Rassegna stampa di domenica 22 febbraio 2015

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Rassegna stampa di domenica 22 febbraio 2015
Rassegna stampa di domenica 22 febbraio 2015
ID
Data
Quotidiani
Categoria
Ambito
2
22-feb-15
La Nazione
Urbanistica
Firenze
Castello, Unipol e Comune al ministero. Il giallo delle opere di urbanizzazione
2
22-feb-15
La Nazione
Urbanistica
Firenze
Rinascita di Firenze, paura del flop
2
22-feb-15 Corriere della Sera
Urbanistica
Firenze
Ex Lupi di Toscana: i fiorentini chiedono cinema, ortie teatro. E arrivano i droni
11
22-feb-15 Corriere della Sera
Politica
Elezioni regionali 2015. Strappo finale di Sel: corriamo da soli
11
22-feb-15 Corriere della Sera
Politica
Elezioni regionali 2015. Lega, appello di Toccafondi: “Torni insieme a noi e FI”
11
22-feb-15
Politica
Elezioni regionali 2015. No alla legge elettorale per cercare se stessa
Vanni
Massimo
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22-feb-15 Corriere della Sera
Politica
Paesaggio, Rossi scarica Marson
Bonciani
Mauro
11
22-feb-15
La Repubblica
Politica
Tra Pd e assessore accuse reciproche sul Piano del paesaggio
Vanni
Massimo
11
22-feb-15
La Repubblica
Politica
Piano del paesaggio, tra Marson e il Pd ora è scontro frontale
11
22-feb-15
La Nazione
Politica
Nuova legge elettorale Toscana. Presentato un ricorso in tribunale
1
22-feb-15
La Nazione
Dissesto
7
22-feb-15
La Nazione
Istituzioni
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22-feb-15 Corriere della Sera
11
La Repubblica
Sieci
Titolo articolo
Giornalista
Ulivelli Ilaria
U. I.
Storni Jacopo
B. M.
V. M.
Un bosco alle Sieci
Barberino & Tavarnelle verso la fusione. Tutti i servizi erogati in “comune”
Settefonti
Andrea
Politica
Boldrini accusa il premier. E' scontro
Iossa
Mariolina
22-feb-15 Corriere della Sera
Politica
Fitto lancia la sfida dei Ricostruttori: “Dentro FI trattati peggio di Renzi”
11
22-feb-15 Corriere della Sera
Politica
Ma Berlusconi (per ora) non rompe
11
22-feb-15
Il Sole 24 ore
Politica
Forza Italia all'attacco: Orlando indaghi sui pm
11
22-feb-15
Il Sole 24 ore
Politica
Nell'anno di Renzi 34 fiducie, una ogni 11 giorni
11
22-feb-15
Il Sole 24 ore
Politica
Avanti fino al traguardo, ora tocca alla riforma della Pa
Colombo
Davide
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22-feb-15 Corriere della Sera
Politica
Boschi e la Rai: sarà una riforma strutturale
Cavalli
Giovanna
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22-feb-15 Corriere della Sera
Politica
Governo Renzi un anno dopo: il consenso torna a crescere
Pagnoncelli
Nando
21
22-feb-15 Corriere della Sera
Cronaca
I geologi spariti nel paese dei terremoti
Stella Gian
Antonio
T. Al.
Di Caro Paola
Turno Roberto
Autorità di Bacino Fiume Arno - Pagina 1 24/02/2015
L'AREA DI 168 ETTARI DI CASTELLO IN QUESTI DIECI
ANNI HA VISSUTO UN'INCHIESTA, IL LUNGO SEQUESTRO,
LA LIBERAZIONE. ORA I RICORSI AL TAR. MA IL FUTURO?
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Castello Un pol
stero
Il giallo delle opere d urbani zzazìone
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C' e da realizzare subito uno scavo per la raccolta delle acque: a chi spetta?
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La convenzione siglata tra
Comune e Fondiaria nel
2005, rilascia i permessi
a costruire e impone
t'obbligo di realizzare
opere di urbanizzazione.
/Pia, / „
che ìncombe
Unipol ha fatto ricorso al Tar
contro il mancato accesso
agli atti da parte del
Comune che ha negato il
piano economico e
finanziaria presentato dalla
Fiorentina per il nuovo
stadia nell' area M ercafir.
di ILARIA ULIVELLI
UNA CONVOCAZIONE al ministero della Difesa. Si dovranno
presentare il Comune e Unipol. La
questione sul tavolo: opere di urbanizzazione dell'area di Castello. La
scuola marescialli ha bisogno di
un'opera non più rimandabile: c'è
da realizzare una fossa per la raccolta delle acque reflue, cosa che spetterebbe a Unipol.
LA SOCIETÀ che ha `ereditato'
il terreno di 168 ettari a Castello da
Fondiaria Sai, si è assunta - con il
passaggio - oltre ai diritti, alla licenza a costruire, anche gli obblighi
che ne derivano.
La convenzione siglata nel 2005 tra
Fondiaria Sai e Palazzo Vecchio,
poi approvata dal consiglio comunale, infatti oltre a rilasciare i permessi edilizi a costruire 10Omila
metri cubi tra abitazioni, uffici e
L'amministratore delegato
e direttore generale
di Unipol Carlo Cimbri
area commerciale, impone l'obbligo di realizzare opere di urbanizzazione su tutta l'area di Castello. Un
onere che Unipol, al momento,
sembrerebbe non aver recepito, eccependo il fatto di non avere ancora cominciato a costruire.
Il ministero della Difesa ha convo-
Il colosso bolognese eccepisce
di non avere ancora
cominciato a costruire
cato sia il Comune sia Unipol per
chiarire la questione. Se Unipol
non costruisce, pur avendo le licenze per farlo, è comunque obbligata
a realizzare in tutta l'area le opere
di urbanizzazione? Gli uffici legali
sono al lavoro.
La guerra delle carte bollate tra il
Comune e il colosso bancario e assi-
Unipol aveva già fatto
ricorso contro la viariante al
Pit approvata dalla Regione:
in virtù dei piani di rischio
obbligatori negli aeroporti e
dintorni la nuova pista del
Vespucci si mangia 15 ettari
dell'area di Castello.
curativo bolognese è già comunciato con il ricorso al Tar per il mancato accesso agli atti: Palazzo Vecchio ha negato a Unipol il piano
economico e finanziario stilato dalla Fiorentina per la realizzazione
del nuovo stadio nell'area Mercafir, il no del Comune è stato motivato con la tutela della società viola in
quanto si è ritenuto che tale accesso avrebbe potuto avvantaggiare
un altro soggetto privato nella procedura di appalto.
UNIPOL aveva già fatto ricorso
contro la viariante al Pit approvata
dalla Regione. Per la questione
dell'aeroporto. In virtù dei piani di
rischio obbligatori per legge negli
aeroporti e dintorni la nuova pista
si mangia almeno 15 ettari
dell'area di Castello.
Ora, un altro giallo. Sulla mancata
realizzazione delle opere di urbanizzazione. Su cui il ministero della Difesa chiede lumi.
La scuola marescialli
ALLO STUDIO L'ABBATTIMENTO DEGLI ONERI
ascita dï Firenze, paura del flop
REALISTICAMENTE c'è paura del flop. Per questo gli uffici legali stanno studiando un sistema
per abbattere gli oneri urbanistici
per quei privati che si accollano
di far rinascere gli immobili fantasma.
Il regolamento urbanistico, approvato dalla giunta, che dovrebbe
concludere il suo iter in consiglio
comunale in aprile - il primo Ruc
dopo 15 anni di stallo - è studiato
anche per rimettere in moto l'economia: il fulcro centrale del regolamento ruota sulla rigenerazione
dei grandi spazi abbandonati,
800mila metri quadrati da far rivivere. I privati che si accolleranno
di far resuscitare spazi superiori a
2.000 metri quadri dovranno dedicare il 20% della superficie a social housing, edilizia sociale: l'uni-
co modo che il Comune ha per
fronteggiare seriamente l'emergenza abitativa . Ma arriveranno i
progetti? In un momento storico
come questo c'è il rischio concreto che gli imprenditori disposti a
fare il passo non siano molti. Per
questo si sta studiando il sistema
per abbattere gli oneri urbanistici. «Siamo in una fase storica che
impone questo ragionamento spiega l'assessore all'Ubanistica
Elisabetta Meucci -. Stiamo studiando un sistema per la rimodulazione degli oneri urbanistici per
invogliare i privati a investire. Anche per salvaguardare la realizzazione del 20% di social housing.
Bisogna lavorare all'interno della
normativa, perché si corre il rischio del danno erariale».
I. U.
L'assessore
all'Urbanistica
di Palazzo Vecchio
Elisabetta Meucci
Maratona d'ascolto
Ex Lupi di Toscana:
ifiorentini chiedono
cinema, orti e teatro
E arrivano i droni
Droni sul cielo di Firenze.
Voleranno e scatteranno foto
dall'alto, che poi saranno
visibili sul sito del Comune per
tenere aggiornati i cittadini sui
cambiamenti urbanistici della
città. Ad annunciarlo,
l'assessore al Patrimonio, Titta
Meucci, durante la maratona
d'ascolto sulla riqualificazione
dell'ex caserma Lupi di
Toscana, che si è tenuta ieri
all'hotel Hilton. All'incontro
hanno partecipato più di 200
persone, che hanno voluto
esprimere critiche e proposte
sul futuro dei 32mila metri
quadri dell'area tra Firenze e
Scandicci. Sette tavoli di
discussione con cittadini da
Soffiano, Legnaia, Ponte a
Greve, Le Bagnese, Scandicci.
Su ogni tavolo la cartina della
zona, un cronometro e un
campanello per segnalare,
dopo tre minuti, la fine del
tempo a disposizione. A ogni
tavolo l'assessore competente
a tenere le fila del dibattito.
Tante le preoccupazioni
espresse: dalla durata dei
cantieri, al timore che la zona
diventi «un'altra Novoli con
pochi spazi di aggregazione».
Poi le proposte: centri di arte
contemporanea, cinema,
teatro e centri per bambini e
anziani e orti sociali. E anche
la navetta tra la Coop di Ponte
a Greve e l'ospedale Torregalli.
Il sindaco Dario Nardella era
tra i vari tavoli per captare
umori e rilievi: «Questa
iniziativa è un modo per
trasformare la critica sterile in
proposta». Poi l'annuncio: «Mi
ha chiamato il responsabile
dell'Agenzia del Demanio,
Roberto Reggi; dice che il
Demanio ha dato il via libera al
trasferimento al Comune
dell'ex caserma Lupi di
Toscana. La firma è
imminente». Presto altre due
maratone: la prima sullo sport,
la seconda su San Salvi.
Jacopo Storni
0 RIPRODUZIONE RISERVATA
Strappo finale di Sel: com*amo da soli
L'assemblea vota laro
La rottura era nell'aria, complice il sì del Pd alla fusiona
delle spa degli aeroporti di Pisa
e Firenze, il jobs act e la volontà
di fare della Toscana il suo laboratorio, la riscrittura del piano del paesaggio, ma anche le
polemiche per il Patto del Nazareno toscano con la nuova
legge elettorale regionale, e
rottura è stata. Ieri l'assemblea
regionale di Sel ha deciso di
rompere l'intesa con il Pd e con
Rossi e di andare da sola, anzi
con l'altra sinistra, alle prossime elezioni.
Alla vigilia dell'assemblea alcuni circoli di Sel avevano chiesto di rompere gli indugi e nel
dibattito questa posizione è diventata largamente maggioritaria, fino al voto finale alla
ra coi dem. <1 )al lavoro al Fit, siamo all'opposizione»
unanimità sull'ordine del gior
no che chiude al Pd renziano e
punta a sinistra, a Tiipras e alle
liste civiche come il neonato
raggruppamento «Buongiorno
Toscana» su tutte, ma anche a
Prc. Obiettivo per nuovo percorso è una sinistra alternativa,
con la legge elettorale toscana
che impone quasi una lista unica, dato che una coalizione per
entrare in Regione deve raggiungere il loi dei voti, mentre
ad una lista è sufficiente il 5%.
«Si apre per tutta la sinistra
toscana una nuova stagione
afferma il coordinatore di Sel,
Giuseppe Brogi
Non ci limiteremo a fare proposte contro
qualcuno, vogliamo una Toscana bella, operosa, giusta, solidale. Siamo pronti a mettere a
disposizione la nostra cultura
di sinistra di cambiamento e di
governo, il nostro radicamento
territoriale. Nei prossimi gior
ni, sul web e nei territori
ag
giunge
lanceremo #immaginaToscana, un percorso
aperto per idee e proposte. Vogliamo parlare all'elettorato deluso dal Pd, alle esperienze che
si richiamano a Tsipras, alle liste civiche di sinistra della nostra regione, ai gruppi e alle associazioni». «Vogliamo parlare
prima delle idee, rinunciando
ad uno sterile confronto sui
nomi», conclude a proposito
del candidato presidente da
trovare.
Il documento che ha varato
lo strappo dopo ,5 anni assieme
a Rossi spiega: «I connotati "di
sinistra" del centrosinistra progressivamente sono venuti meno per l'atteggiamento del Pd e
di Rossi, che ha scelto di abbandonare ogni tentativo di
rappresentare un modello diverso da quello del governo nazionale. La dichiarata volontà
del Pd di far diventare la Toscana la regione laboratorio del
Jobs Act ne è una conferma. A
questo si è aggiunta l'indisponibilità del gruppo dirigente
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II segretario regionale
dei Pd: «Hanno scelto
di tornare nelle braccia
di Rifondazione»
dem anche solo a verificare le
condizioni di una collaborazione con la Sinistra». Da qui la
conclusione: «Solo una Sinistra forte e autorevole può proteggere le cose buone realizzate o contrastare quelle cattive,
già verificatesi e che si annunciano». «Potevano scegliere di
comportarsi da sinistra di governo e invece hanno scelto di
tornare nelle braccia di Rifondazione
è il commento del
segretario regionale Pd, Dario
Parrini Di essere una forza di
sola protesta, che pensa solo a
dire di no a tutto, di bloccare
tutto. Sinceramente mi dispiace per loro e senza polemica gli
faccio auguri di buon lavoro».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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I
Lega, appello ' Toccafon
«Torni insieme a noi e Fi»
Gabriele
Toccafondi,
coordinatore
di Ncd
«Rinnovo un appello alla Lega
Nord affinché torni sui suoi
passi per un'all eanza del
centrodestra per le regionali in
Toscana. Il Carroccio si è
inspiegabilmente sfilato dal
percorso che stiamo facendo
da mesi con Fi con delle
motivazioni che non c'entrano
niente con le questioni
regionali». Lo ha detto il
coordinatore toscano di Ncd
Gabriele Toccafondi, parlando
con i giornalisti in merito alle
alleanze nel centrodestra per
le regionali di primavera.
«Le battaglie locali in Toscana
ci vedranno sempre dalla
stessa parte, le motivazioni
della Lega sono anche per
questo irragionevoli».
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No alla legge elettorale
per cercare se stessa
MASSIMO VANNI
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I
L TOSCANELLUM sacrifica i
principi della democrazia ed ègiustochesipronunci la Corte costituzionale».
Si apre la guerra legale alla
legge elettorale toscana. I126
gennaio è stato depositato un
ricorso al tribunale di Firenze
dell'avvocato Carlo Besostri,
già protagonista dell'abrogazione parziale del'Porcellum'.
SEGUEAPAGINAIII
Da Sel all'Anpi a Tsipras
tutti contro il Toscanellum
per cercare una via comune
Presentato ricorso in Tribunale percambiare la legge elettorale
"È un testo inaccettabile, violati i principi della democrazia"
U
N RICORSO contro la Regione Toscana,
che nel settembre 2014 ha dato vita alle nuove regole elettorali. A firmarlo,
oltre aMonica SgherridiRifondazione e Mauro Romanelli di Sel, figurano Sandra Bonsanti di'Libertà e giustizia' , Luigi Marino Remaschivicepresidente dell'Anpi diFirenze, Beatrice Bardelli del Comitato difesa della Costituzione diPisa, lostoricoPaoloBagnolie Tommaso Fattori direttore di Transform Italia.
In pratica, uno spaccato di quella sinistra
che alle regionali del prossimo maggio darà
vita, assieme alle liste civiche 'Buongiorno
Toscana' di Andrea Raspanti e alla lista Tsipras, ad un raggruppamento di tutto il mondo no-dem. Oltretutto, attraverso una lista
unica, se le soglie di sbarramento del Toscanellum non verranno abbassate. Proprio ieri
la direzione regionale di Selsi è riunita per dichiarare la fine dell'alleanza con il Pd e per rivolgersi «all'elettorato deluso dal Pd e alle
esperienze che sirichiamano aTsipras, alle liste civiche di sinistra della nostra regione».
1
Sinistra ecologia e libertà lascia
definitivamente la maggioranza
"Non c'è un modello diverso da
quello del governo nazionale"
Obiettivo dichiarato, la creazione di un'alternativa di governo di sinistra.
«I connotati di sinistra dell'alleanza sono
venutimenoperl'atteggiamento delPd e dello stesso Enrico Rossi, che ha scelto di abbandonare ogni tentativo di rappresentare un
modello originale e diverso da quello del governo nazionale », si legge nel documento ufficiale di Sel. «Mi dispiace per loro, Selpoteva
scegliere di comportarsi da sinistra di governo e invece ha scelto di tornare nelle braccia
di Rifondazione, di essere una forza esclusivamente di protesta, che pensa solo a bloccare tutto e a dire no a tutto», saluta l'ex alleato
il segretario del Pd Dario Parrini. Che adesso
si troverà però sulla testa la spada di Damocle del ricorso.
«Stiamo aspettando il giorno dell'udienza», spiegal'avvocatoPaolo Solimeno, che ha
collaborato con l'affossatore del'Porcellum'
Besostri. Arriverà forse entro aprile. E se allora il giudice riterrà che la nuova legge possaledere i diritti soggettivi degli elettori, ilricorso verrà trasmesso alla Corte costituzionale. Che non potrà pronunciarsi prima del
voto di maggio: «A quel punto però andremo
alvoto con un sistema elettorale sub-judice»,
diconoiricorrenti. Cosa c'è scritto nelle 37 pagine presentate?
Secondo l'avvocato Besostri, nel Toscanellum «è stato usato un trucco». Quale? «Quello di far credere che con questa legge i consiglieri saranno eletti con le preferenze: fumo
negli occhi perché gli eletti con la preferenza
saranno solo il 10-15% del totale dei 40 consiglieri» . Cioè al massimo sei-sette, secondoBesostri. Possibile ? In teoria sì. Perché la nuova
legge prevede le preferenze ma prevede anche un listino bloccato di tre nomi. Oltretutto
facoltativo. Così che gli elettori di un partito
che avrà il listino bloccato voteranno con un
sistema diverso rispetto a quelli di un altro
partito che non intende avvalersene ( finora
solo ilPd ha detto di non voler utilizzare). È legittimo trattare diversamente gli elettori?
«In più è bene notare che, se i nomi dei candidatisottoposti apreferenze sono scritti sulla scheda, quelli del listino bloccato no», rileva l'avvocato. Non solo: «Il bello è che non saranno neppure solo tre perché ognuno deitre
potrà candidarsi anche in due collegi». Il ricorso punta il dito anche sul premio di maggioranza, previsto dal Toscanellum: «La presenza contestuale diunasoglia di accesso con
un premio di maggioranza è irrazionale», si
legge nelricorso. Perché il premio di maggioranza è molto alto e assegnato al candidato
presidente: «L'effetto finale è che il partito
più grande si appropria di fatto delle liste più
piccole», si spiega.
«Non siamo disposti ad accettare una legge scritta da analfabeti della democrazia», dice Tommaso Fattori a nome della rete Transform Italia. « Con questa legge oggi in vigore
una lista che sfiora il 10% dei consensi è fuori
dal consiglio regionale, mentre una lista col
25% può al contrario prendere anche la maggioranza assoluta», aggiunge Fattori. Mauro
Romanelli di Sel rileva che « i rilievi contenuti nel ricorso sono gli stessi che aveva sollevato al tempo l'ufficio legislativo del consiglio
regionale , restati poi inascoltati per un atto
d'arroganzadelPd». MonicaSgherri diRifondazione comunista giudica complessivamente il Toscanellum una «controriforma
autoritaria».
0 RIPRODUZIONE RISERVATA
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Altatensione dopoil maxiemendamento dem. L'assessore: partito delmattone. Roma: pronti ancor ere alla Consulta
Paesaggio, Rossi scarica Marson
governatore: racconta
Pd grottesco, uno scivolone pericoloso. Panini: offensiva
«Anna Marson è un grande
tecnico, ma quando esprime
giudizi politici compie scivoloni pericolosi». Così il presidente della Regione, Enrico Rossi,
prende le distanze dal suo assessore nel dibattito sul maxiemendamento del Pd che riscrive il piano del paesaggio
predisposto da Marson (che ha
parlato di «partito del mattone»). Rossi chiede di evitare
polemiche. Da qui al io marzo,
quando il piano andrà un aula,
si capirà se i dem (che hanno
definito offensive le parole di
Marson) vorranno smussare
l'emendamento. Anche per evitare una sfiducia pubblica in
aula.
a pagina 5
El
Politica
L'assessore e' l a`e e l e to del Pd: torna ' partito del mattone
governatore attacca: scivolone pericoloso. Parrini: frasi offensive
Paesaggio, siluro di Rossi a Marron
Non sono piaciute al gover
natore le parole di Anna Mar
son sul maxi emendamento
del Pd sul piano del paesaggio
«mi sembra di vedere un
partito del mattone e della pietra che cerca di affermarsi»
ed Enrico Rossi ha in pratica
scaricato l'assessore all'urbanistica che pure in passato ha
sempre difeso (e che sembrava
tentato a riconfermare nella
prossima legislatura). Assieme
al governatore i vertici del Pd,
sia dentro che fuori Palazzo
Panciatichi, e a questo punto
anche la revisione di qualche
parte dell'emendamento potrebbe non bastare per convincere Marson a non prenderne
le distanze in aula, disconoscendolo a costo di essere poi
sfiduciata dalla maggioranza
chiamata al voto sul paesaggio
ilio marzo.
La partita ormai è tutta politica, va al di là delle richieste
dei cavatori e di altre categorie,
dei timori dei sindaci, e proprio le parole di Marson al Corriere della Sera
«mi sembra
di vedere un partito del mattone e della pietra che cerca di affermarsi, le elezioni regionali
vicine hanno scatenato comportamenti anomali»
hanno innescato l'accelerazione e
ridotto di molto i margini di
mediazione. «Marson è un
grande tecnico che ha dato un
contributo fondamentale sulla
svolta attuata in Toscana nelle
politiche per il governo del territorio. Ma quando esprime
giudizi politici compie scivolo
-nipercolstineaErco Rossi
Respingo con fermezza le sue dichiarazioni sul
ruolo del Pd dipinto in modo
grottesco, come un partito antiambientalista, asservito ad
interessi particolari». «Ricordo
a Marson
prosegue Rossi
che è stato grazie al contributo
del Pd che la Toscana ha potuto, prima regione in Italia, approvare una legge innovativa
che blocca il consumo di suolo.
Esasperare i toni e le polemiche è il miglior regalo che può
essere fatto a coloro che vogliono far fallire questi obiettivi.
Invito quindi a lavorare seriamente in commissione, confrontandosi con posizioni anche diverse ma legittime e ricercando soluzioni avanzate
per conciliare ambiente e lavoro». Chiaro il messaggio, anche
a Marson (che anche ieri ha incassato la solidarietà di intellettuali e associazioni ambientaliste all'attacco del maxiemendamento Pd), rafforzato
dall'ultima considerazione:
«Sono convinto che questo è il
bene della Toscana al di là delle
scaramucce politiche, calcoli
elettorali, reazioni inconsulte
che possono comprendersi se
sono momentanee. E, soprattutto, se si riprende il lavoro costruttivo per trovare le soluzioni più avanzate ai problemi».
Duro il segretario regionale
Parrini
«da Marson sono arrivate parole offensive e inaccettabili»
come anche il capogruppo in Regione, Ivan Ferracci che pure dovrà in qualche
modo smussare i toni in vista
della riunione di maggioranza
di giovedì sul Pit del paesaggio,
su cui peserà anche lo strappo
di Sel (articolo sotto, ndr).
«Trovo offensive e irrispettose
del ruolo istituzionale che ricopriamo le affermazioni Piano
del Paesaggio che, così come la
legge sull'estrazione, porteremo in Consiglio regionale il io
marzo prossimo
sottolinea
Ferrucci
Su questi provvedimenti stiamo lavorando meticolosamente, cercando un confronto con ogni parte coinvolta, valutando e approfondendo
ogni aspetto. Quando a fronte
di un percorso istituzionale e
di confronto ancora in atto si
utilizzano aggettivi come quelli
che leggo nelle dichiarazioni
dell'assessore, si esprime una
cultura che non ci appartiene.
Sarebbe più utile e opportuno
impiegare il tempo portando
contributi al lavoro nelle commissioni».
Marson ieri ha evitato qualsiasi commento, mentre i suoi
tecnici stanno studiando con
attenzione il testo del Pd, domani scade il termine per presentare gli emendamenti in
commissione e l'opposizione
di centro destra, con Forza Italia in prima fila, si prepara a dare battaglia al Pit secondo il
proprio punto di vista, contrario a quello di Marson (che in
aula dovrebbe illustrare il provvedimento che segue da tempo) su molti punti e coincidente quasi con quello del Pd su altri. Proprio perché la posta in
gioco è politica però il Pd non
potrà contare sul sì di Fi e delle
opposizioni e da qui al io marzo si proverà forse a ritoccare il
testo, anche se sulle cave la par
tita è data per persa dagli ambientalisti. Di certo Rossi, anche ieri, non ha parlato ad Anna Marson ed il primo faccia a
faccia potrebbe esserci nella
giunta di domani. Un confronto importante per capire cosa
farà l'assessore nei prossimi
giorni e se dopo lo strappo
Rossi cercherà una ricucitura
per evitare la resa dei conti
pubblica in aula.
Mauro onciani
Rossi
È un grande
tecnico, ma
respingo
le sue
parole con
fermezza:
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non sono
asserviti
a interessi
particolari
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Mancanza
di rispetto
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il confronto,
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Tra Pd e assessore
accuse reciproche
sul Piano paesaggio
Ma n evoca il "partito del cemento", subito insorge
il segretario Panini: "I nostri sindaci sanno cosa fare"
Rossi nel mezzo: "I giudizi di Anna pericolosi scivoloni"
PIANO paesaggistico, è scontro totaletrai l Pd e l' as ses sorgi re gionale all'urbanisticaAnna Marsonche due
giorni fa al "Corriere " dice di essere pronta a dimettersi se il piano
del paesaggio verrà stravolto come
hanno in mente i Democratici: «Mi
sembra di vedere un partito del
mattone e della pietra». Il governatore Enrico Rossi la stoppa: «Marson è ungrande tecnico ma quando
esprime giudizi politici compie scivoloni pericolosi ». Il Pd è fermamente intenzionato a modificare
le direttive del Piano paesaggistico
a firma Marson: «Va benissimo la
tutela ma dobbiamo declinarla con
il lavoro ». E il segretario regionale
Panini: «I nostri sindaci sanno coniugare tutela e sviluppo».
SERVIZI A PAGINA II
Ambiente o impresa? E il percorso di Rossi diventa a ostacoli
MASS9M0 @fAN N 9
ERA già accaduto per l'agricoltura, sei mesi fa. Allora però furono
i produttori di vino e le associazioni degli agricoltori a sollevarsi
contro una tutela ridotta a «vincolismo», si disse allora, dell'assessore e docente d'urbanistica
Marson. Pezzi del Pd, e della stessa giunta regionale come l'assessore Gianni Salvadori, appoggiarono la rivolta. Che fini con il governatore Enrico Rossi in visita a
domicilio dai Frescobaldi e la sua
intimazione a correggere lo stile
«troppo accademico» dell'assessore. Stavolta tutto cambia. Non
è più solo la riedizione dello scontro su un terreno diverso e più largo.
Stavolta, è lo stesso Pd a guidare la rivolta, il partito di maggioranza che sostiene Rossi e i suoi
assessori. Il partito del premier
Matteo Renzi che proprio a metà
dello scorso agosto ha ricandidato a sorpresa il governatore Enrico Rossi. E che nel mese successivo approva lo 'Sblocca Italia', subito messo nel mirino dalla'sinistra riflessiva' come un inno alle
mani libere, alla «deregulation
selvaggia», scrisse allora proprio
su Repubblica' Salvatore Settis.
Portando ad esempio la Toscana:
«Per governare il territorio la soluzione di legge non è la deregulation ma il piano paesaggistico
coordinato fra Regioni e Ministero, come quello varato in luglio
dalla Regione Toscana - scrisse
Settis-ma nulla fa credere che il
governo intenda dar corso a que-
sta co-pianificazione».
Aprire il fuoco contro il Piano
Marson vuol dire cedere alla deregulation? Sovvertire la gerarchia tra interesse pubblico e privato? I timori per lo 'Sblocca Italia' sembrano oggi trasferiti sul
Piano paesaggistico. O meglio
sulla versione rivista e corretta
del Pd che rischierebbe di diventare una sorta di 'Sblocca Toscana'. E qui che Marson incontra la
sinistra del bene e dell'interesse
pubblico: non solo quella di Sel toscana, che proprio ieri ha sancito
l'addio all'alleanza con il Pd renziano, ma quella di Settis e delle
associazioni ambientaliste, dal
WwfaltaliaNostraealFai. «IlPiano può essere migliorato ma non
stravolto», avvertel'exldvMarco
Manneschi, la stessa area di provenienza di Marson. Aggiungendo: «Non credo che l'assessore
Marson intendesse definire il Pd
come il partito del mattone. Il Piano paesaggistico è stato adottato
con il voto del Pd e gli emendamenti, non concordati in maggioranza, saranno esaminati come
sempre con spirito costruttivo».
Maunacosasonoivincoli, altra
sono l'apertura delle maglie e le
decisioni lasciate ai Comuni. Come chiede un Pd renziano quanto
mai compatto: «Ambiente e lavoro», insiste il segretario Parrini.
«Noi siamo per una Toscana dinamica che tuteli il paesaggio ma
che non si riduca ad un giardino.
Noi siamo per una Toscana dinamica che sappia produrre qualità
e che tuteli il suo bene prezioso
che è il paesaggio. Lo abbiamo
fatto in questi anni quando la
Marson non c'era, lo faremo anche in futuro», è il post su Fb del
parlamentare europeo Nicola
Danti. Letto e sottoscritto dallo
stato maggiore renziano.
Diversamente da sei mesi fa,
quando le polemiche invasero
per lo più i vigneti, lo spazio perla
mediazione appare stavolta molto più stretto. Che farà il governatore incoronato per il bis dal pre-
mier-segretario? Pur richiamandola, Rossi riconosce a Marson il
contributo fondamentale offerto
«sulla svolta nelle politiche per il
governo del territorio». Riconosce che proprio attorno all'idea di
tutela la Toscana ha saputo costruire un nuovo modello di governo del territorio. Non è un caso, in fondo, se di fronte agli attacchi ripetuti che sono arrivati
in questi anni, Rossi ha sempre
difeso la sua assessora. La tutela
non può essere ridotta ad 'ancellá dello sviluppo e delle ragioni
economiche: le mani libere sulle
Apuane sarebbero l'annuncio
della catastrofe ambientale. Tanto più che il ministero dei beni culturalinonaccetterebbeun inversione di rotta: il modello toscano
indicato da Settis non esisterebbe più.
D'altra parte si possono ingessare le Apuane, tanto per restare
al nocciolo dello scontro, e cancellare il futuro dell'industria del
marmo che fa parte della storia e
dell' economia di questa regione?
«Ambiente e lavoro» è il refrain
del Pd renziano. Che diversamente da Marson non vede e non
fissa per via normativa nessuna
gerarchia concettuale tra la tutela e l'impresa.
Rossi però può sposare la linea
del Pd renziano che rimette sullo
stesso piano delle ragioni ambientali quelle dell'impresa? Può
mettersi sull a linea dello' Sblocc a
Toscana'? Il governatore deve al
premier il via libera del suo secondo mandato. E più volte in tanti mesi, al di là dei richiami al comunismo di Berlinguer o delle citazioni del giovane Marx (lo ha
fatto appena due giorni fa per dire che l'uomo è artefice dei lavoro
e della bellezza del paesaggio), è
stato sospettato di cedere troppo
al renzismo. Di aver rinunciato alla critica da sinistra e di assecondare le scelte del governo. Anche
nel caso della sanità, gli è stato
rinfacciato dall'ormai ex alleato
Sel, per aver accettato senza opporsi i tagli del governo e dando
vita di conseguenza ad una organizzazione del sistema toscano
con l'unico scopo di ridurre laspesa.
Rossi si trova oggi stretto tra la
linea del Pd renziano e la sua personale necessità, proprio ora che
dovrà presentarsi di nuovo a tutti i toscani, di rivendicare unapropria identità politica. Stretto tra
la tutela e i vincoli di Marson e le
ragioni economiche energicamente sventolate dal Pd. E per attestareil 'rossismá saràcostretto a salire e a scendere per ogni
crinale alpino. Un percorso aostacoli.
0 RIPRODUZIONE RISERVATA
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scontro
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L'assessore evocaunpartitodel "mattoneedellapietra"
Ii governatore: "I suoi giudizi politici sono scivoioni"
PiANo paesaggistico, tra tutela e deregulation il governatore
Enrico Rossi sceglie per il momento di prendersela con la
propria assessore. «Anna Marson è un grande tecnico che ha
dato un contributo fondamentale sulla svolta attuata in
Toscana nelle politiche per il governo del territorio - dice
Rossi -ma quando esprime giudizi politici
compie scivoloni pericolosi». Nel mirino del
governatore, le parole sul Pd affidate dalla
sua responsabile urbanistica al'Corriere':
«Mi sembra di vedere un partito del
mattone e della pietra».
È il momento dello scontro frontale, del
conflitto più acceso tra l'assessore Marson e
un Pd fermamente intenzionato a modificare le direttive del
Piano paesaggistico. Tra la paladina della tutela e coloro che
teorizzano un tutela coniugata con le ragioni dell'impresa.
«Vogliamo continuare ad aprire nuove cave, scavare in zone
vergini, costruire piscine vicino alle spiagge?», chiede
Marson. Infuriata a pronta a dimettersi qualora il Piano
paesaggistico che porta la sua firma e anche quella del
ministero dei beni culturali (le mappe sono frutto di una copianificazione) dovesse essere stravolto. «Va benissimo la
tutela ma dobbiamo coniugarla con il lavoro», ribatte invece
il Pd, che in commissione ambiente ha messo sul tavolo un
testo piuttosto diverso da quello di Marson. Prima con
Ardelio Pellegrinotti della commissione ambiente regionale.
Poi con lo stesso segretario toscano Dario Parrini che, dopo
aver definito «irricevibili» le parole dell'assessore, rivendica
«una classe dirigente di sindaci che sa bene come tutelare il
proprio territorio e coniugarlo con il lavoro». Della serie,
lezioni da Marson non ne prendiamo.
Se davvero il presidente Rossi vuole portare il fondo il Piano
paesaggistico, prima di dedicarsi alla campagna elettorale,
dovrà mediare a lungo. «Ricordo a Marson che è stato grazie
al contributo del Pd che la Toscana ha potuto, prima regione
in Italia, approvare una legge innovativa che blocca il
consumo di suolo per nuove edificazioni. Ora si tratta di
chiudere la legislatura con il lavoro straordinario che è stato
fatto sul Piano del paesaggio e con la nuova legge sulle cave».
Aggiunge quindi il governatore, parlando lo stesso
linguaggio del Pd: «Esasperare i toni e le polemiche è il
miglior regalo che può essere fatto a coloro che vogliono far
fallire questi obiettivi. Invito quindi a lavorare seriamente in
commissione, confrontandosi con posizioni anche diverse
ma legittime e ricercando soluzioni avanzate per conciliare
ambiente e lavoro». Perché il governatore non intende
mollare l'obiettivo: «Mi adopererò con impegno ed energia
per chiudere con l'approvazione di questi impegni».
(-.v.)
CI RIPRODUZIONE RISERVATA
Nuova Legge etettorate toscana
Presentato un ricorso in tribunale
E STATO presentato it
ricorso at tribunate contro ta
tegge etettorate Toscana. I
ricorrenti, tra cui i consigtieri
regionali di Rifondazione
Comunista, Monica Sgherri,
Mauro Romanetti di Set e
Paolo Marini di Comunisti
Italiani non hanno dubbi e
denunciano: «La nuova
tegge etettorate sacrifica i
principi fondamentali detta
democrazia. Atta faccia dette
dichiarazioni di ritorno atte
preferenze, metà det
Consigtio sarà composto di
nominati, con ta previsione
det tistino che eteggerà i
'privilegiati', che per liste più
piccate rischiano di essere
gli unici. Insomma una vera
e propria beffa per
quett'etettore che crede di
esercitare it proprio diritto di
scelta attraverso ta
preferenza, quando invece i
primi etetti saranno i
candidati a presidente o gli
inseriti net tistino». «Le
pecche di questa tegge
etettorate sono tante spiega t'avvocato Petice
Besostri -: tistino facottativo
e nascosto agii etettori, con
retativi nominati e i primi ad
essere etetti, soglie di
sbarramento pturime,
premio di maggioranza
sproporzionato e assegnato
at candidato presidente, con
it partito più grande che si
appropria di fatto dei voti
dette tiste più piccote».
Maurizio Costanzo
ARNO
«Un bosco
atte Sieci»
Mi ricordo di aver letto poco tempo fa un vostro servizio (che poi si è
rivelato risolutivo) sulle sterpaglie
e i rami presenti nel letto del fiume
all'altezza delle Sieci .
Volevo segnalarvi che pochi metri
prima, all'altezza della ditta di mobilio, la situazione è nettamente
più tragica: il letto del fiume è diventato un bosco a tutti gli effetti,
sono presenti numeri alberi, senza
contare gli alberi gia caduti che
avra portato il fiume nel suo corso.
Lorenzo Pratesi
Barberino ° Tavamelle verso la fusione
ï i servizi erogali n "Comune"
Nuovo importante documento
1 da i due si va£ zei due consigli
di ANDREA SETTEFONTI
SEMPRE più fusione tra i comuni di Barberino e Tavarnelle.
Con il protocollo di intesa approvato per integrare la quasi totalità
dei servizi erogati dai Comuni, di
fatto manca soltanto l'ultima parola, attraverso il referendum, dei
12mila cittadini che abitano il territorio. Poi, dopo 150 di divorzio,
Barberino e Tavamelle potranno
tornare sotto un'unica entità amministrativa. Intanto è fusione
amministrativa.
Gli uffici comunali, condivisi e
messi in rete da una politica di ra-
Il passa gg io fondamentale
sarà il prossi mo referend um
fra i 12 ila cittadini
zionalizzazione, economicità ed
efficienza portata avanti dal 2005,
andranno a gestire in forma unitaria la quasi totalità dei servizi erogati attraverso il passaggio delle
funzioni all'Unione comunale.
Un passo significativo compiuto
dai sindaci Giacomo Trentanovi
e David Baroncelli che, a soli nove mesi dall'inizio del loro primo
mandato, si fanno promotori di
un percorso politico-amministrativo che va oltre gli obblighi di legge.
«Con le ultime nove funzioni conferite all'Unione - spiegano i sin-
daci Giacomo Trentanovi e David Baroncelli - alcuni servizi fondamentali come l'edilizia scolastica, che rientra nel più ampio settore dei Lavori pubblici, rischiavano di essere gestiti in forma frammentaria, abbiamo deciso di fondere le nostre strutture amministrative perché riteniamo che questa azione favorisca le logiche di
razionalizzazione sul piano organizzativo ed economico».
Barberino e Tavarnelle sono stati
tra i primi in Toscana a intraprendere una sinergia politico-amministrativa così intensa. Il viaggio
in tandem iniziò nel 2005. Da allora a oggi sono oltre 3 i milioni di
euro assegnati all'Unione per istituire nuovi servizi e realizzare rile-
vanti investimenti soprattutto nel
settore dell'edilizia scolastica.
L'Unione è stata importante anche in termini di risparmio con riduzione delle spese per circa
250mila euro per polizia municipale, trasporto scolastico, cultura
e ufficio stampa. Sul fronte sociale i Comuni hanno potuto potenziare il settore a parità di spesa
mettendo in campo un terzo assistente sociale.
L'Unione nasce ufficialmente
nell'estate del 2010 con l'approvazione
dell'atto
costitutivo
dell'Unione Comunale del Chianti Fiorentino Barberino e Tavarnelle e si estende nel 2012 con l'ingresso di San Casciano e pochi
giorni fa con quello di Greve in
Chianti.
Doidrim accusa n prermer E scontro
.
Jobs act nel mirino. La presidente della Camera: no all'uomo solo al comando, credo nei sindacati
Serracchiani replica: spiace che non ci sia terzietà. Ma anche la minoranza è critica: deriva plebiscitaria
ROMA Non se l'aspettava proprio, Matteo Renzi, a inizio
weekend e dopo la giornata per
lui «storica» dell'approvazione
del Jobs act, la critica senza ammortizzatori della presidente
della Camera Laura Boldrini. E
invece è arrivata, tanto inattesa
quanto severa. «Io credo nei
ruoli intermedi, associazioni,
sindacati. L'idea di avere un uomo solo al potere contro tutti e
in barba a tutto a me non piace,
non rispetta l'idea di democrazia», ha detto la Boldrini a un
convegno ad Ancona di Agrinsieme. La presidente della Camera ha anche sottolineato
quanto sia stato inopportuno
aver ignorato alcuni pareri
«non favorevoli» delle commissioni di Camera e Senato,
nel percorso del Jobs act. Sarebbe stato meglio, ha detto
perché fosse chiaro, tenere
quei pareri «nel dovuto conto».
Con le critiche arrivate dall'assemblea nazionale di Sinistradem («da Renzi schiaffi alla
minoranza Pd, rischio di deriva
plebiscitaria»), il premier sapeva già di dover fare i conti.
Ma la mazzata della Boldrini
non era prevista. E allora replica il governo, lo fa attraverso le
parole di Debora Serracchiani,
che è vicesegretario del Pd. E
sono parole condivise da premier, governo e maggioranza
pd. La Boldrini avrebbe «travalicato» il suo ruolo. «Spiace
che la presidente della Camera,
L'assemblea
I deputati della
minoranza pd
Gianni Cuperlo,
53 anni, e
Stefano
Fassina, 48
anni, ieri a
Roma durante
l'assemblea
nazionale della
associazione
Sinistradem
(Foto Simona
Granati)
che ricopre un ruolo terzo, di
garanzia, si pronunci in questo
modo sulle riforme del gover
no, sapendo bene che il parere
delle Commissioni non è vincolante
ha detto la Serracchiani . Quanto all'uomo solo al comando, ricordo sommessamente che il Pd è una
squadra di donne e di uomini,
che portano avanti un lavoro di
gruppo, uno sforzo comune,
un'idea di futuro insieme».
La Boldrini non deve averlo
visto questo «gruppo». Come
non l'hanno visto i dem. Gianni
Cuperlo: «Non è stata affatto
una giornata storica. Non lo è
stata se guardi le cose con gli
occhi dei lavoratori che sento
no di aver perso qualcosa, della
loro storia e dignità».
Stefano Fassina: «Siamo tor-
partito». Quanto al decreto Poletti, interviene Pippo Civati, il
contratto a tempo determinato
«libero e a gogò, gode di buona
salute e non viene toccato neanche un po'» dalla riforma. In
più, «il decreto sulle liberalizzazioni
dice Civati
è un
"minibersani", un tovagliolo al
posto di una lenzuolata, quanto al Jobs act è il provvedimento
che la destra aspettava da anni.
Meno di Bersani, più di Berlu
sconi. Infatti la destra oggi festeggia».
La terza carica dello
Stato: è inopportuno
aver ignorato i pareri
delle Commissioni
nati agli anni Cinquanta. La
propaganda di Renzi prende in
giro i precari e procura un danCi va giù pesante anche Alno ai lavoratori», anzi per dirla fredo D'Attorre: «Eravamo par
meglio, quella del governo è titi con un Jobs act che doveva
stata una «straordinaria opera- introdurre un unico contratto
zione propagandistica». Per- d'ingresso con il quale dopo alché? «Rimangono sostanzial- cuni anni il lavoratore avrebbe
mente invariati i contratti pre- ottenuto tutela piena. Siamo
cari, la sbandierata rottamazio- arrivati alla cancellazione della
ne del co.co.co. è avvenuta da tutela piena prevista dall'artianni mentre i co.co.pro. di fat- colo 18 e ci siamo tenuti la strato restano. Ammortizzatori so- grande maggioranza di tutte le
ciali e indennità di maternità forme di precariato».
Così la Cgil, su Twitter: «La
non vengono estese, insomma,
il vero scopo di questa riforma precarietà aumenta, non dimiera cancellare la possibilità di nuisce. ttsoloAmmuina #nonreintegro per i licenziamenti cambiaverso».
senza motivo». La conclusione
Mariolina tossa
di Fassina è amarissima: «Sono
preoccupato per la democrazia
del nostro Paese e per il nostro
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Le critiche
Già durante
la discussione
in Senato, dove
il ddl delega sul
lavoro viene
approvato ad
ottobre, la
sinistra dem
critica il Jobs
act, soprattutto
gli interventi
sull'articolo
18ei
licenziamenti
collettivi. Dopo
l'apertura di
Renzi ad alcune
proposte di
modifica, la
minoranza pd
si divide
La parte
vicina a
Speranza e
Orlando è più
dialogante: e
alla fine vota il
testo. Il sì «per
responsabilità»
arriva anche da
Bersani
Contro si
schierano
invece più di 30
deputati dem,
che non votano
la legge delega
(che passa
comunque).
Tra questi,
esponenti della
sinistra, come
Cuperlo e
D'Attorre, altri
vicini a Civati
(che evoca la
scissione)
e tiratori
«liberi» come
Fassina e Bindi
Venerdì,
dopo che il
Consiglio dei
ministri ha
varato gli ultimi
decreti attuativi
del Jobs act e il
premier Matteo
Renzi ha
esultato («Ho
rottamato
articolo 18 e
precari»), la
minoranza pd
ha attaccato
con Fassina:
«Si torna agli
anni 50, è tutta
propaganda,
sarà contenta
la troika». Ieri,
l'assemblea di
Sinistradem ha
denunciato «gli
schiaffi» dati
da Renzi alla
minoranza del
Pd e il «rischio
di deriva
plebiscitaria»
Fitto lancia la sfida dei Ricostruttori
«Dentro FI trattati peggio di Renzï»
L'ex governatore e il paragone con Fini: non sto facendo cadere un governo di centrodestra
ROMA «Noi stavamo, stiamo e
staremo dentro Forza Italia».
Raffaele Fitto non rompe ma,
lanciando la sua convention romana, la prima di una serie sul
territorio, l'ex governatore pugliese sancisce anche la nascita
ufficiale della sua corrente, dichiaratamente anti Nazareno e
fortemente critica con Silvio
Berlusconi.
I «ricostruttori», così si definiscono, chiamano a raccolta
un migliaio di persone (molte
dalla Puglia di Fitto). Una sorta
di prova di forza per far vedere
a Berlusconi che una parte del
partito è con lui. Fitto è solo sul
palco dell'Auditorium Massimo e viene accolto con un
grande applauso dalla platea,
piena. Si comincia con l'inno
d'Italia e un omaggio ai marò. E
poi si passa direttamente alla
politica. Il chiarimento preliminare, per evitare accuse, è
d'obbligo: «Noi non siamo
contro nessuno. Siamo qui per
guardare avanti, al futuro, a un
nuovo centrodestra». Ma dopo
la premessa, arrivano le frecciate contro la classe dirigente
che ha portato Forza Italia a
scelte «imbarazzanti» e a un
innalzamento della tensione
che lo ha molto «deluso»:
«Non sono qui per lanciare invettive contro Berlusconi. Mi è
molto dispiaciuto leggere certe
cose sui giornali. Non si danno
15 giorni di tempo per decidere
se uscire dal partito. E comunque la lettera di licenziamento
non è arrivata». E arrivato, invece, il commissariamento del-
la Puglia: «Sono molto dispiaciuto. Sono piovute dal partito
in un solo giorno più dichiarazioni contro di noi, che in tutto
l'anno contro Renzi». Effetto
del patto «scellerato» del Nazareno e del dietrofront: «Forza
Italia, un partito di opposizione, ha iniziato un suo percorso
andando a braccetto con questo governo, non facendo opposizione. Qualche mese fa si è
teorizzato addirittura il partito
unico, che dovevamo stare con
Renzi tutti insieme allegramente. Prima si è scelto di stare
con il Nazareno, senza sì e senza ma, e poi quando Renzi ci ha
dato il benservito, non si è ammesso l'errore. L'unico atto
Non
si danno
15 giorni
di tempo
per
decidere
se uscire
dal partito.
Comunque
la lettera
di licenziamento non
è arrivata
messo in campo dal partito è
stato prendersela con noi».
Con il commissariamento e la
minaccia di non presentare fittiani alle imminenti elezioni:
«Sarebbe mortificante, un autogol clamoroso escludere i fittiani dalle liste regionali».
La prospettiva di Fitto è
un'altra, come spiega, non senza un riferimento implicito a
Fini: «Non stiamo facendo cadere un governo di centrodestra, come è stato nel 2011. Noi
chiediamo che Berlusconi non
lasci il campo alla Lega e a Matteo Salvini».
L'analisi di un anno di Forza
Italia è dura: «Non siamo contro le riforme. Ma il partito ha
commesso l'errore di votare
una riforma costituzionale che
trasforma il Senato in un dopolavoro per consiglieri regionali.
Non ce _®_ ®_
L'eurodeputato critica il
patto dei Nazareno ma
dice: «Stavamo, stiamo
e staremo nel partito»
E ha commesso l'errore di votare una legge elettorale che si
propone di eliminare Forza Italia». Appoggiare legge elettorale e riforme istituzionali è
stato «un suicidio».
In prima fila ci sono alcuni
dei 40 parlamentari che sostengono Fitto: Daniele Capezzone, Saverio Romano, Maurizio Bianconi, Cinzia Bonfrisco,
Luigi D'Ambrosio, Francesco
Paolo Sisto. Fitto alterna video,
che fanno fatica a partire, al discorso alla platea. Lancia slogan: «Abbiamo avuto il grande
torto di avere ragione». Segnali
a uso interno: «Noi conosciamo la differenza tra fedeltà e lealtà». E rivendica la necessità di
tornare a parlare di «contenu
ti», avendo come priorità il tema della sicurezza.
Al. T.
DI
RICOSTRUTTORI
opo i rottamatori, i ricostruttori.
In retorica, in effetti, la pars
construens viene dopo quella
destruens. Ma qui il caso è diverso.
Non pensate al rottamatore. Perché quella
fu una definizione assegnata e non scelta:
Renzi aveva parlato di rottamazione, ma
l'epiteto lo coniarono i giornalisti. E poi
rottamatore era una parola nuova, che nei
dizionari non c'era. Mentre ricostruttore è
usata fin dall'Ottocento, sia come nome sia
come aggettivo. E associata
in politica
all'idea di restaurazione. «L'assolutismo, a
cui falliva il genio costruttore originale, non
possedeva nemmeno tale forza reazionaria
ricostruttrice da sopraffare gli ordini
liberali» scriveva Benedetto Croce. Non
pensate al rottamatore, perché ricostruire
non è il contrario di rottamare, verbo che
implica un cambio positivo: ti do indietro
una cosa vecchia e tu me ne dai una nuova,
migliore. Non pensate al rottamatore, si
saranno detti, perché noi vogliamo fare
come lui, ma al tempo stesso essere gli
anti-Pd (siamo uguali, ma siamo diversi).
Rifondazione non si poteva usare: roba da
comunisti; ma parlare di ricostruzione fa
passare comunque l'idea di un partito
ridotto in macerie. E allora: ricostruttori
sia, ma non pensate al rottamatore.
(Chiudete un attimo gli occhi: a chi state
pensando?).
* Storico della Lingua
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A Roma Raffaele Fitto, 45 anni, ieri durante la convention dei «Ricostruttori»
(foto Luigi Mistru«i)
Ma Berlusconï (per ora) non rompe
Il leader, preoccupato dal pressing dei pm milanesi, punta a ricompattare il pa 'to
Toliperò accusa: l'ex ' 'slro è gal.l.opardo, sa solo perdere. Stoccale anche a S v'
ROMA Almeno «per il momento», Silvio Berlusconi non ha in
animo di mettere in atto la sua
minaccia, quella di sospendere
o addirittura espellere Raffaele
Fitto e i suoi dal partito. La pazienza è agli sgoccioli, sia chiaro, e la corda può spezzarsi da
un momento all'altro. Ma oggi,
oltre a ostacoli pratici e difficoltà statutarie, a sconsigliare
la soluzione drastica ci sono
più fattori.
Il primo è che, nonostante
l'ira che gli suscitano le uscite e
le parole dell'ex governatore, il
leader di FI vorrebbe davvero
vedere il suo partito unito, non
dilaniato da lotte intestine. Se
fosse possibile
dicono i suoi
fedelissimi
ancora oggi sarebbe pronto a riaccogliere nel
ristretto gruppo di vertice azzurro il ribelle al quale, da mesi, continua a offrire cariche di
responsabilità.
In ogni caso, un atto di rottu
ra rischierebbe di guastare ancor di più l'immagine di un
partito che appare diviso e rissoso, quindi meglio lasciare ai
suoi l'onere di replicare brutalmente, come fa Giovanni Toti
quando avverte che non si accetteranno «lezioni su come
vincere da chi in questi anni ha
perso tutto quel che si poteva
perdere. Regione, capoluogo...
E in una terra tendenzialmente
di centrodestra» né sul rinnovamento della politica da chi
«nella sua regione non ha mai
rinnovato nulla e da chi, occupando poltrone da decenni, ha
fatto della politica un mestiere», rivelandosi un «gattopar
do». E comunque, a far capire a
Fitto che sarà guerra, ci pensa il
neo coordinatore della Puglia
Vitali che
dopo aver definito
«offensivo» il video proiettato
alla convention di Fitto in cui si
mostrano le risatine fra Merkel
e Sarkozy e poi essersi scusato
per averne equivocato il senso
avverte come le prossime
candidature non si faranno sulla «fedeltà a questa o quella
corrente» ma sulla «meritocrazia».
Ma a sconsigliare gesti definitivi
peraltro dopo una
convention in cui i toni di Fitto
sono stati comunque meno virulenti dei giorni scorsi , c'è
soprattutto la considerazione
che, in questo momento, i problemi veri sono altri. Perché
quello che angustia Berlusconi
è soprattutto il nuovo «assalto»
dei giudici di Milano contro di
lui.
Dopo giorni di silenzio, a difenderlo dagli sviluppi e le indiscrezioni dell'inchiesta Ruby
ter che si susseguono senza
tregua, è un folto gruppo di dirigenti e big del partito
da
Fontana ad Abrignani, dalla
Santelli alla Polverini, dalla
Prestigiacomo a D'Alessandro
che «sottoscrive»
che in una
nota denunciano come non appena Berlusconi abbia «annunciato la ripresa della sua attività
politica» la Procura di Milano
ha «posto in essere un'intensa
attività per impedirglielo e, fatto ancora più grave, per incidere sull'imminente decisione
della Corte di cassazione» sul
processo Ruby. Alla denuncia,
_ __ ~__ L_=~ _ -- atì
I big azzurri in campo:
il ministero di Giustizia
verifichi cosa accade
nell'inchiesta Ruby-ter
fa seguito la richiesta al ministro della Giustizia e al Parlamento di «farsi carico di un'immediata verifica di quanto sta
accadendo».
Il passaggio è delicatissimo,
come lo è quello sulle alleanze,
che riguarda il futuro del centrodestra. Con la Lega le distanze sembrano aumentare, e
ieri in una manifestazione a
Bergamo Toti, Romani e Gelmini hanno puntato il dito proprio contro Salvini, come dice
la coordinatrice lombarda
«bravo ad andare in tivù, certo,
ma qui si tratta di governare e
non può farlo un partito lepenista all'italiana...». La sfida insomma non è né deve essere all'interno del partito, ma va
semmai respinta l'opa ostile
sull'elettorato azzurro che il
leader della Lega ha già lanciato. Pericolosissima, nella debolezza di una Forza Italia divisa e
con il leader ancora una volta a
rischio sul versante giudiziario.
Paola DI Caro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nel partito
Lo scontro in
Forza Italia, che
vede su fronti
opposti Fitto e
Berlusconi, è
incentrato sulla
richiesta dell'ex
governatore
pugliese di
rivoluzionare il
partito: dalla
necessità di
trasparenza su
nomine e
decisioni a una
nuova classe
dirigente
legittimata
dagli elettori,
dalla richiesta
di primarie alla
rivendicazione
di un vero ruolo
di opposizione
al governo
Un recente
fronte di
scontro, in
attesa che si
definiscano i
rapporti di
Forza Italia con
il governo interrotti dopo
la rottura del
patto del
Nazareno e
l'Aventino sulle
riforme - sono
gli accordi e le
alleanze per le
Regionali
Berlusconi
ha rimosso da
coordinatore
della Puglia
Francesco
Amoruso
(vicino a Fitto),
che dovrà
occuparsi di
coordinare le
Regioni del
Sud, e al suo
posto ha
nominato l'ex
sottosegretario
Luigi Vitali. Una
scelta che Fitto
ha contestato
Ieri a Roma
Fitto ha
lanciato la
convention dei
«Ricostruttori»,
la prima di una
serie di
assemblea sul
territorio con
cui il deputato
Ue lancia la
sfida di
cambiamento
a FI e
ufficializza la
nascita della
sua corrente
A Bergamo
II deputato Ue
e consigliere
politico di FI
Giovanni Toti,
46 anni, ieri
alla convention
regionale
del partito (foto
Sergio Agazzi)
I parlamentari: «Vogliono bloccare Berlusconi»
Forza Italia all'attacco:
Orlando indaghi sui pm
«Non appena ilpresidente
Berlusconi ha annunciato la
ripresa della sua attività politica la Procura di Milano ha posto in essere una intensa attività per impedirglielo». Undici
parlamentari di Forza Italia
hanno annunciato chiederanno «al ministro della Giustizia
e al Parlamento di farsi carico
di un'immediata verifica di
quanto sta accadendo».
La posizione è firmata da
Ignazio Abrignani, Massimo
Biasotti, Domenico De Siano, Gregorio Fontana, Andrea Mandelli, Massimo Palmizio, Massimo Parisi, Renata Polverini, Stefania Prestigiacomo, Maria Rizzotti, Jole
Santelli.
«Dopo aver costruito una
vicenda inesistente, volta a
rovinare l'immagine del Presidente Berlusconi e lavita di
decine di ragazze la cui unica
colpa è stata quella di aver accettato un invito a cena dall'allora Presidente del Consiglio e di aver detto la verità in
tribunale, improvvisamente,
ma con perfetto tempismo, si
compiono assurde perquisizioni e si tenta, propalando
notizie infondate, di convincere ad una collaborazione
forzata e menzognera le partecipanti alle serate», continuano i parlamentari di Forza Italia.
«Si assiste altresì a una continua pubblicazione del contenuto di atti di indagine, incontrollati e incontrollabili,
con palese e colpevole violazione del segreto istruttorio».
L'80% di tutte le leggi di iniziativa del Governo varate in questi dodici mesi è frutto della conversione di decreti
Nell'anno di Renzi 34 fiducie, una ogni 11 giorni
Roberto Turno
Le ultime due le ha spese appena tre giorni fa per il milleproroghe e il decreto Ilva. Ma non saranno le ultime, questo è sicuro. Tanto che Renato Brunetta non ha esitato ad accusarlo: «Il record di
Renzi? I voti di fiducia, mai così
nella Repubblica». Accusa che il
premier ha rispedito al mittente:
«Il record mondiale è l'ostruzionismo, la democrazia non è bloccarci. E noimettiamolafiducia».I1
duetto, manco a dirlo, è del post
Nazareno, con Forza Italia già in
simil-Aventino dopo aver votato
fin lì tutte le leggi di Renzi e le fiducie sparse a piene mani da Palazzo
Chigi in Parlamento in un annodi
vita del Governo dell'ex sindaco.
Certo è che - sarà perché va di
fretta per carattere e per necessità fin da quel 22 febbraio di un anno fa quando si insediò a palazzo
Ivotidifiduda
In un annoilGoverno Renzi ha
chiesto la fiducia ben 34volte: il
chesignifica 2,83voti almese,1
ogni 10giorni
Leggi fatte
Sonogiunte alla finedell'iter20
leggi di conversione e 5 Ddl(tra cui
delega lavoroeStabilità)
Decreti legge
In un annosonostati varati dal
Cdm 28 decreti legge e 57tra
ratifiche e Ddl
Chigi, sarà perché le urgenze intanto si sommavano le une alle altre - ilpremiervelocistaun belrecord storico da medaglia d'oro in
Parlamento se lo è guadagnato in
pieno: proprio la messe di fiducie
che tutta l'opposizione (e non so-
Prevedibili altri voti di fiducia
anche in futuro, come quello
per il milleproroghe,
che scade il l° marzo, e
per il DI sulle banche popolari
............................................................................
lo) gli contesta da tempo. Voti di
fiducia che sono cresciuti come
un fiume in piena inarrestabile fino a toccare quota 34 in un anno.
Per capirci meglio: 3 al mese, una
ogni n giorni, che il Parlamento
fosse chiuso o aperto (lo èinpratica al più per 3,5 giorni la settimana) poco importa. Se si contassero soltanto i giorni veri di lavoro
dideputatie senatori, il contoraddoppierebbe: 6 fiducie al mese,
una ogni 5 giorni.
Statistiche, certo, che meritano
di essere valutate nei contenuti. E
comunque un primato. Con le
conversioni in legge dei decreti
che hanno fatto la parte del leone:
24volte Gripiù casi sia alla Camera
che al Senato) le fiducie hanno riguardato iDl,per l'esattezza14decreti. Poic' è statalatriplicefiducia
sulla legge di Stabilità, per dire,
quella sull a delega per il Jobs Act,
ancorasulla Comunitariapercancellare la responsabilità civile dei
magistrati, o la "legge Del Rio".
Nel conto figurano anche le2fiducie per l'ok iniziale delle Camere
al Governo.
Tutto questo per incassare la
conversione in legge di 20 decreti,
l'8oo,, di tutte le leggi di iniziativa
del Governo varate in questi dodici mesi. Con i capitoli caldi del
programma renziano: gli 8o curo,
lo Sblocca Italia, il decreto sulla
Pa,ilJobsActcomedetto,lagiustizia civile. Ma anche il salva-Roma
o quello sulle carceri. Gli ultimi
sono statigiovedì scorso, lo stesso
giorno, il milleproroghe eilnuovo
D1llva. Chepoi,poiché ormaivicini alla scadenza (il milleproroghe
decade domenica i° marzo), allungheranno ancora inevitabilmente in tempi brevissimi il raccolto divotidifiducia accumulato
dal Governo. Come del resto sarà
per l'affaire banche popolari, soltanto per stare ai decreti.
Il record d'Italia deivoti difiducia, delresto, haper Renzi delle solide ragioni. La necessità di dare
prova a Bruxelles del rispetto del
cronoprogramma nazionale, del
rispetto dei patti e dell'ok in casa
alle riforme promesse. Ma anche,
dall'altra, dibypassareilpiùpossibile i tempi del bicameralismo
perfetto e le lentezze parlamentari: si pensi che la delega Pa è ferma
al Senato da 321 giorni.
Anche se in questo caso i problemi non dipendono dal bicameralismo paritario e da un rimpallo
del Ddl tra le Camere, quello che
Renzi vuole azzerare del tutto
cancellando l'attuale ruolo del Senato. I problemi sono politici, di
trovare spazi in aula ai tempi delle
riforme che si sommano di continuo e dei decreti che si accumulano. Insomma, di occasioni per altre richieste di fiducia - al Senato
soprattutto, dove i numeri sono
ballerini - non mancheranno. Anche perché poi diventano il collante di una maggioranza non
esattamente compatta. E tra giustizia, fisco, Pa, corruzione e falso
in bilancio, scuola, ogni legge potrebbe voler dire fiducia.
Davide
Colombo
no
al traguardo,
ora tocca
alla riforma Pa
Avanti
er giocare
credibilmente la carta
della cosiddetta
«clausola relativa alle
riforme orientate alla
crescita», che spicca nei
documenti che il ministero
dell'Economia ha inviato a
Bruxelles, bisogna andare
fino infondo. Toccare il
traguardo dell'ultimo
decreto attuativo della
delega lavoro entro giugno. E
portare all'approvazione
definitiva, sempre entro il
primo semestre, la delega per
la riforma della Pa e del
pubblico impiego.
Lasciamo agli appassionati
di econometria la
valutazione sull'impatto
stimato di questi
provvedimenti sul prossimo
quinquennio. Quel che conta
è che per l'Unione europea,
l'Ocse e il Fondo monetario il
completamento della riforma
del mercato del lavoro e la
riorganizzazione della
macchina amministrativa
sono considerati tra gli
obiettivi strategici per l'Italia.
Dunque non si può rallentare
la corsa. Per vedere attuato al
cento per cento il Jobs Act
mancano ancora diversi atti:
la nuova cassa integrazione,
la semplificazione dei
contratti, le misure perla
conciliazione, l'Agenzia per
le ispezioni sul lavoro e
quella per le politiche attive
(purtroppo da approvare,
quest'ultima, prima del
nuovo Titolo V della
Costituzione). Restano
quattro mesi di tempo ed è da
scongiurare l'ipotesi di una
proroga della delega, com'è
avvenuto per quella fiscale.
Poi c'èilDdldiMarianna
Madia, presentato in Senato,
dopo una doppia
approvazione in Consiglio
dei ministri, lo scorso 24
agosto. Non ha ancora
superato la prima lettura.
Quel testo contiene undici
deleghe al governo per
riformare, in un anno al
massimo, l'organizzazione
territoriale dello Stato, il
testo unico del pubblico
impiego, per semplificare
(via digitalizzazione)
l'offerta dei servizi a cittadini
e imprese, la riforma della
dirigenza e tanto altro.
Bisogna approvare tutto e
implementare le nuove
misure fino in fondo entro la
legislatura. Se poi l'impatto
sulla crescita economica ci
sarà meglio ancora.
TO RIPRODUZIONE RISERVATA
Boschi e la Rai: sarà
a riforma strutturale
Marazziti (Vigilanza): sì al decreto, insolito ma indispensabile. Gasparri: no, è incostituzionale
ROMA La cosa certa è che il governo Renzi ha fretta. Di ridisegnare la Rai, dal metodo di
scelta dei vertici aziendali, la
cosiddetta governance, al canone, la tassa più evasa che
c'è. Anche perché il cda scade
ad aprile e le poltrone, che restino sette o si riducano a cinque, non possono restare vuote.
Ecco perché, sebbene Palazzo Chigi precisi che per ora si
tratta di «ipotesi e illazioni e
non decisioni o scelte strategiche», il ministro Maria Elena
Boschi, che di riforme si occupa, pur premettendo che «per
un cambiamento strutturale i
tempi non saranno brevi»,
non esclude il ricorso al decreto legge, il sistema più rapido
previsto dal nostro ordinamento. «Non sono ancora circolati testi di decreto», diceva
ieri. «Vedremo se l'urgenza sarà tale da giustificare un intervento immediato». Magari appunto soltanto per una parte.
Di proroga in proroga infatti,
l'attuale cda di viale Mazzini
potrà resistere fino a luglio
(mese in cui entrò il presidente Anna Maria Tarantola), ma
poi, se non si sarà riusciti a
cambiare le regole, il board
della tv di Stato dovrà essere
scelto secondo quelle in vigore, ovvero la legge Gasparri.
E proprio il senatore di Forza Italia prova a stoppare subito ogni proposito: «Il ministro
Boschi deve averci preso gusto
a risolvere alcune faccende
che interessano lei o Renzi
usando come strumento il decreto legge, che nel caso della
Rai sarebbe palesemente incostituzionale, un atto di banditismo che causerebbe seri
guai al governo. Il presidente
della Repubblica non potrebbe firmarlo». Nessun esecuti-
La vicenda
La legge
Gasparri
interviene su
concentrazione
e concorrenza
introducendo il
concetto di
sistema
integrato delle
comunicazioni
(Sic), che
comprende tv,
radio, stampa,
cinema, web,
pubblicità.
Nessuno può
avere ricavi
oltre il 20%
del Sic
Il testo
comprende i
meccanismi di
nomina del cda
che il governo
vorrebbe
cambiare per
«sottrarli al
controllo dei
partiti». È
circolata
l'ipotesi di un
decreto per
agire in tempi
brevi
vo in effetti ci ha mai provato
finora.
Però non vuol dire. «Un decreto legge è un sistema insolito ma indispensabile» si sbilancia Mario Marazziti di Democrazia solidale, membro
della commissione di Vigilanza. «Eleggere un nuovo cda
con le vecchie norme rafforze-
rebbe il ruolo dei partiti, garantendo un pluralismo soltanto politico che andava bene
negli anni Settanta». Secondo
Marazziti, disposto ad abolire
la sua stessa commissione,
poiché «bisogna disegnare il
ruolo della tv pubblica dei
prossimi dieci anni e la Rai
non si può fermare» i tempi
stretti favoriscono un provvedimento urgente.
Ha memoria di ferro l'onorevole Pino Pisicchio, presidente del gruppo misto a
Montecitorio, anche lui in Vigilanza, che ricorda come «nel
1996, durante il governo Prodi,
Maccanico intervenne con disposizioni urgenti per il risanamento e il riordino Rai contenute nel decreto dell'8 agosto numero 438». Lui però
sconsiglia «l'intervento d'imperio». Invece è favorevole ad
una via intermedia: «Troviamo un'intesa dentro la Vigilanza, dove comunque c'è una
sensibilità comune». Il rischio
è che, dato l'argomento, gli si
fa notare, la discussione risulti
interminabile. Pisicchio dissente: «Non credo che occorrerebbe tanto tempo. E poi,
tracciate le linee guida, ci si
siederà a un tavolo comune
per parlarne con il governo».
Rincara Gasparri: «La Vigilanza non può esercitare poteri di revoca che non ha, andranno a sbatterci il muso».
Giovanna Cavalli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ïL SONDAGGI O
Governo Renzï un anno dopo
II consenso torna a crescere
Risalita 48,1% per il premier dopo il calo su cui ha pesato l'andamento dell'economia
di Nando Pagnoncelll
Iniziamo con il trend del
governo Renzi: all'esordio
l'esecutivo è stato accolto positivamente dal 62,6% degli
italiani e il premier dal 65,3%.
Le tante novità messe in campo, l'avvio di un ampio programma di riforme e il successo di alcuni provvedimenti
adottati (in primis gli 8o euro)
hanno determinato un gradimento crescente, culminato
con il risultato delle elezioni
europee: a fine maggio il consenso era pari a 64,4% per il
governo e quello per il premier superava il 70%. Era un
e democrazie contemporanee scontano il
profondo mutamento
avvenuto nel rapporto
sostegno largo e trasversale:
tra cittadini e politica: il venir prevaleva tra quasi tutti i segmeno di un collante ideologimenti sociali ed era molto amco, l'indebolimento delle ap- pio anche tra gli elettori dei
partenenze, la «secolarizzaziopartiti dell'opposizione.
ne» rispetto alla politica, uniQuesti valori si sono mantetamente agli atteggiamenti di
nuti stabili nel mese di giugno
aperta ostilità nei confronti e successivamente hanno inidei partiti, sempre più spesso
ziato a diminuire , con una
considerati una casta distante flessione più consistente da
dalla società, impediscono ai
settembre in poi , in concomileader e alle istituzioni di po- tanza con il peggioramento
ter contare su un sostegno gradegli indicatori economici nanitico e stabile nel tempo, co- zionali e la prospettiva di una
me invece avveniva in un paschiusura d'anno caratterizzata
sato non molto lontano. Le dalla perdurante recessione
opinioni sono più fluide e voche smentiva le previsioni di
latili e il consenso va conqui- una blanda ripresa. E, non a
stato (e misurato) giorno per
caso, la flessione del consenso
giorno. Ne deriva un interesse è risultata nettamente più
crescente per la popolarità dei
marcata tra coloro che più di
governi e per la misurazione altri soffrono le conseguenze
del loro stato di salute e del lidella crisi, i ceti meno garantivello di sintonia con il Paese.
ti (dai disoccupati ai lavoratori
A un anno dal suo insediaautonomi , ai p iccoli im prendimento il governo Renzi è so
stenuto dal consenso del 4,15,1%
degli italiani e il premier dal
rl
48,1%. Per valutare adeguata
mente la misura dell'indice di Gli ultimi giudizi positivi
popolarità è opportuno analiz- legati anche al voto
zare l'andamento delle opinio
per il Colle e al maggior
ni nel corso dei 12 mesi e fare
ottimismo
delle famiglie
un confronto con i governi che
l'hanno preceduto.
7
tori, la cui attività è rivolta a un
sempre più asfittico mercato
locale) e coloro che vivono situazioni di disagio economico. Costoro, dopo aver sperato
nel miglioramento della situazione, hanno perso la speranza e sospeso la fiducia.
La legge di Stabilità varata
dal governo, nonostante non
abbia comportato un inasprimento fiscale e impopolari tagli dei servizi ai cittadini e prevedesse misure espansive per
la nostra economia, non ha
frenato il calo di consenso per
l'esecutivo. Inoltre, in un clima
di crescente inquietudine per
il tema occupazionale, l'acceso
dibattito sul Jobs act ha più
acuito le preoccupazioni per la
perdita di diritti di quanto non
abbia alimentato speranze sul
fronte dell'occupazione giovanile.
Ma la strategia adottata da
Renzi per l'elezione del Presidente della Repubblica in gennaio ha fatto segnare un'inversione di tendenza e una ripresa di sostegno che in febbraio
si sta consolidando grazie ai
primi segnali di crescita economica.
E rispetto ai governi precedenti come si colloca l'esecutivo di Renzi dopo un anno di
attività? I confronti sono piuttosto difficili perché i diversi
governi che si sono succeduti
hanno dovuto fare i conti con
scenari politici differenti, coalizioni più o meno ampie e coese, opposizioni più o meno
pugnaci, contesto economico
e clima sociale diversi.
Il governo Prodi che aveva
esordito nel 2006 con il 53,7%
di apprezzamento, dopo un
anno era sceso al 36,3%; il governo Berlusconi nel 2008 risultava gradito dal 63% e a un
anno di distanza, pur facendo
segnare una flessione, poteva
contare sul sostegno di oltre
un italiano su due (55,7%). Il
governo Monti a fine 2011 è
stato salutato da un elevato
gradimento (60,9%) e 12 mesi
dopo, tra alti e bassi, il consenso si attestava a150,3%. Da ultimo il governo Letta, all'inizio
sostenuto dal 60% di consensi,
ha concluso il proprio mandato a meno di un anno dall'insediamento sostenuto dal 40%
degli italiani.
Spesso si è soliti attribuire il
feeling di un leader con il Paese alle capacità comunicative.
In realtà i cittadini sono diventati molto più disincantati,
pragmatici e impazienti; negli
ultimi anni abbiamo assistito
all'aumentata incidenza dei temi economici sui livelli di consenso. A questo proposito appare interessante confrontare
l'andamento della fiducia nel
governo attuale e nel premier
Renzi con quello dell'indice di
fiducia dei consumatori rilevato dall'Istat. Quest'ultimo, dopo essere sceso dal giugno al
dicembre dello scorso anno
(da 107 a 98,3), a gennaio ha
fatto segnare un forte rialzo,
attestandosi a 104. Si tratta di
un andamento del tutto omogeneo tra i due indici. Come a
dire che le appartenenze politiche contano sempre meno e
la popolarità del governo va di
pari passo con gli indicatori
economici.
L'analisi
Giudizio sull'operato del Governo
IL GOVERNO RENZI
Fiducia nel presidente del Consiglio
70,4
70.1
64,3 I 64,4
64,1
I PRECEDENTI
Fidi ia
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Il pruno anno degli ulIi iesecuLiivl
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49,5
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63
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363
mar
apr
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lug
2014 2014 2014 2014 2014
set
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2014 2014
nov
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11, sEr,
,
La squadra
i giorni da cui è
in carica il
governo Renzi.
L'ex sindaco
di Firenze
è diventato
invece leader
del Partito
democratico
435 giorni fa,
il 15 dicembre
2013
Al Quirinale
I ministri alla
cerimonia del
giuramento
con il capo dello
Stato Giorgio
Napolitano e il
premier Matteo
Renzi il 22
febbraio 2014
In posa
Da sinistra, nella
foto: Federica
Guidi (Sviluppo),
Roberta Pinotti
(Difesa),
Andrea Orlando
(Giustizia),
Angelino Alfano
(Interno),
nascosta dietro
di lui Beatrice
Lorenzin
(Salute), Dario
Franceschini
(Beni culturali),
Renzi, Stefania
Giannini
(Istruzione),
Federica
Mogherini
(Esteri), Giuliano
Poletti (Lavoro),
Napolitano,
Maurizio Lupi
(Infrastrutture
e Trasporti),
Maria Carmela
Lanzetta (Affari
regionali), Gian
Luca Galletti
(Ambiente),
Marianna
Madia
(Funzione
pubblica),
Maurizio
Martina
(Agricoltura),
Maria Elena
Boschi (Riforme
e Rapporti con
il Parlamento)
1
1 L'assente
In foto manca
Pier Carlo
Padoan (foto in
alto), che giura
da ministro
dell'Economia
il 24 febbraio
Gli addii
Federica
Mogherini,
diventata Alto
rappresentante
Ue per gli affari
esteri e la
sicurezza, è
stata sostituita
da Paolo
Gentiloni (foto
sopra), in carica
dal 31 ottobre.
Maria Carmela
Lanzetta si
dimette a fine
gennaio per
fare l'assessore
regionale
in Calabria
(incarico
a cui poi ha
rinunciato)
e non è stata
sostituita
j7
A
I geologi spariti
nel Paese
dei terremoti
d i Glan Antonio Stella
ual è il Paese europeo più
colpito dai terremoti?
L'Italia. Quello più colpito dalle frane? L 'Italia. Quello più
colpito dall'emorragia di geologi? L'Italia. E tutto in questo
paradosso, insensato, uno dei
grandi problemi che ci affliggono.
continua a pagina 19
Nel Paese più a rischio di terremoti
ezzate le università di geologi a
SEGUE DALLA PRIMA
Via via che il territorio si rivelava più a rischio, le opportunità per i giovani di studiare geologia sono diventate sempre
meno, meno, meno...
Il colmo è stato toccato all'università di Chieti. Dove, a
causa prima delle spaccature
interne e poi della necessità di
trovare una scappatoia alla rigidità della legge voluta nel
2009/2010 da Maria Stella Gelmini, decisa (con buone ragioni, anche) ad arginare l'eccesso
di dipartimenti spesso mignon
con la soppressione o l'accorpamento di quelli più piccoli, è
nato il «Disputer». Dipartimento di Scienze Psicologiche
Umanistiche e del Territorio.
Che tiene insieme gli psicologi
che indagano nel sottosuolo
delle menti umane e geologi
che studiano il suolo e il sottosuolo della terra. Un capolavoro. Come se, per sopravvivere a
una spending review, si fon-
I mille tra docenti
e ricercatori sono
dispersi tra 50 atenei e
94 dipartimenti diversi
dessero insieme una carpenteria navale e un quartetto di violini.
Eppure quali siano le estreme fragilità geologiche del nostro territorio è sotto gli occhi
di tutti. Lo dice il sito ufficiale
della Protezione civile: «L'Italia
è uno dei Paesi a maggiore raschio sismico del Mediterraneo, per la frequenza dei terremoti che hanno storicamente
interessato il suo territorio e
per l'intensità che alcuni di essi
hanno raggiunto, determinan-
do un impatto sociale ed economico rilevante. La sismicità
della Penisola italiana è legata
alla sua particolare posizione
geografica, perché è situata
nella zona di convergenza tra la
zolla africana e quella eurasiatica ed è sottoposta a forti spinte compressive... ». Lo ripete
l'Istituto nazionale di geofisica
e vulcanologia ricordando che
sul territorio Italiano (in Francia c'è solo il Puy de-Dôme che
dorme da sei millenni, in Grecia solo Santorini) «esistono
almeno dieci vulcani attivi» e
cioè i Colli Albani, i Campi Flegrei, il Vesuvio, Ischia, lo
Stromboli, Lipari, Vulcano,
l'Etna, Pantelleria e l'Isola Fer
dinandea. Più, se vogliamo, il
Marsili che, adagiato nel mare
tra il golfo di Napoli e le Eolie, è
il più esteso del continente. La
storia conferma: come scrivono nel volume «Il peso economico e sociale dei disastri sismici in Italia negli ultimi 150
anni» Emanuela Guidoboni e
Gianluca Valensise, «dal 1861
ad oggi nel nostro paese, tra i
più martoriati, ci sono stati 34
terremoti molto forti più 86
minori» per un totale di almeno 200 mila morti e 1.56o comuni, tra cui 1o capoluoghi, bastonati più o meno duramente.
Uno su cinque.
Non bastasse, la relazione al
Parlamento della «Struttura di
missione contro il dissesto
idrogeologico» ricorda che oltre ai terremoti c'è il resto:
«486.000 delle 700.000 frane in
tutta l'Ue sono in 5.708 comuni
italiani». Quasi il 69%. Con un
progressivo aggravarsi della situazione, denunciata da Paola
Salvati e altri nello studio «Societal landslide and flood risk
in Italy»: tra il 185o e il 1899
l'Italia è stata colpita da 162 frane più gravi, triplicate nel mezzo secolo successivo (19001949) salendo a 509 per poi au
mentare a dismisura tra il 1950
e il 2oo8 fino a 2.204. E in parallelo crescevano morti, dispersi,
sfollati...
A farla corta: avremmo bisogno di un esercito di geologi
schierato sulle trincee della ricerca, dei piani urbanistici,
delle mappe delle aree a ri-
schio da aggiornare diluvio dopo diluvio. E invece la geologia
è sempre più ai margini dell'università italiana. Una tabella
del Cun (Consiglio universitario nazionale) dice tutto: dal
2000 al 2014 i professori ordinari di Scienze della Terra hanno avuto un crollo del 44,4%. E i
dipartimenti «puri» di geologia, senza gli accorpamenti con
altre materie magari a capriccio, sono scesi in una mappa
drammatica di confronto che
pubblichiamo nel grafico sotto, da 27 (in origine erano 38) a
8. Con la prospettiva di ridursi
fra tre anni, visti i numeri, a
cinque: Milano, Padova, Firenze, Roma, Bari.
Un delitto. Tanto più che,
dopo essere precipitati tra il
2003 e il 2oo8 da 1490 a 1064, gli
studenti a che hanno deciso di
immatricolarsi nelle materie
geologiche sono poi impetuosamente aumentati fino a sfondare nel 2012 il tetto di 1541.
Con un aumento del 46%. Prova
provata che negli ultimi anni
cresce una nuova consapevolezza di quanto il nostro Paese
abbia bisogno di quei giovani
da mandare al fronte contro il
dissesto del territorio.
Sono anni che il Parlamento
è stato chiamato a correggere
le storture create dalla rigidità
esagerata, in settori come questo, della riforma Gelmini. Ed è
dall'estate del 2013 che giace in
Parlamento una proposta di
legge, prima firmataria la pd
Raffaella Mariani, per riscattare «la sostanziale scomparsa
dei dipartimenti di scienze della terra». La denuncia di «un
grave degrado della qualità della vita e della tutela della pubblica incolumità» e di inaccettabili anomalie («a volte strutture pubbliche, quali scuole,
ospedali e stazioni, vengono
costruite in aree a rischio») è
rimasta però, per ora, lettera
morta. «Oggi i 1.020 docenti e
ricercatori dell'area delle scien
ze della terra risultano dispersi
fra 5o atenei in 94 dipartimenti
diversi con una media di meno
di il unità per dipartimento»,
denunciava un anno e mezzo fa
la Mariani, «Il caso più eclatante è quello dell'Emilia-Romagna, regione con grandissimi
problemi geologici e con quattro università. In nessuna di
queste è sopravvissuto un dipartimento di scienze della ter
ra. A Bologna, nell'università
più antica del mondo dove nel
1603 Ulisse Aldrovandi coniò il
termine "geologia", oggi non
esiste più un dipartimento... ».
Sulle proposte tecniche lanciate per restituire nuova vita
alla materia così essenziale per
la salute del territorio e degli
italiani non vi vogliamo annoiare. Si va da una maggiore elasticità sul numero minimo di
iscritti alla richiesta di una piccola quota del Fondo per la prevenzione del rischio sismico da
destinare «al finanziamento di
progetti di ricerca finalizzati alla previsione e prevenzione dei
rischi geologici». Possono bastare? Boh... Ma certo occorre
una svolta. O i lamenti che si leveranno davanti alle macerie e
ai lutti del prossimo terremoto
o della prossima frana suoneranno ancora più ipocriti...
Gian Antonio Stella
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le mappe
LE AREE SISMICHE IN ITALIA
1111 Zona 1
Si possono verificare
forti terremoti
Zona 2
Si possono registrare
terremoti
abbastanza forti
8.047
i comuni
italiani
Milano
■
Zona 3
Area dove ci possono
essere movimenti
modesti
I comuni rl,chlo
idi o; olo ico
Zona 4
Le possibilità di eventi
sismici sono basse
I dipartimenti di geologia
nelle università italiane
Bari
■
Cagliari
, della Sera
La riforma
La legge
Gelmini del
2009/2010
prevede di
chiudere o
accorpare i
dipartimenti
più piccoli. Per
evitarlo atenei
come Chieti
hanno creato
dipartimenti
«misti»
L'aumento
degli studenti
delle discipline
geologiche
nelle università
italiane dal
2008 al 2012.
Negli ultimi
anni, invece,
i professori di
quelle materie
sono diminuiti