GLOBAL ENTREPRENEURSHIP MONITOR ITALIA 2014

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GLOBAL ENTREPRENEURSHIP MONITOR ITALIA 2014
GLOBAL
ENTREPRENEURSHIP
MONITOR
ITALIA 2014
Moreno Muffatto
Patrizia Garengo
Donato Iacobucci
Alessandra Micozzi
Michael Sheriff
Saadat Saeed
In collaborazione con
INDICE
05 | Introduzione
31 | La nuova imprenditorialità in Italia
(2001-2014)
07 | Executive Summary
09 | Il progetto Global Entrepreneurship
Monitor
13 | Come Global Entrepreneurship Monitor
misura la nuova imprenditorialità
17 | La nuova imprenditorialità nel confronto
internazionale
L’attività
imprenditoriale nelle prime fasi (TEA)
Imprenditorialità nascente
Imprenditorialità per opportunità e per
necessità
Le
attitudini imprenditoriali
Le
opportunità percepite
Le capacità imprenditoriali
La paura di fallire
L’intenzione a intraprendere
La nuova imprenditorialità e la creazione di
posti di lavoro
La distribuzione per settori
La distribuzione geografica
La distribuzione per fasce d’età
La distribuzione per genere
L’attività imprenditoriale realizzata da
personale dipendente (Entrepreneurial
Employee Activity- EEA)
33 | L’ecosistema per la nuova
imprenditorialità
Il framework per la valutazione dell’ambiente
imprenditoriale in ogni Paese
La valutazione dell’ambiente imprenditoriale
italiano
Le proposte
43 | Altri indicatori dell’ecosistema
imprenditoriale italiano
47 | Conclusioni
51 | Appendici
Il modello di riferimento GEM
La metodologia GEM
55 | Il panel degli esperti 2014
61 | Gli autori
3
Indice delle figure
09 |Figura 1 - Diffusione di Global Entrepreneurship Monitor nel 2014
13 |Figura 2 - Il ciclo dell’attività imprenditoriale
17 |Figura 3 - Percentuali di TEA per grado di sviluppo delle economie
25 |Figura 4 - Distribuzione per tipologie di settore (valori assoluti di TEA)
26 |Figura 5 - Distribuzione geografica della nuova attività imprenditoriale (valori assoluti di TEA per Regione)
28 |Figura 6 - Distribuzione per livello di istruzione
35 |Figura 7 - Fattori abilitanti per l’attività imprenditoriale (Italia 2014)
36 |Figura 8 - Confronto tra i grandi Paesi europei
Indice delle tabelle
10 |Tabella 1 - Paesi aderenti a Global Entrepreneurship Monitor nel 2014
19 |Tabella 2 – Valori di TEA (Paesi Europei e Nord America)
20 |Tabella 3 – Imprenditorialità per opportunità e per necessità
22 |Tabella 4 – Attitudini imprenditoriali
24 |Tabella 5 – Creazione di nuovi posti di lavoro
27 |Tabella 6 - Distribuzione di TEA per fasce di età
29 |Tabella 7 – Distribuzione di TEA per genere
30 |Tabella 8 - Entrepreneurial Employee Activity- EEA (Paesi Europei e Nord America)
35 |Tabella 9 – Confronto sui fattori abilitanti tra i grandi Paesi europei
37 |Tabella 10 – Valutazione del panel (affermazioni non verificate)
37 |Tabella 11 – Valutazioni del panel (affermazioni verificate)
38 |Tabella 12 – Valutazioni del panel (punti di maggiore accordo e maggiore disaccordo)
39 |Tabella 13 - Valutazione degli imprenditori (affermazioni non verificate)
39 |Tabella 14 - Valutazioni degli imprenditori (punti di maggiore accordo e maggiore disaccordo)
40 |Tabella 15 - Valutazione dei non imprenditori (affermazioni non verificate)
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Introduzione
Per il terzo anno la ricerca GEM per l’Italia viene svolta con il coordinamento del gruppo di ricerca Management and Entrepreneurship dell’Università degli Studi di Padova. L’esperienza è stata ancora una volta stimolante. Nel 2014 rinnovata attenzione è stata posta alla composizione
del panel di esperti per la National Expert Survey (NES) sull’ecosistema imprenditoriale italiano.
In particolare sono state invitate a farne parte un maggior numero di donne, imprenditrici e non.
I risultati dell’indagine sulla popolazione non hanno dato, come prevedibile, risultati molto diversi da quelli dei due anni precedenti a testimonianza di una quantità e qualità del fermento
imprenditoriale per la creazione di nuova impresa, ancora troppo bassa, se comparata con
quella dei Paesi simili all’Italia per livello di sviluppo economico e imprenditoriale. Se, da una
parte, possiamo contare su imprese spesso eccellenti per innovazione, capacità di conquistare mercati e livello di qualità dei prodotti, dall’altra la nascita e la crescita di nuove imprese
innovative appare ancora troppo limitata.
L’ecosistema imprenditoriale italiano, ovvero le condizioni al contorno al fare impresa in Italia,
denota in larga misura ancora molte oggettive lacune, soprattutto con riferimento in primo
luogo a programmi di governo per la nuova imprenditorialità, la finanza per le nuove imprese
e i programmi educativi di stimolo all’imprenditorialità.
La ricerca oggetto del presente rapporto è stata resa possibile dal contributo di molti.
Un doveroso ringraziamento per la loro disponibilità va a tutti i membri del panel per la National Expert Survey (NES).
Un sentito grazie a Paolo Colombo, Sara Silvestri e Anita Tononi di Doxa SpA per la professionalità nella conduzione della survey sulla popolazione adulta.
Yana Litovsky e Alicia Coduras di GEM global hanno fornito un costante supporto metodologico nella fase di rilevazione dei dati.
Fondamentale il contributo di tutto il gruppo di ricerca Management e Imprenditorialità del
Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università degli Studi di Padova (Patrizia Garengo,
Michael Sheriff e Saadat Saeed).
Un ringraziamento anche ai colleghi Donato Iacobucci e Alessandra Micozzi dell’Università
Politecnica delle Marche con i quali si è creata una buona collaborazione.
Un sentito grazie anche alla Direzione ed allo Staff amministrativo del Dipartimento di Ingegneria Industriale ed in particolare a Sandra Dal Bianco, Giulietta Bertocco e Gloria Maragno.
Infine, un ringraziamento a Debora Vivenzi per il supporto organizzativo e la gestione dei contatti con i membri del panel.
Moreno Muffatto
Team Leader
Global Entrepreneurship Monitor Italia
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Executive Summary
Il programma di ricerca internazionale Global Entrepreneurship Monitor (GEM) è la più rilevante ricerca sull’imprenditorialità realizzata a livello mondiale e ripetuta annualmente. Nasce
nel 1997, dalla collaborazione tra London Business School (UK) e Babson College (USA) con
l’obiettivo di monitorare in modo sistematico e strutturato l’evoluzione della nuova imprenditorialità nei vari Paesi. Lo studio viene realizzato annualmente utilizzando dati raccolti con due
diverse metodologie: una survey su un campione rappresentativo di almeno 2000 adulti, di
età compresa tra i 18 e i 64 anni, e in una serie di interviste ad un panel di esperti sui principali
fattori capaci di influenzare la crescita del tasso di imprenditorialità (Sistema finanziario e del
credito, Politiche governative, Specifici programmi di sostegno all’imprenditorialità, Formazione, Scuola, Università, Ricerca scientifica e trasferimento tecnologico, Infrastrutture fisiche,
Infrastrutture per il mercato, Apertura del mercato interno, Società e cultura).
Nel 2014 circa 200.000 persone appartenenti a 73 Paesi hanno partecipato allo studio GEM
rappresentando di fatto tutti i continenti e le regioni del mondo, il 72,4% della popolazione
mondiale e circa il 90% del Prodotto Interno Lordo Globale.
Il principale indicatore elaborato ed utilizzato da GEM è il tasso di nuova imprenditorialità
(Total early stage Entrepreneurial Activity - TEA) che tiene conto del livello dell’attività imprenditoriale considerando l’imprenditorialità nascente e le nuove imprese (fino a tre anni e mezzo
dall’inizio dell’attività) all’interno della popolazione adulta (compresa tra i 18 ed i 64 anni).
I dati raccolti nel 2014 evidenziano una TEA particolarmente elevata per i Paesi Factor Driven.
Si riduce per i Paesi Efficiency Driven e risulta ancora più contenuta nei Paesi Innovation
Driven, dove gli Stati Uniti confermano una posizione di rispetto, con quasi il 14% della popolazione impegnata in attività imprenditoriali early stage.
Tra le economie Innovation Driven, l’Italia si colloca al penultimo posto per valori TEA. Anche
la percezione delle opportunità imprenditoriali in Italia è piuttosto bassa, circa la metà della
media dei Paesi Innovation Driven, mentre particolarmente elevata risulta la paura di fallire.
Un’analisi condotta sui dati raccolti su più anni rivela come in Italia la TEA sia stata sempre
molto limitata negli ultimi anni, in particolare dopo il 2007. Dopo il valore molto basso (3,4%)
registrato nel 2013, è tornata sui livelli del 2012 toccando il 4,4% della popolazione.
Nella nuova imprenditorialità prevalgono le attività orientate al consumo finale (commercio,
ristorazione, ecc.), mentre in termini geografici l’attività imprenditoriale è più vivace in due
regioni del Nord (Lombardia e Veneto) e al Sud. Sempre basso il contributo dell’imprenditorialità femminile con un valore 2014 appena superiore alla metà rispetto a quello registrato per
gli uomini.
L’analisi svolta presso gli esperti ha messo in evidenza una serie di vincoli ormai abbastanza
consolidati che frenano l’attività imprenditoriale, ma anche una serie di proposte e suggerimenti con particolare riferimento a politiche e programmi di governo, sostegni di carattere
finanziario e programmi educativi alla nuova imprenditorialità.
7
Il Progetto Global
Entrepreneurship Monitor
Il progetto Global Entrepreneurship Monitor (GEM) è riconosciuto come la più autorevole
indagine internazionale sull’imprenditorialità condotta a livello globale con cadenza annuale e
sviluppata analizzando la propensione imprenditoriale della popolazione adulta e le condizioni
che ne favoriscono lo sviluppo. Il progetto ha permesso di misurare i tassi di imprenditorialità
in 73 paesi del mondo e rappresenta una delle poche ricerche accademiche capace di fornire
dati armonizzati a livello internazionale e sistematicamente confrontabili ogni anno.
Nel 2014 circa 200.000 persone appartenenti a 73 paesi hanno partecipato allo studio, rappresentando di fatto tutti i continenti e i diversi livelli di sviluppo economico. I dati raccolti
attraverso la survey sono rappresentativi del 72,4% della popolazione mondiale e del 90%
del Prodotto Interno Lordo Globale (Figura 1).
Figura 1 - Diffusione di Global Entrepreneurship Monitor nel 2014
GEM è un programma di ricerca internazionale, nato nel 1997 dalla collaborazione tra docenti
della London Business School (UK) e del Babson College (USA) con l’obiettivo di analizzare in
modo sistematico lo sviluppo di nuova imprenditorialità come driver per la crescita dei sistemi
economici nazionali.
Dalla nascita del progetto sono stati registrati numerosi cambiamenti. La prima relazione
comprendeva 10 paesi, tutti membri dell’OCSE, tra cui l’Italia. GEM è ora un’entità globale,
come originariamente concepita, capace di rappresentare circa tre quarti della popolazione
mondiale. La denominazione originaria, “The World Enterprise Index”, è stata successivamen-
9
te modificata in “Global Entrepreneurship Monitor”, sottolineando la rilevanza della continuità
nel tempo dell’analisi e la forte attenzione all’imprenditorialità.
Tradizionalmente le ricerche riguardanti la crescita economica e lo sviluppo si focalizzano primariamente sul contributo delle grandi imprese, considerate come principale vettore di crescita e
benessere. GEM, invece, riconosce e considera il ruolo fondamentale sia delle nuove imprese
che delle piccole e medie. Nel tentativo di facilitare la comprensione della relazione complessa tra
l’attività imprenditoriale e la crescita economica, l’indagine GEM ha i seguenti obiettivi specifici:
• Confrontare i tassi di imprenditorialità rilevati nei 73 Paesi coinvolti nel progetto
• Determinare in che modo l’attività imprenditoriale influenza la crescita economica in ciascun Paese coinvolto nel progetto
• Identificare i fattori che incoraggiano o impediscono l’attività imprenditoriale
• Guidare la formulazione di policies efficaci e mirate per stimolare l’imprenditorialità
Lo studio è realizzato tendo conto del diverso livello di sviluppo economico dei Paesi coinvolti.
Al fine di massimizzare il valore informativo dei dati raccolti, GEM suddivide i Paesi coinvolti
nel progetto in tre cluster: le economie factor driven, quelle efficiency driven e le economie
innovation-driven (Tabella 1). Queste categorie si basano sul Global Competitiveness Report
del World Economic Forum, che identifica tre stadi nello sviluppo economico di ciascun Paese
sulla base del prodotto interno lordo pro-capite e delle esportazioni. I tassi di nuova imprenditorialità sono diversi in funzione della fase di sviluppo economico e significative differenze si
registrano anche tra i Paesi appartenenti allo stesso gruppo.
Region
Factor-Driven
Economies
Efficiency-Driven
Economies
Africa
Burkina Faso; Cameroon;
Angola; Botswana
South Africa
Asia & Oceania
Vietnam; India; Philippines;
Iran
Indonesia; Thailand; China;
Malaysia; Kazakhstan
Australia; Singapore; Japan;
Taiwan; Qatar
Bolivia
Peru; Colombia; Belize;
Guatemala; El Salvador;
Ecuador; Jamaica;
Argentina; Brazil; Chile;
Barbados; Costa Rica;
Panama; Suriname;
Uruguay; Mexico
Puerto Rico; Trinidad and
Tobago
European Union
Romania; Hungary; Poland;
Lithuania; Croatia
Greece; Netherlands;
Belgium; France; Spain;
Italy; Austria; United
Kingdom; Denmark;
Sweden; Germany; Portugal;
Luxemburg; Ireland; Finland;
Estonia; Slovenia; Slovakia
Non-European Union
Kosovo; Bosnia &
Herzegovina; Georgia;
Russia
Switzerland; Norway
Latin America &
Carribbean
North America
Tabella 1 - Paesi aderenti a Global Entrepreneurship Monitor nel 2014
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Innovation-Driven
Economies
United States; Canada
La fase dominata dai fattori della produzione (factor driven) è caratterizzata da agricoltura di
sussistenza, attività estrattive e dalla presenza di ingenti risorse naturali e forza lavoro non
qualificata.
Nella fase guidata dalla ricerca dell’efficienza (efficiency driven), l’economia è diventata maggiormente competitiva grazie a processi di industrializzazione, lo sfruttamento di economie di
scala e la presenza di grandi organizzazioni industriali capital intensive.
Nella fase denominata innovation driven, cioè guidata dall’innovazione, le imprese sono basate su conoscenza e tecnologia ed il settore dei servizi è sufficientemente sviluppato. Sicuramente l’imprenditorialità e l’innovazione sono fattori dominanti in questa fase, ma necessitano di fondamentali economici sani e di un contesto efficiente.
In linea con la tipologia proposta da Porter et al. (2002) vengono analizzate le economie factordriven, efficiency driven e innovation driven e viene riconosciuta l’unicità del contributo di
GEM nel descrivere e misurare, nel dettaglio, le condizioni in cui l’imprenditorialità e innovazione possono prosperare 1 2.
Annualmente GEM realizza un’analisi accurata e completa del fenomeno imprenditoriale a
livello globale, misurando non solo i comportamenti delle persone, ma anche le attività e le
caratteristiche delle persone coinvolte nelle diverse fasi dell’attività imprenditoriale utilizzando
due metodologie complementari. I team di ricerca nazionali amministrano un questionario
denominato Adult Population Survey (APS) ad un campione rappresentativo di almeno 2000
persone. Utile complemento a tale analisi è la National Expert Survey (NES), che coinvolge un
numero limitato di esperti con lo scopo di esplorare i principali vincoli e punti di forza di ogni
Paese per quanto concerne l’imprenditorialità quale vettore di crescita e sviluppo economico.
L’Italia ha aderito al progetto di ricerca GEM fin dal 1999, ed ha partecipato a quasi tutti gli studi svolti negli anni successivi. A partire dal 2012 la ricerca GEM in Italia è condotta dal gruppo
di ricerca Management e Imprenditorialità dell’Università degli Studi di Padova.
1 Porter, M.E., Sachs, J.J., and McArthur, J. (2002). Executive Summary: Competitiveness and
Stages of Economic Development. In The Global Competitiveness Report 2001–2002, edited
by M.E. Porter, J.J. Sachs, P.K. Cornelius, J.W. McArthur and K. Schwab, 16–25. New York, NY:
Oxford University Press.
2 Per una descrizione più approfondita si rimanda al sito http://www.gemconsortium.org/docs/2375/
gem-manual-design-data-and-quality-control
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Come il Global
Entrepreneurship Monitor
misura la nuova
imprenditorialità
Il progetto GEM concepisce ed analizza l’imprenditorialità come un processo composto da
diverse fasi che comprendono: l’intenzione di creare un nuovo business, la creazione del nuovo business, la gestione effettiva di nuove imprese fino al momento della eventuale chiusura
dell’attività. Lo spettro dell’analisi è quindi particolarmente ampio ed include il lavoro autonomo, l’organizzazione di una nuova attività o l’espansione di un’impresa azienda già avviata da
parte di singoli individui o di team di persone.
Il ciclo dell’attività imprenditoriale proposto da GEM, può essere sintetizzato nelle quattro
fasi rappresentate nella figura 2. Il ciclo inizia con una fase in cui “potenziali imprenditori” riconoscono opportunità e manifestano attitudini e capacità imprenditoriali. I potenziali
imprenditori sono quindi soggetti che percepiscono di avere sufficienti capacità per creare
un’impresa, riconoscono un’opportunità imprenditoriale da cogliere e sono disposti ad affrontare il rischio naturalmente connesso con l’attività d’impresa. Per i potenziali imprenditori, l’intenzione di creare un nuovo business è accompagnata e sostenuta dall’immagine
che la società e i media offrono dell’imprenditore e dallo status sociale che l’imprenditore
può raggiungere.
Figura 2 - Il ciclo dell’attività imprenditoriale
La fase successiva è caratterizzata dagli “imprenditori nascenti”, ovvero persone che hanno
iniziato, da meno di tre mesi, le attività per dar vita ad nuova impresa. Segue la fase della nascita della nuova impresa che si protrae per un massimo di 42 mesi ovvero tre anni e mezzo.
13
Numerose evidenze empiriche evidenziano la criticità di tale orizzonte temporale in quanto
molte imprese non riescono a raggiungere i 42 mesi di vita.
Poiché i contesti nazionali e le particolari condizioni che influenzano i fenomeni imprenditoriali
sono diversi e complessi, non è possibile dimostrare che una fase porti necessariamente a
quella successiva. Per esempio in un sistema economico ci possono essere molti potenziali
imprenditori, ma questo non si traduce in un elevato tasso di nuova imprenditorialità.
A fronte di tale riconosciuta rilevanza, GEM dedica una particolare attenzione al tasso di nuova imprenditorialità, indicato con l’acronimo TEA (Total Early Stage Entrepreneurial Activity) e
definito considerando l’incidenza dell’imprenditorialità nascente e delle nuove imprese (fino
a tre anni e mezzo dall’inizio dell’attività) all’interno della popolazione adulta (compresa tra i
18 ed i 64 anni).
La TEA di un paese rappresenta la percentuale di popolazione in età lavorativa coinvolta in
nuove imprese, sia nella definizione dell’attività che precede la nascita della nuova attività
(nascent entrepreneurs) o nei primi 42 mesi di attività (owner-managers di nuove imprese). A
tal fine, GEM considera il pagamento di eventuali stipendi per più di tre mesi il “birth event”
dell’impresa.
L’analisi GEM include anche i business avviati, o attività stabili, presenti sul mercato da più
di tre anni e mezzo (denominati established business) ed i “business interrotti” in quanto sia
gli imprenditori che operano in aziende già avviate, sia gli imprenditori che hanno deciso di
chiudere la propria attività possono rappresentare una risorsa fondamentale per il contesto
imprenditoriale in quanto possono offrire supporto finanziario, incoraggiamento e suggerimenti utili per gli altri imprenditori. Mentre gli imprenditori early-stage contribuiscono al dinamismo e all’innovazione dell’economia di un paese, i business consolidati, ed i loro manager
o proprietari, offrono spesso un impiego stabile e permettono di sfruttare la conoscenza e il
capitale sociale accumulato grazie alle passate esperienze. Proprietari o manager di imprese
consolidate possono contribuire notevolmente allo sviluppo sociale, anche se operano in piccole imprese o sono imprenditori individuali. A questo aggiungiamo che persone che hanno
concluso la propria esperienza imprenditoriale, possono tornare ad essere imprenditori (i cosiddetti “imprenditori seriali”) o possono essere assunti da altre imprese dando un’impronta
imprenditoriale al business.
Dal 2011 GEM ha inoltre introdotto un’importante distinzione tra “imprenditorialità” e “imprenditorialità all’interno di un’organizzazione già esistente.” Entrambe sono rilevanti aree di
ricerca basate su prospettive e definizioni diverse. Fino al 2011, GEM era focalizzato principalmente su diversi aspetti legati alla independent entrepreneurship ed in particolare sulle
nuove imprese. Dopo un progetto pilota realizzato nel 2008, GEM ha cominciato ad analizzare
anche un ulteriore aspetto di imprenditorialità, che nel 2011 è stata denominata “attività imprenditoriale dei singoli dipendenti (vedi Bosma et al., 2012; 2013)3. L’attività imprenditoriale
dei dipendenti (Entrepreneurial Employee Activity - EEA) è sempre più considerata una tipologia rilevante di imprenditorialità. Tale tipologia evidenzia numerosi aspetti caratterizzanti il
3 Bosma, N., Wennekers, S. and Amorós, J.E. (2012). Global Entrepreneurship Monitor 2011 Extended Report. Babson College, Universidad del Desarrollo, Universiti Tun Abdul Razak: Wellesley
MA, Santiago Chile, Kuala Lumpur, Malaysia.
Bosma, N., Wennekers, S. Guerrero, M., Amorós, J.E., Martiarena, A. and Singer, S. (2013). GEM
Special Report On Entrepreneurial Employee Activity. Wellesley MA, Santiago Chile, Kuala Lumpur, Malaysia: Babson College, Universidad del Desarrollo, Universiti Tun Abdul Razak
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concetto di imprenditorialità, come l’iniziativa, la capacità di sfruttare opportunità e innovazioni. GEM definisce l’attività imprenditoriale dei dipendenti come “lo sviluppo da parte di
dipendenti di nuove attività per il loro datore di lavoro, come ad esempio lo sviluppo o il lancio
di nuovi prodotti o servizi, la definizione di una nuova business unit, un nuovo stabilimento o
una filiale” (Bosma et al., 20124). Questa definizione è più ampia rispetto alla creazione di una
nuova organizzazione, ma esclude iniziative realizzate dai dipendenti finalizzate principalmente ad ottimizzare i processi di lavoro interni.
4 Bosma, N., Wennekers, S. and Amorós, J.E. (2012). Global Entrepreneurship Monitor 2011 Extended Report. Babson College, Universidad del Desarrollo, Universiti Tun Abdul Razak: Wellesley
MA, Santiago Chile, Kuala Lumpur, Malaysia.
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La nuova imprenditorialità
nel confronto internazionale
Negli ultimi anni l’imprenditorialità è diventata uno dei temi chiave nella ricerca scientifica e
sociale. Grazie al numero crescente di studi a livello internazionale, soprattutto a partire dagli
anni Ottanta, l’imprenditorialità è stata riconosciuta come un importante vettore di sviluppo
economico in quanto favorisce la creazione di nuovi posti di lavoro, la generazione e la diffusione di innovazioni. Anche le politiche pubbliche, sia di natura locale che nazionale, testimoniano un crescente interesse nei confronti di questo fenomeno.
L’attività imprenditoriale nelle prime fasi (TEA)
L’analisi della TEA (Total early stage Entrepreneurship Activity), ovvero l’attività imprenditoriale
nelle prime fasi (early stage), nei vari Paesi evidenza delle differenze importanti. Raggruppando i Paesi nelle tre categorie di Factor Driven, Efficiency Driven e Innovation Driven si osserva
come la TEA sia estremamente sviluppata nelle economie Factor Driven. In tre paesi africani
oltre il 30% della popolazione adulta è impegnata in nuove attività imprenditoriali, Camerun
(37,4%), Uganda (35,5%) e Botswana (32,8%). Questi Paesi infatti sono caratterizzati soprattutto da imprenditorialità di necessità (necessity entrepreneurship) che spinge le popolazioni
ad intraprendere varie attività anche se di natura spesso molto semplice.
45% Percentage of adult popula0on (18-­‐64 years) 40% 35% 30% 25% 20% 15% 10% 0% India Vietnam Iran Philippines Angola Burkina Faso Bolivia Botswana Uganda Cameroon Suriname Kosovo Russia Malaysia South Africa Belize Georgia Bosnia and Herzegovina CroaMa Poland Hungary Lithuania Costa Rica Romania Barbados Kazakhstan Indonesia ArgenMna China Uruguay Panama Brazil Colombia Mexico Jamaica El Salvador Guatemala Thailand Chile Peru Ecuador Japan Italy Germany France Belgium Denmark Spain Finland Norway Slovenia Ireland Sweden Switzerland Luxembourg Greece Taiwan Austria Estonia Netherlands Portugal Puerto Rico United Kingdom Slovakia Singapore Canada Australia United States Trinidad and Tobago Qatar 5% Factor-­‐driven economies Efficiency-­‐driven economies InnovaMon-­‐driven economies Figura 3 - Percentuali di TEA per grado di sviluppo delle economie
17
Il gruppo delle economie Efficiency Driven presenta tassi di nuova imprenditorialità che raggiungono punte significative in Paesi dell’America Latina come in Ecuador (TEA al 32,6%) e
tassi elevati come quelli di Perù (TEA 28,8%) o Cile (TEA 26,8%) (Figura 3).
I Paesi più sviluppati, ovvero le economie denominate Innovation Driven, presentato i livelli
di nuova imprenditorialità più bassi relativamente ai tre gruppi. Anche in questo caso le differenze sono significative in quanto si va da tassi di nuova imprenditorialità (TEA) superiori al
12% come negli Stati Uniti (13,8%) e in Canada (13%) al livello molto basso dell’Italia (4,4%)
che recupera la penultima posizione, già registrata nel 2012. All’ultimo posto si colloca il
Giappone. In Europa si registrano significativi progressi di Romania (ancora classificata tra le
economie Efficiency Driven con una TEA dell’11,4%) Slovacchia (10,9%) e Portogallo (10%).
Tra i Paesi Innovation Driven che hanno partecipato all’indagine GEM 2014 si conferma la
posizione degli Stati Uniti nella nuova imprenditorialità. Da notare anche il fatto che circa tre
quarti della nuova imprenditorialità negli Stati Uniti sono nella fase dell’imprenditorialità nascente. Una situazione analoga caratterizza il Canada.
Imprenditorialità nascente
L’imprenditorialità nascente, ovvero la percentuale della popolazione che sta cercando di avviare un’attività imprenditoriale, costituisce un importante indicatore del fermento imprenditoriale ovvero delle imprese che potrebbero nascere in un breve arco di tempo. È interessante quindi confrontare questo dato con quello delle nuove attività ricordando che la nuova
imprenditorialità totale (TEA) è la composizione dei due termini (imprenditorialità nascente
e nuove attività).
Ricordiamo che gli imprenditori nascenti sono quelli che investono risorse proprie per avviare
un’attività e che non hanno ancora pagato stipendi. I nuovi business sono quelli avviati da non
più di 42 mesi.
In Italia l’imprenditorialità nascente (3,2 % rispetto al 2,4% nel 2013) ha un valore più che doppio rispetto a quello delle nuove attività (1,3% rispetto al 1,1% nel 2013 ) valore quest’ultimo
che è il più basso tra tutti i Paesi Innovation Driven (Tabella 2).
Imprenditorialità per opportunità e per necessità
È importante anche osservare le differenze tra imprenditorialità per opportunità (opportunity
driven) ed imprenditorialità per necessità (necessity driven). Nei Paesi evoluti, o Innovation
Driven, l’imprenditorialità per opportunità è sempre superiore a quella per necessità con alcuni casi eclatanti in cui la prima (per opportunità) è un multiplo significativo della seconda (per
necessità). Spiccano i casi di Norvegia che migliora significativamente. La percentuale di TEA
basata su opportunità imprenditoriali è 24 volte la percentuale di TEA basata su iniziative imprenditoriali per necessità rispetto a 15 volte nel 2013). Interessanti anche i casi di Danimarca
(17 volte) e Svezia (11 volte).
Restringendo l’analisi ai grandi Paesi europei con cui l’Italia si confronta, ovvero Germania,
Francia, i valori del rapporto opportunità-necessità sono: per la Francia circa 5 volte, per la
Germania poco più di 3 volte. La media europea è di circa 4 volte. Migliora la posizione dell’I-
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Nascent
entrepreneurship rate
New business
ownership rate
Early-stage
entrepreneurial
activity (TEA)
Established
business
ownership rate
Discontinuation
of businesses
United States
9,7
4,3
13,8
6,9
4
Canada
7,9
5,6
13
9,4
4,2
Lithuania
6,1
5,3
11,3
7,8
2,9
Romania
5,3
6,2
11,3
7,6
3,2
Slovakia
6,7
4,4
10,9
7,8
5,2
United Kingdom
6,3
4,5
10,7
6,5
1,9
Portugal
5,8
4,4
10
7,6
3
Netherlands
5,2
4,5
9,5
9,6
1,8
Estonia
6,3
3,5
9,4
5,7
2
Hungary
5,6
3,9
9,3
7,9
3,1
Poland
5,8
3,6
9,2
7,3
4,2
Austria
5,8
3,1
8,7
9,9
2,7
Croatia
6
2
8
3,6
3,8
Greece
4,6
3,4
7,9
12,8
2,8
Switzerland
3.4
3.8
7.1
9.1
1.5
Luxembourg
4,9
2,3
7,1
3,7
2,6
Sweden
4,9
1,9
6,7
6,5
2,1
Ireland
4,4
2,5
6,5
9,9
1,9
Slovenia
3,8
2,7
6,3
4,8
1,5
Norway
2,8
3
5,7
5.4
1.9
Finland
3,4
2,3
5,6
6,6
2,3
Denmark
3,1
2,5
5,5
5,1
2,2
Spain
3,3
2,2
5,5
7
1,9
Belgium
2,9
2,5
5,4
3,5
2,3
France
3,7
1,7
5,3
2,9
1,7
Germany
3,1
2,3
5,3
5,2
1,7
Italy
3,2
1,3
4,4
4,3
2,1
Tabella 2 - Valori di TEA (Paesi Europei e Nord America)
talia, con un rapporto tra i due valori di quasi 6 volte, che torna ad avvicinarsi ai Paesi migliori.
All’ultimo posto in Europa la Grecia con un rapporto opportunity driven TEA su necessity
driven TEA di solo 1,77.
Un altro indicatore interessante è dato dall’indice di motivazione. Una parte degli imprenditori
opportunity driven è motivata a migliorare la propria posizione in termini economici o ad avere
maggiore indipendenza. L’indice di motivazione rappresenta quindi un indicatore della qualità
19
dell’iniziativa imprenditoriale. Il valore dell’indice è dato dal rapporto tra improvement driven
opportunity e necessity driven (Tabella 3).
Early-stage
entrepreneurial
activity (TEA)
Necessitydriven (% of
TEA)
Opportunitydriven (% of
TEA)
Improvementdriven
opportunity (%
of TEA)
Motivational
Index
13,8
13,5
81,5
66,9
5,0
Canada
13
15,7
76,3
63,3
4,0
Romania
11,4
28,9
70,1
49,8
1,7
Lithuania
11,3
19,6
79,6
43,8
2,2
Slovakia
10,9
32,6
64,2
51,8
1,6
United Kingdom
10,7
12,9
83,6
52,7
4,1
Portugal
10
27,4
71,3
49,3
1,8
Netherlands
9,5
15,7
80,4
62,8
4,0
Estonia
9,4
15,1
74,5
41,2
2,7
Hungary
9,3
33,2
64,7
36,3
1,1
Poland
9,2
36,8
59,2
47,1
1,3
Austria
8,7
11
81,7
37,4
3,4
Croatia
8
46,6
51,3
28,7
0,6
Greece
7,9
34,8
61,5
30,5
0,9
Switzerland
7,1
14,4
74,9
58,1
4,1
Luxembourg
7,1
11,8
85,4
59,8
5,1
Sweden
6,7
7,9
84,2
56,2
7,1
Ireland
6,5
29,7
68,4
48,6
1,6
Slovenia
6,3
25,5
71,4
44,8
1,8
Norway
5,7
3,5
86,7
69
19,5
Finland
5,6
15,6
81,1
63,1
4,0
Denmark
5,5
5,4
91,1
60,2
11,1
Spain
5,5
29,8
66,1
33,5
1,1
Belgium
5,4
30,7
63,2
43,1
1,4
France
5,3
16,1
82
69,2
4,3
Germany
5,3
23,2
75,8
53,7
2,3
Italy
4,4
13,6
78,4
38,6
2,8
United States
Tabella 3 - Imprenditorialità per opportunità e per necessità
20
Le attitudini imprenditoriali
La nuova imprenditorialità si afferma se le persone hanno percezioni positive rispetto sia a
variabili personali, come le proprie capacità imprenditoriali, sia a variabili ambientali come le
opportunità imprenditoriali.
Le attitudini imprenditoriali delle persone comprendono: la percezione delle opportunità imprenditoriali nell’area in cui risiedono, la percezione delle proprie capacità a intraprendere, la
paura di fallire e l’intenzione a fare impresa in tempi brevi (Tabella 4).
Le opportunità percepite
Osservando ancora una volta i Paesi Innovation Driven, con cui l’Italia si confronta, i valori
in gioco possono variare di molto. Ordinando i Paesi sulla base del valore delle opportunità
percepite, che può essere considerato il fattore principale che spinge le persone (in questa
tipologia di Paesi) a creare una nuova impresa, risultano in testa a questa graduatoria la Svezia
(il 70,1% della popolazione percepisce buone opportunità imprenditoriali, in aumento rispetto
al 64,4% del 2013), la Norvegia (63,7%) e la Danimarca (59,7%). Sulla stessa graduatoria
sono ottime anche le posizioni dei Paesi nordamericani, Canada (55,9%) e Stati Uniti (50,9%).
Focalizzando l’attenzione sui principali Paesi europei, la Gran Bretagna è in testa con il 41%
della popolazione che percepisce opportunità (in aumento dal 35,5% del 2013), seguita da
Germania (37,6%, in aumento dal 31,3%) e Francia (28,3%, in aumento dal 22,9%). L’Italia è al
quarto posto con opportunità percepite dal 26,6% della popolazione (in aumento dal 17,3%).
Nelle ultime posizioni come opportunità percepite il Portogallo (22,9%), la Grecia (19,9%) e
la Slovenia (17,2%).
Le capacità imprenditoriali
La percezione di avere sufficienti capacità imprenditoriali è uno degli ingredienti fondamentali
per la decisione di iniziare un’attività d’impresa. Non deve stupire il fatto che questa percezione dipenda da condizioni storiche e culturali di ciascun Paese.
È interessante notare come nella maggior parte dei casi i valori percentuali di percezione di
opportunità imprenditoriali e la valutazione delle proprie capacità imprenditoriali siano molto
vicini tra loro per ciascun Paese. Sono significative eccezioni i paesi Scandinavi (Norvegia,
Svezia e Danimarca) dove la percezione di opportunità è di molto superiore alla valutazione
delle proprie capacità. In Norvegia la percezione di opportunità imprenditoriali (63,5%) è più
del doppio rispetto alla percezione di capacità imprenditoriali (30,5%). In Svezia la percezione
di opportunità (70,1%) è quasi il doppio della percezione di capacità (36,7%). In Danimarca la
percezione di opportunità è al 59,7%, mentre la percezione di capacità è al 34,9%.
In questi Paesi il contesto ambientale è più favorevole rispetto alla capacità dei singoli e quindi in grado di fare da catalizzatore per la creazione d’impresa.
Spiccano, viceversa, i casi di Paesi, nella parte bassa della classifica sulle opportunità percepite, dove l’autovalutazione delle capacità imprenditoriali è superiore alle opportunità offerte dai
21
rispettivi Paesi. Si tratta di Spagna, Portogallo, Italia, Grecia, Croazia e Slovenia. Il divario tra le
percezioni di capacità e di opportunità è particolarmente ampio in Grecia (25,6 - era 33 punti
nel 2013), Spagna (25,5 - era 32 punti), Portogallo (23,7 - era 28 punti) ed è inferiore per l’Italia (4,7 - era 12 punti) anche perché l’autovalutazione di capacità imprenditoriale è più bassa
(31,3 - era 29,1%). In questi Paesi il contesto ambientale è percepito come meno favorevole
rispetto alla capacità che le persone ritengono di avere e quindi agisce nel senso di diminuire
il potenziale di creazione d’impresa.
Perceived
opportunities
Perceived
capabilities
Fear of failure
Entrepreneurial
intentions
Sweden
70,1
36,7
36,5
8,5
Norway
63,5
30,5
37,6
5
Denmark
59,7
34,9
41
6,9
Canada
55,5
49
36,5
12
United States
50,9
53,3
29,7
12,1
Estonia
49,4
42,5
41,8
9,8
Netherlands
45,6
44,3
34,8
9,3
Austria
44,4
48,7
34,9
8,1
Switzerland
43,7
41,6
29
7,1
Luxembourg
42,5
37,6
42
11,9
Finland
42,4
34,9
36,8
7,9
41
46,4
36,8
6,9
Germany
37,6
36,4
39,9
5,9
Belgium
35,9
30,4
49,4
10,6
Ireland
33,4
47,2
39,3
7,2
Romania
32,4
48,4
41,3
31,7
Lithuania
31,7
33,4
44,8
19,7
Poland
31,3
54,3
51,1
15,6
France
28,3
35,4
41,2
14,2
Italy
26,6
31,3
49,1
11,4
Slovakia
23,5
54,4
36
15,1
Hungary
23,4
40,9
42
13,9
Portugal
22,9
46,6
38,4
15,8
Spain
22,6
48,1
38
7,1
Greece
19,9
45,5
61,6
9,5
Croatia
18,4
45,9
30,3
19,5
Slovenia
17,2
48,6
29
11,4
United Kingdom
Tabella 4 - Attitudini imprenditoriali
22
La paura di fallire
La paura di fallire è un fattore molto rilevante che può rallentare notevolmente l’intenzione
a creare impresa. La percentuale di popolazione, che percepisce opportunità imprenditoriali,
ma che dichiara anche di aver paura di fallire cambia considerevolmente da Paese a Paese e
varia anche nel tempo.
Paesi con paura del fallimento relativamente bassa sono la Svizzera (29%), gli Stati Uniti
(29,7%) ed anche la Slovenia (29%). Viceversa su valori relativamente alti si posizionano la
Grecia (61,6% - era 49,3% nel 2013), la Polonia (51,1%) e l’Italia (49,1 - era 48,6% nel 2013).
Nel confronto con i più grandi Paesi europei l’Italia viene dopo Gran Bretagna (36,8%), Germania (39,9%) e Francia (41,2%). Mentre la media dei Paesi europei si ferma al 40,7% (era
al 38,2% nel 2013).
L’intenzione a intraprendere
L’intenzione a intraprendere è misurata dalla percentuale di persone che prevedono di dar vita
ad una nuova attività imprenditoriale nei successivi 3 anni.
Si tratta di una variabile molto importante e complessa che può dipendere da molti fattori.
Quelli già visti in precedenza, cioè opportunità e capacità percepite, paura di fallire, ma anche
la presenza di alternative valide di occupazione rispetto alla creazione autonoma di impresa.
Può dipendere inoltre dalla percezione del valore attribuito all’attività imprenditoriale dalla
società più in generale (imprenditori presenti sui media, carriera imprenditoriale vista come
particolarmente desiderabile ecc.).
I valori dell’intenzione a intraprendere, sempre in percentuale sulla popolazione, sono variabili
anche in misura consistente. Per rimanere nell’ambito dei Paesi europei si registra un importante 31,7% in Romania. Notevoli anche il 19,7% della Lituania e il 19,5% della Croazia. Nel
confronto con gli altri grandi Paesi europei l’Italia con il 11,4% (era il 9,8% nel 2013) è meglio
posizionata di Germania (5,9% era 6,8%nel 2013) e di Gran Bretagna (6,9% era 7,2% nel
2013), ma meno della Francia (14,2% era 12,6%).
La nuova imprenditorialità e la creazione di posti di lavoro
Un dato sicuramento rilevante per la nuova imprenditorialità è la sua capacità di produrre
nuovi posti di lavoro. Questo può essere considerato un indicatore della qualità della nuova
imprenditorialità poiché le imprese che producono più posti di lavoro sono imprese che
crescono di più e quindi contribuiscono anche alla crescita del Paese. Il tema della creazione
dei posti di lavoro è naturalmente molto sentito in diversi Paesi soprattutto dopo la crisi e il
conseguente abbassamento dei livelli occupazionali.
GEM misura l’aspettativa di crescita delle nuove imprese come numero di posti di lavoro creati
nella prospettiva di 5 anni. L’aspettativa è divisa in tre categorie: aspettativa di crescita bassa,
ovvero creazione fino ad un massimo di 5 posti di lavoro; aspettativa di crescita media con
creazione di 6-19 posti di lavoro e aspettativa di crescita alta con 20 o più posti di lavoro creati.
23
In generale, e anche nei Paesi con valori di TEA elevati, il numero di nuovi imprenditori che si
aspettano di impiegare 5 o più persone nei successivi 5 anni è molto basso. Di conseguenza
non è sufficiente il numero di nuovi imprenditori come indicatore di crescita economica di un
Paese.
I Paesi innovation driven, ordinati per aspettativa minima di creazione di posti di lavoro ovvero
fino a 5, mostrano significative differenze (Tabella 5).
0 - 5 jobs (% adult
population)
5 - 19 jobs (% adult
population)
20 or more jobs (% adult
population)
Canada
6,86
2,26
1,83
United States
6,7
2,53
2,89
Netherlands
6,3
1,21
0,63
United Kingdom
5,84
1,31
1,25
Estonia
5,55
1,47
0,64
Austria
5,08
0,83
0,47
Lithuania
4,82
2,5
1,38
Hungary
4,46
2,06
1,8
Finland
4,42
0,23
0,65
Poland
4,41
1,32
1,23
Slovakia
4,4
1,8
1,95
Greece
4,37
0,69
0,25
Sweden
4,25
0,64
0,8
Norway
4,25
0,55
0,3
Belgium
4,19
0,43
0,48
Portugal
4,15
1,42
0,88
Ireland
3,68
1,45
0,79
Denmark
3,63
0,89
0,3
Romania
3,53
3,03
2,33
Germany
3,31
0,77
0,68
Slovenia
3,24
0,98
0,82
Spain
3,23
0,82
0,24
Luxembourg
3,2
1,73
0,31
France
3,02
0,9
0,74
Italy
2,86
0,39
0,23
2
2,05
1,18
1,95
0,67
0,46
Croatia
Switzerland
Tabella 5 – Creazione di nuovi posti di lavoro
24
In testa alla graduatoria è il Canada con il 6,86% della popolazione, seguono gli Stati Uniti
con il 6,7%. Buon risultato anche per la Svezia con il 6,3%. In questa graduatoria l’Italia è al
terzultimo posto con il 2,86%.
È interessante però vedere che nella seconda colonna, quella della creazione di posti da 6 a
19, spicca il caso della Romania (3,03%), che precede i Paesi nord americani.
In fondo alla classifica l’Italia mostra un potenziale di creazione di posti di lavoro molto contenuto, 0,39%, nella fascia 6-19 e 0,23% in quella dei 20 posti di lavoro e oltre.
Il confronto con gli altri grandi Paesi europei va a favore della Gran Bretagna con un 5,84%
nella prima fascia di creazione di posti di lavoro ma anche i significativi 1,31% e 1,25% nelle
fasce superiori. A seguire la Germania e poi la Francia.
La distribuzione per settori
Nel 2014 la nuova imprenditorialità in Italia è stata concentrata ancora prevalentemente nel
comparto dei servizi al consumo quali commercio, ristorazione ecc. con il 48,2% delle nuove
attività, in aumento sia rispetto al 2013 (32%) che al 2012 (38%) (Figura 4).
Seguono i servizi alle imprese al 24,1% delle nuove attività, stabili sia rispetto al 2013 (25%)
che al 2012 (24%).
Il settore manifatturiero (18,1% delle nuove attività) arretra sia rispetto al 2013 (30%) che
rispetto al 2012 (24%).
Il settore primario torna a livelli più bassi (9,6% delle nuove attività) dopo il 13% del 2013.
Figura 4 - Distribuzione per tipologie di settore (valori assoluti di TEA)
25
La distribuzione geografica
Interessante anche la distribuzione geografica della nuova attività imprenditoriale (Figura 5).
Nel Sud troviamo regioni molto dinamiche da questo punto di vista come la Sicilia (14,4%
della TEA complessiva, era 13,7% nel 2013 ), la Campania (10%, era 13,2%) e la Puglia (8,9%,
era 9,6%). Perdono posizioni l’Emilia (5,6% era il 9,6%), il Lazio (4,4% era l’8,2%).
In ripresa il Veneto (con il 12,2%), così come la Lombardia (13,3%, era 8,2%). Stabili la Toscana e il Piemonte con circa il 3,3%.
Complessivamente il Sud si conferma come una parte molto attiva del Paese, da questo punto di vista, mentre recuperano terreno aree tradizionalmente meglio posizionate in termini di
imprenditorialità diffusa come il Veneto e la Lombardia.
Figura 5 - Distribuzione geografica della nuova attività imprenditoriale (valori assoluti di TEA per Regione)
La distribuzione per fasce d’età
Nella tabella 6 è riportata la distribuzione dell’attività imprenditoriale early stage per fasce di età
ovvero la percentuale di persone all’interno di ciascuna fascia di età che è imprenditore early stage.
I valori per l’Italia sono abbastanza modesti se comparati con Paesi a forte dinamica imprenditoriale, ma anche se confrontati con Paesi con minore tradizione.
La fascia d’età con il maggiore dinamismo imprenditoriale è quella tra i 25 ed i 34 anni (7,73%
di imprenditori early stage). A seguire la fascia tra i 35 ed i 44 anni con il 6,2% di imprenditori
early stage, quella tra i 18 ed i 24 anni con il 4,51% e poi le fasce 45-54 e 55-64 con, rispettivamente, il 2,44% e 1,47%.
Ciò significa che circa il 35% della imprenditorialità early stage è nella fascia tra i 25 ed i 34
anni. A seguire la fascia tra i 35 ed i 44 anni con quasi il 28% e a seguire ancora le fasce tra i
18 ed i 24 anni (20%) e quella 45-54 (11%).
26
I dati 2014 si riavvicinano a quelli del 2012 e la fascia di popolazione più dinamica si conferma
quella tra il 25 ed i 34 anni.
18 - 24 years
25 - 34 years
35 - 44 years
45 - 54 years
55 - 64 years
Lithuania
10,77
19,44
13,19
9,38
3,87
United States
13,46
18,13
14,81
11,88
10,54
Poland
8,1
15,84
8,54
7,11
4,94
Canada
11,97
15,83
11,85
15,43
9,33
United Kingdom
6,89
15,27
12,74
9,44
7,38
Romania
15,57
15,17
13,34
7,56
5,43
Estonia
6,46
14,95
12,01
7,21
4,76
Austria
6,93
14,56
9,58
8,33
3,05
Slovakia
18,15
14,43
10,42
8,87
3,64
Portugal
10,66
13,66
14,8
7
3,13
Croatia
6,46
13,51
11,7
4,37
3,71
13
10,85
10,14
9,27
5,22
Greece
10,58
10,68
7,66
6,48
3,11
Luxembourg
7,07
10,02
7,27
6,3
4,37
Ireland
3,4
10,01
6,94
4,56
5,52
Slovenia
4,04
9,84
6,83
5,8
4,05
Hungary
9,54
9,12
12,21
10,79
4,98
Germany
6,9
8,9
6,39
3,76
1,55
Denmark
5,25
7,92
7,67
3,67
3,01
Italy
4,51
7,73
6,2
2,44
1,47
Sweden
3,8
7,7
7,57
7,59
6,08
Norway
2,36
7,43
7,01
6,68
1,68
Belgium
5,24
7,22
5,9
5,14
3,41
Finland
1,52
6,92
10,56
4,3
4,27
France
3,28
6,56
7,82
4,55
3,64
Switzerland
3,36
6,43
10,09
7,2
6,83
Spain
3,81
6,31
6,39
6,11
3,11
Netherlands
Tabella 6 - Distribuzione di TEA per fasce di età
27
La distribuzione per livello di istruzione
Il nuovo imprenditore ha un’istruzione a livello di scuola superiore nel 36% dei casi. Un titolo
che si ferma alla scuola media per il 33% e arriva alla laurea per il 21% (7,8% non rilevato).
Figura 6 - Distribuzione per livello di istruzione
La distribuzione per genere
La Total Entrepreneurship Activity (TEA) è rilevata da GEM anche per genere (Tabella 7). Non
sorprende che sia composta da una percentuale maschile del 5,71%, superiore a quella femminile (3,15%). Valori più equilibrati del rapporto tra imprenditorialità maschile e femminile si
registrano in Austria, Spagna oltre a Stati Uniti e Canada.
In Italia, però, le donne hanno una maggiore percentuale di attività imprenditoriale basata
su opportunità (83,2%) a fronte del 75,7% dell’attività imprenditoriale basata su opportunità
degli uomini.
28
MALE
TEA (% of
adult male
population)
FEMALE
TEA (% of
adult female
population)
MALE TEA
Opportunity
(% of TEA
males)
FEMALE TEA
Opportunity
(% of TEA
females)
MALE TEA
Necessity
(% of TEA
males)
FEMALE TEA
Necessity
(% of TEA
females)
United States
16,5%
11,2%
83,9%
78,2%
11,7%
16,0%
Canada
16,2%
9,9%
80,1%
70,4%
13,2%
19,6%
Lithuania
16,2%
6,8%
82,8%
72,3%
16,6%
26,4%
Romania
16,0%
6,6%
70,4%
69,9%
28,3%
30,1%
Slovakia
14,4%
7,4%
64,6%
63,5%
31,9%
33,8%
United Kingdom
13,8%
7,5%
83,2%
84,2%
14,9%
9,3%
Hungary
13,5%
5,3%
67,7%
57,3%
29,3%
42,8%
Poland
12,5%
6,0%
59,3%
58,8%
36,1%
38,1%
Portugal
11,7%
8,4%
74,7%
66,9%
24,0%
31,9%
Netherlands
11,6%
7,3%
79,7%
81,6%
16,6%
14,2%
Croatia
11,3%
4,8%
52,1%
49,4%
46,3%
47,2%
Estonia
11,2%
7,7%
75,9%
72,5%
13,4%
17,5%
Austria
10,4%
7,1%
82,5%
80,5%
11,3%
10,4%
Greece
9,9%
5,8%
67,1%
51,8%
30,0%
42,9%
Sweden
9,5%
3,8%
85,6%
80,4%
6,6%
11,3%
Luxembourg
8,9%
5,3%
85,9%
84,5%
12,0%
11,6%
Ireland
8,9%
4,2%
73,1%
58,5%
26,0%
37,2%
Slovenia
8,3%
4,3%
76,2%
61,5%
22,6%
31,3%
Belgium
7,7%
3,1%
66,4%
55,3%
29,4%
33,8%
Norway
7,3%
4,0%
89,0%
82,5%
0,0%
10,0%
Denmark
7,1%
3,8%
91,7%
89,8%
5,6%
5,0%
Switzerland
7,0%
7,2%
79,9%
69,9%
11,0%
17,7%
France
6,7%
4,0%
87,3%
73,5%
11,4%
23,6%
Finland
6,6%
4,6%
82,6%
78,9%
14,5%
17,2%
Germany
6,5%
4,0%
77,6%
72,7%
21,0%
26,9%
Spain
6,4%
4,6%
69,6%
61,0%
26,1%
35,0%
Italy
5,7%
3,2%
75,7%
83,2%
16,4%
8,6%
Tabella 7 - Distribuzione di TEA per genere
29
Attività di tipo imprenditoriale portata avanti da personale dipendente
(Entrepreneurial Employee Activity- EEA)
L’imprenditorialità può essere definita in senso ampio come “il processo per cui le persone
perseguono opportunità al di là delle risorse immediatamente disponibili e sotto il loro controllo”. Con questa definizione è
possibile considerare impren% 18-64 pop:
ditoriale non solo un’attività ininvolved in intrapreneurship dipendente ma anche attività
leading role - active
all’interno di organizzazioni. Si
in past 3 years
tratta di situazioni in cui il per11,43%
Denmark
sonale dipendente sviluppa
8,37%
Australia
nuovi prodotti e/o servizi o crea
una nuova unità di business.
7,90%
Norway
Nell’ambito della Survey GEM
7,60%
Taiwan
è stato chiesto se nei prece7,26%
Luxembourg
denti 3 anni c’era stato un coinvolgimento attivo nello sviluppo
7,00%
United Kingdom
di nuove idee per avviare nuove
6,99%
Netherlands
attività o coinvolgimento nella
6,67%
Ireland
preparazione di una nuova attività.
6,46%
United States
Switzerland
6,07%
Sweden
5,78%
Austria
5,62%
Belgium
5,42%
Slovakia
4,85%
Singapore
4,84%
Canada
4,76%
Slovenia
4,73%
Finland
4,46%
Germany
4,45%
France
3,81%
Estonia
3,59%
Portugal
3,24%
Spain
1,83%
Japan
1,10%
Greece
0,77%
Italy
0,76%
Tabella 8 - Entrepreneurial Employee Activity- EEA
Europei e Nord America)
30
Valori più elevati di questo indicatore si possono riscontrare
nelle economie innovation driven rispetto a quelle efficiency
driven per la presenza di organizzazioni più complesse ed
evolute (Tabella 8).
In questa classifica l’Italia è
all’ultimo posto tra tutte le economie innovation driven. L’indicatore andrebbe approfondito
per valutare i vincoli percepiti dalle persone all’interno di
un’organizzazione nell’ideare e
portare avanti nuove iniziative,
ma anche la loro stessa propensione a comportarsi in modo
proattivo.
(Paesi
LA NUOVA IMPRENDITORIALITÀ
IN ITALIA (2001-2014)
L’Italia ha partecipato fin dall’inizio alla ricerca GEM con eccezione del 2011 in cui non è stata
fatta la rilevazione. Sono pertanto disponibili i dati di 13 anni tra il 2001 e il 2014. È possibile
quindi effettuare un’analisi accurata dell’evoluzione della nuova imprenditorialità in Italia negli
ultimi anni.
L’analisi evidenzia un relativo forte impulso nella percentuale di imprese che nascono negli
anni 2001 e 2002 probabilmente frutto anche degli eccessi prodotti dalla cosiddetta “new
economy”. Dopo una debole ripresa negli anni 2004 e 2005, che produce un picco intermedio
al 5%, nel 2007 si registra invece un deciso arretramento nella propensione a fare impresa
con un minimo toccato nel 2010 (2,3%). Dopo il recupero del 2012 (TEA al 4,3%) il 2013 aveva
registrato valori più bassi (3,4%). Nel 2014 con una TEA al 4,4% si torna ai livelli del 2012.
Il dato TEA è rispecchiato anche nell’imprenditorialità nascente. Anche in questo caso dopo
un recente picco nel 2007 (3,6%), un deciso calo nel 2008 (2,0%) seguito dagli ulteriori cali
del 2009 (1,8%) e del 2010 (1,3%). Nel 2013 l’imprenditorialità nascente ha registrato appena
il 2,4%. Nel 2014 si risale al 3,2%.
Significativo è anche l’esame dell’imprenditorialità dal punto di vista del genere ovvero la TEA
maschile e la TEA femminile. Il 2007 ha visto l’ultimo valore di un certo pregio (6,7%) per la
TEA maschile. Dato che si deteriora negli anni successivi per toccare il 6,4% del 2008 ed il
5,6% del 2009. Il dato 2010 rappresenta un vero crollo (2,7%) ed è il dato peggiore di tutto il
decennio 2001-2010. Il 2012 aveva segnato una leggera ripresa (5,73%). Nel 2014 si torna al
5,71% dopo il peggioramento del 2013 (4,8%).
Il trend per la nuova imprenditorialità femminile nel decennio è inesorabilmente negativo.
Inizia da un buon 5,4% nel 2001 ma già nel 2002 scende al 4,0% e poi al 3,0% nel 2003.
Dopo una lieve ripresa nel 2007 (3,3%) cala al 2,8% (2008), al 1,8% (2009) e al 2,0 nel 2010.
Dopo il recupero del 2012 (2,91%) torna ad un modesto 2,1% nel 2013. Nel 2014 la TEA femminile è al 3,15% quindi poco più della metà della TEA maschile.
Per quanto riguarda l’intenzione a fare impresa (nei successivi 3 anni) anche in questo caso
il 2007 rappresenta un punto di svolta. Nel 2007 era il 10,3% della popolazione in età lavorativa che esprimeva l’intenzione di mettere in piedi un’attività imprenditoriale. Ma nel 2008
scende al 7,1% per crollare al 4,5% nel 2009 e al 4,0% nel 2010. Nel 2014 si registra un incoraggiante 11,4% della popolazione che è intenzionata a fare impresa.
Un dato attitudinale, che gioca sempre un ruolo importante nella nascita di nuove attività imprenditoriali, è la paura di fallire. La percentuale della popolazione con percezione positiva
per iniziare un’attività imprenditoriale, che indica nella paura di fallire il principale motivo per
rinunciare, ha un trend crescente in Italia nel decennio 2001-2010 e presenta un dato ancora
più allarmante nel 2012. Nel 2001 era solo il 28%. Dopo un primo picco nel 2003 (38%), ne
raggiunge un secondo nel 2008 (45%). Il dato del 2012 (58%) è il peggiore del periodo. Nel
2013 l’indicatore si abbassa al 48,6%, ma l’Italia era superata su questo indicatore negativo
solo dalla Grecia e dal Giappone. Nel 2014 il dato è sostanzialmente stabile (49,1%).
31
L’ECOSISTEMA PER
LA NUOVA IMPRENDITORIALITÀ
Il framework per la valutazione dell’ambiente
imprenditoriale in ogni Paese
Il modello di riferimento GEM illustra i fattori nazionali che hanno un impatto sullo sviluppo
economico, così come quelli in grado di agevolare l’innovazione e l’imprenditorialità. Questi
fattori dovrebbero essere tenuti nella massima considerazione dai policy makers.
Il modello, illustrato in appendice, è composto di tre insiemi di fattori: i requisiti di base, i
fattori che aumentano l’efficienza economica e i fattori che favoriscono innovazione e imprenditorialità.
I requisiti di base, vale a dire la stabilità macroeconomica di un paese, le istituzioni, le infrastrutture, la sanità e l’istruzione primaria, sono le condizioni fondamentali di base necessarie
per il buon funzionamento delle attività imprenditoriali. Questi requisiti sono in genere al centro degli sforzi di sviluppo in paesi factor-driven.
Altri fattori sono importanti nelle economie efficiency driven in particolare l’istruzione superiore e la formazione, l’efficienza del mercato del lavoro e dei beni, la sofisticazione dei mercati
finanziari, la preparazione tecnologica e la dimensione del mercato.
Il modello infine prende in considerazione i fattori che hanno lo scopo di stimolare e sostenere l’innovazione e l’attività imprenditoriale. I fattori che hanno un impatto significativo sull’attività imprenditoriale fanno parte delle Entrepreneurial Framework Conditions (EFCs). Sebbene
questi fattori siano importanti in ogni fase di sviluppo sono certamente più importanti nelle
economie che soddisfano già alcuni requisiti di base e di efficienza. I nove fattori dell’ambiente imprenditoriale sono i seguenti:
Finanza per l’imprenditorialità
La disponibilità di risorse finanziarie per le nuove imprese e per le imprese in crescita.
Politiche di governo
La misura in cui le politiche del governo incoraggiano le nuove imprese e le imprese in crescita.
Programmi di governo per l’imprenditorialità
Ogni misura o regolamentazione che favorisca le nuove imprese e le imprese in crescita.
Formazione all’imprenditorialità
La misura in cui la formazione per la creazione/gestione di nuove imprese è incorporata all’interno del sistema di istruzione e di formazione a tutti i livelli.
Trasferimento tecnologico
La misura in cui la ricerca tecnologica nazionale è in grado di sviluppare opportunità imprenditoriali, ed i risultati della ricerca sono disponibili anche per nuove imprese di piccole dimensioni e le imprese in crescita.
33
Infrastruttura commerciale
La presenza di attività commerciali e di altri servizi e istituzioni che consentono di promuovere
la nascita di nuove imprese e di favorire la crescita delle stesse.
Apertura del mercato
La misura in cui le nuove imprese sono libere di entrare in mercati esistenti.
Infrastrutture fisiche
Facilità di accesso alle risorse fisiche, di comunicazione, e ai servizi pubblici, a prezzi non
discriminatori nei confronti delle nuove imprese ed imprese in crescita.
Aspetti culturali e sociali
La misura in cui le attuali norme sociali e culturali favoriscono l’emergere di nuove imprese e
di imprese in crescita.
Gli aspetti culturali e sociali sono particolarmente critici per un paese come l’Italia. Questi
elementi sono approfonditi ulteriormente all’interno della Survey con gli esperti (NES) nelle
seguenti sottosezioni:
1)
2)
3)
4)
5)
6)
7)
8)
9)
10)
Percezione delle opportunità di business
Creazione di impresa
Immagine dell’imprenditore nella società
Tutela della proprietà intellettuale
Supporto alle donne imprenditrici
Importanza del tema “crescita economica”
Interesse nei confronti dell’innovazione
Immigrazione ed imprenditorialità
Collaborazione tra imprese
Giovani ed imprenditorialità
Al fine di valutare le condizioni nazionali che influenzano l’attività imprenditoriale almeno 36
esperti in ogni paese sono invitati a compilare un questionario chiuso su elementi relativi
al proprio ambiente imprenditoriale. L’indagine con gli esperti nazionali (NES), fornisce un
quadro sui modi in cui i vari fattori favoriscono, o viceversa limitano, il clima imprenditoriale,
l’attività imprenditoriale e quindi lo sviluppo (Figura 7).
34
Finanza per l’imprenditorialità
Politiche di governo
Programmi di governo per
l’imprenditorialità
Formazione
all’imprenditorialità
Trasferimento tecnologico
Infrastruttura commerciale
Apertura del mercato
Infrastrutture fisiche
Aspetti culturali e sociali
Figura 7 - Fattori abilitanti per l’attività imprenditoriale (Italia 2014)
Italia
2.57
1,89
2,09
1,99
2,32
2,82
2,95
2,93
2,3
Gran Bretagna
2,.97
2,55
2,72
2,75
2,43
2,98
2,95
3,5
2,83
Germania
2,.88
2,87
3,44
2,46
2,78
3,31
2,84
3,83
2,65
Francia
2,72
2,97
3,16
2,38
2,71
3,05
2,61
4,06
2,16
Tabella 9 - Confronto sui fattori abilitanti tra i grandi Paesi europei
35
Figura 8 - Confronto tra i grandi Paesi europei
La valutazione dell’ambiente imprenditoriale italiano
Il panel NES 2014 è costituito da un insieme variegato di esperi provenienti da vari ambiti
professionali. Rispetto al 2013 è stato significativamente aumentato il numero di donne nel
panel. Nel 2014 sono state 16 contro le sole 6 del 2013. Quindi quasi la metà del panel rispetto al 17% nell’anno precedente. È aumentato anche il numero di imprenditori e imprenditrici
nel panel, 14, di cui 7 uomini e 7 donne.
I membri del panel erano chiamati a rispondere ad un set di domande facenti capo a 9 fattori
abilitanti l’ecosistema che sta intorno alla creazione di nuova impresa (Key Entrepreneurial
Framework Conditions).
Le valutazioni dei membri del panel hanno messo in luce due fattori in cui il nostro Paese mostra le maggiori carenze ovvero quello dello politiche di governo per l’imprenditorialità (media
1,89 su 5) e quello della formazione alla nuova imprenditorialità (media 1,98 su 5).
Su due elementi c’è quasi totale consenso da parte del panel (Tabella 10). Le nuove imprese
non riescono ad essere costituite in una settimana ed il carico di adempimenti burocratici è
molto pesante. Entrambi i fattori si possono ascrivere agli aspetti burocratici affrontati dalle
imprese nascenti. 26 su 36 membri del panel ritengono questi due fattori assolutamente
verificati. Ma anche la media delle valutazioni sul peso della burocratica converge per tutti i
membri del panel.
36
Affermazione
Valutazione
Numero Risposte
Percentuale
Nuove imprese possono ottenere la maggior parte dei permessi e delle licenze necessarie in circa una settimana
Del tutto in disaccordo
26
72,2%
Affrontare la burocrazia del governo,
i regolamenti e i requisiti di licenza non
è eccessivamente difficile per le imprese
nuove ed in crescita
Del tutto in disaccordo
26
72,2%
Tabella 10 - Valutazione del panel (affermazioni non verificate)
Sono pochi i punti in cui un certo numero di membri del panel si dichiara completamente
d’accordo (Tabella 11). Riguardano innanzitutto la disponibilità di capitali di rischio a disposizione delle nuove imprese. Ma come si vede più avanti il punto è abbastanza controverso. E
poi i forti cambiamenti nei mercati sia di beni e servizi al consumo che per altre imprese. E
la generale disponibilità di servizi di base e professionali a disposizione delle nuove imprese.
Affermazione
Valutazione
Numero Risposte
Percentuale
Ci sono fondi azionari sufficienti per le imprese nuove e in crescita
Del tutto d’accordo
7
19,4%
I mercati dei beni di consumo e dei servizi cambiano significativamente di anno in
anno
Del tutto d’accordo
7
19,4%
Le start up possono permettersi i costi delle utilities di base (gas, acqua, elettricità,
etc)
Del tutto d’accordo
6
16,7%
È facile per le imprese nuove ed in crescita
accedere a servizi professionali di carattere giuridico e amministrativo
Del tutto d’accordo
5
13,9%
I mercati dei beni strumentali e dei servizi relativi cambiano significativamente di
anno in anno
Del tutto d’accordo
5
13,9%
Per le imprese nuove ed in crescita non è
troppo costoso accedere a tecnologie di
comunicazione (telefono, internet etc)
Del tutto d’accordo
5
13,9%
Tabella 11 - Valutazioni del panel (affermazioni verificate)
37
Il punto in cui si registra il minimo della varianza tra le valutazioni dei membri del panel è quello della formazione all’imprenditorialità nella scuola primaria e secondaria che in Italia non è
certamente sufficiente. Il tema della formazione all’imprenditorialità nella scuola è nuovo in
Italia rispetto a Paesi di maggior tradizione in questo campo. Da questo punto di vista l’indagine GEM introduce un significativo elemento di confronto e di stimolo proprio per Paesi come
l’Italia in cui questo aspetto è stato finora nettamente sottovalutato.
Viceversa il punto in cui si riscontra il massimo della varianza tra le valutazioni dei membri del
panel è quello della finanza. In altri termini secondo alcuni la finanza disponibile per le nuove imprese è sufficiente mentre per altri non lo è. Chi opera nel mondo della finanza tende
a vedere il bicchiere mezzo pieno gli altri molto meno. C’è da aggiungere però che sono in
gioco anche diverse forse di sostegno finanziario alle imprese nascenti e quindi da questo
punto di vista l’analisi dovrebbe essere approfondita.
Affermazione
Deviazione Standard
Commento
Ci sono fondi azionari sufficienti per le imprese nuove e in crescita
1,434
Vi è un’ampia variazione nelle
risposte alla domanda
L’insegnamento nella scuola primaria e
secondaria fornisce un’adeguata attenzione all’imprenditorialità e alla creazione
di nuove imprese
0,505
C’è poca variazione nelle
risposte alla domanda
Tabella 12 - Valutazioni del panel (punti di maggiore accordo e maggiore disaccordo)
Sono state analizzate le risposte per categoria di membri del panel. In particolare si sono
distinti imprenditori e imprenditrici (14) e non imprenditori o imprenditrici (22) per catturare
specifiche sensibilità ai problemi.
Le valutazioni degli imprenditori
I membri del panel che sono imprenditori si sono detti più attenti ad un certo numero di elementi su cui si riscontra una significativa convergenza delle valutazioni (Tabella 13). Di essi
11 su 14 convergono sul fatto che la burocrazia sia particolarmente pesante, che son sia
possibile ottenere in una settimana i permessi necessari a far partire una nuova attività, che
non sia facile trovare sostegno alle nuove imprese da parte di enti preposti.
38
Affermazione
Valutazione
Numero Risposte
Percentuale
Per le nuove imprese in crescita la burocrazia, i regolamenti ed i permessi non
rappresentano un’eccessiva difficoltà
Del tutto in disaccordo
11
78,5%
Le imprese nuove ed in crescita possono
ottenere un’ampia serie di facilitazioni e
supporti governativi attraverso un’unica
agenzia
Del tutto in disaccordo
11
78,5%
Qualunque impresa abbia bisogno di sostegno grazie a progetti governativi può
trovare ciò di cui ha bisogno
Del tutto in disaccordo
11
78,5%
Nuove imprese possono ottenere la maggior parte dei permessi e delle licenze necessarie in circa una settimana
Del tutto in disaccordo
11
78,5%
Tassazione e altri obblighi regolamentari
sono applicati alle imprese nuove ed in
crescita in modo chiaro e coerente
Del tutto in disaccordo
10
71,4%
La tassazione NON è un peso per le imprese nuove ed in crescita
Del tutto in disaccordo
10
71,4%
Le politiche pubbliche (per es. la spesa
pubblica per beni e servizi) favoriscono significativamente le nuove imprese
Del tutto in disaccordo
9
64,2%
Il sostegno alle imprese nuove ed in crescita è una alta priorità del governo nazionale
Del tutto in disaccordo
9
64,2%
Tabella 13 - Valutazione degli imprenditori (affermazioni non verificate)
Il gruppo di imprenditori nel panel converge sul fatto che i mercati di beni e servizi finali cambino
molto velocemente e che le nuove imprese non riescano ad ottenere i permessi in una settimana.
Viceversa si registra forte dispersione delle valutazioni sul tema della cultura della responsabilità individuale nel gestire la propria vita (Tabella 14).
Affermazione
Media
Deviazione Standard
Commento
I mercati dei beni di consumo e dei servizi cambiano significativamente di anno in
anno
3,54
1,19
Vi è un’ampia variazione
nelle risposte alla
domanda
Nuove imprese possono ottenere la maggior parte dei permessi e delle licenze necessarie in circa una settimana
1,08
0,29
C’è poca variazione
nelle risposte alla
domanda
La cultura del Paese è fortemente favorevole al successo personale ottenuto con i
propri sforzi
2,78
1,76
Vi è un’ampia variazione
nelle risposte alla
domanda
Tabella 14 - Valutazioni degli imprenditori (punti di maggiore accordo e maggiore disaccordo)
39
Le valutazioni dei non imprenditori
I 22 membri del panel non imprenditori convergono su alcuni elementi in comune con gli
imprenditori e imprenditrici ma anche su due elementi riguardanti la formazione all’imprenditorialità. Tra il 55 ed il 59% di questi la scuola primaria e secondaria non fornisce adeguata
formazione sui principi dell’economia di mercato né adeguata attenzione al tema dell’imprenditorialità e della creazione di impresa (Tabella 15).
Affermazione
Valutazione
Numero Risposte
Percentuale
Per le nuove imprese in crescita la burocrazia, i regolamenti ed i permessi non
rappresentano un’eccessiva difficoltà
Del tutto in disaccordo
15
68,2%
Nuove imprese possono ottenere la maggior parte dei permessi e delle licenze necessarie in circa una settimana
Del tutto in disaccordo
15
68,2%
Imprese nuove ed in crescita possono
contare su una sufficiente disponibilità di
capitali di debito
Del tutto in disaccordo
13
59,1%
La formazione nella scuola primaria e
secondaria riserva adeguata attenzione
all’imprenditorialità e alla creazione di
nuova impresa
Del tutto in disaccordo
13
59,1%
La tassazione NON è un peso per le imprese nuove ed in crescita
Del tutto in disaccordo
12
54,5%
La formazione nella scuola primaria e secondaria fornisce adeguata preparazione
sui principi dell’economia di mercato
Del tutto in disaccordo
12
54,5%
Tabella 15 - Valutazione dei non imprenditori (affermazioni non verificate)
Le proposte
I membri del panel sono stati invitati ad esprimere alcune valutazioni libere sui principali fattori di vincolo, sui punti di forza del sistema Paese e alcuni spunti e suggerimenti per migliorare
l’ecosistema imprenditoriale italiano. Riportiamo di seguito alcune proposte di miglioramento
suggerite dal panel di esperti.
Politiche e programmi di governo
Semplificare la burocrazia e la parte legale per le aziende high-tech.
Ridurre l’impatto della fiscalità sui lavoratori di aziende high-tech.
Velocizzare la liquidazione di società che non hanno avuto successo.
40
Introdurre facilitazioni fiscali per startup (rimandare pagamento IVA e contributi a quando la
startup inizia a fatturare)
Rivedere il diritto fallimentare per annullare lo stigma del fallimento.
Ridurre drasticamente il numero di adempimenti preventivi quali autorizzazioni e nulla osta, e
sostituirli con controlli a campione ex post.
Introdurre nella pubblica amministrazione procedure online completamente ridisegnate partendo dal digitale.
Estendere le agevolazioni per start up a tutte le nuove imprese.
Finanza
Capitalizzare il sistema del venture capital.
Istituire un “fondo di fondi” pubblico per il VC (di almeno 1 miliardo, facendo le proporzioni
con altre nazioni... altrimenti non serve a molto).
Favorire un’evoluzione del sistema del credito e del mercato del controllo in linea con nascita
e sviluppo di imprenditorialità.
Finanziare progetti di innovazione europei. Si dà un voucher all’azienda che può spenderli con
centri di Ricerca Pubblici o Privati.
Prevedere l’ingresso di finanziarie pubbliche nel capitale di impresa senza essere remunerate
all’uscita ma recuperando solo il capitale.
Aumentare la presenza di venture capitalist stranieri in Italia.
Attirare start up straniere in settori di forza in Italia (fashion, architettura, food).
Formazione all’imprenditorialità
Riconoscere alle Università un moltiplicatore (sul trasferimento di fondi pubblici) basato sui
ricavi da licenza o cessione di brevetti.
Educazione e formazione orientata all’imprenditorialità.
Formazione e istruzione più mirate allo sviluppo imprenditoriale.
Formare i giovani per intraprendere l’attività imprenditoriale.
Infrastrutture commerciali e professionali
Investimenti nelle reti (fisiche, tecnologiche, intellettuali) spesso manca “ultimo miglio”;
Diffusione della banda larga e ultralarga.
41
ALTRI INDICATORI DELL’ECOSISTEMA
IMPRENDITORIALE ITALIANO
È opinione condivisa che i bassi tassi di natalità imprenditoriale nel nostro Paese siano da
attribuire non sono a fattori attitudinali dei potenziali imprenditori, quali la scarsa attitudine al
rischio, ma soprattutto a fattori di contesto generale che non facilitano o addirittura ostacolano
l’attività d’impresa; producendo in tal modo un effetto di scoraggiamento all’avvio di nuove
iniziative imprenditoriali.
Fra i fattori di contesto ve ne sono alcuni che influiscono più direttamente sulla propensione
imprenditoriale, altri che determinano barriere all’avvio di nuove imprese o deprimono le loro
possibilità di sopravvivenza e di sviluppo. Negli ultimi anni il dibattito sul ‘fare impresa’ in Italia
si è concentrato soprattutto sui problemi derivanti dalla farraginosità dell’apparato burocratico
e dalla crescente pervasività della corruzione.
In effetti le domande dell’indagine NES nelle quali si manifesta la maggiore condivisione di opinione da parte degli esperti sono quelle relative agli adempimenti burocratici richiesti per aprire
una nuova attività e sula eccessiva lunghezza di tale processo. Anche quando si considerano le
risposte dei soli imprenditori le affermazioni sulle quali vi è maggiore accordo sono quelle che
riguardano gli eccessi di adempimenti burocratici, lo scarso supporto ottenuto dagli enti preposti a tali adempimenti e le conseguenti lungaggini temporali per il loro completamento.
Questa concordanza di opinioni fra esperti e imprenditori trova riscontro nelle analisi che
cercano di misurare, sulla base di parametri obiettivi, la maggiore o minore facilità nell’avvio
e nella gestione di imprese nei diversi paesi.
Riguardo all’eccesso di regole burocratiche il rapporto Doing Business 2015 della Banca
Mondiale, colloca l’Italia al 56 posto all’interno di un ranking mondiale di 198 paesi. Pur essendo al di sopra del valore mediano, va notato che il valore dell’indice per l’Italia è più vicino
a quello di alcuni paesi emergenti che a quello dei principali paesi avanzati. L’indice elaborato
dalla Banca Mondiale prende in considerazione diversi aspetti relativi all’attività d’impresa:
- procedure, tempi, costi e capitale minimo per avviare un nuovo business
- procedure, tempi e costi per connettersi alla rete elettrica
- procedure, tempi e costi per trasferire una proprietà
- variabilità della legislazione e sistema informativo sul credito
- diritti degli azionisti di minoranza nelle transazioni
- pagamenti e procedure per ottemperare alla regolamentazione fiscale
- documenti, tempi e costi per esportare e importare
- procedure, tempi e costi per risolvere una disputa commerciale
- tempi e costi per il recupero crediti
43
Questi aspetti sono rilevanti nello spiegare i tassi di natalità imprenditoriale; gli studi empirici
mostrano, infatti, la presenza di una correlazione negativa tra i tempi e i costi delle procedure
e il tasso di avvio di nuove imprese.
Ad aggravare la situazione italiana vi è l’elevata percezione di inefficienza e corruzione associata all’operare della pubblica amministrazione. Transparency International (coalizione globale contro la corruzione) elabora un indice di percezione della corruzione che misura il livello percepito di corruzione del settore pubblico, calcolato sulla base di opinioni
di esperti da tutto il mondo. Su 175 paesi esaminati l’Italia si posiziona al 69mo posto. In
questo caso il posizionamento è decisamente peggiore di quello ottenuto considerando
la farraginosità della burocrazia. Nella percezione internazionale il livello di corruzione in
Italia è superiore a quello indicato per la gran parte dei paesi emergenti e anche di alcuni
paesi in via di sviluppo. Anche se tale percezione non corrispondesse ai livelli effettivi, è
evidente che si tratta di livelli fortemente scoraggianti l’attività d’impresa e, più ancora,
l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali.
Questa situazione è confermata anche da altri indicatori specificamente costruiti al fine di
misurare il grado di ‘facilità’ nell’avvio e nella gestione di attività imprenditoriali.
Il rapporto Heritage Economic Freedom 2014 posiziona l’Italia al 35mo posto su 43 Paesi
in Europa. La posizione dell’Italia è fortemente penalizzata dall’ingerenza della politica, dalla
corruzione, dall’elevato livello di tassazione e dalla rigidità nel mercato del lavoro.
Secondo l’Innobarometro 2014, il 49% delle imprese Italiane dichiara di aver introdotto prodotti nuovi o significativamente migliorati posizionandosi al primo posto nel ranking europeo.
Tuttavia, le aziende che in Italia investono in attività di ricerca e sviluppo sono il 27% mentre
le aziende che depositano brevetti sono il 5%. Il 92% delle innovazioni proviene dal management aziendale, mentre il ruolo dei centri di ricerca e delle Università è del tutto irrilevante.
In effetti, gran parte delle innovazioni riguardano processi e procedure organizzative piuttosto
che nuovi prodotti: il 44% delle imprese dichiara di aver introdotto strategie di marketing
nuove, il 35% di aver introdotto importanti cambiamenti nella struttura organizzativa, il 37%
nell’area relativa ai processi aziendali.
La scarsa propensione all’attività di ricerca e sviluppo e alla collaborazione con il sistema della
ricerca è evidente anche dal fatto che solo il 5% delle imprese ha ottenuto un sostegno pubblico per la ricerca e l’innovazione.
Un altro fattore che deprime la propensione imprenditoriale in Italia è il sistema dell’istruzione
ai suoi diversi livelli: primario, secondario, universitario e della formazione professionale. Un
recente report su Education and training in Europe 2020 (EACEA 2013), mette in evidenza
la situazione poco confortante dell’Italia nel contesto europeo. Nel 2012 la quota della popolazione dei paesi EU-28 con il solo diploma di scuola media inferiore (scuola dell’obbligo)
all’interno della fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni, e non più iscritti ad alcuna scuola,
erano il 12,7%. In Italia e in Romania la percentuale saliva al 17.5%. Sempre nel 2012, la media europea delle persone di età compresa tra i 30 e i 34 anni che dispongono di un diploma
di laurea è pari al 35,7%. L’Italia ha un tasso di laureati del 21,7% superiore solo a Romania
e Malta.
Con riferimento al tema della formazione imprenditoriale vi sono numerose iniziative in tal
senso promosse nelle scuole superiori e nell’università; tuttavia esse non hanno determinato
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il necessario cambiamento nei modelli formativi, ancora prevalentemente orientati alla “trasmissione” di conoscenza piuttosto che allo sviluppo di competenze trasversali e allo stimolo
all’innovazione e alla creatività.
Malgrado questi elementi di ritardo, il report sopra citato evidenzia che l’Italia è fra le nazioni
meno attive nello sviluppo di iniziative volte a elevare i livelli di istruzione della popolazione e a
rendere maggiormente efficaci i processi formativi ai diversi livelli. I bassi livelli di scolarizzazione della popolazione sono fra gli elementi che deprimono i tassi di natalità imprenditoriale,
in particolare (ma non solo) nei settori a più alto contenuto di conoscenza.
Se si considera la formazione all’imprenditorialità si nota come negli ultimi decenni vi è stata,
a partire dalle Università americane e successivamente in quasi tutti i Paesi avanzati, una vera
e propria esplosione di corsi destinati a stimolare l’imprenditorialità, ai vari livelli della formazione universitaria. La gran parte dei paesi europei ha seguito, seppure con ritardo, la stessa
tendenza. Inoltre, la necessità di una sua più ampia diffusione nei curricula degli studenti, in
particolare quelli delle discipline tecnico-scientifiche, è ampiamente condivisa da studiosi e
policy maker.
In tale contesto, la situazione italiana appare decisamente anomala. Una recente indagine ha
rilevato che nell’anno accademico 2009-2010 venivano offerti 68 corsi nelle facoltà di economia e 15 dalla facoltà di ingegneria.5 Queste evidenze segnalano un netto ritardo dell’Italia
nella diffusione della formazione imprenditoriale a livello universitario. Questo ritardo è puntualmente segnalato dall’indagine GEM NES 2014. Esperti e imprenditori italiani concordano
nel ritenere che la scuola e l’università non forniscano una adeguata formazione all’imprenditorialità.
Le carenza del sistema formativo italiano, unito alla scarsa propensione delle imprese all’investimento in ricerca e sviluppo trovano conferma in alcuni indicatori relativi alla capacità
innovativa e alla qualità del capitale umano. L’Innovation Scoreboard 2014 della EU, colloca
l’Italia nel gruppo di paesi a “moderata innovazione” insieme a Croazia, Repubblica Ceca,
Grecia, Ungheria, Spagna, ecc., lontana dai livelli conseguiti dai principali paesi del centro e
del nord Europa.
Il Global Talent Competitiveness Index 2014, che cerca di sintetizzare il complesso e versatile concetto di capitale umano e di competitività dei talenti, colloca l’Italia al 36mo posto
su 93 paesi a livello mondiale, anche in questo caso come per altri indicatori, insieme al folto
gruppo dei paesi emergenti e lontana dei livelli conseguiti dai principali paesi industrializzati.
5 Iacobucci, D. and Micozzi, A. (2012) ‘Entrepreneurship Education in Italian Universities: Trend, Situation and Opportunities’, Education + Training, 54, 673–696.
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CONCLUSIONI
Il modello di riferimento del Global Entrepreneurship Monitor mette in luce per ciascun Paese
incluso nel progetto di ricerca lo stretto legame tra gli aspetti culturali, istituzionali, socioeconomici e le caratteristiche della nuova imprenditorialità.
Il fattore più significativo dell’analisi GEM è il confronto internazionale. Ogni Paese può confrontarsi su alcuni importanti indicatori con Paesi simili per storia, dimensioni e caratteristiche
culturali. Il confronto internazionale è un tema particolarmente importante in Italia e spesso
sottovalutato perché richiede una cultura diffusa della misurazione e del confronto.
I risultati della ricerca GEM sono rilevanti, soprattutto in Italia, come indicatore di quello che si
potrebbe definire fermento imprenditoriale di un Paese cioè la propensione di vari strati di
popolazione ad avviare nuove imprese. Se, da una parte, il tessuto imprenditoriale del Paese è
vasto e riconosciuto, dall’altra la dinamica di rinnovamento del capitale imprenditoriale è molto
più incerta e lenta. A ciò si può aggiungere l’importanza del rinnovamento qualitativo del tessuto imprenditoriale soprattutto se costituito dalla nascita di imprese innovative ed in settori
in espansione.
Un ulteriore pregio della ricerca GEM sta nell’aver introdotto recentemente un allargamento
del significato di imprenditorialità e di aver quindi incluso anche quella che si manifesta all’interno di imprese consolidate da parte del personale, ed in primo luogo dal management. Si
tratta in questo caso di una imprenditorialità interna, termine non nuovo nella letteratura
scientifica ma certamente tornato ad essere di grande interesse e diffusione.
Da questo punto di vista è anche il management ed ogni collaboratore ad essere investito
di una richiesta di comportamento imprenditoriale, basato su spirito di iniziativa, autonomia,
ricerca di soluzioni innovative. Imprenditorialità quindi come comportamento e cultura diffusa
che mette in discussione vecchi modelli organizzativi poco dinamici ed efficaci.
La parte della ricerca riguardante i fattori abilitanti mette in evidenza il ruolo fondamentale delle istituzioni di un Paese nel favorire la creazione di ecosistemi avanzati per la nuova
imprenditorialità. In questi ecosistemi sono rilevanti tutti gli elementi che costituiscono le
Entrepreneurial Framework Conditions ovvero, tra gli altri, il supporto finanziario, le regolamentazioni, il trasferimento tecnologico, la formazione all’imprenditorialità, i fattori culturali
ed i valori legati all’imprenditorialità.
L’analisi in Italia è particolarmente complessa perché è un Paese che fa certamente parte del
gruppo di Paesi Innovation Driven, ma alcune delle difficoltà in cui si trova sono più tipiche di
paesi Efficiency Driven. Non è casuale che in molte classifiche, inclusa quella di GEM, l’Italia
figuri particolarmente staccata dalle posizioni di testa ovvero si trovi in classifica vicina a Paesi
con minore tradizione industriale ed imprenditoriale. Da quando esistono le principali classifiche e ranking internazionali sulla competitività, l’innovazione e l’imprenditorialità, l’Italia non
ha dimostrato di guadagnare posizioni semmai ne ha sistematicamente perdute. È come se
una squadra che si annovera tra le più forti facesse punteggi da bassa classifica. Questa contraddizione si può riscontrare in Italia negli ultimi 15 o 20 anni.
I punti di forza non mancano e sono la tradizione di imprenditorialità diffusa, la flessibilità, la creatività. Ma altrettanti e più pesanti sono gli ostacoli come burocrazia, fiscalità, lentezza della giustizia.
47
Molti imprenditori pensano di avere una capacità di resistenza, o resilienza, molto più alta che
in altri Paesi che si rende, però, necessaria per affrontare, non solo le dinamiche di mercato
globali, ma anche le difficoltà a cui sono sottoposti per le deficienze dell’ecosistema interno.
Le lentezze del sistema politico legislativo nel produrre i cambiamenti e le riforme necessarie
a rilanciare imprese e innovazione non hanno tuttavia incrementato tentazioni di delocalizzazione semmai si è registrata una tendenza contraria ovvero a mantenere o riportare produzioni in Italia per rinforzare i legami con il territorio e la qualità delle produzioni fatte in Italia.
Da una parte vanno sicuramente introdotte le riforme che consentano al sistema delle imprese di competere alla pari con le imprese di Paesi dove l’ecosistema è più favorevole.
Occorre pensare anche a modelli di sviluppo che migliorino la quantità e soprattutto la qualità
della nuova imprenditorialità ovvero di una nuova leva di giovani imprenditori con start up in
ambito tecnologico. L’imprenditorialità technology based ha bisogno di maggior contenuto
di conoscenza, istruzione, talento, reti di relazioni estese, finanza adeguata alle sfide.
L’Italia si è dotata, con il Decreto Legge 179/2012, “Ulteriori misure urgenti per la crescita
del Paese” di misure volte a favorire la nascita e lo sviluppo delle startup innovative. La
Legge 221/2012 ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano la definizione di una nuova
impresa innovativa, la startup. Per questa tipologia di impresa sono stati predisposti nuovi
strumenti e misure che vanno ad incidere sull’intero ciclo di vita dell’azienda, dall’avvio alle
fasi di crescita, sviluppo e maturazione. Il tutto senza distinzioni settoriali e limiti legati all’età
dell’imprenditore.
Un altro tema di sicuro rilievo per lo sviluppo di nuova imprenditorialità e la crescita è quello
dell’ istruzione e della formazione. L’istruzione è importante in tutti i Paesi ma lo è in modo
particolare e con particolari specificità per le economie basate sull’innovazione. L’Italia, tra i
paesi a più elevato livello di sviluppo, ha ancora un modello di specializzazione abbastanza
statico caratterizzato da comparti a medio-bassa intensità di capitale umano. In un contesto
tecnologico e competitivo più evoluto questo può rappresentare un freno allo sviluppo. C’è
infatti un equilibrio tra il modello di specializzazione e la domanda di istruzione. Un modello
improntato a scarso utilizzo di capitale umano evoluto produce scarsi incentivi e rendimenti
dell’istruzione. Un minor numero di risorse istruite inserite nelle imprese ha come conseguenza un minor sviluppo delle capacità organizzative e quindi più debole miglioramento della
produttività dei fattori e in ultima analisi meno crescita. Viceversa un sistema costituito da un
maggior numero di imprese che chiedono risorsa umana istruita, e/o imprese con modelli di
innovazione basati sulla conoscenza, è più attrezzato per cogliere le attuali sfide competitive.
Ma l’istruzione può svolgere un ruolo importante anche nel favorire e stimolare l’imprenditorialità. L’istruzione a tutti i livelli può coltivare attitudini ed aspirazioni imprenditoriali nei più
giovani favorendo la propensione ad intraprendere una carriera imprenditoriale. Da questo
punto di vista le istituzioni preposte all’istruzione superiore dovrebbero includere nei curricula
un maggior numero di programmi specifici orientati all’imprenditorialità. L’imprenditorialità
può e deve essere coltivata. E i programmi di formazione all’imprenditorialità possono essere
considerati facenti parte del più ampio bacino della formazione del capitale umano. Non è
più sufficiente pensare che il capitale imprenditoriale si formi e si rigeneri da solo. È sicuramente possibile avere un approccio meno passivo. Il sistema educativo ha un ruolo chiave
nel processo di stimolo ai comportamenti imprenditoriali favorendo quelle doti di creatività,
riconoscimento di opportunità imprenditoriali che conducono alla generazione di nuovi potenziali imprenditori.
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Nel 2013 il gruppo di ricerca Management and Entrepreneurship ha avviato un progetto di
avviamento all’imprenditorialità e start up. Il progetto School of Entrepreneurship si avvale
della collaborazione di un network di imprenditori nel ruolo di mentor. Fanno parte di questo
network anche alcuni membri del panel per la National Expert Survey di GEM.
49
appendici
Il modello di riferimento GEM
GEM propone un quadro concettuale che permette di individuare gli elementi chiave del rapporto tra imprenditorialità, crescita economica e il modo in cui tali elementi interagiscono.
Come sintetizzato nella figura di seguito riportata, il modello proposto da GEM consente
di collegare il contesto istituzionale, socio-economico e culturale di un Paese ai fenomeni
imprenditoriali, ponendo l’accento sugli effetti del contesto sullo sviluppo economico di un
sistema.
Figura 9 - Il modello di riferimento del Global Entrepreneurship Monitor
Secondo questo modello vi sono due insiemi di condizioni, denominate basic requirements
ed efficiency enhancers, che influenzano il tasso di imprenditorialità di una società. Accanto
a questi due aspetti, vi sono nove condizioni al contorno – nel modello elencate nell’insieme
denominato innovation and entrepreneurship - particolarmente significative quando si parla
di imprenditorialità, poiché influenzano la decisione di intraprendere una nuova attività. Basic
requirements, efficiency enhancers e leve per l’innovazione e l’imprenditorialità influenzano
la propensione a fare impresa in termini di attitudini, attività imprenditoriali vere e proprie,
qualità delle iniziative imprenditoriali.
Il modello definisce il profilo dell’imprenditorialità facendo riferimento a tre componenti prin-
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cipali: attitudini imprenditoriali, attività imprenditoriale, e aspirazioni imprenditoriali. GEM offre
quindi una fotografia completa dell’imprenditorialità, attraverso l’analisi del comportamento
di una intera popolazione con riferimento alle attività imprenditoriali e alle caratteristiche delle
persone che partecipano a queste attività. Lo studio considera anche le aspirazioni di questi
imprenditori per quanto riguarda il loro business, insieme ad altre variabili chiavi riguardanti
la gestione e la strategia di impresa. Tutti questi fattori sono considerati come gli elementi
di una “scatola nera” capace di determinare innovazione, crescita economica e creazione di
posti di lavoro, senza precisare in dettaglio come influenzano e si rafforzano reciprocamente.
Tale ambiguità è intenzionale, e sottolinea come tutti i tre elementi possono influenzare ed
essere componenti di un processo lineare che richiede un ulteriore studio teorico ed empirico. Il risultato finale del processo è la crescita economica e l’avanzamento del livello tecnologico delle attività imprenditoriali. La qualità delle iniziative imprenditoriali è misurata in termini
di posti di lavoro creati, contributo all’innovazione e contributo sociale.
La figura mostra anche come la valutazione delle diverse parti componenti il modello GEM
venga realizzata utilizzando diversi strumenti in particolare la National Expert Survey (NES)
per valutare le condizioni del contesto imprenditoriale e la Adult Population Survey (APS) per
valutare il profilo imprenditoriale, determinato da attitudini attività e aspirazioni.
Un’altra caratteristica fondamentale dell’approccio GEM è la distinzione tra diverse tipologie imprenditoriali (necessity entrepreneurs e opportunity entrepreneurs) e la valutazione di
come queste incidono sulla crescita economia e sulla creazione di nuovi posti di lavoro. Le
persone che avviano un’impresa come risposta alla mancanza di altre possibilità per assicurarsi un reddito, vengono chiamati imprenditori per necessità (necessity entrepreneurs).
Coloro che avviano un’impresa con l’intenzione di sfruttare un’opportunità imprenditoriale
che hanno identificato precedentemente, vengono chiamati imprenditori di/per opportunità
(opportunity entrepreneurs). Quest’ultima categoria può includere persone il cui obiettivo è
comunque quello di mantenere o migliorare il proprio reddito e/o migliorare il proprio livello
di indipendenza.
La metodologia GEM
Uno degli obiettivi chiave di GEM è quello di offrire dati affidabili riguardanti l’imprenditorialità
che potranno essere utilizzati per confrontare diversi sistemi economici nel mondo e nel corso del tempo. Per questa ragione l’indagine è altamente standardizzata e tutti i team nazionali
convergono nell’utilizzo dei medesimi strumenti di rilevazione e di analisi. I dati GEM vengono
raccolti con cadenza annuale utilizzando due strumenti principali:
 Adult population survey (APS)
Ciascun team nazionale realizza una survey intervistando un campione rappresentativo di
almeno 2000 adulti (di età compresa tra i 18 e i 64 anni). I questionari vengono somministrati
solitamente nello stesso periodo dell’anno. Il questionario è sviluppato e raffinato ogni anno
dal Consorzio GEM, ed è uguale per ogni Paese. L’indagine APS è solitamente realizzata da
un’azienda specializzata appositamente selezionata dal team nazionale. I dati raccolti vengono inviati al team globale GEM per essere controllati ed armonizzati per i calcoli statistici.
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In Italia, Doxa, leader nel mercato delle rilevazioni, ha raccolto i dati necessari, sotto la supervisione scientifica ed operativa gruppo di ricerca Management and Entrepreneurship dell’Università degli Studi di Padova. Durante i mesi di giugno e luglio 2014 è stato intervistato con
modalità CAWI un campione stratificato di 2000 persone di età compresa tra i 18 ed i 64 anni.
 National experts survey (NES)
L’indagine NES fornisce un quadro del contesto e dell’ambiente in cui avviene il processo di
creazione di nuove imprese. Vengono analizzate nove condizioni al contorno ritenute capaci
di influenzare “Innovazione e imprenditorialità”:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Sistema finanziario e del credito
Politiche governative
Specifici programmi di sostegno all’imprenditorialità
Formazione, scuola, università
Ricerca scientifica e trasferimento tecnologico
Infrastrutture fisiche
Infrastrutture per il mercato
Apertura del mercato interno
Società e cultura
Il campione NES comprende un minimo di 36 esperti per ogni Paese con 4 esperti per ciascuno dei fattori sopra elencati. Ad ogni esperto vengono sottoposte tutte le domande riguardanti i nove fattori. Almeno il 25% degli intervistati devono essere imprenditori ed almeno
il 50% professionisti che operano nel mondo delle imprese. La selezione del campione è
un’operazione molto delicata e tiene conto anche della distribuzione geografica, del genere,
dell’appartenenza al settore pubblico o privato, del livello professionale di esperienza.
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Il panel degli esperti 2014
Anna Maria Artoni
Amministratore Unico di Artoni Group e Vice Presidente di Artoni Trasporti Spa.
È membro indipendente del Consiglio di Amministrazione di Pirelli Spa, Italmobiliare Spa e Gruppo MutuiOnLine. È membro del Comitato Investimenti di
Credem Private Equity SGR. Dal novembre 2013 fa parte del Comitato Privatizzazioni presso il MEF.
Componente del Consiglio Direttivo e della Giunta di Assonime. Membro del
Comitato Tecnico Fisco di Confindustria e del Gruppo Tecnico Lavoro e Welfare
di Confindustria.
Alberto Baban
Presidente di Tapì SpA, attiva nella produzione di tappi e chiusure per il settore
wine & spirits, e di VeNetWork SpA, acceleratore di opportunità produttive e
finanziarie. Dal 28 novembre 2013 è Presidente Piccola Industria e Vicepresidente di Confindustria. Componente dell’Innovation Board dell’Università Ca’
Foscari di Venezia e del Comitato Scientifico Trieste Next.
Patrizia Bizzotto
Amministratrice unica di WorkUp Srl, web-agency attiva dal 1996. Inizia la sua
esperienza lavorativa presso un’azienda del polo pubblico delle telecomunicazioni, inizialmente come progettista ed in seguito come Project Manager. Nel
2011 lancia una startup digitale, Adventure4You, portale dedicato ai viaggi avventura.
Laureata in Ingegneria elettronica presso l’Università degli Studi di Padova.
Cristina Bonetti
Dall’ottobre 2009 è Presidente di Madruzza e Associati srl, holding del Gruppo
Madruzza. Ha partecipato a gruppi di ricerca e innovazione in importanti università italiane e straniere.
Alvise Bonivento
Senior Investment Manager di Atlante Seed. Consigliere d’amministrazione
nelle partecipate Yogitech e Admantx e board observer in diverse altre partecipate nel portafoglio.
Dopo aver maturato esperienze professionali nel periodo 2000-2001 nella ricerca e sviluppo di aziende nell’ambito ICT in Silicon Valley, dal 2002 al 2007 ha
lavorato come ricercatore presso il Department of Electrical Engineering and
Computer Science della University of California a Berkeley.
Nel 2007 è entrato in McKinsey & Co. dove ha ricoperto il ruolo di associato con
responsabilità di team manager in diversi settori industriali.
Paola Bonomo
Consigliere indipendente, angel investor, e advisor in campo tecnologico, con
oltre 20 anni di esperienza professionale in diversi ruoli di leadership aziendale e nella consulenza. Fa parte del Consiglio di Amministrazione di Piquadro
S.p.A., Eurotech S.p.A. e MoneyFarm SIM S.p.A. È membro del Consiglio Direttivo di Italian Angels for Growth.
Si è occupata di marketing e servizi digitali in Vodafone Italia, Il Sole 24 Ore ed
eBay International. Per 12 anni ha fatto parte di McKinsey & Company.
Ha conseguito un MBA alla Stanford Graduate School of Business e una laurea
presso l’Università Commercial Luigi Bocconi.
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Giorgio Brunetti
Professore emerito di Strategia e politica aziendale all’Università Bocconi di
Milano dove dal 1992 al 2006 è stato professore ordinario della stessa disciplina. In precedenza ha insegnato all’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Membro dell’Accademia di Economia Aziendale. Autore di numerose pubblicazioni e articoli su contabilità e bilancio, analisi di bilancio, finanza d’impresa,
valutazioni aziendali, economia delle MPI, governance e audit.
Laureato in Economia e Commercio all’Università Cà Foscari di Venezia.
Claudia Bugno
Direttore dell’Organismo Indipendente di Valutazione del Ministero dello Sviluppo Economico e, da giugno 2009 a luglio 2013, Presidente del Comitato di
Gestione del Fondo Centrale di Garanzia per le piccole e medie imprese.
In qualità di Direttore dell’Organismo Indipendente di Valutazione ha la responsabilità del controllo interno e strategico del Ministero dello Sviluppo Economico e dell’avvio dei nuovi sistemi, processi e strumenti di valutazione della
performance dell’amministrazione. Laureata in Scienze politiche con indirizzo
politico internazionale.
Marilù Capparelli
Direttrice Affari Legali di Google Inc. Proviene da eBay Inc, dove ricopriva il
ruolo di responsabile affari legali e istituzionali.
In precedenza ha lavorato per importanti studi legali a Milano, Bruxelles, Londra e Washington dove ha maturato una significativa esperienza su temi legati
alla proprietà intellettuale e al diritto dell’informazione. Ha vinto il premio ILO
European Counsel Awards 2012 ed è stata premiata dal Financial Times tra gli
avvocati più innovativi del 2013. Laureata in Giurisprudenza presso l’Università
di Bologna.
Enrico Carraro
Presidente del Gruppo Carraro dal 2012. Entrato a 22 anni nell’azienda di famiglia, nel 2007 assume la Vice presidenza esecutiva del Gruppo, con delega alle
iniziative di New Business Development. È attivo anche all’interno del mondo
associativo entrando nel 2011 nella Giunta di Confindustria Padova e da luglio
2012 fa parte della Commissione presieduta da Carlo Pesenti per la riforma
di Confindustria. Da aprile 2013 è vice presidente di Confindustria Veneto con
delega all’internazionalizzazione.
Lucio Cassia
Professore ordinario e presidente del Research Center for Young and Family
Enterprise (CYFE) dell’Università degli Studi di Bergamo. È docente di Strategic Management e International Business and Global Management in corsi di
laurea italiani e internazionali, master e dottorati di ricerca. È, inoltre, membro
della Faculty della SdM-School of Management e del MIP-Politecnico di Milano. È componente del consiglio di amministrazione dell’Università degli Studi
di Bergamo e componente indipendente del board di società che operano in
settori ad alta tecnologia, finanziari e editoriali.
Katia Da Ros
Vicepresidente di Irinox S.p.A e Vice-President di Irinox Usa. Da giungo 2013 è
Consigliere di Amministrazione della Fondazione Cuoa. Dal 2010 al giugno 2014
è stata Vicepresidente di Unindustria Treviso con delega all’internazionalizzazione e al marketing territoriale. Dal 2000 al 2006 è stata rappresentante europea dei produttori di attrezzature per grandi cucine in Foodservice Consultants
Society International. È stata Presidente dei Giovani Imprenditori a Treviso e
componente della Presidenza dei Giovani Imprenditori di Confindustria.
Ha conseguito la Laurea in Economia Aziendale all’Università Ca’ Foscari di
Venezia e un Executive MBA presso la Harvard Business School.
Alberto Felice De Toni
Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Udine. Membro del Comitato
Nazionale per lo Sviluppo della Cultura Scientifica e Tecnologica del MIUR.
Professore ordinario di Organizzazione della Produzione e Gestione dei Sistemi
Complessi nel corso di laurea di Ingegneria Gestionale.
È stato Preside della Facoltà di Ingegneria, Presidente dell’Associazione Scientifica Italiana di Ingegneria Gestionale, Presidente della Commissione Nazionale del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR) per la Riorganizzazione dell’Istruzione Tecnica e Professionale, Presidente dell’Agenzia per lo
Sviluppo Economico della Montagna del Friuli Venezia Giulia, Vice Presidente
di Area Science Park di Trieste
Ha conseguito la laurea in Ingegneria Chimica e il dottorato di ricerca presso
l’Università degli Studi di Padova.
Matteo Faggin
Co-founder di GiPStech, start up nel campo delle tecnologie di posizionamento.
Principal di SeedLab (TTadvisor Srl by Quadrivio SGR). Seedlab è uno dei principali accelratori italiano di start up tecnologiche. Matteo ha un MBA ottenuto
alla University of Maryland - Robert H. Smith School of Business ed si è laureato in ingegneria meccanica all’Università degli Studi di Padova.
Alessia Forte
Presidente del CdA di General Security Italy di Treviso. Attualmente si occupa
del coordinamento della strategia commerciale delle aziende di ForteSecurGroup. Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Unindustria Treviso.
È stata assistente per il Delegato Cinese in Italia presso l’UNIDO (Agenzia delle
Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale). Laureata in Scienze Politiche con
indirizzo internazionale presso l’Università degli Studi di Padova.
Stefano Gallucci
Stefano Gallucci è cofondatore e CEO di QID, startup nel settore delle nanotecnologie applicate ai materiali catalitici. È stato Amministratore Delegato della
divisione Europa di Singular ID Ltd (Singapore), startup nelle nanotecnologie
nominata da Redherring come una delle Top 100 startups dell’Asia.
Nel 1997 ha fondato una start-up acquisita da una delle principali aziende italiane quotate, mentre la sua prima start-up tecnologica è stata fondata a Palo
Alto (California) nel 1993.
Laureato in Scienze dell’Informazione presso l’Università degli Studi di Udine.
Anna Gervasoni
Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese ed è titolare della
Cattedra di “Economia e Gestione delle Imprese e di “Finanza d’Impresa”. È
Presidente del Private Equity Monitor PEM®. È Direttrice Generale di AIFI, l’Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital. È Membro del Consiglio
Direttivo di IBAN. È Consigliere indipendente del Fondo italiano di investimento
SGR, di Banca Generali Spa e di Sol Spa. Ha partecipato alla fondazione dell’Università Carlo Cattaneo LIUC.
Mariacristina Gribaudi
Amministratrice Unica di Keyline, società che produce chiavi e macchine duplicatrici. Da sempre attenta alla creazione di valori condivisi nel posto di lavoro,
ha portato l’azienda a ottenere agevolmente la certificazione regionale di conciliazione tra famiglia e lavoro.
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Stefania Lazzaroni
Direttrice della Fondazione Altagamma, l’associazione che riunisce le principali
imprese che rappresentano il made in Italy in ogni settore, a partire da moda,
design, food.
Dal gennaio 2012 è direttore comunicazione e talent per il Sud Europa del network televisivo americano Discovery. È stata direttore Comunicazione e public
affairs del Sole 24 Ore e poi della Coca-Cola. Ha fondato e gestito una propria
società, Nascent Communications, nel campo della comunicazione marketing,
digitale e istituzionale.
Francesca Lotti
Coordina il settore di analisi su struttura produttiva e imprese, presso la Banca
d’Italia, dove si occupa di dinamica industriale, innovazione, produttività e imprenditorialità.
Ha trascorso periodi di ricerca alla Harvard University e al National Bureau of
Economic Research; ha svolto attività didattica presso l’Università di Bologna e
l’IMT Institute for Advanced Studies di Lucca.
È laureata in Scienze Statistiche all’Università di Bologna, ha conseguito il Ph.D
in Economics presso la Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento Sant’Anna di Pisa.
Massimiliano Magrini
Co-Founder e Managing Partner di United Ventures, fondo di Venture Capital
focalizzato su investimenti early stage nel settore digitale. È membro del consiglio di amministrazione di Cloud4Wi, AppsBuilder, 20Lines, Touring Club Italiano e AmCham. Ha maturato esperienze in aziende top come Altavista e Google.
Nel 2009 ha fondato Annapurna Ventures, fondo di Venture Capital focalizzato
su investimenti seed nel settore digitale ed è stato membro della task force del
Ministero dello Sviluppo Economico che ha lavorato sulle misure legislative da
attuare per creare un ecosistema favorevole alle start-up in Italia. Laureato in
Scienze Politiche all’Università degli Studi di Bologna.
Daniele Manca
Vicedirettore del Corriere della Sera e responsabile del sito Corriere.it. È
Inaugural Fellow del Sulzberger Program della Columbia University-School of
Journalism.
È entrato al Corriere della Sera nel 1994, dopo la specializzazione in economia.
Laureato in lettere e filosofia presso l’Università di Bologna, dove ha studiato
con Umberto Eco nel dipartimento di musica, arte e performance.
Francesco Marini Clarelli
Presidente di Italian Angels for Growth, principale associazione di angel investors in Italia, di cui è stato fondatore nel 2007.
Esperto di Private Equity e gestione di portafogli istituzionali. Nel corso della
propria carriera professionale, e nell’ambito della propria attività di angel investor, ha effettuato investimenti in oltre 15 aziende innovative nella fase iniziale
della loro vita..
Laureato con Menzione d’Onore in Economia presso la University of California
a Santa Barbara (UCSB).
Luigi Nicolais
Presidente del CNR, professore e uomo politico italiano. Già parlamentare e
ministro per le Riforme e le innovazioni nella Pubblica Amministrazione durante
il secondo governo di R. Prodi, ha fondato e diretto l’Istituto per i materiali
compositi e biomedici del CNR e il Distretto tecnologico sull’Ingegneria dei
Materiali polimerici e compositi e Strutture (IMAST Scarl); Professore Emerito
all’Università Federico II di Napoli.
Cosimo Palmisano
Founder e CEO di ECCE Customer. Dal 2012 a oggi con Decisyon ha raccolto
circa 40 milioni di dollari di investimento da fondi di venture capital americani.
Componente del comitato tecnico per le agevolazioni Smart&Start gestiti da
Invitalia e finanziati con 190 milioni di euro dal Ministero dello Sviluppo Economico.
È un esperto di Data Mining e CRM, ha svolto ricerca negli Stati Uniti (Stern
Business School di New York) e al Politecnico di Bari. Ha conseguito la Laurea
in Ingegneria Elettronica ed il PhD in Industrial Management presso il Politecnico di Bari.
Emilio Paolucci
Professore ordinario presso il Dipartimento di Ingegneria Gestionale e della
Produzione del Politecnico di Torino. Insegna Imprenditorialità e Business Planning al Politecnico di Torino. Coordinatore del Master in e-Business del Politecnico di Torino, ed associate editor dell’International Journal of E-Business È
laureato in Ingegneria Elettronica presso il Politecnico di ed ha conseguito un
Master in Computer Science presso il Cefriel - Politecnico di Milano.
Angelo Petrosillo
Co-fondatore e Amministratore Delegato di Blackshape SpA, eccellenza tecnologica nella produzione di velivoli da diporto sportivo e da addestramento
primario.
Dal 2006 al 2008 è stato advisor presso il Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica. Si è specializzato in Francia presso l’Université
Panthéon - Assas, e ha frequentato, come visiting student, l’École Normale
Supérieure.
Ha conseguito una laurea in Giurisprudenza presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Italia, dove ha frequentato anche il programma di dottorato.
Andrea Prencipe
Professore Ordinario di Organizzazione e Innovazione presso il Dipartimento di
Impresa e Management della LUISS Guido Carli. Visiting Professor presso la
Rotterdam School of Management. Svolge attività di ricerca sui temi della gestione strategica dell’innovazione tecnologica e organizzativa; apprendimento
organizzativo nei contesti project-based; capitale sociale e processi innovativi.
Ha conseguito una laurea in Economia e Commercio, presso l’Università G.
d’Annunzio e un dottorato in Science and Technology Policy, allo SPRU, Università del Sussex (UK).
Francesco Profumo
Presidente della società energetica Iren, Presidente della Fondazione Bruno
Kessler di Trento e presidente della Scuola di Alta Formazione al Management
(SAFM) di Torino. Professore Ordinario nel settore Convertitori, Macchine ed
Azionamenti Elettrici. Ex presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Da
novembre 2011 ad aprile 2013, ha ricoperto la carica di Ministro dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca con delega al Dipartimento per l’innovazione tecnologica). È laureato in Ingegneria elettrotecnica.
Luca Ravagnan
Co-fondatore e Amministratore delegato di WISE Srl. Dal 2006 al 2010 conduce
attività di ricerca sperimentale nell’ambito delle nanotecnologie come assegnista, sviluppando nel 2010 la tecnologia SCBI che brevetta (insieme a 3 colleghi).
Ha ricevuto numerosi premi per l’innovazione, tra cui nel 2012 il Premio Sapio
Junior per la Ricerca Italiana.
Consegue presso l’Università degli Studi di Milano la laurea in Fisica nel 2002
e il dottorato in Fisica nel 2006.
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Marisa Roncato
Consigliere delegato della Roncato SpA. Dal 1995 diventa procuratrice generale della Roncato Ciak specializzata nella produzione del Made in Italy di valigie
rigide da viaggio, di bauli armadio e contenitori su misura. Dal 2013 è Amministratore Delegato della stessa Azienda che oltre al “MADE in ITALY” crea una
vasta gamma di prodotti da viaggio e tempo libero.
Nel 2006 entra a far parte della Commissione Commercio dell’Unione dei Comuni dell’alta padovana.
Elisabetta Russo
Consulente di innovazione e R&D, con un background manageriale trentennale
alla Procter & Gamble come Global Leader of Research & Development.
Marinella Soldi
General Manager di Discovery Networks Sud Europa e Amministratore Delegato Discovery Italia dal marzo 2009. Ha la responsabilità di supervisionare le
attività locali di Discovery in Italia, Spagna e Portogallo ed è inoltre un membro
chiave del senior management team di Discovery Networks Western Europe.
Sotto la sua direzione, Discovery in Italia è diventato il terzo editore televisivo
nazionale per share complessiva.
Ha lavorato come executive coach per importanti marchi internazionali e nel
2003 ha fondato Soldi Coaching/Glitz srl. Ha ricoperto per cinque anni ruoli
di senior management in MTV Networks Europe, tra cui Senior Vice President
dello sviluppo strategico a Londra e Direttore Generale di MTV Italia a Milano.
Silvano Spinelli
È stato fondatore di EOS (Ethical Oncology Science) nel Gennaio 2006 e ne è
stato Chief Executive Officer e Presidente del Consiglio di Amministrazione fino
al Novembre 2013 quando l’intero capitale azionario della società è stato acquisito dalla società americana Clovis Oncology per 400 milioni di dollari. Ha una
lunga esperienza come responsabile di gruppi di ricerca avanzata nel campo
dello sviluppo di farmaci chemioterapici antitumorali. Inizia nel 1997 l’avventura che lo ha portato ad essere anche co-fondatore e Chief Executive Officer di
Novuspharma da Gennaio 1999 a Dicembre 2003, anno in cui la Società è stata
acquisita da Cell Therapeutics, Inc. (CTI). Novuspharma ha completato la IPO
sul Nuovo mercato nel Novembre 2000, raccogliendo più di 160 milioni di Euro.
Irene Tinagli
Docente di Economia delle imprese presso l’Università Carlos III di Madrid. È attualmente in aspettativa a seguito della sua elezione alla Camera dei Deputati.
Nel marzo 2010 è stata premiata dal World Economic Forum per “le doti professionali, impegno nella società e potenziale contributo a dare forma al futuro del
mondo” come “Young global leader”.
Laureata all’Università Bocconi di Milano, ha conseguito un dottorato in Public Policy and Management presso la Carnegie Mellon University di Pittsburgh
(Pennsylvania).
GLI AUTORI
Moreno Muffatto
Professore ordinario di Gestione Strategica delle Organizzazioni e Innovation
and Project Management presso l’Università degli Studi di Padova. Coordinatore del gruppo di ricerca Management e Imprenditorialità presso il Dipartimento
di Ingegneria Industriale. Dal 2004 Direttore del Master Universitario in Project
Management e Gestione dell’Innovazione. Direttore scientifico e curatore del
Forum Ricerca Innovazione Imprenditorialità (dal 2008) e ideatore del progetto
School of Entrepreneurship.
È European Regional Editor dell’International Journal of Entrepreneurship and
Innovation Management (IJEIM). Ha curato (con Paolo Giacon) “Entrepreneurial
Strategies and Policies for Economic Growth” (2012) e Tempo di crescere? Nuova Imprenditorialità e Sviluppo Economico (2010).
Patrizia Garengo
Professore associato di organizzazione aziendale e misura delle prestazioni
presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale, dell’Università di Padova. Svolge attività di ricerca sulla misurazione delle prestazioni e lo sviluppo organizzativo e gestionale delle piccole e medie imprese presso l’Università di Padova. Collabora come Research Fellow con il Centre for Strategic Manufacturing
dell’Università di Strathclyde (Glasgow – UK) e la Manchester Metropolitan
University (Manchester- UK). È autrice di due libri e oltre 70 articoli pubblicati
su atti di convegni e riviste scientifiche di rilevanza nazionale e internazionale.
Donato Iacobucci
Professore associato di Economia applicata presso la Facoltà di Ingegneria
dell’Università Politecnica delle Marche. Dal 2006 è delegato del Rettore per
l’innovazione e il trasferimento tecnologico. È direttore del Centro per l’Innovazione e l’Imprenditorialità dell’Università Politecnica delle Marche.
I suoi principali interessi di ricerca sono nell’ambito dell’imprenditorialità,
dell’innovazione e dei sistemi locali di piccole e medie imprese. Ha sviluppato ricerche sulle caratteristiche e sui processi di crescita dei gruppi di piccole
e medie imprese, sulle relazioni fra agglomerazione spaziale e performance
d’impresa, sull’imprenditorialità nei settori ad alta tecnologia e sugli spin-off
universitari.
Alessandra Micozzi
Assegnista di ricerca di Economia Applicata presso la Facoltà di Ingegneria
dell’Università Politecnica delle Marche. È ricercatrice presso il Centro per l’Innovazione e l’Imprenditorialità dell’Università Politecnica delle Marche.
Partecipa a due progetti Marie Curie People: Poreen e Chetch. In Chetch ricopre
il ruolo di leader nel WP economico. I suoi principali interessi di ricerca sono
l’imprenditorialità knowledge-based, l’ecosistema imprenditoriale e dell’innovazione, l’imprenditorialità accademica, la formazione imprenditoriale e il trasferimento tecnologico.
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Michael Sheriff
Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università degli Studi di Padova. Ha conseguito il dottorato di Ricerca in Ingegneria
Economico Gestionale con una tesi sullo sviluppo sostenibile dell’imprenditorialità in alcuni Paesi Africani. Attualmente sta sviluppando un’analisi delle
imprese innovative in Italia.
Saadat Saaed
Ha conseguito il dottorato di Ricerca in Ingegneria Economico Gestionale all’Università degli Studi di Padova con una tesi sul ruolo di Università ed istituzioni
nel favorire l’orientamento all’imprenditorialità negli studenti. Ha una laurea
in Management (University of Glasgow, UK), una specializzazione in Statistica
(University of Punjab, Pakistan) e in Business Administration (COMSATS, Pakistan).
In collaborazione con
Con il contributo di