Ahmed Soliman - Rivista Sinestesie
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Ahmed Soliman - Rivista Sinestesie
Ahmed Soliman RODARI E LA FIABA LE FAVOLE AL TELEFONO, UN MODELLO DI FIABA MODERNA 1. Rodari e la fiaba moderna 1.1 La difesa della fiaba Parlare di Rodari quale uno dei maggiori scrittori di fiabe “moderne” della sua epoca è quasi un passo obbligatorio in tutti i libri di critica che trattano la vasta narrativa dello scrittore. Il rapporto tra Rodari e la fiaba fu molto complicato e merita un‟analisi profonda per sottolinearne tutti gli aspetti che fecero alla fine di Rodari il “favolista” più importante della sua epoca. Va ricordato che nel periodo in cui egli scrisse le sue più belle fiabe, cioè tra gli anni Cinquanta e Sessanta, la discussione sull‟utilità della fiaba come genere per i bambini fu molto accesa. Nonostante la pubblicazione di varie raccolte di fiabe popolari e l‟aumento degli studi critici sulla fiaba in Italia nella seconda metà del secolo scorso, molti critici e pedagogisti ne rifiutavano l‟uso ritenendola poco adatta alla mentalità dei piccoli ascoltatori (o lettori). La fiaba fu accusata di essere poco realistica e di allontanare i bambini dal mondo che li circonda, oltre alle riserve riguardanti la crudeltà e la violenza del suo contenuto: Nella seconda metà del Novecento le fiabe vivono alterne vicende: oltre ad una larghissima diffusione in tutti i paesi del nostro pianeta, suscitano per i loro contenuti numerose “cautele pedagogiche”, polemiche e prese di posizioni [...]. Si è passati così dall‟accettazione più entusiastica alla ricerca più feroce, dalla condanna più assoluta alla celebrazione del suo valore e della sua universalità1. La fiaba tradizionale fu, dunque, oggetto di discussione e di condanna da una parte e di difesa dall‟altra. Rodari in quegli anni fu un grande difensore della fiaba e si oppose in maniera decisa a chi sosteneva che le fiabe non dovessero essere offerte ai bambini. Lo scrittore vedeva nella fiaba uno strumento valido attraverso il quale vedere il mondo che li circonda, per capirne tutti gli aspetti e per potere affrontare anche le varie difficoltà che si presentano nel corso della vita: Si ha la sensazione – dice Rodari nella Grammatica della fantasia – che nelle strutture della fiaba il bambino contempli le strutture della propria immaginazione e nello stesso tempo se le fabbrichi, costruendosi uno strumento indispensabile per la conoscenza e il dominio del reale2. 1 G. LEO, Rodari e la fiaba, in Gianni Rodari maestro di creatività,a cura di G. Leo, Graus, Napoli, 2003, pp. 71-72. 2 G. RODARI, Grammatica della fantasia, Einaudi, Torino, 1973, p. 143. 1 Ma la prima obiezione all‟uso della fiaba tradizionale consisteva in questo processo di estraniamento e distacco dalla realtà ai quali la fiaba, con i suoi contenuti fantastici, poteva portare i bambini. Angelo Nobile, nel suo libro sulla Letteratura giovanile, sostenne che «la prima e forse più antica obiezione al meraviglioso fiabesco (è) il timore che certe esasperazioni fantastiche connesse alla più intima essenza della fiaba [...] ostacolino o comunque ritardino il naturale processo di inserimento nel mondo della realtà»3. Rodari rifiutò in modo decisivo questa obiezione. Secondo lui il presunto pericolo d‟isolare il bambino dalla realtà non ricorreva più nelle fiabe moderne. Per il bambino del Novecento gli elementi fantastici inusuali di cui sono ricche le fiabe classiche perdono una grande parte del loro valore “straordinario” e non rischiano più di allontanare il bambino, che vive nella società delle “macchine moderne”, dalla vita reale. La visione del mondo e degli oggetti è senz‟altro cambiata rispetto ai contesti in cui le fiabe popolari venivano raccontate in epoche remote. Il tappeto volantee La bacchetta magica non distanziano il bambino dalla vita reale perché il loro effetto si trova già in molte invenzioni moderne. Lo disse lo stesso Rodari difendendo le fiabe classiche da quell‟accusa: «Nelle fiabe si può dire “tavolino, apparecchiati” [...]; noi a tanto non siamo arrivati, ma possiamo dire“ bucato, lavati” [...] e le macchine obbediscono. Ridotte all‟osso, tante meraviglie delle fiabe ci appaiono oggi semplicemente delle ipotesi diventate realtà, perfino realtà banali, addirittura scoccianti»4. Le fiabe che scrisse Rodari ai bambini del suo tempo erano infatti prive del pericolo che i pedagogisti individuavano nelle fiabe classiche e del racconto fiabesco comunque mantenevano la freschezza narrativa fondendola con una visione moderna ed educativa. Rodari infatti non vedeva nella fiaba una nostalgia per il passato ma uno strumento per vivere in modo migliore il presente e il futuro, e per guardare alla loro realtà con un occhio diverso. Lo affermò Patrizia Zagni parlando di Rodari e della fiaba classica: «le fiabe, secondo Rodari, non allontanano dal reale; lo osservano e lo rappresentano da un particolare e liberissimo punto di vista»5. Molto famose al riguardo sono le parole dello scrittore in difesa del genere fiabesco, con le quali affranca la fiaba da tutte le critiche e la considera un mezzo efficace che permette ai bambini di migliorare la loro vita: Le fiabe, per un singolare rovesciamento della loro posizione nella storia umana, hanno oggi più a che fare con la dimensione dell‟utopia che con quella della nostalgia al passato. Sono alleate dell‟utopia, non della conservazione. E perciò [...] noi le difendiamo: perché crediamo nel valore educativo dell‟utopia, passaggio obbligato dall‟accettazione passiva del mondo alla capacità di criticarlo, all‟impegno per trasformarlo. Pollicino ha ancora qualcosa da dire6. Oltre alle riserve sull‟aspetto fantastico della fiaba, Rodari difese il genere fiabesco anche da un‟altra obiezione, non meno importante, ossia quella della presenza di alcuni particolari orridi, violenti in molte delle fiabe classiche. Egli infatti non negò la presenza di elementi e personaggi truculenti nelle fiabe, ma nello stesso tempo era dell‟opinione che tali personaggi o vicende, di carattere violento e orrido, non rappresentassero un pericolo per il bambino che, pur sentendo la paura, riesce a superarla grazie proprio al racconto: La paura non nasce dall‟immagine del “lupo-che-mangia-la-nonna”, ma dalla parola “lupo”. Il lupo della favola […]è un essere che riassume tutte le cose di cui il bambino 3 A.NOBILE, Letteratura giovanile, Editrice la Scuola, Brescia, 1990, pp. 69-70 G. RODARI, Pro e contro la fiaba, in «Paese sera», dicembre 1970, ora in G. RODARI, Il cane di Magonza, Editori Riuniti, Roma, 1982, p. 149. 5 P. ZAGNI, Gianni Rodari, La nuova Italia, Firenze, 1975, p. 16. 6 Rodari, Pro e contro la fiaba, cit., p. 155. 4 2 ha paura: l‟insicurezza, la bruttezza, la solitudine […]. Il brivido di paura che lo attraversa, è un brivido piacevole: egli sfida il lupo (“se c‟ero io, lo ammazzavo”), lo provoca. E quando la storia è finita vuol risentirla da capo, anche per provare quel brivido di paura”7. Rodari su questo punto si allinea all‟opinione di molti pedagogisti, secondo i quali, nelle vicende paurose e violente delle fiabe il bambino trova una forma di sicurezza personale, nel paragonare la situazione del protagonista delle fiabe e la propria situazione “sicura”. Da questo punto di vista le fiabe non mettono paura al bambino, ma al contrario gli ispirano una sensazione di serenità e di sicurezza. Così «il desiderio di rappresentazioni di violenza sarebbe motivato dal rafforzamento del proprio terreno di sicurezza, come dire che il bambino desidera essere spaventato per sentirsi rasserenato al tempo»8. 2. La fiaba tra gioco e fantasia. Rodari insisteva sempre sulla capacità della fiaba di arricchire la fantasia dei bambini e di offrire loro la chiave giusta per conoscere la vita reale. Qui emerge il valore che Rodari assegnava alla fantasia. Il fantastico e il meraviglioso sono, secondo Rodari, due elementi essenziali nella formazione del bambino: «Io penso che l‟immaginazione infantile abbia bisogno delle nostre cure [...]; che la fantasia sia elemento fondamentale di una personalità completa»9. Contro chi non riconosceva il valore delle fiabe Rodari rispondeva che la fiaba in apparenza la cosa più inutile che ci sia, mi sembra invece uno strumento prezioso: nutrendo la capacità di immaginare, mobilitando le risorse della fantasia infantile, essa non distoglie il bambino dall‟osservazione e dalla riflessione sul reale, dall‟azione sulle cose, ma fornisce all‟osservazione, alla riflessione, all‟azione una base più ampia e disinteressata10. La fantasia, di cui la fiaba è il luogo per eccellenza, fu per Rodari il primo passo verso l‟impegno nella vita reale. Educare i bambini con le fiabe, al contrario di quello che sostenevano i suoi detrattori, non li allontanava dalla realtà ma gli offriva la possibilità di, per dirla con Rodari, “entrare nella realtà”. Rodari spiegò questo concetto con parole molto espressive nel discorso che fece in occasione della consegna del premio Andersen, in cui affermò: Io credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire ad educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare le chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo, gli può dare delle immagini anche per criticare il mondo11. La concezione rodariana della fiaba, depositaria della fantasia che serve a formare la mentalità dei bambini, non è lontana dalla concezione e dall‟essenza di tutta la letteratura per l‟infanzia per Rodari. La letteratura per i ragazzi, con i suoi vari generi di cui la fiaba è quello maggiore e più importante, si basa sulla fantasia che infrange tutte le regole logiche. L‟elemento fantastico offre al bambino, quale destinatario della letteratura per l‟infanzia, ampi orizzonti per vedere il mondo e liberare la sua mentalità da tutti i vincoli imposti dalla logica della vita reale. La maggiore parte delle opere per i bambini si nutrono di questo elemento fantastico e non possono farne a meno. Malgrado le obiezioni a cui abbiamo accennato sulla dimensione fantastica da parte di alcuni studiosi e pedagogisti, in quasi tutta la letteratura per i ragazzi – dice Franco Cambi – «il carattere specifico e dominante è la fantasia, il libero 7 G. RODARI, Dono della fiaba, in «Noi donne», 12, 1970. G. GENOVESI, L’educazione alla lettura, Le Monnier, Firenze, 1977, p. 93. 9 G. RODARI, Pollicino è utile ancora, in «Giornale dei genitori», n. 58-59, 1980. 10 Ibidem 11 G. RODARI, Discorso in occasione del ricevimento del Premio Andersen, Schedario, 109, 1971. 8 3 processo immaginativo che la caratterizza […]. Il nucleo che ne attiva il complesso e multiforme edificio è connesso all‟attività fantastica – sempre libera e talvolta sfrenata – che tocca i vari aspetti del fantastico, dal visionario al comico, dal fiabesco al meraviglioso, dal favolistico al fantascientifico»12. Di qui deriva l‟attaccamento di Rodari alla fiaba sulla quale non nutriva dubbi quale strumento per stuzzicare la mente dei bambini ed offrirgli un mondo infinito di fantasia. In questo senso lo scrittore si opponeva a chiunque mettesse in dubbio il valore della fiaba nella formazione della mente dei bambini: «La difesa costante che Rodari ha fatto, in molti interventi, della fiaba nasce dal riconoscimento che essa si colloca al centro della mente infantile [...] e costituisce il perno attorno al quale ruota l‟immaginazione , che è poi il “senso” complessivo della mente, infantile e non»13. Perciò, come abbiamo già chiarito, i contenuti della fiaba non erano per Rodari altro che un metodo che permetteva alla mentalità infantile di entrare nel mondo della fantasia e di fare i primi passi verso la creazione, visto che il valore della fiaba non sta nelle sue vicende in quanto avvenimenti fantastici poco realizzabili nella vita, ma sta nella sua capacità di unire il meraviglioso e il reale, partendo spesso da una situazione reale. Così «il valore delle fiabe […] sta anche nella loro irrealtà (perché) stimola quella capacità di sognare e di creare che sono proprie del bambino e che, in un certo stadio della sua formazione, sono addirittura una necessità»14. Rodari fu uno dei primi scrittori della sua epoca a comprendere questa necessità e ad agevolare l‟ingresso dei bambini nel mondo della fantasia che si può definire costruttiva, in quanto non li isola dalla vita reale ma al contrario li prepara ad affrontarla. A questo punto bisogna gettare luce su un altro aspetto molto importante nella concezione rodariana della fiaba: il gioco. La fiaba per Rodari rappresentava il frutto di un esercizio ludico, un gioco con la fantasia. Rodari esce, con la fiaba, dalla sfera del racconto classico tramandato da un‟epoca all‟altra e ne fa un gioco interminabile con le cosiddette regole della fantastica. La fiaba, nella sua forma moderna che si lega al nome di Rodari, non nasce dalla bocca di narratori popolari come quella classica, ma da quel gioco utile praticato dallo scrittore e dai bambini. Se il destinatario della fiaba popolare era un ricevitore passivo, che gli veniva narrata in una certa situazione, in Rodari la creazione della fiaba assunse un valore e un metodo diverso adatto all‟esigenza del bambino. La fiaba rodariana diventa un giocattolo, un vero e proprio strumento di divertimento creativo che si presta ad essere smontato, ricostruito, completato. Le tecniche della fantastica, raccolte nella Grammatica della fantasia, sono rivolte al bambino creativo e fantasioso e lo invitano a smontare e rimontare le fiabe, a ribaltare il ruolo dei personaggi, a trovare uno o più finali diversi della stessa storia, a ricreare ai giorni nostri la vicenda di una fiaba antica, a preparare una storia con personaggi provenienti da diverse fiabe15. Molti dei libri di Rodari nacquero da incontri diretti con i ragazzi, fra questi Favole al telefono, un testo in cui proprio l‟elemento del gioco ha un ruolo essenziale e porta alla più bella creazione dell‟autore. In molte occasioni lo scrittore spiegò in dettaglio il procedimento dal quale nascevano le sue fiabe o filastrocche. In un saggio pubblicato su “Paese Sera”, proprio nell‟anno della pubblicazione delle Favole al telefono, Rodari spiegò così la sua concezione del gioco creatore delle fiabe: Si prendano due parole a caso, dal vocabolario o da qualsiasi altro testo stampato, facendo bene attenzione a non introdurre alcun elemento volontaristico nella scelta [...]. Si gettino ora le due parole l‟una contro l‟altra e si osservino le varie combinazioni, si 12 F. CAMBI, Rodari pedagogista, Editori Riuniti, Roma, 1990, p. 75 Ivi, p. 77. 14 C. MARINI e V. MASCIA, Gianni Rodari: educazione e poesia, Maggioli Editore, Rimini, 1987, pp. 63-64. 15 Leo, Rodari e la fiaba, cit., p. 75. 13 4 afferrino i suggerimenti espressi dal loro occasionale duello. Prima o poi le due parole non mancheranno di disporsi in modo da fornire l‟immagine iniziale, il nucleo di una favola16. In questo modo la fiaba (ma anche la poesia) di Rodari nasceva in gran parte come il risultato finale del gioco con le parole, gli oggetti, i personaggi e con le infinite vicende che possono venire in mente ai bambini. Non è strano che Rodari dedichi vari capitoli della sua Grammatica della fantasia al gioco in quanto strumento creativo indispensabile per chi si accinge a scrivere per i bambini. In questo gioco la fantasia e la creatività del bambino sono il protagonista assoluto: «Il carattere di base – dice Franco Cambi – di ogni testo rodariano è […] in quest‟incrocio assai stretto tra gioco e pensiero divergente, che guarda alla creatività e al suo valore educativo»17 con tutta la libertà e la creatività che contiene il gioco. Quest‟idea del gioco, che Rodari offrì non solo agli scrittori per l‟infanzia ma prima di tutto ai bambini stessi, fu una rivoluzione nel mondo della fiaba. Si usciva così dal concetto del destinatario rigido e passivo e si tendeva ad un maggiore coinvolgimento da parte dei ragazzi che ascoltano le fiabe e una loro partecipazione attiva alla narrazione e all‟invenzione del racconto fiabesco. Patrizia Zagni diede così tanta importanza a questa peculiarità rodariana da dedicarle un capitolo del suo famoso libro su Rodari: «È uno dei tanti modi che egli propone per capovolgere lo schema classico, secondo cui le fiabe si leggono nei libri e basta. Invece una storia può benissimo essere inventata anche dai piccoli, e può assumere risvolti estremamente interessanti e divertenti»18. Rodari infatti «non vuole essere un passivo narratore di fiabe, così come non desidera che i suoi lettori siano passivi fruitori, che si lasciano spaventare dalla parola fine»19. Il gioco libero infatti permetterebbe al lettore di capovolgere la storia a volontà, di cambiarne le vicende ed il significato, di introdurci nuovi personaggi. Non esiste la “favola definitiva”, ma tutti i racconti possono essere montati e smontati all‟infinito. Citiamo qui le parole molto significative che Rodari scrive alla finale del suo romanzo C’era due volte il barone Lamberto. Qui il gioco si manifesta nella libertà che lascia Rodari al suo lettore nella scelta del finale del romanzo. Tutti i finali sarebbero validi, basta che il lettore “giochi” e ne inventi uno: Non tutti saranno soddisfatti della conclusione della Storia. Tra l‟altro non si sa bene che fine farà Lamberto e cosa diventerà da grande. A questo, però, c‟è rimedio. Ogni lettore scontento del finale, può cambiarlo a suo piacere aggiungendo al libro un capitolo o due. O anche tredici. Mai lasciarsi spaventare dalla parola Fine20. In questo modo la fantasia e il gioco sono gli elementi base delle fiabe rodariane. Lo scrittore li utilizzò per parlare ai bambini e per renderli una parte attiva nella ricezione delle sue fiabe. Genovesi osservò che il massimo successo di Rodari nell‟unire i due elementi (fantasia e gioco) si manifestò non tanto nei suoi romanzi (Cipollino ad esempio) quanto nei suoi libri di brevi racconti, come appunto Favole al telefono e Tante storie per giocare, dove Rodari “raggiunge una notevole felicità espressiva […]. E la fantasia, l‟appello al ludico come stimoli alla partecipazione e all‟impegno personale del lettore sono quelle componenti fondamentali dell‟opera di Rodari che maggiormente ne mettono in risalto la dimensione 16 G. RODARI, Manuale per inventare favole, «Paese sera», 9 febbraio, 1962, ora in RODARI, Il cane di Magonza, cit., p. 84. 17 F. CAMBI, Collodi, De Amicis, Rodari. Tre immagini d’infanzia, Dedalo, Bari, 1985, p. 144. 18 ZAGNI, Gianni Rodari, cit., p. 33 19 Leo, Rodari e la fiaba, cit., p. 75. 20 G. RODARI, C’era due volte il barone Lamberto, Einaudi, Torino, 1978, p. 103. 5 fiabesca”21. Rodari fu pioniere di questo metodo, un “maestro di gioco” che cercava di cambiare il modo in cui il bambino italiano vedeva il mondo. Di questo valore del gioco e della fantasia Mario Lodi fece l‟argomento di un suo importante saggio su Rodari, cui diede il significativo titolo Una favola, un metodo. Lodi vede nel metodo dell‟invenzione di racconti una lezione educativa molto importante offerta agli insegnanti e ai pedagogisti. Rodari coinvolgeva i bambini nell‟invenzione delle favole e «gli metteva in mani quel meraviglioso giocattolo [...] che spesso si arrugginisce, a forza di leggere su testi noiosi, tutti uguali, sempre quelli. Così gli dava anche il metodo, lo stimolo per creare, perché il suo fine non era soltanto di divertirsi lui ad inventare, ma anche di abituare la gente […] a usare la fantasia giocando con le parole»22. Ma questo gioco non era fine a se stesso, era un metodo per proiettare i bambini nel mondo e per trasmettere un certo messaggio ai piccoli lettori. Le fiabe di Rodari, considerate dallo scrittore stesso come giocattoli e come mezzo di divertimento utile e costruttivo per i piccoli lettori, aprono un discorso molto importante sull‟impegno rodariano, che si rispecchia nella sua opera, e sull‟eventuale messaggio pedagogico o educativo in esse incluso. Ma prima di mettere in risalto quest‟aspetto molto discusso della narrativa rodariana, cerchiamo di vedere fino a che punto la fiaba classica può avere e trasmettere un messaggio di tipo ideologico o pedagogico. La presenza di un messaggio educativo, che rispecchia un certo impegno politico o sociale, è una peculiarità del tutto sconosciuta alla fiaba classica che non rivolge mai l‟attenzione alla realtà per trasformarla o per trasmettere certi valori a chi la ascolta o la legge. Pur basandosi molte volte su situazioni reali della vita del popolo nelle società antiche (la miseria, l‟ingiustizia), la fiaba popolare non mostra nessun tipo di impegno sociale visto che «il racconto fiabesco è un genere letterario in cui un‟esplicita carica critica nei confronti del sistema è praticamente nulla. La fiaba, infatti, si basa proprio su un‟accettazione acritica di quella realtà sociale»23. In questo senso la fiaba popolare non vuole suscitare mai nei suoi destinatari la volontà di agire e di cambiare la loro vita e loro società, ma si limita a consolarli e gli offre la speranza che ogni giorno la loro vita possa cambiare «illudendoli che anche ad essi potrà un giorno toccare in sorte di realizzare i propri sogni di ricchezza, di giustizia e di felicità»24. Questo non si applica alle “fiabe moderne” che scriveva Rodari. La questione della presenza di un messaggio ideologico, di un impegno politico ben definito e chiaro nella narrativa di Rodari è un aspetto su cui discussero molti critici dell‟opera rodariana, durante la vita dello scrittore e anche dopo la sua scomparsa, e che non manca di equivoci e di opinioni drastiche e contrastanti. Le fiabe di Rodari sono portatrici di una morale esplicita e rispecchiano un certo impegno ideologico ed educativo o no? A questa domanda molti critici risponderebbero positivamente visto che la figura di Rodari come osservatore attento ai problemi sociali e politici del suo paese non si può dissociare dalla sua figura di scrittore. La critica letteraria, innanzitutto, mise in risalto quest‟impegno e questo inevitabile messaggio ideologico e pedagogico che percorre l‟opera rodariana, anche se l‟oggetto di questo studio, le Favole al telefono, non è la massima testimonianza di quest‟impegno. Rodari nelle prime opere (e fino agli anni Sessanta) era un combattente che difendeva la sua ideologia e cercava di cambiare drasticamente quello che secondo lui doveva essere cambiato e riformato nella società e nella scuola italiana. Questo atteggiamento ideologico venne meno nel Rodari degli Sessanta e Settanta anche se la carica ideologico-morale nella sua opera rimase. E furono quelli gli anni in cui vennero alla luce i suoi due capolavori, le Favole al telefono e le Filastrocche in cielo e in terra. In quel periodo, «anche se certi toni accesi si attenuano – osserva Alfeo Bertondini – 21 G.GENOVESI, Un mondo di fiaba, in AA. VV., «Il favoloso Gianni Rodari», Nuova Guaraldi, Firenze, 1982, p. 127 22 M. LODI, Una favola, un metodo, in AA. VV., «Il Favoloso Gianni»,cit., p. 59 23 Genovesi, L’educazione alla lettura, cit., p. 83. 24 Ibidem. 6 troviamo un Rodari più maturo, con contenuti più distesi: non si tratta più, infatti, di convincere ma di approfondire, di guardarsi intorno per cogliere il meglio di una situazione rinnovata e migliorata»25. Di questa attenuazione del valore ideologico ed educativo nell‟opera rodariana a partire dagli anni Sessanta si occupò anche Giorgio Bini nel suo saggio Leggere e trasgredire. Dopo aver appunto parlato della prima fase di trasgressione nell‟attività e nell‟opera di Rodari, lo studioso osservò che «in seguito, è stato notato, il messaggio si attenua, si sfuma; e persino il testo di certe composizioni subisce modifiche che lo rendono più accettabile. [...]. Ma la politica, la morale, il messaggio si ritrovano anche più avanti, in tutto Rodari»26. Altri critici, del resto, cercarono di giustificare questa attenuazione da una parte con il cambiamento della società e della situazione politica e sociale degli anni Sessanta e Settanta rispetto al decennio precedente e, dall‟altra, dal cambiamento della posizione stessa di Rodari e il successo che egli ebbe come scrittore negli anni Sessanta. Cosi Fernando Rotondo parla di “ammorbidimento” dell‟impegno politico e sociale di Rodari che dopo le prime opere «allarga l‟area di utenza potenziale della sua proposta educativa passando dai canali […] del movimento operaio nei canali (e clienti) della grande editoria [...] la proposta educativa di Rodari si fa generale».27Ma la questione dell‟impegno rodariano fu discussa in modo diverso e più aperto anche da Marcello Argilli nella sua Biografia su Rodari e in seguito anche nel suo libro su Rodari e la fiaba moderna. Argilli non negò affatto la presenza di intenti moralistici e l‟influenza dell‟ideologia politica di Rodari nelle Favoleal telefono, qualche volta spontanei e senza che questi fosse nelle intenzioni dello scrittore. E‟ una peculiarità delle fiabe moderne secondo Argilli, perché le fiabe di Rodari (e di chiunque si accinga a scrivere fiabe di carattere moderno per i bambini di oggi), «in quanto invenzioni di un singolo, traspare un personale punto di vista che, anche quando l‟autore non ne è cosciente, si colora di un‟indicazione implicitamente pedagogica. Il messaggio è inevitabile»28. Rodari, consapevolmente nelle opere degli anni Cinquanta e spontaneamente nei due decenni successivi, mantiene la sua vena educativa e l‟intento pedagogico, ma la polemica su questo impegno, e sulla morale che si può cogliere nelle favole di Rodari, nacque proprio dallo scrittore stesso che in varie occasioni cercò di prendere le distanze dall‟uso di qualsiasi morale, implicita o esplicita, e da qualsiasi traccia di impegno politico o sociale nella sua opera. Fu Argilli a pubblicare varie testimonianze di Rodari in cui attenua il valore moralistico delle fiabe. Le più significative e recise sono le parole che Rodari pubblicò nel 1977 in una nota introduttiva a le Novelle fatte a macchine:«Una storia non nasce per un atto di volontà. Se ha una morale, ce l‟ha perché viene fuori da sola, io non ci penso mai prima»29. Rodari ripete questo concetto quasi negli stessi termini in un‟altra occasione: «Non si può fare il messaggio prima e la storia dopo. Fai la storia e poi questa darà il suo messaggio se ce l‟ha»30. Rodari, come si deduce da queste parole, non vanta in modo esplicito la morale e il messaggio educativo nella sua opera. Le Favole al telefono Il nome di Gianni Rodari viene sempre associato alla cosiddetta “fiabamoderna” in Italia. Egli è considerato il padre di questo genere grazie alla rivoluzione che introdusse nella 25 A. BERTONDINI, Introduzione in MARINI e MASCIA,Gianni Rodari: educazione e poesia, cit., p. 14. 26 G. BINI, Leggere e trasgredire,Leggere Rodari, a cura di G. Bini, Amministrazione Provinciale di Pavia, Pavia, 1981, p. 9 27 F. ROTONDO, Sotto il segno dei gatti, Leggere Rodari, a cura di G. Bini, cit., p. 116. 28 M. ARGILLI, Ci sarà una volta, La Nuova Italia, Firenze, 1995, p. 93. 29 G. RODARI, Novelle fatte a macchina, Einaudi, Torino, 1977, p. V. 30 Gianni Rodari, Nota conclusiva, in AA. VV, «Fiabe sul potere» , Savelli, Roma, 1978, p. 159. 7 forma e nel contenuto della fiaba classica trasformandola in un componimento moderno e adatto all‟esigenza del bambino del Novecento. La rivoluzione e il carattere moderno sono riscontrabili in molti libri di fiabe dello scrittore, a cominciare da Cipollino fino al suo ultimo romanzo, C’era due volte il Barone Lamberto. Cerchiamo qui di gettare luce sulla concezione di “fiaba moderna” in Rodari tramite la sua famosa raccolta Favole al telefono (1962), che si considera un vero modello di fiaba moderna in quanto segna un radicale cambiamento rispetto alla fiaba (popolare) classica. Rodari aveva molta dimestichezza con la fiaba popolare, ne conosceva le varie caratteristiche e ne usava i temi ma, nello stesso tempo, era ben consapevole del bisogno di scrivere fiabe moderne ai bambini di oggi. Lo scrittore non negò mai il valore della fiaba classica, anzi, avvertiva il bisogno di “convivenza” tra questa e la fiaba moderna o contemporanea. Così Rodari scrisse cercando di conciliare i due tipi di fiaba: Non abbiamo niente contro la fiaba contemporanea [...]. Ma non vediamo perché essa debba senz‟altro sostituire la fiaba classica, alla quale si riallaccia. I due tipi di fiabe possono pacificamente convivere e integrarsi. La fiaba classica, dal canto suo, ha dimostrato ad abbondanza la sua capacità di adattarsi ai nuovi mezzi di comunicazione [...]. Essa rimane [...] una introduzione indispensabile alla “fiaba contemporanea”.31 Nonostante l‟apprezzamento della fiaba classica e la convinzione che essa potesse sopravvivere anche nell‟era moderna, Rodari attribuì maggiore importanza alla fiaba moderna, come testimonia il libro delle Favole al telefono. Marcello Argilli accennò all‟inclinazione di Rodari verso un nuovo tipo di fiaba, con connotazioni moderne, che si distanzia per molti aspetti dal genere fiabesco tradizionale. Secondo lo studioso, Rodari «pur avendo indicato nella fiaba (classica) un lievito indispensabile per la fantasia, non ha mai monopolizzato il suo interesse su quella popolare, come d‟altra parte è dimostrato dal carattere essenzialmente moderno della sua produzione»32. Moderne allora furono le fiabe di Rodari e qui cerchiamo di analizzare in che cosa consiste la loro modernità, prendendo in esame le fiabe pubblicate nel 1962 con il titolo Favole al telefono. In queste fiabe, Rodari «manipola e „reinventa‟ il genere fiabesco tradizionale rinnovandolo da cima a fondo attraverso la trasfigurazione degli aspetti più conformistici in elementi di innovazione con delicatezza e intelligenza»33. L‟aspetto che forse prima degli altri attira l‟attenzione di chi legga le Favole al telefono è il titolo stesso del libro. Rodari parla in varie occasione della “fiaba contemporanea” per distinguere il genere da lui introdotto dalla fiaba classica della tradizione popolare. Ma al suo libro invece diede il titolo di Favole al telefono, scartando il termine utilizzato più di una volta nei suoi saggi critici. Vari critici fecero notare che Rodari non considerò la giusta distinzione tra i vari termini (talvolta molto diversi tra loro) con cui vengono definiti i racconti brevi per i bambini. Così Rodari diede nomi diversi ad opere che contengono racconti dello stesso tipo e nella sua opera ricorrono i termini di “fiaba”, “favola”, “racconto”, “storie”, in modo spontaneo e senza nessuna distinzione della sfumatura di significato tra un termine e l‟altro. A tal proposito, Gerardo Leo afferma in modo deciso che Rodari «usa denominazioni diverse; infatti ricorre indifferentemente sia al termine di favola (Favole al telefono) che a quello di fiaba (Fiabe lunghe un sorriso), ma altre volte predilige quello di novella (Novelle fatte a macchina) o di storia (Venti storie più una, Tante storie per giocare)»34. Lo scrittore sceglie, dunque, per il suo libro, il titolo di Favole, pur trattandosi di fiabe. Giovanni Genovesi fece notare che le storie incluse nel libro sono in verità fiabe vere e proprie e non favole «come erroneamente potrebbero spingere a pensare gli stessi titoli di alcune sue opere […] perché mai si tratta di racconti a tesi, anche se sempre […] traspare in essi la sua concezione 31 RODARI, Pro e contro la fiaba, cit., p. 154. ARGILLI, Ci sarà una volta , cit., p .77. 33 GENOVESI, Un mondo di fiaba, cit., p. 132. 34 LEO, Rodari e la fiaba, cit., p.75. 32 8 ideologica e politica»35. Sembra in prima battuta che si tratti di una svista o di noncuranza da parte di Rodari ma alcuni critici spiegarono l‟uso del termine “favola” in base ai contenuti dei racconti che scrisse Rodari. Se la favola tradizionale è distinta (oltre che dalla presenza di protagonisti animali) da un messaggio puramente morale che si esprime in modo diretto, questa concezione cambia nell‟ambito della letteratura per l‟infanzia moderna. Il carattere moderno dei racconti di Rodari e il loro contenuto, che si basa su temi attuali e moderni della vita dei bambini, può aver fatto si che anche le favole classiche cambiassero volto e personaggi. Rodari, forse, diede senza ritegno il titolo Favole al telefono ai suoi racconti perché era ben consapevole, come nota Carlo Marini, che le favole di oggi hanno perduto i caratteri fondamentali stabiliti da Esopo e diffusi da Fedro, dalla favolistica medioevale, rinascimentale, lafontaineana, settecentesca. La favole di oggi affrontano temi nuovi, scelgono un modo di parlare ai piccoli lettori che sia accessibile; sono, in fondo, i motivi presi dal mondo dell‟infanzia e perciò alla loro altezza. Ed anche se la morale non viene chiaramente espressa, così come fa Rodari, i giovani lettori capiscono molto bene “dove vuole arrivare lo scrittore”, l‟importanza che vuole attribuire a questo o a quest‟altro personaggio36. Nel titolo incontriamo anche il primo “segnale” di modernità, che consiste nella presenza di un oggetto (non magico come nelle fiabe classiche) moderno come il telefono. Nel titolo, infatti, Rodari unisce il classico e il moderno, quasi per dire che in quel libro il bambino, o chiunque lo legga, troverà il mondo delle favole ma in una chiave moderna, nuova, che non lo priva del piacere della lettura della fiabe e nello stesso tempo lo fa rimanere nell‟epoca moderna. Nella nota introduttiva al libro, infatti, è scritto che «Il titolo, che accosta tra loro il mondo delle fiabe e quello della tecnologia, può voler dire che l‟autore si serve di mezzi moderni per fare qualcosa di antico, ma anche il contrario»37. In questo miscuglio di classico e moderno consiste la bellezza e l‟originalità del libro. Rodari riuscì anche a conciliare questi due aspetti, il tradizionale e il moderno, in questo straordinario e inusuale incipit che diede a Favole al telefono. Il libro infatti nasce da una situazione che si può definire reale, moderna, quella di un padre tutta la settimana lontano da casa per il lavoro, che racconta per telefono alla figlia una favola ogni sera. Qui Rodari ricorre alla classica cornice tradizionale che si trova in tutte le famose raccolte di fiabe popolari, da Lemille e una notte a Lo cunto de li cunti ma, al posto della storia classica di allontanamento o di pericolo, che spinge a raccontare le fiabe della raccolta, Rodari adopera una situazione moderna, molto più vicina allo spirito dei bambini, per racchiudere tutte le favole del libro. Non ci sono principi o principesse che raccontano, è semplicemente un padre, il signor Bianchi di Varese, che su richiesta della figlia le racconta una favola al giorno. È molto significativo infatti che Rodari inizi questo “racconto-cornice” con la formula classica “c‟era una volta” per poi dare inizio alla situazione moderna cui abbiamo accennato. C‟era una volta ... il ragionier Bianchi, di Varese. Era un rappresentante di commercio e sei giorni su sette girava l‟Italia intera, a Est, a Sud, a Nord e in mezzo, vendendo medicinali. La domenica tornava a casa sua, e il lunedì mattina ripartiva. Ma prima che partisse la sua bambina gli diceva: - Mi raccomando, papà: tutte le sere una storia. 35 GENOVESI, Un mondo di fiaba, cit., pp. 128-129. C. MARINI, Immagine, fantasia e creatività, in Gianni Rodari: educazione e poesia, MARINI e MASCIA, cit. p. 65. 37 G. RODARI, Nota introduttiva, in Favole al telefono di G. Rodari, (edizione per la scuola), Einaudi, Torino, 1983 p. XI. Tutte le citazioni dalle Favole sono tratte da questa edizione per la quale useremo la sigla FT. 36 9 Perché quella bambina non poteva dormire senza una storia, e la mamma quelle che sapeva, gliele aveva già raccontate tutte anche tre volte. Cosi ogni sera, dovunque si trovasse, alle nove in punto il ragionier Bianchi Chiamava al telefono Varese e raccontava una storia alla sua bambina. Questo libro contiene appunto le storie del ragionier Bianchi. Vedrete che sono tutte un po‟ corte: per forza il ragioniere pagava il telefono di tasca sua, non poteva mica fare telefonate troppo lunghe. Solo qualche volta, se aveva concluso buoni affari, si permetteva qualche “unità” in più. Mi hanno detto che quando il signor Bianchi chiamava Varese le signorine del centralino sospendevano tutte le telefonate per ascoltare le sue storie. Sfido: alcune sono proprie belline38. I contenuti L‟aspetto più moderno delle Favole al telefono risiede senz‟altro nei contenuti. Rodari, scrittore moderno che parlava ai bambini della sua epoca, non poteva di certo ripetere i contenuti della fiaba classica che si tramandavano di epoca in epoca. È logico, quindi, che la prima e più grande differenza tra la fiaba moderna e la sua “sorella” classica si manifesti per Rodari proprio nel contenuto: Fiaba contemporanea sarà dunque quella che tenterà di inserire nella dimensione fiabesca cose, persone, problemi del nostro tempo; o che semplicemente userà il linguaggio fiabesco per parlare, con i bambini d‟oggi, delle cose d‟oggi; o che, muovendosi sulla stessa linea, tenterà di rinnovare il linguaggio fiabesco39. Sono appunto “le cose d‟oggi” che si manifestano nei racconti delle Favole al telefono e che danno al lettore la consapevolezza di leggere una fiaba che non parla del passato lontano, ma della propria situazione, della propria vita, dei problemi che lo affliggono nella vita di tutti i giorni. Di conseguenza le fiabe di Rodari «sembrano impostate esclusivamente su un registro fantastico, ma il legame con la realtà e il quotidiano è invece molto stretto»40. Il bambino allora riesce ad identificarsi molto facilmente con le fiabe di Rodari, non perché esse parlino della vita in genere, della situazione di ogni uomo sulla terra come fanno le fiabe popolari, ma perché parlano della vita che il bambino vive personalmente, di quello che gli ruota intorno in tempo reale. La fiaba rodariana non è ambientata nel passato lontano ma nel presente del suo lettore, e l‟evocativo “c‟era una volta” di Rodari sembra dunque soltanto un gioco, perché la formula non rimanda a situazioni e motivi arcaici ma attuali. Così la genialità di Rodari, secondo Roberto Denti, sta nel fatto che «inserisce e strappa il bambino dal “c‟era una volta”, dove si parla di re, regine e di maghi, al “C‟era una volta, adesso”»41. I contenuti della fiaba classica subirono, così, in Rodari un cambiamento totale. I temi più ricorrenti corrispondono alla vita “moderna”, lontani da quelli troppo astratti del “bene” e del “male” della fiaba classica. In questo modo appaiono in Favole al telefono (ma ancora più chiaramente in altre opere degli anni precedenti, quelli del primo Rodari trasgressore) temi che non si potevano trovare prima di Rodari in un libro di fiabe per i bambini. Tutto quello che è moderno, che interessa il bambino nella sua vita, dà argomento alle Favole. Temi come il lavoro, la povertà, la pace, perfino la scuola, sono la materia prima delle fiabe rodariane. A questo rinnovamento nei contenuti accenna Gerardo Leo quando parla di Rodari e la fiaba, vedendo nello scrittore un punto di partenza per la nascita della fiaba moderna in Italia: 38 Ivi, Prima pagina senza numero RODARI, Pro e contro la fiaba cit., pp. 153-154 40 S. BARSOTTI, Le storie usate, Unicopli, Milano, 2006, pp. 98-99 . 41 R. DENTI, I bambini leggono, Einaudi, Torino, 1978, p. 35. 39 10 (Rodari) dà vita ad una produzione nuova, moderna, in sintonia con interessi, bisogni e fantasie che rispecchiano una diversa concezione del bambino. Da grande favolista moderno ed in perfetta sintonia con i tempi nuovi, introduce nelle sue fiabe il mondo, gli ideali, i sentimenti delle classi lavoratrici, delle loro famiglie, dei loro bambini, ma anche temi da sempre esclusi dalle opere destinate all‟infanzia, quali quelli della pace e della guerra, della libertà e della democrazia, dei fatti di cronaca e dei problemi del mondo42. È importante specificare che il contenuto delle opere di Rodari ebbe la parte del leone negli studi che trattarono la narrativa rodariana dalla sua scomparsa ad oggi. Questo fu infatti dovuto alla grande rivoluzione che lo scrittore fece nel contenuto e che richiamò l‟attenzione della critica più degli altri aspetti linguistici e strutturali. Questo fu sottolineato dalla studiosa Giovanna Barzanò che cercò di gettare luce sulle fiabe di Rodari da un punto di vista puramente strutturale, sottoponendo una delle fiabe ad un‟analisi secondo le funzioni di Propp. La Barzanò infatti non mancò di osservare che «Rodari stesso ci aveva espresso il suo rammarico, addirittura con un pizzico di dispetto – ci era sembrato – per una critica che della sua produzione ha sempre privilegiato l‟articolazione e la connotazione ideologica dei contenuti, lasciando inesplorati i procedimenti costruttivi del testo»43. Ma ad aiutare e a favorire il processo di “modernizzazione” dei contenuti delle fiabe fu la stessa situazione sociale e politica che visse l‟Italia negli anni del dopoguerra. La caduta del fascismo segnò in questo senso una grande svolta perché i libri dei ragazzi, e soprattutto la fiaba, potevano finalmente avere una faccia nuova e parlare di temi che prima erano un tabù assoluto per chi scriveva per i ragazzi. Lo afferma lo stesso Rodari quando ammette che «è stata la spinta ideale della lotta democratica in Italia a [...] portare nel loro dialogo (tra lo scrittore e il bambino) temi che una volta dai libri per ragazzi erano esclusi: il tema della pace e della guerra, quello della libertà, le cose e i problemi del mondo di oggi»44. Perfino i temi più tradizionali della fiaba classica come l‟ingiustizia, la solidarietà ecc., subirono un cambiamento e un rinnovamento nelle fiabe di Rodari che gli dava una connotazione nuova, più “aggiornata”, più adatta allo spirito della nuova epoca grazie appunto alla nuova «ispirazione che nasceva sull‟onda portante dell‟impetuoso movimento politico e sociale della Liberazione e delle grandi lotte popolari dell‟immediato dopoguerra»45. L‟esame attento del contenuto e dei vari temi delle Favole al telefono offre molti spunti interessanti in termini di originalità e rinnovamento. Carlo Marini, basandosi su un‟attenta rassegna dei contenuti di varie opere di Rodari, sottolineò la novità di molti argomenti che trovarono per la prima volta uno spazio nelle fiabe d‟autore. Uno dei temi nuovi (moderni appunto per la sua epoca) è la lotta contro l‟ingiustizia sociale e la prepotenza. Un tema che, certamente, nei libri per l‟infanzia non poteva esistere durante l‟era fascista e di cui nessuno scrittore per i ragazzi si occupò in modo chiaro. Marini sostiene che questo tema apparve in modo molto significativo nel Romanzo di Cipollino, pubblicato nel 1951 quando Rodari fu nel pieno della sua lotta contro l‟ingiustizia sociale, ma lo stesso tema ritorna, anche se con toni più attenuati e nel contesto meraviglioso delle fiabe, nel Rodari degli anni Sessanta. Così alcune delle Favole parlano di questa tendenza alla ribellione contro le restrizioni della famiglia e della tradizione soffocante. Il giovane gambero è un gambero che si ribella alla tradizione familiare di camminare all‟indietro decidendo, testardamente e di punto in bianco, di cambiare la sua vita e camminare in avanti: 42 LEO, Rodari e la fiaba, cit., p. 75 G. BARZANò, Gioco dentro il gioco, in AA. VV., Il favoloso Gianni, cit., p. 149. 44 G. RODARI, La letteratura infantile oggi, in «Scuola e città», n.3, 1969. 45 M. ARGILLI, Favole e ideologia: Gianni Rodari, in «Didattica di riforma», n.2, 1969-1970 . 43 11 Cominciò ad esercitarsi di nascosto [...]. Urtava dappertutto, si ammaccava la corazza e si schiacciava una zampa con l‟altra. Ma un po‟ alla volta le cose andarono meglio, perché tutto si può imparare se si vuole. [...]. Il bravo gamberetto voleva bene ai suoi, ma era troppo sicuro di essere nel giusto per avere dei dubbi: abbracciò la madre, salutò il padre e i fratelli e si avviò per il mondo (FT, p. 47). Qui Rodari parla ai bambini, con una leggerezza e una semplicità eccezionali, di un tema che rispecchiava la sua ideologia, e rivolse loro un invito implicito a non accettare mai gli schemi e le tradizioni senza spirito critico. Lo sottolinea in un modo più chiaro il finale della favola: «Andrà lontano? Farò fortuna? [...] Noi non lo sappiamo, perché egli sta ancora marciando con il coraggio e la decisione del primo giorno. Possiamo solo augurargli, di tutto cuore: - Buon Viaggio» (FT, p. 48). Anche il lavoro e le classi lavoratrici rappresentano temi più importanti e moderni delle favole di Rodari, i problemi dei poveri lavoratori, la fatica, la vita che in molti casi nega loro la gioia e la comodità. E‟ molto significativo infatti che la figura dell‟operaio sia una di quelle che ricorrono di più nei libri di Rodari. La troviamo parecchie volte nelle Filastrocche in cielo e in terra, sotto la classifica generica de “I colori del mestiere”, dove appaiono appunto l‟arrotino, l‟omino della gru, lo spazzino e anche il muratore, altra figura ricorrente in molte filastrocche e fiabe. In Favole al telefono quest‟ultimo è il protagonista di due racconti, la prima è il Muratore della Valtellina che «non trovando lavoro in patria, emigrò in Germania [...]: lavorava sodo, mangiava poco, e quel che guadagnava lo metteva da parte per sposarsi. Un giorno però, mentre si stavano gettando le fondamenta di un palazzo nuovo, un ponte crollò, Mario cadde nella gettata di cemento armato, morì, e non fu possibile recuperare il corpo....» (FT, p. 109). Il Muratore venne poi sepolto nel muro e solo quando il muro crollò, colpito da una bomba durante la guerra, fu davvero morto il povero muratore. L‟altra fiaba in cui il muratore è protagonista è CaseePalazzi, che parla di un vecchio muratore ricoverato al ricovero dei vecchi che racconta di aver costruito case e palazzi in tante città del mondo, a Parigi, in America, ad Algeri, ma che alla fine tristemente sostiene che «a far le case per gli altri sono rimasto senza casa io. Sto al ricovero dei poveri, vedi? Cosi va il mondo» (FT, p. 117). Emerge qui il carattere puramente realistico delle due fiabe in cui Rodari non inserisce nessun elemento di tipo fantastico o comico, quasi volesse dire al lettore che qui non si tratta di una favola ma di una storia vera, un‟espressione della sofferenza della classe operaia e un riflesso sincero della sua vita. La guerra e la pace rientrano anch‟esse, come detto, nella categoria dei temi nuovi rielaborati da Rodari nelle sue favole. Nella fiaba intitolata La guerra delle campane, offre infatti ai bambini una nuova visione di queste due opposte realtà, una visione che mette in luce le atrocità della guerra e rappresenta un invito implicito alla pace: C‟era una volta una guerra, una grande e terribile guerra, che faceva morire molti soldati da una parte e dall‟altra […] ma la guerra era tanto lunga che a un certo punto ci venne a mancare il bronzo per i cannoni […]. Il nostro comandante [...] ordinò di tirar giù tutte le campane dai campanili e di fonderle tutte insieme per fabbricare un grossissimo cannone: uno solo, ma grosso abbastanza da vincere tutta la guerra con un sol colpo [...] anche il comandante dei nemici [...] aveva avuto l‟idea di fabbricare un cannonissimo con le campane del suo paese. [...] i soldati dei due eserciti balzavano dalle trincee, si correvano incontro, ballavano e gridavano: le campane, le campane! È festa! È scoppiata la pace! (FT, pp. 43-44). Il linguaggio 12 Si riscontra in letteratura una lacuna per ciò che attiene agli studi sul linguaggio e sulla struttura delle opere di Rodari in ragione del fatto che la critica, come detto, si interessava maggiormente al contenuto innovativo della sua produzione. Pochi infatti furono i tentativi di leggere le favole di Rodari (e le sue opere in genere) in chiave linguistica. Ma questo non può e non deve escludere l‟importanza che Rodari attribuiva al linguaggio e alla parola nella creazione delle sue opere. Tullio De Mauro, che del linguaggio di Rodari si occupò in più di un‟opera, accennò al valore del linguaggio nelle opere dello scrittore: “non c‟è dubbio, non dovrebbe esserci dubbio possibile, sul fatto che il linguaggio e le parole sono una realtà centrale nell‟opera di Gianni Rodari”46. La parola rappresentava per Rodari una delle basi fondanti del racconto. L‟importanza della parola per Rodari deriva innanzitutto dalla sua capacità creativa e dai vari significati che essa può avere e suggerire per chi la ascolta. Ne fanno fede le sue parole in Grammatica della fantasia: una parola, gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinta di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni, in un movimento che interessa l‟esperienza e la memoria, la fantasia e l‟inconscio e che è complicato dal fatto che la stessa mente non assiste passiva alla rappresentazione, ma vi interviene continuamente, per accettare e respingere, collegare, costruire e distruggere47. Da qui nasce il famoso “gioco di parole” tipico di Rodari che scorgeva nel coniugare due parole, che magari non hanno nessun rapporto o affinità diretta, l‟occasione per la nascita delle sue fiabe e le filastrocche. Rodari usava questa tecnica per dare avvio alle sue fiabe e molto spesso utilizzava le parole che i bambini, abilissimi in questa tecnica, occasionalmente mettevano insieme. Lo testimoniano i titoli di molte delle Favole al telefono che danno apparentemente l‟impressione di essere formate da un gioco di parole, come Il naso che scappa o Il paese senza punta. La critica cercò di analizzare l‟uso che Rodari fece delle singole parole mettendo l‟accento sul processo di cambiamento da queste subito nelle sue fiabe. Rodari non vedeva nelle parole il loro significato immediato, diretto e semplice, ma cercava anche di “aggirarlo”, di alterarlo in modo da carpirne altri valori e altri significati. Di questo parlò Giovanni Genovesi affermando che Rodari «si diverte e [...], conseguentemente, complica la parola, ne rende più difficile la comprensione „immediata‟ perché la disancora da puntuali riferimenti con il referente, con il significato convenzionale»48. Rodari era sempre attento ad estrapolare dalla parola tutto quello che essa poteva dare per trarne sempre nuovi valori e nuovi spunti creativi. Lo confermò anche De Mauro che attribuì a tutta l‟opera rodariana un legame molto stretto con la parola considerato che «dall‟inizio alla fine tutta l‟opera creativa di Rodari passa continuamente attraverso la sua inclinazione a scavare dentro le parole e a farne la cellula prima di un processo [...] che non è solo verbale, ma è la cellula prima del processo di invenzione creativa e artistica»49. Se cerchiamo di focalizzare l‟attenzione alle Favole al telefono possiamo senz‟altro individuare vari aspetti linguistici che la rendono un‟opera particolare, moderna, molto diversa nel linguaggio dalle fiabe tradizionali. Rodari infatti usò in molte delle sue favole un linguaggio speciale, comico, che sembra uno scherzo con i bambini e stimola il riso. Di qui deriva la grande presenza di parole o nomi buffi, strani. Rodari con questo linguaggio mostrava la sua voglia di «presentare storie e favole con un linguaggio comico, per stimolare 46 T. DE MAURO, Totò, Rodari e il professor De Mauris, in AA. VV.,Le provocazioni della fantasia, Gianni Rodari scrittore e educatore, Editori Riuniti, Roma, 1993, p. 26. 47 RODARI, Grammatica della fantasia, cit., p. 7. 48 GENOVESI, Un mondo di fiaba, cit., p. 135. 49 DE MAURO,Totò, Rodari e il professor De Mauris, cit., p. 27. 13 il riso e favorire la scarica di certe tendenze aggressive, al fine di aiutare il fanciullo a liberarsi da preoccupazioni inconsapevoli»50. Gli esempi qui possono essere tanti. Citiamo la favola Abbasso il nove in cui il numeronove fa obiezione ad una frase in cui lo scolaro lo abbassa facendo una divisione: - Il tre nel tredici sta quattro volte con l‟avanzo di uno. Scrivo quattro al quoto. Tre per quattro dodici, al tredici uni. Abbasso il nove. Ah no, - gridò a questo punto il nove... Come? – domandò lo scolaro. Tu ce l‟hai con me: perché hai gridato “abbasso il nove?” Che cosa ti ho fatto di male? Sono forse un nemico pubblico? Ma io... Ah, lo immagino bene che, avrai la scusa pronta. Ma a me non va giù lo stesso. Grida “abbasso il brodo di dadi”, “ abbasso lo sceriffo”, e magari anche “ abbasso l‟aria fritta”, ma perché proprio “ abbasso il nove”? Anche le parole dal suono strano e onomatopeico rappresentano un aspetto importante che contrassegna il linguaggio di Favole al telefono. Parole, nomi, suoni di carattere comico o comunque poco comune li possiamo trovare in varie favole. I nomi, ad esempio, hanno un valore comico e un effetto scherzoso in favole come Il signor Fallaninna che appunto «era molto delicato, ma tanto delicato che se un millepiedi camminava sul muro lui non poteva dormire per il rumore ...» (FT, p. 94), e la favola Storia del regno di Mangionia (FT, p. 40) dove i re si chiamano Mangione Terzo, Mangione Quarto, Mangione Quinto fino a Mangione Nono. Lo stesso vale anche per la presenza di molti suoni onomatopeici. L‟esempio più interessante si trova nella favola de Il topo dei Fumetti che disse: Squash! - eclamò subito sentendo odore di gatto. - Come ha detto? – bisbigliarono gli altri topi, messi in soggezione da quella strana parola. Sploom, bang, gulp! – disse il topolino, che parlava solo la lingua dei fumetti.[...] Ziip, fiish, bronk. [...] Spliit, grong, ziziziiir ( FT, p. 38). Ma l‟uso frequente di suoni particolari ed onomatopeici nelle Favole al telefono non è giustificato soltanto dalla voglia di suscitare il sorriso o creare atmosfere divertenti. La critica vide in questa tendenza uno scopo più profondo se si considera che Rodari usava la lingua, o per meglio dire la parola, come strumento efficace per creare un mondo nuovo per i bambini. Rodari con le favole non voleva inserirsi nel mondo dei bambini secondo la sua visione di scrittore, ma voleva proprio inventare un mondo tutto loro dove i grandi non possono entrare Fin dall‟inizio Rodari pone una distinzione tra mondo adulto e mondo infantile e si riferisce ad un aspetto piuttosto comune tra i bambini, quello appunto di inventarsi una lingua propria che esclude gli altri dalla comprensione, in particolare i “grandi”51. La famosa favola Brif, Bruf, Brafoffre uncaso interessante in cui il linguaggio serve a creare un mondo limitato ai bambini: 50 51 G. PIZZI, L’arte fantastica di Gianni Rodari, G.P.I, Napoli, 1984, p. 68. BARSOTTI, Le storie usate, cit., p. 12. 14 Due bambini, nella pace del cortile, giocavano a inventare una lingua speciale per poter parlare tra loro senza far capire nulla agli altri. – Brif, Braf,- disse il primo. - Braf, brof, - Rispose il secondo. E scoppiarono a ridere […] – Come sono sciocchi quei bambini, disse la signora. Ma il buon signore non era d‟accordo: - Io non trovo. (FT, p. 26). Favole al telefono è un‟opera che si inscrive a tutto tondo nell‟universo poetico di Rodari che parte dall‟osservazione della realtà, della quale rifiuta un‟accettazione acritica rivolgendo, in tal senso, un chiaro invito ai suoi lettori. Per contenuti e per linguaggio, Favole al telefono rappresenta un modello di fiaba moderna che ha conservato fino ad oggi, intatta, la sua efficacia. È un viaggio in un mondo ludicoma anche etico, nello spirito di una libera e moderna moralità che non scade mai nel moralismo. Bibliografia Opere di Gianni Rodari - G. RODARI, Manuale per inventare favole, «Paese sera», 9 febbraio, 1962, - Id., La letteratura infantile oggi, in, La letteratura infantile oggi, In « Scuola e città», n.3, 1969. 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