PressBook

Transcript

PressBook
Je suis Simone
(la condition ouvrière)
Il lavoro in fabbrica della filosofa francese Simone Weil (1909‐1943), dal 4 dicembre 1934 al mese di agosto 1935. Semplicità. Definizione: Una cosa è più semplice di un’altra
quando è impossibile pensare la seconda senza aver pensato la prima .
Cahier I, Simone Weil.
SCHEDA TECNICA
82’30’’ B/N Italia 2009 Girato a Parigi presso l’Ile Seguin (periferia sud di Parigi), Rue Lecourbe, Port Saint Cloud, Ville de Saint Cloud. un film di Fabrizio Ferraro con Claudia Landi, Giovanna Giuliani, Natacha Eychenne Emmanuel Rovillier, Kamal Boukarras, Ilaria Tramacere, Marco Teti, Antonio Sinisi, Yvonne Leclerc, Martin Barriè, Léon Mouquet, Eugénie Forestier. testo tratto da « La Condition Ouvrière » di Simone Weil oggetti e costumi Stefano Gaeta, Fiammetta Mandich suono Klothé, Morgan Bennett immagine e composizione Fabrizio Ferraro produzione Ferraro/Sinisi La rappresentazione non gerarchica del mondo (scienza)
e la rappresentazione gerarchica sono combinate nelle grandi opere pittoriche.
Affreschi francescani di Giotto.
San Francesco, il padre, il vescovo, il giardiniere esistono allo stesso titolo nello spazio.
E’ questo il significato dello spazio nella pittura.
Lo spazio vuoto (che Giotto mette per lo più al centro,
procedimento di una potenza straordinaria)
ha esso stesso altrettanta esistenza,
e, da un terzo punto di vista, maggior esistenza.
Ma, da un altro punto di vista
…di qui la necessità della composizione su molteplici piani
(che è forse la chiave di tutte le arti). Musica. Poesia (misura).
Cahier II, Simone Weil.
NOTE-BREVI
Mi sono chiesto per anni, avendo lavorato per molto tempo su questo testo di Simone Weil, come riuscire ad aprire dei varchi, degli spazi bianchi su un testo così fortemente tracciato, segnato dalla sofferenza, dalla voglia di capire e trovare delle risposte nel rapporto tra chi sfrutta e chi è sfruttato, nella consapevolezza di essere una pedina a cui non è consentito conoscere la struttura dell’intero ciclo. Come mantenere una frammentazione unitaria trasmessa dal testo scritto in forma di note di riflessione ? Un film che parte dal ventesimo secolo e prosegue nel ventunesimo secolo, respira la schiavitù, quella vecchia e quella nuova. La schiavitù che resta ancora l’unica forma di relazione di quello che viene nominato sistema di sviluppo. L’Ile Seguin (luogo dove è stato girato il film, nella periferia sud di Parigi), l’isola dove si trovava il centro produttivo della Renault, dopo anni e anni di dibattiti su quale trasformazione dovesse subire, diventa ora l’isola dell’arte e della scienza con annesso un complesso di costruzioni per un quartiere residenziale, per nuove famiglie del nuovo ciclo produttivo. Accade, come in tutte le nostre città occidentali, che nei rivolgimenti della produzione capitalistica le città si ripuliscano delle fabbriche per spostarle in altri emicicli. Quel luogo, catapultato nella nuova dimensione immateriale, un luogo carico di sofferenza, di lotte e contrasti, è protagonista di un mutamento e la geografia urbana cambia. Ora però nascono quartieri residenziali della scienza e dell’arte, con famiglie che i manifesti promozionali mostrano come perfette, ideali. Ma nonostante questo nuovo abito patinato, nonostante il cemento che cerca di seppellire la sofferenza e il sangue di chi ha abitato quei luoghi, il dolore continua a incombere a margine della città di oggi. Infatti, come davanti ai cancelli di Auschwitz, “il lavoro rendeva liberi”, anche per gli operai della Renault non c’era altra scelta se non morire di lavoro. È una perdita di legame che sembra inesorabile, progressiva con quel mondo, quelle lotte, ma l’onda lunga delle parole di Simone Weil, arriva fino a noi. Lei sapeva cosa significa perdere se stessi, smarrire il senso dei gesti più semplici, della propria funzione nella catena generale del lavoro e all’interno della comunità, ecco perché i suoi scritti ci trasmettono la consapevolezza di poterci sottrarre a tutto questo, il desiderio di rientrare fattivamente nelle cose. Perché solo dall’interno di una società è possibile cogliere ciò che accade, rompere lo schermo della passività che oscura le nostre menti. Una schiavitù che assume oggi sempre di più le forme del controllo della visione, nella società produttiva dell’arte e della scienza. In questo cataclisma sensoriale è andato distrutto l’atto del vedere, del fare immagine, e il mascheramento dell’orizzonte visivo all’interno dell’ambiente urbano non è che uno dei modi del controllo, attraverso le immagini, cui siamo sottoposti. Allora ho capito che l’unico modo era lavorare sul leggere la non‐lettura, per giungere ad una espressione tutta da costruire perchè costruita nel senza forma‐sans forme, ‘‘presentare nello stesso oggetto forme molteplici eleva al di sopra della forma. Immagini e parole che riflettono lo stato senza immagini e senza parole. (… Images et mots qui reflètent l’état sans images et sans mots. Simone Weil)’’ Un testo‐corpo, uno spazio‐Ile Seguin ed un gesto fisico. “Riflettono per il fatto che si succedono. Ogni immagine e ogni suono saranno per sé e non per essere collegate obbligatoriamente con le altre immagini. Che si colleghino tra di loro sarà un qualcosa in più, una composizione su più piani, su più superfici piatte molteplici, un ordine senza‐forma e senza gerarchia. La lettura di questi piani molteplici ne darà una lettura dei rapporti in un ordine che non avrà una forma chiusa nella loro unità per elevare lo “spettatore” al di sopra della forma…” (tratto dal libro “Fare immagine” di Fabrizio Ferraro che uscirà nel 2010) Quel luogo, quel tempo, per scivolare nei senza luoghi del lavoro attuale che non sfrutta più la violenza di un tempo costretto ma annienta il tempo stesso (nella durata in cui un essere umano può trovare la sua dimensione di relazione fatta di contrazioni e dilatazioni). Dopo i film‐studio della tetralogia amatoriale, legati al libro « Breviario di estetica audiovisiva amatoriale », con questo primo film intendo iniziare una nuova indagine che si svilupperà in tre lavori sul nome comune dell’umano. ‘‘Je suis Simone (la condition ouvrière)’’ è il primo di questi film sul nome comune dell’umano, film come atti di vita, con la prerogativa di essere semplici e necessari nello spazio del possibile. Fabrizio Ferraro Differenza infinita fra tre ore passate a una macchina automatica ,
e tre ore passate davanti a un affresco di Giotto.
Il rapporto tra il tempo e me è il tessuto della mia vita,
ed è possibile stabilirvi una differenza infinita.
Una fuga di Bach è un modello.
Presso i Greci, la scienza della natura era essa stessa un’arte,
che aveva per materia il mondo e per strumento l’immaginazione;
essa consisteva, come le altre arti, in una mescolanza del limite con l’illimitato.
Di qui l’accordo tra la scienza e l’arte.
Per noi, opposizione, perchè la nostra scienza analizza.[…]
Fare dell’universo l’opera di Dio. Fare dell’universo un’opera d’arte.
E’ questo l’oggetto della scienza greca. […]
Quello della scienza contemporanea:
esprimere in linguaggio algebrico le regolarità
della natura, allo scopo di usarne.
Sempre più in basso.
Là dove vi è progresso, il livello è necessariamente basso.
< Ars longa, vita brevis. >
Cahier III, Simone Weil.
BREVE BIOGRAFIA FABRIZIO FERRARO
Fabrizio Ferraro vive e lavora a Roma. Ha organizzato incontri e retrospettive cinematografiche ed ha diretto nel 2000 e 2001 la Mostra cinematografica internazionale di Terzo Cinema svolta al Filmstudio e a Palazzo delle Esposizioni di Roma. Ha scritto il libro “Breviario di Estetica Audiovisiva Amatoriale ‐ natura, immagine, etica” per la casa editrice DeriveApprodi. Ha realizzato una Tetralogia di film‐studio sull’amatorialità, presentati in anteprima al TorinoFilmFestival, al FID Marseille al RomaFilmFestival (organizzato dalla rivista Filmcritica). E’ prossimo alla pubblicazione in Italia del suo nuovo libro: “Fare immagine, trattazione e invettiva sopra l’immagine”. (Il libro segue le riflessioni sull’immagine in questi nuovi lavori sul nome comune dell’umano). “Je suis Simone (la condition ouvrière)” è il primo di tre lavori sul nome comune dell’umano. Attualmente sta preparando il secondo film, inizio riprese dicembre 2009, “La certezza innaturale o (malgrado tutto, coraggio!)”.
Filmografia FABRIZIO FERRARO Tetralogia di film‐studio sull’amatorialità: • Le variazioni del signor Quodlibet, film‐studio in III variazioni. (2006) • Suite in amore, alto/basso/sotto. (2007) • Malvisto Maldetto, film‐studio in III durate. (2008) • Sopralluoghi all’inferno, tracce audiovisive per il film su Simone. (2008) Tre film sul nome comune dell’umano : I Je Suis Simone (la condition ouvrière) ( 2009) II La certezza innaturale o (malgrado tutto, coraggio!) (in fase di realizzazione) III Call me Ishmael (in fase di preparazione) Filmografia GIOVANNA GIULIANI (una delle attrici protagoniste, che interpreta varie operaie presenti nel film) • Teatro di guerra di Mario Martone (1998) • La parola amore esiste di Mimmo Calopresti (1998) • L’odore del sangue di Mario Martone (2004) • Le Streghe di Jean Marie Straub (2008) • Je suis Simone (la condition ouvrière) di Fabrizio Ferraro (2009) La paura.
Sono rari i momenti della giornata nei quali il cuore
non sia come compresso da un’angoscia qualsiasi.
La mattina, l’angoscia della giornata che si deve attraversare. […]
Bisogna serrare i denti. Resistere.
Come un nuotatore in acqua.
Ma con la prospettiva di nuotar sempre, fino alla morte.
Non c’é nessuna barca che possa raccoglierci.
Se si affonda lentamente, se si annega, nessuno al mondo se ne accorgerà.
Che cosa si é ? Un’unità negli effettivi del lavoro.
Non si conta nulla. E’ già molto se si esiste.
La condition ouvrière, Simone Weil.
www.gruppoamatoriale.org Fabrizio Ferraro Antonio Sinisi +39 340 2950515 +39 392 2899182 Marcello Fagiani +39 334 7103023
[email protected] [email protected]