venerdì 27 gennaio 2017
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venerdì 27 gennaio 2017
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLVII n. 21 (47.455) Città del Vaticano venerdì 27 gennaio 2017 . A conclusione dell’ottavario ecumenico il Papa indica il cammino della riconciliazione tra i cristiani In vigore le sanzioni sul nucleare Impariamo gli uni dagli altri Pechino e Pyongyang sempre più distanti «Imparare gli uni dagli altri»: è questo il cammino di riconciliazione tra i cristiani indicato da Papa Francesco nella solennità della conversione di san Paolo. A conclusione della settimana ecumenica, com’è consuetudine, il Pontefice ha presieduto il 25 gennaio la celebrazione dei secondi vespri nella basilica ostiense intitolata all’apostolo. E con il bacio dato — al momento del congedo — alle croci pettorali del metropolita ortodosso e dell’arcivescovo anglicano, Francesco ha voluto imprimere al rito il sigillo ecumenico di un pontificato tutto teso a costruire ponti di riconciliazione. Del resto, anche all’omelia il Papa aveva insistito sulla necessità di proclamare il vangelo di riconciliazione, soprattutto dopo secoli di divisioni tra cristiani. E aveva individuato nella predicazione di Paolo un aiuto «a trovare la via». Infatti — ha spiegato — «egli sottolinea che la riconciliazione in Cristo non può avvenire senza sacrificio. Similmente, gli ambasciatori di riconciliazione sono chiamati a dare la vita, a non vivere più per sé stessi. È la rivoluzione cristiana di sempre». Di conseguenza, «per la Chiesa, per ogni confessione cristiana», ciò si traduce in «un invito a non basarsi sui programmi, sui calcoli e sui vantaggi, a non affidarsi alle opportunità e alle mode del momento». E anche a «uscire da ogni isolamento, a superare la tentazione dell’autoreferenzialità». In sostanza, «un’autentica riconciliazione tra i cristiani potrà realizzarsi» solo quando «sapremo riconoscere i doni gli uni degli altri, con umiltà e docilità, senza attendere che siano gli altri a imparare prima da noi». E se — ha osservato il Pontefice — «guardare indietro è necessario per purificare la memoria», è altrettanto vero che «fissarsi sul passato, attardandosi a ricordare i torti subiti e fatti e giudicando con parametri solo umani, può paralizzare e impedire di vivere il presente». Da qui l’esorta- zione a non stancarsi «mai di chiedere a Dio» il dono dell’unità. «Andiamo avanti — è stato l’auspicio espresso a conclusione della sua riflessione — nel nostro cammino di riconciliazione e di dialogo, incoraggiati dalla testimonianza eroica di tanti fratelli e sorelle, uniti ieri e og- gi nel soffrire per il nome di Gesù». E «approfittiamo di ogni occasione per pregare insieme, per annunciare insieme, per amare e servire insieme, soprattutto chi è più povero e trascurato». PAGINA 7 I vescovi di Cambogia e Laos in visita «ad limina» Nella mattina di giovedì 26 gennaio Papa Francesco ha incontrato i presuli della Conferenza episcopale di Cambogia e Laos, in occasione della visita «ad limina Apostolorum» Tensione tra Messico e Stati Uniti dopo l’annuncio del presidente Trump y(7HA3J1*QSSKKM( +_!"!#!$!_! Il muro della discordia WASHINGTON, 26. Il capo dello stato messicano, Enrique Peña Nieto, non annulla il previsto incontro con il presidente statunitense, Donald Trump, martedì prossimo a Washington. Sarà un incontro non certo privo di tensione, dopo la firma ieri da parte di Trump dell’ordine esecutivo che prevede la costruzione di un muro al confine tra i due Paesi. «La riunione di lavoro fra i due presidenti a Washington è confermata. Voglio che sia chiaro: la riunione per ora è ancora in piedi» ha detto il ministro degli esteri messicano, Luis Videgaray. Trump ha promesso non solo un completamento della barriera che divide i due paesi (sarà lunga nel complesso 3200 chilometri), ma anche un irrigidimento delle misure per frenare i flussi migratori verso gli Stati Uniti. E in un’intervista il presidente ha dichiarato: «La costruzione del muro comincerà nel giro di qualche mese, ma la pianificazione parte subito». Poi ha precisato: «Per avviare la costruzione useremo i soldi dei contribuenti, ma poi li rimborseremo. Useremo i dazi o qualche altro meccanismo, ma alla fine pagherà il Messico». Oggi — stando a indiscrezioni della stampa — il presidente statunitense dovrebbe firmare diversi decreti per sospendere la concessione dei visti a persone provenienti da paesi a rischio terrorismo come Siria, Sudan, Somalia, Iraq, Iran, Libia e Yemen. Peña Nieto ha immediatamente replicato alle parole di Trump sottolineando che il Messico non intende pagare per il muro. «Condanno e mi rammarico per la decisione del governo statunitense di continuare con la costruzione di un confine che per anni ci ha diviso più di quanto ci abbia unito; il Messico dà e chiede il rispetto dovuto come nazione sovra- na». Peña Nieto ha spiegato che «il Messico offre la sua amicizia al popolo degli Stati Uniti e la sua disponibilità a raggiungere accordi con il loro governo, accordi di cui dovranno beneficiare il Messico e i messicani». A temere le mosse della nuova amministrazione in materia di immigrazione sono soprattutto i circa undici milioni di immigrati senza do- cumenti che da anni vivono e lavorano negli Stati Uniti, in attesa di una riforma che possa regolarizzare la loro situazione. Il progetto di riforma proposto da Barack Obama, e bloccato al Congresso dai repubblicani, era fondato su due aspetti cruciali: niente espulsione dal paese per i genitori senza documenti di figli nati negli Stati Uniti e protezione assoluta per le persone arrivate nel paese quando erano bambini. «Abbiamo bisogno di ponti, non di muri» ha dichiarato in un tweet il segretario generale della conferenza episcopale messicana, Antonio Miranda, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Monterrey, appena appresa la notizia della costruzione del muro. «Non più stranieri, Messico e Stati Uniti, insieme nel viaggio della speranza» ha aggiunto. Sempre sul nuovo muro, il vescovo di Austin, Joe S. Vásquez, presidente della commissione per l’immigrazione della conferenza episcopale statunitense, ha dichiarato: «Invece di costruire muri, io e i miei fratelli vescovi continueremo a seguire l’esempio di Papa Francesco. Cercheremo di costruire ponti tra i popoli che ci permettano di abbattere i muri dell’esclusione e dello sfruttamento». Intanto, il presidente cubano, Raúl Castro, si è detto pronto ad avere un «dialogo rispettoso e una collaborazione sui temi di comune interesse con il nuovo governo del presidente Trump». La commissione Fede e costituzione Sul mistero della Chiesa Sui papiri di Ercolano Non sono libri morti AURORA CORTI A PAGINA 4 Un punto della barriera già esistente tra il Messico e gli Stati Uniti (Afp) ANDRZEJ CHOROMANSKI A PAGINA 6 PECHINO, 26. La Cina si allontana sempre di più dalla Corea del Nord. Pechino ha varato oggi un’altra lista di beni non esportabili verso Pyongyang, in linea con le sanzioni dell’Onu. Si tratta di materiali dal «potenziale duplice uso», civile e militare, caratterizzati da tecnologie che potrebbero aiutare Pyongyang a sviluppare armi nucleari, chimiche e biologiche, nonché missili funzionali allo scopo di attacco. La prima vera svolta da parte della Cina, alleato storico di Pyongyang dall’accordo militare del 1961, si è avuta il 30 novembre scorso, quando ha sostenuto le sanzioni Il stabilite dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, permettendo che il voto contro la corsa alla proliferazione nucleare in Corea del Nord fosse unanime. Le disposizioni di oggi — contenute in una nota del ministero del commercio cinese — realizzano in parte le misure contenute nella risoluzione dell’Onu, la numero 2321. Quest’ultima intendeva dare un segnale forte, dopo che per la prima volta nel settembre 2016 Pyongyang aveva fatto detonare una testata atomica. A gennaio dello stesso anno c’erano stati altri test, proseguimento di quelli documentati nel 2006, 2009 e 2013. Oltre alle restrizioni commerciali ed economiche, il documento prevede anche l’inserimento in una “lista nera” di istituzioni e individui, tra cui alcuni ex diplomatici, coinvolti nei programmi missilistici e nucleari di Pyongyang. Viene inoltre proposta la riduzione di personale nelle missioni nordcoreane all’estero e del numero di conti bancari per ogni missione. Nel mirino della nuova mossa di Pechino c’è soprattutto il carbone, il prodotto principalmente esporta- presidente cinese Xi Jinping (Ansa) to dalla Corea del Nord (circa il 25 per cento del totale). Le esportazioni sono state bloccate di oltre un quarto, insieme ad altre restrizioni commerciali e finanziarie che dovrebbero creare un danno al regime di Pyongyang calcolabile intorno agli 800-900 milioni di dollari l’anno. Se la Cina, che confina con la Corea del Nord ed è la sua principale “porta d’ingresso”, applicasse alla lettera la risoluzione dell’Onu, il blocco dei commerci di Pyongyang dal carbone agli altri minerali si ridurrebbe del 60 per cento aggravando la già precaria situazione economica del paese. Le disposizioni di Pechino appaiono anche — secondo molti osservatori — una replica alle recenti dichiarazioni del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Questi, nei giorni scorsi, aveva detto che la Cina «non fa pressione a sufficienza sullo storico alleato». Dal canto suo, Pyongyang ha affermato che la risoluzione alza «il livello di tensione» e ha minacciato la comunità internazionale «con misure più dure di autodifesa», contro quella che definisce «la minaccia nucleare». NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza le Loro Eccellenze i Monsignori: — Ivo Scapolo, Arcivescovo titolare di Tagaste, Nunzio Apostolico in Cile; — Miguel Maury Buendia, Arcivescovo titolare di Italica, Nunzio Apostolico in Romania. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza: il Reverendo Tito Banchong Thopanhong, Amministratore Apostolico del Vicariato Apostolico di Luang Prabang (Laos), in visita «ad Limina Apostolorum»; le loro Eccellenze i Monsignori: — Louis-Marie Ling Mangkhanekhoun, Vescovo titolare di Acque nuove di Proconsolare, Vicario Apostolico di Paksé (Laos), in visita «ad Limina Apostolorum»; — Jean Marie Vianney Prida Inthirath, Vescovo titolare di Lemfocta, Vicario Apostolico di Savannakhet (Laos), in visita «ad Limina Apostolorum»; — Jean Khamsé Vithavong, Vescovo titolare di Moglena, Vicario Apostolico di Vientiane (Laos), in visita «ad Limina Apostolorum»; — Olivier Michel Marie Schmitthaeusler, Vescovo titolare di Catabum castra, Vicario Apostolico di Phnom-Penh (Cambogia), in visita «ad Limina Apostolorum»; i Reverendi: — Enrique Figaredo Alvargonzalez, S.I., Prefetto Apostolico di Hattambang (Cambogia), in visita «ad Limina Apostolorum»; — Antonysamy Susairaj, M.E.P., Prefetto Apostolico di Kompong-Cham (Cambogia), in visita «ad Limina Apostolorum». Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Belize City Belmopan (Belize), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Dorick G. Wright. Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di Belize City - Belmopan (Belize) il Reverendo Lawrence Sydney Nicasio, del clero di Belize, Parroco della Cattedrale a Belize City. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 venerdì 27 gennaio 2017 Il premier May durante il suo intervento in parlamento (Afp) Dopo la sentenza della Consulta sull’Italicum Piano dell’Ue per bloccare i flussi dalla Libia BRUXELLES, 26. «Troppa gente ancora muore nel Mediterraneo». Con queste parole, Jean-Claude Juncker, presidente della commissione europea, ha presentato la nuova strategia con la quale la Ue vuole «fare di più» per chiudere la rotta che dall’Africa subsahariana passa per la Libia. Il nuovo piano, approvato ieri dai commissari, sarà il 3 febbraio sul tavolo del vertice informale a Malta, che vorrebbe bloccare i flussi verso l’Italia possibilmente entro l’estate. Misure a breve e medio termine, con un finanziamento da 200 milioni di euro per il 2017. La novità principale è l’idea di ridurre le partenze e lottare contro i trafficanti rafforzando la guardia costiera libica che la Ue ha cominciato ad addestrare in autunno. Il “cordone” della guardia costiera libica dovrebbe avere la responsabilità dei salvataggi e dovrebbe riportare i migranti sulla costa, con il duplice effetto di colpire il modello di business dei trafficanti e di permettere la ripresa delle attività di pesca. In più è previsto un lavoro parallelo con Egitto, Tunisia e Algeria per evitare che il problema si allarghi con la creazione di rotte alternative nei paesi vicini alla Libia. Altro punto rilevante del piano è incrementare la cooperazione con l’organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e l’alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), che già operano in Libia, ma senza personale internazionale. Si vuole collaborare con le municipalità libiche per migliorare le condizioni di vita nei campi in Libia, definite come «inaccettabili» e «molto lontane dagli standard internazionali». Emerge una constatazione di fondo: un accordo simile a quello stipulato con la Turchia è impensabile: sono troppo diversi non solo i paesi, ma anche la composizione dei flussi. I dati sono noti: lo scorso anno, oltre 4500 persone hanno perso la vita e in questo inizio di nuovo anno, si sono registrati oltre 200 morti. Dal primo al 15 gennaio, 2876 migranti e rifugiati sono giunti in Europa via mare, arrivando soprattutto in Grecia e in Italia. Rimpasto di governo in Germania BERLINO, 26. Diventerà ufficiale domani, venerdì 27 gennaio, il nuovo rimpasto del governo tedesco, con la staffetta fra FrankWalter Steinmeier e Sigmar Gabriel al ministero degli esteri e il passaggio di Brigitte Zypres da sottosegretaria a ministra dell’economia, in sostituzione di Gabriel. Lo ha reso noto ieri l’ufficio della presidenza federale. Il rimpasto si rende necessario — ha spiegato l’ufficio in una nota — per l’elezione il 12 febbraio prossimo di Steinmeier alla presidenza federale ed è anche conseguenza della scelta di Gabriel di spostarsi agli esteri dopo la decisione di rinunciare alla candidatura alla cancelleria e alla guida del partito socialdemocratico. Gabriel ha ceduto la candidatura alla cancelleria a Martin Schulz. «Il governo tedesco porterà avanti la sua politica estera ed economica in continuità con il passato e in base al programma di coalizione con cui si è insediato l’esecutivo» ha spiegato ieri il portavoce del cancelliere Angela Merkel, Steffen Seibert, durante una conferenza stampa. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va In Italia si apre la strada verso il voto Il premier britannico annuncia un libro bianco sulla Brexit May promette chiarezza LONDRA, 26. Il premier britannico, Theresa May, presenterà un libro bianco in cui verranno puntualizzati gli obiettivi del suo governo nei negoziati sulla Brexit, l’uscita dall’Unione europea. L’annuncio è avvenuto nell’ultimo question time, ieri, a pochi giorni dalla sentenza della Corte suprema britannica che ha imposto il passaggio in parlamento sull’attivazione dell’articolo 50 (quello che nei trattati regola l’uscita dall’Unione). Decisione inevitabile — dicono gli analisti — a fronte della crescente “ribellione” interna al partito conservatore da parte di molti deputati, che, insieme ai laburisti, agli indipendentisti scozzesi e ai libdem, chiedono più dettagli su come l’esecutivo intenda affrontare la sfida al tavolo delle trattative con Bruxelles. Oggi, intanto, l’esecutivo presenterà la proposta di legge per l’attivazione dell’articolo 50. May, che domani si recherà a Washington per incontrare — prima leader internazio- L’Eurogruppo discute del salvataggio greco ATENE, 26. Un riconoscimento dei progressi della Grecia da parte dei ministri delle finanze dell’eurozona: questa l’aspettativa del governo di Atene in vista delle prossima riunione dell’Eurogruppo di oggi, secondo quanto spiegato in conferenza stampa dal portavoce governativo Dimitris Tzanakopoulos. Il governo ellenico, ha ribadito il portavoce, punta a una rapida conclusione della seconda revisione del programma di salvataggio che «è stata trascinata per mesi» in quanto tra la Grecia e i suoi creditori internazionali rimangono alcune divergenze sulle riforme fiscali e del mercato del lavoro. Tzanakopoulos ha affermato che Atene vuole una rapida conclusione del programma in modo da poter partecipare al programma di aiuti della Banca centrale europea nel primo semestre del 2017. E proprio ieri, in occasione dei suoi due anni alla guida del paese, il premier greco Alexis Tsipras ha annunciato che non ci saranno nuove misure di austerità. Tsipras ha poi chiesto ai leader europei di aiutare la ripresa economica della Grecia, un rafforzamento che servirebbe anche all’Unione nel suo complesso. «In nessun caso — ha detto il premier — passeremo leggi che introducano altre misure di austerità. Neanche per un euro, oltre quello che è già stato concordato». nale a farlo — il presidente statunitense Donald Trump, ha ricordato che un eventuale voto negativo del parlamento sulla Brexit causerebbe l’uscita del Paese dall’Unione senza un accordo, e questo aprirebbe prospettive molto difficili per Londra a livello dei mercati internazionali. La strada di una rinegoziazione di tutti gli accordi commerciali a livello bilaterale — dicono i commentatori — appare ancora troppo lunga e complessa. Recuperate tutte le vittime nella tragedia di Rigopiano Bilancio finale GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio Gaetano Vallini Anche se aumenta la fiducia dei consumatori e delle imprese Cresce il debito pubblico brasiliano metteranno la liberazione di Odin Sanchez, ex deputato del dipartimento del Choc (nord-ovest). Il governo di Bogotá e l’Eln, l’ultima guerriglia attiva in Colombia dopo l’accordo di pace firmato con il Fronte armato di liberazione della Colombia (Farc), hanno annunciato lo scorso 18 gennaio che dovrebbero iniziare ufficialmente i colloqui di pace il 7 febbraio a Quito, capitale del confinante Ecuador, al termine delle discussioni preparatorie avviate in segreto dal gennaio del 2014. Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore segretario di redazione ROMA, 26. È il bilancio finale: 29 vittime, undici sopravvissuti. Non c’è più nessuno da salvare all’hotel di Rigopiano, la struttura in Abruzzo travolta da una slavina circa una settimana fa. Ieri il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, in audizione al Senato, ha difeso la macchina dei soccorsi, che ha dimostrato «una capacità di reazione del sistema all’altezza di un grande paese». Anche la procura ha “assolto” i soccorsi dalle accuse di eventuali ritardi: «Dalle autopsie su sei vittime risulta che nessuno di loro è morto solo per assideramento. Molti hanno perso la vita subito per schiacciamento» si legge in una nota. «Al momento non ci sono indagati» ha spiegato il pubblico ministero Cristina Tedeschini, ma intanto è stata ascoltata la filiera dei funzionari che ha risposto agli appelli in sala operativa della prefettura. Ma il dramma per l’Italia centrale non conosce fine. Questa notte sono state registrate dodici nuove scosse di terremoto proprio nelle aree colpite dal sisma del 24 agosto dello scorso anno. La più forte, di magnitudo 3,2, è stata registrata in provincia di Rieti, a una profondità di dieci chilometri. La scossa si è verificata a quattro chilometri da Amatrice e a sette da Campostosto in provincia dell’Aquila. Vigili del fuoco impegnati nelle operazioni di soccorso (Ansa) Bogotá auspica la liberazione di un ostaggio in mano all’Eln BO GOTÁ, 26. Il ministro della difesa colombiano, Luis Carlos Villegas, ha dichiarato ieri alla radio nazionale che spera che durante questo fine settimana venga liberato un ostaggio in mano al gruppo guerrigliero dell’Esercito di liberazione nazionale (Eln), Odin Sanchez, condizione preliminare posta dal governo per iniziare i negoziati di pace con questo gruppo ribelle. Dal canto suo, Pablo Bertan, capo negoziatore dell’Eln, ha dichiarato che sabato la guerriglia comunicherà delle informazioni che per- re certo. Al Senato, infatti, il Consultellum favorisce le coalizioni, mentre alla Camera l’Italicum rivisto e corretto dalla Consulta potrebbe premiare il singolo partito che arrivasse al 40 per centro. Nella versione originale l’Italicum prevedeva che, qualora nessun partito o lista raggiungesse quota 40 per cento, sarebbero andati al ballottaggio i due partiti più votati, ma senza la possibilità di apparentamenti. La Consulta ha invece giudicato incostituzionale il ballottaggio. Se nessuna forza politica dovesse raggiungere il 40 per cento dei suffragi, i seggi verrebbero quindi assegnati su base proporzionale. Per i partiti rimane la possibilità di designare i cento capilista per gli altrettanti collegi in cui è suddiviso il paese. Gli altri candidati verranno eletti con le preferenze. Resta inoltre, come si è accennato, la possibilità per i capilista di candidarsi in più collegi. La Consulta ha però bocciato, in quanto incostituzionale, la libertà assegnata al capolista di scegliere in quale collegio essere eletto. Dunque, se si vince in più collegi si procederà con il sorteggio. Numerose le reazioni politiche alla sentenza della Corte costituzionale. Il quadro è diviso in due fronti. A fare da spartiacque, la data delle prossime elezioni. Il primo fronte vuole andare al voto subito, al massimo in giugno, intervenendo sulle due leggi elettorali di Camera e Senato solo con piccoli aggiustamenti. Il fronte opposto invoca invece un intervento più profondo per rendere i due sistemi elettorali di Camera e Senato (l’Italicum e il Consultellum) più omogenei e, di conseguenza, ritengono necessario un tempo più lungo prima del ritorno alle urne. «I partiti dicano subito se vogliono il confronto. Altrimenti la strada è il voto» ha dichiarato il segretario del Partito democratico, Matteo Renzi, subito dopo il responso della Consulta. La linea dell’ex presidente del Consiglio appare chiara: o in poche settimane si raggiunge un’intesa in parlamento e si apre un ampio confronto sulla legge elettorale, oppure si vota con Italicum corretto e Consultellum. «Noi vogliamo omogeneità tra la sentenza di oggi e il Consultellum del Senato. Vediamo se quello della Camera si estenderà a palazzo Madama o il contrario, o se ci sarà una via di mezzo, una chiara sintesi tra uno e l’altro, come ha chiesto il presidente della Repubblica» ha detto Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera. Diversa la posizione del leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo: «Ora c’è una legge elettorale costituzionale e pronta all’uso per il voto subito. Non ci sono più scuse». Sulla stessa linea il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini: «Accordi al ribasso non ne facciamo con nessuno. Puntiamo a vincere e a governare con il nostro programma». ROMA, 26. Una legge di impianto proporzionale ma con un premio di maggioranza (340 seggi) al singolo partito o alla singola lista che raggiunge almeno il 4o per cento dei voti. Salta il ballottaggio, ma restano i cento capilista bloccati e resta la possibilità di pluricandidature (fino a un massimo di dieci). Tuttavia, non sarà più il capolista eletto a scegliere il collegio, bensì si procederà al sorteggio. Questi i punti salienti della legge elettorale, denominata Italicum, così come è stata modificata ieri dalla sentenza della Corte costituzionale. Una legge immediatamente applicabile, come specificano nel dispositivo gli stessi giudici. Dunque, se si dovesse andare a votare con il sistema elettorale risultante dalla sentenza della Consulta, si avrebbe un modello proporzionale, ma corretto, alla Camera — con uno sbarramento al 3 per cento — mentre per il Senato si avrebbe un sistema rigidamente proporzionale, senza cioè alcun premio di maggioranza, sistema chiamato Consultellum. Due leggi elettorali che difficilmente consentirebbero di avere un unico vincito- Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va BRASILIA, 26. Fino a quando la crisi politica continuerà ad aggravarsi in Brasile è chiaro che anche l’economia del paese farà fatica a riprendersi. Infatti, c’è da registrare un aumento record per il debito pubblico brasiliano: secondo dati diffusi ieri dalla segretaria del tesoro nazionale, l’anno scorso — nella principale economia dell’America latina — le passività finanziarie sono cresciute dell’11,4 per cento rispetto al 2015, pari a 3,11 miliardi di reais, maggior valore dal 2004. In compenso la Banca centrale ha reso noto che so- Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale no in via di recupero gli investimenti stranieri nel paese: 15,4 miliardi di dollari le entrate di dicembre, miglior risultato per il 2016 e maggior livello dal 2010. Dopo una lunga recessione, che ha portato il pil a contrarsi di oltre 7 punti percentuali negli ultimi due anni, dalla scorsa estate vi sono segnali di ripresa anche se il Fondo monetario internazionale ha recentemente mostrato cautela. Anche la fiducia dei consumatori del Brasile è migliorata a inizio anno, dopo la flessione degli ultimi Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 due mesi. Lo indicano i dati della fondazione Getúlio Vargas. L’indice di fiducia dei consumatori è aumentato a gennaio di 6,2 punti a 79,3 dai 73,1 di dicembre. Anche la fiducia delle imprese in Brasile è salita a inizio anno al livello più alto degli ultimi quattro mesi. Lo indicano ancora i dati preliminari della fondazione Getúlio Vargas. L’indice di fiducia delle imprese è aumentato di 3,1 punti a 87,8 a gennaio da 84,7 di dicembre. Si tratta del dato più alto da settembre dello scorso anno. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 27 gennaio 2017 pagina 3 Soldato israeliano in una postazione di controllo nei pressi di Ramallah (Afp) Mosca e Ankara registrano dieci violazioni nelle ultime 24 ore Vacilla la tregua in Siria DAMASCO, 26. A pochi giorni dalla chiusura della conferenza di Astana, vacilla la tregua in Siria. Russia e Turchia hanno registrato dieci violazioni nelle ultime 24 ore. Lo ha riferito il Centro russo per la riconciliazione delle parti belligeranti, un organismo che fa parte del ministero della difesa di Mosca. «I rappresentanti della Russia nella commissione congiunta russo-turca per le violazioni dell’accordo di cessate il fuoco generale — si legge in una nota ripresa dalla Tass — hanno registrato cinque violazioni nelle ultime 24 ore nelle province di Hama (quattro) e Latakia (una)». I rappresentanti della Turchia hanno denunciato altre cinque violazioni: tre nella provincia di Homs, una nella provincia di Damasco e un’altra in quella di Hama. A conferma della crescente tensione sul piano militare, ieri i miliziani del cosiddetto stato islamico (Is) hanno attaccato un convoglio militare turco; un militare è stato ucciso e altri cinque feriti. Gli scontri sono avvenuti ad Al Bab, roccaforte jihadista nel nord della Siria, contro cui da settimane è in corso un’offensiva dell’esercito di Ankara, nell’ambito dell’operazione “Scudo dell’Eufrate”. Le forze armate turche hanno precisato che i feriti sono stati trasportati in un ospedale della provincia frontaliera turca di Kilis. D all’inizio dell’operazione in Siria, il 24 agosto, i militari turchi uccisi sono più di cinquanta. Sempre sul piano militare, da segnalare che oltre 2500 miliziani jihadisti hanno deposto le armi ieri nella valle del fiume Wadi Barada. Ad annunciarlo è stato il colonnello Aleksandr Blinkov, portavoce del Centro russo per la riconciliazione delle parti belligeranti. «La popolazione locale sta tornando alla vita pacifica nella valle del fiume Wadi Barada» ha detto l’ufficiale russo, aggiungendo che «gli irriducibili che rifiutano di deporre le armi si stanno spostando nella provincia di Idlib con le loro famiglie». Due giorni fa, a margine dei colloqui di Astana, Damasco aveva annunciato che avrebbe intensificato l’offensiva nella valle del fiume, sostenendo che in quest’area «ci sono gruppi di terroristi» e che «la tregua non va quindi applicata». E proprio i colloqui di Astana, secondo Mosca, hanno segnato un passaggio di fondamentale importanza in direzione di una soluzione del conflitto. Il portavoce del presidente Putin, Dmitri Peskov, ha spiegato in una nota che «i colloqui sono stati un successo e hanno fornito un significativo contributo in vista delle trattative di Ginevra, che restano il percorso principale per cercare una soluzione» al conflitto scoppiato nel 2011. Dello stesso avviso il ministro degli esteri, Serghiei Lavrov, secondo cui «i colloqui portano gli sforzi per la pace a un nuovo livello di quali- tà». In un intervento alla Duma, il capo della diplomazia ha quindi sottolineato che nel corso delle trattative «ha avuto luogo un contatto diretto del governo siriano con i gruppi armati dell’opposizione, cioè si sono trovati allo stesso tavolo, anche se non per tutto il giorno, rappresentanti delle parti che si affrontano con le armi in pugno». Lavrov ha poi ribadito che la Russia sta «ampliando l’interazione con la Turchia, con l’Iran e con altre potenze regionali in modo da risolvere i problemi della crisi siriana». Il presidente Putin ieri ha incontrato il sovrano di Giordania Abd Allah II di Giordania. «Riconosciamo il ruolo cruciale della Russia nel risolvere» il conflitto siriano «e molte altre questioni regionali» ha dichiarato il sovrano. «Sosteniamo pienamente l’iter per la soluzione del conflitto lanciato ad Astana e apprezziamo il ruolo svolto dalla Russia e il suo coinvolgimento in questo processo» ha spiegato il sovrano giordano. Tra militari israeliani e gruppi di palestinesi Scontri a Jenin TEL AVIV, 26. Ancora tensioni in Cisgiordania. Non si ferma la scia di violenze: questa notte ci sono stati pesanti scontri tra reparti dell’esercito israeliano e gruppi di palestinesi in prossimità di Jenin. I militari avevano lanciato un’operazione per catturare due uomini affiliati ad Hamas: sono stati attaccati con ordigni e bottiglie incendiarie. Uno di loro è rimasto ferito. Questo episodio va ad aggiungersi ad altri due attacchi avvenuti ieri sempre in Cisgiordania: alcuni spari contro una postazione militare ad Azun, che non hanno provocato vitti- Sollecitata dalle autorità di Kabul alle Nazioni Unite per esaminare le prospettive del processo di pace Conferenza regionale sull’Afghanistan KABUL, 26. L’Afghanistan ha sollecitato le Nazioni Unite a organizzare in tempi brevi una conferenza in cui i paesi della regione possano esaminare le prospettive del processo di pace. Lo ha reso noto l’ufficio stampa presidenziale a Kabul, precisando che la proposta è stata formulata in un incontro tra il presidente, Ashraf Ghani, e l’assistente segretario generale per gli affari politici dell’Onu, Miroslav Jenca. Nel comunicato si sostiene che nella sua risposta il responsabile del Palazzo di Vetro ha sottolineato che «le Nazioni Unite sono pronte a contribuire alla soluzione delle questioni regionali», aggiungendo che «informerà il segretario generale (António Guterres) della proposta del presidente Ghani». Nel loro colloquio il capo dello stato afghano e Jenca, si è infine appreso, hanno anche esaminato questioni regionali afghane legate a pace, stabilità, terrorismo. D’altra parte, anche il 2017 è iniziato con una serie di sanguinosi attacchi con decine di morti da parte dei taleba- Poche proteste nell’anniversario della rivoluzione egiziana IL CAIRO, 26. Il sesto anniversario della rivoluzione egiziana si è svolto ieri senza incidenti. Una fonte della sicurezza ha definito «molto limitate» le manifestazioni organizzate, con la partecipazione di «centinaia» di persone, nel governatorato di Sharkia. Solo alcune «decine» di contestatori sono stati registrati a Damietta e a Menufia, sempre sul delta del Nilo. A Piazza Tahrir nel primo pomeriggio di ieri si è notato un incremento delle misure di sicurezza rispetto alla mattina con la presenza di furgoni della polizia e vetture blindate con agenti antisommossa. La situazione comunque appariva calma e il traffico scorreva normalmente. L’Egitto cammina nella «direzione giusta», ha detto il presidente Abdel Fattah Al Sisi, nel corso di un messaggio televisivo nel quale ha fatto appello ai giovani chiamandoli a unire i loro sforzi a quelli del governo sulla «strada delle riforme e dello sviluppo». Il 25 gennaio dell’anno scorso la situazione era molto più tesa. I fermi di Fratelli musulmani furono 75, ed erano seguiti a un’intensa attività di prevenzione culminata nei giorni precedenti in circa cinquemila perquisizioni di appartamenti che avevano portato anche ad altri arresti. L’obiettivo era quello di evitare manifestazioni violente come quelle degli anni precedenti, segnate da 23 morti nel 2015 e da 29 nel 2014. Il 25 gennaio in Egitto si celebra anche la festa della polizia statale. In questa occasione la scarcerazione di 1280 detenuti è stata annunciata dal Servizio penitenziario del ministero dell’interno. Secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Mena, la scarcerazione è stata decisa dal ministero con l’intenzione «di far prevalere i valori dei diritti umani e di attuare una nuova politica penitenziaria». me, e lo scontro di un’automobile palestinese contro una fermata di autobus, dove si trovavano soldati. Il conducente dell’automobile è stato ucciso dal loro fuoco di reazione. A posteriori, secondo il portavoce militare, è stato constatato che era armato di un coltello. Intanto, oggi il Consiglio di sicurezza dell’Onu si riunisce a porte chiuse per valutare la situazione in Medio Oriente dopo il recente annuncio israeliano della costruzione di 2500 nuovi alloggi in Cisgiordania, con tutte le polemiche che ha suscitato. Il presidente afghano Ashraf Ghani (Ap) Sale il numero delle vittime dell’attentato a Mogadiscio MO GADISCIO, 26. Cresce il bilancio delle vittime dell’attacco all’hotel Dayah di Mogadiscio. Sono 28 le persone uccise e 51 i feriti, come confermato dal ministro della sicurezza Abdirizak Umar. Il gruppo terrorista Al Shabaab ha rivendicato la responsabilità dell’attentato. Secondo le ricostruzioni della polizia un commando ha prima fatto esplodere un’autobomba all’ingresso della struttura e poi ha fatto irruzione all’interno, dove si trovavano diversi parlamentari, riuniti per mettere a punto le procedure elettorali in Somalia. Tra le vittime ci sono soldati, guardie della sicurezza dell’albergo e civili. Secondo l’agenzia di stampa Dpa, le forze di sicurezza hanno ucciso cinque assalitori, mentre un altro si è fatto saltare in aria. Tra i feriti, ha confermato il sindacato dei giornalisti somali, ci sono anche sette reporter locali che lavorano per media locali, e agenzie di stampa ed emittenti internazionali. L’albergo è abitualmente frequentato da imprenditori e funzionari governativi. Nel giorno in cui la Somalia piange le vittime dell’ennesimo attentato, le autorità locali hanno deciso che il prossimo 8 febbraio si terranno le elezioni presidenziali, rinviate più volte negli ultimi sei mesi. I candidati avranno tempo fino al 29 gennaio per registrarsi e sfidare il presidente uscente, Hassan Sheikh Mohamud, ex professore e attivista del clan Hawiye. Il rinvio delle presidenziali segue le accuse di brogli nelle legislative, caratterizzate dalle dispute tra i diversi clan che controllano diverse zone del paese. ni. La guerra in Afghanistan — dal 2001 al 2016 — ha provocato la morte di oltre 110.000 persone, tra cui 31.000 civili. Negli ultimi 15 anni, almeno tre milioni di afghani hanno lasciato il loro paese, mentre i profughi interni sono oltre un milione e sono aumentati recentemente per i rientri dal Pakistan e dall’Iran. E intanto, sul fronte militare si continua a combattere. Trentasei miliziani ritenuti legati al cosiddetto stato islamico (Is) — che cerca di conquistare territori anche in contrasto con la tradizionale insorgenza dei talebani — sono stati uccisi in operazioni delle forze di sicurezza afghane nella provincia di Zabul, nell’Afghanistan meridionale. Lo ha reso noto ieri sera un comunicato del ministero della difesa di Kabul che riferisce come nelle ultime 24 ore una serie di operazioni dell’esercito afghano sono avvenute nei distretti di Khak-e-Afghan e Shelamzoi. La nota riporta anche del ferimento di 20 combattenti dell’Is. Il gruppo fondamentalista è presente in Afghanistan per lo più nella provincia di Nangarhar, ma di recente sono circolate notizie della presenza di combattenti legati all’Is anche in alcune zone della provincia di Zabul, che confina con il Pakistan così come quella di Nangarhar. Molte di queste cellule del cosiddetto stato islamico — secondo analisti internazionali — sarebbero nate da una costola del movimento dei talebani del Pakistan. Il Cairo e Tunisi al lavoro per una soluzione politica in Libia TRIPOLI, 26. «La questione libica è stata oggetto di un’analisi comune e di una convergenza di vedute sulla necessità di poter tornare a vedere questo paese ritrovare la sua stabilità». Lo ha detto il ministro degli esteri egiziano Sameh Shoukri, a Tunisi, dopo aver incontrato il suo omologo tunisino Khemaies Jhinaoui. Dalle dichiarazioni rilasciate in una conferenza stampa congiunta è emersa una vicinanza di posizioni su molte questioni, in particolare proprio sulla Libia, anche perché, come ha sottolineato Jhinauoi, «Tunisia ed Egitto sono i paesi più toccati dalle crisi nella regione araba». La riunione dei paesi confinanti con la Libia, tenutasi recentemente al Cairo, ha sottolineato Jhinaoui, ha dimostrato che esiste un consenso generale «sull’importanza di una soluzione politica alla crisi in Libia» e sul «rigetto di ogni soluzio- ne militare», aggiungendo che nella stessa occasione «si è convenuto sulla necessità di sostenere il ruolo dell’Onu nella ricerca di ogni accordo tra le parti libiche». Intanto sul terreno le forze speciali di deterrenza del governo di accordo nazionale libico hanno rivelato i nomi dei tre terroristi (due morti e uno in fuga) coinvolti nell’esplosione di un’autobomba nei pressi dell’ambasciata italiana a Tripoli sabato scorso. Secondo il portavoce delle forze speciali, Ahmed Salem, i tre sarebbero legati al generale Khalifa Haftar, e lo scopo dell’attacco sarebbe stato proprio quello di colpire l’ambasciata d’Italia nel distretto Al Dahra. «L’obiettivo del fallito attentato era politico, ovvero quello di compromettere la sicurezza nella capitale», ha affermato Ahmed Salem, citato dal «Libya Observer». L’India celebra l’anniversario dell’indipendenza NEW DELHI, 26. L’India ha celebrato oggi il 68º anniversario della sua indipendenza con la tradizionale parata militare accompagnata da una sfilata di carri allegorici nel centro di New Delhi, in un quadro di misure di sicurezza senza precedenti per prevenire l’azione di gruppi terroristici. La manifestazione si è svolta nella calma davanti a decine di migliaia di persone accorse nella spianata di Janpath. Il premier, Narendra Modi, e il presidente Pranab Mukherjee, hanno presenziato le celebrazioni in compagnia dei membri del governo e dei partiti di opposizione. In evidenza, fra il materiale bellico proposto, quello di produzione nazionale: il carro armato lancia missili T-90 “Bhishma”, la piattaforma di lancio autonoma del sistema missilistico BrahMos, e gli aerei da caccia leggeri LCA Tejas. E almeno nove esplosioni sono avvenute oggi in Assam e Manipur, due stati nord-orientali dell’India, dove alcuni movimenti clandestini hanno indetto una giornata di lotta contro la celebrazione della festa della repubblica indiana. Secondo differenti media, sette ordigni sono esplosi in Assam e altri due in Manipur, senza che tuttavia si segnalino vittime o danni gravi. L’attentato più importante, a quanto pare, è avvenuto nel distretto di Charaideo. Nigeria ancora nella morsa del terrore ABUJA, 26. Almeno quattro persone sono rimaste uccise in tre attentati suicidi a Maiduguri, nel nordest della Nigeria. Lo ha reso noto la polizia dello stato del Borno. Nel primo attacco, martedì sera, un attentatore suicida è stato ucciso da un soldato mentre si avvicinava a un posto di controllo. Gli altri due episodi hanno riguardato due giovani entrate in azione ieri. La prima è stata uccisa dai militari e l’altra si è fatta saltare in aria dopo che un combattente civile l’aveva fermata mentre si dirigeva verso una moschea. Il civile è morto nell’esplosione. Maiduguri è la città dove si è formato Boko Haram, gruppo terroristico che continua nelle sue violenze malgrado i duri colpi subiti dalle forze di sicurezza. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 di AURORA CORTI onostante i loro venti secoli di storia, i papiri di Ercolano non sono libri morti: recentemente, infatti, le più moderne tecnologie scientifiche, applicate allo studio di questi esemplari, hanno regalato enormi soddisfazioni. Di queste importanti novità si parla giovedì 26 a un convegno che l’Accademia nazionale dei Lincei dedica alla papirologia ercolanese. Il titolo scelto per questa giornata di studi, «I papiri di Ercolano tra scienza e filosofia», intende sottolineare l’approccio multi-disciplinare con cui negli ultimissimi anni si sono riletti questi particolari manoscritti antichi, un approccio che ha portato a risultati davvero insperati fino a poco tempo fa. I primi papiri ercolanesi rividero la luce il 19 ottobre 1752. Due anni prima, durante i lavori per la costruzione di un pozzo nei pressi di Ercolano, venne casualmente scoperta una villa romana, che impressionò fin da subito per la sua eleganza e imponenza. A oggi, la maggior parte degli studiosi concorda nell’individuare Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, suocero di Giulio Cesare e protettore del filosofo epicureo Filodemo di Gadara, come il proprietario della Villa, che per questo viene denominata Villa dei Pisoni o Villa dei Papiri. Insieme a reperti storico-artistici di altissimo valore, vennero scoperti più di mille rotoli carbonizzati. All’interno del patrimonio letterario antico, questa N I papiri di Ercolano tra scienza e filosofia Non sono libri morti biblioteca rappresenta un unicum per almeno tre ragioni. Anzitutto, perché è l’unica biblioteca dell’antichità sopravvissuta fino a noi nel suo insieme e nel suo assetto originario. In secondo luogo, per il contenuto dei libri in essa preservati: si tratta, infatti, per la maggior parte di opere greche, e in particolar modo di scritti della scuola di Epicuro, che non sono state trasmesse dalla tradizione manoscritta e che, quindi, ci erano ignote fino al loro ritrovamento a Ercolano. Infine, perché si tratta di papiri carbonizzati. La villa, con tutto ciò che essa conteneva, si ritrovò sommersa dalla coltre di lava che seguì l’eruzione del Vesuvio nell’anno 79 dell’era cristiana. Questo particolare stato di conservazione, se da una parte ha concesso loro di sopravvivere per ben dicias- È morto Gerardo Marotta Avrebbe compiuto novant’anni il prossimo 27 aprile Gerardo Marotta, morto il 25 gennaio a Napoli. Allievo di Benedetto Croce ed esponente di primo piano della cultura partenopea, nel 1975 fondò l’Istituto italiano per gli studi filosofici, di cui era presidente e che dotò di un’importante biblioteca grazie alla sua personale vastissima raccolta libraria. Cordoglio per la scomparsa dell’intellettuale laico è stato espresso, tra gli altri, dal presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, che ne ha ricordato «la passione meridionalista e l’impegno generoso per la diffusione del sapere e la preservazione del patrimonio culturale». sette secoli, dall’altra ne ha reso estremamente difficoltosa la fruibilità. Subito dopo il ritrovamento, infatti, i papiri si presentavano quasi come piccoli tronchi carbonizzati. Praticamente impossibile scorgervi la scrittura e, perciò, molti furono gettati via. Il problema fin dall’inizio fu, dunque, come aprire, svolgere e leggere questi esemplari fragilissimi e ad altissimo rischio di deterioramento. Inizialmente, si tentò con un metodo di “scorzatura totale” ideato da Camillo Paderni, l’allora direttore del Museo ercolanese di Portici. Il metodo consisteva nel praticare due tagli longitudinali sul papiro, dividendolo così in due semi-cilindri. Uno strato alla volta, si scarniva l’interno di ciascuno di questi semi-cilindri, dopo aver precedentemente trascritto le lettere in esso contenute. In questo modo, però, del rotolo originario rimaneva fisicamente solo la parte più esterna, detta appunto “scorza”, e il resto andava irrimediabilmente perduto. Proprio per la sua natura fortemente invasiva, la “scorzatura totale” fu ben presto abbandonata, grazie anche al prezioso lavoro e ingegno di padre Antonio Piaggio. Quest’ultimo ideò una macchina, che da lui prende il nome e che è rimasta in attività dal 1753 al 1906, con la quale si riusciva a svolgere la porzione più interna dei rotoli (il cosiddetto midollo), limitando l’azione aggressiva della scorzatura. In sostanza, la macchina di Piaggio teneva in trazione il foglio di papiro che, molto lentamente e grazie all’ausilio di pinze e bisturi, si staccava dal rotolo, dopo aver applicato la pellicola di battiloro sulla parte da sollevare. Tutti i papiri di Ercolano svolti finora sono stati aperti con questa macchina. Dal 1906 a oggi — con l’unica eccezione di un breve tentativo, peraltro infruttuoso, negli anni Ottanta — si è preferito puntare non tanto sullo svolgimento di nuovi papiri, nel sensato timore di danneggiarli irrimediabilmente, quanto sulla lettura dei papiri già aperti, via via effettuata con l’aiuto di nuovi strumenti come i microscopi binoculari prima e le immagini multi-spettrali poi. La biblioteca ha così continuato a conservare tesori preziosi, nascosti dentro centinaia e centinaia di rotoli carbonizzati mai aperti. Negli ultimi due anni qualcosa è, finalmente, cambiato. A soli 17 mesi di distanza, dal gennaio 2015 al giugno 2016, due équipe di studiosi hanno pubblicato le novità a cui sono giunte, in maniera indipendente tra loro, applicando allo svolgimento dei papiri alcune tra le più avanzate tecnologie scientifiche, precedentemente utilizzate in ambito biomedico. La sfida era quella di leggere i papiri senza doverli fisicamente aprire, ma avvalendosi di uno “svolgimento virtuale” che non comportasse alcun danneggiamento. In collaborazione con i fisici dell’European Synchroton Radiation Facility (Esrf) di Grenoble, i papiri sono stati così sottoposti a tomografia a contrasto di fase con raggi X (Xpct), una tecnica che, sfruttando le proprietà eccezionali della luce di sincrotrone, produce immagini tridimensionali ad alta definizione della struttura interna degli venerdì 27 gennaio 2017 oggetti. Questa tecnica era già usata in medicina per visualizzare i tessuti molli. Al contrario della classica tomografia (la tac utilizzata in campo medico, per intendersi), la tomografia a contrasto di fase con raggi X, infatti, è in grado di distinguere anche materiali che hanno un limitato contrasto tra loro (come il foglio di papiro carbonizzato e l’inchiostro che vi è penetrato), perché si focalizza su come i materiali rifrangono, anziché assorbono, i raggi X . Nell’attraversare il rotolo di papiro, ancora chiuso, la radiazione risulta essere leggermente ritardata e il fascio di luce al sincrotone riesce ad amplificare il contrasto tra il, seppur minimo, rilievo delle lettere e il foglio di papiro. In questo modo, si possono individuare al meglio le porzioni di testo scritto e la loro lettura risulta molto facilitata. A riprova, ancora una volta, dell’eccellenza italiana, gli esperimenti sono stati ideati e coordinati da ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). La prima squadra a pubblicare i risultati raggiunti fa capo a Vito Mocella, ricercatore dell’Istituto per la microelettronica e microsistemi (Imm-Cnr), che ha condotto i propri esperimenti su due papiri ercolanesi conservati a Parigi (PHerc.Paris 1 e PHerc.Paris 4) avvalendosi del contributo del papirologo Daniel Delattre. La seconda équipe ha visto la collaborazione di due istituti del Cnr, il Nanotec (Istituto di nanotecnologia, diretto da Giuseppe Gigli) e l’Iliesi (Istituto per il lessico intellettuale e storia delle idee, direttore Antonio Lamarra), che hanno lavorato in sinergia con altri enti, tra i quali l’università di Roma Tor Vergata, l’università della Calabria e l’Esrf di Grenoble. In questo secondo caso, gli esperimenti sono stati condotti su due papiri della collezione napoletana (PHerc. 375 e PHerc. 495), scelti e studiati dal papirologo Graziano Ranocchia. Sebbene abbia usato la stessa tecnica (Xpct) e sebbene abbia condotto i suoi esperimenti sempre presso l’Esrf, questa seconda équipe è riuscita a elaborare degli algoritmi matematici di analisi dei dati, che consentono di proiettare su un piano il papiro svolto virtualmente. Ciò ha permesso di leggere non più solo singole lettere, ma, per la prima volta, anche intere parole ed espressioni testuali. Il convegno organizzato dall’Accademica dei Lincei rende conto di queste fondamentali novità e il dibattito non potrà che stimolare ulteriormente la ricerca, con la speranza che in un prossimo futuro, sottoponendo a Xpct altri rotoli ercolanesi ancora chiusi, si possano scoprire nuovi testi, magari appartenenti anche a quella biblioteca latina che molti studiosi sono certi non potesse mancare in una splendida collezione privata, come quella dei Pisoni. Un frammento papiraceo In «La La Land» di Damien Chazelle Ritorno al vecchio cinema di EMILIO RANZATO Mia (Emma Stone) vorrebbe fare l’attrice, ma per ora si deve accontentare di lavorare in un bar. Sebastian (Ryan Gosling) è un pianista che aspira a essere un grande del jazz, ma il suo talento è incompreso. Lo stile di vita bohémien che i due hanno in comune li farà incontrare e innamorare a Los Angeles. Sarà invece il successo a mettere in crisi il loro legame. Benché la storia assomigli a tante altre, viene facile pensare che il regista e sceneggiatore Damien Chazelle abbia tenuto presente, per una parte della trama e per la sua scansione temporale, Les parapluies de Cherbourg (1964), di Jacques Demy, il più dimenticato fra i padri della nouvelle vague. Quelli del regista francese erano musical che sicuramente guardavano ai mitici omologhi hollywoodiani degli anni cinquanta. Ne replicavano il tono dalla levità quasi aerea, colmandolo però di una malinconia spesso struggente, e applicandolo ad amori mancati e occasioni perdute. Il modo che ha Chazelle di accostarsi al cinema di genere è d’altronde quello della decostruzione godardiana: vi si insinua per poi farne detonare la struttura e il ritmo. Non a caso, qui si fa anche esplicito riferimento all’autore-faro di Jean-Luc Godard, Nicholas Ray, attraverso la visita, da parte della coppia protagonista, all’osservatorio astronomico di Gioventù bruciata. Ecco allora che in La La Land, che ha ottenuto quattordici nomination all’Oscar, assistiamo a tre numeri cantati e coreografati nel quarto d’ora iniziale e poi pause sempre più frequenti, prima acrobazie registiche e poi dialoghi insolitamente lunghi in semplice campo e controcampo, fino ai fuochi artificiali dell’epilogo. Le decostruzioni della nouvelle vague non erano mai atti vandalici o passatempi intellettuali e snob, bensì estremi gesti d’amore. Un genere si faceva a brandelli per indossarlo come un vestito. L’immagine si frantumava per poterla poi vivere e respirare, diventava uno stato d’animo. Gli stilemi si riproducevano in maniera volutamente approssimativa, quasi trasandata, per far capire che erano ormai entrati a far parte della quotidianità. E la stessa cosa cerca di fare Chazelle, con esiti più meccanici e programmatici, ma anche con una levigata perfezione che è sicuramente più in sintonia con i gusti del pubblico di oggi. Le citazioni dei grandi classici del musical americano, a partire da Cantando sotto la pioggia, non mancano, ma tutto è sottoposto a una lente europea. E questo punto di vista vertiginoso, attraverso il quale un regista americano guarda a un cinema francese che a sua volta guardava alla Hollywood dei tempi d’oro, crea un corto circuito ubriacante e accattivante. Nell’epoca pre-digitale che nel film si rimpiange, però, l’immagine che veniva replicata più volte portava alla lunga su di sé i segni di questa continua duplicazione, tracce di usura, di saturazione, come in un quadro di Andy Warhol. Perciò, con geniale coerenza, gli strascichi dell’antica e magica retorica hollywoodiana vengono diluiti da Chazelle all’interno di una geografia urbana fatta di scorci suggestivi ma anche di angoli ordinari e spartani. Spazi in penombra che non arrivano a essere squallidi, ma desolati e prosaici sì. E un po’ intrisi di quell’aria di disperazione che da sempre serpeggia a Los Angeles al di sotto dei sogni di chi vuole essere una star. Questo alone crudo attorno alle tonalità sgargianti spinge pian piano il film verso territori diversi, contigui al cinema di David Lynch. L’impressione è infatti che il giovane regista abbia guardato con attenzione anche gli ultimi film del cineasta visionario. Quelli in cui le reminiscenze della Fabbrica dei sogni trascolorano in incubo. E la circolarità narrativa dell’epilogo, simile a quella di alcuni finali lynchiani, sembra confermare questa influenza. Chazelle non imbocca poi simili abissi, si mantiene comunque su un registro leggero, ma lascia che i suoi personaggi ne percorrano il bordo. Ed è grazie a questo senso del tragico, seppure sepolto sotto strati e strati di sedimentazione cinefila, che il film si libera dall’etichetta dell’esercizio di stile. Nonostante ciò, La La Land rimane più il felice risultato della cultura, dell’intelligenza e anche un po’ della furbizia, che dell’arte pura. E la stessa cosa si poteva dire per il precedente lavoro del regista, Whiplash (2014), gioiellino di montaggio e progressione drammaturgica dove non a caso della musica jazz si prediligeva il virtuosismo e la velocità, piuttosto che l’atmosfera e i mezzi toni. In ogni caso, però, quanto entusiasmo, quanta determinazione, quanta passione per i personaggi, quanto coraggio, quanta sana sfrontatezza. Tutte qualità che portano a una libertà espres- Con geniale coerenza gli strascichi della retorica hollywoodiana vengono diluiti in una geografia urbana fatta di scorci suggestivi ma anche di angoli ordinari e spartani siva pressoché totale e ormai davvero rara. Un’importante reazione, fra l’altro, all’omologazione stilistica dei prodotti televisivi. Il che contribuisce a rendere davvero sincero l’omaggio al vecchio cinema. Stone offre un’ottima prova, mentre Gosling, benché canadese, continua ad andare in direzione del perfetto prototipo di “attore — non attore” statunitense. Qualcuno ha mai visto fare un’espressione a Gary Cooper, Henry Fonda o Humphrey Bogart? Eppure erano grandi attori. Icone di cui il cinema americano ha molto più bisogno che non di veri interpreti. Si può discutere, semmai, se era il caso di formare una coppia in tal senso così eterogenea. Ma sono dettagli che si perdono in un vortice di vitalità. L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 27 gennaio 2017 pagina 5 L’incontro nello stadio kenyano Kasarani (27 novembre 2015) Una fiaba sulla maternità surrogata Quella vocina di Chico di ANGELA MATTEI ’era una volta una bambina di nome Asia»: l’ultimo libro di Barbara Alberti Non mi vendere, mamma! (Roma, Nottetempo, 2016, pagine 124, euro 12) comincia come una fiaba e con leggerezza e una buona dose di ironia affronta il tema della maternità surrogata. Asia ha trascorso tutta l’infanzia in orfanotrofio; orfana dalla nascita, fisicamente una piccola Mowgli, come la definisce l’autrice, selvaggia, ribelle, spaurita, lega la sua vita a quella di un altro orfano, Lillo, che immeritatamente diventa la sua famiglia e il centro della sua vita. Lillo la sfrutta, la prostituisce per pagare i suoi vizi di gioco e l’eroina, e arriva a vendere il suo utero per 150.000 euro a una coppia di americani che — a quanto pare — non può avere figli. Comincia così per Asia un’avventura grottesca per dare un erede ai coniugi Trump: l’ispezione del corpo come al mercato degli schiavi, la corsa alla clinica svizzera Grimm molto simile alla casa di marzapane della nota fiaba tedesca, dove la ragazza viene tenuta sotto stretta osservazione da due improbabili dottori, Hansel e Gretel, incaricati di provvedere alla sua salute e di soffocare in lei ogni briciolo di istinto materno. Nella gabbia dorata dove si trova catapultata, la signora Trump la vizia con mille attenzioni e regali costosi, ha cibo in abbondanza e, cosa non da poco, non deve preoccuparsi in continuazione per Lillo. Tutto sembra filare per il meglio fino a quando un giorno una vocina non le sussurra: «Ma che sei scema, mamma? Non mi vorrai mica vendere a quei due?». È Chico, la creatura che porta in grembo, capace di parlarle e di metterla davanti allo squallore di aver venduto se stessa e un altro «C essere umano a una coppia senza scrupoli e senza amore, convinta di poter comprare tutto con i soldi, anche un erede. Chico non è solo capace di parlare, ma sa tutto di letteratura, cinema, filosofia e le racconta le storie che nessuno mai le ha raccontato, i libri e i film che non ha mai visto. Nel mondo di Chico e Asia tutto è possibile, anche vedere a raggi X e assistere alla requisitoria di un gruppo di banconote che accusano il genere umano di deplorare i soldi salvo poi essere pronti un attimo dopo a morire per il dio denaro. Quella vocina che viene dalla sua pancia, ironica e impertinente, userà tutti i mezzi per convincere Asia a non vendersi e a dare una possibilità a lui e al loro amore. Il finale è rocambolesco e dal ritmo incalzante, un po’ come quello di Alice nel Paese delle meraviglie con le carte della Regina di cuori che le si avventano contro, invano. Barbara Alberti, da sempre schierata al fianco delle donne in difesa della loro dignità e libertà, con una fiaba leggera e divertente condanna la pratica dell’utero in affitto come l’ultima frontiera della schiavitù. Portare in grembo una creatura, sentirla crescere dentro di sé è una esperienza così unica che travolge il corpo e l’anima di una donna, tutta protesa ad accogliere la nuova vita, che non si può pensare che una donna decida liberamente di intraprendere questo cammino “per contratto”. Solo il bisogno può spingere una donna a sottoporsi alla faticosa meraviglia di una gravidanza e all’inevitabile strazio che segue alla separazione. E se tutto gira attorno ai soldi, se un figlio col patrimonio genetico dei genitori può permetterselo solo chi è ricco, quale libertà c’è per le donne? Quale democrazia, se non tutte le coppie possono permettersi di ricorrere a questa pratica? È dunque una nuova arma dei ricchi, che sfrutteranno il bisogno e la disperazione altrui per soddisfare desideri o (perché no?) capricci. Il romanzo ci fornisce anche un altro spunto di riflessione: Asia e Lillo provengono non a caso da un orfanotrofio, dove sono sempre troppi i bambini che aspettano di trovare la loro famiglia. Sarebbe più giusto rendere facilmente percorribile la strada dell’adozione piuttosto che concentrarsi sulla accanita ricerca di un figlio proprio. I figli sono un dono, sotto qualsiasi forma arrivino. Chico è un dono per Asia, anche se non ha il suo patrimonio genetico, e la ragazza non può fare a meno di amarlo. Le scelte di Papa Francesco di ANGELO BECCIU In presa diretta l libro è il racconto in presa diretta dei viaggi apostolici del Santo Padre in questi quasi quattro anni di pontificato. L’autore merita il giusto riconoscimento per essere riuscito a cogliere gli aspetti sim- tuali pericoli che riguardassero la della Misericordia in quel paese bolici delle visite apostoliche e per sua persona. Ma di esserlo, invece, poverissimo e dimenticato da tutti. l’abilità con cui è stato in grado di per eventuali rischi riguardanti la Da tutti, ma non dal Papa. Rifar trasparire, dalla cronaca degli folla di fedeli presenti alle cerimo- cordo la commozione della presieventi, lo stile sobrio e profetico di nie pubbliche o le persone raduna- dente del governo di transizione, Papa Francesco. A dire il vero, te lungo le strade per accoglierlo e Catherine Samba-Panza. E l’accol’autore si è concentrato sui viaggi salutarlo. Come pure si disse glienza che tributarono non soltaninternazionali, con l’eccezione della preoccupato del pericolo per chi to a Francesco, ma a tutti noi, i prima trasferta del pontificato, viaggiava con lui, per il suo seguito bambini del campo profughi: quella singolare e significativa composto dai più stretti collabora- sguardi, gesti, segni, parole che ci nell’isola di Lampedusa, dove il tori della curia, i cerimonieri, il dicevano: «Grazie per essere venuti Papa si volle recare decidendo in personale di sicurezza, i giornalisti. fin qui, sfidando tutto e tutti! Vi pochissimi giorni il vogliamo bene e non siamo un viaggio. Lo decise doPaese così pericoloso come ci hanpo essere stato profonno descritto!». Prima della messa damente colpito dalle celebrata dal Santo Padre allo stanotizie dei barconi di dio Barthélemy Boganda di Banmigranti rovesciatisi gui, i responsabili delle fazioni Senel Mar Mediterraneo, leka e Anti-Balaka vennero in saquegli abissi divenuti crestia per mettere nelle mie mani S’intitola In viaggio (Piemme) la tomba di migliaia la tregua siglata perché la consel’ultimo libro di Andrea Tornielli di bambini, di tante gnassi a Francesco. Il giorno prima presentato nel pomeriggio del 26 nostre sorelle e fratelli. il Papa aveva aperto la porta santa gennaio a Roma in un incontro Francesco, dal 2013, e spiegato perché Bangui, la dimoderato da Maurizio Molinari, come avevano fatto i menticata Bangui, quel giorno fosdirettore della «Stampa», e a cui predecessori, ha agse diventata «la capitale spirituale partecipa Alexander Avdeev, giunto il suo tocco del mondo». ambasciatore di Russia presso la personale ai viaggi E quanto all’importanza dei geSanta Sede. Anticipiamo quasi per apostolici, anch’egli intero l’intervento del sostituto della sti che accompagnano la parola, senza rinunciarvi. Il Segreteria di Stato. nella conversazione con l’autore Santo Padre cerca di che apre questo libro, il Santo Paacconsentire, tra i tandre ha spiegato: «In alcune circoti inviti che riceve, stanze non posso parlare senza gespecialmente a quelli provenienti da Paesi per i quali riIn un documentato capitolo del sti. Non mi basta leggere un testo, tiene che la sua presenza possa es- libro, l’autore racconta del prezioso devo anche fare qualcosa. In Kesere di aiuto e di incoraggiamento, lavoro svolto dietro le quinte per nya, nel novembre 2015, allo stadio perché stanno vivendo una transi- assicurare una tregua in grado di di Kasarani, con i giovani: dovevo zione difficile o perché sono appe- reggere almeno durante quel gior- parlare contro il tribalismo, contro na usciti da periodi di guerre civili no e mezzo di visita papale a Ban- i conflitti derivanti dall’appartenene di conflitti interreligiosi. Si com- gui. I capi delle fazioni in lotta za alle diverse tribù. Ho detto parprendono in quest’ottica il viaggio vennero contattati e accettarono di lando a braccio che il tribalismo si in America latina nel 2015, i viaggi accordarsi. A colpirmi molto, appe- vince con l’orecchio, chiedendo al in Asia e Africa, come pure quelli na arrivati all’aeroporto della capi- fratello perché è così e sapendolo finora compiuti nel continente eu- tale centrafricana, fu la straordina- ascoltare. Si vince con il cuore, con il dialogo e con la mano tesa al ropeo e le preferenze accordate ai ria accoglienza della gente. Tutta la dialogo. Poi ho invitato alcuni giomartoriati Balcani o all’isola greca città si era riversata sulle strade per vani ad avvicinarsi e ho chiesto ai di Lesbo, porto d’approdo di miacclamare il pellegrino di Roma in- presenti — credo fossero circa setgliaia di rifugiati e migranti, molti dei quali sfollati da zone di guerra tenzionato ad aprire con l’anticipo tantamila — di alzarsi in piedi tee da situazioni su cui troppo spes- di una settimana la prima porta nendosi tutti per mano, come seso noi abbiamo fatto finta di non santa del giubileo straordinario gno contro il tribalismo: siamo vedere. Una delle costanti, direi irrinunciabili, per l’attuale successore di Pietro, anche quando viaggia, è il contatto continuo e per quanto possibile libero con la gente. Nel libro vengono ricordate le ragioni che spinsero Francesco a non utilizzare la cosiddetta papamobile con i vetri antiproiettile, sulla quale erano saliti i suoi due immediati predecessori. Il Papa, alla vigilia della partenza per il viaggio apostolico in Brasile nel luglio 2013 — la sua prima trasferta internazionale motivata dalla giornata mondiale della gioventù già a suo tempo stabilita da Benedetto XVI — volle scegliere il mezzo sul quale avrebbe viaggiato tra la folla, un mezzo aperto, che gli permettesse in ogni istante il contatto diretto con le persone, il contatto tra il pastore e il suo popolo. Permettetemi ora alcuni brevi ricordi personali sul viaggio che ritengo essere stato uno dei più significativi del pontificato. Mi riferisco a quello del novembre 2015 nella Repubblica Centrafricana, terza e ultima tappa — rimasta in forse fino all’ultimo — di una trasferta in Africa che aveva dapprima toccato il Kenya e l’Uganda. In tanti avevano provato a dissuadere Francesco, facendo presente i rischi a cui sarebbe andato incontro nella capitale di un paese ancora teatro di episodi cruenti di guerriglia, con rapimenti e uccisioni. Ricordo bene che il Papa disse chiaramente di Jean-Pierre Vieville, «La speranza è nel seme» non essere preoccupato per even- I Viaggi un’unica nazione e i nostri cuori devono essere come le nostre mani che si stringono. Anche le autorità presenti, compreso il presidente Uhuru Kenyatta, hanno compiuto questo gesto... Sempre per rimanere ai gesti: è stato bello accogliere sulla papamobile l’Imam di Bangui, quando ho salutato gli abitanti del quartiere musulmano radunati in un piccolo stadio. È un piccolo segno scendere dall’aereo, in Armenia, a Gyumri, insieme al catholicos, fianco a fianco, come si addice a due fratelli. A volte i gesti, anche piccoli, dicono più di tante parole». Il Papa viaggia per annunciare il Vangelo, per confermare i fratelli nella fede, per promuovere la convivenza, la fraternità tra religioni, etnie e popoli diversi. Non rappresenta una potenza terrena, non ha poteri, non ha interessi di tipo economico o strategico. Il Papa viaggia per incoraggiare processi positi- Il Pontefice non rappresenta una potenza terrena Non ha poteri né interessi di tipo economico o strategico vi in atto, per innaffiare — anche soltanto un poco — semi di speranza. E agisce attraverso i suoi rappresentanti nei vari paesi del mondo per favorire la pace, le soluzioni negoziate, il dialogo. Talvolta — e anche questo è documentato nel libro — il suo contributo, sempre umile, intessuto di preghiera e affidato alle circostanze stabilite dal Signore della storia, porta a piccoli o anche a più significativi risultati. Talvolta è destinato a rimanere per il momento soltanto un piccolo segno, un seme, una testimonianza, una fiammella nella notte buia dell’odio, del terrore, della guerra, dell’incomprensione. Nello già citato colloquio con l’autore, Francesco, parlando di tutti i suoi viaggi e della fatica fisica e psicologica che questi comportano, dice: «Porto sempre con me volti, testimonianze, immagini, esperienze... Una ricchezza inimmaginabile, che mi fa sempre dire: ne è valsa la pena». Musica delle missioni Le musiche barocche delle missioni gesuitiche boliviane di Chiquitos sono al centro del concerto che si tiene a Roma il 27 gennaio alle 19 nella chiesa nazionale spagnola di Santiago e Montserrat (via di Monserrato 115) per iniziativa dell’ambasciata dello Stato plurinazionale di Bolivia presso la Santa Sede. A eseguirle, sotto la direzione di Rubén Darío Suárez Arana Mercado, è l’orchestra sinfonica giovanile Hombres Nuevos, insieme ai cori infantili di San Ignacio de Velasco e Voces del Cielo e al quartetto Ueb. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 venerdì 27 gennaio 2017 Paul Gauguin, «Il Cristo giallo» (1889) Il contributo della commissione Fede e costituzione Sul mistero della Chiesa di ANDRZEJ CHOROMANSKI* Istituita nel 1948 come commissione teologica del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) appena fondato, Fede e costituzione porta avanti la tradizione dell’omonimo movimento, avviato all’inizio del XX secolo, agli albori del movimento ecumenico moderno, e si occupa di questioni relative alla fede apostolica e alla struttura della Chiesa, come pure di questioni sociali ed etiche che sono state fonte di divisione tra i cristiani. Riorganizzata nel 2013 dopo l’assemblea generale del Cec a Busan, in Corea del Sud, la commissione è ora composta da circa cinquantacinque membri e consulenti, tra cui quattro teologi cattolici nominati dal Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. La commissione, che rappresenta quasi tutte le tradizioni cristiane, è uno straordinario think tank mondiale di teologia ecumenica. La sua natura multilaterale riflette la sua importanza ecumenica. Durante quasi settant’anni di esistenza, ha studiato un numero eccezionale di tematiche, fra le quali la sacra Scrittura e la tradizione, la fede apostolica, l’antropologia, l’ermeneutica, la riconciliazione, la violenza e la pace, la salvaguardia del creato, l’unità visibile. Dal 1966, la commissione teologica collabora con il Pontificio consiglio per la preparazione dei sussidi della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, un’iniziativa, questa, che mette in evidenza il ruolo della preghiera comune quale pratica ecumenica tra le più tangibili e diffuse in tutto il mondo. Fede e costituzione ha prodotto numerosi documenti e dichiarazioni di grande rilievo che testimoniano la crescente convergenza ecumenica tra le varie tradizioni nel campo della dottrina cristiana. Incontestabilmente, il documento che ha avuto il più forte impatto sulla vita delle Chiese e sulle conversazioni ecumeniche è Battesimo, eucaristia, ministero (Bem), detto anche Dichiarazione di Lima, pubblicato nel 1982. Il testo, risultato di uno studio condotto dalla commissione Fede e costituzione durante una cinquantina di anni, presenta un’importante convergenza sui temi centrali del dibattito ecumenico. Ampiamente diffuso, Battesimo, eucaristia, ministero è diventato un testo ecumenico di riferimento; esso ha favorito l’intesa reciproca tra i cristiani separati e ha spesso contribuito all’approfondimento e al rafforzamento delle loro relazioni. Negli anni successivi alla sua pubblicazione, il testo ha ricevuto circa duecento risposte ufficiali da Chiese membro del Cec e da altre Chiese, fra cui quella cattolica (1987). Queste risposte sono state raccolte e successivamente pubblicate in sei volumi da Max Thurian (Wcc Publications, 1986-1988), il che ha facilitato la diffusione e lo studio del documento. Un’attenta analisi di queste risposte ha evidenziato il fatto che gran parte di ciò che è stato detto in Bem su battesimo, eucaristia e ministero potrebbe essere condiviso oggi dalla maggior parte delle tradizioni cristiane. Allo stesso tempo, molte voci, tra cui quella cattolica, hanno sottolineato che per progredire oltre la convergenza già raggiunta e per risolvere alcune delle divergenze che permangono — in particolare quelle relative alle conseguenze ecclesiali del battesimo e al ruolo di eucaristia e ministero nella vita della Chiesa — è indispensabile rivolgere una maggiore e più approfondita attenzione all’ecclesiologia. Difatti, dopo la pubblicazione di Bem, l’ecclesiologia è diventata il principale tema di studio della commissione Fede e costituzione. Molti dialoghi bilaterali della Chiesa cattolica — per esempio con gli anglicani, i luterani e i pentecostali — riflettevano già da tempo sul potenziale ecumenico del concetto di comunione (koinonia) applicato alla Chiesa, sulla base di fonti comuni, tra cui soprattutto la Scrittura, i padri e la liturgia. Iscrivendosi in questo processo, Fede e costituzione ha elaborato una dichiarazione sull’unità basata sul concetto di comunione, successivamente adottata nel corso dell’assemblea del Consi- glio ecumenico delle Chiese riunitasi nel 1991 a Canberra. Due anni più tardi, la commissione ha tenuto una conferenza mondiale sul tema a Santiago de Compostela, in Spagna. Alla conferenza è seguita una serie di studi importanti su alcuni temi controversi come l’autorità, il primato e la cattolicità. Dopo diverse sessioni di lavoro e conversazioni, nel 1998 la commissione ha pubblicato un documento intitolato La natura e lo scopo della Chiesa, considerato come una tappa essenziale sulla via verso una dichiarazione comune. Esso presentava il mistero della Chiesa alla luce del mistero della Trinità e sviluppava una visione della natura e dello scopo della Chiesa partendo dal concetto di comunione. L’idea di comunione veniva adottata anche come modello di quell’unità visibile che si vuole raggiungere, insieme a elementi chiave quale la fede apostolica, la vita sacramentale, la testimonianza comune, il ministero e la conciliarità. Oltre cinquanta risposte al documento sono pervenute, dopo la sua pubblicazione, da parte di Chiese, istituti teologici e gruppi di studio ecumenici. Esaminando tali risposte, l’organismo teologico ha rilevato che le questioni più controverse tra le Chiese riguardavano la natura sacramentale della Chiesa, l’autorità e l’insegnamento autorevole, il ministero e l’ordinazione, la comunità di uomini e donne nella Chiesa. Alla luce delle risposte, il testo è stato riformulato e pubblicato nel 2005 con il titolo La natura e la missione della Chiesa. Il numero dei capitoli è stato ridotto da sei a quattro: il primo affronta la Chiesa del Dio uno e trino, il secondo il suo ruolo nella storia della salvezza, il terzo gli elementi necessari all’unità visibile e l’ultimo la missione della Chiesa per il mondo e nel mondo. Come per la versione precedente, la commissione ha ricevuto quasi cinquanta risposte di varia natura e di varia consistenza. Queste sono state analizzate da un apposito gruppo di lavoro di esperti e poi discusse durante la plenaria di Fede e arrivare prima a una visione comune di Chiesa. Pertanto, l’interpretazione della Chiesa e della sua unità è una questione ecumenica di fondamentale importanza. Senz’alcun dubbio, il documento La Chiesa: verso una visione comune offre un prezioso strumento teologico per mettere a punto un’ecclesiologia più inclusiva che permetta di andare al di là di interpretazioni parziali e di dissipare false controversie. Possiamo solo sperare che la ricezione del documento nelle Chiese di tutto il mondo le aiuti a progredire insieme verso il superamento della divisione, in un più fedele ascolto della volontà di Gesù, che ha pregato il Padre affinché tutti siano una cosa sola (cfr. Giovanni, 17, 21). costituzione nel 2009. Un’ulteriore consultazione sul testo, tenutasi a Cipro nel marzo 2011, ha preso in considerazione la risposta inter-ortodossa inviata dopo la plenaria. Venti interventi presentati durante questo incontro hanno affrontato praticamente tutti gli aspetti. Dal 2010 il testo ha conosciuto oltre dieci versioni provvisorie prima di trovare la sua forma definitiva nel documento intitolato La Chiesa: verso una visione comune, più breve e alquanto diverso dalle due precedenti dichiarazioni a livello di contenuto. Il documento è stato approvato all’unanimità dal comitato permanente di Fede e costituzione nel 2012 e pubblicato nel 2013. Nel novembre dello stesso anno, è stato formalmente approvato anche dalla decima assemblea generale del Cec a Busan. Il testo è il risultato di quasi tre decenni di intenso dialogo teologico che ha coinvolto centinaia di teologi e responsabili ecclesiali. Dalla sua pubblicazione, è stato tradotto in più di quindici lingue, studiato da individui e gruppi di discussione, presentato nel quadro di corsi universitari e di seminari. È inoltre servito da spunto per testi di riferimento e commentato in articoli, libri e siti in rete. Fino a oggi, l’ufficio di Ginevra della commissione Fede e costituzione ha ricevuto una sessantina di risposte da parte di studiosi, gruppi ecumenici, consigli nazionali di Chiese e singole Chiese. Anche la Chiesa cattolica sta preparando una Comunicato finale del Consiglio permanente della Cei Dalla parte della gente ROMA, 26. Vicina alla gente. La Chiesa in Italia è accanto alle popolazioni delle regioni messe a dura prova dalla perdurante emergenza sismica e dalla concomitante eccezionale ondata di maltempo, come pure alle famiglie e ai giovani che devono costantemente fare i conti con le conseguenza di una crisi economica ancora da superare. È quanto assicura il vescovo Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), che questa mattina ha presentato a Roma il comunicato finale del Consiglio permanente, riunitosi dal 23 al 25 gen- naio scorsi. Dal documento emerge l’immagine di una Chiesa che, «proprio in forza della sua prossimità alla gente», ha avvertito il presule, «alza la voce» per sollecitare anche alcune iniziative concrete. In primo luogo, provvedimenti a favore della famiglia e dei minori immigrati. Mentre non si manca di esprimere «preoccupazione» per le proposte legislative legate al fine vita. Ma è innanzitutto sulla condizione delle popolazioni terremotate che si è soffermata l’attenzione del Consiglio permanente che ha «manifestato stima e ammirazione per la grande dignità con cui la gente sta affrontando la situazione». I lavori hanno richiamato anche l’importanza che su queste terre — una volta passata la prima emergenza — non si spengano i riflettori. Va in questa direzione, è stato ricordato, l’impegno assicurato in molteplici forme dalla Chiesa, a partire dalla generosità delle parrocchie, che hanno risposto alla colletta indetta dalla Cei devolvendo circa 22 milioni di euro. «Attraverso Caritas italiana, questi fondi — ha detto monsignor Galantino — sono impiegati per risposte a bisogni primari e per la realizzazione di alcune strutture polifunzionali a servizio delle comunità; sono stati, inoltre, avviati i primi progetti sociali e di sviluppo economico». In questo contesto si inserisce anche il protocollo d’intesa che recentemente la Cei ha sottoscritto con il ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per concordare insieme «priorità, modalità e termini per il recupero dei beni culturali di interesse religioso danneggiati dagli eventi sismici». Proprio la difficile situazione del paese, legata all’emergenza sismica, ha rafforzato nel Consiglio permanente la volontà di favorire una piena consonanza di intenti per una risposta corale. In questo senso i presuli intendono farsi portavoce delle difficoltà in cui versano molte famiglie a causa di una crisi economica «che ne segna un preoccupante impoverimento», a fronte anche «di situazioni di evidente e intollerabile privilegio». Di qui, la richiesta pressante da parte dell’episcopato per politiche familiari che «possano trovare attuazione senza ulteriori dilazioni di tempo e di misure che aiutino la ripresa dell’occupazione: sono condizioni di futuro, soprattutto per i giovani e per il meridione». Dal punto di vista più strettamente ecclesiale l’attenzione del Consiglio permanente si è soffermata soprattutto sui giovani nella prospettiva anche del sinodo dei vescovi convocato nel 2018 dal Papa su «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale». In questo senso, è stato proposto che la prossima assemblea generale della Cei, in programma dal 22 al 25 maggio prossimi, si confronti proprio sulla questione educativa e sull’azione pastorale in riferimento all’universo giovanile. Altro argomento centrale è stato la formazione permanente del clero. A tale proposito è stato annunciato che dalla metà di febbraio sarà a disposizione uno speciale sussidio che ha l’intento di agevolare «il cammino spirituale dei presbiteri e il rinvigorimento della loro attività missionaria». Durante i lavori, inoltre, è proseguita la riflessione relativa alla revisione delle norme circa il regime amministrativo dei tribunali ecclesiastici in Italia in materia matrimoniale. Questione che sarà ripresa anche nella sessione primaverile, per essere quindi sottoposta a maggio all’approvazione dell’assemblea generale. risposta ufficiale. Numerose conferenze episcopali di tutto il mondo, così come teologi e facoltà teologiche, hanno già inviato le loro osservazioni al Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Queste saranno analizzate da un’apposita commissione di esperti, che redigerà una bozza di testo, che dovrà essere approvata dalla Congregazione per la dottrina della fede, prima di essere inviata alla commissione Fede e costituzione come risposta cattolica ufficiale. Il testo di La Chiesa: verso una visione comune si compone di quattro capitoli preceduti da un’introduzione che spiega la natura e le finalità del documento, seguiti da una nota sul processo che ha condotto alla sua redazione. Il primo capitolo, intitolato «Missione di Dio e unità della Chiesa», situa la Chiesa all’interno del disegno salvifico di Dio. Il secondo capitolo, «La Chiesa del Dio uno e trino», partendo da basi bibliche presenta la Chiesa come popolo di Dio, corpo di Cristo e tempio dello Spirito santo. Il terzo capitolo, intitolato «La Chiesa: crescere nella comunione», si sofferma su alcune questioni teologiche che hanno diviso le Chiese nel passato, come la fede, i sacramenti e il ministero. Facendo riferimento ai documenti dei dialoghi ecumenici, esso evidenzia le convergenze che sono state progressivamente realizzate e presenta, al contempo, il persistente disaccordo su tematiche che devono ancora essere risolte. Il quarto capitolo, «La Chiesa nel mondo e per il mondo», affronta il tema della missione della Chiesa, suggerendo quelle che sono le implicazioni sociali del vangelo ed esortando i cristiani a un’azione comune a favore della giustizia, della pace e della tutela del creato. La Chiesa: verso una visione comune si presenta come un «testo di convergenza» che riunisce una serie di interpretazioni ecclesiologiche, anche molto diverse tra loro. Come afferma l’introduzione, il documento, senza avanzare la pretesa di esprimere un pieno consenso su tutte le questioni affrontate, vuole essere «più di uno strumento per stimolare ulteriori studi. Esso tenta piuttosto di illustrare il punto al quale sono arrivate le comunità cristiane nella loro comprensione comune di Chiesa, mostrando i progressi realizzati e indicando il lavoro che rimane da fare». E testimonia i notevoli passi avanti compiuti dalle Chiese sulla via del superamento del disaccordo relativo alla natura, alla missione e all’unità della Chiesa. Per tutte le comunioni cristiane che partecipano al dialogo ecumenico, è chiaro che l’unità piena e visibile non può essere conseguita senza *Assistente per la Sezione occidentale del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani Nomina episcopale in Belize La nomina di oggi riguarda la Chiesa in Belize. Lawrence Sydney Nicasio vescovo di Belize City Belmopan È nato in Belize il 5 settembre 1956. Dopo aver frequentato l’Auster High School, a Belize City, è stato alunno del Belize Teachers College e ha insegnato per diversi anni nelle scuole della diocesi. Ha svolto gli studi ecclesiastici negli Stati Uniti d’America, ottenendo nel 1995 il baccalaureato in filosofia presso il Glennon Seminary nell’arcidiocesi di Saint Louis. Nel 1989 ha completato gli studi teologici con il master of divinity presso il Kenrich College Seminary. Ordinato sacerdote nella cattedrale di Belize City - Belmopan il 16 giugno 1989, è stato vicario parrocchiale della concattedrale di Belmopan fino al 1995; parroco dell’Inmaculada a Orange Walk, segretario e tesoriere del consiglio presbiterale, maestro delle celebrazioni liturgiche e delle varie attività a livello diocesano (1995-2006). Dopo un anno sabbatico (2006-2007) è stato parroco di Sant’Ignazio e amministratore della parrocchia di San Giovanni Vianney a Belize City (2007-2013), presidente dell’associazione del clero diocesano e membro del collegio dei consultori (2007-2009). Dal 2013 è parroco della cattedrale di Belize City. L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 27 gennaio 2017 pagina 7 Il Papa indica il cammino Impariamo gli uni dagli altri «Imparare gli uni dagli altri»: è il cammino della riconciliazione tra i cristiani indicato dal Pontefice al termine della settimana ecumenica. Com’è consuetudine, nella festa della Conversione di san Paolo il Papa ha presieduto mercoledì pomeriggio, 25 gennaio, la celebrazione dei secondi vespri nella basilica Ostiense intitolata all’apostolo. L’incontro con Gesù sulla strada verso Damasco trasforma radicalmente la vita di Paolo. Da quel momento in poi, per lui il significato dell’esistenza non sta più nell’affidarsi alle proprie forze per osservare scrupolosamente la Legge, ma nell’aderire con tutto sé stesso all’amore gratuito e immeritato di Dio, a Gesù Cristo crocifisso e risorto. Così egli conosce l’irrompere di una nuova vita, la vita secondo lo Spirito, nella quale, per la potenza del Signore Risorto, sperimenta perdono, confidenza e conforto. E Paolo non può tenere per sé questa novità: è spinto dalla grazia a proclamare la lieta notizia dell’amore e della riconciliazione che Dio offre pienamente in Cristo all’umanità. Per l’Apostolo delle genti la riconciliazione dell’uomo con Dio, di cui egli è divenuto ambasciatore (cfr. 2 Cor 5, 20), è un dono che viene da Cristo. Ciò appare con chiarezza nel testo della Seconda Lettera ai Corinzi, dal quale è tratto quest’anno il tema della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani: “L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione” (cfr. 2 Cor 5, 14-20). “L’amore di Cristo”: non si tratta del nostro amore per Cristo, ma dell’amore che Cristo ha per noi. Allo stesso modo, la riconciliazione verso cui siamo spinti non è semplicemente nostra iniziativa: è in primo luogo la riconciliazione che Dio ci offre in Cristo. Prima di essere uno sforzo umano di credenti che cercano di superare le loro divisioni, è un dono gratuito di Dio. Come effetto di questo dono la persona, perdonata e amata, è chiamata a sua volta a proclamare il vangelo della riconciliazione in parole e opere, a vivere e testimoniare un’esistenza riconciliata. In questa prospettiva, possiamo oggi chiederci: come proclamare questo vangelo di riconciliazione dopo secoli di divisioni? È lo stesso Paolo ad aiutarci a trovare la via. Egli sottolinea che la riconciliazione in Cristo non può avvenire senza sacrificio. Gesù ha dato la sua vita, morendo per tutti. Similmente, gli ambasciatori di riconciliazione sono chiamati, nel suo nome, a dare la vita, a non vivere più per sé stessi, ma per Colui che è morto e risorto per loro (cfr. 2 Cor 5, 14-15). Come Gesù insegna, è solo quando perdiamo la vita per amore suo che la guadagniamo davvero (cfr. Lc 9, 24). È la rivoluzione che Paolo ha vissuto, ma è la rivoluzione cristiana di sempre: non vivere più per noi stessi, per i nostri interessi e ritorni di immagine, ma ad immagine di Cristo, per Lui e secondo Lui, col suo amore e nel suo amore. Per la Chiesa, per ogni confessione cristiana è un invito a non basarsi sui programmi, sui calcoli e sui vantaggi, a non affidarsi alle opportunità e alle mode del momento, ma a cercare la via guardando sempre alla croce del Signore: sta lì il nostro programma di vita. È un invito anche ad uscire da ogni isolamento, a superare la tentazione dell’autoreferenzialità, che impedisce di cogliere ciò che lo Spirito Santo opera al di fuori dei propri spazi. Un’autentica riconciliazione tra i cristiani potrà realizzarsi quando sapremo riconoscere i doni gli uni degli altri e saremo capaci, con umiltà e docilità, di imparare gli uni dagli altri — imparare gli uni dagli altri —, senza attendere che siano gli altri a imparare prima da noi. Se viviamo questo morire a noi stessi per Gesù, il nostro vecchio stile di vita viene relegato al passato e, come è accaduto a san Paolo, entriamo in una nuova forma di esistenza e di comunione. Con Paolo potremo dire: «Le cose vecchie sono passate» (2 Cor 5, 17). Guardare indietro è d’aiuto e quanto mai necessario per purificare la memoria, ma fissarsi sul passato, attardandosi a ricordare i torti subiti e fatti e giudicando con parametri solo umani, può paralizzare e impedire di vivere il presente. La Parola di Dio ci incoraggia a trarre forza dalla memoria, a ricordare il bene ricevuto dal Signore; ma ci chiede anche di lasciarci alle spalle il passato per seguire Gesù nell’oggi e vivere una vita nuova in Lui. Permettiamo a Colui che fa nuove tutte le cose (cfr. Ap 21, 5) di orientarci a un avvenire nuovo, aperto alla speranza che non delude, un avvenire in cui le divisioni si potranno superare e i credenti, rinnovati nell’amore, saranno pienamente e visibilmente uniti. Mentre camminiamo sulla via dell’unità, quest’anno ricordiamo in modo particolare il quinto centenario della Riforma protestante. Il fatto che oggi cattolici e luterani possano ricordare insieme un evento che ha diviso i cristiani, e lo facciano con speranza, ponendo l’accento su Gesù e sulla sua opera di riconciliazione, è un traguardo notevole, raggiunto grazie a Dio e alla preghiera, attraverso cinquant’anni di conoscenza reciproca e di dialogo ecumenico. L’arcivescovo Rodríguez Carballo sulla revisione del documento «Mutuae relationes» Nell’invocare da Dio il dono della riconciliazione con Lui e tra di noi, rivolgo i miei cordiali e fraterni saluti a Sua Eminenza il Metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico, a Sua Grazia David Moxon, rappresentante personale a Roma dell’Arcivescovo di Canterbury, e a tutti i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali qui convenuti. Mi è particolarmente gradito salutare i membri della Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali, ai quali auguro un fruttuoso lavoro per la sessione plenaria che si sta svolgendo in questi giorni. Saluto anche gli studenti dell’Ecumenical Institute of Bossey — tanto gioiosi, li ho visti questa mattina —, in visita a Roma per approfondire la loro conoscenza della Chiesa cattolica, e i giovani ortodossi e ortodossi orientali che studiano a Roma grazie alle borse di studio del Comitato di Collaborazione Culturale con le Chiese ortodosse, che opera presso il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Ai Superiori e a tutti i Collaboratori di questo Dicastero esprimo la mia stima e la mia gratitudine. Cari fratelli e sorelle, la nostra preghiera per l’unità dei cristiani è partecipazione alla preghiera che Gesù ha rivolto al Padre prima della passione «perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17, 21). Non stanchiamoci mai di chiedere a Dio questo dono. Nella paziente e fiduciosa attesa che il Padre conceda a tutti i credenti il bene della piena comunione visibile, andiamo avanti nel nostro cammino di riconciliazione e di dialogo, incoraggiati dalla testimonianza eroica di tanti fratelli e sorelle, uniti ieri e oggi nel soffrire per il nome di Gesù. Approfittiamo di ogni occasione che la Provvidenza ci offre per pregare insieme, per annunciare insieme, per amare e servire insieme, soprattutto chi è più povero e trascurato. Gesti di riconciliazione Nel bacio di Francesco alle croci pettorali del metropolita ortodosso Gennadios Zervos e dell’arcivescovo anglicano David Moxon c’è il sigillo ecumenico del suo pontificato, teso a costruire ponti verso la riconciliazione tra tutti i cristiani. Il gesto del Papa, al momento del congedo con i due rappresentanti ecumenici, è avvenuto nella basilica Ostiense a conclusione della celebrazione dei secondi vespri della festa della Conversione di san Paolo che, da cin- Riforma del cuore La revisione del documento Mutuae relationes deve basarsi su due principi indicati da Papa Francesco come criteri guida: la teologia di comunione e la co-essenzialità dei doni gerarchici e carismatici nella Chiesa. Lo ha ribadito l’arcivescovo José Rodríguez Carballo, segretario della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, durante la plenaria interdicasteriale nella quale si è discusso della rielaborazione e dell’aggiornamento del documento risalente al 1978, che indicava i criteri del rapporto tra i vescovi e i religiosi nella Chiesa. Intervenendo ai lavori congiunti tra rappresentanti del dicastero per i consacrati e quello per i vescovi, giovedì 26 gennaio, il presule ha ricordato che la teologia della comunione è frutto maturo del Vaticano II, mentre il principio della co-essenzialità è stato «magistralmente illustrato» dal recente documento della Congregazione per la dottrina della fede, Iuvenescit Ecclesia. In particolare, l’arcivescovo ha fatto notare come gerarchia e carisma, in quanto provenienti dallo stesso Spirito, che «è spirito di unità e di pace, devono coinvolgersi reciprocamente in ogni passo della missione della Chiesa, nel pensare, progettare, attuare e verificare insieme», rispettando in ogni caso il volto pluriforme della Chiesa. D’altra parte, ha aggiunto il presule, l’unico modo «per superare le tensioni tra pastori e consacrati, è di dare al documento la stessa impostazione trinitaria che regge Vita consecrata, accentuando il valore della comunione». Infatti, come la Trinità, anche la Chiesa è comunione, nella gerarchia e nei carismi; ed «è nella e dalla comunione che nascono le relazioni, non solo tra i vescovi e i religiosi, ma con l’intera comunità ecclesiale, includendo tutti quei soggetti che nell’attuale documento Mutuae relationes sono dimenticati: fratelli religiosi, religiose, laici, nuove forme». In tal modo si genera quella spiritualità di comunione che «è una delle eredità più belle e preziose del concilio Vaticano II». Tra doni carismatici e doni gerarchici, ha sottolineato, «non c’è opposizione. Sono co-essenziali: né sottomissione, né indipendenza, ma comunione». Tuttavia, è opportuno riconoscere che «una conoscenza teologica, per quanto corretta e bene impostata, come una normativa universale, per sua natura generale e astratta, non sono sufficienti se non sono poi poste in essere». Per questo motivo, il presule ha lanciato la proposta che la teologia e la storia della vita consacrata «siano inserite come discipline curriculari nei programmi di formazione teologica per gli ordini sacri», perché quelli che un giorno saranno pastori «possano apprezzare il dono della vita consacrata e gli stessi consacrati possano sempre più comprendere il significato della loro presenza all’interno del popolo di Dio». D all’esperienza ricavata in questi quasi quarant’anni di Mutuae relationes si è notato che la teoria, anche «quando è conosciuta, non sempre trova giusta applicazione nel concreto». È necessario, perciò, promuovere «una riforma di pensiero che parta dal cuore, come ci ricorda Papa Francesco nel suo magistero». Questo perché le Mutuae relationes si vengono a realizzare «in una teologia dell’incontro e del dialogo, nel nostro caso tra vescovo e consacrati, che va declinata nella situazione particolare di Chiesa». In effetti, sia i vescovi che i consacrati «devono praticare la mistica dell’incontro». Messaggio del cardinale Turkson al forum sulla pastorale dei circensi e dei lunaparchisti Ecumenismo sotto il tendone Nell’ecumenismo il dialogo «richiede la fiducia e la capacità di guardare l’altro attraverso il prisma della fede» e impone la rinuncia «a ogni forma di sospetto e di competizione». Lo ha sottolineato il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, in un messaggio indirizzato ai membri del consiglio generale del Forum delle organizzazioni cristiane per la pastorale dei circensi e lunaparchisti. Come ogni anno, l’organismo si è riunito dal 22 al 24 gennaio, nel Principato di Monaco, in occasione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani e in concomitanza con il festival internazionale del circo di Montecarlo. Nel messaggio il porporato ha ricordato che il dialogo ecumenico «sollecita una maggiore apertura alle esigenze del mondo di oggi», richiamando in particolare l’impegno congiunto «per la soluzione dei conflitti e per la costruzione delle relazioni basate sull’amore e sul riconoscimento della pari dignità di tutti i figli di Dio». Un invito richiamato proprio dal tema scelto per l’incontro — «Essere insieme in dialogo» — che ha inteso esprimere «il desiderio di rafforzare la comunione e Roz Young, «Tenda del circo» la fraternità in un dialogo aperto e rispettoso, paziente e generoso». L’argomento, ha sottolineato il prefetto, è molto caro a Papa Francesco, che nell’enciclica Laudato si’ lo indica «come mezzo e strumento per affrontare i problemi del nostro pianeta e cercare soluzioni realmente efficaci». Un autentico dialogo sta infatti alla base «di ogni relazione interpersonale e favorisce la “cultura dell’incontro” di cui il Pontefice parla spesso». La capacità di dialogo, di relazione e comunione con Dio e con gli altri è dunque «presupposto di autentica crescita, maturazione e santificazione della persona umana». Allo stesso tempo, ha rilevato il cardinale, l’apertura all’altro nel dialogo, lo scambio dei doni e l’incontro fraterno portano, «sotto la guida dello Spirito Santo, alla verità, alla riconciliazione e alla guarigione delle relazioni». quant’anni, coincide con la conclusione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. E così San Paolo fuori le Mura si conferma luogo di gesti significativi: cinquantotto anni fa Giovanni XXIII vi annunciò a sorpresa il concilio Vaticano II e diciassette anni fa Giovanni Paolo II aprì la porta santa “a sei mani”, con due rappresentanti ecumenici. E proprio con due rappresentanti ecumenici — Gennadios Zervos, arcivescovo metropolita d’Italia e Malta, esarca per l’Europa meridionale, in rappresentanza del Patriarcato ecumenico, e David Moxon, arcivescovo rappresentante personale a Roma dell’arcivescovo di Canterbury e direttore del Centro anglicano — il Papa ha presieduto la celebrazione dei vespri. Ad accompagnarli, nella processione, anche il cardinale Kurt Koch e il vescovo Brian Farrell, rispettivamente presidente e segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, dieci rappresentanti di altre chiese e confessioni e i monaci benedettini di San Paolo, guidati dall’abate Roberto Dotta e dall’abate primate dell’ordine, dom Gregory John Frederick Polan. Sempre con il metropolita Gennadios e l’arcivescovo Moxon, Francesco ha compiuto altri gesti significativi: prima hanno pregato proprio davanti alla tomba dell’apostolo Paolo, poi il Papa li ha chiamati accanto a sé per il canto del Magnifi- cat e del Padre nostro e per impartire insieme la benedizione finale. I due rappresentanti ecumenici hanno anche letto le orazioni dopo i salmi. E nelle intercessioni una preghiera del tutto particolare è stata rivolta a Dio, in armeno, per «i cristiani vittime delle persecuzioni». Al termine della celebrazione, il cardinale Koch ha subito rilanciato i contenuti dell’omelia del Papa, mettendo in evidenza soprattutto che l’impegno per la riconciliazione costituisce «una delle priorità pastorali del pontificato». In particolare, il cardinale ha fatto riferimento alle iniziative per il quinto centenario della Riforma, ricordando la dichiarazione congiunta firmata in Svezia dal Pontefice. «La storia della Riforma — ha detto — è segnata non solo dalla riscoperta del Vangelo della grazia gratuita di Dio, ma anche da dolorose divisioni». Per il cardinale Koch, «il pentimento e la purificazione della memoria storica devono avvenire sotto il segno della riconciliazione, riconciliazione che può nascere soltanto dall’iniziativa di Dio e che rappresenta il dono che Dio fa a noi uomini e all’intero cosmo». Perciò «nel lasciarci riconciliare da Dio in Cristo, dobbiamo noi stessi annunciare la riconciliazione di Dio, ci dobbiamo impegnare nella promozione della riconciliazione tra i cristiani e dobbiamo lasciarci spingere dall’amore di Cristo». Consapevoli, ha aggiunto, che «l’amore è il motore di ogni sforzo ecumenico» e che «il vero amore non cancella le legittime differenze tra le Chiese cristiane, ma le conduce insieme, riconciliate, a una più profonda unità». A San Paolo, come ogni anno, erano riunti insieme numerosi rappresentanti di altre chiese e confessioni, accolti dal sotto-segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, monsignor Andrea Palmieri. Significativa la presenza della Commissione mista per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali. Al termine dei vespri, Francesco ha voluto personalmente salutare personalmente tutti i rappresentanti ecumenici. E anche alcuni studenti della Graduate school dell’istituto ecumenico di Bossey, in visita di studio a Roma. Accanto a loro i giovani che studiano a Roma con il sostegno del comitato di collaborazione culturale con le Chiese ortodosse che opera nel dicastero ecumenico. Erano presenti quindici cardinali, tra cui il segretario di Stato e l’arciprete di San Paolo, Harvey, che ha salutato il Papa al suo arrivo. Tra i presenti, gli arcivescovi Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, Gänswein, prefetto della Casa Pontificia, e l’assessore monsignor Borgia. La preghiera vespertina è stata cantata dal coro della cappella Sistina, diretto da monsignor Palombella, con il prestigioso coro anglicano di Westminster Abbey, diretto da James O’D onnell.