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Saronno
Superstrada
Milano-Meda
Cascina Ferrara
Rovellasca
Milano
Saronno
Rovello
Porro
Manera
Lomazzo
Bregnano
Cermenate
Puginate
Bulgorello
SS Dei Giovi
Provincia di Varese
Consorzio Parco del Lura
Sede: Largo Clerici, 1 - 22071 - Cadorago (CO)
Sede operativa: Via Risorgimento, 4/A - 22071
Cadorago - Loc. Bulgorello (CO)
Tel. 031.901491 - Fax 031.8881621
[email protected] - www.parks.it/parco.lura
A9
Turate
Caslino
al Piano
Lomazzo
Guanzate
Cadorago
A9
Como
Come arrivare al parco
Provincia di Como
Parco Locale d’Interesse Sovracomunale
nei Comuni di:
Bregnano
Rovellasca
Cadorago
Rovello Porro
Cermenate
Caronno Pertusella
Guanzate
Saronno
Lomazzo
Mappa del
Parco
del Lura
Il Parco di Villa Porro
(Tratto da“Cucina Lariana” di Marco Riva e Rossano Nistri)
E’ noto che, fino all’inizio del nostro secolo, le donne
delle campagne brianzole erano molto ricercate, come
cuoche o inservienti di cucina, dalle famiglie della buona
borghesia milanese. Erano considerate persone resistenti
alla fatica, portatrici di una cultura semplice e sana, un
po’ ruvide, se si vuole, ma industriose e fedeli.
Anche Rovello ha dato il suo contributo alla città: cosa
che potrebbe sembrare ai più del tutto irrilevante, se non
fosse accaduto che questo andirivieni di nobili e di ricchi
milanesi verso le campagne dove si erano fatti costruire
le ville per passarvi i mesi caldi (a Rovello fino al ‘700
c’era un’antica residenza dei Visconti), e di robuste
contadine verso la città, abbia portato alla contaminazione
delle rispettive culture gastronomiche.
Ai Milanesi è rimasto, per esempio, un certo gusto per
la cucina al vino (nel risotto, nella carne e persino nei
dolci) tipico della Brianza e in Brianza si è diffuso un
certo gusto per la cucina al burro, alla panna o alla salsa
bianca mutuato dalla gastronomia milanese di fine Settecento e d’inizio Ottocento.
E’ per questo che a Rovello sono ben conosciuti e
apprezzati i piatti di verdura con salsa di panna e uova.
Si possono preparare con gli ortaggi più diversi: col
cavolfiore, con i fagiolini, con le tàccole, con le melanzane
e persino con le patate. Prendiamo i fagiolini: si lessano
in acqua salata, si scolano e poi si fanno soffriggere nel
burro; si aggiunge della panna e poi un uovo sbattuto
con altra panna, sale, pepe, succo di limone e formaggio
grattugiato. Si mescola per qualche minuto per dar tempo
all’uovo di cominciare a rapprendersi e alla salsa di
raddensarsi un po’ e si serve ben caldo.
Cucina di città in campagna
Rovello Porro
Santuario di Saronno (Photo New - Saronno)
(tratto da: “Le foglie del tempo” di Giuseppe Radice)
se scappa no, se ciàmen Lazzaron.
Nissun rièss trovà l’accorgiment
de fà ‘sti amarett inscì tant bon.
E de biscott gh’è pien poeu tutt el mond:
lavoraa, pastrugnaa, d’ogni color.
Ma quii che rinvegniss i moribond,
L’è diventaa famos quell bastiment
che ‘l porta in gir el nom del me paés;
sì, l’è sbarcaa su tutti i continent
per fà dolzì la bocca anca ai cinés.
Ormai l’è diventaa la stessa roba
parlà di Amarett e de Saronn;
come ‘l mercaa che l’è mai giò de moda
insèmma a quii zabett de ‘sti trii donn.
I Amarett de Saronn
( tratto da: “Amaretto di Saronno: storia di un liquore originale”)
La leggenda di Bernardino Luini sul liquore
originale.
Si narra che Bernardino Luini, impegnato nei celebri
affreschi del Santuario, alloggiasse in una locanda della
via Varesina, ospite di una vedova di bionda e gentile
bellezza. La serena bellezza della locandiera indusse il
pittore a farla posare per un quadro di Madonna, cosa di
cuila donna gli fu gratissima. Tanto che volle fare un dono
al Maestro Luini. Ma che dono? Prese un pugno di
noccioli d’albicocca e li gettò a macerare nell’acquavite
e potè così offrire al pittore il suo regalo: un boccale di
liquido ambrato, fragrante, delicato. Era così nato
l’Amaretto di Saronno.
Saronno
6 spicchi di aglio
pomodori freschi o
passata di pomodoro
sale q.b.
6 spicchi di aglio
0,5l. di latte
vino rosso
grana padano
Località Bissago
Buseca & buseca
La buseca, o trippa, è una minestra apprezzata più o
meno ovunque in Lombardia. Le striscioline di trippa
(cuffia, ricciolotta e francese) vengono cotte a lungo
insieme alle verdure e si mangiano col cucchiaio, come
se si trattasse di fettuccine sbriciolate.
Più brodosa o più asciutta, con o senza i pomodori (che
sono ortaggio immesso tardivamente nella cultura alimentare della regione): ogni zona è legata alle sue piccole
varianti. Sul territorio di Lomazzo, amministrativamente
comasco, ma storicamente legato alla diocesi e alla
cultura milanese, cerniera tra la Brianza lariana e quella
ambrosiana, si è di rito ambrosiano anche in fatto di
trippa.
I Comaschi hanno inserito ormai da tempo la buseca tra
i piatti tipici del loro territorio, trovandone la caratterizzazione nella presenza dei fagioli bianchi o dei bianchi di
Spagna. A Lomazzo, invece, si usa tradizionalmente la
variante milanese, con verdure, ma senza fagioli, arricchita
talvolta con qualche pezzetto di patata.
Dettagli, si dirà. D’accordo, ma da nessun’altra parte
come in cucina ha valore la massima evangelica Unicuique suum.
(Tratto da“Cucina Lariana” di Marco Riva e Rossano
Nistri)
Lomazzo
Il Vecchio Ponte sul torrente Lura
ed il Viale alberato di Via XX Settembre
- Preparazione
Cuocere la polenta, farla raffreddare e poi tagliarla a fette.
Far soffriggere aglio e olio, aggiungere il latte e lasciarlo
bollire. Inserire in una teglia uno strato di polenta, aggiungere un po’ di soffritto e il vino (2 o 3 cucchiai per ogni
strato), aggiungere inoltre il formaggio grattugiato.
Proseguire formando vari strati sempre con lo stesso
procedimento. Cuocere lentamente per circa mezz’ora.
- Ingredienti per 4 persone
0,5 kg di farina gialla
5 cucchiai di olio
30 g di burro
Polente Cumedada
- Preparazione
Lessare le patate con un pizzico di sale. Preparare un
sofritto con aglio, olio e burro. Aggiungere i pomodorini
freschi o la passata e cuocere il tutto fino ad ottenere una
composizione piuttosto densa. Schiacciare le patate sino
ad ottenere una purea ed aggiungere alla stessa il sugo.
Può essere servita anche fredda.
- Ingredienti per 4 persone
2 kg di patate
50 g di burro
5 cucchiai di olio
Polenta di patate
(Sul piano alimentare le ricette tradizionali rovellaschesi sono
tratte da “Così era Rovellasca” – Massimo Soncini)
Vecchie tradizioni
Il paese di origini prevalentemente contadine ha legato
da sempre le sue tradizioni e le sue usanze ai cicli
stagionali e alle ricorrenze religiose. Tra le più sentite e
di antica data si trovano la Festa di ciapp, e la Festa di
San Michele o della Polenta noeva.
Due ricette della tradizione rovellaschese
Nelle campagne coltivate a frumento, patate e granoturco,
si è perso giorno dopo giorno l’allevamento dei bachi da
seta, che per oltre un secolo aveva rappresentato l’unica
fonte di guadagno per molte famiglie secondo una filiera
arcinota: acquistare la “semenza” fuori paese, seguire i
bozzoli sui moroni (gelsi), raccogliere e consegnare ai
fabbricanti di Como per la trasformazione in sete destinate
ad ogni angolo del mondo.
Roccolo - Rifugio di pianura
L’apprezzamento del turista italiano per le fiere di paese
e per le feste patronali è andato crescendo di anno in
anno. Ma il pretesto della sagra nasconde sempre
qualcos’altro. La maggior parte delle feste popolari, hanno
sostituito o scorrono parallele a celebrazioni del calendario
liturgico cristiano. E d’altro canto, anche la maggior parte
delle feste espressamente religiose nascondono quasi
sempre livelli produttivo-artigianali o gastronomici tali da
riattivare nella ritualità cristiana non ufficiale, memorie
frammentarie dell’arcaica e mai completamente cancellata
religione agricola.
In ognuna, con un’indagine minima, è possibile cogliere
le strutture, le tensioni e le dialettiche della comunità che
la vive, i suoi bisogni più primitivi e meno conosciuti. Le
feste di paese divise quindi nei due grandi gruppi: religiose
e laiche, senza dimenticare un sottogruppo in cui la sagra
manifesta entrambi i caratteri.
Fanno riferimento a questo ultimo livello, le sagre basate
sulla produzione e sulla consumazione di pane, semplice
o condito, dolce o salato, tutte passate attraverso una
rifunzionalizzazione cristiana. Rientra in questo gruppo
il pane di San Vincenzo a Cermenate.
Si rinnova poi ogni anno, dopo il 20 settembre, la Sagra
della polenta, che ha per protagonista assoluta la farina
gialla, pura o in unione alla farina di grano saraceno. Il
tradizionale appuntamento gastronomico settembrino ha
la sua origine nella consuetudine della contrada Catena
(il quartiere attorno alla via Ardizzone) di celebrare con
la tavola imbandita la conclusione del lavoro agricolo
estivo. Le pucie per insaporire la polenta sono quelle
tradizionali nella zona, a base di brasato d’asino, di
funghi, di salsiccia. Non mancano i formaggi e i soprattutto
i salumi tipici, per i quali Cermenate era, in passato,
rinomata in tutta la Brianza milanese. Il pasto si conclude
di solito con il pane di san Vincenzo, chiamato in dialetto
carsenza, un dolce di pan giallo, con fichi, noci e uva
passa, nell’antica tipologia della miascia, conosciuta in
tutto il territorio comasco.
(“Cucina Lariana” di Marco Riva e Rossano Nistri e
“Cucina lariana on Web”)
La sagra della polenta e il pane di San Vincenzo
Cermenate
La fienagione nelle campagne tra Caslino al Piano
e Puginate
(a cura di Eleonora Dubini)
Pulenta noeva - La festa patronale della parrocchia di
San Michele cade il 29 settembre, nel periodo di raccolta
del granoturco. Per questo è tradizione da lunga data
festeggiare in tutte le case la ricorrenza cucinando la
polenta con la farina del nuovo raccolto. Da alcuni decenni
la Pro loco organizza una vera e propria Sagra della
polenta noeva, molto frequentata dai Bregnanesi.
Festa di Ciapp - E’ una antica tradizione ancora viva
nel borgo di Puginate. E’ legata alla festa parrocchiale
della “Domenica In Albis”, cioè la prima domenica dopo
la Pasqua. Rappresentava la prima festa dopo il lungo
inverno ed era occasione per tutti di godere il primo
tepore primaverile. La domenica, i parrocchiani delle
altre parrocchie bregnanesi si recavano a piedi a Puginate
per assistere alla processione e poi approfittavano della
presenza delle bancarelle per acquistare la “Tiratacca”,
nastro di zucchero caramellato gommoso che veniva
preparato sul posto dai venditori di dolciumi che lavoravano a mano l’impasto. Il lunedì in tutte le famiglie era
usanza preparare le uova sode aperte longitudinalmente
(nella forma evidenziata dal nome della ricetta) e consumate con cicorino primaverile. Tradizionalmente venivano
cucinate nella antica Cooperativa di consumo e in ogni
bar o locale attivo e gli uomini consumavano questo
pasto frugale in compagnia nei locali pubblici. Nel borgo
si recavano anche “gli uomini” delle altre parrocchie
bregnanesi. Ancora oggi l’usanza continua ad essere
praticata.
Bregnano
Rovellasca
Itinerario nella tradizione e nel gusto
olio di oliva
formaggio grattugiato,
sale
Santuario della Madonna in Campagna
- Vista della corte
(a cura di Antonio Sorelli)
Ancora oggi alla Cascina Vaj ("ul cancanin") si prepara
integrando la ricetta tradizionale con verza verde, castagne
e fagioli.
A Guanzate, dove il Santuario è dedicato alla Madonna,
è tradizione preparare la pietanza tipicamente invernale
l' 8 dicembre.
Come si prepara:
In un tegame fate soffriggere l'olio, successivamente
aggiungetevi la farina.
Cuocete il composto per circa 10 minuti mischiandolo in
continuazione per evitare che si formino dei grumi.
Aggiungere quindi l'acqua calda fino ad ottenere una
crema che farete cuocere per circa 15 minuti. A cottura
ultimata aggiungete una manciata di grana grattugiato
ed un pizzico di sale.
Cos'è:
La Pult è una crema di farina cotta in acqua e condita
con formaggio grattugiato.
- Ingredienti
per 4 persone
6 cucchiai di farina bianca
acqua calda quanto basta
Pult:
E' una variante della polenta classica, è più molle, ed è
consumata come una minestra o un primo piatto.
Ricetta della tradizione guanzatese
Legata alla presenza del Santuario dedicato alla Madonna
in Campagna, a Guanzate, l'8 dicembre, è tradizione
preparare la:
Guanzate
Affresco del Lazzaretto di Cadorago
Il paese dei cuochi
I centri urbani di Cadorago, Bulgorello e Caslino al Piano
nascondono nelle loro corti piccoli tesori da scoprire
passeggiando a piedi o in bicicletta: pozzi, colonne,
immagini religiose.
Ciò che incuriosisce il visitatore maggiormente sono i
quadri e gli affreschi che decorano i muri delle case. Si
tratta di opere di artisti italiani ed europei che danno vita
a “Murarte.” Possiamo ammirare centinaia di questi
dipinti lungo le vie, negli androni, sui muri delle piazze:
decine di stili diversi, e di messaggi d’arte riuniti in una
pinacoteca all’aperto, alla cui fruizione tutti sono invitati
a qualunque ora del giorno.
L’iniziativa nata come concorso di pittura nel 1968, si è
trasferita dal 1990 nelle vie cittadine come mostra permanente. Conta oggi più di 300 opere.
E’ inoltre nota l’ospitalità gastronomica di Cadorago e la
tradizione che vide e vede numerosi cadoraghesi impegnati nell’attività di ristorazione in ogni angolo del mondo:
sulle navi da crociera, in nord Europa ed in America.
Tra le tradizioni culinarie merita di essere segnalata la
“Minestra di Natale”; la caratteristica zuppa di verdure
(cipolla, patate, verze, carote, …) alla quale vengono
aggiunti per l’occasione fegatini e la cresta soffritta del
cappone.
La tradizione non può non legarsi alla storia industriale
del nostro territorio. A Cadorago viene prodotto dal
Caglificio Clerici il caglio che è alla base di tutte le tipologie
di formaggio, nonché la gustosa bibita con il marchio
"Spumador". La sua caratteristica bottiglia, chiusa da
una pallina di vetro, le meritò l'appellativo di "ul sciampagn
de la balèta" (lo champagne con la pallina).
Nel 1938 Antonio Verga inventò la "Spumador Classica"
nota ancor oggi come "Spumador 1938" o semplicemente
"1938". (a cura di Renata Romano)
Cadorago
Ortica
Pallon di neve
Pervinca
Pino silvestre
Pino strobo*
Pioppo
Pioppo cipressino
Pioppo tremulo
Platano*
Prugnolo
Pungitopo
Quercia / Rovere
Quercia / Farnia
Quercia rossa*
Robinia
Rosa selvatica
Rovo
Salicone
Sambuco
Sanguinello
Sigillo di Salomone
Solidaggine
Sorbo selvatico
Spino di Giuda
Spirea
Tiglio
Vitalba
Il grande parco territoriale di Saronno
*Specie esotiche
Abete rosso
Acero campestre
Acero di monte
Acero di Virginia*
Artemisia
Bagolaro
Betulla
Biancospino
Carpino bianco
Castagno
Ciliegio selvatico
Ciliegio tardivo*
Edera
Falsa fragola
Felce
Felce aquilina
Fitolacca
Frangula
Frassino maggiore
Fusaggine
Gelso
Giunco
Lauroceraso*
Luppolo
Nocciolo
Olmo
Ontano nero
Piante
puoi trovare:
Castagno
Passeggiando lungo il corso del torrente Lura ci si accorge
di quanto sia rigogliosa e varia la vegetazione che
caratterizza la superficie del Parco. L’ambiente forestale,
tipico del “climax” delle prealpi lombarde evidenzia l’equa
suddivisione tra area boschiva e ambiente agricolo. Serie
di formazioni boschive dominate dalla robinia, farnia,
carpino, nonché dai filari di ontano nero sono diffusi su
entrambe le sponde del torrente da Rovellasca fino a
Saronno. Presenti anche le specie autoctone come il
pino, il castagno, il ciliegio e la betulla. L’attento osservatore può notare la ricchezza del sottobosco ben rappresentato dal nocciolo, dal sambuco, ma anche da una
varietà di funghi, erbe, felci e muschi che disegnano un
paesaggio variopinto e caratteristico, godibile in ogni
stagione. Sono presenti anche campi a seminativi, coltivati
soprattutto a cereali.
Alcune presenze esotiche sono riscontrabili nei boschi:
a Guanzate c’è una collina rimboschita con querce rosse.
Qua e là si trovano piante di larice e soprattutto ciliegi
tardivi; questi ultimi, purtroppo, sono pericolosi infestanti
americani che degradano e semplificano l’ecosistema.
Carpino
allodola
capinera
cappellaccia
cardellino
codirosso
colombaccio
cincia
cinciallegra
cornacchia
corvo
fagiano
fringuello
gazza
gheppio
merlo
Uccelli:
coniglio selvatico
donnola
faina
ghiro
lepre
Mammiferi:
puoi trovare:
nibbio
passero
pettirosso
picchio
piccione selvatico
quaglia
regolo
rigogolo
rondine
storno
tortora
usignolo
verdone
verzellino
riccio
scoiattolo
tasso
arvicola
volpe
Ballerina Bianca (foto Elio della Ferrera)
La copertura vegetale del Parco del Lura, caratterizzata
dall’alternanza di fitti boschi, prati e campi ha favorito
l’insediamento di molti animali. Un habitat naturale
ideale per numerose specie capaci di adattarsi a
questo contesto ambientale prossimo ad una zona
densamente urbanizzata. Nel Parco risulta particolarmente significativa la presenza degli uccelli. Sono
presenti passeri, rondini, pettirossi, cinciallegre ed
alcuni rapaci tipici del nostro territorio come la civetta,
il gufo, il barbagianni e il gheppio; più comuni risultano
essere tortore, zigoli, cornacchie, merli, piccioni e
fagiani selvatici. Ben più difficili da sorprendere sono
i mammiferi selvatici che popolano il sottobosco del
Parco: carnivori di taglia piccola come la volpe, la
faina, la donnola o roditori come il ghiro ed il tasso.E’
possibile invece incrociare la strada del coniglio
selvatico, del simpatico riccio, che si muove con
circospezione nella boscaglia, scorgere gli scoiattoli
saltare da un albero all’altro ed i roditori o i rettili più
comuni che vivono nei prati tipici delle zone coltivate,
anche in prossimità dei centri abitati.
Faina (foto Marco Cantini)