La danza del ventre

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La danza del ventre
LA DANZA DEL VENTRE
Franco Tugnoli
La smisurata piazza di Marrakech s’inonda poco a poco di gente e frastuoni. Odori acri d’umanità a
di spezie s’intrecciano fin su, dentro la terrazza che domina l’immenso spazio formicolante, acceso
dall’imminente tramonto. Qui, come ogni anno, Nicola celebra con gli amici la conclusione della
settimana di caccia, un breve spazio di tempo che il lavoro gli concede per coltivare la sua grande
passione (quelle più piccole appartengono al suo stato di single).
Per la verità, questa volta la conclusione sembra trovare un’ulteriore piacevole coda dopo la
traboccante cena: una serata in un night della Medina in cui è previsto uno spettacolo ‘da non
perdere’ come assicura Farouk, un intenditore locale che fa parte della combriccola festaiola.
L’ambiente non è di grande raffinatezza, tranne lo champagne di pregiata etichetta, ma da subito
presenta una risorsa accattivante: un gruppo di danzatrici dedite a manovre conturbanti e persino
spericolate (una ha terminato il proprio numero sul tavolo, prontamente sgomberato, dei deliziati
cacciatori).
“Vedi”, recita Farouk che vuole valorizzare il contenuto estetico dello spettacolo, “ la danza del
ventre è una forma artistica che fa parte di antiche tradizioni culturali…” (lo zelo gli impedisce di
precisare che ha origine nei riti di fertilità - il motivo della pancia scoperta! - dell’Antico Egitto e le
sue performance di movimento e di costumi appartengono fin dalla notte dei tempi al patrimonio
nazionale di quel Paese).
Naturalmente l’argomento culturale non riesce a far presa su Nicola, ormai assorbito da ciò che gli
si sgrana davanti. Soprattutto il caracollare di Samia - ha già avuto il suo nome – e le ondate dei
suoi fianchi finiscono presto per convogliarlo su un bina- rio predestinato: il desiderio di
conoscerla, di averla vicino.
E’ passato poco più di un anno. Samia e Nicola hanno approfondito la loro conoscen-za. Lei è una
giovane ariosa, gli occhi sono smalti infuocati sull’armonia di un corpo bianco e compatto, ha la
metà degli anni di Nicola, che ama ‘perché sei bello biondo e serio’ come gli ha scritto appena s’è
arrischiata a farlo.
Questa volta è venuto per una caccia diversa: il problema di scegliere dove mettere su casa. Per
Samia è difficile lasciare la sua grande famiglia, ed a Nicola non va di pensare di trascinarla nella
nebbia padana. Poi, adesso, c’è il problema del nuovo cantiere che dovrà dirigere al Cairo.
Hanno finito per decidere che Nicola vedrà come si prospetta il futuro lavoro e, in caso positivo, si
trasferiranno là. “Però decidi presto”, ha detto Samia, prima di mandargli un bacio con le sue dense
labbra stampate sulla vetrata dell’aeroporto.
Il Cairo è l’amalgama straordinario del fervore caotico di una gigantesca capitale araba - la
prorompenza del traffico, la variopinta cornucopia dei mercati, il sonoro
intreccio delle parlate – con l’esplosiva bellezza di moschee e palazzi e rive di fiume
sino alla stupefacente testimonianza di una delle più antiche e fastose civiltà del mondo: il Museo
Egizio. Non è stato facile,per Nicola, ritrovarsi in tale abbraccio
corale e affascinante, anche se Farouk, il suo assistente, gli ha dato le dritte giuste per sistemarsi in
un paio di miracolosi locali affacciati su un ombroso giardino.
Farouk è un ragazzone che si dichiara ‘di pura razza egiziana’ e non perde occasione per
mostrarsene degno, fornendo continue e ammirate notizie sul suo Paese. Anche una sera,
nell’assistere ad uno spettacolo di danza, ha voluto sottolinearne le differen- ti ‘ filosofie’cui si
ispirano le varie scuole nazionali: il tipo di movimento – corpo, mani, braccia, gambe - la ritmicità,
il grado di nudità nell’intrigante sfarzo dell’ab- bigliamento, lo scorrere di avvolgenti complicità
musicali. “ Solo in Egitto esiste questa perfezione di danza”, chiarisce convinto, “ che si richiama ai
suoi principi artistici e non erotici”.
Differenza che Nicola non ha saputo distinguere perché il tripudio delle sensuali mo- venze di
Tahia, considerata una delle più ‘incandescenti’ danzatrici della città, ha finito per sbrecciargli il
muro di fedeltà reso precario da due mesi di lontananza da Samia.
Insomma, Tahia, una donna in vista di un’età in cui gli orizzonti tendono ad incupirsi,
non ha lesinato risorse per tentare di radicare in Nicola l’indispensabilità di una incandescenza ricca
di futuro comune.
Un futuro che, all’improvviso, svela tutta la sua dolente scompostezza.
La notte è appena cominciata; il deserto spande sulla città il suo greve alito sabbioso. Il ‘New
Dream’ è un ritrovo pieno di spettatori deliziati dal fremere di corpi che si alternano in una gara di
danza del ventre. Le sfidanti sono una dozzina ( c’è anche Tahia) in un tripudio di carnalità e
leggerezza, all’insegna di levità di movimenti e nudità di pelle imbandite dal frusciare di stoffe
sgargianti e dal traboccare di musiche; soltanto fulgori d’occhi sfuggono ai drappi che nascondono i
volti.
Anche Nicola e Farouk, al tavolo vicino alla pista, sembrano dispersi nell’ammirare l’esibizione. Ad
un tratto due morbide braccia s’avvolgono al collo di Nicola: la bocca di Samia raccoglie il suo
stentato sorriso. “Morivo dalla voglia di vederti”, è la disarmante risposta all’evidente stupore di
Nicola.
A Tahia non sfugge la scena: quella donna di cui aveva avuto avare notizie ora è lì,
abbracciata all’uomo cui lei sola si sente promessa. Il suo disincanto diventa dissi- mulato furore,
sino al limite di un delirante sortilegio.
Appena qualche ora: lo spettacolo sta spegnendo i suoi fuochi nel turbinare delle ultime danze e
musiche e brindisi. A Samia, in piedi accanto a Nicola, s’avvicina una
rapida figura, sgusciata tra i tavoli affollati ; dallo svolazzo delle sue sete spunta una lama che
s’infigge nel fianco della ragazza. L’urlo si disperde nel trambusto generale.
Nicola è veloce nel sorreggere Samia;strappa una tovaglia per tamponare lo squarcio
( in cantiere ha imparato ad affrontare certe emergenze); si fionda all’ospedale alla
disperata ricerca della salvezza.
Per giorni l’indagine brancola in una spessa palude interpretativa. Anzitutto si tratta di soggetti non
egiziani: una sconosciuta appena arrivata dal Marocco; l’altro inse- diato da qualche mese, e
nemmeno uniti da parentela o da motivi di lavoro. Poi il tipo di aggressione, così spietatamente
pubblica, per fortuna senza esito funesto, da interpretarsi come un regolamento di conti o di
vendetta personale, forse di gelosie. Ma perché non risolverlo in un agguato solitario, predisposto in
un angolo di strada, senza testimoni? D’altra parte: quali testimonianze utilizzare visto che l’autore
(o l’autrice?) aveva il viso coperto, lo sfarfallare del suo vestito era simile a tanti altri, la sua figura
era scomparsa subito tra la folla; e non si è trovata alcuna arma?
Anche la traccia fornita da Nicola, che ha confessato la relazione con Tahia e Samia, non ha
portato ad alcuna schiarita. Perché ‘se il movente può starci tutto’, ha spiegato l’ispettore,
compiaciutosi maschilmente di riconoscere che soltanto in una donna la gelosia può scatenare simili
improvvise ed incontrollabili reazioni, “non è possibile formulare accuse nei confronti di Tahia
perché nel momento dell’aggressione lei era nel gruppo che si esibiva nel ballo. Comunque”, rassicura, “continue- remo ad indagare
a tutto campo”.
Dopo una settimana d’ospedale Samia esce al braccio di Nicola. Ha un sorriso lieve:
in fondo, l’incubo trascorso sembra aver dissolto l’ombra orrenda di naufragio del suo progetto
d’amore. Infatti, Nicola ha rimesso a dritta la sua ‘sbandata’ (favorito anche dal fatto che Tahia
risulta impegnata in un tour di spettacoli lontani dal Cairo ), e si mostra pronto a cercare il ‘ nido’
giusto per realizzare quel progetto.
Naturalmente, fino a quando non si sarà schiarito il clima di potenziale pericolo sor- to per
l’agguato subìto, hanno prudenzialmente deciso per un malinconico ma oppor- tuno ritorno a casa
di Samia.
‘Ti verrò a prendere presto’, ha promesso Nicola con voce sincera, pur venata dal tormento per la
malvagia ed inspiegabile violenza.
Sono trascorsi appena due giorni quando Farouk avverte Nicola che su quel mistero è in grado di
dare una sua personale interpretazione: “Ho un po’ di roba da farle vedere”, dice con l’aria enfatica di sempre, “roba molto eloquente…Anche molto riservata”.
“L’aspetto a casa fra un’ora”.
Farouk arriva trafelato; Nicola gli indica il divano. “No, grazie:mi siedo al tavolo. Le spiego
subito”, dice, mentre comincia ad estrarre dalla borsa la ‘roba’ preannunciata.
“Come vede, sono scatti fotografici. Ne faccio sempre quando assisto alle gare di
danza del ventre. Lei conosce”, prova a fare un sorriso che è soltanto una smorfia, “la
mia passione per questi spettacoli…”
“Va bene, va bene…E allora?” Nicola ha fretta di capire.
“Ecco, vede? Queste sono otto fotografie delle danzatrici, riprese a gruppi. Qualcuna è un po’
sfocata; ma sa, all’inizio si è sempre emozionati…”
Nicola guarda, senza sorpresa: “E’ un carosello fantastico di corpi e di vestiti. Peccato che
l’istantanea ne fermi il movimento”.
“Lei ha toccato il punto”. Farouk ha uno sguardo trionfale, ed è felice di darne ragione. “ Le faccio vedere quest’altre, le ultime della gara. Lei trova delle differenze?”
“Direi proprio di no. Stessi movimenti, pance al vento, sventolio di sete…”
“Allora guardi qui. In queste foto, riprese appena prima dell’aggressione a Samia, c’è una ballerina
che non fa mosse corrette…”
“Come sarebbe?”
Farouk estrae l’ultimo ‘reperto’ dalla sua borsa: è un libretto edito dal Ministero della Cultura
Egiziano che descrive la storia e le regole che riguardano la danza del ventre.
“ E’distribuito nelle nostre scuole di danza”, spiega. “Qui, vede, sono illustrati movi- menti che
quella ballerina fa in un modo diverso, molto diverso da quelli che Tahia sa fare in modo stupendo”.
“Mi sembra impossibile… un fatto così impercettibile…”
Farouk non demorde: “Come indovinare l’età di un vino: ci vuole l’intenditore…”
Adesso tutto è diventato terribilmente chiaro: Tahia s’è fatta sostituire da un’incol- pevole collega
‘non egiziana’.La quale, dunque, ha inconsapevolmente distrutto il
suo alibi.
L’ispettore l’ha rintracciata. L’ interrogatorio è durato poche ore, fino alla disperante confessione.
Tahia non ballerà più: quando uscirà di prigione sarà troppo vecchia per ricominciare.
Anche Samia non ballerà più. A causa di quel brutto sfregio, ma soprattutto per via dei bambini
che il dottore le ha garantito di poter mettere al mondo .