La cooperazione NATO-Russia: sviluppi recenti e prospettive

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La cooperazione NATO-Russia: sviluppi recenti e prospettive
DOCUMENTI
IAI
LA COOPERAZIONE NATO-RUSSIA:
SVILUPPI RECENTI E PROSPETTIVE
a cura dell’Istituto Affari Internazionali
Saggio presentato nell’ambito de “Osservatorio Transatlantico” a cura dell’Istituto Affari Internazionali,
Documentazione per le Delegazioni presso Assemblee internazionali, Senato della Repubblica
IAIR0412
© Istituto Affari Internazionali
ISTITUTO AFFARI INTERNAZIONALI
LA COOPERAZIONE NATO-RUSSIA: SVILUPPI RECENTI E PROSPETTIVE
Nota a cura dell’Istituto Affari Internazionali (IAI)
1. Il Consiglio NATO-Russia
Negli ambienti dell’alleanza si dà una valutazione generalmente positiva delle
attività del Consiglio NATO-Russia istituito nel maggio 2002 al Vertice di Roma.
Tre sono gli aspetti su cui si fonda tale valutazione:
• Mentre all’interno del precedente Consiglio Congiunto Permanente (Permanent
Joint Council) le consultazioni si svolgevano in maniera rigidamente bilaterale – la
NATO da una parte, la Russia dall’altra – nell’attuale Consiglio NATO-Russia si sta
effettivamente realizzando un dialogo più aperto: i membri dell’alleanza non vi vanno
con posizioni predefinite, il che consente alla Russia di operare su un piede di parità se
non su tutte, almeno su gran parte delle questioni che vi vengono affrontate. Questo
metodo si è rivelato non solo più rassicurante per i russi, ma anche, nel complesso, più
efficiente sia per le consultazioni sui temi politici e lo scambio di informazioni sia per la
promozione di programmi comuni di cooperazione.
• All’interno del Consiglio si è realizzata un’intensa e, nel complesso, proficua attività
di dialogo politico che ha riguardato non solo argomenti su cui NATO e Russia hanno
un’esperienza consolidata di cooperazione – come la situazione nei Balcani – ma anche
questioni più impegnative e controverse, come l’Afganistan e la presenza russa in
Georgia.
• Il Consiglio è riuscito a dotarsi di un’articolata rete di gruppi di lavoro sulle
principali materie della cooperazione. Ciò ha consentito di realizzare progressi in
numerosi settori. E’ da segnalare, in particolare, come si sia ulteriormente consolidato il
clima di collaborazione in materia di lotta al terrorismo.
Rimangono tuttavia contrasti rilevati su alcuni temi, segnatamente le implicazioni del
recente allargamento dell’alleanza e il futuro del trattato per la riduzione delle armi
convenzionali in Europa.
2. Reazioni russe al recente allargamento della NATO
Il recente allargamento della NATO a sette nuovi paesi – che ha portato il
numero dei paesi membri da 19 a 26 – ha suscitato, e in parte continua a suscitare,
notevoli critiche e obiezioni da parte russa. E’ significativo che nella prima riunione del
Consiglio NATO-Russia svoltasi il 2 aprile nel nuovo formato a 27 – i 26 della NATO
più la Russia – il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov abbia accuratamente evitato
ogni espressione di benvenuto ai nuovi membri. Lavrov ha tuttavia confermato la
volontà russa di continuare a sviluppare una relazione costruttiva con la NATO. Durante
la visita a Mosca del Segretario Generale della NATO Jaap de Hoop Scheffer (7-8
aprile), nel corso della quale egli ha incontrato anche il presidente russo Vladimir Putin,
non sono stati fatti passi avanti su temi politici cruciali come le implicazioni
dell’allargamento e il futuro del trattato CFE (su quest’ultimo punto v. infra), ma è stata
confermata la comune volontà di proseguire il lavoro avviato su alcuni programmi di
cooperazione, in particolare quelli che coinvolgono i militari (anche per questo punto v.
infra).
La principale preoccupazione russa in relazione all’allargamento è che la NATO
possa stabilire una crescente presenza militare – anche attraverso la creazione di basi -
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nei paesi baltici. La tesi di Mosca è che questo configurerebbe, fra l’altro, una
violazione del trattato sulla riduzione delle armi convenzionali (CFE). Il ministro della
difesa Sergei Ivanov ha anzi accennato alla possibilità che la Russia adotti misure di
risposta qualora dovesse verificarsi una crescita della presenza militare NATO ai suoi
confini (non ha escluso, ad esempio, un eventuale dispiegamento di forze aggiuntive a
Kaliningrad). Che vi sia una forte sensibilità russa per quanto accade o potrebbe
accadere nei paesi baltici è dimostrato, fra l’altro, dalle aspre critiche che Mosca ha di
recente rivolto alla NATO per aver realizzato alcune attività di pattugliamento aereo sui
cieli di Estonia, Lettonia e Lituania.. Va notato che gli altri nuovi membri dell’alleanza
non sono oggetto, da parte della Russia, della stessa attenzione e preoccupazione. E’
significativo, ad esempio, che lo stesso Lavrov abbia dichiarato di non avere obiezioni
di principio alla creazione di basi americane in Bulgaria e Romania. Nell’intento di
rassicurare Mosca, il Segretario Generale della NATO, dal canto suo, ha dichiarato che
l’alleanza non intende minimamente realizzare “consistenti dispiegamenti di forze “ sui
territori dei nuovi stati membri.
3. Il futuro del trattato sulle armi convenzionali e le truppe russe in Moldavia e
Georgia
Un altro argomento rilevante di contrasto riguarda il futuro del trattato sulle
limitazione delle armi convenzionali in Europa – trattato CFE – di cui è stata firmata nel
1999 una versione modificata che non è però ancora entrata in vigore per mancanza di
ratifica. I paesi della NATO hanno continuato a porre come condizione per procedere
alla ratifica del trattato CFE modificato che la Russia ritiri le sue truppe dalla Moldavia
e dalla Georgia (entrambi i paesi rientrano nell’area di applicazione del trattato).
Tuttavia, come già accennato, anche durante la recente visita a Mosca del Segretario
Generale della NATO non sono stati fatti progressi a questo riguardo (nelle
dichiarazioni pubbliche il Presidente Putin ha evitato di menzionare il problema).
Alla fine del 2003, Moldavia, Russia e i leader della repubblica secessionista
della Trasnistria, dove operano le forze russe, avevano raggiunto un accordo, sotto
l’egida dell’OSCE, per il ritiro delle truppe di Mosca. Tuttavia, i tempi e le modalità di
attuazione di tale accordo rimangono tuttora incerti. E’ da notare che a febbraio il
governo della Moldavia ha per la prima volta chiesto ufficialmente che Mosca ritiri al
più presto le sue truppe. Per quanto riguarda la Georgia, nel 1999 era stato firmato un
accordo per la chiusura di due delle quattro basi russe e per una riduzione degli
armamenti russi presenti nel paese. Mosca ha in effetti provveduto alla chiusura delle
due basi previste e sono ora in corso negoziati per la chiusura delle altre due, ma non è
chiaro quando si potranno concludere.
E’ da notare che quattro nuovi membri della NATO – i tre baltici e la Slovenia –
non sono tra gli aderenti al trattato CFE per motivi storici: i primi in quanto erano parte
dell’URSS, la Slovenia in quanto era parte della Jugoslavia non allineata. Mentre la
Russia ha continuato a chiedere che tali stati firmino al più presto il trattato, la posizione
ufficiale della NATO è che ciò potrà avvenire solo dopo l’entrata in vigore della
versione modificata del trattato, il che, come si è visto, viene a sua volta condizionato
dall’alleanza al ritiro del forze russe da Georgia e Moldavia.
4. Kosovo
All’interno del Consiglio NATO-Russia si è ampiamente discusso negli ultimi
mesi del riaccendersi delle tensioni in Kosovo tra la popolazione albanese e quella
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serba, che in febbraio sono sfociate in una serie di scontri armati. Si è registrato un
consenso generale sulla necessità di continuare ad attenersi alla linea seguita finora, che
poi è anche quella dell’UE e dell’ONU: prima di aprire un negoziato formale sullo
status finale del Kosovo, è essenziale che gli organi di governo locali dimostrino di
voler lavorare realmente alla costruzione di una società multietnica e di essere in grado
di far rispettare i diritti delle minoranze. E’ improbabile che questa strategia, nota come
“standards before status” (prima il rispetto degli standard fissati dalla comunità
internazionale, poi si discuterà dello status finale) sia rimessa in discussione nei
prossimi mesi. Pertanto, nel breve e medio termine non dovrebbero sorgere tensioni tra
Nato e Russia sulla questione del Kosovo, anche nel caso di nuovi scontri armati.
Tuttavia, nel più lungo termine, alcuni paesi occidentali potrebbero chiedere, di fronte a
un ulteriore deterioramento della situazione, che si affronti il problema dello status e si
fissi un percorso per concedere ai kosovari un’indipendenza, o semi-indipendenza, dalla
Serbia, più o meno garantita internazionalmente. In questo caso, potrebbero riemergere
contrasti all’interno del Consiglio NATO-Russia. Attualmente, la richiesta centrale dei
russi, che dall’agosto dell’anno scorso non hanno più truppe in Kosovo, è che le forze
della NATO presenti nella regione si adoperino più attivamente per il disarmo e
l’eliminazione delle bande armate e l’arresto dei responsabili delle violenza.
5. Missioni di pace
Fino all’agosto 2003 truppe russe hanno partecipato alle missioni militari della
NATO in Bosnia-Erzegovina e Kosovo. E’ stata una delle forme di collaborazione che
più hanno contribuito ad accrescere la fiducia reciproca, anche se non sono mancate in
Russia critiche anche aspre su questo impegno all’interno di missioni a guida
occidentale. La decisione di Putin di ritirare le truppe dai Balcani va inquadrata in uno
sforzo più generale che il governo russo sta compiendo da tempo, in considerazione
delle scarse risorse disponibili, per rendere più selettivi – e quindi limitare – gli impegni
militari all’estero, concentrandoli nelle aree che sono considerate di primario interesse
nazionale, in primo luogo il cosiddetto “vicino estero” (near abroad). Ciò non significa
che Mosca non sia interessata ad avviare nuove forme di cooperazione in materia di
missioni di pace. E’ anzi previsto che alla fine dell’anno Russia e NATO firmino un
accordo sullo status delle forze (Status of Forces Agreement, SoFA) che stabilirà regole
e condizioni per il transito o il dispiegamento temporaneo di truppe e forze NATO nel
territorio russo (e viceversa di truppe e forze russe nel territorio dei paesi della NATO)
per la realizzazione di esercitazioni comuni o missioni di pace. La NATO è
particolarmente interessata alla possibilità di utilizzare il territorio e lo spazio aereo
russo per il transito e il trasporto delle truppe verso paesi come l’Afganistan, dove
l’alleanza ha una sua missione militare, e, eventualmente, altre aree dell’Asia Centrale e
del Medioriente. In effetti, una prima applicazione del futuro accordo SOFA potrà aver
luogo in relazione alla missione in Afganistan: la NATO potrebbe utilizzare il territorio
e lo spazio aereo russo per l’invio dei contingenti militari (non è invece ipotizzabile una
presenza militare russa in Afganistan). Finché non ci sarà un accordo, regole ad hoc
saranno necessarie per ciascuna esercitazione o transito di truppe.
Un programma di cooperazione collegato a quello sulle missioni militari
riguarda la difesa contro i missili di teatro. Come è stato infatti evidenziato dagli
interventi contro l’Iraq, uno dei rischi principali a cui sono esposte le forze inviate nella
aree di crisi sono gli attacchi missilistici che possono essere realizzati con l’uso di
vettori a corto o medio raggio. A marzo NATO e Russia hanno attuato negli USA una
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prima esercitazione comune per cominciare a mettere a punto un sistema condiviso di
comando e controllo per la difesa dai missili balistici di teatro.
6. Antiterrorismo
Dopo l’11 settembre è questa diventata una delle aree centrali di cooperazione
tra NATO e Russia. Quest’ultima ha anzi costantemente insistito sul concetto che la
lotta al terrorismo è il primo e fondamentale banco di prova dell’efficacia dei nuovi
strumenti istituzionali di cooperazione che sono stati creati nell’ambito dell’alleanza, a
partire dal Consiglio NATO-Russia. I russi sono convinti che vi sia una reale
convergenza di interessi in questo settore e hanno mostrato di dare grande importanza
alle iniziative antiterrorismo che possono essere discusse e avviate all’interno del
Consiglio. Reagendo alle critiche occidentali, Mosca ha anzi cercato di giustificare le
sue attività militari nei paesi limitrofi – per esempio in Georgia o Tagikistan - come
dettate dalla necessità, fra l’altro, di contrastare la minaccia terroristica: tesi, questa, che
continua però ad essere in parte contestata dai paesi dell’alleanza. Tuttavia, è importante
che il Consiglio NATO-Russia abbia già adottato un documento contenente una
valutazione comune (joint assessment) sulla natura della minaccia terroristica e la
definizione degli obiettivi generali da perseguire per farvi fronte. I paesi dell’alleanza e
la Russia hanno anche avviato alcuni importanti programmi di cooperazione, come
quello volto a contrastare, attraverso una maggiore sicurezza dello spazio aereo, la
minaccia di un uso potenziale di aerei civili per scopi terroristici. Inoltre la Russia
sembra interessata a partecipare alle attività marittime che la NATO ha intrapreso dopo
l’11 settembre nell’area del Mediterraneo allo scopo di intercettare gruppi terroristici
che si spostano su navi o altre imbarcazioni.
7. Armi di distruzione di massa
Dal 1999 la NATO sta realizzando un ampio programma per la promozione di
iniziative contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa. E’ uno dei temi
centrali di cui si sta occupando anche il Consiglio NATO-Russia che ha istituito a tal
fine un apposito gruppo di lavoro. La cooperazione con Mosca in questo settore è però
ancora a uno stadio embrionale. L’obiettivo immediato è l’approvazione di un
documento che contenga una valutazione comune (joint assessment) delle minacce
collegate alla proliferazione delle armi di distruzione di massa e delle politiche per
fronteggiarle. A questo primo passo dovrebbe seguire l’avvio di concrete iniziative
comuni. E’ da notare tuttavia che la cooperazione NATO-Russia in questo settore non
potrà che essere complementare alle iniziative che si stanno promuovendo in altri
contesti internazionali, come l’ONU e il G8, e a livello bilaterale, soprattutto tra USA e
Russia. Resta insomma un punto interrogativo sull’effettivo contributo che il Consiglio
NATO-Russia può fornire alle politiche di non proliferazione.
8. Contatti e cooperazione fra le strutture militari
La cooperazione NATO-Russia in questo settore ha fatto notevoli progressi negli
ultimi tre anni – dopo il superamento della crisi seguita all’intervento della NATO in
Kosovo. Sono da segnalare, in particolare, due sviluppi recenti: l’istituzione di un
ufficio di collegamento composto da militari russi nel quartier generale militare della
NATO a Mons (un altro ne è stato istituito anche all’interno della principale struttura di
comando alleata negli Usa) e il rafforzamento della missione militare NATO a Mosca.
Si è inoltre considerevolmente intensificata la cooperazione NATO-Russia per la
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riqualificazione professionale degli ex-militari russi che hanno dovuto lasciare le forze
armate nell’ambito del programma di riforma dell’apparato militare. Si ritiene che
questo programma stia avendo un notevole successo tanto che se ne è deciso il
progressivo ampliamento. Resta il fatto che, in generale, la ristrutturazione delle forze
armate russe continua a segnare il passo, il che complica considerevolmente la
cooperazione a livello militare.
9. Emergenze civili
I russi hanno continuato a mostrare un forte interesse per l’approfondimento
della cooperazione in questo settore. A livello di organi comuni la principale
realizzazione è stata l’istituzione di un Centro di coordinamento per gli interventi in
caso di calamità naturali. E’ significativo che le proposte in materia di emergenze civili
siano finora venute soprattutto da parte russa. Nel febbraio 2003 si è anche raggiunto un
accordo tra NATO e Russia per il soccorso degli equipaggi dei sottomarini in pericolo.
Dopo la tragica vicenda dell’affondamento del sottomarino nucleare russo Kursk – in
cui hanno perso la vita 118 membri dell’equipaggio – Mosca ha insistito molto per
rafforzare la cooperazione anche in questo settore.
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