia indelebile di umanità e cultura. I suoi numerosi articoli scientifici sono stati
rivolti principalmente alla filologia e alla metrica, alla poesia omerica e alla lirica arcaica, alla
commedia antica e alla prosa dell’età imperiale. Pure, di questo personaggio straordinario non
riteniamo di ricordare un solo libro, fatta eccezione per Storia e testi della letteratura greca, adottato
come manuale da alcuni docenti del nostro Liceo.
La sua indole era rivolta non già alla produzione dell’opera della vita, della ricerca da consegnare
ai posteri come contributo personale al progresso degli studi, ma alla costruzione di una comunità di
studiosi capaci di progredire insieme nella ricerca e nella crescita culturale e umana tramite la
sollecitazione di continue occasioni in presenza di scambio e di approfondimento (i Seminari
appunto, solo da dieci anni consultabili anche nelle annate cartacee di una rivista scientifica).
Poliglotta (sosteneva con disinvoltura conversazioni in inglese, tedesco, spagnolo, greco moderno) e
fine amante della musica, sapeva cogliere come pochi il ritmo profondo della poesia greca come
della vita: non a caso ÔRusmov" è il titolo che gli allievi scelsero per il volume di studi che celebrò
i suoi 70 anni, evocando in esergo il celebre verso archilocheo. Di allievi innumerevoli, e molti oggi
illustri cattedratici, egli è stato maestro. Gli allievi tutti, anche quelli, come il sottoscritto, che hanno
goduto fra gli ultimi, oltre ogni merito e aspettativa, del suo generoso magistero, sono le pagine del
Libro che ha scritto.
Eucaristwv, Chico. Cai're.
CIAO CRISTINA
di PIETRO CAPPELLETTO
Un anno fa, Cristina, ci hai lasciati. Eri (tutti se ne avvidero proprio allora) una presenza, pur così diafana
ed eterea. Già appartenevi ad un altro mondo, quel cielo gioioso di cui parlavi con tanto entusiasmo nella tua
fede convinta, vivamente attraversata dal dolore dell’esistenza. Sempre eccentrico (o estatico? fuori di te?)
era il tuo approccio, e spiazzante.
Ricordavo di te, della tua ora di lezione settimanale di più di vent’anni addietro, soprattutto le figure dei
filosofi antichi di cui con grande passione già allora ci dipingevi vivi ritratti. Tempo dopo, ben prima di
rivederti, fu da quella memoria (come ti dissi) che trassi gli spunti più veri per una breve riflessione su uno di
quei sapienti.
Ancor meglio ti ricordavi tu di me, Cristina, quando, nonostante la debolezza della tua vista (già lontana,
credo, dalle cose meschine di questa terra) mi riconoscesti con sicurezza, dopo più di vent’anni, al primo
saluto nella sala docenti di questo Liceo. Quanti felici momenti mi hai riportato alla mente, quante attenzioni
hai dimostrato di avere avuto per me, per molti dei miei compagni di allora.
Gli occhi, dicono, sono lo specchio dell’anima. Quasi mai li abbiamo visti, i tuoi occhi, dietro i grandi
occhiali scuri. Ma che specchio mirabile del tuo cuore erano, i tuoi delicati occhi fotosensibili! Non avevi
difesa alcuna e così tanto avevi sofferto: per questo non si poteva fare a meno di volerti bene, Cristina.
Eppure così poco, infine, abbiamo fatto per te. Così poco siamo stati il tuo scudo.
Quel venerdì di novembre, andandotene via all’improvviso, velut prati / ultimi flos, ci hai resi tutti uguali,
noi rimasti, tuoi allievi di un tempo e di oggi. E’ stato il tuo ultimo dono. Ciao, Cristina. Grazie.
pietro
PROFESSORESSA FERRO
Il 7 Novembre dell’anno scorso moriva la Professoressa Maria Cristina Ferro,
prima alunna e poi insegnante della nostra scuola, dolce, sempre paziente,
amichevole e comprensiva: tutti noi vogliamo ricordarla così, con i grandi
occhialoni neri, i pantaloni a sigaretta scozzesi, i lunghi e lisci capelli biondi
e l’immancabile sorriso che rendeva meno pesanti le giornate e più piacevole
la filosofia. GRAZIE PROF, la ricorderemo sempre. I suoi alunni.
PIANETA ZUCCHI
IL PRIMO GIORNO ALLO ZUCCHI
NON SI SCORDA MAI
Quattro anni dopo di Sara Montagnino III A
Sono passati ormai quattro anni dal 12 settembre 2006, anno nel quale noi, classe 1991, siamo entrati per la prima
volta allo Zucchi, in realtà inconsapevoli di quello che ci poteva attendere.
Mi ricordo quel giorno come se fosse ieri: eravamo davanti al cancello, io e due mie amiche, che aspettavamo
impazienti ma allo stesso tempo impaurite di entrare all'interno del cortile. Appena uscite dalla terza media,
qualsiasi cosa sembrava più bella: quell'anno avrei conosciuto nuovi compagni, nuovi professori, avrei studiato
nuove materie. Tutto sarebbe stato diverso.
Ovviamente già quel giorno ci siamo fatte riconoscere: eravamo talmente euforiche di iniziare una nuova
esperienza che non ci siamo neanche accorte che la sezione A fosse già stata chiamata. Di conseguenza siamo
entrate in ritardo, quando ormai tutti erano già seduti e la lezione già iniziata.
Penso che non dimenticherò mai il timore di bussare e di fare una figuraccia davanti a persone che non avevo mai
visto con un’entrata in classe nel silenzio generale: sta di fatto che la mia
avventura allo Zucchi è iniziata proprio cosi.
La situazione non è sicuramente migliorata durante l’intervallo: tutto sembrava
troppo grande per noi, piccole “quartine”. Prima di imparare i corridoi penso di
avere impiegato qualche mese, per non parlare delle macchinette.
Probabilmente la cosa vi farà ridere, ma la prima volta che ho preso il the è stato
un disastro: non avevo capito come si aprisse lo sportellino. Inoltre pensare che
a scuola vi fosse gente più grande di me di quattro anni mi faceva sentire ancora
più piccola, mentre oggi mi sembra cosi strano, considerato che la situazione si
è praticamente ribaltata.
Quanti momenti ci sarebbero da ricordare, dalle gite con la mia classe alle
assemblee di Istituto, dai compiti di greco a sorpresa al ginnasio ai violenti litigi
per le interrogazioni programmate al liceo; dagli intervalli in quarta ginnasio passati sul loggiato a vedere passare “i
più belli” della scuola (e non mi dite che non lo avete fatto anche voi) agli intervalli dei primi mesi della terza liceo
passati sotto al portico a guardare i ragazzi più piccoli, pensando “ma questo chi si crede di essere?”
In quarta ti sembra così lontana la terza liceo, con il fatidico esame di maturità, che alla fine non ti accorgi neanche
degli anni che passano: sono tante le esperienze che fai, tanti i due che prendi e pochi i dieci (se sei una persona
normale si intende).
Però, alla fine, il nostro caro Zucchi resta un contenitore di tanti ricordi e, soprattutto, lo scenario principale di un
periodo ben preciso della nostra vita, che, come dicono i nostri amici già universitari, “non ritornerà più”.
IL SIMBOLO DEL NOSTRO LICEO
Ma bando alla malinconia: volete invece sapere come è andato il mio “ultimo primo giorno di scuola”?
Sono partita da casa ovviamente in anticipo, sempre con le solite due mie amiche (le stesse di quattro anni prima),
convinta in questo modo di potermi prendere i posti migliori. Arrivata a destinazione mi sono accorta che già tutti i
miei compagni erano presenti: tutta la scuola aveva avuto la mia “brillantissima” ma soprattutto “originale” idea.
Mentre ancora discutevamo su come disporci, siamo entrati in classe e abbiamo capito come tutti i nostri discorsi
fossero stati inutili: ci avevano stipato nella classe più piccola della scuola, con posti a cinque (come se fossimo
tornati alle elementari) disposti su due file, tutti di fronte alla cattedra.
Ed io che pensavo che in terza avremmo avuto più privilegi!
Due anni dopo di Camilla Rossini IB
Ed eccomi qui, in prima liceo. Chi l’avrebbe mai detto? Mi guardo indietro, e quante cose vedo. Il primo giorno di
scuola, una bambina, spaurita, timida ma con enorme entusiasmo e grandi aspettative, con gli occhi puntati –come
quelli di quasi tutti gli altri- sul loggiato illuminato dal nitido sole di settembre, l’acqua limpida che zampillava
regolare dalla fontana. La classe dal soffitto alto, le compagne –dopo un’esperienza divertente ma non certo
culturalmente frizzante alle medie- con cui potevi parlare di cinema, politica, arte. Le lingue morte, il loro
immortale fascino.
Poi ho preso quattro.
La cruda realtà. Era il mio settimo giorno allo Zucchi, credo sia stato il primo voto dato nella nostra classe.
Tante cose sono cambiate, in soli due anni. Tra risate, pianti, giorni di noia indicibile e giorni di grandi emozioni è
trascorso il periodo del ginnasio. La conclusione di quei due anni non ha però sapore di fine, bensì di partenza:
adesso si comincia davvero! –da pronunciare con entusiasmo, frustrazione o angoscia, a scelta.Ci voleva, questa ventata di novità della prima liceo. Grammatica latina, grammatica italiana, grammatica greca,
grammatica inglese… dopo due anni di ginnasio si ha voglia di qualcosa d’altro. Chimica, filosofia, storia dell’arte,
tutto nuovo, tutto da imparare, e tutto diverso anche per quanto riguarda le vecchie conoscenze, latino, greco e
materie ginnasiali varie. Ho detto tutto da imparare? Calma, mi direte voi liceali navigati, considera anche l’aspetto
“tutto da studiare”. Vero. Ma siamo solo a novembre, lasciate che mi entusiasmi, prima che, con il tempo, anche la
novità perda il suo fascino e si ammanti di una patina di quotidianità. E poi, finora mi è sempre piaciuto quello che
facciamo in questa scuola. Lo so, forse non molti la pensano così. Forse tanti, arrivati come me quasi a metà della
strada, si chiedono perché cavolo abbiano scelto quest’indirizzo pesante, perché questi studi inutili. Forse, ora della
fine dell’anno, me lo chiederò anch’io. Ma per ora, proprio no.
Certo, tutti hanno i giorni di sconforto, quelli in cui, occhi rossi e capelli spettinati, vagano per la casa bisbigliando
sfiniti in un impercettibile mormorio: “l’estetista… dovevo fare l’estetista…”, ma sono, per quanto mi riguarda,
occasioni rare e circoscritte.
Mi ricordo bene gli alunni di prima, seconda e terza quando ero quartina: grandi, grandissimi, donne e uomini, in
confronto a me, che già mi sentivo adulta per il solo motivo di aver iniziato le scuole superiori. Erano loro la vera
scuola, loro che si davano da fare, loro che studiavano un sacco di cose, che sapevano tutto, come se all’inizio del
liceo fosse consegnato ad ognuno un manuale con titolo “Ecco la verità su ogni cosa”. Noi, un po’ per timore, un
po’ per il semplice fatto di essere ginnasiali, non ci sentivamo né in dovere né nella posizione per fare qualcosa.
(Stupidaggine. Ginnasiali, non abbiate paura!).
Il primo giorno di quest’anno, sedendomi per la prima volta al mio banco di liceale, mi sono detta: “Adesso siamo
noi. Noi che dobbiamo subentrare alle classi uscite, con iniziativa ed operosità. Noi che possiamo avvicinarci di
soppiatto alle spalle di un quartino ed esclamare, con la stessa noncuranza che se parlassimo del tempo atmosferico,
“a questo punto si presenta il quesito se non ci debba essere un inizio del divenire che a sua volta non sia divenuto”.
E, questa volta, toccherà a loro guardarci stupiti, e pensare al liceo con curiosità e paura, paura di non riuscire ad
arrivarci, di non tenere il ritmo, e curiosità per un mondo non del tutto compreso e chiaro: e non sanno che noi, che
sembriamo così grandi, siamo forse più incerti e curiosi di loro.
Due mesi dopo di Celeste Runaj IV A
Secondo me, bisogna procedere lentamente ma senza rimanere indietro: ecco cosa serve per riuscire ad arrivare alla
fine di questo liceo. Procedere lentamente significa che a volte bisogna fermarsi e fare il punto della situazione.
Dove si è arrivati e cosa si è compreso, non solo a livello didattico ma anche per quanto riguarda i rapporti che si
hanno con gli altri. E osservarla, questa imponente scuola, di tanto in tanto, ti può aiutare. Che dire poi del primo
impatto, quel fatidico primo giorno di scuola per tutti i nuovi studenti. Osservare bene tutto e tutti. Credo che sia
questo che la maggior parte degli studenti ha fatto invece che prestare ascolto a ciò che diceva il preside in quelle
due ore, per me noiosissime.
È stato proprio come in uno di quei giorni freddi e pieni di neve, quel momento in cui uno dei tuoi amici ti tira una
palla di neve in piena faccia: una botta che ti risveglia.
Ti risveglia dall’era delle medie, dove tutto era più facile e se un giorno non avevi voglia di studiare avevi il giorno
dopo per rimediare. Qui, certo, hai l’occasione di recuperare, ma una e una soltanto: non sei più l’unico ad aver
preso un 5 o a voler alzare un 6, ma fai parte di una classe di ventisette ragazzi e la professoressa non ha il tempo di
interrogare tutti trenta volte, non credo! E allora se uno non sta al passo con i tempi rischia di accumulare roba e di
non riuscire più a far niente. Perciò credo che tutti debbano andare avanti tenendo in mente un unico pensiero
fisso:”Io ce la posso fare!”
COLAZIONE ALLO ZUCCHI
di MARCO COLOMBO IIG
Bene, una delle prime regole della buona educazione sarebbe quella di presentarsi, e così farò: sono Marco e da
questo primo numero del Bartolomeo e per tutto il resto dell’anno assumerò il posto del compianto Nebu nella
rubrica “Colazione allo Zucchi”, allietando(si spera), le uggiose mattinate invernali trascorse nelle gelide aule del
nostro amatissimi liceo. Certo è che con la mia illuminata penna la sopracitata rubrica subirà delle modifiche,
piccole, certo, ma pur sempre di modifiche si tratta: innanzitutto vorrei cercare di trattare i vari argomenti che
presenterò nel modo più imparziale ed apolitico possibile (anche se qualcuno già sogghignerà, probabilmente,
credendomi di ciò incapace, e tuttavia certamente non nego che potrebbe trasparire qualcosa delle mie posizioni
personali, in barba alle regole del buon giornalismo, che invero pochi rispettano), secondariamente cercherò di
trattare avvenimenti vicini a noi ed alla realtà del nostro paese, ed infine mi riprometto di non essere palloso e
prolisso, anche se questo è in realtà più un buon proposito che faccio a me stesso che un’effettiva garanzia per voi.
Se siete arrivati ancora vivi fin qui, dopo questa mia lunga e certamente interessantissima introduzione, chi di voi
ancora non sente le palpebre che stanno per calare sugli occhi già assonnati per qualche lezione di latino e di greco,
o peggio, di matematica, come quelle della mia compagna di banco in questo momento, è allora pronto per leggere
e spero poi commentare l’argomento che desidero proporvi: l’impegno dei nostri soldati in Afghanistan.
So bene che molti di voi penseranno che si tratti di una tematica banale e scontata, certamente abusata, e tuttavia
credo che valga ugualmente la pena di approfondire questo argomento, in quanto non dobbiamo scordare che a
rimetterci la vita sono i nostri soldati che ci proteggono dalle minacce e che troppo spesso sono sottovalutati.
A partire dalla caduta di Kabul, il 12 Novembre del 2001, infatti, a seguito dell’invasione dell’Afghanistan da parte
di una coalizione guidata dagli Usa nell’Ottobre del 2001, dopo l’attentato alle torri gemelle, che è certamente un
ricordo ancora fresco e vivido nella nostra memoria, la maggior parte dei paesi europei si è attivamente impegnata
in un progetto comunitario di ricostruzione e promozione di una libertà oramai da tempo negata dai
fondamentalisti islamici, che comprendeva e comprende tuttora l’invio di ingenti provviste e di somme di denaro
mirate alla ricostruzione di infrastrutture e di servizi per dei cittadini da tempo dimenticati dalla gran parte del
mondo, ed ovviamente questo progetto di ricostruzione non sarebbe stato possibile senza l’aiuto dei nostri militari,
che costantemente si trovano a dover convivere col pericolo di attentati e soprattutto, cosa che credo ancora
peggiore, con il disprezzo di una parte, fortunatamente modesta, di alcuni loro concittadini.
Mi preme inoltre ricordare, come più volte è stato detto, e come ha ribadito il ministro della difesa Ignazio la
Russa durante una recente puntata di “ che tempo che fa” che i nostri militari sono effettivamente armati, ma che
non possono usare queste armi se non in condizioni di grave pericolo e solo per l’autodifesa, e che inoltre, ad
esempio, i nostri aerei non sono autorizzati a trasportare nemmeno un singolo missile o bomba, al fine di evitare
spiacevoli e tragici incidente.
Eppure, nonostante questa opera costante di impegno e serietà, i nostri soldati sono stati più volte presi di mira da
attentati terroristici rivendicati sempre da estremisti e rappresentanti di Al-Qaeda, che così facendo, tra l’altro, non
fanno altro che danneggiare il loro stesso Paese, a partire dall’attentato del 3 Ottobre 2004 sino a quello più recente
del 14 Luglio, nel quale hanno perduto la vita ben 14 dei nostri parà, per un totale di 12 attentati e 21 morti.
Ciononostante, il fatto che più mi ha colpito, personalmente, non è tanto l’orribile successione di questi attentati,
che pure sono sconvolgenti, quanto, come dicevo prima, l’esultanza di alcune ali politiche estremiste italiane di
fronte a queste tragedie, e più ancora le terribili accuse che sono state impunemente scagliate da una testata
giornalistica di livello mondiale come il “Times”, che accusava l’Italia di aver pagato forti somme di denaro
sonante ai Talebani per evitare che i nostri soldati fossero uccisi durante gli scontri armati.
Ora mi chiedo: ma se avessimo davvero pagato i Talebani per non essere attaccati, non avremmo potuto anche
pagarli per evitare attentati ai nostri militari? Francamente mi sembra un’accusa illogica ed immotivata: forse,
come purtroppo spesso accade anche in Italia, semplicemente i giornalisti si divertono ad inventare falsità tanto per
vendere qualche copia in più. Certamente il numero dei nostri morti è di gran lunga inferiore a quello riportato dai
francesi, dagli inglesi stessi o addirittura dagli Americani, ma forse si dovrebbe pensar che il suddetto fatto sia da
imputarsi al molto minor impegno in azioni di lotta armata delle nostre truppe, a maggior favore di un progetto di
recupero umanitario.
Non posso che concludere augurandomi che cessino le accuse false ed infondate, nonché gli atti di esultanza per
tragedie di una tale portata, che altro non sono se non dimostrazioni vigliacche di ignoranza e cattiveria. Ci tengo
inoltre ad invitare i Nostri a non demordere: come disse Cicerone, spero abbiano VIRTUTE DUCE , COMITE
FORTUNA.
LA GAZZETTA DEL COLLY
di ALESSANDRO GEROSA IIIG
Siori e siore, squillino le trombe, rullino i tamburi, perché il Colly dello Zucchi (detto ufficialmente il
“collettivo”;si ringrazia Anna per la denominazione che mi è subito piaciuta un sacco) presenta........IL
CINEFORUM!
Sì, sì, avete capito bene, uno strabiliante, fantasmagorico, trascendentale Cineforum (con la C maiuscola) che tratti
film certo interessanti, divertenti anzichenò, con una certa base di impegno culturale di fondo. Per capirci, non sono
in programma American Pie o “La ripetente fa l’occhietto al preside”, nonostante ritenga ovviamente che siano il
meglio della cinematografia mondiale.
Passando al tecnico, il primo appuntamento sarà l’otto Novembre, data per la quale spero che il Bartolo sarà già
uscito (in caso contrario, potreste anche dire addio alla direttrice...) con il pluriosannato V per Vendetta: migliaia di
citazioni figherrime in un film su un ipotetica dittatura totale, e un paladino della giustizia pronto ad abbatterla.
La sede nella quale si vedrà il film sarà via Borgazzi 9, (o meglio
l’ultimo ingresso nella stradina appena a sinistra di via Borgazzi 9);
molto semplicemente, l’unico luogo disponibile per farlo.
Oltre all’8 Novembre, era in programma di tenere codesto cineforum
ogni 2 domeniche (a cadenza bimensile per i più dotti). In ogni caso, se
avete bisogno di info, volete proporci qualche film, qualsiasi cosa,
venite in 3 G e chiedete del collettivo, oppure in 3 C e chiedete del Biffo
(all’anagrafe Stefano Biffi).
Per quanto riguarda il resto, e assumendo toni più seriosi...che dire.
Credo che siamo tutti quanti molto soddisfatti dall’inizio di quest’anno
del colly, che dopo una lieve caduta nell’oblio nel secondo quadrimestre
passato, quest’anno è riuscito ad attirare nuova gente, e sopratutto
persone del ginnasio, che significa che probabilmente il colly non
morirà con noi vecchietti di 3° ma sarà portato avanti da altre persone
;-).
E’ sott’inteso, scrivendo questo articolo, che invito tutti quelli che
magari sono anche solo interessati, incuriositi dal collettivo, a venire ad
un nostro incontro.
V è il misterioso protagonista di “V per
Magari poi ci dite guardate credevo fosse diverso, mi dispiace non voglio
più venire. Non preoccupatevi, non andremo a pigliarvi sotto casa (o
Vendetta, il primo film proiettato dal
almeno sosterremo ai caramba che quei tizi incappucciati che vi hanno
nuovo Cineforum del Collettivo.
pestato non eravamo noi).Ma il colly dello Zucchi è anche impegno per gli
studenti, per i nostri diritti, e per migliorarci. Quindi vi aggiorno anche sui prossimi appuntamenti che vedranno noi
(e spero con noi di includere anche molti di voi xD) in manifestazione.
Il 17 Novembre è la giornata ufficiale per il diritto allo studio dei giovani. Inutile mi metta a scrivere paroloni su
quanto sia importante. Per questo sicuramente il collettivo Jan Palach sarà in manifestazione, e nostra intenzione è
anche di organizzare degli incontri sul tema. In ogni caso, ci vedrete fuori dallo Zucchi, incuranti del freddo e del
gelo, a volantinare in merito nei prossimi gg.
Il secondo evento prima delle vacanze di Natale molto importante è il 12 dicembre, anniversario della strage di
Piazza Fontana, nonchè giornata dedicata a questo scempio che accadde nell’ormai lontano 1969. Anche su questo,
che è un argomento forse poco conosciuto della nostra storia, organizzeremo sia una manifestazione, sia una
conferenza, tenuta da universitari che si occupano proprio di questo periodo (gli anni della contestazione), che già
quando scrivo è sostanzialmente pronta ad essere proposta al buon preside.
E per questo numero è tutto, dalla Gazzetta del Colly è il vostro collettivista di quartiere Gerry Gerosa che vi ha
parlato. Al prossimo numero o, ancora meglio, alla prossima riunione ^^.
CiAoOoOoOoOoOoOoooooooo
SAPERE AUDE!
LA MERAVIGLIA
di JAKOB PANZERI IIIA
“Il mondo non finirà mai per la mancanza di meraviglie, ma per la mancanza di Meraviglia” (Gilbert Cheit
Chesterton)
Care amiche, cari amici, rieccoci qui di nuovo;un nuovo inverno è iniziato, per me l’ultimo in questo liceo. Scrivo
nel Bartolomeo da quando ero un quartino, e vorrei trarre un attimo le somme.
Perché ho scritto per tutti questi anni e continuo ancor adesso a scrivere? Il motivo primo è perché io credo, come
nella bella immagine suggeritaci da Newton, che noi tutti siamo bambini di fronte al vasto oceano della Verità, ogni
tanto raccogliamo meravigliati un sassolino o una conchiglia più bella del solito.
Quasi quasi l’articolo potrebbe finire qua, vi lascerei questa frase come spunto di riflessione, invece andiamo
avanti, per chi eventualmente non si fosse già scocciato e scalpita di arrivare a leggere i Quorinfranti.
Meraviglia, che bella parola! Infatti, come affermano Gargantini e Bersanelli nel loro bellissimo libro "Solo lo
stupore conosce" si dice che è degno di esaltazione e di stupore il quadro che circonda la vita dell'uomo, questo
mondo intensamente magnifico, questo universo dalle mille forze, dalle mille bellezze e dalle mille profondità.
Stupore oggi perduto, meraviglia che non si afferra in questo mondo di immagini infranti in cui predominano
sguardi solitari spenti su una fredda tastiera di lettere né sentita né temprata dal caldo inchiostro nero. Eppure mi
accorgo che manca qualcosa: me ne accorgo osservando la cima di un monte dopo aver percorso un sentiero
impervio, lo percepisco perdendomi nella linea dell’orizzonte che dal mare si congiunge al cielo o avvolgendo con
la mente le sue profondità, me ne accorgo incrociando lo sguardo di una ragazza sul loggiato dello Zucchi.
Meraviglie in giro ce ne sono, abbiamo perso qualcosa noi!
Il senso della meraviglia. Negando la meraviglia, si nega tutto, non solo la filosofia ma anche la vita. Meravigliarsi
è un riflessivo: io meraviglio me stesso. L’esistenza della meraviglia implica l’esistenza dell’Identità, perché
altrimenti ci riduciamo a un non essere, a una massa che segue comuni moti e tendenze e non è in grado di
meravigliarsi, sguardi vuoti. Affermare il proprio io è comprendere se stessi , non aver paura di manifestarsi, avere
il coraggio di usare la propria intelligenza! Sapere Aude! Senza questa nostra certezza siamo persi nell’hegeliana
notte in cui tutte le vacche sono nere. Fichte, sul finire del XVIII secolo dall’alto della sua cattedra di Jena ha
detto una cosa stupenda: “L'Io è l'autocoscienza del soggetto, il riconoscersi, il definirsi da parte di un individuo
pensante”. L'Io di Fitche è quindi coscienza di sé e del proprio pensiero. Caspita! Quanto ci manca oggi!
Amici di quarta ginnasio, quest’articolo è dedicato a voi, sì, perché avete 14 anni. In questi giorni sta per uscire
nelle sale di tutti i cinema il nuovo film di Moccia “Amore 14”. Ancora continuano a propinarci l’insulsaggine di
una generazione persa fra limonate e amoretti, la vacuità di una comunicazione inesistente e di un’etica edonista
che risulta essere un insulto per la nostra letteratura e per l’Amore stesso. Ancora oggi. Abbiate il coraggio di usare
la vostra intelligenza! Rifiutatelo, non andate a vederlo, avremo dimostrato che esiste una gioventù diversa, che
conosce e ama se stessa. Dimostratelo! E non vi aspettatevi da me i discorsucci politically correct di stampo
relativista et similia. Ammetto di essere una penna tagliente e mordace, pronto ogni volta a dibattere contro la
concezione di società di massa, contro un’istituzione europea che per accordi economici e interessi ha stralciato
dalla Costituzione Europea il nome delle radici Classiche, Cristiane e della miglior parte dell’illuminismo; mi
affanno contro cioè che lede la nostra capacità di pensare o ci vota al nulla, al grande buco nero del nichilismo. Se
vi piaccio così, leggetemi. Punto.
Chiudo dandovi un consiglio sul web: vi invito a visionare http://symposium-somniumscipionis.blogspot.com/
Il blog che amministro insieme a tre care amiche della terra Teocritea, la Sicilia. Un modo innovativo, divertente
ma serio di far cultura e di appassionare alla cultura. Potrete trovare ad esempio una riflessione sull’essenza del
pensiero umano , una lettura di Jane Austen, un confronto fra Michelangelo e Usain Bolt o, ultimo frutto del
nostro impegno, un’intervista al presidente dell’Unione di Centro e vice-presidente della Camera, l’on. Rocco
Buttiglione e l’invito che rivolge a tutti noi giovani. Vi aspetto! Ciao ciao,la vostra penna tagliente Jp.
P.s. ehi, cari quartini, non piangete troppo per i vostri 4 in greco! Anche essi sono insegnamenti, tirate avanti e fieri
di essere degli zucchini!!!
SORRIDIAMO
POLLI, VESCICHE E CLISTERI:
LE MORTI Più TONTE DEI VIP STORICI
di CLARA DEL GENIO IA
È incredibile come personaggi che hanno cambiato la storia, il cui acume, le cui gesta eroiche e la cui intelligenza
hanno influenzato e migliorato la condizione umana, abbiano spesso conseguito morti, se non ridicole, almeno
sfortunate. La furbizia e l’intelligenza non sono sorelle: non sempre infatti chi è sapiente nella vita si è dimostrato
sapiente nell’evitare di terminarla in modo violento, doloroso, e aggiungerei, anche in modo abbastanza idiota.
•
Attila re degli Unni. Causa del decesso: annega nel proprio sangue durante la prima notte di nozze. Pare che il
feroce Attila non riuscisse a reggere l’alcohol e si tenesse ben lontano da vino & co. durante i banchetti; al suo
ricevimento nuziale, però, sopraffatto dalla gioia, si narra che abbia alzato un po’ troppo il gomito e si sia
sbronzato alla grande. Quella stessa notte, nel sonno, il condottiero ha iniziato a perdere sangue dal naso, ma
troppo ubriaco per svegliarsi, non si è accorto di niente e ha continuato a dormire. Risultato: è annegato nel
suo stesso sangue. (Potete immaginare la faccia della moglie la mattina dopo.)
•
Tycho Brahe, importante astronomo danese del XVI secolo. Le sue teorie hanno aiutato Newton a
formulare la legge di gravità. Causa del decesso: esplosione della vescica. Si racconta che Brahe, invitato ad un
banchetto, avesse bevuto come una spugna, e citando Karen Walker di Will & Grace, “l’alcohol non si compra,
si affitta”. Il poveretto, oltretutto affetto da problemi vescicali, doveva assolutamente andare in bagno, ma dato
che abbandonare la tavola poteva essere inteso come segno di maleducazione, il nostro amico danese preferì
resistere e rimanere seduto per non apparire scortese agli occhi dei suoi commensali. Risultato: la vescica gli
scoppiò e morì dopo 11 giorni di tremenda agonia. (Ora che siete a conoscenza di ciò, avete delle ottime
scusanti per persuadere i prof a lasciarvi andare in bagno durante le lezioni.)
•
Francesco Bacone. Causa del decesso: congela nel tentativo di congelare un pollo. Un nevoso pomeriggio
invernale, Francesco Bacone, ispirato dalle condizioni atmosferiche, ebbe un’illuminazione: forse che la neve,
allo stesso modo del sale, può conservare la carne? Scattò dunque al villaggio più vicino, comprò un pollo, e
passò ore e ore a riempire il volatile di neve per cercare di congelarlo. Risultato: il pollo non congelò, Bacone
sì. (Della serie “Abbbacone, c’er freezer pe un motivo!”)
•
Eschilo. Causa del decesso: viene inchiodato da una tartaruga. Dovete sapere che le acquile, ghiotte di
tartarughe, abbiano escogitato un modo per spaccare la corazza di queste leccornie: le catturano, le sollevano
da terra, e dopodichè le fanno cadere da grandi altezze su rocce e sassi, per poi nutrirsi della marmellata di
tartaruga spiaccicata che rimane al terreno. Ecco, molto probabilmente le acquile non distinguono il grigio o il
nero dal rosa ed Eschilo era pelato. (Claudio Bisio dovrà iniziare a girare con un elmetto.)
•
Napoleone. Causa del decesso: overdose di clisteri. Secondo recenti studi, si è arrivati alla conclusione che
Napoleone, contrariamente a quanto si pensava in passato, non sia morto per tumore o avvelenamento, ma per
l’incompetenza dei medici che lo avevano in cura a Sant’Elena. Il povero Bonaparte veniva sottoposto
quotidianamente ad una dose esagerata ed inutile di clisteri, purganti ed emetici. Il colpo di grazia? 600 mg di
cloruro di mercurio (non ho nemmeno ida di cosa sia, ma dal nome non sembra piacevole) somministratigli
come lassativo due giorni prima della morte. Insomma, una morte veramente di (mi autocensuro, onde evitare
che l’intero articolo venga cancellato).
La morte è una cosa seria, queste notizie dovrebbero renderci affranti e sconsolati, non suscitare ilarità!
Purtroppo (o fortunatamente, dipende dai punti di vista) per noi, una caratteristica connotata nella natura umana è
quella di saper ridere, forse per stupidità, forse per istinto di sopravvivenza, delle cose più tragiche e sconvolgenti.
Non possiamo fare a meno di emettere sonore risate anche nelle situazioni meno adatte, perché la risata (ho appreso
da menti superiori) è il modo più efficace di esorcizzare le nostre paure, di rilassarci, di intorpidire le nostre menti
spaventate e preoccupate. Ciò non significa che l’uomo è per natura sadico e si diverte davanti alle disgrazie altrui:
ma proprio perché conscio del male e del fatto che questo possa capitare benissimo anche lui, si consola così. E poi,
chi lo sa, magari questi grandi personaggi, arrivati nell’oltretomba, si sono fatti un sacco di risate nel ripensare alla
loro morte, e, perché no, l’avranno pure usata come storiella per abbordare qualche bella morta.
L’ANGOLO DI PETER PANDA
SINGING IN THE RAIN
di GIULIA GENNARO IIIC
Ormai siamo nel pieno dell’autunno, e di cosa potevo parlare se non di pioggia e ombrelli? Ecco una specie di
classifica di quelli con cui più comunemente abbiamo (e avremo) a che fare
Ombrello scozzese
Inutile negare l’evidenza: in ogni famiglia ce n’è almeno uno. L’ombrello scozzese (grande o piccolo, a fondo
verde, nero o rosso) è il fedele compagno dell’uomo medio, che diventa addirittura indispensabile in certe
situazioni. L’ampia varietà cromatica del tessuto conferisce a quest’oggetto la massima versatilità, consentendogli
quindi di adattarsi più o meno a tutti i cappotti, gli zaini e i caratteri dei vari proprietari. Inoltre i suoi allegri colori
saltano subito all’occhio quando lo si cerca sul fondo di una borsa disordinata (a meno che, come si vedrà in
seguito, si tratti di un O.D.I.O). Questo naturalmente non vi impedirà di dimenticarlo ovunque, ma sarà
praticamente impossibile non instaurare con il vostro ombrello scozzese un rapporto di complicità ( che talvolta
potrebbe degenerare in manifesta ostilità) dovuto alla sorta di simbiosi mutualistica che vi unisce: voi lo portate a
passeggio all’aria aperta, e lui vi protegge dalla pioggia. Cosa si può chiedere di più?
Ombrello Invisibile
Nessuno può descrivere quale sia il suo
aspetto,semplicemente perché nessuno lo
vede. Questa sua infausta caratteristica fa sì
che lo sventurato proprietario si ritrovi
sempre nella stessa situazione; ogni volta
che lo si cerca, l’ombrello invisibile si
comporta come tale, e benché tutti siano
sicuri di “averlo messo proprio lì/sul
letto/nello zaino/nel frigorifero”,
puntualmente la ricerca non dà risultati. C’è
da aggiungere che, purtroppo, un ombrello
può scegliere all’improvviso di diventare
invisibile, apparendo e scomparendo a suo
piacimento; questo giustifica gli
smarrimenti di massa degli ombrelli, per
esempio a scuola. Quando smette di piovere
essi, sentendosi inutili, decidono di sparire
per mettere in difficoltà il proprietario.
IMMAGINE DI MARTINA FILIPPELLA IIA
Gli ombrelli invisibili possono ricomparire a distanza di anni, quando ormai tutti hanno perso le speranze di
ritrovarli.
O.D.I.O ovvero Ombrello Decisamente e Immotivatamente Ostile
Ebbene sì, anche il più fidato degli ombrelli scozzesi, dopo svariati anni di efficiente servizio, può trasformarsi in
quest’arma di tortura psicologica, che mette duramente alla prova la pazienza del proprietario e di chi lo circonda.
Questa metamorfosi avviene soprattutto per gli ombrelli vecchi, ma non di rado anche gli acquisti recenti si
rivelano biechi traditori. In poche parole,
l’ O.D.I.O è quel tipo di ombrello che, quando stai scendendo dall’autobus e piove a dirotto non si apre prima di
dieci minuti, e a quel punto sei così bagnato che decidi che non vale la pena lasciarlo aperto. La parte divertente
arriva adesso perché, una volta aperto, l’ O.D.I.O rifiuta con tutte le sue forze di farsi richiudere, oppure sembra
obbedire ma poi si apre all’improvviso, innaffiando le persone che ti stanno di fianco, con loro somma gratitudine.
Ovviamente l’ O.D.I.O dimostra tutte le sue abilità nei giorni in cui il tempo è a dir poco terribile. Si consiglia a
tutti i proprietari di disfarsene quanto prima; se ciò non fosse possibile, è necessario armarsi di tanta pazienza (e di
tanta camomilla per reggere la giornata).
NON LEGGERE!!
di MATTEO MONTI IB
Esiste e non è fittizio, un circolo, se così si può chiamare, che in ogni località assume caratteristiche diverse, ma è
sempre connotato da un’aura di mistero e luce di riflettori. Questo circolo anno dopo anno raggruppa sempre nuovi
adepti, che dopo una faticosa gavetta ottengono la legittimazione e l’ufficializzazione della loro appartenenza a
questo circolo, che è bene dirlo, non è alla portata di tutti, ma è un vero e proprio club esclusivo per persone
rispettabili. Queste persone una volta uscite saranno i brillanti e carismatici leader di una generazione in cui esse
sono abituate a vivere. Se avete in mente gli Skull and Bones siete sulla cattiva strada. Sono belli, simpatici,
popolari, piacciono a tutti, ma sono anche irraggiungibili nella loro sfera di perfezione. Non importa chi sei, cosa
sei, cosa pensi, cosa fai, tu non ne hai bisogno: guardati, tutti ti adorano e sono ai tuoi piedi, devi solo sorridere e
ammiccare. Renderai speciale la giornata a qualcuno se tu gli rivolgi un sorriso e uno sguardo di intesa. Non c’è
niente di meglio che farli sentire importanti, per avere il loro sostegno. Viviamo in una Società della Vergogna in
chiave moderna, il masso su cui trasportiamo le nostre colpe è la nostra estrazione sociale, e la nostra più grande
paura è il non essere accettati. Ogni persona infatti non è nata per rimanere da sola, chiunque ha degli amici che lo
accettano e stimano per quello che è, ma se si estende la prospettiva su una concezione universale, troverai sempre
chi ti disapprova e giudica, o per immaturità o per antipatia.
Tutto questo è inevitabile. Perciò per evitare l’inevitabile ci si adegua a d un modello comune, che trovi una sorta
di approvazione dalla società giovanile, e ti consenta di vivere la tua vita con più tranquillità possibile. Devi vestirti
secondo un certo schema, adoperare una certa eleganza, avere charme e fascino. Devi essere quello che pensi, ma
non stressare le persone con le proprie idee, e queste ultime non le devi esprimere, per evitare di venire
disapprovato dal pensiero comune. Viviamo nel terrore che un giorno o l’altro, la gente incominci a considerarci
diversi, incominci ad evitarci per paura di essere associata ad un diverso , incominci a non prenderti più in
considerazione. Diceva un certo G.B. Shaw che “ Il silenzio è la più perfetta espressione del disprezzo”; e penso
che questo dica tutto. La cosa interessante è ciò che accade dopo, in questo micro-cosmo di lustrini e paiette. Le
persone perdono la loro essenza vitale, poco a poco, seguono uno schema prestabilito. Io è un’espressione
confidenziale per indicare quello che pensa l’Idea, e la morale comune condiziona il mio Io interiore, che spinge in
mezzo a tanta superficialità, senza trovare uno sbocco d’aria. In alcuni casi, se sei particolarmente carismatico e
non un disadattato come l’autore di questo articolo, riesci a fare valere il tuo modo di pensare, e addirittura riesci a
condizionare quelli che ti ascoltano, sempre che lo
facciano e non aspettino solo il loro momento di
parlare. Il mondo giovanile, come penso che voi
tutti sappiate, ma come penso che ormai il mondo
intero sappia, è diviso in gruppi, e il circolo degli
splendidi di cui si parlava prima, non è un circolo
come tanto magnificamente era stato presentato,
ma un gruppo semichiuso di persone che sono lì e
sorridono. Ognuno sta in un gruppo, che sia una
Cumpa o una Crew, una Cricca o una Band, ed è
bello se sei dentro ad una di queste realtà, parlare
di andare in scialla o descrivere il sublime dicendo
“Ostiatissima Pregio!”.
Certo, si è sempre soggetti ad un giudizio, ma si
impara presto a non dare retta o ad autoregolarsi ai
pensieri detti alle spalle e agli atti di pubblica
codardia. Che detto in confidenza, mi sanno tanto
di infantile da mandarmi alla nausea. Il punto di
questo articolo noioso e senza capo né coda, è che
in base a tutto questo, noi, o almeno la maggior
parte, non siamo mai noi stessi, e non si tratta
come diceva il buon Pirandello di una questione di
maschere, la cosa si è evoluta, adesso la maschera
ci si è attaccata e cambia da sola in base a chi parli,
perché
PROSEGUE A PAG16
IMMAGINE DI MATTEO MONTI IB
PROSEGUE DA PAG 15
siamo diventati anche troppo
pigri o incapaci di toglierci le
nostre convenzioni e urlare al
mondo le nostre Idee. Sono
una persona che sta vivendo
questo conflitto interiore da
secoli, sto guardando il
mondo sotto una chiave
sociologica, ma è irrazionale
quello che vedo, non capisco
e quindi chiedo a voi, che se
siete arrivati fino a qua avete
mostrato una volontà di ferro
nel continuare a leggere, e io
vi ringrazio per questo. Mi
hanno spiegato che questa è
l’età dei complessi, è normale
fare queste divagazioni;
sinceramente non capisco
ancora perché in questo moto
di mettere in chiarezza le
cose, ho voluto trarre in
iscritto le mie riflessioni.
PERCHE’ SEGUIAMO
LA MODA?
di ANNA RIGILLO IA
Suppongo che questa sia una rubrica da considerarsi del tutto al femminile, ma
se ci saranno obiezioni sarò lieta di accoglierle per il prossimo articolo.
Vorrei, però, premettere che cercherò di parlare di argomenti universalmente
validi, perché è inevitabile rendersi conto che siamo tutti influenzati dalla
moda.
Perché seguiamo la moda?
Mi pare dunque questa la prima domanda da porre.
Quante volte, infatti, vedendo un capo dell’anno prima ci siamo chieste: “Ma
come facevo a mettermelo?” oppure vedendo qualcosa in una vetrina ci siamo
dette: “Mai mi comprerei una cosa del genere”, ritrovandoci poi l’anno dopo a
cercare di accaparrarci uno di quei “disgustosi” oggetti? Sarà forse una
rinascita del buon gusto, o influenza di giornali, riviste e vetrine?
Prima di tutto è da dire che la moda non si può evitare.
Ovunque si vada ci si sente dire: “Sei sicura? Non mi pare che quest’anno vada
molto di moda.”. E allo stesso modo se si vuole comprare qualcosa che è ormai
passato di moda, bisogna girare i negozi di mezza città (per non dire tutta) per
riuscire nell’intento. Inevitabile, o quasi, adeguarsi e sperare nel ritrovamento
casuale del nostro agognato “capo fuori moda”.
Comunque, se ci si pensa,
certe volte vedere il
comportamento di alcune
persone che varia a seconda
dell’individuo a cui esse si
rivolgono riesce a smontarti
pezzo per pezzo le tue teorie,
e spesso persino ti debilita .
Secondariamente, come rassegnarsi a essere fissati da tutti e sentire dire:
“Guarda quella! Ma a che cosa pensava mentre si vestiva?” o la più celebre (in
casa mia) frase “Ma non ha una madre, una sorella o una zia che le dica che sta
male?”, soprattutto quando c’è un inevitabile tragitto casa-scuola e/o scuolacasa in balia di acidi passanti appena alzati, autisti di pullman scorbutici e
gruppi di studenti annoiati?
Per questo il mimetismo è la soluzione più apprezzata.
E’ come fumare una sigaretta.
Il fumo uccide. Dovrebbe
scoraggiare, invece convince.
Quando sei il tuo peggior
nemico danneggiarti non ti
dispiace, ti inebria.
Ma dopotutto il mimetismo sembra essere rimasto nell’essere umano come una
reminescenza del passato da animale.
Guardandosi intorno in questi freddi giorni non si può, infatti, fare a meno di
chiedersi: “Ma dove sono finiti i colori?”.
Come il tempo e le stagioni si ingrigiscono, portandosi via colori accesi e
giornate di sole, anche le persone perdono abiti colorati (alcuni quasi al limite
della sopportazione dell’occhio umano) per rivestirsi di tessuti sui toni
mimetici delle foglie secche e dei palazzi resi ancora più grigi, se possibile,
dalle corte giornate uggiose che vengono sostituite in breve da quella che
potrebbe sembrare notte.
Così le persone, aggirandosi come sonnambule (dopotutto siamo un po’ tutti
metereopatici) con i loro grigi e marroni entrano a far parte del paesaggio
urbano creando anche una sorta di atmosfera ovattata e surreale. Dai colli delle
giacche spuntano facce, a volte modello Heidi, a volte sbiancate dall’ormai
reale mancanza quasi totale di sole che sembrano chiedersi cosa stanno
facendo fuori di casa o, più precisamente, fuori dal loro letto.
Noi siamo il nostro peggior
nemico.
E mentre osservo una signora sulla settantina con una sgargiante giacca color
ciclamino, in mezzo ad un anonimo gruppo di persone beige e grigie, mi viene
da sorridere.
IL FILM DEL MESE
SPECIALE ROMA FILM FESTIVAL
di ELENA CAIMI
e DAVIDE MONTANARI IIIG
Finalmente sulle pagine del nostro amato giornalino scolastico si torna a parlare di CINEMA! Tante le novità, a
partire da questo primo numero. Per cominciare abbiamo infatti deciso di dedicare (quasi) tutto l’articolo al Festival
del cinema di Roma, inaugurato dallo spumeggiante sindaco della capitale Alemanno il 15 Ottobre e chiuso dalle
consuete premiazioni la settimana seguente. A sentire gli organizzatori pare che la quarta edizione del FILM FEST
sia andata meglio delle precedenti, anche se bisogna dire che la kermesse romana continua a “brillare” soprattutto
per la sua dimensione di Festa: più passerelle, più divi, più incontri con attori e registi (quest’anno Muccino,
Tornatore e Meryl Streep) e, tra le altre cose, un maggior coinvolgimento delle scuole (188 tra Roma e provincia,
contro le 135 dello scarso anno). Senza dimenticare l’aspetto commerciale, più che mai decisivo in questo periodo
di crisi che tocca molto anche il cinema (in particolare quello italiano): il mercato legato alla distribuzione delle
pellicole è andato bene, con voci positive in tutti i settori. Per la cronaca il prossimo anno si replicherà in date più
lontane dalla Biennale veneziana: dal 29 Ottobre al 6 Novembre.
Prima però di approfondire il discorso legato al festival di casa nostra, qualche consiglio per la visione dei film
usciti nell’ultimo mese/mese e mezzo. Particolare menzione meritano un capolavoro come Basta che funzioni,
ultima fatica del Woody Allen regista, per il quale le lodi davvero si sprecano, e un ottimo (anche se leggermente
inferiore alle attese) Bastardi senza gloria, frutto del genio di Tarantino e con un cast eccezionale (Brad Pitt, come
sempre, sopra tutti). Cercate di recuparli non appena usciranno a noleggio (o magari tramite i siti che consentono
ormai di vederli anche in streaming), perché si tratta di due vere e proprie “perle” cinematografiche, come si suol
dire, assolutamente imperdibili. Tra i film da recuperare annoveriamo anche District 9, interessante ed innovativa
pellicola di fantascienza prodotta da Peter Jackson, il terzo capitolo de L’era glaciale (L’alba dei dinosauri) con
gag più mature e sofisticate, ma sempre spassose e il controverso ducumentario Videocracy, che fa risalire la
rivoluzione culturale italiana degli ultimi 20-25 anni al fenomeno televisivo privato.
Ed ora, la parola alla nostra inviata per la cronaca delle premiazioni al Festival di Roma.
SPECIALE - Roma FILM FEST 2009
“God save our gracious Queen, Long live our noble Queen, God save the Queen! Send her victorious, Happy and
glorious, Long to reign over us; God save the Queen!”. Sembra proprio che Dio abbia ascoltato le preghiere di
“The Queen”, quella cinematografica quanto meno. Hellen Mirren, infatti, già vincitrice dell’Oscar nel 2007 come
miglior attrice protagonista nei panni di Queen Elisabeth II, e del Golden Globe nei panni di un’antenata dei
bellissimi Harry e William (Elisabeth I), si è aggiudicata il premio di miglior attrice protagonista, grazie alla
brillante interpretazione di Sonia Tolstoj, moglie dello scrittore Leo, in The Last Station.
Helen non è stata l’unica “The Queen” vincente e stellare a sfilare sul Red Carpet dell’Auditorium romano: la
pluripremiata “Dancing Queen” di Mamma mia!, infatti, ha chiuso il festival aggiudicandosi il premio alla carriera
Marc’Aurelio. Grande Meryl Streep! Il “nostro” Sergio Castellitto ha vinto come miglior attore protagonista, in
Alza la testa di Angelini. Vince il premio come miglior film Brotherhood (Fratellanza), scartato alla Mostra del
cinema di Venezia. Racconta la storia d’amore tra due neo-nazisti gay. L’uomo che verrà, su una delle più efferate
stragi naziste, quella di Marzabotto, riceve invece il premio della giuria, il Marc’Aurelio d’argento. Il premio per il
miglior documentario è andato a Sons of Cuba, dedicato ai ragazzi pugili a Cuba. Nelle menzioni speciali Fratelli
d’Italia, riflessione sulla multiculturalità nel nostro paese e Severe Clear, documentario realizzato con i filmini di
un marine di stanza in Iraq. Attesissimo il ritorno cinematografico di Heath Ledger, il giovane attore scomparso
quasi 2 anni fa, vincitore dell’Oscar nelle vesti del “Joker” nell’ultimo Batman. E’ sua l’interpretazione di Tony
nell’Imaginarium of Doctor Parnassus. Non essendo riuscito a terminare le riprese del film, il suo personaggio è
stato interpretato da 3 grandissimi amici di Heath: Jhonny (Depp), Jude (Law) e Colin (Farrell). Chiudiamo con una
frase dedicata alle dive che hanno preso parte al Festival quest’anno:
“You can dance, you can jive, having the time of your life
See that girl, watch that scene, dig in the Dancing Queen”
GOD SAVE THE QUEEN!!!
ALL STAR SUPERMAN
di ROBERTO BALDACCIONI IIIF
Chi non conosce Superman? L’eroe di punta della Dc Comics, creato nel lontano 1938 da Jerry Siegel e Joe
Shuster, è ormai entrato nell’immaginario collettivo: chiunque, anche chi non ha mai letto una sola storia
dell’Azzurrone (affettuoso nomignolo coniato dagli appassionati), ha ben stampata nella mente la grande S rossa in
campo giallo che sorvola altissimi grattacieli, i raggi incandescenti che fuoriescono dagli occhi, la supervelocità, la
kryptonite, oltre che, naturalmente, le sue mitiche origini. Kal-El, unico superstite alla distruzione del pianeta
Krypton, cresce sulla Terra con l’identità di Clark Kent, allevato da una coppia di fattori del Kansas; avendo
scoperto di avere straordinari poteri (derivati dal suo retaggio kryptoniano), decide di assumere l’identità segreta di
Superman e di mettersi al servizio dell’umanità come difensore della giustizia. Se tutti sanno quali sono i poteri e la
biografia di Superman, pochi, tuttavia, conoscono la sua vera essenza. Questo alieno cresciuto sulla Terra come un
comune essere umano è un simbolo del diverso: persona dal temperamento dolce e gentile, Superman si sente
profondamente umano, e membro della razza umana, ma si sente ugualmente diverso a causa della sua origine
aliena; ecco che, allora, si inventa l’identità di Clark Kent, notoriamente goffo, impacciato ed imbranato, per poter
dare voce al proprio lato umano e sentirsi, così, integrato; allo stesso tempo, però, egli è un’icona, un modello per il
genere umano.
Con buona pace di Tarantino,
insomma, Superman è sia
Superman, cioè l’eroe invincibile
che tutti vorremmo essere, sia Clark
Kent, cioè l’imbranato giornalista, le
cui disavventure sul lavoro ed in
amore ci fanno sempre sorridere;
entrambi costituiscono una faccia
del personaggio, ed entrambi
contribuiscono a renderlo complesso
ed affascinante. Tutto questo rende
Superman non una specie di divinità
che si eleva al di sopra dell’umanità,
bensì un uomo che utilizza tutte le
sue capacità (che rimangono,
comunque,
sovrumane) per rendere
IMMAGINE DI MARTINA FILIPPELLA IIA
il mondo un posto migliore; la grandezza di Superman come icona sta proprio nel fatto di spingere ciascuno di noi
a dare il meglio sé, in base alle proprie capacità. A tutti coloro che volessero conoscere il vero Superman, consiglio
la lettura del volume All Star Superman (pubblicato, in Italia, da Planeta De Agostini), realizzata dalla coppia d’oro
del fumetto americano: gli scozzesi Grant Morrison e Frank Quitely. La storia comincia nella maniera più
sconvolgente possibile: Superman, caduto vittima di un piano diabolico ordito dal suo arcinemico Lex Luthor, sta
per morire; decide, allora, di sfruttare il poco tempo che gli rimane per risolvere tutte le questioni in sospeso e
stilare il suo testamento materiale e spirituale, decisioni che lo coinvolgeranno in una mirabolante serie di
avventure, che culmineranno nello scontro finale con il responsabile della sua dipartita.
Questa, molto in generale, la trama, che, però, non è certo l’elemento che maggiormente colpisce di questa
bellissima serie: lo scrittore Grant Morrison, infatti, sfrutta questa trovata narrativa per ripercorrere gran parte della
storia fumettistica di Superman, proponendo al lettore molti degli elementi che costituiscono il mito di questo
personaggio; naturalmente, l’autore scozzese, attraverso una scrittura semplice ma delicata, quasi poetica, riesce a
rendere perfettamente il lato umano di Superman, che mai come qui ci appare per quello che è veramente: un
uomo, che, per quanto perfetto, invincibile ed infallibile, soffre, ama e deve affrontare tutte le difficoltà della vita,
riuscendo, nonostante tutto (nonostante la morte) a non desistere mai dalla sua missione. Valore aggiunto
dell’intera serie sono i disegni di Frank Quitely, che raggiunge, forse, in queste pagine l’apice della sua capacità
artistica, non solo per la bellezza e la vivacità delle immagini, ma anche per il perfetto storytelling. Insomma:
leggete All Star Superman e scoprirete una storia meravigliosa, ma, cosa ancora più importante, un personaggio
molto diverso da quello stereotipato che viene comunemente rappresentato; un personaggio profondo, ricco di
sfaccettature e complessità. Leggete All Star Superman e scoprirete fino in fondo la bellezza del mito dell’ultimo
figlio di Krypton.
IL NULLA
Se questo non ha senso guardo voi, le vostre vite.
di E.N.
Liberi dalle catene come l’unghia di un mignolo blu. Una parola su un marciapiede che non muore
quasi più. Il dolore dell’opinione di sé e l’angoscia del ridicolo oggettivo. Se avessi più tempo proverei
a non vivere, ma ogni mia cellula brama vita e ingoia sangue. Nascondo il taglierino con una bandana,
ma non sarà mai più uguale. Giorni spesi a muovere una realtà sopprimendo un sogno. Mi capita di
sentire la tua voce. Incubo di pace. Vorrei saper usare le parole come Dio. Tu mi prendevi e il ghiaccio
mi svuotava.
Come può non avere senso un’emozione? Colla aspra e cruda fra di noi. Segno di un tempo che è per
sempre in quel tempo. Come lui che esce dalla stanza aspettando che io mi rivesta. Non c’è crudeltà
nel suo impulso estivo. Ma tu guardami, ti prego, mentre mi rivesto. Perché non fa lo stesso. E’ pura
ossessione la mia mania, questa fame di te. Quando mai mi dirò sazia? Mettiamo un punto a questa
malnutrizione e forse cercherò nuovi sapori, più esotici, di sale e di vernice. Pitturami di indifferenza.
Sono perduta in questo bicchiere, ci voleva più futuro in quel bacio. Incisioni di famelica sostanza.
Mito subalterno affrancato a profumo e precisione. Mi disinfetto un po’ e ricomincia il ricatto, di vene
che pulsano per l’affronto, di me, che non so dire no alla lama. E si giura che sarà l’ultima, ma non è
mai tale. E si aspetta. Ma quel tipo di ferita non cicatrizza mai, fa solo smettere di pensare, all’acqua
che mi parla, a tutti quegli accordi.
Non resta che ammirare la perfezione dell’intento. Chiudo gli occhi e poi, sono ancora qui, purtroppo o
per fortuna. Non è mai cambiato niente e mai cambierà. Stanchi di giungere a compromessi l’uno per
l’altra, ci spegneremo come si spegne un faro, lasciando le navi in balia del buio della notte. Sono cose
che si accettano, sono frasi fitte che annaspano per non annegare nel liquido livido e saturo dei
sentimenti, dei pudori. Stanca di aspettare, ti fuggirò ridendo della sorte dei più. Qualche volta non mi
sento normale, come se dovessi dimostrare al mondo che sono fragile quando non lo sono e che non
respiro più quando ormai sono già morta. Sembra facile, ma non lo è. E’ tutta una questione di luoghi e
movimenti, di odio represso e di scelte aggressive. Perché è impossibile che esista qualcosa di
impossibile, eccetto il ricongiungersi con il vuoto esterno. E no, non ho posto anche per te dentro di
me. Quanto fanatismo crea il progresso. E quanta illusione. Fiumi di identità che sfociano nel
malessere comune. Ed io, che partorisco senza doglie e senza lacrime, non sento niente, non provo
alcuno stupore per le persone e il loro esistere. Chissà cosa troverò al di là di queste righe. Gente che
finge, ti guarda in faccia e mente. Gente che ruba, che scappa e ti consuma. Gente che non sa sostenere
una conversazione che non riguardi l’ammiccamento post-sbornia o l’invadere i tessuti futili degli abiti
altrui. Perché tutto il resto, qualsiasi cosa sia, è troppo impegnativo ed intellettualmente stimolante e
peccato ed estasi.
Voglio un cuore per amare e uno per soffrire, perché assieme gioia e dolore non vogliono stare. E
voglio un’altra madre per quando la mia non ci sarà più e confonderò la vita con la morte in un
incommensurabile abisso. Forse non c’è una spiegazione per il mio sorriso e il mio ridere nervoso,
mentre tu fumi un’altra sigaretta e fissi il vuoto come fosse neve. Quella che non c’è mai stata, ma che
quando è arrivata ci ha seppelliti per sempre sotto un manto candido di incomprensione. La
matematica della distanza mi crocifigge ancora il cuore, ma non mi scordo di quel nero che mi usciva
da tutte le parti. Fossi anima dimenticherei e perdonerei.
Quella che ricordi tu non abita più qui. E quando penso che non ci sia più niente da buttare fuori, ecco
che arriva un nuovo sentore di marcio, marzo come mese, eri tu. Voglia di partire e voglia di arrivare
coincidono. In un vortice di digiuni perderò i sensi, implorando la verità. E in un campo di fragole
giungerò a una cosmica astrazione. Come chi si uccide a mezzogiorno, di domenica, come chi si spara
in bocca naftalina di ribrezzo. E il mio tutto cade giù. Dammi il suo nome e avrò un nuovo niente nel
cuore.
IL METRONOMO
di FEDERICA COTTINI III F
Dopo una lunga pausa, il Metronomo ricomincia la sua corsa: dunque eccomi qui a proporvi un riassunto, seppur
sintetico, di ciò che è successo di eclatante sulla scena musicale dall’inizio dell’estate ad oggi.
I tormentoni. Come ogni estate che si rispetti, anche quella appena trascorsa è stata caratterizzata da alcune
canzoni trasmesse a ripetizione, in qualunque luogo, senza tregua. Riserverei il posto d’onore di questa classifica a
Vasco Rossi, che rivolge alla sua donna una dichiarazione d’amore esplicita, appassionata, con una media di tre
“mi piaci tu” al secondo, e sorprende che lei ancora non l’abbia recepita. Gli piaci tu, gli piaci tu, MA COME TE
LO DEVE DIRE? Confidiamo che il tempo aiuterà la donna misteriosa a comprendere il messaggio che tartassa
quotidianamente 60 milioni di Italiani.
Spostandoci all’estero, medaglia d’oro a Lady GaGa, artista che abbiamo conosciuto questa primavera con il
singolo PoPoPoPoker face, a cui è presto seguito PapaPaparazzi. Più che leciti i dubbi sulla balbuzie della
ragazza. La traduzione dei suoi testi è un’esperienza surreale ed è stata eletta Atto di Autolesionismo ‘09. Recita la
sua ultima canzone: “Sono il tuo fan più grande, ti seguirò finché mi amerai, PapaPaparazzi”. Accetto suggerimenti
sulla connessione fra i paparazzi e il resto del ritornello.
Trascurando gli aspetti licenziosi della questione, l’ascesa di Lady Gaga è importante per capire le tendenze
musicali del momento: la cantante tedesca è solo una dei tanti artisti che in questo periodo ci propongono brani
ossessivamente ritmati e ripetitivi che, semplificando, possiamo definire “da discoteca”. Si affiancano a lei
Madonna, Shakira e i Black Eyed Peas, citando solo alcuni nomi. Dunque, la musica seriosa ed impegnata risulta
sconfitta nei passaggi radiofonici a vantaggio di canzoni più leggere, semplici ed orecchiabili, la cui unica funzione
è distrarre chi le ascolta.
Le sorprese. Ossia, tutto quello che ho ascoltato e si è rivelato una piacevole scoperta. “Battle for the sun” dei
Placebo, di cui qui non parlo data la mia assoluta incapacità di essere imparziale a riguardo. Un disco da ascoltare e
riascoltare più volte per apprezzarlo appieno.
Ottimo lavoro è anche “The Resistance” dei Muse, amatissimo dalla critica e dal pubblico. È un disco che non
brilla tanto per freschezza dei testi (ricorrenti le tematiche della cospirazione, della ribellione), quanto per melodie
ed arrangiamenti. Alcuni brani affondano le loro radici nella pura musica classica, a cui la band inglese strizza
l’occhio ancor più che nei precedenti lavori. Il disco è a tratti caratterizzato da un’atmosfera ansiosa e
claustrofobica, che spesso viene ricercata dai Muse, ma è resa ogni volta con modalità differenti, cosa che
contribuisce a rendere più frizzante e coinvolgente l’album. I Muse saranno a Milano nel mese di dicembre, ma i
biglietti sono introvabili ormai da tempo.
Non trascurando il panorama musicale italiano, “Sotto una pioggia di parole” degli Zero Assoluto è indubbiamente
un bel disco, peraltro piacevolissimo da ascoltare in viaggio, con un filo conduttore a collegare in modo lineare le
varie tracce dell’album. Un album sicuramente fatto di parole - come suggerisce il titolo - piuttosto che di musica,
la quale, purtroppo, si ripete in modo malinconicamente molto simile in ogni canzone. I testi sono assai ben
costruiti, coinvolgenti nella loro semplicità e, fatta eccezione per l’infelice singolo di lancio “Per dimenticare”,
testimoniano il progresso compiuto dal duo romano dai tempi del celebre Tuturuturututtu. E poi, fra Ramozzotti
che ormai da anni propone la stessa canzone e Tiziano Ferro che canta – rabbrividisco solo a scriverlo – “No-ti-zia
è l’anagramma del mio nome”, gli Zero Assoluto vanno di cuore annoverati fra coloro che hanno ancora qualcosa
da dire.
L’aggiornamento termina qui, il Metronomo vi saluta e vi dà appuntamento al prossimo mese!
Canzone del mese
Don’t fall back into the decay, there is no law we must obey, so please don’t let them have their way, don’t give in
to yesterday. Speak in tongues, Placebo
MUSICA ALLO ZUCCHI
di ELIO PENATI IVE
Per noi studenti dello Zucchi e per gli adolescenti in generale, la musica è un passatempo integrante del loro tempo
libero; infatti, quando bisogna staccarsi dai compiti e fare una pausa, quando ci si annoia o quando ci si vuole
semplicemente rilassare, la musica è quasi sempre un’ottima soluzione, la prima che ci venga in mente, essendo
anche ormai possibile ascoltarla ovunque grazie agli appositi lettori musicali come I-pod e MP3.
Bisogna però precisare che non vi è un solo genere musicale che tutti gli studenti dello Zucchi ascoltano: benché
alla maggior parte di essi piaccia il rock, ci sono varie minoranze di studenti che ascoltano altri tipi di musica come
il pop, il jazz o la musica classica, anche se la quasi totalità preferisce il rock o il metal.
Di questi due generi ci sono inoltre ulteriori tipi e differenziazioni che li caratterizzano:
- Il “Modern rock”, uno dei più ascoltati, che comprende band o gruppi rock più recenti (Green Day, Blink-182,
U2, Coldplay, Oasis, Foo Fighters ecc.).
- L’“Hard rock”, quello delle band meno recenti che hanno suonato dagli anni ’70 agli anni ’90, come i Van
Halen, i Deep Purple, i Queen, i Led Zeppelin, gli AC/DC e altri gruppi famosi.
- Il rock alternativo, o Alternative rock, non molto definito poiché comprende vari tipi di rock che si differenziano
dai due precedentemente elencati, mantenendo le basi del genere rock, ma inserendo elementi nuovi.
In questo sottogenere può essere compreso il “Punk”, anche se viene spesso considerato un genere a sé, con gruppi
sempre recenti come i Linkin Park, i Bullet For My Valentine, i My Chemical Romance o altre band.
Tornando al Metal anch’esso possiede numerosi sottotipi, come l’“Heavy metal” o il “Trash metal”, generi quasi
completamente analoghi, con band come i Metallica, i Megadeath, i Motorhead, gli Slayer e molti altri gruppi
musicali talvolta più legati all’Hard rock, al Gothic metal (letteralmente “metal gotico”), o al Metal tradizionale
come i Black Sabbath o gli Iron Maiden.
Questi generi musicali sono derivati dall’hard rock e si sono sviluppati tra gli anni ’80 e ’90 ma sono anche molto
diffusi tutt’ora.
In tutti questi generi musicali sopra elencati vi è la presenza dei medesimi strumenti (chitarra elettrica, basso,
batteria, voce), talvolta con maggiore presenza di uno specifico strumento e con differenziazioni di tono a seconda
del genere (più grave nell’Heavy metal e nel Punk e meno grave nell’Hard rock o nel Rock moderno).
Nel nostro liceo non si ascolta un unico genere o uno è più ascoltato degli altri, anche perché molti alunni ne
ascoltano più di uno; ma in generale sembra primeggiare l’ascolto del Modern rock, con forte presenza del Metal e
anche dell’Hard rock.
Oltre che ascoltata, la musica viene anche praticata da moltissimi studenti del liceo: infatti una buona percentuale
degli alunni suona la chitarra (con minore presenza degli altri strumenti), e ci sono o si stanno formando band che
potrebbero suonare alla festa di fine anno; inoltre abbiamo un laboratorio musicale in cui chi vuole può iscriversi e
partecipare sia suonando uno strumento e cantando, sia scrivendo canzoni, o organizzando eventi in cui la band
può suonare.Tenetevi pronti per ulteriori informazioni sulla musica allo Zucchi, sui suoi eventi musicali e sulla
musica in generale.
Manca vignetta
PADDOCK ZUCCHI
di ALESSANDRO MANTOVANI ID
Benvenuti a paddock Zucchi, lo spazio che quest'anno il Bartolomeo dedicherà agli zucchini appassionati degli
sport motoristici e in cui io vi informerò sugli ultimi avvenimenti del mondo dei motori.
Oggi parliamo del mondiale di formula uno che ha visto nel mese di Ottobre le ultime gare decisive della stagione
2009. Il 4 ottobre il grande circus si è ritrovato sul circuito giapponese di Suzuka, per il GP del Giappone. Le
qualifiche del sabato sono più caotiche che spettacolari a causa dei molti incidenti anche abbastanza gravi che
coinvolgono molti piloti inesperti messi in difficoltà dal difficile tracciato giapponese. Alla fine la griglia di
partenza della domenica, stravolta anche da alcune penalizzazioni, vede in pole position il tedesco Sebastian Vettel,
ancora in lotta per vincere il mondiale, affiancato dal nostro Jarno Trulli, che regala alla Toyota una prima fila
inaspettata nel GP di casa, seguiti in seconda fila dal campione del mondo in carica Lewis Hamilton e dalla
sorprendente Force India del tedesco Adrian Sutil.
Gli altri piloti in lotta per il titolo partono più indietro: Rubens Barrichello è 5° e Jenson Button 7°. La gara come
troppe altre gare di formula uno è noiosissima e con pochissimi sorpassi (per la precisione 2 uno di Button su Sutil
e Kovalainen che si erano appena tamponati e un altro dello stesso Kovalainen sul nostro Fisichella), ma a svegliare
i pochi spettatori europei che si sono alzati all'alba per vedere il GP ci pensa il giovanissimo Jaime Alguersuari (se
non riuscite a pronunciare il nome non è un problema e non preoccupatevi, non siete gli unici) che va a sbattere
violentemente contro le barriere e fa entrare la Safety Car. Le posizioni però restano le stesse. Alla fine Vettel vince
davanti a Trulli ed Hamilton e guadagna molti punti utili per vincere il titolo mondiale.
Titolo che viene assegnato nel seguente Gp del Brasile corso il 18 Ottobre sul circuito di Interlagos, vicino a San
Paolo.
Le qualifiche del sabato, corse sotto la pioggia, sono talmente elettrizzanti che ai box c'è chi ne approfitta per
schiacciare un pisolino (Barrichello) o per bersi una bella tisana (Patrick Head, il progettista della Williams),
comunque alla fine la pole position va a Rubens Barrichello. Gli altri pretendenti al titolo partono molto indietro
(Vettel è 16° mentre il compagno di Barrichello, Button, è 14°) mentre dietro al brasiliano partono Mark Webber,
Jarno Trulli e un sempre più sorprendente Adrian Sutil. La gara nel primo giro regala agli appassionati più
spettacolo di quanto non ne abbiano dato le ultime 7 gare messe assieme: alla seconda curva Vettel e Kovalainen si
toccano, quest'ultimo va in testacoda rischiando di tamponare Fisichella ed infine regala un bel burnout ai tifosi
brasiliani. Ma non è finita qui: mentre alla seconda curva succede tutto questo nel rettilineo seguente Raikkonen
cerca di superare Webber, il quale si difende con un po' troppo foga distruggendo l'alettone anteriore del finlandese.
Alla curva seguente Trulli, spinto involontariamente sull'erba bagnata da Sutil, perde il controllo della sua Toyota e
si schianta contro un muretto dopo aver tamponato la Force India del tedesco che vola letteralmente per le vie di
fuga del circuito e poi ritorna in pista tamponando la Renault di Alonso. Per fortuna, grazie alla prontezza di riflessi
dello spagnolo, e il tutto si risolve con una rissa sfiorata tra Trulli e Sutil. Intanto i colpi di scena continuano:
Kovalainen, rientrato ai box per un rifornimento, riparte troppo presto portando con sé il tubo della benzina e
inondando di carburante la pit lane e la Ferrari di Raikkonen che prende fuoco. Per fortuna la macchina del
finlandese non va a fuoco ma fa solo una fiammata facendo prendere un bello spavento al pilota.
Nel frattempo entra in pista la safety car e le posizioni restano le stesse per qualche giro.
Poi la gara riprende e Button inizia la sua corsa verso il titolo sorpassando il francese Grosjean (che nel giro
seguente si farà superare da mezzo gruppo), lo svizzero Buemi, il giapponese Nakajima ed il suo connazionale
Kobayashi che, pur essendo alla sua prima performance, tiene dietro l'inglese per ben 10 giri. Il resto della gara non
è più spettacolare come l'inizio ma regala comunque qualche brivido con la lotta tra i giapponesi Kobayashi e
Nakajima che si conclude con un contatto tra i due ed uno spettacolare incidente del secondo. Alla fine il vincitore
è l'australiano Mark Webber che vince davanti al polacco Robert Kubica e al campione del mondo in carica Lewis
Hamilton. Barrichello e Vettel arrivano rispettivamente in ottava e quarta posizione ma Jenson Button, arrivato
quinto, si laurea comunque campione del mondo con una gara di anticipo.
Al termine della gara viene anche assegnato il titolo dei costruttori alla Brown Gp, la scuderia di Button e
Barrichello, che diventa il primo team ad essersi aggiudicato entrambi i campionati alla stagione del debutto.
BAR SPORT
di EDOARDO GALLI IIIG
e FEDERICO SALA IIG
L´anno scolastico è cominciato da poco e alle spalle ci siamo lasciati 3 meravigliosi mesi di vacanza dove si sono
susseguite notizie, avvenimenti e innumerevoli colpi di scena in ambito sportivo; dunque per inaugurare questo
primo articolo di Bar sport abbiamo deciso di riassumerli e classificarli per voi:
VOTO 10 ai ragazzi, dirigenti e accompagnatori dell´Aquila calcio, capaci di rialzarsi insieme a tutta la città dopo
il terribile terremoto che ha colpito l´Abruzzo in primavera. Il 7 settembre hanno ricominciato il campionato di
serie D e, dopo una cerimonia davvero toccante in memoria delle numerose vittime del sisma, hanno addirittura
strappato un fantastico 4-0 contro l´Elpidiense. EROICI.
VOTO 9 alle ragazze azzurre della nazionale di pallavolo che vincono l´europeo strapazzando chiunque si metta
sul loro cammino. Escono imbattute dal torneo e si permettono il lusso di chiudere con un secco 3-0 in finale contro
l´Olanda. DIVINE
VOTO 8 a Usein Bolt che stravince di nuovo in una competizione mondiale i 100 e i 200 Mt con 2 record del
mondo a dir poco impressionanti, confermandosi senza alcun dubbio l´uomo più veloce sulla terra; ha una falcata di
2.30 Mt e raggiunge la velocità massima di 43 Km/h, tale da potergli costare quasi una multa se si dovesse mettere
a correre in una strada di città. STRATOSFERICO
VOTO 7 a Florentino Perez, presidente del Real Madrid, che si meriterebbe un bel 13 per come ricopre il suo ruolo
ma anche un 1 per quel che concerne l´etica morale. Ha tanti di quei soldi che al suo confronto Zio Paperone è un
barbone costretto a fare l´elemosina agli angoli delle strade, e lo dimostra spendendo circa 245 milioni di euro per
creare una squadra che neppure alla playstation si era mai vista, ma per l´appunto lo fa infischiandosene della
situazione economica e non solo presente nel mondo. ESOSO
VOTO 6 a Jenson Button, l´unico "paracarro" a vincere un campionato del mondo; corre per quasi due terzi del
mondiale con una macchina irregolare e con i suoi avversari che giocano agli autoscontri manco fossero al Luna
Park. Lui ci mette solo quel pizzico di talento che gli permette di correre in formula uno e quell´autostima che per
metà gli arriva dal padre John, perfetto compagno da pub, e dalla fidanzata Jessica, perfetta a prescindere; giusto il
titolo gli vale la sufficienza. GRAZIATO
VOTO 5 a Zlatan Ibrahimovic che dopo 2 mesi di tira e molla con metà delle squadre europee, illudendo i tifosi
neroazzurri della sua permanenza a Milano, si scopre avesse un accordo bello e buono con il Barcellona da più di
un anno; per il suo trasferimento riesce ad accampare la sola giustificazione di voler andar via non dall´Inter ma
dall´Italia, scusa già poco credibile in se, che crolla del tutto, come un castello di sabbia in riva al mare, quando
limona la maglia blaugrana alla presentazione. SFACCIATO
VOTO 4 a Silvio Berlusconi, che vince e stravince in vent´anni ogni tipo di competizione permettendo al Milan di
diventare la squadra più titolata al mondo, poi come un bambino stufo del proprio giocattolo, riesce nell´impresa di
rendere i rossoneri, in soli 2 anni, una bazzecola al confronto delle grandi d´Europa e d´Italia, con una politica
societaria tanto illusionista quanto ridicola; la ciliegina sulla torta la pone nel mercato estivo appena trascorso
avvallando il trasferimento di Kakà al Real Madrid. FARSESCO
VOTO 3 a Caster Semenya, l´atleta sudafricana capace di vincere gli 800 Mt ai mondiali di atletica a Berlino
rifilando 8 sec. alla prima delle avversarie, peccato che abbia due spalle alla Schwarzenegger e due gambe da far
invidia a Mark Spitz; il dubbio sul suo vero sesso sorge spontaneo e se le compagne hanno affermato di non aver
notato nulla di strano sotto la doccia, la federazione sudafricana invece ha tenuto nascosti i test per chiarire il suo
sesso, senza alcun motivo legittimato. AMBIGUA
VOTO 2 a Bernie Eccleston, il proprietario della Formula 1 che in un anno dove l´immagine di questo sport esce
calpestata e sfasciata sotto ogni profilo sia sportivo sia politico, dopo il Gp del Giappone non trova niente di meglio
che affermare: "la morte di Senna è stata un bene per la Formula 1". Bah, delle volte è davvero inevitabile chiedersi
se certa gente "ci fa, o ci è". MASOCHISTA
VOTO 1 a Nelsinho Piquet che se fosse nato nel 1400 sarebbe sicuramente stato il protagonista mancato de "Il
Nelsinho furioso" di Ariosto; già, infatti Orlando al suo confronto di senno ne possiede a badilate e potrebbe
venderlo scontato al mercatino sotto casa del giovedì. Tagliato dopo una stagione fallimentare come pilota della
Renault da Briatore, decide di mandare a fondo quest´ultimo rivelando l´irregolarità del Gp di Singapore 2008;
risultato: Briatore, radiato dalla F1, se ne va in "pensione" con una barcata di soldi e una moglie da paura, Piquet
con questa mossa da stratega autolesionista chiude la propria carriera in questo sport a soli 22 anni. GENIALE
ANGULUS OTIOSUS
(o meglio:
come perdere tempo
fingendo di allenare il cervello)
di CHIARA DANIELLI IIIG
1) Ha la testa ma non
ragiona
(e questo capita a più di
una persona)
2) Chi la compra , la dà. Chi la
riceve la usa sempre ma non la
vede mai. Cos’è?
LO ZUCCHI SOTTO LE STELLE
di ELEONORA BERTANZA IIG
ed ELISA PIAZZA IIG
ARIETE
Per i nati in Ariete sarà un mese di forti
emozioni che vi farà risolvere alcune
situazioni in modo impulsivo, soprattutto
in famiglia. In amore: teneri e romantici…Forse
anche troppo!
TORO
Novembre è mese di conquiste! La scuola è
ok, ma con la vostra incredibile sensualità
farete cadere ai vostri piedi chiunque vogliate…Ma
allora, siete ancora qui a leggere!?
GEMELLI
La scuola vi distrugge: siete inquieti,
nervosi e spossati. È arrivato il momento
di fare qualche cambiamento nella vostra
vita. La vostra fantasia e la vivacità vi garantiranno
un riscatto sicuro!
CANCRO
Cari nati nel Cancro questo mese sarete:
romantici, sensibili, dolci, amichevoli,
insomma…Diabetici! Cercate solo di non
opprimere troppo le persone che vi circondano.
LEONE
Zucchini e zucchine del Leone, questo
mese conoscerete la passione d’amore!
Ricercherete il rischio e la vostra
immaginazione correrà più della luce.
Attenti però a non spendere troppo
VERGINE
Per tutto il mese sarete spinti da una
forte energia che vi porterà ad
impegnarvi nel sociale. A scuola sarete
inspiegabilmente molto attenti. Complimenti,
continuate così!
BILANCIA
Novembre è il mese giusto per
affermarvi nella vita mondana, per
sollevare la media di tutte le materie e
per molto altro ancora! In amore si
prevedono scintille!
SAGITTARIO
Vi aspetta un mese all’insegna dell’allegria.
Farete nuove conoscenze, ma la scuola vi sta
stancando troppo…Dovreste organizzare un
weekend rilassante con gli amici…
SCORPIONE
Le stelle questo mese vi rendono:
combattivi, aggressivi, ostinati, orgogliosi e
in preda alle passioni…Insomma è meglio
non farvi arrabbiare!
CAPRICORNO
Novembre è all’insegna dell’amore per tutti gli
zucchini nati sotto questo segno. Le nuove
conquiste non vi distoglieranno comunque
dallo studio, anzi novembre sarà fondamentale
per ottenere ottimi risultati. Insomma, l’8 in Greco è
alle porte!
ACQUARIO
Amici dell’Acquario, a novembre vi sentirete
particolarmente amichevoli, ma la scuola è in
agguato per rovinare ogni vostro progetto di
divertimento. Lasciate correre: nella seconda
metà del mese andrà molto meglio!
PESCI
Cari pesciolini, questo mese è all’insegna
dell’immaginazione, della fantasia e dei guai! Sarete
molto dolci, anche se la voglia di studiare
scarseggia…Magari riuscirete a muovere a
compassione i prof!
Immagini a cura di Elisa Piazza IIG e Costanza Lucà
IIG.
QUORINFRANTI
di GIULIA BELLINI IIIF, GIULIA BERETTA IIE,
e ANTONELLA SILIOTTO IIIE
Edoardo G.
direttore del
Bartolomeo!
p.s. sei molto figo
t.v.t.t.t.b.
Fan Anonima
A.A.A cercasi
alby make up 94
per ore serali.
Per Mike Fossati
Maic ai lov iu by
AROnimo
Calogero Pera
sei il nostro
idolo!!
By tutto lo
zucchi
Per Canna:
sei figo, ma sei
emo?
By anonima di
Teodoro ti
adoro!!!!!
Per Mike:
sarai il miglior
rappresentante di
sempre..con i tuoi
meravigliosi
pantaloni!
per Chicco di
IIIF:
sei il nostro
principino
azzurro
la tua 5C!
Per il prof. Marino:
prof. Non ci è
chiara una
cosa… possiamo
avere uno
sportello
LA REDAZIONE
DIRETTORE: GIULIA COLOMBO IIIG
VICEDIRETTORE: SARA MONTAGNINO IIIA
CAPOREDATTORI:MICHELE CASADEI IIIA sezione Cinema e musica
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REDATTORI:
BALDACCIONI ROBERTO IIIF
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ROSSINI CAMILLA IB
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IMPAGINAZIONE E GRAFICA: ELENA MANTOVANI VC
IMMAGINI:
ARPANO SILVIA IF
MONTI MATTEO IB
FILIPPELLA MARTINA IIA
Ringraziamo inoltre tutti coloro che hanno collaborato all’uscita del Bartolomeo (collaboratori,
insegnanti ed operatori scolastici).
Ricordiamo che chiunque può partecipare alla redazione del Bartolomeo inviando un suo articolo
all’indirizzo mail [email protected];
chi invece desidera lasciare un messaggio per la rubrica Quorinfranti lo può portare a Giulia Bellini in
IIIF, Giulia Beretta in IIE o Antonella Siliotto IIIE o lo può inviare allo stesso indirizzo mail.
I numeri del Bartolomeo sono disponibili anche on line sul sito www.liceozucchi.it.
Gli articoli per il numero di Dicembre vanno inviati all’indirizzo mail [email protected]
entro il 25 Novembre.
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