venerdì 27 gennaio 2017

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venerdì 27 gennaio 2017
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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLVII n. 21 (47.455)
Città del Vaticano
venerdì 27 gennaio 2017
.
A conclusione dell’ottavario ecumenico il Papa indica il cammino della riconciliazione tra i cristiani
In vigore le sanzioni sul nucleare
Impariamo
gli uni dagli altri
Pechino e Pyongyang
sempre più distanti
«Imparare gli uni dagli altri»: è questo il cammino di riconciliazione tra
i cristiani indicato da Papa Francesco nella solennità della conversione
di san Paolo. A conclusione della
settimana ecumenica, com’è consuetudine, il Pontefice ha presieduto il
25 gennaio la celebrazione dei secondi vespri nella basilica ostiense intitolata all’apostolo. E con il bacio dato — al momento del congedo — alle
croci pettorali del metropolita ortodosso e dell’arcivescovo anglicano,
Francesco ha voluto imprimere al rito il sigillo ecumenico di un pontificato tutto teso a costruire ponti di
riconciliazione.
Del resto, anche all’omelia il Papa
aveva insistito sulla necessità di proclamare il vangelo di riconciliazione,
soprattutto dopo secoli di divisioni
tra cristiani. E aveva individuato nella predicazione di Paolo un aiuto «a
trovare la via». Infatti — ha spiegato
— «egli sottolinea che la riconciliazione in Cristo non può avvenire
senza sacrificio. Similmente, gli ambasciatori di riconciliazione sono
chiamati a dare la vita, a non vivere
più per sé stessi. È la rivoluzione
cristiana di sempre».
Di conseguenza, «per la Chiesa,
per ogni confessione cristiana», ciò
si traduce in «un invito a non basarsi sui programmi, sui calcoli e sui
vantaggi, a non affidarsi alle opportunità e alle mode del momento». E
anche a «uscire da ogni isolamento,
a superare la tentazione dell’autoreferenzialità». In sostanza, «un’autentica riconciliazione tra i cristiani potrà realizzarsi» solo quando «sapremo riconoscere i doni gli uni degli
altri, con umiltà e docilità, senza attendere che siano gli altri a imparare
prima da noi».
E se — ha osservato il Pontefice —
«guardare indietro è necessario per
purificare la memoria», è altrettanto
vero che «fissarsi sul passato, attardandosi a ricordare i torti subiti e
fatti e giudicando con parametri solo
umani, può paralizzare e impedire di
vivere il presente». Da qui l’esorta-
zione a non stancarsi «mai di chiedere a Dio» il dono dell’unità. «Andiamo avanti — è stato l’auspicio
espresso a conclusione della sua riflessione — nel nostro cammino di riconciliazione e di dialogo, incoraggiati dalla testimonianza eroica di
tanti fratelli e sorelle, uniti ieri e og-
gi nel soffrire per il nome di Gesù».
E «approfittiamo di ogni occasione
per pregare insieme, per annunciare
insieme, per amare e servire insieme,
soprattutto chi è più povero e trascurato».
PAGINA 7
I vescovi di Cambogia e Laos in visita «ad limina»
Nella mattina di giovedì 26 gennaio Papa Francesco ha incontrato i presuli della Conferenza episcopale di Cambogia
e Laos, in occasione della visita «ad limina Apostolorum»
Tensione tra Messico e Stati Uniti dopo l’annuncio del presidente Trump
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Il muro della discordia
WASHINGTON, 26. Il capo dello stato messicano, Enrique Peña Nieto,
non annulla il previsto incontro con
il presidente statunitense, Donald
Trump,
martedì
prossimo
a
Washington. Sarà un incontro non
certo privo di tensione, dopo la firma ieri da parte di Trump dell’ordine esecutivo che prevede la costruzione di un muro al confine tra i
due Paesi. «La riunione di lavoro fra
i due presidenti a Washington è confermata. Voglio che sia chiaro: la
riunione per ora è ancora in piedi»
ha detto il ministro degli esteri messicano, Luis Videgaray.
Trump ha promesso non solo un
completamento della barriera che divide i due paesi (sarà lunga nel complesso 3200 chilometri), ma anche
un irrigidimento delle misure per
frenare i flussi migratori verso gli
Stati Uniti. E in un’intervista il presidente ha dichiarato: «La costruzione del muro comincerà nel giro di
qualche mese, ma la pianificazione
parte subito». Poi ha precisato: «Per
avviare la costruzione useremo i soldi dei contribuenti, ma poi li rimborseremo. Useremo i dazi o qualche altro meccanismo, ma alla fine
pagherà il Messico». Oggi — stando
a indiscrezioni della stampa — il presidente statunitense dovrebbe firmare diversi decreti per sospendere la
concessione dei visti a persone provenienti da paesi a rischio terrorismo
come Siria, Sudan, Somalia, Iraq,
Iran, Libia e Yemen.
Peña Nieto ha immediatamente
replicato alle parole di Trump sottolineando che il Messico non intende
pagare per il muro. «Condanno e mi
rammarico per la decisione del governo statunitense di continuare con
la costruzione di un confine che per
anni ci ha diviso più di quanto ci
abbia unito; il Messico dà e chiede il
rispetto dovuto come nazione sovra-
na». Peña Nieto ha spiegato che «il
Messico offre la sua amicizia al popolo degli Stati Uniti e la sua disponibilità a raggiungere accordi con il
loro governo, accordi di cui dovranno beneficiare il Messico e i messicani». A temere le mosse della nuova
amministrazione in materia di immigrazione sono soprattutto i circa undici milioni di immigrati senza do-
cumenti che da anni vivono e lavorano negli Stati Uniti, in attesa di
una riforma che possa regolarizzare
la loro situazione. Il progetto di riforma proposto da Barack Obama, e
bloccato al Congresso dai repubblicani, era fondato su due aspetti cruciali: niente espulsione dal paese per
i genitori senza documenti di figli
nati negli Stati Uniti e protezione
assoluta per le persone arrivate nel
paese quando erano bambini.
«Abbiamo bisogno di ponti, non
di muri» ha dichiarato in un tweet il
segretario generale della conferenza
episcopale messicana, Antonio Miranda, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Monterrey, appena appresa la
notizia della costruzione del muro.
«Non più stranieri, Messico e Stati
Uniti, insieme nel viaggio della speranza» ha aggiunto. Sempre sul
nuovo muro, il vescovo di Austin,
Joe S. Vásquez, presidente della
commissione per l’immigrazione della conferenza episcopale statunitense, ha dichiarato: «Invece di costruire muri, io e i miei fratelli vescovi
continueremo a seguire l’esempio di
Papa Francesco. Cercheremo di costruire ponti tra i popoli che ci permettano di abbattere i muri
dell’esclusione e dello sfruttamento».
Intanto, il presidente cubano,
Raúl Castro, si è detto pronto ad
avere un «dialogo rispettoso e una
collaborazione sui temi di comune
interesse con il nuovo governo del
presidente Trump».
La commissione Fede e costituzione
Sul mistero
della Chiesa
Sui papiri di Ercolano
Non sono libri morti
AURORA CORTI
A PAGINA
4
Un punto della barriera già esistente tra il Messico e gli Stati Uniti (Afp)
ANDRZEJ CHOROMANSKI
A PAGINA
6
PECHINO, 26. La Cina
si allontana sempre di
più dalla Corea del
Nord. Pechino ha varato oggi un’altra lista
di beni non esportabili verso Pyongyang, in
linea con le sanzioni
dell’Onu. Si tratta di
materiali dal «potenziale duplice uso», civile e militare, caratterizzati da tecnologie
che potrebbero aiutare
Pyongyang a sviluppare armi nucleari, chimiche e biologiche,
nonché missili funzionali allo scopo di attacco.
La prima vera svolta da parte della Cina,
alleato
storico
di
Pyongyang dall’accordo militare del 1961, si
è avuta il 30 novembre
scorso, quando ha sostenuto le sanzioni
Il
stabilite dal Consiglio
di sicurezza delle Nazioni Unite, permettendo che il voto contro la corsa alla proliferazione nucleare in Corea del Nord fosse unanime. Le disposizioni di oggi — contenute in una nota del ministero del commercio cinese — realizzano in parte le misure contenute nella risoluzione dell’Onu, la
numero 2321.
Quest’ultima intendeva dare un
segnale forte, dopo che per la prima volta nel settembre 2016 Pyongyang aveva fatto detonare una testata atomica. A gennaio dello stesso anno c’erano stati altri test, proseguimento di quelli documentati
nel 2006, 2009 e 2013. Oltre alle
restrizioni commerciali ed economiche, il documento prevede anche
l’inserimento in una “lista nera” di
istituzioni e individui, tra cui alcuni ex diplomatici, coinvolti nei programmi missilistici e nucleari di
Pyongyang. Viene inoltre proposta
la riduzione di personale nelle missioni nordcoreane all’estero e del
numero di conti bancari per ogni
missione.
Nel mirino della nuova mossa di
Pechino c’è soprattutto il carbone,
il prodotto principalmente esporta-
presidente cinese Xi Jinping (Ansa)
to dalla Corea del Nord (circa il 25
per cento del totale). Le esportazioni sono state bloccate di oltre
un quarto, insieme ad altre restrizioni commerciali e finanziarie che
dovrebbero creare un danno al regime di Pyongyang calcolabile intorno agli 800-900 milioni di dollari l’anno. Se la Cina, che confina
con la Corea del Nord ed è la sua
principale “porta d’ingresso”, applicasse alla lettera la risoluzione
dell’Onu, il blocco dei commerci
di Pyongyang dal carbone agli altri
minerali si ridurrebbe del 60 per
cento aggravando la già precaria
situazione economica del paese.
Le disposizioni di Pechino appaiono anche — secondo molti osservatori — una replica alle recenti
dichiarazioni del presidente degli
Stati Uniti, Donald Trump. Questi,
nei giorni scorsi, aveva detto che la
Cina «non fa pressione a sufficienza sullo storico alleato». Dal canto
suo, Pyongyang ha affermato che
la risoluzione alza «il livello di tensione» e ha minacciato la comunità
internazionale «con misure più dure di autodifesa», contro quella che
definisce «la minaccia nucleare».
NOSTRE INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza le Loro
Eccellenze i Monsignori:
— Ivo Scapolo, Arcivescovo
titolare di Tagaste, Nunzio
Apostolico in Cile;
— Miguel Maury Buendia,
Arcivescovo titolare di Italica,
Nunzio Apostolico in Romania.
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza:
il Reverendo Tito Banchong
Thopanhong, Amministratore
Apostolico del Vicariato Apostolico di Luang Prabang
(Laos), in visita «ad Limina
Apostolorum»;
le loro Eccellenze i Monsignori:
— Louis-Marie Ling Mangkhanekhoun, Vescovo titolare
di Acque nuove di Proconsolare, Vicario Apostolico di Paksé
(Laos), in visita «ad Limina
Apostolorum»;
— Jean Marie Vianney Prida
Inthirath, Vescovo titolare di
Lemfocta, Vicario Apostolico di
Savannakhet (Laos), in visita
«ad Limina Apostolorum»;
— Jean Khamsé Vithavong,
Vescovo titolare di Moglena,
Vicario Apostolico di Vientiane
(Laos), in visita «ad Limina
Apostolorum»;
— Olivier Michel Marie
Schmitthaeusler, Vescovo titolare di Catabum castra, Vicario
Apostolico di Phnom-Penh
(Cambogia), in visita «ad Limina Apostolorum»;
i Reverendi:
— Enrique Figaredo Alvargonzalez, S.I., Prefetto Apostolico di Hattambang (Cambogia), in visita «ad Limina Apostolorum»;
—
Antonysamy
Susairaj,
M.E.P., Prefetto Apostolico di
Kompong-Cham (Cambogia),
in visita «ad Limina Apostolorum».
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale
della Diocesi di Belize City Belmopan (Belize), presentata
da Sua Eccellenza Monsignor
Dorick G. Wright.
Provvista di Chiesa
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo della Diocesi di Belize
City - Belmopan (Belize) il Reverendo Lawrence Sydney Nicasio, del clero di Belize, Parroco della Cattedrale a Belize
City.
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venerdì 27 gennaio 2017
Il premier May durante il suo intervento
in parlamento (Afp)
Dopo la sentenza della Consulta sull’Italicum
Piano dell’Ue
per bloccare
i flussi
dalla Libia
BRUXELLES, 26. «Troppa gente
ancora muore nel Mediterraneo».
Con queste parole, Jean-Claude
Juncker, presidente della commissione europea, ha presentato la
nuova strategia con la quale la
Ue vuole «fare di più» per chiudere la rotta che dall’Africa subsahariana passa per la Libia. Il
nuovo piano, approvato ieri dai
commissari, sarà il 3 febbraio sul
tavolo del vertice informale a
Malta, che vorrebbe bloccare i
flussi verso l’Italia possibilmente
entro l’estate.
Misure a breve e medio termine, con un finanziamento da 200
milioni di euro per il 2017. La novità principale è l’idea di ridurre
le partenze e lottare contro i trafficanti rafforzando la guardia costiera libica che la Ue ha cominciato ad addestrare in autunno. Il
“cordone” della guardia costiera
libica dovrebbe avere la responsabilità dei salvataggi e dovrebbe riportare i migranti sulla costa, con
il duplice effetto di colpire il modello di business dei trafficanti e
di permettere la ripresa delle attività di pesca. In più è previsto un
lavoro parallelo con Egitto, Tunisia e Algeria per evitare che il
problema si allarghi con la creazione di rotte alternative nei paesi
vicini alla Libia.
Altro punto rilevante del piano
è incrementare la cooperazione
con l’organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e l’alto
commissariato Onu per i rifugiati
(Unhcr), che già operano in Libia, ma senza personale internazionale. Si vuole collaborare con
le municipalità libiche per migliorare le condizioni di vita nei campi in Libia, definite come «inaccettabili» e «molto lontane dagli
standard internazionali».
Emerge una constatazione di
fondo: un accordo simile a quello
stipulato con la Turchia è impensabile: sono troppo diversi non
solo i paesi, ma anche la composizione dei flussi.
I dati sono noti: lo scorso anno, oltre 4500 persone hanno perso la vita e in questo inizio di
nuovo anno, si sono registrati oltre 200 morti. Dal primo al 15
gennaio, 2876 migranti e rifugiati
sono giunti in Europa via mare,
arrivando soprattutto in Grecia e
in Italia.
Rimpasto
di governo
in Germania
BERLINO, 26. Diventerà ufficiale
domani, venerdì 27 gennaio, il
nuovo rimpasto del governo tedesco, con la staffetta fra FrankWalter Steinmeier e Sigmar Gabriel al ministero degli esteri e il
passaggio di Brigitte Zypres da
sottosegretaria a ministra dell’economia, in sostituzione di Gabriel.
Lo ha reso noto ieri l’ufficio della
presidenza federale.
Il rimpasto si rende necessario
— ha spiegato l’ufficio in una nota — per l’elezione il 12 febbraio
prossimo di Steinmeier alla presidenza federale ed è anche conseguenza della scelta di Gabriel di
spostarsi agli esteri dopo la decisione di rinunciare alla candidatura alla cancelleria e alla guida del
partito socialdemocratico. Gabriel
ha ceduto la candidatura alla cancelleria a Martin Schulz.
«Il governo tedesco porterà
avanti la sua politica estera ed
economica in continuità con il
passato e in base al programma
di coalizione con cui si è insediato l’esecutivo» ha spiegato ieri il
portavoce del cancelliere Angela
Merkel, Steffen Seibert, durante
una conferenza stampa.
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In Italia si apre la strada
verso il voto
Il premier britannico annuncia un libro bianco sulla Brexit
May promette chiarezza
LONDRA, 26. Il premier britannico,
Theresa May, presenterà un libro
bianco in cui verranno puntualizzati
gli obiettivi del suo governo nei negoziati
sulla
Brexit,
l’uscita
dall’Unione europea. L’annuncio è
avvenuto nell’ultimo question time,
ieri, a pochi giorni dalla sentenza
della Corte suprema britannica che
ha imposto il passaggio in parlamento sull’attivazione dell’articolo 50
(quello che nei trattati regola l’uscita
dall’Unione). Decisione inevitabile —
dicono gli analisti — a fronte della
crescente “ribellione” interna al partito conservatore da parte di molti
deputati, che, insieme ai laburisti,
agli indipendentisti scozzesi e ai libdem, chiedono più dettagli su come
l’esecutivo intenda affrontare la sfida
al tavolo delle trattative con Bruxelles. Oggi, intanto, l’esecutivo presenterà la proposta di legge per l’attivazione dell’articolo 50. May, che domani si recherà a Washington per
incontrare — prima leader internazio-
L’Eurogruppo
discute
del salvataggio
greco
ATENE, 26. Un riconoscimento dei
progressi della Grecia da parte dei
ministri delle finanze dell’eurozona:
questa l’aspettativa del governo di
Atene in vista delle prossima riunione dell’Eurogruppo di oggi, secondo
quanto spiegato in conferenza stampa dal portavoce governativo Dimitris Tzanakopoulos. Il governo ellenico, ha ribadito il portavoce, punta
a una rapida conclusione della seconda revisione del programma di
salvataggio che «è stata trascinata
per mesi» in quanto tra la Grecia e i
suoi creditori internazionali rimangono alcune divergenze sulle riforme
fiscali e del mercato del lavoro. Tzanakopoulos ha affermato che Atene
vuole una rapida conclusione del
programma in modo da poter partecipare al programma di aiuti della
Banca centrale europea nel primo semestre del 2017.
E proprio ieri, in occasione dei
suoi due anni alla guida del paese, il
premier greco Alexis Tsipras ha annunciato che non ci saranno nuove
misure di austerità. Tsipras ha poi
chiesto ai leader europei di aiutare la
ripresa economica della Grecia, un
rafforzamento che servirebbe anche
all’Unione nel suo complesso. «In
nessun caso — ha detto il premier —
passeremo leggi che introducano altre misure di austerità. Neanche per
un euro, oltre quello che è già stato
concordato».
nale a farlo — il presidente statunitense Donald Trump, ha ricordato
che un eventuale voto negativo del
parlamento sulla Brexit causerebbe
l’uscita del Paese dall’Unione senza
un accordo, e questo aprirebbe prospettive molto difficili per Londra a
livello dei mercati internazionali. La
strada di una rinegoziazione di tutti
gli accordi commerciali a livello bilaterale — dicono i commentatori —
appare ancora troppo lunga e complessa.
Recuperate tutte le vittime nella tragedia di Rigopiano
Bilancio finale
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Gaetano Vallini
Anche se aumenta la fiducia dei consumatori e delle imprese
Cresce il debito pubblico brasiliano
metteranno la liberazione di Odin
Sanchez, ex deputato del dipartimento del Choc (nord-ovest).
Il governo di Bogotá e l’Eln, l’ultima guerriglia attiva in Colombia
dopo l’accordo di pace firmato con
il Fronte armato di liberazione della
Colombia (Farc), hanno annunciato
lo scorso 18 gennaio che dovrebbero
iniziare ufficialmente i colloqui di
pace il 7 febbraio a Quito, capitale
del confinante Ecuador, al termine
delle discussioni preparatorie avviate in segreto dal gennaio del 2014.
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caporedattore
segretario di redazione
ROMA, 26. È il bilancio finale: 29
vittime, undici sopravvissuti. Non
c’è più nessuno da salvare all’hotel
di Rigopiano, la struttura in
Abruzzo travolta da una slavina
circa una settimana fa.
Ieri il presidente del Consiglio,
Paolo Gentiloni, in audizione al
Senato, ha difeso la macchina dei
soccorsi, che ha dimostrato «una
capacità di reazione del sistema
all’altezza di un grande paese».
Anche la procura ha “assolto” i
soccorsi dalle accuse di eventuali
ritardi: «Dalle autopsie su sei vittime risulta che nessuno di loro è
morto solo per assideramento.
Molti hanno perso la vita subito
per schiacciamento» si legge in una
nota. «Al momento non ci sono indagati» ha spiegato il pubblico ministero Cristina Tedeschini, ma intanto è stata ascoltata la filiera dei
funzionari che ha risposto agli appelli in sala operativa della prefettura.
Ma il dramma per l’Italia centrale non conosce fine. Questa notte
sono state registrate dodici nuove
scosse di terremoto proprio nelle
aree colpite dal sisma del 24 agosto
dello scorso anno.
La più forte, di magnitudo 3,2, è
stata registrata in provincia di Rieti, a una profondità di dieci chilometri. La scossa si è verificata a
quattro chilometri da Amatrice e a
sette da Campostosto in provincia
dell’Aquila.
Vigili del fuoco impegnati nelle operazioni di soccorso (Ansa)
Bogotá auspica la liberazione
di un ostaggio in mano all’Eln
BO GOTÁ, 26. Il ministro della difesa
colombiano, Luis Carlos Villegas,
ha dichiarato ieri alla radio nazionale che spera che durante questo fine
settimana venga liberato un ostaggio in mano al gruppo guerrigliero
dell’Esercito di liberazione nazionale (Eln), Odin Sanchez, condizione
preliminare posta dal governo per
iniziare i negoziati di pace con questo gruppo ribelle.
Dal canto suo, Pablo Bertan, capo negoziatore dell’Eln, ha dichiarato che sabato la guerriglia comunicherà delle informazioni che per-
re certo. Al Senato, infatti, il Consultellum favorisce le coalizioni,
mentre alla Camera l’Italicum rivisto e corretto dalla Consulta potrebbe premiare il singolo partito
che arrivasse al 40 per centro.
Nella versione originale l’Italicum prevedeva che, qualora nessun
partito o lista raggiungesse quota
40 per cento, sarebbero andati al
ballottaggio i due partiti più votati,
ma senza la possibilità di apparentamenti. La Consulta ha invece
giudicato incostituzionale il ballottaggio. Se nessuna forza politica
dovesse raggiungere il 40 per cento
dei suffragi, i seggi verrebbero
quindi assegnati su base proporzionale. Per i partiti rimane la possibilità di designare i cento capilista
per gli altrettanti collegi in cui è
suddiviso il paese. Gli altri candidati verranno eletti con le preferenze. Resta inoltre, come si è accennato, la possibilità per i capilista di
candidarsi in più collegi. La Consulta ha però bocciato, in quanto
incostituzionale, la libertà assegnata al capolista di scegliere in quale
collegio essere eletto. Dunque, se si
vince in più collegi si procederà
con il sorteggio.
Numerose le reazioni politiche
alla sentenza della Corte costituzionale. Il quadro è diviso in due
fronti. A fare da spartiacque, la data delle prossime elezioni. Il primo
fronte vuole andare al voto subito,
al massimo in giugno, intervenendo sulle due leggi elettorali di Camera e Senato solo con piccoli aggiustamenti. Il fronte opposto invoca invece un intervento più profondo per rendere i due sistemi
elettorali di Camera e Senato (l’Italicum e il Consultellum) più omogenei e, di conseguenza, ritengono
necessario un tempo più lungo prima del ritorno alle urne.
«I partiti dicano subito se vogliono il confronto. Altrimenti la
strada è il voto» ha dichiarato il segretario del Partito democratico,
Matteo Renzi, subito dopo il responso della Consulta. La linea
dell’ex presidente del Consiglio appare chiara: o in poche settimane si
raggiunge un’intesa in parlamento
e si apre un ampio confronto sulla
legge elettorale, oppure si vota con
Italicum corretto e Consultellum.
«Noi vogliamo omogeneità tra la
sentenza di oggi e il Consultellum
del Senato. Vediamo se quello della Camera si estenderà a palazzo
Madama o il contrario, o se ci sarà
una via di mezzo, una chiara sintesi tra uno e l’altro, come ha chiesto
il presidente della Repubblica» ha
detto Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera.
Diversa la posizione del leader
del Movimento 5 Stelle, Beppe
Grillo: «Ora c’è una legge elettorale costituzionale e pronta all’uso
per il voto subito. Non ci sono più
scuse». Sulla stessa linea il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini: «Accordi al ribasso non ne facciamo con nessuno. Puntiamo a
vincere e a governare con il nostro
programma».
ROMA, 26. Una legge di impianto
proporzionale ma con un premio
di maggioranza (340 seggi) al singolo partito o alla singola lista che
raggiunge almeno il 4o per cento
dei voti. Salta il ballottaggio, ma
restano i cento capilista bloccati e
resta la possibilità di pluricandidature (fino a un massimo di dieci).
Tuttavia, non sarà più il capolista
eletto a scegliere il collegio, bensì
si procederà al sorteggio. Questi i
punti salienti della legge elettorale,
denominata Italicum, così come è
stata modificata ieri dalla sentenza
della Corte costituzionale. Una
legge immediatamente applicabile,
come specificano nel dispositivo gli
stessi giudici.
Dunque, se si dovesse andare a
votare con il sistema elettorale risultante dalla sentenza della Consulta, si avrebbe un modello proporzionale, ma corretto, alla Camera — con uno sbarramento al 3 per
cento — mentre per il Senato si
avrebbe un sistema rigidamente
proporzionale, senza cioè alcun
premio di maggioranza, sistema
chiamato Consultellum. Due leggi
elettorali che difficilmente consentirebbero di avere un unico vincito-
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BRASILIA, 26. Fino a quando la crisi
politica continuerà ad aggravarsi in
Brasile è chiaro che anche l’economia del paese farà fatica a riprendersi. Infatti, c’è da registrare un
aumento record per il debito pubblico brasiliano: secondo dati diffusi
ieri dalla segretaria del tesoro nazionale, l’anno scorso — nella principale economia dell’America latina — le
passività finanziarie sono cresciute
dell’11,4 per cento rispetto al 2015,
pari a 3,11 miliardi di reais, maggior
valore dal 2004. In compenso la
Banca centrale ha reso noto che so-
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
no in via di recupero gli investimenti stranieri nel paese: 15,4 miliardi di
dollari le entrate di dicembre, miglior risultato per il 2016 e maggior
livello dal 2010.
Dopo una lunga recessione, che
ha portato il pil a contrarsi di oltre
7 punti percentuali negli ultimi due
anni, dalla scorsa estate vi sono segnali di ripresa anche se il Fondo
monetario internazionale ha recentemente mostrato cautela.
Anche la fiducia dei consumatori
del Brasile è migliorata a inizio anno, dopo la flessione degli ultimi
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
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due mesi. Lo indicano i dati della
fondazione Getúlio Vargas. L’indice
di fiducia dei consumatori è aumentato a gennaio di 6,2 punti a 79,3
dai 73,1 di dicembre. Anche la fiducia delle imprese in Brasile è salita a
inizio anno al livello più alto degli
ultimi quattro mesi. Lo indicano ancora i dati preliminari della fondazione Getúlio Vargas. L’indice di fiducia delle imprese è aumentato di
3,1 punti a 87,8 a gennaio da 84,7 di
dicembre. Si tratta del dato più alto
da settembre dello scorso anno.
Concessionaria di pubblicità
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pagina 3
Soldato israeliano in una postazione
di controllo nei pressi di Ramallah (Afp)
Mosca e Ankara registrano dieci violazioni nelle ultime 24 ore
Vacilla
la tregua in Siria
DAMASCO, 26. A pochi giorni dalla
chiusura della conferenza di Astana,
vacilla la tregua in Siria. Russia e
Turchia hanno registrato dieci violazioni nelle ultime 24 ore. Lo ha riferito il Centro russo per la riconciliazione delle parti belligeranti, un organismo che fa parte del ministero
della difesa di Mosca. «I rappresentanti della Russia nella commissione
congiunta russo-turca per le violazioni dell’accordo di cessate il fuoco
generale — si legge in una nota ripresa dalla Tass — hanno registrato
cinque violazioni nelle ultime 24 ore
nelle province di Hama (quattro) e
Latakia (una)». I rappresentanti
della Turchia hanno denunciato altre cinque violazioni: tre nella provincia di Homs, una nella provincia
di Damasco e un’altra in quella di
Hama.
A conferma della crescente tensione sul piano militare, ieri i miliziani
del cosiddetto stato islamico (Is)
hanno attaccato un convoglio militare turco; un militare è stato ucciso
e altri cinque feriti. Gli scontri sono
avvenuti ad Al Bab, roccaforte jihadista nel nord della Siria, contro cui
da settimane è in corso un’offensiva
dell’esercito di Ankara, nell’ambito
dell’operazione “Scudo dell’Eufrate”. Le forze armate turche hanno
precisato che i feriti sono stati trasportati in un ospedale della provincia frontaliera turca di Kilis.
D all’inizio dell’operazione in Siria,
il 24 agosto, i militari turchi uccisi
sono più di cinquanta.
Sempre sul piano militare, da segnalare che oltre 2500 miliziani jihadisti hanno deposto le armi ieri nella valle del fiume Wadi Barada. Ad
annunciarlo è stato il colonnello
Aleksandr Blinkov, portavoce del
Centro russo per la riconciliazione
delle parti belligeranti. «La popolazione locale sta tornando alla vita
pacifica nella valle del fiume Wadi
Barada» ha detto l’ufficiale russo,
aggiungendo che «gli irriducibili
che rifiutano di deporre le armi si
stanno spostando nella provincia di
Idlib con le loro famiglie». Due
giorni fa, a margine dei colloqui di
Astana, Damasco aveva annunciato
che avrebbe intensificato l’offensiva
nella valle del fiume, sostenendo
che in quest’area «ci sono gruppi di
terroristi» e che «la tregua non va
quindi applicata».
E proprio i colloqui di Astana, secondo Mosca, hanno segnato un
passaggio di fondamentale importanza in direzione di una soluzione
del conflitto. Il portavoce del presidente Putin, Dmitri Peskov, ha spiegato in una nota che «i colloqui sono stati un successo e hanno fornito
un significativo contributo in vista
delle trattative di Ginevra, che restano il percorso principale per cercare
una soluzione» al conflitto scoppiato nel 2011.
Dello stesso avviso il ministro degli esteri, Serghiei Lavrov, secondo
cui «i colloqui portano gli sforzi per
la pace a un nuovo livello di quali-
tà». In un intervento alla Duma, il
capo della diplomazia ha quindi
sottolineato che nel corso delle trattative «ha avuto luogo un contatto
diretto del governo siriano con i
gruppi armati dell’opposizione, cioè
si sono trovati allo stesso tavolo, anche se non per tutto il giorno, rappresentanti delle parti che si affrontano con le armi in pugno». Lavrov
ha poi ribadito che la Russia sta
«ampliando l’interazione con la
Turchia, con l’Iran e con altre potenze regionali in modo da risolvere
i problemi della crisi siriana».
Il presidente Putin ieri ha incontrato il sovrano di Giordania Abd
Allah II di Giordania. «Riconosciamo il ruolo cruciale della Russia nel
risolvere» il conflitto siriano «e molte altre questioni regionali» ha dichiarato il sovrano. «Sosteniamo
pienamente l’iter per la soluzione
del conflitto lanciato ad Astana e
apprezziamo il ruolo svolto dalla
Russia e il suo coinvolgimento in
questo processo» ha spiegato il sovrano giordano.
Tra militari israeliani e gruppi di palestinesi
Scontri a Jenin
TEL AVIV, 26. Ancora tensioni in Cisgiordania. Non si
ferma la scia di violenze: questa notte ci sono stati pesanti scontri tra reparti dell’esercito israeliano e gruppi
di palestinesi in prossimità di Jenin. I militari avevano
lanciato un’operazione per catturare due uomini affiliati
ad Hamas: sono stati attaccati con ordigni e bottiglie
incendiarie. Uno di loro è rimasto ferito. Questo episodio va ad aggiungersi ad altri due attacchi avvenuti ieri
sempre in Cisgiordania: alcuni spari contro una postazione militare ad Azun, che non hanno provocato vitti-
Sollecitata dalle autorità di Kabul alle Nazioni Unite per esaminare le prospettive del processo di pace
Conferenza regionale sull’Afghanistan
KABUL, 26. L’Afghanistan ha sollecitato le Nazioni Unite a organizzare in tempi brevi una conferenza in
cui i paesi della regione possano
esaminare le prospettive del processo di pace. Lo ha reso noto l’ufficio
stampa presidenziale a Kabul, precisando che la proposta è stata formulata in un incontro tra il presidente, Ashraf Ghani, e l’assistente
segretario generale per gli affari politici dell’Onu, Miroslav Jenca.
Nel comunicato si sostiene che
nella sua risposta il responsabile del
Palazzo di Vetro ha sottolineato che
«le Nazioni Unite sono pronte a
contribuire alla soluzione delle questioni regionali», aggiungendo che
«informerà il segretario generale
(António Guterres) della proposta
del presidente Ghani».
Nel loro colloquio il capo dello
stato afghano e Jenca, si è infine
appreso, hanno anche esaminato
questioni regionali afghane legate a
pace, stabilità, terrorismo. D’altra
parte, anche il 2017 è iniziato con
una serie di sanguinosi attacchi con
decine di morti da parte dei taleba-
Poche proteste
nell’anniversario
della rivoluzione
egiziana
IL CAIRO, 26. Il sesto anniversario
della rivoluzione egiziana si è svolto
ieri senza incidenti. Una fonte della
sicurezza ha definito «molto limitate» le manifestazioni organizzate,
con la partecipazione di «centinaia»
di persone, nel governatorato di
Sharkia. Solo alcune «decine» di
contestatori sono stati registrati a
Damietta e a Menufia, sempre sul
delta del Nilo. A Piazza Tahrir nel
primo pomeriggio di ieri si è notato
un incremento delle misure di sicurezza rispetto alla mattina con la
presenza di furgoni della polizia e
vetture blindate con agenti antisommossa. La situazione comunque
appariva calma e il traffico scorreva
normalmente.
L’Egitto cammina nella «direzione giusta», ha detto il presidente
Abdel Fattah Al Sisi, nel corso di
un messaggio televisivo nel quale ha
fatto appello ai giovani chiamandoli
a unire i loro sforzi a quelli del governo sulla «strada delle riforme e
dello sviluppo».
Il 25 gennaio dell’anno scorso la
situazione era molto più tesa. I fermi di Fratelli musulmani furono 75,
ed erano seguiti a un’intensa attività
di prevenzione culminata nei giorni
precedenti in circa cinquemila perquisizioni di appartamenti che avevano portato anche ad altri arresti.
L’obiettivo era quello di evitare manifestazioni violente come quelle degli anni precedenti, segnate da 23
morti nel 2015 e da 29 nel 2014.
Il 25 gennaio in Egitto si celebra
anche la festa della polizia statale.
In questa occasione la scarcerazione
di 1280 detenuti è stata annunciata
dal Servizio penitenziario del ministero dell’interno. Secondo quanto
riferisce l’agenzia di stampa Mena,
la scarcerazione è stata decisa dal
ministero con l’intenzione «di far
prevalere i valori dei diritti umani e
di attuare una nuova politica penitenziaria».
me, e lo scontro di un’automobile palestinese contro
una fermata di autobus, dove si trovavano soldati. Il
conducente dell’automobile è stato ucciso dal loro fuoco di reazione. A posteriori, secondo il portavoce militare, è stato constatato che era armato di un coltello.
Intanto, oggi il Consiglio di sicurezza dell’Onu si riunisce a porte chiuse per valutare la situazione in Medio
Oriente dopo il recente annuncio israeliano della costruzione di 2500 nuovi alloggi in Cisgiordania, con tutte le polemiche che ha suscitato.
Il presidente afghano Ashraf Ghani (Ap)
Sale il numero delle vittime
dell’attentato a Mogadiscio
MO GADISCIO, 26. Cresce il bilancio delle vittime dell’attacco all’hotel Dayah di Mogadiscio. Sono 28
le persone uccise e 51 i feriti, come
confermato dal ministro della sicurezza Abdirizak Umar. Il gruppo
terrorista Al Shabaab ha rivendicato la responsabilità dell’attentato.
Secondo le ricostruzioni della polizia un commando ha prima fatto
esplodere un’autobomba all’ingresso della struttura e poi ha fatto irruzione all’interno, dove si trovavano diversi parlamentari, riuniti
per mettere a punto le procedure
elettorali in Somalia.
Tra le vittime ci sono soldati,
guardie della sicurezza dell’albergo
e civili. Secondo l’agenzia di stampa Dpa, le forze di sicurezza hanno ucciso cinque assalitori, mentre
un altro si è fatto saltare in aria.
Tra i feriti, ha confermato il sindacato dei giornalisti somali, ci sono
anche sette reporter locali che lavorano per media locali, e agenzie
di stampa ed emittenti internazionali. L’albergo è abitualmente frequentato da imprenditori e funzionari governativi.
Nel giorno in cui la Somalia
piange le vittime dell’ennesimo attentato, le autorità locali hanno
deciso che il prossimo 8 febbraio
si terranno le elezioni presidenziali, rinviate più volte negli ultimi
sei mesi.
I candidati avranno tempo fino
al 29 gennaio per registrarsi e sfidare il presidente uscente, Hassan
Sheikh Mohamud, ex professore e
attivista del clan Hawiye.
Il rinvio delle presidenziali segue le accuse di brogli nelle legislative, caratterizzate dalle dispute
tra i diversi clan che controllano
diverse zone del paese.
ni. La guerra in Afghanistan — dal
2001 al 2016 — ha provocato la morte di oltre 110.000 persone, tra cui
31.000 civili. Negli ultimi 15 anni,
almeno tre milioni di afghani hanno
lasciato il loro paese, mentre i profughi interni sono oltre un milione
e sono aumentati recentemente per i
rientri dal Pakistan e dall’Iran.
E intanto, sul fronte militare si
continua a combattere. Trentasei
miliziani ritenuti legati al cosiddetto
stato islamico (Is) — che cerca di
conquistare territori anche in contrasto con la tradizionale insorgenza
dei talebani — sono stati uccisi in
operazioni delle forze di sicurezza
afghane nella provincia di Zabul,
nell’Afghanistan meridionale. Lo ha
reso noto ieri sera un comunicato
del ministero della difesa di Kabul
che riferisce come nelle ultime 24
ore una serie di operazioni dell’esercito afghano sono avvenute nei distretti di Khak-e-Afghan e Shelamzoi. La nota riporta anche del ferimento di 20 combattenti dell’Is.
Il gruppo fondamentalista è presente in Afghanistan per lo più nella provincia di Nangarhar, ma di recente sono circolate notizie della
presenza di combattenti legati all’Is
anche in alcune zone della provincia di Zabul, che confina con il Pakistan così come quella di Nangarhar. Molte di queste cellule del cosiddetto stato islamico — secondo
analisti internazionali — sarebbero
nate da una costola del movimento
dei talebani del Pakistan.
Il Cairo e Tunisi al lavoro
per una soluzione politica in Libia
TRIPOLI, 26. «La questione libica è
stata oggetto di un’analisi comune
e di una convergenza di vedute sulla necessità di poter tornare a vedere questo paese ritrovare la sua stabilità». Lo ha detto il ministro degli esteri egiziano Sameh Shoukri, a
Tunisi, dopo aver incontrato il suo
omologo tunisino Khemaies Jhinaoui. Dalle dichiarazioni rilasciate in
una conferenza stampa congiunta è
emersa una vicinanza di posizioni
su molte questioni, in particolare
proprio sulla Libia, anche perché,
come ha sottolineato Jhinauoi, «Tunisia ed Egitto sono i paesi più toccati dalle crisi nella regione araba».
La riunione dei paesi confinanti
con la Libia, tenutasi recentemente
al Cairo, ha sottolineato Jhinaoui,
ha dimostrato che esiste un consenso generale «sull’importanza di una
soluzione politica alla crisi in Libia» e sul «rigetto di ogni soluzio-
ne militare», aggiungendo che nella
stessa occasione «si è convenuto
sulla necessità di sostenere il ruolo
dell’Onu nella ricerca di ogni accordo tra le parti libiche».
Intanto sul terreno le forze speciali di deterrenza del governo di
accordo nazionale libico hanno rivelato i nomi dei tre terroristi (due
morti e uno in fuga) coinvolti
nell’esplosione di un’autobomba nei
pressi dell’ambasciata italiana a Tripoli sabato scorso. Secondo il portavoce delle forze speciali, Ahmed
Salem, i tre sarebbero legati al generale Khalifa Haftar, e lo scopo
dell’attacco sarebbe stato proprio
quello di colpire l’ambasciata d’Italia nel distretto Al Dahra. «L’obiettivo del fallito attentato era politico, ovvero quello di compromettere
la sicurezza nella capitale», ha affermato Ahmed Salem, citato dal
«Libya Observer».
L’India celebra
l’anniversario
dell’indipendenza
NEW DELHI, 26. L’India ha celebrato oggi il 68º anniversario della sua indipendenza con la tradizionale parata militare accompagnata da una sfilata di carri allegorici nel centro di New Delhi, in
un quadro di misure di sicurezza
senza precedenti per prevenire
l’azione di gruppi terroristici. La
manifestazione si è svolta nella
calma davanti a decine di migliaia
di persone accorse nella spianata
di Janpath.
Il premier, Narendra Modi, e il
presidente Pranab Mukherjee,
hanno presenziato le celebrazioni
in compagnia dei membri del governo e dei partiti di opposizione.
In evidenza, fra il materiale bellico proposto, quello di produzione
nazionale: il carro armato lancia
missili T-90 “Bhishma”, la piattaforma di lancio autonoma del sistema missilistico BrahMos, e gli
aerei da caccia leggeri LCA Tejas.
E almeno nove esplosioni sono
avvenute oggi in Assam e Manipur, due stati nord-orientali
dell’India, dove alcuni movimenti
clandestini hanno indetto una
giornata di lotta contro la celebrazione della festa della repubblica
indiana. Secondo differenti media,
sette ordigni sono esplosi in Assam e altri due in Manipur, senza
che tuttavia si segnalino vittime o
danni gravi. L’attentato più importante, a quanto pare, è avvenuto nel distretto di Charaideo.
Nigeria
ancora nella morsa
del terrore
ABUJA, 26. Almeno quattro persone sono rimaste uccise in tre attentati suicidi a Maiduguri, nel
nordest della Nigeria. Lo ha reso
noto la polizia dello stato del Borno. Nel primo attacco, martedì sera, un attentatore suicida è stato
ucciso da un soldato mentre si avvicinava a un posto di controllo.
Gli altri due episodi hanno riguardato due giovani entrate in azione
ieri. La prima è stata uccisa dai
militari e l’altra si è fatta saltare in
aria dopo che un combattente civile l’aveva fermata mentre si dirigeva verso una moschea. Il civile
è morto nell’esplosione.
Maiduguri è la città dove si è
formato Boko Haram, gruppo terroristico che continua nelle sue
violenze malgrado i duri colpi subiti dalle forze di sicurezza.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
di AURORA CORTI
onostante i loro venti
secoli di storia, i papiri
di Ercolano non sono
libri morti: recentemente, infatti, le più
moderne tecnologie scientifiche, applicate allo studio di questi esemplari, hanno regalato enormi soddisfazioni. Di queste importanti novità si
parla giovedì 26 a un convegno che
l’Accademia nazionale dei Lincei dedica alla papirologia ercolanese. Il
titolo scelto per questa giornata di
studi, «I papiri di Ercolano tra
scienza e filosofia», intende sottolineare l’approccio multi-disciplinare
con cui negli ultimissimi anni si sono riletti questi particolari manoscritti antichi, un approccio che ha
portato a risultati davvero insperati
fino a poco tempo fa. I primi papiri
ercolanesi rividero la luce il 19 ottobre 1752. Due anni prima, durante i
lavori per la costruzione di un pozzo
nei pressi di Ercolano, venne casualmente scoperta una villa romana,
che impressionò fin da subito per la
sua eleganza e imponenza. A oggi,
la maggior parte degli studiosi concorda nell’individuare Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, suocero di
Giulio Cesare e protettore del filosofo epicureo Filodemo di Gadara, come il proprietario della Villa, che per
questo viene denominata Villa dei
Pisoni o Villa dei Papiri. Insieme a
reperti storico-artistici di altissimo
valore, vennero scoperti più di mille
rotoli carbonizzati. All’interno del
patrimonio letterario antico, questa
N
I papiri di Ercolano tra scienza e filosofia
Non sono libri morti
biblioteca rappresenta un unicum
per almeno tre ragioni.
Anzitutto, perché è l’unica biblioteca dell’antichità sopravvissuta fino
a noi nel suo insieme e nel suo assetto originario. In secondo luogo,
per il contenuto dei libri in essa preservati: si tratta, infatti, per la maggior parte di opere greche, e in particolar modo di scritti della scuola di
Epicuro, che non sono state trasmesse dalla tradizione manoscritta e che,
quindi, ci erano ignote fino al loro
ritrovamento a Ercolano. Infine, perché si tratta di papiri carbonizzati.
La villa, con tutto ciò che essa conteneva, si ritrovò sommersa dalla
coltre di lava che seguì l’eruzione
del Vesuvio nell’anno 79 dell’era cristiana.
Questo particolare stato di conservazione, se da una parte ha concesso
loro di sopravvivere per ben dicias-
È morto Gerardo Marotta
Avrebbe compiuto novant’anni il prossimo 27 aprile Gerardo
Marotta, morto il 25 gennaio a Napoli. Allievo di Benedetto
Croce ed esponente di primo piano della cultura partenopea, nel
1975 fondò l’Istituto italiano per gli studi filosofici, di cui era
presidente e che dotò di un’importante biblioteca grazie alla sua
personale vastissima raccolta libraria. Cordoglio per la scomparsa
dell’intellettuale laico è stato espresso, tra gli altri, dal presidente
della Repubblica italiana Sergio Mattarella, che ne ha ricordato
«la passione meridionalista e l’impegno generoso per la diffusione del sapere e la preservazione del patrimonio culturale».
sette secoli, dall’altra ne ha reso
estremamente difficoltosa la fruibilità. Subito dopo il ritrovamento, infatti, i papiri si presentavano quasi
come piccoli tronchi carbonizzati.
Praticamente impossibile scorgervi la
scrittura e, perciò, molti furono gettati via. Il problema fin dall’inizio
fu, dunque, come aprire, svolgere e
leggere questi esemplari fragilissimi
e ad altissimo rischio di deterioramento. Inizialmente, si tentò con un
metodo di “scorzatura totale” ideato
da Camillo Paderni, l’allora direttore
del Museo ercolanese di Portici. Il
metodo consisteva nel praticare due
tagli longitudinali sul papiro, dividendolo così in due semi-cilindri.
Uno strato alla volta, si scarniva l’interno di ciascuno di questi semi-cilindri, dopo aver precedentemente
trascritto le lettere in esso contenute.
In questo modo, però, del rotolo
originario rimaneva fisicamente solo
la parte più esterna, detta appunto
“scorza”, e il resto andava irrimediabilmente perduto. Proprio per la sua
natura fortemente invasiva, la “scorzatura totale” fu ben presto abbandonata, grazie anche al prezioso lavoro e ingegno di padre Antonio
Piaggio. Quest’ultimo ideò una macchina, che da lui prende il nome e
che è rimasta in attività dal 1753 al
1906, con la quale si riusciva a svolgere la porzione più interna dei rotoli (il cosiddetto midollo), limitando l’azione aggressiva della scorzatura. In sostanza, la macchina di Piaggio teneva in trazione il foglio di papiro che, molto lentamente e grazie
all’ausilio di pinze e bisturi, si staccava dal rotolo, dopo aver applicato
la pellicola di battiloro sulla parte
da sollevare. Tutti i papiri di Ercolano svolti finora sono stati aperti con
questa macchina. Dal 1906 a oggi —
con l’unica eccezione di un breve
tentativo, peraltro infruttuoso, negli
anni Ottanta — si è preferito puntare
non tanto sullo svolgimento di nuovi papiri, nel sensato timore di danneggiarli irrimediabilmente, quanto
sulla lettura dei papiri già aperti, via
via effettuata con l’aiuto di nuovi
strumenti come i microscopi binoculari prima e le immagini multi-spettrali poi.
La biblioteca ha così continuato a
conservare tesori preziosi, nascosti
dentro centinaia e centinaia di rotoli
carbonizzati mai aperti. Negli ultimi
due anni qualcosa è, finalmente,
cambiato. A soli 17 mesi di distanza,
dal gennaio 2015 al giugno 2016, due
équipe di studiosi hanno pubblicato
le novità a cui sono giunte, in maniera indipendente tra loro, applicando allo svolgimento dei papiri alcune tra le più avanzate tecnologie
scientifiche, precedentemente utilizzate in ambito biomedico. La sfida
era quella di leggere i papiri senza
doverli fisicamente aprire, ma avvalendosi di uno “svolgimento virtuale” che non comportasse alcun danneggiamento. In collaborazione con
i fisici dell’European Synchroton
Radiation Facility (Esrf) di Grenoble, i papiri sono stati così sottoposti
a tomografia a contrasto di fase con
raggi X (Xpct), una tecnica che,
sfruttando le proprietà eccezionali
della luce di sincrotrone, produce
immagini tridimensionali ad alta definizione della struttura interna degli
venerdì 27 gennaio 2017
oggetti. Questa tecnica era
già usata in medicina per
visualizzare
i
tessuti
molli. Al contrario della
classica tomografia (la
tac utilizzata in campo
medico, per intendersi), la tomografia a
contrasto di fase con
raggi X, infatti, è in
grado di distinguere
anche materiali che hanno un limitato contrasto tra loro (come il foglio
di papiro carbonizzato e l’inchiostro
che vi è penetrato), perché si focalizza su come i materiali rifrangono,
anziché assorbono, i raggi X . Nell’attraversare il rotolo di papiro, ancora
chiuso, la radiazione risulta essere
leggermente ritardata e il fascio di
luce al sincrotone riesce ad amplificare il contrasto tra il, seppur minimo, rilievo delle lettere e il foglio di
papiro. In questo modo, si possono
individuare al meglio le porzioni di
testo scritto e la loro lettura risulta
molto facilitata.
A riprova, ancora una volta,
dell’eccellenza italiana, gli esperimenti sono stati ideati e coordinati
da ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). La prima
squadra a pubblicare i risultati raggiunti fa capo a Vito Mocella, ricercatore dell’Istituto per la
microelettronica e microsistemi (Imm-Cnr), che
ha condotto i propri
esperimenti su due papiri ercolanesi conservati a
Parigi (PHerc.Paris 1 e
PHerc.Paris 4) avvalendosi del contributo del
papirologo Daniel Delattre. La seconda équipe ha visto la collaborazione di due istituti del
Cnr, il Nanotec (Istituto
di nanotecnologia, diretto da Giuseppe Gigli) e
l’Iliesi (Istituto per il
lessico intellettuale e
storia delle idee, direttore Antonio Lamarra),
che hanno lavorato in sinergia con altri enti, tra
i quali l’università di
Roma Tor Vergata, l’università della Calabria e
l’Esrf di Grenoble. In
questo secondo caso, gli
esperimenti sono stati
condotti su due papiri
della collezione napoletana (PHerc.
375 e PHerc. 495), scelti e studiati
dal papirologo Graziano Ranocchia.
Sebbene abbia usato la stessa tecnica
(Xpct) e sebbene abbia condotto i
suoi esperimenti sempre presso
l’Esrf, questa seconda équipe è riuscita a elaborare degli algoritmi matematici di analisi dei dati, che consentono di proiettare su un piano il
papiro svolto virtualmente. Ciò ha
permesso di leggere non più solo
singole lettere, ma, per la prima volta, anche intere parole ed espressioni
testuali. Il convegno organizzato
dall’Accademica dei Lincei rende
conto di queste fondamentali novità
e il dibattito non potrà che stimolare
ulteriormente la ricerca, con la speranza che in un prossimo futuro,
sottoponendo a Xpct altri rotoli ercolanesi ancora chiusi, si possano
scoprire nuovi testi, magari appartenenti anche a quella biblioteca latina
che molti studiosi sono certi non potesse mancare in
una splendida
collezione privata,
come
quella dei Pisoni.
Un frammento papiraceo
In «La La Land» di Damien Chazelle
Ritorno al vecchio cinema
di EMILIO RANZATO
Mia (Emma Stone) vorrebbe fare l’attrice, ma per ora si deve accontentare di
lavorare in un bar. Sebastian (Ryan Gosling) è un pianista che aspira a essere
un grande del jazz, ma il suo talento è
incompreso. Lo stile di vita bohémien
che i due hanno in comune li farà incontrare e innamorare a Los Angeles.
Sarà invece il successo a mettere in crisi
il loro legame.
Benché la storia assomigli a tante altre, viene facile pensare che il regista e
sceneggiatore Damien Chazelle abbia
tenuto presente, per una parte della trama e per la sua scansione temporale,
Les parapluies de Cherbourg (1964), di
Jacques Demy, il più dimenticato fra i
padri della nouvelle vague. Quelli del regista francese erano musical che sicuramente guardavano ai mitici omologhi
hollywoodiani degli anni cinquanta. Ne
replicavano il tono dalla levità quasi aerea, colmandolo però di una malinconia
spesso struggente, e applicandolo ad
amori mancati e occasioni perdute. Il
modo che ha Chazelle di accostarsi al
cinema di genere è d’altronde quello
della decostruzione godardiana: vi si insinua per poi farne detonare la struttura
e il ritmo. Non a caso, qui si fa anche
esplicito riferimento all’autore-faro di
Jean-Luc Godard, Nicholas Ray, attraverso la visita, da parte della coppia
protagonista, all’osservatorio astronomico di Gioventù bruciata.
Ecco allora che in La La Land, che
ha ottenuto quattordici nomination
all’Oscar, assistiamo a tre numeri cantati
e coreografati nel quarto d’ora iniziale e
poi pause sempre più frequenti, prima
acrobazie registiche e poi dialoghi insolitamente lunghi in semplice campo e
controcampo, fino ai fuochi artificiali
dell’epilogo. Le decostruzioni della nouvelle vague non erano mai atti vandalici
o passatempi intellettuali e snob, bensì
estremi gesti d’amore. Un genere si faceva a brandelli per indossarlo come un
vestito. L’immagine si frantumava per
poterla poi vivere e respirare, diventava
uno stato d’animo. Gli stilemi si riproducevano in maniera volutamente approssimativa, quasi trasandata, per far
capire che erano ormai entrati a far parte della quotidianità. E la stessa cosa
cerca di fare Chazelle, con esiti più
meccanici e programmatici, ma anche
con una levigata perfezione che è sicuramente più in sintonia con i gusti del
pubblico di oggi.
Le citazioni dei grandi classici del
musical americano, a partire da Cantando sotto la pioggia, non mancano, ma
tutto è sottoposto a una lente europea.
E questo punto di vista vertiginoso, attraverso il quale un regista americano
guarda a un cinema francese che a sua
volta guardava alla Hollywood dei tempi d’oro, crea un corto circuito ubriacante e accattivante. Nell’epoca pre-digitale che nel film si rimpiange, però,
l’immagine che veniva replicata più volte portava alla lunga su di sé i segni di
questa continua duplicazione, tracce di
usura, di saturazione, come in un quadro di Andy Warhol. Perciò, con geniale coerenza, gli strascichi dell’antica e
magica retorica hollywoodiana vengono
diluiti da Chazelle all’interno di una
geografia urbana fatta di scorci suggestivi ma anche di angoli ordinari e spartani. Spazi in penombra che non arrivano a essere squallidi, ma desolati e prosaici sì. E un po’ intrisi di quell’aria di
disperazione che da sempre serpeggia a
Los Angeles al di sotto dei sogni di chi
vuole essere una star.
Questo alone crudo attorno alle tonalità sgargianti spinge pian piano il film
verso territori diversi, contigui al cinema
di David Lynch. L’impressione è infatti
che il giovane regista abbia guardato
con attenzione anche gli ultimi film del
cineasta visionario. Quelli in cui le reminiscenze della Fabbrica dei sogni trascolorano in incubo. E la circolarità
narrativa dell’epilogo, simile a quella di
alcuni finali lynchiani, sembra confermare questa influenza.
Chazelle non imbocca poi simili abissi, si mantiene comunque su un registro
leggero, ma lascia che i suoi personaggi
ne percorrano il bordo. Ed è grazie a
questo senso del tragico, seppure sepolto sotto strati e strati di sedimentazione
cinefila, che il film si libera dall’etichetta dell’esercizio di stile. Nonostante ciò,
La La Land rimane più il felice risultato della cultura, dell’intelligenza e anche un po’ della furbizia, che dell’arte
pura. E la stessa cosa si poteva dire per
il precedente lavoro del regista, Whiplash (2014), gioiellino di montaggio e
progressione drammaturgica dove non a
caso della musica jazz si prediligeva il
virtuosismo e la velocità, piuttosto che
l’atmosfera e i mezzi toni.
In ogni caso, però, quanto entusiasmo, quanta determinazione, quanta
passione per i personaggi, quanto coraggio, quanta sana sfrontatezza. Tutte
qualità che portano a una libertà espres-
Con geniale coerenza
gli strascichi della retorica hollywoodiana
vengono diluiti in una geografia urbana
fatta di scorci suggestivi
ma anche di angoli ordinari e spartani
siva pressoché totale e ormai davvero
rara. Un’importante reazione, fra l’altro,
all’omologazione stilistica dei prodotti
televisivi. Il che contribuisce a rendere
davvero sincero l’omaggio al vecchio cinema.
Stone offre un’ottima prova, mentre
Gosling, benché canadese, continua ad
andare in direzione del perfetto prototipo di “attore — non attore” statunitense.
Qualcuno ha mai visto fare un’espressione a Gary Cooper, Henry Fonda o
Humphrey Bogart? Eppure erano grandi attori. Icone di cui il cinema americano ha molto più bisogno che non di veri interpreti. Si può discutere, semmai,
se era il caso di formare una coppia in
tal senso così eterogenea. Ma sono dettagli che si perdono in un vortice di vitalità.
L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 27 gennaio 2017
pagina 5
L’incontro
nello stadio kenyano Kasarani
(27 novembre 2015)
Una fiaba sulla maternità surrogata
Quella vocina
di Chico
di ANGELA MATTEI
’era una volta una bambina di nome Asia»: l’ultimo libro di Barbara
Alberti Non mi vendere, mamma!
(Roma, Nottetempo, 2016, pagine
124, euro 12) comincia come una
fiaba e con leggerezza e una buona dose di ironia affronta il tema della maternità surrogata. Asia ha trascorso tutta l’infanzia in orfanotrofio; orfana dalla nascita, fisicamente una piccola Mowgli, come la definisce l’autrice, selvaggia, ribelle, spaurita, lega la sua vita a quella di
un altro orfano, Lillo, che immeritatamente diventa la
sua famiglia e il centro della sua vita. Lillo la sfrutta, la
prostituisce per pagare i suoi vizi di gioco e l’eroina, e
arriva a vendere il suo utero per 150.000 euro a una coppia di americani che — a quanto pare — non può avere
figli. Comincia così per Asia un’avventura grottesca per
dare un erede ai coniugi Trump: l’ispezione del corpo
come al mercato degli schiavi, la corsa alla clinica svizzera Grimm molto simile alla casa di marzapane della
nota fiaba tedesca, dove la ragazza viene tenuta sotto
stretta osservazione da due improbabili dottori, Hansel e
Gretel, incaricati di provvedere alla sua salute e di soffocare in lei ogni briciolo di istinto materno.
Nella gabbia dorata dove si trova catapultata, la signora Trump la vizia con mille attenzioni e regali costosi, ha cibo in abbondanza e, cosa non da poco, non deve preoccuparsi in continuazione per Lillo. Tutto sembra
filare per il meglio fino a quando un giorno una vocina
non le sussurra: «Ma che sei scema, mamma? Non mi
vorrai mica vendere a quei due?». È Chico, la creatura
che porta in grembo, capace di parlarle e di metterla davanti allo squallore di aver venduto se stessa e un altro
«C
essere umano a una coppia senza scrupoli e senza amore, convinta di poter comprare tutto con i soldi, anche
un erede.
Chico non è solo capace di parlare, ma sa tutto di letteratura, cinema, filosofia e le racconta le storie che nessuno mai le ha raccontato, i libri e i film che non ha mai
visto. Nel mondo di Chico e Asia tutto è possibile, anche vedere a raggi X e assistere alla requisitoria di un
gruppo di banconote che accusano il genere umano di
deplorare i soldi salvo poi essere pronti un attimo dopo
a morire per il dio denaro. Quella vocina che viene dalla
sua pancia, ironica e impertinente, userà tutti i mezzi
per convincere Asia a non vendersi e a dare una possibilità a lui e al loro amore. Il finale è rocambolesco e dal
ritmo incalzante, un po’ come quello di Alice nel Paese
delle meraviglie con le carte della Regina di cuori che le
si avventano contro, invano. Barbara Alberti, da sempre
schierata al fianco delle donne in difesa della loro dignità e libertà, con una fiaba leggera e divertente condanna
la pratica dell’utero in affitto come l’ultima frontiera della schiavitù. Portare in grembo una creatura, sentirla crescere dentro di sé è una esperienza così unica che travolge il corpo e l’anima di una donna, tutta protesa ad accogliere la nuova vita, che non si può pensare che una
donna decida liberamente di intraprendere questo cammino “per contratto”. Solo il bisogno può spingere una
donna a sottoporsi alla faticosa meraviglia di una gravidanza e all’inevitabile strazio che segue alla separazione.
E se tutto gira attorno ai soldi, se un figlio col patrimonio genetico dei genitori può permetterselo solo chi è
ricco, quale libertà c’è per le donne? Quale democrazia,
se non tutte le coppie possono permettersi di ricorrere a
questa pratica? È dunque una nuova arma dei ricchi,
che sfrutteranno il bisogno e la disperazione altrui per
soddisfare desideri o (perché no?) capricci.
Il romanzo ci fornisce anche un altro spunto di riflessione: Asia e Lillo provengono non a caso da un orfanotrofio, dove sono sempre troppi i bambini che aspettano
di trovare la loro famiglia. Sarebbe più giusto rendere
facilmente percorribile la strada dell’adozione piuttosto
che concentrarsi sulla accanita ricerca di un figlio proprio. I figli sono un dono, sotto qualsiasi forma arrivino.
Chico è un dono per Asia, anche se non ha il suo patrimonio genetico, e la ragazza non può fare a meno di
amarlo.
Le scelte di Papa Francesco
di ANGELO BECCIU
In presa diretta
l libro è il racconto in presa
diretta dei viaggi apostolici
del Santo Padre in questi
quasi quattro anni di pontificato. L’autore merita il
giusto riconoscimento per essere
riuscito a cogliere gli aspetti sim- tuali pericoli che riguardassero la della Misericordia in quel paese
bolici delle visite apostoliche e per sua persona. Ma di esserlo, invece, poverissimo e dimenticato da tutti.
l’abilità con cui è stato in grado di per eventuali rischi riguardanti la
Da tutti, ma non dal Papa. Rifar trasparire, dalla cronaca degli folla di fedeli presenti alle cerimo- cordo la commozione della presieventi, lo stile sobrio e profetico di nie pubbliche o le persone raduna- dente del governo di transizione,
Papa Francesco. A dire il vero, te lungo le strade per accoglierlo e Catherine Samba-Panza. E l’accol’autore si è concentrato sui viaggi salutarlo. Come pure si disse glienza che tributarono non soltaninternazionali, con l’eccezione della preoccupato del pericolo per chi to a Francesco, ma a tutti noi, i
prima trasferta del pontificato, viaggiava con lui, per il suo seguito bambini del campo profughi:
quella singolare e significativa composto dai più stretti collabora- sguardi, gesti, segni, parole che ci
nell’isola di Lampedusa, dove il tori della curia, i cerimonieri, il dicevano: «Grazie per essere venuti
Papa si volle recare decidendo in personale di sicurezza, i giornalisti. fin qui, sfidando tutto e tutti! Vi
pochissimi giorni il
vogliamo bene e non siamo un
viaggio. Lo decise doPaese così pericoloso come ci hanpo essere stato profonno descritto!». Prima della messa
damente colpito dalle
celebrata dal Santo Padre allo stanotizie dei barconi di
dio Barthélemy Boganda di Banmigranti
rovesciatisi
gui, i responsabili delle fazioni Senel Mar Mediterraneo,
leka e Anti-Balaka vennero in saquegli abissi divenuti
crestia per mettere nelle mie mani
S’intitola In viaggio (Piemme)
la tomba di migliaia
la tregua siglata perché la consel’ultimo libro di Andrea Tornielli
di bambini, di tante
gnassi a Francesco. Il giorno prima
presentato nel pomeriggio del 26
nostre sorelle e fratelli.
il Papa aveva aperto la porta santa
gennaio a Roma in un incontro
Francesco, dal 2013,
e spiegato perché Bangui, la dimoderato da Maurizio Molinari,
come avevano fatto i
menticata Bangui, quel giorno fosdirettore della «Stampa», e a cui
predecessori, ha agse diventata «la capitale spirituale
partecipa Alexander Avdeev,
giunto il suo tocco
del mondo».
ambasciatore di Russia presso la
personale ai viaggi
E quanto all’importanza dei geSanta Sede. Anticipiamo quasi per
apostolici,
anch’egli
intero l’intervento del sostituto della
sti che accompagnano la parola,
senza rinunciarvi. Il
Segreteria di Stato.
nella conversazione con l’autore
Santo Padre cerca di
che apre questo libro, il Santo Paacconsentire, tra i tandre ha spiegato: «In alcune circoti inviti che riceve,
stanze non posso parlare senza gespecialmente a quelli
provenienti da Paesi per i quali riIn un documentato capitolo del sti. Non mi basta leggere un testo,
tiene che la sua presenza possa es- libro, l’autore racconta del prezioso devo anche fare qualcosa. In Kesere di aiuto e di incoraggiamento, lavoro svolto dietro le quinte per nya, nel novembre 2015, allo stadio
perché stanno vivendo una transi- assicurare una tregua in grado di di Kasarani, con i giovani: dovevo
zione difficile o perché sono appe- reggere almeno durante quel gior- parlare contro il tribalismo, contro
na usciti da periodi di guerre civili no e mezzo di visita papale a Ban- i conflitti derivanti dall’appartenene di conflitti interreligiosi. Si com- gui. I capi delle fazioni in lotta za alle diverse tribù. Ho detto parprendono in quest’ottica il viaggio vennero contattati e accettarono di lando a braccio che il tribalismo si
in America latina nel 2015, i viaggi accordarsi. A colpirmi molto, appe- vince con l’orecchio, chiedendo al
in Asia e Africa, come pure quelli na arrivati all’aeroporto della capi- fratello perché è così e sapendolo
finora compiuti nel continente eu- tale centrafricana, fu la straordina- ascoltare. Si vince con il cuore, con
il dialogo e con la mano tesa al
ropeo e le preferenze accordate ai
ria accoglienza della gente. Tutta la dialogo. Poi ho invitato alcuni giomartoriati Balcani o all’isola greca
città si era riversata sulle strade per vani ad avvicinarsi e ho chiesto ai
di Lesbo, porto d’approdo di miacclamare il pellegrino di Roma in- presenti — credo fossero circa setgliaia di rifugiati e migranti, molti
dei quali sfollati da zone di guerra tenzionato ad aprire con l’anticipo tantamila — di alzarsi in piedi tee da situazioni su cui troppo spes- di una settimana la prima porta nendosi tutti per mano, come seso noi abbiamo fatto finta di non santa del giubileo straordinario gno contro il tribalismo: siamo
vedere.
Una delle costanti, direi irrinunciabili, per l’attuale successore di
Pietro, anche quando viaggia, è il
contatto continuo e per quanto
possibile libero con la gente. Nel
libro vengono ricordate le ragioni
che spinsero Francesco a non utilizzare la cosiddetta papamobile
con i vetri antiproiettile, sulla quale
erano saliti i suoi due immediati
predecessori. Il Papa, alla vigilia
della partenza per il viaggio apostolico in Brasile nel luglio 2013 —
la sua prima trasferta internazionale motivata dalla giornata mondiale
della gioventù già a suo tempo stabilita da Benedetto XVI — volle scegliere il mezzo sul quale avrebbe
viaggiato tra la folla, un mezzo
aperto, che gli permettesse in ogni
istante il contatto diretto con le
persone, il contatto tra il pastore e
il suo popolo.
Permettetemi ora alcuni brevi ricordi personali sul viaggio che ritengo essere stato uno dei più significativi del pontificato. Mi riferisco a quello del novembre 2015
nella Repubblica Centrafricana,
terza e ultima tappa — rimasta in
forse fino all’ultimo — di una trasferta in Africa che aveva dapprima
toccato il Kenya e l’Uganda. In
tanti avevano provato a dissuadere
Francesco, facendo presente i rischi
a cui sarebbe andato incontro nella
capitale di un paese ancora teatro
di episodi cruenti di guerriglia, con
rapimenti e uccisioni. Ricordo bene
che il Papa disse chiaramente di
Jean-Pierre Vieville, «La speranza è nel seme»
non essere preoccupato per even-
I
Viaggi
un’unica nazione e i nostri cuori
devono essere come le nostre mani
che si stringono. Anche le autorità
presenti, compreso il presidente
Uhuru Kenyatta, hanno compiuto
questo gesto... Sempre per rimanere ai gesti: è stato bello accogliere
sulla papamobile l’Imam di Bangui, quando ho salutato gli abitanti
del quartiere musulmano radunati
in un piccolo stadio. È un piccolo
segno scendere dall’aereo, in Armenia, a Gyumri, insieme al catholicos, fianco a fianco, come si addice
a due fratelli. A volte i gesti, anche
piccoli, dicono più di tante parole».
Il Papa viaggia per annunciare il
Vangelo, per confermare i fratelli
nella fede, per promuovere la convivenza, la fraternità tra religioni,
etnie e popoli diversi. Non rappresenta una potenza terrena, non ha
poteri, non ha interessi di tipo economico o strategico. Il Papa viaggia per incoraggiare processi positi-
Il Pontefice non rappresenta
una potenza terrena
Non ha poteri né interessi
di tipo economico o strategico
vi in atto, per innaffiare — anche
soltanto un poco — semi di speranza. E agisce attraverso i suoi rappresentanti nei vari paesi del mondo per favorire la pace, le soluzioni
negoziate, il dialogo.
Talvolta — e anche questo è documentato nel libro — il suo contributo, sempre umile, intessuto di
preghiera e affidato alle circostanze
stabilite dal Signore della storia,
porta a piccoli o anche a più significativi risultati. Talvolta è destinato a rimanere per il momento soltanto un piccolo segno, un seme,
una testimonianza, una fiammella
nella notte buia dell’odio, del terrore, della guerra, dell’incomprensione. Nello già citato colloquio
con l’autore, Francesco, parlando
di tutti i suoi viaggi e della fatica
fisica e psicologica che questi comportano, dice: «Porto sempre con
me volti, testimonianze, immagini,
esperienze... Una ricchezza inimmaginabile, che mi fa sempre dire:
ne è valsa la pena».
Musica
delle missioni
Le musiche barocche delle missioni
gesuitiche boliviane di Chiquitos sono al centro del concerto che si tiene
a Roma il 27 gennaio alle 19 nella
chiesa nazionale spagnola di Santiago e Montserrat (via di Monserrato
115) per iniziativa dell’ambasciata
dello Stato plurinazionale di Bolivia
presso la Santa Sede. A eseguirle,
sotto la direzione di Rubén Darío
Suárez Arana Mercado, è l’orchestra
sinfonica giovanile Hombres Nuevos,
insieme ai cori infantili di San Ignacio de Velasco e Voces del Cielo e al
quartetto Ueb.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
venerdì 27 gennaio 2017
Paul Gauguin, «Il Cristo giallo» (1889)
Il contributo della commissione Fede e costituzione
Sul mistero
della Chiesa
di ANDRZEJ CHOROMANSKI*
Istituita nel 1948 come commissione
teologica del Consiglio ecumenico
delle Chiese (Cec) appena fondato,
Fede e costituzione porta avanti la
tradizione dell’omonimo movimento,
avviato all’inizio del XX secolo, agli
albori del movimento ecumenico
moderno, e si occupa di questioni
relative alla fede apostolica e alla
struttura della Chiesa, come pure di
questioni sociali ed etiche che sono
state fonte di divisione tra i cristiani.
Riorganizzata nel 2013 dopo l’assemblea generale del Cec a Busan, in
Corea del Sud, la commissione è ora
composta da circa cinquantacinque
membri e consulenti, tra cui quattro
teologi cattolici nominati dal Pontificio consiglio per la promozione
dell’unità dei cristiani. La commissione, che rappresenta quasi tutte le
tradizioni cristiane, è uno straordinario think tank mondiale di teologia
ecumenica. La sua natura multilaterale riflette la sua importanza ecumenica. Durante quasi settant’anni
di esistenza, ha studiato un numero
eccezionale di tematiche, fra le quali
la sacra Scrittura e la tradizione, la
fede apostolica, l’antropologia, l’ermeneutica, la riconciliazione, la violenza e la pace, la salvaguardia del
creato, l’unità visibile. Dal 1966, la
commissione teologica collabora con
il Pontificio consiglio per la preparazione dei sussidi della Settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani,
un’iniziativa, questa, che mette in
evidenza il ruolo della preghiera comune quale pratica ecumenica tra le
più tangibili e diffuse in tutto il
mondo.
Fede e costituzione ha prodotto
numerosi documenti e dichiarazioni
di grande rilievo che testimoniano la
crescente convergenza ecumenica tra
le varie tradizioni nel campo della
dottrina cristiana. Incontestabilmente, il documento che ha avuto il più
forte impatto sulla vita delle Chiese
e sulle conversazioni ecumeniche è
Battesimo, eucaristia, ministero (Bem),
detto anche Dichiarazione di Lima,
pubblicato nel 1982. Il testo, risultato di uno studio condotto dalla
commissione Fede e costituzione durante una cinquantina di anni, presenta un’importante convergenza sui
temi centrali del dibattito ecumenico. Ampiamente diffuso, Battesimo,
eucaristia, ministero è diventato un testo ecumenico di riferimento; esso
ha favorito l’intesa reciproca tra i
cristiani separati e ha spesso contribuito all’approfondimento e al rafforzamento delle loro relazioni. Negli anni successivi alla sua pubblicazione, il testo ha ricevuto circa duecento risposte ufficiali da Chiese
membro del Cec e da altre Chiese,
fra cui quella cattolica (1987). Queste risposte sono state raccolte e successivamente pubblicate in sei volumi da Max Thurian (Wcc Publications, 1986-1988), il che ha facilitato
la diffusione e lo studio del documento. Un’attenta analisi di queste
risposte ha evidenziato il fatto che
gran parte di ciò che è stato detto in
Bem su battesimo, eucaristia e ministero potrebbe essere condiviso oggi
dalla maggior parte delle tradizioni
cristiane. Allo stesso tempo, molte
voci, tra cui quella cattolica, hanno
sottolineato che per progredire oltre
la convergenza già raggiunta e per
risolvere alcune delle divergenze che
permangono — in particolare quelle
relative alle conseguenze ecclesiali
del battesimo e al ruolo di eucaristia
e ministero nella vita della Chiesa —
è indispensabile rivolgere una maggiore e più approfondita attenzione
all’ecclesiologia. Difatti, dopo la
pubblicazione di Bem, l’ecclesiologia
è diventata il principale tema di studio della commissione Fede e costituzione.
Molti dialoghi bilaterali della
Chiesa cattolica — per esempio con
gli anglicani, i luterani e i pentecostali — riflettevano già da tempo sul
potenziale ecumenico del concetto
di comunione (koinonia) applicato
alla Chiesa, sulla base di fonti comuni, tra cui soprattutto la Scrittura, i
padri e la liturgia. Iscrivendosi in
questo processo, Fede e costituzione
ha elaborato una dichiarazione
sull’unità basata sul concetto di comunione, successivamente adottata
nel corso dell’assemblea del Consi-
glio ecumenico delle Chiese riunitasi
nel 1991 a Canberra. Due anni più
tardi, la commissione ha tenuto una
conferenza mondiale sul tema a Santiago de Compostela, in Spagna. Alla conferenza è seguita una serie di
studi importanti su alcuni temi controversi come l’autorità, il primato e
la cattolicità. Dopo diverse sessioni
di lavoro e conversazioni, nel 1998 la
commissione ha pubblicato un documento intitolato La natura e lo scopo
della Chiesa, considerato come una
tappa essenziale sulla via verso una
dichiarazione comune. Esso presentava il mistero della Chiesa alla luce
del mistero della Trinità e sviluppava
una visione della natura e dello scopo della Chiesa partendo dal concetto di comunione. L’idea di comunione veniva adottata anche come modello di quell’unità visibile che si
vuole raggiungere, insieme a elementi chiave quale la fede apostolica, la
vita sacramentale, la testimonianza
comune, il ministero e la conciliarità.
Oltre cinquanta risposte al documento sono pervenute, dopo la sua
pubblicazione, da parte di Chiese,
istituti teologici e gruppi di studio
ecumenici. Esaminando tali risposte,
l’organismo teologico ha rilevato che
le questioni più controverse tra le
Chiese riguardavano la natura sacramentale della Chiesa, l’autorità e
l’insegnamento autorevole, il ministero e l’ordinazione, la comunità di
uomini e donne nella Chiesa. Alla
luce delle risposte, il testo è stato riformulato e pubblicato nel 2005 con
il titolo La natura e la missione della
Chiesa. Il numero dei capitoli è stato
ridotto da sei a quattro: il primo affronta la Chiesa del Dio uno e trino,
il secondo il suo ruolo nella storia
della salvezza, il terzo gli elementi
necessari all’unità visibile e l’ultimo
la missione della Chiesa per il mondo e nel mondo.
Come per la versione precedente,
la commissione ha ricevuto quasi
cinquanta risposte di varia natura e
di varia consistenza. Queste sono
state analizzate da un apposito
gruppo di lavoro di esperti e poi discusse durante la plenaria di Fede e
arrivare prima a una visione comune
di Chiesa. Pertanto, l’interpretazione
della Chiesa e della sua unità è una
questione ecumenica di fondamentale importanza. Senz’alcun dubbio, il
documento La Chiesa: verso una visione comune offre un prezioso strumento teologico per mettere a punto
un’ecclesiologia più inclusiva che
permetta di andare al di là di interpretazioni parziali e di dissipare false controversie. Possiamo solo sperare che la ricezione del documento
nelle Chiese di tutto il mondo le
aiuti a progredire insieme verso il
superamento della divisione, in un
più fedele ascolto della volontà di
Gesù, che ha pregato il Padre affinché tutti siano una cosa sola (cfr.
Giovanni, 17, 21).
costituzione nel 2009. Un’ulteriore
consultazione sul testo, tenutasi a
Cipro nel marzo 2011, ha preso in
considerazione la risposta inter-ortodossa inviata dopo la plenaria. Venti
interventi presentati durante questo
incontro hanno affrontato praticamente tutti gli aspetti. Dal 2010 il
testo ha conosciuto oltre dieci versioni provvisorie prima di trovare la
sua forma definitiva nel documento
intitolato La Chiesa: verso una visione
comune, più breve e alquanto diverso
dalle due precedenti dichiarazioni a
livello di contenuto. Il documento è
stato approvato all’unanimità dal comitato permanente di Fede e costituzione nel 2012 e pubblicato nel 2013.
Nel novembre dello stesso anno, è
stato formalmente approvato anche
dalla decima assemblea generale del
Cec a Busan.
Il testo è il risultato di quasi tre
decenni di intenso dialogo teologico
che ha coinvolto centinaia di teologi
e responsabili ecclesiali. Dalla sua
pubblicazione, è stato tradotto in
più di quindici lingue, studiato da
individui e gruppi di discussione,
presentato nel quadro di corsi universitari e di seminari. È inoltre servito da spunto per testi di riferimento e commentato in articoli, libri e
siti in rete. Fino a oggi, l’ufficio di
Ginevra della commissione Fede e
costituzione ha ricevuto una sessantina di risposte da parte di studiosi,
gruppi ecumenici, consigli nazionali
di Chiese e singole Chiese. Anche la
Chiesa cattolica sta preparando una
Comunicato finale del Consiglio permanente della Cei
Dalla parte della gente
ROMA, 26. Vicina alla gente. La
Chiesa in Italia è accanto alle
popolazioni delle regioni messe a
dura prova dalla perdurante
emergenza sismica e dalla concomitante eccezionale ondata di
maltempo, come pure alle famiglie e ai giovani che devono costantemente fare i conti con le
conseguenza di una crisi economica ancora da superare. È
quanto assicura il vescovo Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale
italiana (Cei), che questa mattina
ha presentato a Roma il comunicato finale del Consiglio permanente, riunitosi dal 23 al 25 gen-
naio scorsi. Dal documento
emerge l’immagine di una Chiesa
che, «proprio in forza della sua
prossimità alla gente», ha avvertito il presule, «alza la voce» per
sollecitare anche alcune iniziative
concrete. In primo luogo, provvedimenti a favore della famiglia
e dei minori immigrati. Mentre
non si manca di esprimere
«preoccupazione» per le proposte legislative legate al fine vita.
Ma è innanzitutto sulla condizione delle popolazioni terremotate che si è soffermata l’attenzione del Consiglio permanente
che ha «manifestato stima e ammirazione per la grande dignità
con cui la gente sta affrontando
la situazione». I lavori hanno richiamato anche l’importanza che
su queste terre — una volta passata la prima emergenza — non si
spengano i riflettori. Va in questa
direzione, è stato ricordato, l’impegno assicurato in molteplici
forme dalla Chiesa, a partire dalla generosità delle parrocchie,
che hanno risposto alla colletta
indetta dalla Cei devolvendo circa 22 milioni di euro. «Attraverso Caritas italiana, questi fondi —
ha detto monsignor Galantino —
sono impiegati per risposte a bisogni primari e per la realizzazione di alcune strutture polifunzionali a servizio delle comunità;
sono stati, inoltre, avviati i primi
progetti sociali e di sviluppo economico». In questo contesto si
inserisce anche il protocollo d’intesa che recentemente la Cei ha
sottoscritto con il ministero dei
beni e delle attività culturali e
del turismo per concordare insieme «priorità, modalità e termini
per il recupero dei beni culturali
di interesse religioso danneggiati
dagli eventi sismici».
Proprio la difficile situazione
del paese, legata all’emergenza
sismica, ha rafforzato nel Consiglio permanente la volontà di favorire una piena consonanza di
intenti per una risposta corale.
In questo senso i presuli intendono farsi portavoce delle difficoltà in cui versano molte famiglie a causa di una crisi economica «che ne segna un preoccupante impoverimento», a fronte anche «di situazioni di evidente e
intollerabile privilegio». Di qui,
la richiesta pressante da parte
dell’episcopato per politiche familiari che «possano trovare attuazione senza ulteriori dilazioni
di tempo e di misure che aiutino
la ripresa dell’occupazione: sono
condizioni di futuro, soprattutto
per i giovani e per il meridione».
Dal punto di vista più strettamente ecclesiale l’attenzione del
Consiglio permanente si è soffermata soprattutto sui giovani nella prospettiva anche del sinodo
dei vescovi convocato nel 2018
dal Papa su «I giovani, la fede e
il discernimento vocazionale». In
questo senso, è stato proposto
che la prossima assemblea generale della Cei, in programma dal
22 al 25 maggio prossimi, si confronti proprio sulla questione
educativa e sull’azione pastorale
in riferimento all’universo giovanile.
Altro argomento centrale è stato la formazione permanente del
clero. A tale proposito è stato
annunciato che dalla metà di
febbraio sarà a disposizione uno
speciale sussidio che ha l’intento
di agevolare «il cammino spirituale dei presbiteri e il rinvigorimento della loro attività missionaria». Durante i lavori, inoltre,
è proseguita la riflessione relativa
alla revisione delle norme circa il
regime amministrativo dei tribunali ecclesiastici in Italia in materia matrimoniale. Questione che
sarà ripresa anche nella sessione
primaverile, per essere quindi
sottoposta a maggio all’approvazione dell’assemblea generale.
risposta ufficiale. Numerose conferenze episcopali di tutto il mondo,
così come teologi e facoltà teologiche, hanno già inviato le loro osservazioni al Pontificio consiglio per la
promozione dell’unità dei cristiani.
Queste saranno analizzate da un’apposita commissione di esperti, che
redigerà una bozza di testo, che dovrà essere approvata dalla Congregazione per la dottrina della fede, prima di essere inviata alla commissione Fede e costituzione come risposta
cattolica ufficiale.
Il testo di La Chiesa: verso una visione comune si compone di quattro
capitoli preceduti da un’introduzione che spiega la natura e le finalità
del documento, seguiti da una nota
sul processo che ha condotto alla
sua redazione. Il primo capitolo, intitolato «Missione di Dio e unità
della Chiesa», situa la Chiesa all’interno del disegno salvifico di Dio. Il
secondo capitolo, «La Chiesa del
Dio uno e trino», partendo da basi
bibliche presenta la Chiesa come popolo di Dio, corpo di Cristo e tempio dello Spirito santo. Il terzo capitolo, intitolato «La Chiesa: crescere
nella comunione», si sofferma su alcune questioni teologiche che hanno
diviso le Chiese nel passato, come la
fede, i sacramenti e il ministero. Facendo riferimento ai documenti dei
dialoghi ecumenici, esso evidenzia le
convergenze che sono state progressivamente realizzate e presenta, al
contempo, il persistente disaccordo
su tematiche che devono ancora essere risolte. Il quarto capitolo, «La
Chiesa nel mondo e per il mondo»,
affronta il tema della missione della
Chiesa, suggerendo quelle che sono
le implicazioni sociali del vangelo ed
esortando i cristiani a un’azione comune a favore della giustizia, della
pace e della tutela del creato.
La Chiesa: verso una visione comune
si presenta come un «testo di convergenza» che riunisce una serie di
interpretazioni ecclesiologiche, anche
molto diverse tra loro. Come afferma
l’introduzione, il documento, senza
avanzare la pretesa di esprimere un
pieno consenso su tutte le questioni
affrontate, vuole essere «più di uno
strumento per stimolare ulteriori studi. Esso tenta piuttosto di illustrare
il punto al quale sono arrivate le comunità cristiane nella loro comprensione comune di Chiesa, mostrando
i progressi realizzati e indicando il
lavoro che rimane da fare». E testimonia i notevoli passi avanti compiuti dalle Chiese sulla via del superamento del disaccordo relativo alla
natura, alla missione e all’unità della
Chiesa.
Per tutte le comunioni cristiane
che partecipano al dialogo ecumenico, è chiaro che l’unità piena e visibile non può essere conseguita senza
*Assistente per la Sezione occidentale
del Pontificio consiglio
per la promozione
dell’unità dei cristiani
Nomina
episcopale
in Belize
La nomina di oggi riguarda la
Chiesa in Belize.
Lawrence Sydney Nicasio
vescovo di Belize City
Belmopan
È nato in Belize il 5 settembre
1956. Dopo aver frequentato l’Auster High School, a Belize City, è
stato alunno del Belize Teachers
College e ha insegnato per diversi
anni nelle scuole della diocesi.
Ha svolto gli studi ecclesiastici
negli Stati Uniti d’America, ottenendo nel 1995 il baccalaureato in
filosofia
presso
il
Glennon
Seminary nell’arcidiocesi di Saint
Louis. Nel 1989 ha completato gli
studi teologici con il master of divinity presso il Kenrich College
Seminary. Ordinato sacerdote nella cattedrale di Belize City - Belmopan il 16 giugno 1989, è stato
vicario parrocchiale della concattedrale di Belmopan fino al 1995;
parroco dell’Inmaculada a Orange Walk, segretario e tesoriere del
consiglio presbiterale, maestro
delle celebrazioni liturgiche e delle varie attività a livello diocesano
(1995-2006). Dopo un anno sabbatico (2006-2007) è stato parroco di Sant’Ignazio e amministratore della parrocchia di San Giovanni Vianney a Belize City
(2007-2013), presidente dell’associazione del clero diocesano e
membro del collegio dei consultori (2007-2009). Dal 2013 è parroco
della cattedrale di Belize City.
L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 27 gennaio 2017
pagina 7
Il Papa indica il cammino
Impariamo gli uni dagli altri
«Imparare gli uni dagli altri»: è il
cammino della riconciliazione tra i
cristiani indicato dal Pontefice al
termine della settimana ecumenica.
Com’è consuetudine, nella festa della
Conversione di san Paolo il Papa
ha presieduto mercoledì pomeriggio,
25 gennaio, la celebrazione dei
secondi vespri nella basilica Ostiense
intitolata all’apostolo.
L’incontro con Gesù sulla strada
verso Damasco trasforma radicalmente la vita di Paolo. Da quel
momento in poi, per lui il significato dell’esistenza non sta più
nell’affidarsi alle proprie forze per
osservare scrupolosamente la Legge, ma nell’aderire con tutto sé
stesso all’amore gratuito e immeritato di Dio, a Gesù Cristo crocifisso e risorto. Così egli conosce
l’irrompere di una nuova vita, la
vita secondo lo Spirito, nella quale, per la potenza del Signore Risorto, sperimenta perdono, confidenza e conforto. E Paolo non
può tenere per sé questa novità: è
spinto dalla grazia a proclamare
la lieta notizia dell’amore e della
riconciliazione che Dio offre pienamente in Cristo all’umanità.
Per l’Apostolo delle genti la riconciliazione dell’uomo con Dio,
di cui egli è divenuto ambasciatore (cfr. 2 Cor 5, 20), è un dono
che viene da Cristo. Ciò appare
con chiarezza nel testo della Seconda Lettera ai Corinzi, dal quale è tratto quest’anno il tema della Settimana di Preghiera per
l’Unità dei Cristiani: “L’amore di
Cristo ci spinge verso la riconciliazione” (cfr. 2 Cor 5, 14-20).
“L’amore di Cristo”: non si tratta
del nostro amore per Cristo, ma
dell’amore che Cristo ha per noi.
Allo stesso modo, la riconciliazione verso cui siamo spinti non è
semplicemente nostra iniziativa: è
in primo luogo la riconciliazione
che Dio ci offre in Cristo. Prima di
essere uno sforzo umano di credenti che cercano di superare le
loro divisioni, è un dono gratuito
di Dio. Come effetto di questo
dono la persona, perdonata e
amata, è chiamata a sua volta a
proclamare il vangelo della riconciliazione in parole e opere, a vivere
e testimoniare un’esistenza riconciliata.
In questa prospettiva, possiamo
oggi chiederci: come proclamare
questo vangelo di riconciliazione
dopo secoli di divisioni? È lo
stesso Paolo ad aiutarci a trovare
la via. Egli sottolinea che la riconciliazione in Cristo non può
avvenire senza sacrificio. Gesù ha
dato la sua vita, morendo per tutti. Similmente, gli ambasciatori di
riconciliazione sono chiamati, nel
suo nome, a dare la vita, a non
vivere più per sé stessi, ma per
Colui che è morto e risorto per
loro (cfr. 2 Cor 5, 14-15). Come
Gesù insegna, è solo quando perdiamo la vita per amore suo che
la guadagniamo davvero (cfr. Lc
9, 24). È la rivoluzione che Paolo
ha vissuto, ma è la rivoluzione
cristiana di sempre: non vivere
più per noi stessi, per i nostri interessi e ritorni di immagine, ma
ad immagine di Cristo, per Lui e
secondo Lui, col suo amore e nel
suo amore.
Per la Chiesa, per ogni confessione cristiana è un invito a non
basarsi sui programmi, sui calcoli
e sui vantaggi, a non affidarsi alle
opportunità e alle mode del momento, ma a cercare la via guardando sempre alla croce del Signore: sta lì il nostro programma
di vita. È un invito anche ad uscire da ogni isolamento, a superare
la tentazione dell’autoreferenzialità, che impedisce di cogliere ciò
che lo Spirito Santo opera al di
fuori dei propri spazi. Un’autentica riconciliazione tra i cristiani
potrà realizzarsi quando sapremo
riconoscere i doni gli uni degli
altri e saremo capaci, con umiltà
e docilità, di imparare gli uni dagli altri — imparare gli uni dagli
altri —, senza attendere che siano
gli altri a imparare prima da noi.
Se viviamo questo morire a noi
stessi per Gesù, il nostro vecchio
stile di vita viene relegato al passato e, come è accaduto a san
Paolo, entriamo in una nuova forma di esistenza e di comunione.
Con Paolo potremo dire: «Le cose vecchie sono passate» (2 Cor 5,
17). Guardare indietro è d’aiuto e
quanto mai necessario per purificare la memoria, ma fissarsi sul
passato, attardandosi a ricordare i
torti subiti e fatti e giudicando
con parametri solo umani, può
paralizzare e impedire di vivere il
presente. La Parola di Dio ci incoraggia a trarre forza dalla memoria, a ricordare il bene ricevuto
dal Signore; ma ci chiede anche
di lasciarci alle spalle il passato
per seguire Gesù nell’oggi e vivere una vita nuova in Lui. Permettiamo a Colui che fa nuove tutte
le cose (cfr. Ap 21, 5) di orientarci
a un avvenire nuovo, aperto alla
speranza che non delude, un avvenire in cui le divisioni si potranno superare e i credenti, rinnovati nell’amore, saranno pienamente e visibilmente uniti.
Mentre camminiamo sulla via
dell’unità, quest’anno ricordiamo
in modo particolare il quinto centenario della Riforma protestante.
Il fatto che oggi cattolici e luterani possano ricordare insieme un
evento che ha diviso i cristiani, e
lo facciano con speranza, ponendo l’accento su Gesù e sulla sua
opera di riconciliazione, è un traguardo notevole, raggiunto grazie
a Dio e alla preghiera, attraverso
cinquant’anni di conoscenza reciproca e di dialogo ecumenico.
L’arcivescovo Rodríguez Carballo sulla revisione del documento «Mutuae relationes»
Nell’invocare da Dio il dono
della riconciliazione con Lui e tra
di noi, rivolgo i miei cordiali e
fraterni saluti a Sua Eminenza il
Metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico, a Sua Grazia David Moxon,
rappresentante personale a Roma
dell’Arcivescovo di Canterbury, e
a tutti i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali
qui convenuti. Mi è particolarmente gradito salutare i membri
della Commissione mista per il
dialogo teologico tra la Chiesa
cattolica e le Chiese ortodosse
orientali, ai quali auguro un fruttuoso lavoro per la sessione plenaria che si sta svolgendo in questi giorni. Saluto anche gli studenti dell’Ecumenical Institute of
Bossey — tanto gioiosi, li ho visti
questa mattina —, in visita a Roma per approfondire la loro conoscenza della Chiesa cattolica, e i
giovani ortodossi e ortodossi
orientali che studiano a Roma
grazie alle borse di studio del Comitato di Collaborazione Culturale con le Chiese ortodosse, che
opera presso il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità
dei Cristiani. Ai Superiori e a tutti i Collaboratori di questo Dicastero esprimo la mia stima e la
mia gratitudine.
Cari fratelli e sorelle, la nostra
preghiera per l’unità dei cristiani
è partecipazione alla preghiera
che Gesù ha rivolto al Padre prima della passione «perché tutti
siano una sola cosa» (Gv 17, 21).
Non stanchiamoci mai di chiedere a Dio questo dono. Nella paziente e fiduciosa attesa che il Padre conceda a tutti i credenti il
bene della piena comunione visibile, andiamo avanti nel nostro
cammino di riconciliazione e di
dialogo, incoraggiati dalla testimonianza eroica di tanti fratelli e
sorelle, uniti ieri e oggi nel soffrire per il nome di Gesù. Approfittiamo di ogni occasione che la
Provvidenza ci offre per pregare
insieme, per annunciare insieme,
per amare e servire insieme, soprattutto chi è più povero e trascurato.
Gesti di riconciliazione
Nel bacio di Francesco alle croci
pettorali del metropolita ortodosso
Gennadios Zervos e dell’arcivescovo
anglicano David Moxon c’è il sigillo
ecumenico del suo pontificato, teso
a costruire ponti verso la riconciliazione tra tutti i cristiani. Il gesto del
Papa, al momento del congedo con i
due rappresentanti ecumenici, è avvenuto nella basilica Ostiense a conclusione della celebrazione dei secondi vespri della festa della Conversione di san Paolo che, da cin-
Riforma del cuore
La revisione del documento Mutuae relationes deve basarsi su due principi indicati da Papa Francesco come criteri guida: la teologia di comunione e la co-essenzialità dei doni gerarchici e carismatici nella Chiesa. Lo ha ribadito l’arcivescovo
José Rodríguez Carballo, segretario della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le
società di vita apostolica, durante la plenaria interdicasteriale nella quale si è discusso della rielaborazione e dell’aggiornamento del documento
risalente al 1978, che indicava i criteri del rapporto tra i vescovi e i religiosi nella Chiesa.
Intervenendo ai lavori congiunti tra rappresentanti del dicastero per i consacrati e quello per i
vescovi, giovedì 26 gennaio, il presule ha ricordato che la teologia della comunione è frutto
maturo del Vaticano II, mentre il principio della
co-essenzialità è stato «magistralmente illustrato»
dal recente documento della Congregazione per
la dottrina della fede, Iuvenescit Ecclesia. In particolare, l’arcivescovo ha fatto notare come gerarchia e carisma, in quanto provenienti dallo stesso
Spirito, che «è spirito di unità e di pace, devono
coinvolgersi reciprocamente in ogni passo della
missione della Chiesa, nel pensare, progettare,
attuare e verificare insieme», rispettando in ogni
caso il volto pluriforme della Chiesa.
D’altra parte, ha aggiunto il presule, l’unico
modo «per superare le tensioni tra pastori e consacrati, è di dare al documento la stessa impostazione trinitaria che regge Vita consecrata, accentuando il valore della comunione». Infatti, come
la Trinità, anche la Chiesa è comunione, nella
gerarchia e nei carismi; ed «è nella e dalla comunione che nascono le relazioni, non solo tra i vescovi e i religiosi, ma con l’intera comunità ecclesiale, includendo tutti quei soggetti che nell’attuale documento Mutuae relationes sono dimenticati: fratelli religiosi, religiose, laici, nuove forme». In tal modo si genera quella spiritualità di
comunione che «è una delle eredità più belle e
preziose del concilio Vaticano II». Tra doni carismatici e doni gerarchici, ha sottolineato, «non
c’è opposizione. Sono co-essenziali: né sottomissione, né indipendenza, ma comunione».
Tuttavia, è opportuno riconoscere che «una
conoscenza teologica, per quanto corretta e bene
impostata, come una normativa universale, per
sua natura generale e astratta, non sono sufficienti se non sono poi poste in essere». Per questo motivo, il presule ha lanciato la proposta che
la teologia e la storia della vita consacrata «siano
inserite come discipline curriculari nei programmi di formazione teologica per gli ordini sacri»,
perché quelli che un giorno saranno pastori
«possano apprezzare il dono della vita consacrata e gli stessi consacrati possano sempre più
comprendere il significato della loro presenza
all’interno del popolo di Dio».
D all’esperienza ricavata in questi quasi quarant’anni di Mutuae relationes si è notato che la
teoria, anche «quando è conosciuta, non sempre
trova giusta applicazione nel concreto». È necessario, perciò, promuovere «una riforma di pensiero che parta dal cuore, come ci ricorda Papa
Francesco nel suo magistero». Questo perché le
Mutuae relationes si vengono a realizzare «in una
teologia dell’incontro e del dialogo, nel nostro
caso tra vescovo e consacrati, che va declinata
nella situazione particolare di Chiesa». In effetti,
sia i vescovi che i consacrati «devono praticare la
mistica dell’incontro».
Messaggio del cardinale Turkson al forum sulla pastorale dei circensi e dei lunaparchisti
Ecumenismo sotto il tendone
Nell’ecumenismo il dialogo «richiede la fiducia e la capacità di
guardare l’altro attraverso il prisma della fede» e impone la rinuncia «a ogni forma di sospetto
e di competizione». Lo ha sottolineato il cardinale Peter Kodwo
Appiah Turkson, prefetto del dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, in un
messaggio indirizzato ai membri
del consiglio generale del Forum
delle organizzazioni cristiane per
la pastorale dei circensi e lunaparchisti. Come ogni anno, l’organismo si è riunito dal 22 al 24 gennaio, nel Principato di Monaco,
in occasione della settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani
e in concomitanza con il festival
internazionale del circo di Montecarlo.
Nel messaggio il porporato ha
ricordato che il dialogo ecumenico «sollecita una maggiore apertura alle esigenze del mondo di
oggi», richiamando in particolare
l’impegno congiunto «per la
soluzione dei conflitti e per la costruzione delle relazioni basate
sull’amore e sul riconoscimento
della pari dignità di tutti i figli di
Dio». Un invito richiamato proprio dal tema scelto per l’incontro
— «Essere insieme in dialogo» —
che ha inteso esprimere «il desiderio di rafforzare la comunione e
Roz Young, «Tenda del circo»
la fraternità in un dialogo aperto
e rispettoso, paziente e generoso». L’argomento, ha sottolineato
il prefetto, è molto caro a Papa
Francesco, che nell’enciclica Laudato si’ lo indica «come mezzo e
strumento per affrontare i problemi del nostro pianeta e cercare
soluzioni realmente efficaci». Un
autentico dialogo sta infatti alla
base «di ogni relazione interpersonale e favorisce la “cultura
dell’incontro” di cui il Pontefice
parla spesso».
La capacità di dialogo, di relazione e comunione con Dio e con
gli altri è dunque «presupposto
di autentica crescita, maturazione
e santificazione della persona
umana». Allo stesso tempo, ha rilevato il cardinale, l’apertura
all’altro nel dialogo, lo scambio
dei doni e l’incontro fraterno portano, «sotto la guida dello Spirito
Santo, alla verità, alla riconciliazione e alla guarigione delle relazioni».
quant’anni, coincide con la conclusione della settimana di preghiera
per l’unità dei cristiani. E così San
Paolo fuori le Mura si conferma luogo di gesti significativi: cinquantotto
anni fa Giovanni XXIII vi annunciò a
sorpresa il concilio Vaticano II e diciassette anni fa Giovanni Paolo II
aprì la porta santa “a sei mani”, con
due rappresentanti ecumenici.
E proprio con due rappresentanti
ecumenici — Gennadios Zervos, arcivescovo metropolita d’Italia e Malta,
esarca per l’Europa meridionale, in
rappresentanza del Patriarcato ecumenico, e David Moxon, arcivescovo
rappresentante personale a Roma
dell’arcivescovo di Canterbury e direttore del Centro anglicano — il Papa ha presieduto la celebrazione dei
vespri.
Ad accompagnarli, nella processione, anche il cardinale Kurt Koch
e il vescovo Brian Farrell, rispettivamente presidente e segretario del
Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, dieci
rappresentanti di altre chiese e confessioni e i monaci benedettini di
San Paolo, guidati dall’abate Roberto Dotta e dall’abate primate dell’ordine, dom Gregory John Frederick
Polan.
Sempre con il metropolita Gennadios e l’arcivescovo Moxon, Francesco ha compiuto altri gesti significativi: prima hanno pregato proprio
davanti alla tomba dell’apostolo
Paolo, poi il Papa li ha chiamati accanto a sé per il canto del Magnifi-
cat e del Padre nostro e per impartire insieme la benedizione finale. I
due rappresentanti ecumenici hanno
anche letto le orazioni dopo i salmi.
E nelle intercessioni una preghiera
del tutto particolare è stata rivolta a
Dio, in armeno, per «i cristiani vittime delle persecuzioni».
Al termine della celebrazione, il
cardinale Koch ha subito rilanciato i
contenuti dell’omelia del Papa, mettendo in evidenza soprattutto che
l’impegno per la riconciliazione costituisce «una delle priorità pastorali
del pontificato». In particolare, il
cardinale ha fatto riferimento alle
iniziative per il quinto centenario
della Riforma, ricordando la dichiarazione congiunta firmata in Svezia
dal Pontefice. «La storia della Riforma — ha detto — è segnata non solo
dalla riscoperta del Vangelo della
grazia gratuita di Dio, ma anche da
dolorose divisioni». Per il cardinale
Koch, «il pentimento e la purificazione della memoria storica devono
avvenire sotto il segno della riconciliazione, riconciliazione che può nascere soltanto dall’iniziativa di Dio e
che rappresenta il dono che Dio fa a
noi uomini e all’intero cosmo». Perciò «nel lasciarci riconciliare da Dio
in Cristo, dobbiamo noi stessi annunciare la riconciliazione di Dio, ci
dobbiamo impegnare nella promozione della riconciliazione tra i cristiani e dobbiamo lasciarci spingere
dall’amore di Cristo». Consapevoli,
ha aggiunto, che «l’amore è il motore di ogni sforzo ecumenico» e che
«il vero amore non cancella le legittime differenze tra le Chiese cristiane, ma le conduce insieme, riconciliate, a una più profonda unità».
A San Paolo, come ogni anno,
erano riunti insieme numerosi rappresentanti di altre chiese e confessioni, accolti dal sotto-segretario del
Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, monsignor Andrea Palmieri. Significativa
la presenza della Commissione mista
per il dialogo teologico tra la Chiesa
cattolica e le Chiese ortodosse orientali. Al termine dei vespri, Francesco
ha voluto personalmente salutare
personalmente tutti i rappresentanti
ecumenici. E anche alcuni studenti
della Graduate school dell’istituto
ecumenico di Bossey, in visita di studio a Roma. Accanto a loro i giovani che studiano a Roma con il sostegno del comitato di collaborazione
culturale con le Chiese ortodosse
che opera nel dicastero ecumenico.
Erano presenti quindici cardinali,
tra cui il segretario di Stato e l’arciprete di San Paolo, Harvey, che ha
salutato il Papa al suo arrivo. Tra i
presenti, gli arcivescovi Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, Gallagher, segretario per i Rapporti con
gli Stati, Gänswein, prefetto della
Casa Pontificia, e l’assessore monsignor Borgia. La preghiera vespertina
è stata cantata dal coro della cappella Sistina, diretto da monsignor Palombella, con il prestigioso coro anglicano di Westminster Abbey, diretto da James O’D onnell.