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M
G K EURISKO
FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO
CINQUEMINUTI
CON SOCIAL TRENDS
numero 24 gennaio 2010
GLI ANNI 10
ALLACCIAMO LE CINTURE!
GLI ANNI 10 SONO INIZIATI
CON IL BOTTO. IL 2 GENNAIO,
SAZI E DESIDERANTI,
IN MOLTI SI SONO PRECIPITATI
NEI NEGOZI CHE APRIVANO
L’ANNO NUOVO CON I SALDI,
DAL 30 AL 70% E OLTRE.
A
bbiamo visto via Condotti a Roma
invasa, e il quadrilatero della moda
a Milano bloccato da code
chilometriche di cittadini-utenti-consumatori
al freddo, dimentichi dei diritti acquisiti
tanto evocati dal marketing
esperienziale. Chi, come chi scrive,
ha fatto shadowing in quei giorni, avrà
scoperto mutazioni in corso: i Bobos
metropolitani in rapida evoluzione
diventati Fast Moving Consumer
alla caccia del prodotto di marca
al miglior prezzo (il più basso possibile);
i single delle happy hours setacciare
di prima mattina i negozi alla ricerca
di “quel” mitico jeans scontato;
madre con figlia in delirio a due,
in trance da astinenza. Una popolazione
finalmente libera di lasciarsi andare
agli impulsi alla Kinsella (I love shopping!).
Un rito collettivo di riappacificazione
con il sé consumistico dopo i mesi grigi
del risparmio forzato. In sostanza,
il 2 gennaio giorno di passaggio,
dalle rinunce alle concessioni.
Perché tutto questo, dove eravamo
rimasti? Al consumatore veloce,
multimediale, infedele, alla ricerca
di inediti touchpoint da cui apprendere.
Sempre più esperto, voglioso di nuovi
saperi come valori nel progetto personale
di distintività entro la propria cultura
di riferimento. Dal 14 Settembre 2008
questo consumatore è come sotto choc,
bloccato (forse troppo, grazie
alla information anxiety). E’ tornata
la lentezza del confronto, il price
watching meticoloso, la rinuncia.
Di fatto si è profilato un consumatore
bipolare: bloccato per paura
delle catastrofi annunciate
ma assolutamente non in sintonia
con lo scenario del neopauperismo
alla Latouche. Un consumatore che
non accetta la prospettiva della rinuncia,
con sempre più forti attese verso
la produzione, distribuzione
e comunicazione che dovrebbero essere
in grado di farsi carico delle difficoltà
del momento, di aiutare di più l’utente
finale. Sino all’attesa di marche e di punti
vendita “advocat”, capaci di anticipare
e risolvere i problemi anche aiutando
con prezzi che siano adeguati alle
difficoltà reali o percepite del momento.
Il low price è una risposta, non l’unica
ma la più concreta, misurabile, low price
che può diventare addirittura no price
in alcune offerte abbinate. Con marchi
e insegne che possono anche decidere
di non far pagare un determinato
prodotto o servizio, a condizione che
il consumatore entri nel suo social
network (bacino di utenza) in
un do ut des che prevede premi
e risarcimenti reciproci. La cultura
del low price (e del no price) sta
diventando la grande opportunità entro
la quale il nuovo Fast Moving bipolare
riesce a galleggiare, e qualche volta
a lasciarsi del tutto andare alle proprie
pulsioni di desiderio. Il low price
(e il low cost) diventano una sorta
di nuovo input per la mente.
Nei memi del consumatore ora esiste,
in pole position, il segnale
delle opportunità altalenanti dei prezzi
che cambiano a seconda dei giorni,
delle stagioni e dei touchpoint
distributivi. Prepariamoci, i tempi sono
complicati e sostanzialmente in grado
di dimostrare che non è più vero
l’assioma del “chi più spende”.
Può essere vero anche il contrario.
Può essere di valore anche il prodotto
che si è acquistato low price o addirittura
no price. Riscopriamo il significato
G. M.
del Dono. Allacciamo le cinture.
M
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G E N N A I O
EURISKO
2010
Think Tank
Fabrizio Fornezza, Matteo Testori ECOLOGIA DELLA MARCA
editore Ipsoa pagine 200 prezzo 28 euro
La marca è un organismo complesso e delicato.
Gestirla significa saper dirigere più strumenti che non sempre
convergono all’unisono. Esistono esempi di splendide
marche che sono esplose per eccesso di sviluppo, o per un DNA
trapiantato in organismi poco compatibili. Non dimentichiamo
le marche che riposano nel cimitero della pubblicità, là dove
tutte le marche sono uguali perché non si è stati capaci
di far spiccare le specificità. La marca è un organismo
che non sopporta interventi che la modifichino geneticamente.
Indipendentemente dal peso specifico, dai fatturati
e dall’essere local o global. Esistono piccole marche che vivono
splendidamente occupando nicchie nella scala dei desideri,
se non dei bisogni. Su questo ed altro si sofferma il contributo
di Fabrizio Fornezza e Matteo Testori, efficace sintesi dei temi
e dei problemi in agenda per chi intende seriamente gestire
questo valore che chiamiamo marca. La marca ha un futuro?
La crisi che stiamo vivendo rischia di travolgerla?
Oppure rappresenta un’opportunità? Esistono ambiti o condizioni
per lo sviluppo della marca non ancora del tutto presidiati?
Gli autori, da più di vent’anni impegnati nella comprensione
delle dinamiche che determinano la nascita e lo sviluppo
delle marche, cercano di dare risposte a queste ed altre
domande, alternando un approccio scientifico multidisciplinare
a esperienze e casi reali. Nel volume si riflette sulle relazioni
che esistono fra marche, fra le marche e gli individui,
fra le marche e gli altri soggetti del loro sistema di azioni
e retroazioni. E si cercano le chiavi di lettura per quegli aggregati
di idee, persone, marche, aspettative, bisogni, desideri,
prodotti, negozi, che chiamiamo mercati. Insomma:
una visione sistemica ed olistica della marca e dell’ecosistema
tra loro collegati da un rapporto di reciproca influenza.
Nell’era della Green Economy (e della Green Communication che ne consegue) le aziende devono
cambiare strategia e anche la comunicazione deve impegnarsi a dare un significato sociale e culturale alla marca. Così scrive Diego Masi, presidente di Assocomunicazione, nel suo nuovo libro
“Go Green - Il nuovo trend della comunicazione”. Diego Masi, utilizzando anche la ricerca "Gli Italiani e la Green Economy", realizzata da noi per UPA e AssoComunicazione, traccia il ritratto del
nuovo consumatore consapevole, informato, autonomo, sempre meno influenzato dalla comunicazione commerciale. Il cittadino-consumatore ha la possibilità di utilizzare il web, dove le conversazioni tra gli utenti, le opinioni dei blogger valgono più di ogni spot e dove le regole del gioco
sono chiarezza e trasparenza. La rivoluzione verde è appena iniziata, ma cambierà la nostra
realtà nella sostanza, fino a diventare normalità. “Così come il verde diventerà pian piano il colore
dominante, il nostro modo di vivere, la realtà quotidiana, la Green Communication - scrive Masi diventerà il nuovo standard della comunicazione. E svolgerà un ruolo di primo piano nel definire
un modello d’agenzia innovativo, che aiuterà la industry a uscire da una crisi strutturale in cui
versa da troppo tempo, restituendole dignità e importanza”.
Diego Masi GO GREEN Il nuovo trend della comunicazione
editore Fausto Lupetti anno 2010 pagine 209 prezzo 18 euro
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G E N N A I O
EURISKO
2010
SEMINARIO GfK EURISKO
Agenda
SENIOR 2010,
i nuovi protagonisti
I SEMINARI
GfK EURISKO 2010
MILANO GIOVEDI’ 18 FEBBRAIO
DALLE ORE 10.30 ALLE ORE 12.30
PRESSO CENTRO SVIZZERO
VIA PALESTRO 2, MILANO (MM PALESTRO)
I GfK Eurisko Crif
I nuovi cicli
di esistenza,
i nuovi progetti,
la nuova
segmentazione
dei senior,
con i relativi
consumi,
dai prodotti mirati
ai media
di socializzazione
Sono previsti interventi di
Paolo Anselmi,
Luca Antonietti,
Vitalba Paesano,
Alessandra Rizzo,
Rosanna Savoldelli,
Manuela Stranges
La partecipazione deve essere confermata alla segreteria
organizzativa: [email protected]
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EURISKO
Milano Via Monte Rosa, 15-17-19 . 20149 Milano
Tel. +39-02-43.809.1 Fax +39-02- 48.14.177 [email protected]
Roma Piazza della Repubblica, 59 . 00185 Roma
Tel. +39-06-47.82.33.02 Fax +39-06-96.70.39.67
[email protected]
Ufficio Stampa Via Monte Rosa 19 . 20149 Milano
Tel. +39 -02- 43.809.376 [email protected]
www.gfk-eurisko.it
I Seminario annuale
I GfK Eurisko Prometeia
I Climi sociali e di consumo
I I Media oggi
I La nuova filiera della Comunicazione GfK Eurisko
I L’auto 2.0
I L’evoluzione della mobilità a 2 ruote,
tra ragione e passione
I Brand Equity
I Il “peso” dei personaggi pubblici
(sport, Tv, cinema, musica, etc.)
I Il valore del made in Italy
I La sostenibilità delle imprese (CSR)
I I prodotti di alta gamma
I Comunicare salute
I I nuovi needs
I Strategic Innovation
I Le nuove indagini qualitative
I Processo alla Marca
>
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[email protected] - www.gfk-eurisko.it
INDAGINI MULTICLIENT IN AVVIO
Gennaio
I I consumi degli Immigrati
I I Senior nell’età del benessere
I Tracking sulla tv digitale terrestre e la tv via internet
I Workshop Climi sociali e di consumo
>
Per saperne di più
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G K EURISKO
FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO
CINQUEMINUTI
CON SOCIAL TRENDS
numero 25 febbraio 2010
IL NUOVO
CALENDARIO
DI VITA
SENIOR 2010
e la necessità di un sistema di formazione
per i non giovani (lifelong learning);
oltre alla necessità di nuovi meccanismi
per gli incentivi e i disincentivi
per la permanenza e non nel sistema
produttivo. I nuovi senior significano
anche inediti impatti sul sistema sanitario,
con ipotesi che vanno dall’espansione
della morbilità e dei conseguenti costi
per il sistema Paese, al progresso
scientifico e tecnologico che le nuove
coorti potrebbero favorire, sino alle
ipotesi di una maturazione politica,
economica e di nuovo welfare.
Tutto questo non può non riguardare le
imprese, cominciando da quelle di largo
consumo, ma continuando con le realtà
che producono beni e servizi strutturali.
LA TRANSIZIONE DEMOGRAFICA (L’INSIEME DELLE TRASFORMAZIONI
CHE CARATTERIZZANO LE SOCIETÀ OCCIDENTALI, ITALIA COMPRESA)
SIGNIFICA SPOSTAMENTO DEL CALENDARIO DEGLI EVENTI.
CIOÈ PROCRASTINAZIONE DI TUTTE LE TAPPE FONDAMENTALI
DELL’ESISTERE: SI DIVENTA ADULTI PIÙ TARDI, SI FORMANO UNIONI
E SI CREANO FIGLI IN ETÀ PIÙ MATURA, E SI DIVENTA ANZIANI “FORSE”.
I
n particolare, l’accezione di vecchiaia
si modifica con nuove possibili
distinzioni: anziani dai 60 ai 69, vecchi
dai 70 ai 79, grandi vecchi oltre gli 80.
Anche le soglie d’ingresso nell’età anziana
sono, secondo i demografi, sempre più
dubbie e legate a più fattori che possono
convivere. In sostanza invecchiare oggi
significa molte cose, anche positive,
mentre la nostra tradizione culturale
ci induce a pensare l’invecchiamento
come un lento e poi precipitoso declino.
Il concetto di soglia diventa centrale oggi,
quasi esistessero porte d’ingresso
da superare per diventare anziani e quindi
vecchi. E’ un grande cambiamento
di portata sociale, culturale ed economica.
Le coorti anziane significano l’introduzione
di nuovi concetti di vita, come
l’invecchiamento attivo (active ageing)
segue a pagina 2
GLI ULTRASESSANTENNI OGGI E NEL 2050 IN EUROPA
39,1%
45
40
26,4%
35
30
25
20
15
10
5
2009
Ungheria
Ucraina
Svezia
Slovenia
Slovacchia
Romania
Regno Unito
Portogallo
Polonia
Olanda
Malta
Lussemburgo
Lituania
Lettonia
Italia
Irlanda
Grecia
Germania
Francia
Finlandia
Repubblica Ceca
Fonte: nostre elaborazioni su dati ONU (2009)
Estonia
Danimarca
Cipro
Bulgaria
Belgio
Austria
World
0
2050
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FEBBRAIO
EURISKO
2010
IL NUOVO CALENDARIO DI VITA SENIOR 2010
OGGI E NEL 2050 IN ITALIA
Previsioni sul processo demografico in Italia (2010-2050)
Anni
Numero medio di figli per donna
Speranza di vita alla nascita (in anni)
maschi
femmine
Struttura della popolazione
0-14
15-64
65+
2010
1,42
79,1
84,6
14,0
65,7
20,3
2015
1,47
79,9
85,4
14,0
64,3
21,7
2020
1,52
80,7
86,1
13,7
63,5
22,8
2025
1,55
81,4
86,8
13,3
62,5
24,2
2030
1,57
82,2
87,5
12,9
60,6
26,5
2035
1,59
82,9
88,0
12,7
58,2
29,0
2040
1,59
83,5
88,6
12,8
56,0
31,3
2045
1,59
84,0
89,0
12,8
54,6
32,6
2050
1,58
84,5
89,5
12,9
54,1
33,0
segue da pagina 1
Fonte: elaborazioni su dati Istat 2009b
Considerando che l’età della pensione
si trasforma: da un periodo di ritiro
e riposo al protagonismo in nuovi progetti.
Nei Paesi di cultura anglosassone indagini
recenti indicano che sta emergendo
un nuovo modello di terza età sinonimo
di nuova attività, con propensioni
a valorizzare e impegnare i talenti
e le conoscenze in attività a valenza
ideale e sociale, con motivazioni
al miglioramento della qualità sociale
di tutti. Anche nel nostro Paese
non mancano segnali di una maggiore
disponibilità alla partecipazione sociale
e all’impegno, ma i dati delle ricerche
sui Senior mostrano in Italia il prevalere
di un modello diverso, orientato più
in senso edonistico (più tempo per sé,
per le amicizie, la cultura e i viaggi).
Ovviamente tutto questo significa
anche aumento dei consumi materiali
e immateriali nelle fasce dei nuovi anziani,
dai ristoranti alle vacanze,
agli strumenti di socializzazione
tecnologica (cellulari, pc, internet, etc.).
Sino alla multicanalità, da intendersi
come gioiosa disponibilità dei Senior
a frequentare più luoghi d’acquisto
e ad esplorare più media (dalla carta
stampata alle televisioni alle radio
a internet). Tutto questo richiede anche
nuovi modi di comunicare, nuovi linguaggi
Valori in percentuale
e nuove argomentazioni per intercettare
le motivazioni e i desideri dei senior.
Un esempio di nuovo ambiente per i
discorsi di questi nuovi protagonisti
è la testata www.grey-panthers.it ,
giornale on line per gli over 50. La mission
della testata è coltivare e favorire
lo scambio sociale tra le pantere grigie
del terzo millennio, offrendo opportunità
di creativamente inventare occasioni
di vita e nuove agende. Tutto questo
e molto altro nel Seminario GfK Eurisko
del 18 Febbraio. Con i contributi
di Manuela Stranges, Paolo Anselmi,
Rosanna Savoldelli, Alessandra Rizzo,
G. M.
Luca Antonietti, Vitalba Paesano.
DA GfK CORPORATE
Nuove strategie per aumentare
gli utili e il valore della propria azienda,
senza dover ridurre i costi?
È il momento di riflettere sull’importanza
di una coerente strategia dei prezzi
e sul vantaggio competitivo che questa può offrire.
Per riesaminare il proprio modello di business
secondo un’ottica totalmente nuova, è bene
mettere in agenda il seminario che verrà tenuto
PRESSO LA GfK ACADEMY IN GERMANIA
GESTIONE DELLE STRATEGIE
DI PREZZO. MISURAZIONE, CATTURA
E MANTENIMENTO DEL VALORE
5-7 MAGGIO 2010
Klaus Wertenbroch, docente di Marketing
all’INSEAD, e uno dei maggiori esperti di behavioural
pricing, spiegherà come definire meglio efficaci
strategie di prezzi. Illustrerà come ottenere il massimo
rendimento dal profitto potenzialmente insito
nella strategia dei prezzi: gli obiettivi aziendali
strategici, le forze economiche, le interazioni
competitive e gli aspetti comportamentali. Il seminario
si basa sull’economia, sulla psicologia e sui principi
della strategia di marketing che insieme costituiscono
le fondamenta delle efficaci decisioni di pricing.
Per maggiori informazioni, leggere la brochure >
e per partecipare, compilare il form
di registrazione o inserire i dati sul sito
www.gfk-academy.com
2
M
[ news ]
FEBBRAIO
EURISKO
2010
Think Tank
GLI ADULTESCENTI
Che fine hanno fatto i bobos? Si stanno tuttora muovendo in una Parigi metropolitana
senza mete precise, utilizzando la ferrovia sotterranea come mappa di eventuali incontri.
Svolgono lavori del terziario un tempo avanzato, oggi periclicante.
La precarietà è nelle entrate ma soprattutto negli affetti: creano e disfano coppie alla ricerca
di partner senza soluzione di continuità. Sono individui che ritengono importante l’attrezzatura
fisica da giocatori di rugby ma anche da intellettuale della sinistra sfarinata, alla ricerca
di ragazze col sedere sodo, ma anche accontentandosi della prima che capita.
Decidono di diventare grandi alla tenera età di trentacinque anni e con riti di passaggio
come la decisione di finalmente affrontare l’esame per la patente di guida.
Tra i trenta e i quarant’anni, non si pongono l’obiettivo di mettere su famiglia, in quanto
persone “adultescenti”, descritte senza pietà da un autore che ha già saputo raccontare,
nella “Classe” il melting pot del pluriculturalismo d’oltralpe. In una Parigi svogliatamente
impegnata nelle presidenziali in cui vince Sarkozy, questi personaggi
un po’ “facce da sberle” si muovono senza mai porsi domande sui massimi sistemi.
Sono solo parigini questi profili di uomini e donne senza qualità? Meditiamo, osserviamo
i nostri trenta-quarantenni. Forse una nuova emergenza sta invadendo l’Europa, quella
di una generazione che non sa trovare le risposte (ma forse ha perso di vista le domande).
Francois Bégaudeau
VERSO LA DOLCEZZA > editore Einaudi pagine 152 prezzo 15,50 euro
DISTRIBUIRE PASSIONE
Chi ha avuto la fortuna di frequentare la Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri
alla Fondazione Cini, sa quanto è densa del piacere di apprendimento l’atmosfera
che lì si respira. Grazie soprattutto alle carismatiche figure dei fondatori che, con generosa
cura, seguono i giovani che avranno la responsabilità delle librerie di domani che abbiamo
difficoltà ad immaginare come saranno e se potranno sopravvivere. Come il tormentone
dell’ultima copia cartacea del New York Times, sempre di più siamo portati a riflettere
sulla resistenza dei libri di carta. Domande alle quali viene da rispondere che, sino a quando
esisteranno librerie, da quelle di piccola metratura ma di specifica profondità tematica,
ai megastore, il libro di carta non potrà che continuare a vivere, insieme alle versioni
nei supporti elettronici. No, il libro non è destinato a morire, anche perché il piacere del testo
è irrinunciabile per chi ama il contatto fisico, in una sinestesia visiva-olfattiva-tattile.
I libri sopravviveranno anche perché sostenuti da valori e da un capitale umano davvero
unici. Oggi ci stiamo abituando alla parola “touchpoint” per i luoghi della distribuzione;
ebbene, nessun luogo è più punto di contatto delle librerie, dove scopriamo quasi
di soppiatto una copertina, allunghiamo l’occhio su di un titolo, apriamo con una certa
circospezione un volume, sfogliamo con pudore, ci soffermiamo su di un capitolo,
su di un dialogo, sul nome di un personaggio. Per quanto riguarda il capitale umano
di cui la libreria è fatta, consigliamo la lettura della biografia professionale
di Romano Montroni, uno dei personaggi carismatici della Scuola Librai di Venezia,
un uomo ricchissimo di esperienza e di umanità, vero e proprio esempio per le giovani generazioni che si avvicinano a questa straordinaria
professione. Romano Montroni racconta di quando girava pedalando a Bologna portando libri in un cassone, e poi l’incontro
con Giangiacomo Feltrinelli, del quale ben presto diventa braccio insostituibile per la creazione della catena di librerie Feltrinelli
in tutta Italia, insieme all’evoluzione culturale del Paese, dal primo boom al ’68 e agli anni di piombo, sino al terzo millennio, quando
Romano Montroni si domanda se e come la sua eccezionale esperienza possa essere utile per le nuove generazioni.
Il libro Libraio per caso potrebbe terminare così, con il buen retiro del grande Montroni, ma la storia continua. Arriva il colpo di scena.
All’età della pensione, Montroni intraprende una nuova avventura, passando alle COOP con il progetto di aprire librerie negli spazi della grande
distribuzione. Si profila un’altra storia, altri successi di un uomo che non rinuncia. Una storia per i giovani, per il marketing delle passioni.
Romano Montroni
LIBRAIO PER CASO > editore Marsilio pagine 362 prezzo 18 euro
3
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FEBBRAIO
EURISKO
2010
NOVITÀ GfK EURISKO
Agenda
IL PROCESSO D’ACQUISTO
E LA MULTICANALITÀ OGGI
I SEMINARI GfK EURISKO 2010
È la nuova indagine di GfK Eurisko per:
I Climi sociali e di consumo
> comprendere le scelte del consumatore
di fronte alla multicanalità
> capire i suoi bisogni
> verificare il suo comportamento di scelta
e d’acquisto nel punto vendita
La metodologia di ricerca
è molto rigorosa e articolata. Prevede:
> il ricorso al nostro Panel Consumer
> una ricerca Etnografica
> un’esplorazione qualitativa
> una ricerca estensiva
Ogni Azienda aderente all’iniziativa potrà anche
usufruire di uno specifico modulo ad hoc
I Seminario annuale
I GfK Eurisko Prometeia
I GfK Eurisko Crif
I I Media oggi
I La nuova filiera della Comunicazione GfK Eurisko
I L’auto 2.0
I L’evoluzione della mobilità a 2 ruote,
tra ragione e passione
I Brand Equity
I Il “peso” dei personaggi pubblici
(sport, Tv, cinema, musica, etc.)
I Il valore del made in Italy
I La sostenibilità delle imprese (CSR)
I I prodotti di alta gamma
I Comunicare salute
I I nuovi needs
I Strategic Innovation
I Le nuove indagini qualitative
I Processo alla Marca
Gli investimenti sono particolarmente contenuti
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PER ULTERIORI INFORMAZIONI:
Margherita Limido [email protected]
Simona Grieco
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EURISKO
INDAGINI MULTICLIENT IN AVVIO
I Multifinanziaria Aziende
I Night Life
I Energy
I I consumi degli Immigrati
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I I Senior nell’età del benessere
Roma Piazza della Repubblica, 59 . 00185 Roma
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I Workshop Climi sociali e di consumo
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I Tracking sulla tv digitale terrestre e la tv via internet
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G K EURISKO
FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO
CINQUEMINUTI
CON SOCIAL TRENDS
numero 26 marzo 2010
IL POSTO DEL SESSO
nella vita degli Italiani
di Marco Danelli
CHI HA FAMILIARITÀ CON LE TECNICHE DI RACCOLTA
DEI DATI STATISTICI POTREBBE DOMANDARSI COME
HANNO FATTO I PROFESSORI BARBAGLI, DALLA ZUANNA
E GARELLI A SCOPRIRE CHE IL 73% DI NOI ITALIANI
PRATICA IL SESSO ORALE, IL 38% HA RAPPORTI ANALI
E IL 34% SI MASTURBA REGOLARMENTE.
Oltre all’autorevolezza
indiscutibile degli autori,
l’appendice metodologica
al volume La sessualità degli
italiani (Il Mulino, 2010)
ci rassicura sulla serietà
scientifica di questi e di altri
dati che i tre autori hanno basato
su 7.000 interviste face to face
e 10.000 interviste telefoniche
realizzate da GfK Eurisko,
utilizzando soluzioni di metodo
adatte alla raccolta di questo
tipo di informazioni.
Niente a che vedere, dunque,
con certi sondaggi nei quali
ci capita di imbatterci
navigando sul web o sfogliando
i periodici dal dentista.
La sessualità degli italiani
è un ambizioso progetto
che analizza in profondità
l’Italia di oggi a confronto
con il suo recente passato
e con altri Paesi come Francia,
Gran Bretagna e Stati Uniti.
È un libro corale che nella
struttura monografica dei
capitoli rispecchia
la pluralità delle voci,
delle competenze e dei punti
di vista di chi lo ha scritto.
Si parte dalle prime fasi
della vita sessuale, attraverso
le quali la transizione alla vita
adulta sembra avvenire sempre
più presto, per fare i conti,
però, con eventi altrettanto
cruciali, come l’ingresso
nel mondo del lavoro
e la formazione della famiglia
che, al contrario, vengono
posticipati creando un ritardo
rispetto ad altri Paesi
occidentali. E forse è proprio
questo ritardo nel dare avvio
a una vita di coppia, attraverso
matrimoni o convivenze
giovanili, a spiegare perché
è falso il mito secondo il quale
i single avrebbero una vita
sessuale più ricca: sono invece
le coppie stabili a fare sesso
più frequentemente e non
di rado con più fantasia.
La vita di coppia, infatti,
è cambiata nel corso
del Novecento, passando,
tra l’altro, attraverso due
“rivoluzioni contraccettive”:
dapprima con la diffusione
del coito interrotto e,
successivamente,
con l’introduzione della spirale
e della pillola, che hanno
favorito lo spostamento
della sessualità verso
il baricentro femminile, con
la donna che da “normalmente
fertile” è diventata
“normalmente non fertile”
e ha assunto maggiore controllo
nelle relazioni e nelle pratiche
erotiche. Una dinamica, questa,
che si è concretizzata anche
attraverso cambiamenti che
hanno investito atteggiamenti
e rappresentazioni, ovvero
quello che gli autori definiscono
“il posto che il sesso occupa
nella vita degli italiani”.
Si è passati da una concezione
riproduttiva a una visione
basata sul primato
dell’esperienza, orientata cioè
a una tendenza che risulta utile,
se non indispensabile,
anche per fondare
un buon rapporto di coppia.
In questo senso devono essere
letti l’ampia accettazione
dei rapporti prematrimoniali
(l’83% degli italiani li ritiene
ammissibili) e il passaggio
dall’imperativo culturale/religioso
del “conservarsi” al progressivo
rifiuto della verginità femminile
che oggi molte giovani donne
vivono come un peso
di cui liberarsi piuttosto
che come un valore.
Naturalmente non è solo
all’interno delle coppie
tradizionali che si manifesta
la trasformazione
della sessualità degli italiani.
Desideri e identità
omosessuali, infatti,
sono dimensioni che più
di altre esprimono un’evoluzione
dell’eros in senso fluido
e multidimensionale:
l’identità di genere perde
centralità per fare posto
all’identità della persona
e tendono a convergere
i sentimenti e i comportamenti
di eterosessuali
e omosessuali, sempre più
orientati, gli uni come gli altri,
segue a pagina 2
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M A R Z O
EURISKO
2 0 1 0
IL POSTO DEL SESSO NELLA VITA DEGLI ITALIANI
segue da pagina 1
alla valorizzazione del sesso
all’interno di una relazione
stabile e, allo stesso tempo,
alla sperimentazione di forme
nuove di sessualità.
Questo avvicinamento
delle identità, eterosessuale
e omosessuale, ma soprattutto
maschile e femminile, emerge
analizzando le diverse
modalità attraverso le quali
si dà e si riceve piacere,
dalla masturbazione, un tempo
abitudine tipicamente
maschile, ma oggi sempre più
diffusa anche tra le donne,
ai rapporti orali, sempre più
pertinenti al rapporto
di coppia, fino ai rapporti anali,
in crescita ovunque nel corso
del Novecento, ma praticati
soprattutto in Italia.
E proprio questa curiosa
peculiarità induce gli autori
a riflettere sulle nuove possibili
asimmetrie tra i generi
che si riscontrano ancora oggi
in Italia: nonostante
i cambiamenti nei comportamenti
sessuali, permane, anche tra
i più giovani, una concezione
tradizionale delle differenze
di genere sia sul piano
sessuale (l’uomo avrebbe
esigenze biologiche più forti
e la donna sarebbe più
interessata ai sentimenti)
sia a livello più generale
(nella professione,
nella gestione della famiglia
e del lavoro domestico).
Dunque la predilezione italiana
per i rapporti anali, richiesti
per lo più dagli uomini,
sarebbe il segnale di una
condizione delle donne italiane
tuttora subordinata e in ritardo
rispetto a quella delle altre
cittadine dei Paesi occidentali.
E sono proprio le dinamiche
culturali e sociali che
riguardano le donne a marcare
il percorso evolutivo
della sessualità in Italia
e a indicarne gli sviluppi
possibili: siamo alla fine
di un’epoca nella quale
la funzione femminile era
quella di consentire l’orgasmo
maschile e stiamo assistendo
a una crescente affermazione
della ricerca del piacere
femminile, benché collocata
prevalentemente nel contesto
dei rapporti di coppia.
Questa funzione della sessualità
è condivisa da quasi tutti
i segmenti della popolazione,
compresi gruppi tra loro
distanti per un diverso
approccio alla religione:
anche in questo caso è in corso
un avvicinamento tra poli
opposti (“credenti convinti
attivi” e “senza religione”,
secondo la definizione
di Franco Garelli) che conferma
come oggi la sessualità di chi
è religiosamente impegnato
non sia affatto un mondo a sé,
ma piuttosto una sfera
nella quale la soggettività
dell’individuo ha conquistato
ampi spazi di autonomia
rispetto al modello normativo
della Chiesa (basti pensare
che la percentuale di chi
ha usato il condom al primo
rapporto sessuale è del 40%
tra i “credenti attivi” e del 49%
tra i “senza religione”).
Pur con le dovute differenze,
per tutti è dunque in corso
un progressivo allontanamento
dalla tradizionale visione
riproduttiva del sesso verso
una concezione sempre più
edonistica, e questa dinamica,
spiegano gli autori,
è innanzitutto il risultato
degli importanti cambiamenti
che hanno segnato la condizione
femminile già a partire
dalla metà del secolo scorso.
Ed è proprio qui che la lettura
dei mutamenti sociali italiani
attraverso la chiave
della sessualità ci pare trovi
la sua sintesi più interessante
e apra, allo stesso tempo,
un interrogativo fondamentale:
In Aprile, nei giorni 21, 22 e 23, avrà luogo a Milano, presso il Palazzo
della Borsa, il Salone della gestione del risparmio organizzato da Assogestioni
e aperto esclusivamente agli operatori del settore (solo l’ultima giornata
sarà aperta al pubblico). È la prima volta che l’industria del risparmio
gestito dà vita a un’iniziativa collettiva di così ampia portata, nella quale
le società di gestione del risparmio italiane e internazionali potranno
incontrarsi, confrontare le rispettive esperienze e discutere del futuro.
Complessivamente oltre 40 espositori presenti e oltre 2000 partecipanti attesi.
Un evento, quindi, davvero unico, durante il quale GfK Eurisko e Prometeia
sono stati invitati, il giorno 21 aprile alle 11:30, a esporre a tutta la comunità
finanziaria, le principali evidenze emerse dall’Osservatorio sui Risparmi
delle Famiglie edizione 2010, con una sessione dedicata all’evoluzione
dei bisogni di prodotti di risparmio gestito da parte delle famiglie.
in Italia, infatti, le disuguaglianze
di genere sono tuttora molto
marcate e sono ancora
gli uomini a “guidare la danza”,
come suggerisce la copertina,
onestamente poco sexy
ma senza dubbio eloquente,
di questo libro.
Parafrasando Paul Valery
potremmo dire che il sesso
c’est être stupide ensemble,
sperimentare il lato ludico
della sessualità ed essere,
perché no, “leggeri”; ma farlo
insieme, secondo la logica
del darsi piacere reciproco
e sulla base di un’effettiva parità
tra i generi, è probabilmente
un obiettivo che gli italiani
devono ancora raggiungere.
Per approfondimenti
e iscrizioni si rimanda al sito dedicato:
> www.salonedelrisparmio.com
Per la sottoscrizione del volume
dell’Osservatorio sui Risparmi
delle Famiglie edizione 2010
(già disponibile), si prega di contattare
Antonella Busi, Segreteria Organizzativa
Convegno > [email protected]
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EURISKO
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M A R Z O
EURISKO
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IL MERCATO DELL’ENERGIA
IN AMBITO CONSUMER E BUSINESS
> GfK Eurisko dispone
ad oggi di un patrimonio
informativo unico in Italia
per l’analisi del mercato
dell’energia, i suoi trend
e gli atteggiamenti
verso i principali player.
> L’Istituto, infatti, ha condotto
nel 2005 la prima indagine
in Italia sul mondo dell’energia
- Energy Business - a cui
si è affiancata, nel 2007,
l’indagine Energy famiglie.
> A marzo verrà aggiornata
l’annuale rilevazione con
l’obiettivo di comprendere, sia
in ambito domestico sia in ambito
Business, i cambiamenti in atto
a seguito della liberalizzazione
e di soddisfare i sempre crescenti
bisogni informativi dei principali
attori del mercato dell’energia.
> Ciascuna Azienda aderente
all’iniziativa potrà chiedere
eventuali approfondimenti
di specifico interesse.
PER ULTERIORI INFORMAZIONI:
Cristian Cutrona [email protected]
Simona Grieco
[email protected]
IL CONSUMATORE DIGITALE
Ogni anno GfK riunisce alcuni dei principali esperti in un convegno
di due giorni dedicato alle modalità più efficaci di utilizzo
della ricerca in ambito aziendale. The Digital Connected Consumer
(Il Consumatore Digitale) tratterà le ricadute della tecnologia
digitale più recente sui consumatori, con particolare
riferimento alle nuove connessioni e opportunità che stanno
trasformando la vita quotidiana dei consumatori stessi,
degli operatori del marketing e dei ricercatori di mercato.
Il convegno si interrogherà inoltre sull’influsso dei nuovi media
sulle idee e sul comportamento dei consumatori. Il programma
sarà infine incentrato sulle modalità con cui la ricerca può sondare
e interpretare questa nuova realtà, oltre a suggerire agli operatori
di marketing come utilizzare i propri investimenti al meglio.
THE DIGITAL CONNECTED CONSUMER
14 e 15 giugno 2010 Vienna, Austria
Steigenberger Hotel Herrenhof Vienna, Hofburg Vienna
> PRENDETE SUBITO NOTA DI QUESTE DATE
Agenda
I SEMINARI GfK EURISKO 2010
I Climi sociali e di consumo
7 aprile, Roma (riservato ai sottoscrittori)
9 aprile, Milano (riservato ai sottoscrittori)
I GfK Eurisko Prometeia
21 aprile (riservato ai sottoscrittori)
I I Media oggi (Eurisko Media Monitor)
6 maggio, Milano (riservato ai sottoscrittori)
11 maggio, Milano
I La sostenibilità delle imprese (CSR)
I Comunicare salute
I Seminario annuale
I GfK Eurisko Crif
I Il valore del made in Italy e prodotti di alta gamma
I Il “peso” dei personaggi pubblici
>
Per saperne di più
[email protected] - www.gfk-eurisko.it
INDAGINI MULTICLIENT IN AVVIO
I Multifinanziaria Aziende
I Night Life
I Energy Business e Energy Consumer
I I Senior nell’età del benessere
I Workshop Climi sociali e di consumo
I ICT Business
I Il processo di acquisto e la multicanalità
I I consumi degli immigrati (fase estensiva)
>
Per saperne di più
[email protected] - www.gfk-eurisko.it
Se non desidera ricevere CINQUEMINUTI mandi un email
a [email protected], indicando nell’oggetto REMOVE
Direttore responsabile Giuseppe Minoia
Il GfK Research Summit rappresenta un evento importante
per i clienti principali GfK. È gratuito, ma i posti sono limitati;
è opportuno, quindi, segnalare la propria adesione il più presto
possibile. Due mesi prima dell’evento, saranno inviati ulteriori
informazioni e il programma dettagliato.
14 giugno Steigenberger Hotel Herrenhof, Vienna
Pomeriggio: sessioni dedicate ad argomenti e settori selezionati
Sera: cena sociale Heurigen
15 giugno Hofburg
Convegno: il Research Summit GfK riunisce gli esperti
di ricerche di mercato delle società del Gruppo GfK con
i clienti delle società più quotate al fine di analizzare gli effetti
della tecnologia digitale più recente sui consumatori.
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EURISKO
Milano Via Monte Rosa, 15-17-19 . 20149 Milano
Tel. +39-02-43.809.1 Fax +39-02- 48.14.177
[email protected]
Roma Piazza della Repubblica, 59 . 00185 Roma
Tel. +39-06-47.82.33.02 Fax +39-06-96.70.39.67
[email protected]
Ufficio Stampa Via Monte Rosa 19 . 20149 Milano
Tel. +39 -02- 43.809.376 [email protected]
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G K EURISKO
FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO
CINQUEMINUTI
CON SOCIAL TRENDS
numero 27 aprile 2010
IL PORTAFOGLIO DEGLI ITALIANI:
povero di futuro ma non di risparmio
di Fabrizio Fornezza
IL 21 APRILE ALL’INTERNO
DEL PRIMO SALONE DEL RISPARMIO
GESTITO PRESSO PALAZZO
MEZZANOTTE A MILANO, È STATA
PRESENTATA DA GFK EURISKO
E PROMETEIA L’EDIZIONE 2010
DEL RAPPORTO SUI RISPARMI
DEGLI ITALIANI, ALLA SUA
QUATTORDICESIMA EDIZIONE.
ALCUNI HIGHLIGHTS, IN SINTESI.
Le famiglie italiane continuano
a risparmiare, ma il risparmio si polarizza:
i benestanti risparmiano di più, i più
marginali diminuiscono la loro probabilità
di risparmio, sotto gli effetti della crisi.
Ma il risparmio diventa sempre meno
progettuale, i portafogli delle famiglie
si semplificano molto e tendono a diventare
sempre più basici, più liquidi, magari meno
FIGURA 1 IL TARGET DEGLI INVESTITORI: TREND
Valori in percentuale
investitori
60
52
50
48
Fatto 100% le famiglie
48
45
45
43
40
34
31
32
31
28
30
20
10
0
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
FIGURA 2 L’IMPORTANZA DEL RENDIMENTO
NELLA SCELTA DEGLI INVESTIMENTI FINANZIARI
70
2009
gennaio
2010
Valori in percentuale
68
65
65
65
(Base: totale famiglie) 1°+2°+3° posto
62
59
60
57
56
56
51
50
50
50
40
30
20
10
0
2000
2001
2002
2003
2004
Fonte: Multifinanziaria Retail Market - GfK Eurisko Gennaio 2010
2005
2006
2007
2008
gennaio giugno gennaio
2009
2009
2010
rischiosi dal punto di vista del classico
rischio di perdite finanziarie, ma più in balìa
del presente e dell’inflazione (pur bassa),
che erode lentamente la liquidità immobile.
Calano gli investitori, le riprese registrate
sui prodotti di risparmio (risparmio gestito,
prodotto assicurativo) sono più l’effetto
di “buone pratiche” seguite su piccole
pattuglie di investitori di élite, non (ancora)
il segnale di una ripresa di empatia
con gli italiani ed il loro risparmio.
La crisi ha ucciso la motivazione
al risparmio? La ripresa significa anche
l’attivazione dell’emisfero del desiderio
non solo di quello dell’interesse.
L’analisi della psicologia dell’investitore
segnala che, senza la riattivazione
delle passioni e dei progetti,
non c’è possibilità di ridare energia
al risparmio che è oggi sempre più puro
accantonamento, a bassa motivazione,
guidato da un’unica leva: la paura
del futuro e l’incertezza del presente.
Paradossalmente, nell’era del consumatore
neorazionale, appare dunque necessario
tornare a parlare al risparmiatore
di emozioni e passioni. Può sembrare
pericoloso, perché dalle esaltazioni
emozionali ai risparmiatori non sono venute
buone cose. Ma nemmeno dal razionale
rifiuto di ogni rischio che ha schiantato
i portafogli degli italiani sul non perdere,
sul non investire, sul non pensare al futuro.
I NON che “non fanno crescere”, appunto.
Fra questa visione al negativo ed in low key,
sembra farsi strada la speranza.
Sebbene la prudenza sia ancora molta,
la discesa dell’interesse verso il fattore
rendimento di un investimento sembra
essersi arrestata, dopo i cali importanti
degli anni passati (vedi figura 2).
segue a pagina 2
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EURISKO
A P R I L E 2 0 1 0
Il portafoglio degli italiani: povero di futuro ma non di risparmio
segue da pagina 1
FIGURA 3 I GIOVANI:
L’ORIENTAMENTO AI CONSUMI
E AL PRESENTE
Valori in percentuale
Delta punti percentuali rispetto al totale popolazione
Voto molto + abbastanza
LA NON RINUNCIA AI CONSUMI
Mi piace spendere
I soldi preferisco godermeli
piuttosto che accantonarli
+ 11
+9
Fonte: Multifinanziaria Retail Market - GfK Eurisko Gennaio 2010
La finanza e i giovani:
un target da rianimare
Lontani dalla finanza, vicini ad approcci
basici e funzionali, nessuna passione
per linguaggi “esperti” (ad esempio,
il linguaggio specialistico bancario
e finanziario). Tanti bisogni, molti proiettati
in avanti, ma gran parte sotto soglia.
Poca propensione per l’education,
per capire le regole del buon
comportamento finanziario.
Questa la cruda realtà
che esce dal Rapporto.
Una realtà tuttavia, come per tutto
lo scenario, a forti contrasti:
non solo aspetti critici ma anche
opportunità, a patto
di saper inculcare gli stimoli giusti.
Senza stimoli corretti, prevale
l’orientamento al carpe diem,
al qui ed ora. Il Rapporto insiste
sulla necessità del “ritorno al protagonismo
dell’offerta in termini di leadership,
rispetto all’immobilismo degli ultimi anni,
e la necessità imprescindibile di rifornire
il mercato di motivazioni e progetti
cui l’offerta finanziaria possa dare risposta,
al fine di accompagnarlo oltre la stretta
visione emergenziale del presente”.
L’Osservatorio GfK Eurisko 2010 ribadisce
che esistono spazio e disponibilità
per ripartire, anche se condizionata
da parte delle famiglie. Ma è importante
procedere con idee chiare nel che fare.
Non tutte le ricette funzioneranno
allo stesso modo.
Think Tank
“La rete sembra promuovere la diffusione di una nuova cultura del dono, dello
scambio reciproco (o quasi). Ma il file sharing, il free software, i blog e i social
network sono davvero in grado di creare una vicinanza, un legame, una comunità?”
Parte da qui il piccolo ma intenso saggio di Marco Aime e Anna Cossetta “Il dono al
tempo di Internet”. E’ una domanda necessaria, oggi più che mai, soprattutto di
fronte ai fenomeni social nel web che coinvolgono sempre più il mondo dei giovani.
I comportamenti social suscitano doverose critiche e allarmi, in particolare in chi
sente il dovere di preoccuparsi responsabilmente per il futuro dei nostri giovani.
In questo senso Remo Lucchi, nel contributo in corso di stampa “Il precario futuro
dell’Italia”, lancia un severo monito: “il mondo dei giovani, cioè delle nostre speranze
per un futuro che abbia un senso, sta per essere definitivamente isolato dalla vita
sociale. La società sta creando esseri asociali, privi di sentimento di appartenenza ad
una comunità. Questo guaio porterà alla distruzione della coesione sociale, pilastro
fondamentale della sicurezza, che è condizione basica perché si sviluppi una
qualsiasi forma di vita sociale”.
In questo senso, continua Remo Lucchi: “Le tensioni giovanili ad uscire da loro stessi
per avviare un percorso di crescita attraverso le relazioni (fondamentali per
l’acquisizione di cittadinanza), impedite nei percorsi tradizionali, vengono sviluppate in
strade alternative orizzontali, nei social network, con queste conseguenze: invece di
acquisire stato di adultità attraverso rapporti verticali, ci si rifugia in un contesto
protetto ed in una relazione virtuale, dove certamente si sviluppano relazioni ma dove
la complessità è per definizione evitata, dove l’ovattamento è totale, dove le parole
adultizzazione, responsabilità, doveri sociali, cittadinanza agita, perdono significato”.
Riflessioni importanti, considerando che il “vero dono” nella accezione di Marcel
Mauss è uno scambio reale, è un do ut des da cui origina il contratto sociale.
Senza scambio non può esistere società vera, con diritti e doveri, con scambi reali e
simbolici. Ma questo “scambio” può oggi venire sostituito dalla virtualità cosiddetta
“social” del mondo web? Proviamo, tutti noi amici lettori, a rispondere ciascuno dal
proprio punto di vista. Noi, dal nostro Osservatorio di GfK Eurisko, come avrete capito,
nutriamo fondamentali perplessità.
Marco Aime, Anna Cossetta
IL DONO AL TEMPO DI INTERNET
editore Einaudi pagine 120 prezzo 10 euro
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EURISKO
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SEMINARIO GfK EURISKO
EURISKO MEDIA MONITOR
LA MULTIMEDIALITÀ
DEGLI ITALIANI
SI SVOLGERÀ A MILANO E A ROMA
Durante il seminario, un incontro cruciale
sul mondo Media oggi, verranno illustrati i principali
risultati della release 2009 dell’indagine
Eurisko Media Monitor, con interessanti modalità
di applicazione della ricerca a casi concreti.
Sono previsti interventi di
Giorgio Licastro, Remo Lucchi, Silvio Siliprandi
Info presso la segreteria organizzativa
Milano [email protected]
Roma [email protected]
L’IMPEGNO GfK EURISKO
NELLE DONAZIONI
Azienda responsabile è scritto sulla targa che l’Associazione
Sclerosi Multipla (Aism) ha inviato al nostro Istituto,
attraverso il suo Presidente, Prof. Mario Alberto Battaglia,
e la Professoressa Rita Levi Montalcini, per il sostegno
economico dato alla ricerca e alla assistenza contro questa
importante e grave malattia. Ma l’impegno di GfK Eurisko
si è rivolto anche a “La Nostra Famiglia” di Ponte Lambro
(Como), Opera diretta da Alda Pellegri a favore di bambini
e ragazzi in difficoltà e delle loro famiglie, e all’AIRC,
Associazione Italiana per la Ricerca sul cancro,
che utilizza i fondi erogati per individuare sempre migliori
terapie e rimedi. Donazioni anche per Vidas e AIL
(Associazione Italiana Leucemie), a riconoscimento
della loro importante attività. La ricerca (GfK Eurisko),
dunque, per la Ricerca medica e sociale.
Agenda
I SEMINARI GfK EURISKO 2010
I I Media oggi (Eurisko Media Monitor)
6 maggio, Milano ore 10,30 (riservato ai sottoscrittori)
11 maggio, Milano, ore 10,30
18 maggio, Roma, ore 10,30
18 maggio, Roma, ore 14,30 (riservato ai sottoscrittori)
I La sostenibilità delle imprese (CSR)
I Comunicare salute
I Seminario annuale
I GfK Eurisko Crif
I Il valore del made in Italy e i prodotti di alta gamma
I Il “peso” dei personaggi pubblici
>
Per saperne di più
[email protected] - www.gfk-eurisko.it
INDAGINI MULTICLIENT IN AVVIO
I Immigrati (fase estensiva)
I Senior
I Night life
I New Media Internet
I ICT
I Energy Business
>
Per saperne di più
[email protected] - www.gfk-eurisko.it
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a [email protected], indicando nell’oggetto REMOVE
Direttore responsabile Giuseppe Minoia
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EURISKO
Milano Via Monte Rosa, 15-17-19 . 20149 Milano, Tel. +39-02-43.809.1 Fax +39-02- 48.14.177 [email protected]
Roma Piazza della Repubblica, 59 . 00185 Roma, Tel. +39-06-47.82.33.02 Fax +39-06-96.70.39.67 [email protected]
Ufficio Stampa Via Monte Rosa 19 . 20149 Milano, Tel. +39 -02- 43.809.376 [email protected]
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G K EURISKO
FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO
CINQUEMINUTI
CON SOCIAL TRENDS
numero 28 maggio 2010
LA MULTIMEDIALITÀ
È ECCELLENTE. I CONTENUTI MENO
DATI IMPRESSIONANTI SUI MEDIA. DAL NOSTRO RECENTE SEMINARIO
(LA MULTIMEDIALITÀ DEGLI ITALIANI. MILANO-ROMA, L’11-18 MAGGIO 2010) SI COGLIE
UNA STRAORDINARIA RICCHEZZA DI MEZZI E VEICOLI CAPACI DI INTERCETTARE
CON SEMPRE PIÙ MIRATA PRECISIONE DETERMINATI SEGMENTI DI POPOLAZIONE
Un alieno di fronte al paesaggio intricato
e rigoglioso, fisso e mobile, passivo
e attivo, sarebbe portato a ritenere
le donne e gli uomini italiani iperdotati
di potenzialità comunicazionali.
Una società iperconnessa nelle
possibilità di scambio informativo
e socializzante. L’alieno penserà,
anche, che gli italiani sono davvero
fortunati avendo molto da apprendere
e da condividere in un Paese
determinato da sempre più ricchi
atti comunicativi, ipermediale
(non postmediale). Nonostante le crisi,
le opportunità di touch con i media
continuano a crescere e gli individui
monomediali si restringono in territori
ai margini della sociocultura.
Tutti multimediali dunque?
E la crisi dei Media? E l’erosione
dei lettori-utenti-spettatori?
E la ritirata degli investitori pubblicitari?
Risposta: e se il problema
dei Media fossero i contenuti?
“Dateci più veicoli e ve li riempiremo
di pubblicità”, tutti ricordano
l’esortazione fine anni ’90 dell’allora
Presidente UPA. “Dateci i contenuti
e torneremo ad investire sui veicoli”,
potrebbe essere questa la nuova
esortazione. Quali contenuti?
I social, gli scambi redatti dai lettori,
gli user content?
Andiamo cauti, non imbocchiamo
percorsi che potrebbero essere rischiosi.
E’ vero, esistono luoghi (i social network
nel mondo web) in cui i contenuti
“siamo noi”. Ma occorre distinguere.
Esistono contenuti di sostegno
e rispecchiamento sociale, quasi agenzie
di mutuo soccorso per il collocamento
dell’io debole, ed esistono contenuti
che invece servono per far uscire
dal pantano dell’io infermo.
C’è una bella differenza tra la socialità
alla ricerca di “amici alla De Filippi”
e la carica propulsiva che viene fornita
da contenuti che aiutano ad evolvere.
Ebbene, i Media che aiutano a crescere
non possono essere considerati agenzie
di assistentato sociale. I veicoli sono
- come dice la parola - mezzi che spostano
da una situazione ad un’altra,
e che favoriscono nuove esplorazioni
L’EVOLUZIONE
DELL’ESPOSIZIONE AI MEDIA
Valori in percentuale
100
99 TV Generalista
52 Radio
48
33 Internet
31 TV Sat
32
30
29
28 Settimanali
27 Quotidiani
21
19
18
18
18 Cinema
15 Mensili
9
7 Quotidiani sportivi
4 Free press
4
Autunno
Inverno 2006
Autunno
Inverno 2009
Fonte: GfK Eurisko Media Monitor
segue a pagina 2
GIAMPAOLO FABRIS
Abbiamo attraversato l’impegno della ricerca sociale come i Duellanti nel racconto di Conrad.
Amicizia, rispetto, considerazione reciproca, ma anche confronto competitivo tra i nostri due scenari.
Il mondo delle imprese e della comunicazione ci ha considerato, per decenni, i due punti di riferimento
da cui non poter prescindere. Ora Giampaolo Fabris ci ha lasciato. Troppo presto. Il vuoto è incolmabile.
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LA MULTIMEDIALITÀ
È ECCELLENTE. I CONTENUTI MENO
GLI STILI MULTIMEDIALI DEGLI ITALIANI, OGGI
D
G
Multimedialità
selettiva
Tv e periodici
di intrattenimento
L
L e gli a st
alt amp
ri m a
ed
ia
I
Internet
e gli altri media
E
H
Multimedialità
cool
Transmedialità
giovane
B
Multimedialità basica
(TG e stampa)
segue da pagina 1
F
Monomedialità
(TV generalista e stampa locale)
TV
int
rat
ten
im
en
to
A
C
Multimedialità
per lo sport
in nuovi territori, spingendo oltre
le mitiche “Colonne d’Ercole”, suggerendo
nuovi percorsi, insight, intraprese.
I veicoli sono suggeritori di ciò che
non è stato ancora pensato e fatto.
Sui mezzi e sui veicoli così finalizzati
si sale con tremore e passione,
e si naviga a vista negli oceani decisamente
blu, non nelle tonnare dello scambio
sociale protetto. La cosiddetta crisi
dei Media, di carta e non, forse dipende
anche dalla mancanza di coraggio
sui veri contenuti da proporre.
No, i giornali “non li possiamo fare noi”.
GM
Fonte: GfK Eurisko Media Monitor
Think Tank
Era ora. Il piacere a senso unico di Slow Food comincia a venire picchettato
da analisti non deboli con il coraggio di andare a guardare dentro
le idee che da più di vent’anni vengono proposte in materia di alimentazione,
cibo e cultura. Creando ampie convergenze nell’opinione pubblica
e tra le forze politiche. L’opinione pubblica vede in Slow Food
la faccia buona dei produttori agricoli. Ma, si chiede l’autore, è proprio così?
O non si tratta di un movimento intrinsecamente antiprogressista,
antiscientifico, idolatra delle società tradizionali, delle piccole comunità
statiche e immutabili? Per l’autore le posizioni di Slow Food
possono essere considerate uno dei sintomi più singolari
del grave e forse inarrestabile degrado della cultura,
della politica e della discussione pubblica nel nostro Paese.
Luca Simonetti
MANGI CHI PUÒ.
MEGLIO, MENO E PIANO.
L’IDEOLOGIA DI SLOW FOOD
editore Mauro Pagliai Editore
pagine 113
prezzo 8,00 euro
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GfK EURISKO
SEMINARIO
ANNUALE 2010
Agenda
I SEMINARI GfK EURISKO 2010
I GfK Eurisko - Seminario annuale 2010
14 luglio, Milano
MILANO 14 LUGLIO
I Sostenibilità delle imprese (CSR)
Partecipazione su invito
I Comunicare salute
I GfK Eurisko Crif
S.T.P. = Sinottica Tracking Pubblicità
LO STRUMENTO ESCLUSIVO
DI GfK EURISKO PER MISURARE
LA PERFORMANCE PUBBLICITARIA
I Il valore del made in Italy e i prodotti di alta gamma
I Il “peso” dei personaggi pubblici
>
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È un tracking multiclient e multicategoria:
> Continuativo
Condotto per 44 settimane l’anno, per evidenziare
tutti i fenomeni, anche in trend
(sia in periodi di campagna che in periodi di intervallo)
> Flessibile
Pur essendo raccomandabile una partecipazione
senza interruzioni, i Committenti possono “entrare”
nella ricerca ed “uscire” in funzione delle proprie esigenze
> Face to Face
Interviste personali condotte con PC (metodo C.A.P.I.)
e rivolte ad un campione rappresentativo
della popolazione over 14 anni
(all’interno del quale è possibile contattare
anche sub target di specifico interesse)
> Ampio e modulare
Con diverse alternative campionarie
(da 250 a 2.500 casi a settimana)
> Integrato
Grazie al possibile collegamento con i principali
strumenti di GfK Eurisko (Sinottica, Panel Consumer)
> Ottimo rapporto investimenti-benefici
Con “back data” già a disposizione sui principali mercati
PER INFO Milano [email protected]
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Roma [email protected]
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INDAGINI MULTICLIENT IN AVVIO
I Senior
I Night life
I New Media
I Climi sociali e di Consumo (seconda wave)
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EURISKO
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G K EURISKO
FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO
CINQUEMINUTI
CON SOCIAL TRENDS
numero 29 giugno 2010
QUALE (IMMEDIATO)
FUTURO
GFK EURISKO, È NOTO,
INVESTE IDEE ED ENERGIE
NEI SEMINARI, OCCASIONI
DI INCONTRO E SCAMBIO
CON LE AZIENDE
PARTNER DI RICERCA
I Seminari sono diventati appuntamenti
in cui l’Istituto mette a tema
le evidenze che la ricerca sul campo
intercetta con l’obiettivo
di condividerle in modo utile
e di confrontarle con i percorsi
e i progetti che provengono dai mondi
paralleli, quelli della produzione
e della comunicazione, prima di tutto.
Tra i Seminari, assume particolare
rilevanza quello annuale previsto
per il 14 Luglio a Milano
e il 14 Settembre a Roma.
Il titolo Quale (immediato) futuro
è esplicito: si intende fare il punto
sulle tendenze in atto
nella popolazione, e sulle attese
- immediate, non rimandabili da parte del pubblico mainstream
e delle élite culturali ed economiche.
Gli output provengono da più fonti.
Prima di tutto da Sinottica, ineludibile
nella sua funzione di monitoraggio
degli atteggiamenti, orientamenti
di comportamento e valori
degli italiani. Con il senso
dei megatrend e con le differenti
velocità di evoluzione dei segmenti:
è vero che si stanno ampliando
orientamenti favorevoli alla decrescita
o non è invece vero il contrario,
cioè che, nonostante la crisi,
il pubblico sempre più pretende
di non dover rinunciare a nulla, quale
diritto inalienabile di beni materiali
e immateriali a prezzi accessibili?
E’ vero che i nuovi (ma anche
gli stagionati) consumatori sono più
consapevoli, colti ed esperti,
alla ricerca di dialoghi sempre più
orizzontali con le insegne e con
le grandi marche?
E’ vero che la reputazione delle grandi
marche sta soffrendo in quanto
ritenute deboli alleate nell’affrontare
le turbolenze di clima e poco in grado
di indicare soluzioni di percorso?
Domande e risposte, quindi,
con approfondimenti specifici sul tema
Benessere, da intendersi come
progetto raggiungibile con impegnativi
percorsi aiutati da nuovi “prodotti
di sintesi”, sui Nuovi Senior, individui
anagraficamente anziani, ma non
negli atteggiamenti, valori, desideri
e possibilità economiche,
sulla Nuova Medialità come
opportunità di touchpoint in grado
di fornire sapere-potere.
Per poi portare l’analisi sul ruolo
delle élite in un frangente come l’attuale,
segue a pagina 2
M
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EURISKO
G I U G N O 2 0 1 0
QUALE (IMMEDIATO)
FUTURO
segue da pagina 1
con i nuovi impegni e i nuovi
investimenti di sostenibilità,
in particolare per quanto riguarda
il problema, che non si può eludere,
dell’inclusione sociale delle nuove
generazioni. Con un bilancio finale
dei punti forti e deboli delle Marche
d’Impresa, oggi: quali recuperi
e posizionamenti vengono auspicati
dal pubblico dei consumatori oggi,
per affrontare le turbolenze del periodo
che si annuncia non breve.
Con quali strategie e tattiche la Grande
Marca potrà recuperare autorevolezza?
Think Tank
“L’uomo che scrive più di chiunque
altro contribuisce a determinare
la natura del popolo e il tipo di governo
che esso deciderà di darsi”
(Presidente Roosvelt, 1904).
Con questa citazione si apre il piccolo
grande libro sul giornalismo
di Joseph Pulitzer, anno 1904.
Si tratta di poco più di 100 pagine
dedicate alla professione,
dalla necessità delle scuole per forgiare
i bravi giornalisti, al ruolo
dell’opinione pubblica.
“Ciò che va insegnato è lavorare
per la comunità: non per il business,
non per se stessi, ma in primo luogo
per il pubblico. A mio modo di vedere
la Scuola di Giornalismo non solo dovrà
avere una natura non commerciale,
bensì dovrà essere anticommerciale.”
Ciò non significa che non sia
importante l’aspetto imprenditoriale
dell’impresa editoriale.
“Tanto più un giornale ha successo
come azienda, tanto meglio
è per l’aspetto morale. Quanto più
prospera, tanto più può permettersi
di essere indipendente, di pagare salari
più alti ai redattori.
Tanto meno sarà soggetto
alle tentazioni ma più capace di far
fronte alle perdite causate dal tenere
fede ai propri principi e convinzioni.
Tuttavia, le considerazioni di ordine
finanziario, che sono assolutamente
opportune e necessarie all’interno
dell’ufficio amministrativo, diventano
degradanti e pericolose quando
invadono la redazione.”
Il ruolo del giornalista e del quotidiano
è quello di “un oratore che parla
alla democrazia americana, l’unico
organo che fa scorrere nelle vene
di uno Stato repubblicano il sangue
che lo tiene in salute.
Abbiamo - purtroppo è vero qualche giornale che perora pericolose
falsità e ipocrisie, che fa leva
sull’ignoranza, sulla faziosità,
sulle passioni, sui pregiudizi popolari,
sulla povertà, sull’odio per il ricco;
non dimentichiamo, una stampa
capace, disinteressata, animata da
spirito civico, con un’intelligenza
allenata a distinguere ciò che è giusto,
può preservare quella pubblica virtù
senza la quale il governo del popolo
non è che impostura e dileggio.”
Joseph Pulitzer SUL GIORNALISMO
editore Bollati Boringhieri Editore
pagine 113 prezzo 10,00 euro
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EURISKO
G I U G N O 2 0 1 0
SEMINARIO GfK EURISKO
Agenda
Il mercato di domani:
consumatori
più consapevoli,
imprese più responsabili
I SEMINARI GfK EURISKO 2010
MILANO 15 SETTEMBRE
Villa Necchi Campiglio
Via Mozart, 14
PANEL AD HOC
PER LE SINGOLE AZIENDE
CON DIALOGATORE
GfK Eurisko offre alle aziende l’opportunità
di disporre di un panel creato ad hoc,
rispondente - in termini di profilo dei componenti esattamente alle caratteristiche desiderate,
qualsiasi esse siano.
I GfK Eurisko - Seminario annuale 2010
14 luglio, Milano
14 settembre, Roma
I Sostenibilità delle imprese (CSR)
15 settembre, Milano
I Comunicare salute
I GfK Eurisko Crif
I Il valore del made in Italy e i prodotti di alta gamma
I Il “peso” dei personaggi pubblici
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INDAGINI MULTICLIENT IN AVVIO
I New Media Internet
I Night life
I Osservatorio sul Credito al Consumo
Questo panel ad hoc con “Dialogatore”,
potrà essere consultato in qualsiasi momento
I Competere sul segmento Private
> per verificare e misurare nel tempo
i comportamenti di acquisto e di consumo
e gli atteggiamenti presso i medesimi individui
(switch di marche/prodotti)
>
> per condurre ricerche ad hoc strutturate
> ma anche per fornire risposta a domande
snelle e varie che quotidianamente
si presentano in azienda
> approfittando dell’opportunità di poterle
indirizzare a campioni mirati.
Il Panel ad hoc offre il vantaggio di mantenere
in memoria tutte le informazioni reperite
ed è agganciabile agli altri strumenti GfK Eurisko
(Sinottica, STP, Eurisko Media Monitor..).
Per saperne di più
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G K EURISKO
FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO
LA CINA
È VICINA
Notizia di fine Agosto: “gli USA tolgono
l’asfalto, costa troppo. Sempre più numerose
le contee che decidono di tornare alle strade
sterrate”. Il Sole 24 Ore del 29 Agosto.
Cari lettori, vi prego di sospendere
ogni commento sulla notizia,
ne riparliamo alla fine di questo pezzo.
Ricominciano i riti autunnali, dopo un’estate
tropicale e polare, con indici di ripresa lenta,
in un eurogruppo dove la sola Germania
funziona da locomotiva. La crescita del PIL
è insoddisfacente, il colpo di reni postcrisi
stenta a manifestarsi, i giovani sono sempre
più destinati ad essere forever young,
insoddisfatti di questo Paese e di questa
Europa che non sanno disegnare il futuro.
Tornano le ricerche con le analisi
degli orientamenti dei cittadini-consumatori,
con la speranza che spicchino segnali-spia
di svolte carsiche che prima o poi dovranno
creare nuovi boom nella domanda.
Torniamo a studiare in estensione
e profondità il nostro territorio,
cioè l’Italia nelle sue nuove antropologie,
nelle sue saturazioni e nei suoi desideri
allo stato nascente. Bene.
Ma, chiediamoci con onestà, riteniamo
che tutto questo oggi basti, che sia
sufficiente setacciare a fondo e in lungo
e in largo i valori, i comportamenti
e gli orientamenti di consumo
della nostra popolazione?
Certo è necessario, ma non sufficiente.
L’Italia è piccola e lo sta diventando sempre
di più. I dati sono evidenti, ciò che traina
è l’export, mentre la domanda interna
sonnecchia. Solo grazie alle esportazioni
il nostro PIL riesce a dare segnali di vitalità.
Significa che le spinte propulsive arrivano
da fuori, e che sono le realtà imprenditoriali
che esportano ad aiutare davvero
il Paese a crescere. Se cresciamo
lo dobbiamo alle domande che arrivano
da altri Paesi, da altri continenti che,
per nostra fortuna, sanno apprezzare
la qualità e la unicità dei nostri prodotti.
È una constatazione che non deve
preoccuparci ma inorgoglirci. Se siamo
apprezzati significa che il nostro USP
(Unique Selling Proposition) tiene
alla grande, anche e soprattutto nei
momenti di crisi. Se le moltitudini di cinesi,
indiani, brasiliani e coreani (ma anche turchi)
apprezzano i nostri prodotti significa
che sappiamo meglio intercettare i desideri,
oltre a soddisfare i bisogni. Se è così,
e se diventa sempre più strategico per
lo sviluppo produrre con una mentalità
multiculturale, viene da chiedersi se siamo
davvero attrezzati per affrontare al meglio
i nuovi mercati. Certo, chi ci conosce
ci apprezza, ma milioni di nuovi consumatori
non sanno niente di noi, e noi sappiamo
troppo poco di loro. Il successo del nostro
export è stato favorito dalle aziende
che con grandi sacrifici hanno saputo imporsi.
Ma gli altri, le altre grandi medie e piccole
imprese dell’eccellenza, cosa possono fare,
chi darà loro la linea di condotta?
CINQUEMINUTI
CON SOCIAL TRENDS
numero 30 settembre 2010
I loro think tank (ma sappiamo
che non esistono) sono in grado di elaborare
scenari per le nuove sfide globali?
E gli uffici studi delle associazioni
imprenditoriali a geometria variabile stanno
creando e divulgando sapere e conoscenza
dei nuovi mercati e dei nuovi consumatori?
Chi sa rispondere alle domande
degli imprenditori su dove andare, verso
quali mercati per poter sviluppare il proprio
business? L’export della Germania è stato
aiutato dalla politica, Angela Merkel
si è impegnata in prima persona
quale globetrotter del Made in Germany.
In Italia, lo sappiamo, manca addirittura
il Ministro dello Sviluppo Economico.
L’export italiano è senza rete di protezione,
lasciato alla buona volontà e qualche volta
alla straordinaria creatività imprenditoriale
dei singoli. Non dovrebbe essere così.
Il mondo delle imprese chiede di venire
sistematicamente informato ed educato
alla globalizzazione e alle differenziazioni
dei mercati. Occorrono studi, ricerche,
scenari dedicati ai numerosi mercati
e ai differenti tipi di bisogno e di desiderio
dei nuovi consumatori. Dai cinesi
agli indiani, dai brasiliani ai turchi,
sino ai nuovi africani. Occorrono input
sui nuovi significati del consumo, e sulle
nuove ritualità e stilistiche di vita ignote.
segue a pagina 2
SE CRESCIAMO LO DOBBIAMO ALLE DOMANDE
CHE ARRIVANO DA ALTRI PAESI,DA ALTRI CONTINENTI CHE,
PER NOSTRA FORTUNA,SANNO APPREZZARE
LA QUALITÀ E LA UNICITÀ DEI NOSTRI PRODOTTI.
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[ news ]
EURISKO
SETTEMBRE 2010
LA CINA È VICINA
segue da pagina 1
Ad esempio, che cosa vuol dire cibo Halal
e che cosa implica l’alimentazione nel periodo
del Ramadan. Dovranno essere studiati
i differenti stili abitativi, nelle specifiche etnie,
e il ruolo degli arredi e dei servizi,
e dei prodotti che declinano cittadinanza
desiderata. Occorrerà capire il senso
delle attese di benessere nella scala
delle priorità, per riproporre una inedita scala
maslowiana dei desideri e dei bisogni.
Un grande impegno che deve coinvolgere
tutti, imprenditori, ricercatori, politici e
sindacalisti, in sintonia per sostenere
e anticipare il nuovo che è fuori dai nostri
territori. Ritorniamo alla notizia
di provenienza USA sulle strade asfaltate
che pare comincino a costare troppo
e a diventare insostenibili per le contee
che le devono accudire. Forse è un segnale
solo debole, o forse è addirittura l’indice
di una tendenza ecochic. Rimane il fatto
che in Cina e in India si stanno investendo
miliardi di dollari (e/o di euro) nelle grandi
dorsali infrastrutturali, proprio per uscire
dallo sterrato, proprio per entrare
G. M.
nel mondo della comunicazione.
A OTTOBRE, IN AVVIO
NUOVA RILEVAZIONE SINOTTICA
SINOTTICA è un’indagine single-source sull’individuo,
sui suoi consumi e la sua esposizione ai mezzi, che fornisce
alle Aziende le informazioni di base sulla popolazione italiana.
Permette di effettuare inoltre:
> analisi del posizionamento dei propri prodotti/marchi
nel contesto competitivo
> progettazione del target primario per attività di marketing
> analisi dell’esposizione ai mezzi del target di interesse
> analisi strategica dei mercati
(prodotti competitor e nuove opportunità)
> analisi di scenario.
Vengono condotte annualmente 10.000 interviste personali
domiciliari. L’universo di riferimento è costituito
dalla popolazione maschile e femminile dai 14 anni in poi.
La rilevazione è destagionalizzata e frazionata in due periodi dell’anno.
Per informazioni
Milano Cristian Cutrona [email protected]
Margherita Limido [email protected]
Roma Simona Grieco [email protected]
Think Tank
È la testimonianza di un imprenditore che ha gettato la spugna, messo alle corde
da una concorrenza sleale che può vendere a prezzi incredibilmente bassi grazie
a produzioni delocalizzate in Paesi dove la manodopera è sottopagata (Cina).
Ed è il lamento di un imprenditore scrittore che sta dedicando, in più libri, attenzione
coinvolta ad una città come Prato, in cui la sua famiglia da generazioni ha un’impresa
tessile. Prato è una delle città che - una volta ideali per viverci e produrre - in pochi
anni sono state costrette a subire la globalizzazione. Un libro che si può leggere
come un segno per le tante Prato d’Italia, dove fiorivano le medie imprese
che sono state costrette a chiudere per costi di produzione diventati insostenibili.
Nel libro non mancano prevedibili accuse ai politici, ed anche agli economisti-opinionisti
del grande giornalismo (divertente il tormentone dedicato agli articoli di Giavazzi,
che bastonano gli imprenditori perché incapaci di affrontare la globalizzazione).
Ecco, Nesi alla fine appare rassegnato - anche se non del tutto - di fronte alla valanga
della globalizzazione. Che fare? Nessuno è riuscito a cogliere in anticipo la minaccia
incombente? Il libro è la testimonianza di come le imprese - soprattutto le medie
e le piccole - non debbano agire. I cambiamenti dovuti alla globalizzazione possono
essere previsti ed anche affrontati, e gli imprenditori possono venire educati
al cambiamento. Esempi anche recenti, di cui parliamo nell’articolo di questo numero
di Cinqueminuti, dicono che la globalizzazione può essere anche un’opportunità.
Edoardo Nesi STORIA DELLA MIA GENTE
editore Bompiani Overlook
pagine 161 prezzo 14,00 euro
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EURISKO
SETTEMBRE 2010
Agenda
I SEMINARI GfK EURISKO 2010
I ROMA, MARTEDÌ 14 SETTEMBRE
I MILANO, MERCOLEDÌ 15 SETTEMBRE
QUALE (IMMEDIATO) FUTURO
L’occasione per fare il punto sulle tendenze in atto
nel Paese e sulle attese da parte del pubblico mainstream
e delle élite culturali ed economiche.
Interventi:
> Fondamentali tendenze socioculturali e di consumo
nella popolazione italiana (il senso del cambiamento
negli atteggiamenti e comportamenti degli italiani).
> I temi cruciali oggi:
- Il bene salute nei suoi inediti significati e investimenti
- La seniority come nuovo ciclo di vita, da intercettare
e mettere a fuoco nei desideri e bisogni
- La nuova medialità come opportunità
di più efficaci touch point per gli utenti.
> Il ruolo delle élite in un frangente come l’attuale
(in particolare: l’’inclusione sociale delle nuove generazioni)
> Un’analisi dei punti deboli e dell’auspicato recupero
di autorevolezza da parte della marca d’impresa, oggi.
Sono previsti contributi di Fabrizio Fornezza, Remo Lucchi,
Giuseppe Minoia, Paolo Salafia, Silvio Siliprandi.
Confermare la partecipazione alla segreteria organizzativa:
[email protected]
INDAGINI MULTICLIENT
IN AVVIO
I Sinottica
I Osservatorio sulle carte di credito
I Competere sul segmento private
I Osservatorio sul credito al consumo
Per saperne di più
[email protected] www.gfk-eurisko.it
M
IL MERCATO CHE CAMBIA:
CONSUMATORI PIÙ CONSAPEVOLI,
IMPRESE PIÙ RESPONSABILI
Le tendenze emergenti relative al paradigma della sostenibilità
ambientale e sociale: un modello di riferimento prioritario
per la strategia delle imprese più responsabili e per le valutazioni
e scelte di acquisto dei cittadini-consumatori più consapevoli.
Interventi:
> Opportunità strategica per le imprese
Stefano Pogutz, Università Bocconi, Milano
> La responsabilità sociale: il punto di vista dei cittadini-consumatori
Paolo Anselmi, GfK Eurisko
> La responsabilità sociale: il punto di vista delle imprese
Ugo Castellano, Sodalitas
> Il Barilla Center for Food & Nutrition
Luca Virginio, Gruppo Barilla
> La visione e la pratica della sostenibilità del Gruppo Sanpellegrino
Daniela Murelli, Gruppo Sanpellegrino
> Le prospettive di partnership tra imprese e associazioni no profit
Angelo Maramai, FAI Fondo Ambiente Italiano
> Conclusioni
Paolo Anselmi, GfK Eurisko
Confermare la partecipazione alla segreteria organizzativa:
[email protected]
I MILANO, MERCOLEDÌ 22 SETTEMBRE
Banca popolare di Milano
Sala delle Colonne, Via San Paolo 12
GfK EURISKO CRIF
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SE NON DESIDERA RICEVERE CINQUEMINUTI MANDI UN EMAIL A [email protected], INDICANDO NELL’OGGETTO REMOVE
Direttore responsabile Giuseppe Minoia
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G K EURISKO
FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO
CINQUEMINUTI
CON SOCIAL TRENDS
numero 31 / ottobre 2010
QUALE - IMMEDIATO - FUTURO
La sfida dei Seminari Annuali GfK Eurisko
è quasi impossibile. Fare il punto
sui cambiamenti, anno su anno, nelle menti
e nei comportamenti dei cittadini
consumatori. I contributi presentati in luglio
a Milano e in settembre a Roma, in platee
gremite di rappresentanti del mondo
del marketing, della comunicazione
e della produzione, pur da punti di partenza
differenti, giungono a delineare un quadro
complesso ma sostanzialmente
omogeneo dell’evoluzione in corso.
Tentiamo una sintesi, stile Cinqueminuti.
Silvio Siliprandi apre i lavori delineando
una società “in ritiro” (riduzione del welfare,
sgretolamento delle visioni morali,
disimpegno dai ruoli tradizionali). La società
“in ritiro” comporta maggiori responsabilità
per gli individui che si sentono sempre più
in difficoltà nell’affrontare i percorsi di vita.
Da qui l’esigenza di aiuti, di nuove alleanze,
di empowerment. Ci si sente soli rendendosi
conto che sarebbe necessario l’aiuto
di identità forti, detentrici di progetti
e di capacità che aiutino a far evolvere
nella complessità. Quindi, desideri
di soggetti in cui identificarsi, e di prodotti,
servizi, brand capaci di risposte che
conferiscano sicurezze e potere agli individui.
Un esempio di valorizzazione è fornito
dal “progetto benessere”.
Isa Cecchini lo ha descritto come
una macrotendenza massiccia,
sostanzialmente mainstream, entro la quale
si muovono nuovi prodotti e nuovi concetti,
esperienze e performance per sentirsi
meglio e per vivere più a lungo. Il “progetto
benessere” coinvolge sostanzialmente tutti
i comparti produttivi, i beni materiali
e immateriali, dal food ai viaggi
e alle vacanze, dall’automotive al tessile,
dai media alla finanza alle nuove tecnologie.
Anche la crescita in salute e benessere
dei “nuovi anziani” è un vistoso sintomo
di individui alla ricerca di empowerment.
Paolo Salafia li ha tratteggiati rimarcandone
il peso economico e culturale, e la loro
capacità di influenzamento. In particolare
le loro sempre più esigenti attese
di wellbeing, di mobilità e di esploratività.
Un nuovo segmento protagonista,
non bene intercettato sinora dal mondo
della produzione e dei media. Il percorso
prosegue con la lente di ingrandimento
che Giuseppe Minoia pone sui media.
In particolare sulla necessità di nuovi e più
precisi saperi da parte del cittadino
consumatore che vuole sentirsi più forte,
quindi più preparato. Con un problema:
il mondo dei media, oggi, tende a scivolare
verso i contenuti “deboli”, in balia dei lettori
che dovrebbero diventare coautori
delle notizie, dei contenuti. Si assiste quindi
ad un paradosso: individui alla ricerca
di saperi forti e media che tendono
a offrire loro contenuti deboli.
Urge il recupero di contenuti specialistici,
certificati, di filiera garantita. Con un ruolo
determinante dei grandi brand editoriali
che dovranno essere in grado di rispondere
in maniera mirata alle nuove esigenze.
Per fare sentire (diventare) davvero “esperti”.
Tutto questo dovrebbe ricadere
positivamente sui valori dei contenuti:
con buone prospettive per il premium price
del giornalismo forte.
In questo scenario complesso e complicato
ma tutt’altro che deprimente, un ruolo
decisivo svolge (svolgerà) la marca, ma
a determinate condizioni.
Fabrizio Fornezza aggiorna sui nuovi ruoli
della marca, se davvero volesse progettare
futuro, cioè conferire potere e non soltanto
occasioni di consumo ai propri utenti.
Oggi la marca sta perdendo valore perché
trascura uno dei suoi fondamentali compiti,
che consiste nel proporre nuove sintesi
di valore utili per gli individui in cerca di sempre
più efficaci identificazioni. Che fare?
a. progetti di precompetizione, avendo
obiettivi di medio termine, così da favorire
lo sviluppo di più forti sintesi di valore
(e quindi di necessità) legate al comparto
che le marche presidiano;
segue a pagina 2
[ news ]
O T T O B R E
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EURISKO
2010
QUALE - IMMEDIATO - FUTURO
segue da pagina 1
IL MONDO DEI MEDIA, OGGI,
TENDE A SCIVOLARE VERSO
I CONTENUTI “DEBOLI”,
IN BALIA DEI LETTORI
CHE DOVREBBERO DIVENTARE
COAUTORI DELLE NOTIZIE,
DEI CONTENUTI. SI ASSISTE
QUINDI AD UN PARADOSSO:
INDIVIDUI ALLA RICERCA
DI SAPERI FORTI E MEDIA
CHE TENDONO A OFFRIRE
LORO CONTENUTI DEBOLI.
b. puntare ad una nuova qualità
della comunicazione in un nuovo patto
con il consumatore;
c. rifornire di saperi il consumatore,
arricchendolo di nuove esperienze;
d. avere il coraggio di delineare il futuro,
come e dove saremo domani, prefigurando
nuovi modi e pratiche di vita con i necessari
prodotti e servizi, materiali e immateriali.
Infine Remo Lucchi delinea i vincoli
e le prospettive delle imprese oggi, pensando
al domani. In particolare i vincoli drammatici
delle imprese nella competizione globale
e il ruolo che la politica dovrebbe svolgere
e che invece si guarda bene dal fare.
E’ necessario un cambio di passo verso una
nuova visione di sostenibilità che implica,
anche, “inclusione” di tutti. In particolare
per i giovani che sono e si sentono sempre
Think Tank
‘‘
Marketing e Islam non sono in antitesi. Il Profeta Maometto
era un commerciante, figlio di commercianti. Da nessuna parte
del Corano, nella Sunna o negli Hadith è scritto che il commercio
e la ricerca del profitto sono di per sé negativi. Le norme etiche islamiche
pongono delle limitazioni soltanto se le aziende trattano attività Haram,
o se il loro comportamento è immorale. Se invece si comportano in modo
responsabile, allora hanno ampia libertà d’azione. Se si conformano
alle regole di base dei pilastri dell’Islam le aziende occidentali
non incontrano particolari difficoltà nell’attuazione di un piano di marketing.
Di recente hanno fatto la loro comparsa due tendenze apparentemente
in contrasto. Innanzitutto, la presa di coscienza da parte di molti musulmani,
soprattutto giovani, che vivono in occidente, alla ricerca di uno stile di vita
Halal. Vi sono dunque nuove opportunità per tutte le aziende che vendono
prodotti Halal, che si tratti di alimenti, vestiti, medicine, programmi Tv.
Al tempo stesso le aziende dei paesi islamici sono sempre più attive
sulla scena mondiale, in parte grazie ai petrodollari che li spinge ad investire
all’estero. ... La seconda tendenza è la strabiliante attrattività di cui godono
le marche occidentali nei Paesi Islamici. Le aziende dell’occidente,
con capacità di adattamento, spesso riescono ad imporre
i loro concetti e i loro prodotti con successo.”
‘‘
Queste poche righe vogliono essere il teaser di un libro che sicuramente
incuriosirà. Halal, Hadith, Haram, sono lemmi che dovranno essere appresi
dal nuovo marketing multiculturale e non più solo occidentale.
Cedomir Nestorovic MARKETING ISLAMICO
editore Egea pagine 162 prezzo 24,00 euro
più emarginati, esclusi dai diritti
di cittadinanza. E le imprese sempre più
ripiegate su sé stesse, con obiettivi di breve
per le trimestrali finanziarie. Urgono
interventi, per evitare che le tensioni
(pensiamo ai giovani, ma anche alle nuove
coorti di immigrati) esplodano in percorsi
alternativi e conflittuali. Si veda il boom
dei social network in internet, in cui
i giovani si rifugiano, in un mondo protetto
e in relazioni virtuali. Dove la realtà
complessa è evitata (la vita è “come se”),
e dove il confronto vero viene
continuamente rimandato. E’ determinante,
conclude Remo Lucchi, che le élite
della cultura, dell’economia, dei media
e della politica si impegnino per un nuovo
pervasivo progetto di sostenibilità sociale,
evitando gli obiettivi di corto respiro,
accettando la sfida dell’inclusione sociale.
G.M.
2
[ news ]
O T T O B R E
t
EURISKO
2010
Novità Eurisko Media Monitor
• CERTIFICAZIONE DEGLI SPOT
È in partenza da gennaio 2011 un nuovo servizio che si chiamerà
AuditEMM Spot e che, sfruttando l’impianto dell’indagine EMM,
produrrà due prodotti: una certificazione degli spot
(inclusa la verifica delle norme di competizione/affollamento
dei break), un database di spot, breaks, rubriche e campagne
dal quale è possibile condurre analisi sulla misurazione dell’audience
pubblicitaria, sulla concorrenza, sui break e le politiche commerciali,
analisi dinamiche, stime, eccetera. Monitorando 150 canali generalisti,
digitali e satellitari, questo servizio allargherà l’attuale offerta,
a condizioni estremamente convenienti. Quindi: una rilevazione
totalmente indipendente fatta su tantissimi canali a prezzi concorrenziali.
Agenda
Da ottobre sono disponibili i risultati
di importanti indagini promosse da GfK Eurisko:
I CONSUMI DEGLI IMMIGRATI
Un indispensabile strumento operativo
per le Aziende che intendono rivolgersi a questi nuovi segmenti:
>
>
>
>
utilizzo delle interfacce tecnologiche in Italia e verso l’estero
l’uso dei servizi, in particolare per la mobilità
i consumi e gli orientamenti finanziari
i consumi fast moving (food, drink, igiene e cosmetica, etc.)
NEW MEDIA
• NUOVO METER ANCHE CON GPS
Il punto sui temi caldi e strategici del mondo Internet,
in particolare:
È in fase di test il nuovo meter che - primo al mondo - includerà
anche un GPS. In questo modo l’indagine EMM restituirà,
oltre all’esposizione a tutti mezzi, anche rilevanti informazioni
sui touchpoints e sulle modalità di ascolto TV e Radio fuori casa.
Questa tecnologia si candida a diventare il punto
di riferimento anche per gli sviluppi delle ricerche ufficiali.
> l’utilizzo
> il commercio elettronico
e le propensioni verso i servizi a pagamento
> la pubblicità
> blog e social network
> convergenza
• ANCHE KUBIK PER EMM
I SENIOR NELL’ETÀ DEL BENESSERE
In aggiunta a Supernova, il software di analisi e pianificazione
che viene consegnato insieme alla banca dati, gli utenti dell’indagine
EMM avranno da oggi la possibilità di utilizzare anche un altro
strumento di accesso ai dati della ricerca. MediaSoft ha infatti
messo a punto un’estensione di Kubik in grado di analizzare
i dati EMM. Questo consentirà a tutti i Centri Media,
e agli operatori che utilizzano il più diffuso software di pianificazione,
una gestione ancora più agevole dei dati sulla multimedialità,
che solo l’indagine GfK Eurisko è attualmente in grado di fornire.
Con l’apertura a ulteriori importanti analisi.
Atteggiamenti e consumi negli ambiti cruciali,
in particolare verso i media e le dotazioni tecnologiche:
>
>
>
>
>
la salute e la cura di sé
la cultura ed il tempo libero
la tecnologia e i mezzi di comunicazione
il food
i servizi finanziari, assicurativi e di pubblica utilità.
Per saperne di più
‡ [email protected] ‡ www.gfk-eurisko.it
DAL SEMINARIO CSR AL WORKSHOP SUGLI STRUMENTI DI MISURAZIONE DELLA CSR
Intendiamo proseguire il percorso
avviato il 15 settembre a Milano
con il seminario “Il mercato che cambia:
consumatori più consapevoli, imprese
più responsabili” che ha visto
la presenza di oltre 100 aziende.
Intendiamo adottare un approccio
di costruzione e condivisione
degli strumenti di ricerca più in linea
con le esigenze delle aziende clienti,
interessate a trasformare questa area
in una leva competitiva e di distintività.
Il 21 ottobre è previsto un incontro
di workshop sul tema CSR nel quale
verranno ripercorse le fondamentali
evidenze e discussi gli approcci
e i modelli di ricerca GfK Eurisko.
Per costruire e monitorare nel tempo
il cruscotto della CSR per aziende
e manager operanti nei diversi settori.
L’incontro è su invito, per info
[email protected]
[email protected]
t
EURISKO
Milano Via Monte Rosa, 15-17-19 . 20149 Milano Tel. +39-02-43.809.1 Fax +39-02- 48.14.177
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Roma Piazza della Repubblica, 59 . 00185 Roma Tel. +39-06-47.82.33.02 Fax +39-06-96.70.39.67 [email protected]
Ufficio Stampa Via Monte Rosa 19 . 20149 Milano Tel. +39 -02- 43.809.376
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SE NON DESIDERA RICEVERE CINQUEMINUTI MANDI UN EMAIL A [email protected], INDICANDO NELL’OGGETTO REMOVE
Direttore responsabile Giuseppe Minoia
3
news]
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G K EURISKO
FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO
CINQUEMINUTI
CON SOCIAL TRENDS
numero 32 / novembre 2010
IMMIGRATO FOR PRESIDENT
Dilma Rousseff, neopresidente del Brasile
postLula, è immigrata di seconda
generazione. Come Obama.
E in Italia quando avremo l’Immigrato
for President? L’Osservatorio GfK Eurisko
sugli Immigrati aiuta a capire il se e il come.
Dopo la crisi si profilano con più precisione
richieste verso il mondo dell’offerta
dei beni di prima e seconda necessità,
e dei servizi di cittadinanza:
consapevolezze crescenti dei diritti
di consumo. Gli immigrati in Italia
crescono di numero (cinque milioni)
e in capacità di domanda verso di noi
che li ospitiamo. Le donne e gli uomini
che stanno creando un inedito meticciato
socioculturale se interrogati rispondono
con attese precise, non divergenti
da quelle di noi autoctoni, troppo
spesso convinti di una “superiorità”
che origina solo da pregiudizi.
FIDUCIA NELLE BANCHE ITALIANE OGGI,
VERSUS 2006
Totale rispondenti: immigrati over 18 anni, n=1000
Valori in percentuale
Anno 2006
Anno 2010
Responsabile finanziario
Responsabile finanziario
Sì, abbastanza
5
42
47
53
Così così
Dilma Rousseff e Lula da Silva
6
>
Sì, molto
59
31
29
No, per niente
13
Non indica
5
4
7
3
2
3,30
3,54
Media:
18
10
L’ultima edizione dell’Osservatorio
Immigrati consegna alcuni dati
che meritano approfondimenti
anche per il loro rilievo sociopolitico.
1. La fiducia verso le banche aumenta
in misura significativa. Dal confronto
tra il 2006 ed oggi la fiducia passa
dal 47% nel 2006 al 60% nel 2010.
Quali i motivi dell’aumentato valore
degli Istituti Bancari per gli immigrati?
E’ probabile che l’attenzione selettiva
ai nuovi clienti con la creazione di touch
point dedicati abbia favorito l’aumento
di reputazione positiva.
Nel 2006, dai gruppi di discussione,
emergeva un’Italia delle banche
ostile e incapace di intercettare i bisogni
di chi era da poco arrivato nel nostro Paese.
Oggi, dice il nostro Osservatorio,
la percezione è migliorata.
Da non dimenticare che la reputazione
migliorata è anche stata favorita
dall’immagine positiva delle banche
italiane rispetto ai profili speculativi
e finanziariamente rischiosi
delle banche all’estero.
2. L’altro dato su cui riflettere riguarda
l’atteggiamento verso la politica italiana.
Nello specifico, il desiderio
e la propensione a votare.
Ebbene, tale propensione è crollata
dal 2006 ad oggi. Il 60% degli immigrati
oggi non manifesta desideri
di partecipazione politica, mentre nel 2006
era solo il 33% che segnalava disinteresse.
Siamo alla caduta di credibilità dei partiti,
di tutti, sinistra compresa, come si può
vedere dalle tabelle allegate.
segue a pagina 2
[ news ]
t
EURISKO
NOVEMBRE 2010
IMMIGRATO FOR PRESIDENT
PROPENSIONE AL VOTO OGGI, VERSUS 2008 E 2006
Totale rispondenti: immigrati over 18 anni, n=1000
Dati 2006
Dati 2008
n = 100
n = 100
42
31
Sì
33
47
No
22
22
Non indica
Valori in percentuale
Anno 2010
22
>
In sostanza, la politica sta sempre meno
intercettando i desideri e i bisogni
degli immigrati, mentre i servizi, come
le banche, stanno recuperando, impegnandosi
nel cogliere i bisogni di questi nuovi segmenti.
3. Recuperano valore e desiderabilità
anche le grandi marche dei beni di largo
consumo, dal food & drink, ai prodotti
per la casa, all’healthcare. Le grandi marche
sono sempre più valutate positivamente,
in particolare le marche italiane. Ipotesi.
Gli immigrati sono cittadini senza politica,
alla ricerca di nuove identità che, per ora,
sono rappresentate dalle istituzioni e dai
brand frequentati nei percorsi di vita.
E domani? Quali percorsi identificativi
saranno loro riservati?
G.M.
60
>
segue da pagina 1
18
PROPENSIONE POLITICA OGGI, VERSUS 2008 E 2006
Totale rispondenti: immigrati over 18 anni, n=1000
Dati 2006
Dati 2008
n = 100
n = 100
22
13
Centro Sinistra Unione
7
7
Centro Destra Casa delle Libertà
Valori in percentuale
Anno 2010
4
5
Altri schieramenti
67
76
Non indica
12
7
5
76
[Rilevazione condotta da GfK Eurisko nel mese di luglio 2010; interviste personali domiciliari; 1000 casi rappresentativi per provenienza continentale e per distribuzione sul territorio italiano]
Per saperne di più: Elena Cappelletti ‡ [email protected]
Think Tank
Può la filosofia contemporanea essere d’aiuto alle scienze sociali, in particolare
a noi che ci occupiamo di ricerche e analisi del cambiamento socioculturale?
La risposta è sì, se si ha la pazienza di frequentare i nuovi filosofi, tra i quali
spicca Maurizio Ferraris, capace di rendere appassionante e comprensibile
anche il più intellettualistico testo di Derrida. In “Ricostruire la decostruzione”
Ferraris fa il punto sul postmoderno chiedendosi dove stia approdando.
La risposta è: il populismo mediatico, cioè il pensiero secondo il quale “fuori”
non c’è la realtà, ma solo un gioco di interpretazioni e manipolazioni che fanno
sparire di scena il mondo vero. Il populismo mediatico - si veda il caso italiano
di Avetrana - implica che i fatti non esistano, ma che invece tutto sia solo
interpretazione. E’ facile vedere in questo assunto una deriva pericolosissima:
nulla è vero, non solo la verità ma anche la giustizia.
Se tutto è interpretazione, il relativismo da pensiero debole ha la meglio
con il rischio che scompaiano i valori forti, i convincimenti durevoli alla base
del contratto sociale. Il marketing e la comunicazione d’impresa dovrebbero
riflettere su questo assunto. Il populismo mediatico può entusiasmare
i postcreativi per i blog e i forum che aiutano a creare e a distruggere
reputazioni di marca e di company, ma a scapito dei valori fondanti,
della trasparenza delle cose tracciabili e sostenibili, che sono il basic trust
della produzione e dell’offerta per il cittadino consumatore.
Maurizio Ferraris RICOSTRUIRE LA DECOSTRUZIONE
CINQUE SAGGI A PARTIRE DA JACQUES DERRIDA
editore Bompiani pagine 106 prezzo 10,00 euro
2
[ news ]
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EURISKO
NOVEMBRE 2010
I NOSTRI SEMINARI
Agenda
IN PARTENZA A NOVEMBRE
ROMA
ULTIMA SETTIMANA DI GENNAIO 2011
IL MERCATO CHE CAMBIA:
CONSUMATORI PIÙ CONSAPEVOLI,
IMPRESE PIÙ RESPONSABILI
Le tendenze emergenti relative al paradigma
della sostenibilità ambientale e sociale: un modello
di riferimento prioritario per la strategia delle imprese
più responsabili e per le valutazioni e scelte
di acquisto dei cittadini-consumatori più consapevoli.
MILANO
DA METTERE IN AGENDA
PER I PRIMI DI FEBBRAIO 2011
GLI ITALIANI E L’AUTO, OGGI:
ATTESE, PRETESE, RINUNCE
Multifinanziaria Retail Market
Il più esteso e aggiornato data base, giunto alla 24a edizione,
sulle scelte finanziarie degli Italiani:
> 4.500 famiglie e oltre 9.000 individui su base annua
> segmentazione del mercato in stili finanziari comportamentali
> monitoraggio costante della relazione tra offerta
di prodotti finanziari e la domanda del mercato
> misurazione negli anni della relazione fra le famiglie,
i brand finanziari e la loro pressione commerciale e pubblicitaria
Osservatorio sul credito al consumo
Necessario strumento per completare lo scenario finanziario:
> il rapporto con le istituzioni finanziarie
(banche, intermediari specializzati)
> il posizionamento e la competizione dei Brand
> le potenzialità del mercato
SISTEMI INTEGRATI DI INDAGINE
SULLA CORPORATE SOCIAL
RESPONSIBILITY
Il sistema di ricerche messo a punto da GfK Eurisko
per la valutazione della CSR aziendale:
> Indice sintetico della performance CSR
> Valutazione delle attività di comunicazione “responsabile”
> Supporto alla progettazione di nuove attività
STP PRE E POST TEST
Lo strumento più efficace ed efficiente per misurare gli investimenti
in comunicazione:
>
>
>
>
Per info: [email protected]
[email protected]
[email protected]
potenza, continuità e qualità della rilevazione delle informazioni
flessibilità
velocità dei risultati
investimenti contenuti
Per saperne di più
‡ [email protected] ‡ www.gfk-eurisko.it
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EURISKO
Milano Via Monte Rosa, 15-17-19 . 20149 Milano Tel. +39-02-43.809.1 Fax +39-02- 48.14.177
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Roma Piazza della Repubblica, 59 . 00185 Roma Tel. +39-06-47.82.33.02 Fax +39-06-96.70.39.67 [email protected]
Ufficio Stampa Via Monte Rosa 19 . 20149 Milano Tel. +39 -02- 43.809.376
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G K EURISKO
FLASH SU RICERCHE > APPUNTAMENTI > LIBRI UNA PROPOSTA “IN PILLOLE” DA LEGGERE D’UN FIATO
BUON NATALE,
BIG SOCIETY
Dal film Noi credevamo di Mario Martone
Gli italiani sono stanchi e non
hanno più desideri, secondo
l’ultimo rapporto Censis.
Una sorta di sfiancamento,
di “vada come vada” ci starebbe
pervadendo. Molte le cause,
comuni anche ad altri Paesi
dentro e fuori l’eurozona.
La crisi che non si sa quando
finirà ha prodotto tagli-frustrazioni-ribellioni dalla Gran Bretagna
alla Grecia, dall’Irlanda alla Spagna all’Italia. Stati Uniti inclusi
dove - svolta epocale - si modifica l’idea di casa giusta. Ora tra i
100 e 200 metri quadrati, mentre
prima la casa ideale non poteva
prevedere meno di 300 metri,
compresi la sala dei giochi e tanti
bagni quanti le stanze.
“Put your life on a diet” è il mantra di fine decennio, che oltre a
suggerire responsabilmente di
introdurre meno calorie nel corpo, diventa il manifesto di una
più “stretta” filosofia di vita. Che
può anche significare vivere con
meno, o addirittura gratis, sviluppando lo scambio, il bartering,
on e off line. D’altra parte sono
sempre più numerose le voci in
favore del FIL (Felicità Interna
Lorda), contro il PIL, che sarebbe
inutile per misurare il soddisfacimento degli individui.
Dunque, siamo davvero senza
desideri o, nonostante le crisi o
grazie ad esse, siamo in grado di
manifestare sempre più precise
attese per quanto riguarda la
nostra vita? O non stiamo piuttosto prefigurando nuovi percorsi
di esperienza, di apprendimento
e di divertimento, in un entertainment nell’accezione più
ampia, come scambio di saperi e
piaceri, di cure e coccole, di tempi
per l’impegno ma anche per il
benessere proprio e degli altri, tra
narcisismo e oblatività, tra edonismo e impegno perché gli altri
stiano altrettanto bene?
Siamo in una fase di discontinuità permanente, in cui la creatività è considerata bene comune
e status sociale, con nuove tecnologie a disposizione per inedite convergenze e time saving che
aprono praterie di nuove possibilità. In cui, come dicono gli scienziati, sarà sempre più lecito prefigurare l’esistenza reale di mondi
virtuali utili per i nostri percorsi
di vita. Con una medialità diffusa
che fa diventare archeologica la
sofa tv. E con la cultura digitale
che promette infinite scelte on
demand, rivoluzionando le procedure di palinsesto lineare. Un
periodo in cui si potranno mettere in pratica i comportamenti di
sostenibilità ambientale, considerando che la decrescita della
natalità mondiale non è lontana,
e la green economy si sta manifestando in prodotti concreti. Tra
pochi mesi le grandi case automobilistiche saranno sul mercato
con le auto elettriche e, si spera,
nelle città si comincerà a respirare meglio. Ma anche altri settori
si muovono veloci: dalla scienza
dei trapianti che sta predispo-
CINQUEMINUTI
CON SOCIAL TRENDS
numero 33 / dicembre 2010
nendo organi artificiali, alle scoperte di nuovi prodotti a coltivazione sostenibile per risolvere
l’endemica fame di milioni di persone che, è bene ricordarlo, nel
decennio che si chiude si sono
comunque ridotte di numero in
modo significativo. Il benessere
degli individui sta sempre più
diventando l’obiettivo di chi studia, ricerca, inventa e produce.
Con sempre più attenzione ai
“diversamente giovani”, a chi ha
superato la soglia dei 65 anni,
ormai coorti sempre più numerose (tra dieci anni, il 30% della
popolazione italiana).
Tutto questo sarà possibile se si
cambierà paradigma e se chi tiene le redini del cambiamento
accetterà di ascoltare tutti. Per
questo, forse, l’idea di “Big
Society” può aiutare. È un concetto politico ma è anche la
domanda che implicitamente gli
individui sempre più esprimono,
quanto meno gli occidentali che
hanno provato molte forme di
Bigstatalismo per uscirne delusi
quando non con le ossa rotte.
“Big Society” dovrebbe significare che tutti noi potremo essere
più determinanti nei percorsi di
vita e che per questo saranno
necessari soggetti vicini a noi,
con noi, in grado di capirci, di
non considerarci alieni, e di aiutare a realizzarci.
Significa un nuovo modello di
cultura diffusa nel e del territorio,
capace di alleggerire lo Stato,
non per privatizzare ma per
socializzare, dove assumerà priorità ciò che si inserisce nella rete,
nei circuiti, intercettando la ricchezza - economica, culturale,
sociale - là dove oggi viene prodotta e allocata. Con trasferimenti a comunità locali, al territorio e
a volontari, di una notevole parte
delle responsabilità di gestione
dei servizi sociali. Con progetti di
inclusione e non di esclusione, di
multiculturalismo e non di assimilazione centripeta. In una prospettiva che non sarà né di
destra né di sinistra.
(g.m.)
[ news ]
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G K EURISKO
DICEMBRE 2010
Think Tank
NOI CREDEVAMO
L’Italia è un Paese che sfugge la propria storia e i propri miti
fondativi. Forse perché ne ha troppi. Alzi la mano
chi sa ricostruire date e uomini del nostro Risorgimento.
Eppure veniamo da lì. È il Risorgimento che ha unito l’Italia
e gli Italiani, prima Austroungarici, Piemontesi Sabaudi,
del Regno due Sicilie e dello Stato Pontificio.
La mancanza di memoria condivisa è grave, perché senza
è difficile evitare lo scontro continuo su chi ha vinto e su chi
ha guadagnato e su chi è stato depredato con l’unità d’Italia.
I media aiutano poco. Il Risorgimento è considerato materia
scolastica per niente sexy. E il nostro cinema non ha trovato
il John Ford capace di epicizzare l’unità d’Italia.
Lo stesso inno nazionale, nelle sue rime criptiche, crea imbarazzo
se ne vogliamo cogliere i significati. In controtendenza è il film
di Mario Martone con il bel titolo “Noi credevamo”.
Un film contemporaneo, pieno di personaggi che fanno sentire
il Risorgimento una questione aperta che ci riguarda tutti,
nelle nostre scelte e nei nostri pregiudizi. Con un Sud
che era ed è sempre un po’ caratterizzato dal piangersi addosso,
con i Piemontesi un po’ leghisti che sparano ai garibaldini
ingenui e impreparati. Un Sud senza tempo, dove Martone
ritaglia immagini che lasciano intravedere gli scempi delle case
abusive di oggi. E con una classe dirigente che trasformisticamente
prende le redini di un’Italia “malata” dalla nascita,
come dice il bel personaggio della principessa di Belgiojoso.
Insomma, tante domande e molte sollecitazioni
per approfondire, per andare a scoprire come eravamo,
per arricchire il dibattito sul centocinquantenario dell’Unità.
P.S. L’affezionato lettore potrebbe chiedersi, a questo punto, perché segnaliamo un film sul Risorgimento,
in una Newsletter che si occupa di tendenze socioculturali. L’Italia è anche il marchio in cui tutti ci identifichiamo,
sintesi di valori da divulgare dentro e fuori il Paese. Se ci sentiamo demotivati verso il valore Italia, difficilmente
riusciremo a convincere i nostri interlocutori della bontà, qualità, unicità dei nostri prodotti, delle nostre idee, di noi stessi.
2
[ news ]
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G K EURISKO
DICEMBRE 2010
INTERNET E I MINORI
Utopia di una rete
senza rischi
Due immaginari contrastanti segnano, nella
nostra società, il rapporto tra infanzia e nuove tecnologie: da un lato rappresentazioni
entusiastiche dei “nativi digitali” 1, nuove
generazioni naturalmente predisposte all’uso di Internet e più competenti rispetto agli
adulti; dall’altra discorsi che sull’argomento
assumono spesso forma di “media panics”,
una sorta di panico morale che vede nelle
tecnologie online una minaccia allo sviluppo
socio-cognitivo dei bambini: i minori vengono rappresentati come vittime dei rischi della Rete, dall’adescamento (grooming) al
cyberbullismo, all’esposizione a contenuti
pornografici…2 D’altra parte, l’analisi sociologica dimostra in più casi che la produzione
sociale di ricchezza va di pari passo con
la produzione sociale di rischi. Per valutare
con attenzione l’equilibrio di rapporti tra
queste due posizioni, è nato EU Kids Online
(www.eukidsonline.net), un network europeo, che ha coinvolto 21 Paesi tra cui l’Italia,
allo scopo di monitorare lo stato dell’arte
della ricerca su Internet e i minori in Europa,
tra gap conoscitivi e punti di forza.
Vittime inermi o partecipanti competenti?
I tentativi di risolvere questo dilemma, ignorando i rischi o, viceversa, riducendo le
opportunità che la Rete riserva ai bambini
(limitandone l’accesso e controllandone l’attività) non appaiono soddisfacenti.
Risultano necessarie autoregolamentazione
dei produttori e dei provider di servizi e contenuti, strategie di incremento della consapevolezza di genitori e insegnanti, potenziamento della capacità di reazione dei bambini.
Si profila all’orizzonte un pensiero nuovo,
teorizzato in termini di “resilienza ai rischi”: si
sostiene, cioè, che i bambini debbano apprendere in maniera indipendente come navigare nel web, imparando dagli errori compiuti
e superando gli incidenti spiacevoli, perché
1. Nati con la Rete,
Rizzoli 2009
2. L’argomento
è ampiamente trattato
in Comunicazioni Sociali,
anno XXXI, n.3,
settembre - dicembre
2009.
3. J.Coleman, A.Hagel,
Adolescence, Risk
and Resilience:
Against the Odds,
John Wiley and sons,
Chichetser, West Sussex,
2007, p.15
“la resilienza si può sviluppare solo attraverso l’esposizione ai rischi e allo stress”3.
Affrontare i rischi significa soprattutto adottare atteggiamenti che proteggano i soggetti da
eventuali danni psicologici connessi all’esposizione a situazioni disagevoli.
Le domande sono inevitabili: fino a che punto
possiamo aspettarci che i bambini siano in
grado di affrontare i rischi della Rete? Esiste
una soglia di esposizione ai pericoli oltre la
quale si attutisce il danno potenziale? Come
si sviluppa il processo decisionale che gli
adolescenti mettono in atto in relazione ai
rischi previsti? L’indagine Eu Kids Online suggerisce che i bambini si stanno imbattendo in
una quantità di situazioni a rischio complessivamente non eccessiva e presumibilmente
con gradi variabili di intenzionalità e di gravità
rispetto agli effetti.
La pornografia è al primo posto, seguita da
contenuti violenti e da episodi di bullismo e
dagli incontri off line con persone conosciute
nella Rete. Nella maggioranza dei casi pornografia e contenuti violenti sono ignorati, messaggi di bullismo cancellati e incontri face to
face con persone conosciute nella Rete si traducono spesso in momenti di convivialità.
Sembrerebbe dunque che le iniziative di promozione della sicurezza online abbiano rag-
giunto un discreto livello di efficacia sia per
gli atteggiamenti reattivi (cancellare o ignorare i contenuti sgraditi), sia per le condotte
proattive tese a gestire più che a schivare i
pericoli (riferire, condividere con amici e genitori quanto accaduto).
Ma c’è anche una parte dei bambini e degli
adolescenti che dichiara di rimanere turbata
da certi contenuti o di rammaricarsi per averne avuto contatto. Le reazioni sono diverse
tra bambini e adolescenti, tra maschi e femmine. I maschi hanno maggiori probabilità di
essere esposti a rischi di contenuto e frequentano offline persone conosciute on line
più spesso di quanto facciano le bambine. Le
bambine hanno, nei confronti dei rischi della
Rete, una reazione complessivamente negativa, e quindi potrebbero essere più ricettive a
iniziative di sensibilizzazione sui possibili
inconvenienti; i ragazzi, invece, tendono a
dedicare poca attenzione ai rischi del web e
risultano più impermeabili a suggerimenti di
sicurezza nella Rete. In conclusione, è bene
sottolineare le potenzialità positive del web e
puntare sulla necessità di irrobustire la capacità di autodifesa dei bambini, tenendo conto
che una Rete completamente priva di pericoli
rappresenta un’utopia.
(v.p)
CLASSIFICAZIONE DEI RISCHI DI INTERNET PER I MINORI
COMMERCIALE
AGGRESSIVO
SESSUALE
VALORIALE
CONTENUTI
Ragazzi come
destinatari
Pubblicità
occulta,
spamming,
sponsorizzazioni
Contenuti
violenti,
incitamento
all’odio
Contenuti
indesiderati
a sfondo
sessuale
o pornografici
Razzismo,
informazioni
e suggerimenti
devianti
(ad esempio
droghe)
CONTATTI
Ragazzi come
partecipanti
Tracciamento,
diffusione
di informazioni
personali
Esser vittima
di atti
di bullismo,
molestie
Contatti
con sconosciuti,
adescamenti
Autolesionismo,
manipolazione,
plagio
COMPORTAMENTI
Ragazzi come
protagonisti
Gioco
d’azzardo,
haking,
downloads
illegali
Compiere atti
di bullismo
o molestie
Creazione
e upload
di materiale
pornografico
Fornire consigli
dannosi,
incoraggiare
ad atti
autolesionistici
(suicidio,
anoressia, ecc.)
Fonte: EU Kids Online (Hasebrink - Livingstone - Haddon, Comparing children’s Online Opportunities and Risk across Europe).
3
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G K EURISKO
DICEMBRE 2010
SEMINARIO GfK EURISKO
Agenda
IL MERCATO CHE CAMBIA:
CONSUMATORI PIÙ CONSAPEVOLI,
IMPRESE PIÙ RESPONSABILI
SALONE DEL RISPARMIO
ROMA, 26 GENNAIO 2011
dalle ore 10.00 alle ore 12.30
il Seminario sulla Sostenibilità e la Responsabilità Sociale
d’Impresa farà il punto sulle tendenze emergenti
per quanto riguarda il paradigma della sostenibilità
ambientale e sociale, modello di riferimento prioritario,
oggi, sia per le strategie delle imprese più responsabili
sia per le scelte di acquisto dei cittadini-consumatori
più consapevoli.
Il programma prevede la presentazione delle principali
evidenze emerse dalle indagini condotte nell’ultimo anno
da GfK Eurisko sui temi della sostenibilità:
> il CSR International Monitor 2010,
> l’indagine Eurisko-Sodalitas sulla evoluzione
del concetto di sostenibilità dal punto di vista
delle imprese e il nuovo
- Osservatorio sulla responsabilità dei settori
e delle marche.
Verranno inoltre ospitate le testimonianze
di alcune realtà eccellenti del profit e del no profit
che presenteranno le loro case histories.
Seguiranno dettagli sulla location dell’evento e l’agenda
dell’incontro. Per confermare la propria partecipazione,
contattare la segreteria organizzativa:
‡ [email protected].
PROSSIMAMENTE
MILANO, FEBBRAIO 2011
GLI ITALIANI E L’AUTO, OGGI:
ATTESE, PRETESE, RINUNCE
Per info [email protected]
[email protected]
[email protected]
> Il 6, 7 e 8 Aprile 2011 avrà luogo a Milano, presso il nuovo
centro congressi dell’Università “L. Bocconi”, il Salone del risparmio,
il più importante evento italiano interamente dedicato al settore del
risparmio gestito, organizzato da Assogestioni. Un Salone nuovo,
ancora più grande e accogliente, che si propone di favorire lo sviluppo di relazioni commerciali all’interno del mercato e l’incontro diretto e privilegiato con il pubblico dei risparmiatori, ai quali sono
dedicati momenti di incontro e occasioni di approfondimento.
GfK Eurisko e Prometeia sono stati invitati, il 6 aprile alle 11:30,
a esporre a tutta la comunità finanziaria le principali evidenze emerse
dall’Osservatorio sui Risparmi delle Famiglie edizione 2011.
Per maggiori informazioni: Antonella Busi, Segreteria Organizzativa
‡ [email protected]
NOVITÀ GfK EURISKO
> IPad: oggetto di culto, hit tecnologico del momento
Regalo di Natale cult, multitasking comodo e veloce, al servizio
dell’attimo fuggente e dell’immediatismo, facile nella consultazione e
nella trasportabilità, l’Ipad desta in questo momento grande curiosità
e interesse. A studiarne tutti gli aspetti, tra euforia, curiosità e dubbi,
è la Ricerca New Media di GfK Eurisko, che ne coglie l’impatto sul
pubblico, l’uso reale che ne viene fatto, i problemi e le aree di criticità.
> TV Barometro 2011
Questo il nome della nuova ricerca GfK Eurisko che, dopo il passaggio
integrale alla piattaforma digitale, continuerà a dimensionare le dotazioni televisive presenti nelle case degli italiani e monitorerà lo stato
della concorrenza interna alle piattaforme Pay (SKY, Mediaset Premium, Dahlia).
Questa ricerca permetterà quindi di disporre di un riscontro continuativo dell’evoluzione in atto, e individuare periodicamente l’offerta pay a
maggiore desiderabilità, anche a fronte dell’aumento dell’offerta di
canali tematici free sulla nuova piattaforma digitale.
> Disponibile la nuova brochure delle Indagini GfK Eurisko 2011
Presso la Direzione commerciale sono disponibili, in formato digitale, le schede relative a tutte le Indagini Multiclient 2011 - GfK Eurisko.
Per maggiori informazioni:
‡ [email protected]
t
G K EURISKO
Milano Via Monte Rosa, 15-17-19 . 20149 Milano Tel. +39-02-43.809.1 Fax +39-02- 48.14.177
[email protected]
Roma Piazza della Repubblica, 59 . 00185 Roma Tel. +39-06-47.82.33.02 Fax +39-06-96.70.39.67 [email protected]
Ufficio Stampa Via Monte Rosa 19 . 20149 Milano Tel. +39 -02- 43.809.376
[email protected]
SE NON DESIDERA RICEVERE CINQUEMINUTI MANDI UN EMAIL A [email protected], INDICANDO NELL’OGGETTO REMOVE
Direttore responsabile Giuseppe Minoia
4
SOCIALTRENDS
I L
C A M B I A M E N T O
S O C I O C U L T U R A L E
▼
G K EURISKO
Novembre 2010 no.110
DISCONTINUITÀ CONTINUA
B
uone notizie.
che la discontinuità sarà la prassi
consumare, sullo sfondo di questo
Riprendono gli investimenti
quotidiana con cui convivere.
cambiamento ? Non certo introiettare,
in comunicazione,
Il multimedia diventa un sistema
né acquisire per poi distruggere.
dopo la grande gelata del biennio
complicato e complesso, ricco
Significati inediti si stagliano
che abbiamo alle spalle. Le imprese
di articolazioni nei nuovi format on
all’orizzonte, per nuovi pubblici.
tornano a credere negli atti
e off line, nelle inseminazioni digitali,
Dai nuovi anziani (i “diversamente
comunicativi e nelle tattiche e strategie
nelle convergenze e divergenze
giovani”) ai giovani perplessi
di segmento, di nicchia, di local
dei contenuti e degli schermi
nella loro precarietà.
e di global e - ovviamente - di glocal.
su cui leggerli. Tutto si incrocia
Dalle donne triplo ruolo ai maschi
Riappaiono i piani media
e si scontra in prospettive inedite
alla ricerca di nuovi ruoli.
e le piattaforme più o meno creative.
di crossfertilizzazione per
Le tattiche e le strategie delle imprese
Tutto come prima, dunque?
un utente-lettore-spettatore sempre
devono adeguarsi, il più velocemente
Questo numero di Social Trends
più esigente e critico nelle sue richieste
possibile. Il valore e la reputazione
intende sostenere proprio il contrario.
di contenuti che servano per diventare
delle Marche si costruiscono
Che nulla sarà come prima,
esperti in qualcosa. Che cosa significa
su parametri da rifondare (g.m.).
sommario
2
L’IMPORTANZA DEL TERRITORIO
AMBIENTE FONDAMENTALE
DI COMUNICAZIONE
18
CHI HA PAURA
DELL’AGEING ATTIVO
22
MULTIMEDIA.
L’ILLUSIONE DELLA COCREAZIONE
E IL BISOGNO DI MEDIA FORTI
di Giuseppe Minoia
di Remo Lucchi
6
12
SOSTENIBILITÀ, TRASPARENZA, TERRITORIO
COME SI COSTRUISCE REPUTATION
di Vitalba Paesano
LA RESPONSABILITÀ SOCIALE
PARLANO LE IMPRESE E I CITTADINI
di Paolo Anselmi
di Paolo Salafia
26
CRISI DEL VALORE DI MARCA
IL FUTURO COME RISORSA
32
L’IMMAGINE
DELLA GIUSTIZIA
di Fabrizio Fornezza
di Gianmario Italiano
 
Il Buddington Zero Energy Development ,
insediamento situato nel quartiere di Beddington
a Londra, caratterizzato da zero emissioni inquinanti
e consumi energetici, sorto dalla riqualificazione
di una vecchia area industriale dismessa.
2
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
 
L’IMPORTANZA DEL TERRITORIO
ambiente fondamentale di comunicazione
Il contesto territoriale in cui noi viviamo
offre potenziali di ritorno decisamente
interessanti sugli investimenti
che le Aziende possono fare. Ciò in quanto:
- il territorio è il contesto primario
in cui ci si aspetta che siano sviluppate
le politiche di Sostenibilità da parte
delle Aziende. Vedremo il perché
- il territorio è il luogo in cui gli individui
in modo crescente investono nella prospettiva
di soddisfare il desiderio di benessere
- il territorio è il luogo sempre più
indispensabile per completare e rendere
efficace la comunicazione delle Aziende
verso gli individui (consumatori).
Quindi il “territorio” come ambito
baricentrico di tutte le fondamentali forme
di vita. Delle Aziende, degli individui,
della loro relazione.
Approfondiamo questi tre ambiti.
LE AZIENDE: LA SOSTENIBILITÀ E IL TERRITORIO
Parliamo di Sostenibilità* come nuova filosofia di gestione del
business. L’adozione della Sostenibilità - che ha a che fare con il
“lungo periodo”, e che richiede l’attenzione al territorio in cui
si opera, e con coloro che vivono questo territorio - è richiesta
a gran voce da un’élite sociale che ha ben diagnosticato le cause
della crisi in cui siamo precipitati e dalla quale fatichiamo ad
uscire. In particolare l’élite - nel diagnosticare le cause della
crisi - fa riferimento a una gestione delle Aziende caratterizzata
da decisioni orientate a trarre il massimo del beneficio nel brevissimo termine, con evitamento di investimenti sia per l’innovazione di prodotto sia per l’innovazione di processo (gli ammortamenti avrebbero turbato i bilanci di breve periodo), e dimostrando noncuranza per gli effetti di medio-lungo periodo.
Ciò ha portato alla non differenziazione sul mercato, e quindi
alla pura competizione di prezzo, alla contrazione dei costi
come unica strategia per fare margini, alla non creazione di valore, a sottrarre risorse per la vera crescita (delle persone, dei
prodotti), …, ad innestare la spirale al collasso.
L’élite ha capito tutto questo, e i suoi suggerimenti vanno
verso l’adozione di strategie di Sostenibilità: si operi in logiche di medio-lungo termine, con forte attenzione alla rigenerazione dei prodotti e dei metodi di produzione, spostando
nel futuro l’attesa per il ritorno sugli investimenti, tornando a
scelte sane per i finanziamenti; e con grande attenzione alla
Domanda, ed al rispetto dei suoi bisogni.
Questa richiesta di Sostenibilità, che in un primo momento
di smarrimento - nel momento centrale della crisi - era incerta, sta ora diventando forte. Chiariamo.
La crisi attuale ha radici lontane, non è stata affatto improvvisa. Da tempo la gente si è accorta che il sistema dell’Offerta
ha adottato una direzione troppo centrata su di sé e sullo
sfruttamento. L’atteggiamento critico - rilevato nelle ricerche
sociali - è crescente; non dimentichiamo peraltro che la capacità critica e di giudizio della gente negli ultimi anni è cresciuta esponenzialmente: negli ultimi 15 anni c’è stata una
forte diffusione dell’istruzione media, e la crescita della sollecitazione dei mezzi di comunicazione.
La centratura dell’Offerta su di sé ha provocato una progressiva presa di distanza dal pubblico (abbandono della dipendenza e dell’identificazione), in qualche misura a disconoscerla, con conseguente perdita del valore dei marchi, e aumento dell’infedeltà; tutto a favore di maggiori centrature
sulle proprie capacità individuali (tendenza all’individuazione, a fare affidamento solo sulle proprie capacità). Le conseguenze di questa fase sono importanti: la presa di distanza
dalle logiche di “identificazione” ha portato in qualche misura
la Società a ritirarsi, con l’abbandono del singolo a se stesso.
* I pilastri della sostenibilità,
che - all’interno di un definito sistema
territoriale - non potranno essere traditi,
fanno capo ai seguenti 4 capitoli:
Sostenibilità ambientale - non solo
la capacità di preservare nel tempo
le tre funzioni dell’ambiente di fornitore
di risorse, di ricettore di rifiuti
e di fonte diretta di utilità. Ma anche
la capacità di valorizzare l’ambiente in quanto
“elemento distintivo” del territorio.
Sostenibilità economica - cioè la capacità
di produrre e mantenere all’interno
del territorio il massimo del valore aggiunto
combinando efficacemente le risorse,
3
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
al fine di valorizzare la specificità’
dei prodotti e dei servizi territoriali
Sostenibilità sociale - cioè la capacità
di garantire condizioni di benessere umano
- sicurezza, salute, istruzione equamente distribuite per tutti
i segmenti di una popolazione convivente
Sostenibilità culturale - la diversità culturale
e’ necessaria per l'umanità quanto
la biodiversità per la natura; è una
delle radici dello sviluppo inteso non solo
come crescita economica, ma anche come
un mezzo per condurre una esistenza
più soddisfacente sul piano
intellettuale, emozionale, morale e spirituale.
 
Si è scaricato sul singolo la responsabilità di colmare i vuoti di
significato. Ne sono conseguite una serie di problematizzazioni. In particolare l’individuo ha cominciato a sentirsi sotto
assedio: le complessità e le difficoltà sono risultate in forte aumento. Alcuni segni della complessità: crescita delle connessioni e delle interdipendenze, difficoltà di comprensione, molteplicità di fonti e punti di vista, rafforzamento di saperi
esperti inaccessibili. Oggi, nel momento di massima “individuazione”, l’eccesso di complessità e l’assenza di riferimenti
cominciano a creare segnali di rigetto. In altri termini, l’eccesso di individuazione, cui si è arrivati, comincia a fare paura.
Si colgono segnali forti di rivalorizzazione del ruolo degli altri,
della necessità di un raffronto con gli altri, della necessità di riferimenti. Si vedono le premesse di una nuova fase di “identificazione”, pur su piani differenti rispetto al passato. In altri
termini, si intravvedono in modo netto bisogni di nuovi riferimenti, più collettivi. Si nota una forte richiesta, soprattutto
alle Aziende, di trovare la capacità e il coraggio di “fare progetto”, di “dare senso”, di indicare delle direzioni. Nello specifico si nota un forte bisogno di grandi Aziende, di grandi
Brand, che si assumano la responsabilità di proporre progetti
veri, all’insegna di una nuova e più vera qualità, dimostrando
- nel fare azienda - consapevolezza sulla ”interconnessione del
vivere”, cui si è giunti: etica, ecosistema, sostenibilità.
Quindi si desidera fortemente che i “riferimenti importanti” (i
Brand importanti) siano caratterizzati da strategie di Sostenibilità. Ricordando che Sostenibilità significa anche e soprattutto vicinanza alla gente, e vicinanza ed attenzione al territorio in cui la gente vive. Attenzione al “territorio della gente”
come prima testimonianza dell’impegno di “Responsabilità
sociale” di lungo periodo (cioè Sostenibilità) che l’Azienda intende assumersi.
In altri termini, si sta radicando la convinzione che si debba
accelerare il passaggio dalla “shareholder theory” alla “stakeholder theory”. Secondo la teoria degli shareholder, lo scopo
dell’impresa anche nel breve periodo è la massimizzazione del
vantaggio degli azionisti. Secondo la stakeholder theory l’impresa, invece, raggiunge i suoi obiettivi se si rende conto di essere una coalizione di interessi che bisogna bilanciare.
Il nuovo approccio al processo di creazione del valore auspicato prevede, quindi, l’integrazione - nel metodo di gestione
dell’impresa - dei problemi ambientali, sociali, di armonia e di
benessere - da tutti i punti di vista: anche strutturale, funzionale ed estetico - del territorio in cui si opera.
GLI INDIVIDUI, IL BENESSERE E IL TERRITORIO
Gli individui manifestano un interesse crescente nei confronti
del territorio, e l’ipotesi più accreditata è che questo interesse
sia destinato ad aumentare sempre di più. I motivi: l’outdoor
come centro di attenzione crescente a seguito di cambiamenti profondi dell’organizzazione della propria esistenza
(per costrizione o per scelta); l’outdoor e le opportunità che
offre, come desiderio di trattarsi bene, in compensazione di
vite sempre più complesse, con difficoltà sempre meno gestibili. Soffermiamoci su ciascuna delle due aree.
- Cambiamenti profondi negli individui
Si è più volte fatto cenno al cambiamento culturale e critico
degli individui negli ultimi anni. Con il forte desiderio di protagonismo, soprattutto nelle donne.
La conseguenza di questa tendenza, amplificata dalla crisi crescente di questi ultimi anni, ha provocato una fuga dalle responsabilità classiche (la famiglia), a favore della centratura su
se stessi. Fenomeni anche molto diversi hanno prodotto gli
stessi risultati: difficoltà nei giovani nel raggiungere l’indipendenza economica: obbligati a rimanere nella famiglia originaria, a non crearsi un nuovo nucleo; quand’anche usciti di casa,
le complessità economiche da una parte, e comunque il desiderio di investire sul lavoro dall’altra, in una prospettiva di crescita nella carriera e nello status economico, induce a non investire nella costituzione di un nucleo classico (famiglia con figli). Negli ultimi 15 anni, infatti, sono aumentati sia le famiglie
con figli grandi che non escono di casa, sia i giovani adulti
senza figli. Alcuni dati: dal 1996 al 2010 i 25-34 enni che vivono con i genitori sono passati dal 39% al 48%, quelli che vivono soli sono passati dal 2% all’8%, quelli che hanno figli
sono passati dal 43% al 24%. Quindi, per scelta o per costrizione, nei giovani adulti ci si trova di fronte a individui molto
centrati su se stessi, con forte esploratività, desiderosi di fare, di
essere protagonisti: la casa non è il loro mondo (si dice che il
tempo passato in casa sia tempo sprecato); il fuori casa, e il territorio che lo caratterizza, è il baricentro della loro esistenza.
- Logiche compensatorie
Si è fatto cenno all’aumento della complessità esterna: assenza
di ancoraggio a seguito di un aumento dell’individuazione,
maggiori coinvolgimenti personali, globalizzazione della competizione, anche personale, richiesta continua di maggiori
competenze (professionali, linguistiche, informatiche, …).
La ricerca di compensazioni (trattarsi bene) - unitamente all’aumento di cultura e di protagonismo - richiedono spazi più
4
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
 
ampi: in casa si è più costretti, privi di stimoli, si è soli. Gli
eventi sono fuori casa: fuori si colgono situazioni ed esperienze che arricchiscono, e risarciscono sul piano psicofisico.
In più, i condizionamenti da time budget sono importanti:
tempo libero sempre meno, tempo obbligato e vincolato sempre più: viene maggiormente premiato il tempo dell’arricchimento in tutti i sensi, dell’intrattenimento. Quindi il fuori
casa - e il territorio che lo definisce - diventano spazio compensatorio, per una vita migliore.
LA COMUNICAZIONE E IL TERRITORIO
In questa prospettiva il territorio diventa “mezzo” complementare e necessario per una comunicazione efficace.
I mezzi classici impiegati dalla comunicazione sono assolutamente necessari, ma non più sufficienti; e il territorio - con i
suoi veicoli - deve rappresentare il naturale completamento.
Spieghiamoci. Negli ultimi lustri si sono verificate - e accadrà
nel prossimo futuro sempre di più - trasformazioni importanti negli individui, delle quali abbiamo fatto cenno anche
sopra. Queste trasformazioni hanno avuto un rilevante riflesso sull’esposizione ai classici mezzi di comunicazione, e
sull’efficacia della comunicazione pubblicitaria. In particolare:
- La forte evoluzione socio-culturale - sollecitando l’esploratività degli individui - ha portato a un rilevante sviluppo della
multimedialità: la moltiplicazione e frammentazione degli interessi ha condotto a una moltiplicazione delle fonti; in questa direzione ha contribuito anche il dinamismo di una parte dell’offerta mediale (soprattutto Internet e TV satellitari / tematiche)
- La crescente complessità della vita e l’aumento del tempo
occupato e vincolato, ha cambiato il time budget degli individui, riducendo il tempo a disposizione dei media classici
- La conseguenza di tutto ciò - esposizione a un numero di
mezzi crescente, per un tempo complessivo sempre più contratto - è la frammentazione dell’esposizione in generale, e
quindi anche alle comunicazioni pubblicitarie
- La frammentazione non ha tanto conseguenze sulle coperture (numero di persone raggiunte) quanto sulle frequenze. E
noi sappiamo - per evidenze empiriche - che la riduzione
delle frequenze causa una caduta significativa dei ricordi e
quindi degli impatti effettivi.
Si afferma con convinzione crescente (e con il supporto inequivocabile dei tracking sulla comunicazione) che l’unica possibilità per contrastare questo problema è il ricorso alla “multimedialità monocreativa”, cioè inseguire gli individui su tutti i
mezzi ai quali si espongono, mantenendo, però, la stessa creatività - o quanto meno una creatività fortemente collegata come condizione basica per poter fare frequenza.
Ora, uno dei mezzi cui ci si espone maggiormente è proprio il
territorio (out of home) che si frequenta abitualmente. E’ ciò
che un tempo chiamavamo il “contesto secondario” della propria esistenza (essendo quello “primario” la famiglia e la casa);
ma che oggi, per segmenti crescenti - soprattutto per i giovani
e i giovani adulti - è decisamente diventato “primario”. Il territorio è il mezzo più amato in assoluto, perché ambito fondamentale e irrinunciabile della propria vita.
Quindi il territorio come mezzo fondamentale per raggiungere gli individui nella loro quotidianità, con la necessaria frequenza, ed efficacia. Il territorio è un mezzo caratterizzato comunque da molti veicoli cominciando da quelli classici (gli
impianti della pubblicità esterna).
Si dice che la pubblicità esterna abbia un OTS (opportunity to
see) molto breve, una sorta di battito di ciglia. Ma è dimostrato che l’esterna ha una efficacia elevatissima se utilizzata in
modo corretto: comunicazione semplice, non congestionata
di segnali, basata su immagini, immediatamente decodificabile, e soprattutto immediatamente riconoscibile, perché basata su un’unica creatività utilizzata su tutti i mezzi. Allora basta davvero un battito di ciglia perché funzioni. C’è poi la comunicazione dei touch point: la presenza fisica dei brand sul
territorio, le insegne, i punti vendita. Si calcola che il 70%
delle decisioni finali di acquisto si basi sui segnali che l’individuo acquirente riceve nel cosiddetto ultimo miglio. Quindi il
territorio e le sue manifestazioni come forte orientatore negli
acquisti.
Ma infine è da considerare anche la presenza fisica delle Imprese in tutte le attività in cui si impegnano come Attori Sociali, in modo anche indipendente dall’attività produttiva
principale. Sono le possibili attività concrete dell’Azienda che
si assume ruoli di Responsabilità Sociale (nel vuoto della gestione pubblica).
Se facciamo riferimento all’Impresa che sviluppa una vera politica di Sostenibilità, dobbiamo prevedere non solo produzione e informazione, ma anche impegni fattivi per gli individui e per il loro benessere nel senso più ampio, bonificando il
territorio che è diventato l’ambiente primario di vita. Il territorio è l’essere assieme, il luogo della vita. E meglio della vita
non c’è niente.
Remo Lucchi
5
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
sommario
 
6
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
 
Sostenibilità, trasparenza, territorio
COME SI COSTRUISCE REPUTATION
Luca Virginio, da due anni Group Communication
& External Relations Director in Barilla,
racconta il progetto di comunicazione che nasce
dalla storia di un’azienda di 123 anni
e da una famiglia, responsabile da generazioni
Una solida esperienza prima in Italia,
poi in Europa e infine negli Stati Uniti,
all’interno della multinazionale Procter&Gamble.
Senior manager con responsabilità globale su 17 Paesi, ambasciatore della filosofia aziendale che dalla sede di Cincinnati di P&G doveva essere esportata
nel mondo. Luca Virginio dichiara da
sempre passione per il lavoro, ambizione, propensione all’azione, ma anche
rispetto per la cultura degli altri, a cominciare da quei primi Cinesi e Indiani
che, negli anni ’90, si aprivano all’Occidente.
Direttore ora, poco più che quarantacinquenne, della Comunicazione del
Gruppo Barilla (anzi, meglio, Group
Communication & External Relations
Director), da un paio d’anni interpreta
una nuova strategia di comunicazione
aziendale, con l’obiettivo di costruire,
mantenere, consolidare la reputazione
del Gruppo non solo in Italia, ma anche nel mondo.
“Oggi, per una grande azienda, non basta più produrre buoni prodotti; occorre comunicare e far conoscere chi
c’è dietro al marchio, quali sono i valori
* I risultati della ricerca, pubblicati
sul sito della rivista Forbes, sono stati
ottenuti attraverso la consultazione
diretta dei consumatori in 24 Paesi
nei diversi continenti. Le valutazioni
sono state espresse su una serie
di indicatori come, ad esempio,
ai quali ci si ispira, quale l’identità del
brand. Barilla, in passato, per riservatezza e discrezione, come è nello stile
della proprietà, non ha sottolineato il
grande patrimonio costruito intorno a
questo marchio”.
Adesso, invece, le cose stanno cambiando. Secondo una ricerca del Reputation Institute di New York, condotta
tra le 600 aziende più importanti al
mondo, classificate per fatturato, Barilla nel 2010 si è aggiudicata la diciannovesima posizione tra quelle con la
migliore reputazione, prima tra le italiane e prima in assoluto nel settore
alimentare*.
“Una reputazione di dimensioni assai
superiori rispetto all’entità del mercato
in cui Barilla opera e, quindi, sproporzionalmente maggiore rispetto al suo
stesso business.
Un risultato quasi magico, dettato da un
comportamento accreditato e apprezzato nel tempo”, commenta Virginio.
“Il mio compito è comunicare un’azienda che ha un corredo spettacolare
di valori e di esperienze, mai utilizzato;
creare, in modo professionale e continuativo, un sistema e una direzione di
offerta di prodotti e servizi, livello
di innovazione, qualità del posto di lavoro,
governance, performance finanziarie
e leadership di mercato. La reputazione
è un fattore decisivo per la competitività
di un’azienda, soprattutto in un mercato
che è sempre più globale. Nel momento
comunicazione che sia coerente nel
tempo, che aiuti l’azienda a posizionarsi
in maniera corretta attraverso i vari
mercati nei quali opera e vorrà operare
in futuro.
Si tratta di dare, quindi, un posizionamento che va oltre le singole marche…
oltre il Mulino… la pasta… i sughi…
A differenza di altre aziende che si impegnano nell’innovazione commerciale
per poter raccontare cose nuove dello
stesso prodotto, Barilla in 123 anni ha
realizzato molte iniziative e raggiunto
tanti obiettivi.
Adesso occorre svelare al mondo questo patrimonio”.
Un risultato sicuramente significativo
della nuova comunicazione del Gruppo
e del lavoro di Luca Virginio in questi
due primi anni è la costituzione del Barilla Center for Food & Nutrition
(BCFN), un centro di pensiero e di
cambiamento che ha l’obiettivo di raccogliere le migliori conoscenze presenti
a livello mondiale sulle tematiche legate
al mondo dell’alimentazione e della nutrizione in relazione a persone, ambiente, scienza ed economia, di analizzarle e proporre soluzioni per affrontare
le sfide alimentari del prossimo futuro.
Quattro le aree di interesse e di lavoro
del Centro, per ciascuna delle quali è affiancato un senior manager dell’azienda,
competente nella specifica materia:
1. Food for Sustainable Growth, per
esaminare le implicazioni di impatto
ambientale per il settore agro-industriale;
in cui le aziende leader a livello mondiale
cercano di crescere e guadagnare quote fuori
dai loro mercati domestici, diventa di vitale
importanza assicurarsi fiducia e rispetto
da parte dei consumatori in tutto il mondo.
Barilla ha costruito nel tempo un’eccellente
reputazione con le famiglie italiane e,
7
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
come si evince dal Global Reputation
Pulse 2010, gode anche di un forte legame
emotivo con le famiglie nei mercati
più sviluppati. Per maggiori dettagli
sul Global Reputation Pulse 2010:
The World’s Most Reputable Companies
‡ http://www.reputationinstitute.com
 
‘
TUTTO QUELLO CHE IL CENTRO STA PRODUCENDO,
PUR ESSENDO AUTONOMO E INDIPENDENTE,
È FORTEMENTE COLLEGATO ALLE STRATEGIE DELL’AZIENDA
Luca Virginio, Group Communication & External Relations Director in Barilla
2. Food for All, per favorire a livello
globale l’accesso al cibo, attraverso la
gestione delle filiere alimentari;
3. Food for Health, per connettere l’alimentazione allo stato di salute e di benessere delle persone;
4. Food for Culture, per legare il cibo
alle tradizioni, alle abitudini alimentari,
alle religioni delle varie popolazioni.
“In tutti i suoi ambiti di intervento il
Barilla Center for Food & Nutrition si
basa su un rigoroso approccio multidisciplinare per dare ascolto alle esigenze
emergenti della società sui grandi temi
legati al mondo della nutrizione e dell’alimentazione; per individuare le tematiche fondamentali in relazione a
persone, ambiente, scienza ed economia; per raccogliere e analizzare le
esperienze così come le conoscenze e le
competenze più avanzate oggi disponibili a livello mondiale; per sviluppare e
rendere disponibili a tutti i maggiori
opinion e decision maker proposte e
raccomandazioni sul mondo dell’alimentazione e della nutrizione.
Il Centro oggi è diventato un elemento
importante del percorso di sostenibilità
intrapreso da Barilla, non solo, dunque,
un fatto sociale, ma un elemento funzionale all’impresa, un punto di forza
sul quale monitorare la propria crescita
futura, nel mercato italiano e internazionale. Ciò anche grazie alla fiducia totale della proprietà e del CEO, e a una
significativa concentrazione di risorse
che Barilla ha potuto e voluto allocare
al progetto”.
“Tutto quello che il Centro sta producendo, pur essendo autonomo e indipendente, è fortemente collegato alle
strategie dell’azienda”, continua Luca
Virginio, “il board, l’agenda, le tematiche affrontate si muovono in autonomia, ma c’è un forte contributo di conoscenza che sottende allo sviluppo
complessivo del Gruppo. Così la visione del mondo di Barilla e i contributi ottenuti dal Centro procedono, per
quanto possibile, in sintonia. Tutti questi obiettivi, e questi modi di lavorare,
rappresentano un impegno e uno stimolo intellettuale per i nostri manager
per ripensare i prodotti. In questo
modo, c’è un’interessante osmosi tra il
Centro e la filiera”.
8
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
Qualche esempio per chiarire: il Gruppo, da anni, tende a migliorare continuamente i profili nutrizionali dei prodotti, riducendo il contenuto di sale,
zuccheri e grassi saturi e aumentando,
per esempio, il contenuto in cereali integrali, naturalmente ricchi di fibre e
micronutrienti. Nel 2008 è stato svolto
un accurato lavoro di riprogettazione
per ridurre la quantità di grassi saturi
della linea Saccottini (sfoglie da colazione con crema al cioccolato, crema
pasticciera e confettura di albicocca).
Da anni è stato bandito l’impiego di
grassi idrogenati e applicata una precisa
politica di limitazione dell’utilizzo di
additivi chimici, in particolare di coloranti artificiali.
Oggi, oltre il 99% dei prodotti in portafoglio non contiene coloranti artificiali
e in nessun prodotto sono impiegati
grassi od oli idrogenati. Ma sono stati
introdotti anche nuovi prodotti a contenuto vegetale, frutta e verdura, allargando il portafoglio delle merceologie,
tutto all’insegna della dieta mediterranea e del gusto. Analogamente, per filosofia aziendale, nessun prodotto viene
realizzato con ingredienti contenenti
OGM, in ottemperanza al principio di
precauzione. Il che, naturalmente, non
porta Barilla a sottrarsi a riflessioni sull’argomento: i prossimi 30 novembre e
1 dicembre, a Milano, nell’aula Magna
dell’Università Bocconi, il Barilla Center for Food and Nutrition promuoverà due giornate di dibattito sulle
priorità e sul futuro in materia di alimentazione e nutrizione, nel 2nd International Forum on Food and Nutrition. Si discuterà proprio di:
> Il ruolo delle biotecnologie - il ruolo
degli OGM - Opportunità e rischi, risultati, normative e tracciabilità.
 
> Risorse agroalimentari e sostenibilità
ambientale - scarsità di risorse e loro
equa distribuzione - possibili soluzioni
- cambiamento climatico e disponibilità di risorse alimentari - nuovi indicatori per misurare il benessere sociale > Il futuro del cibo - ipotesi di modelli
di consumo alimentare prevalenti - Il
ruolo sociale del cibo - il futuro delle
tradizioni alimentari in un’epoca di
globalizzazione.
Claude Fischler, Jean Paul Fitoussi, Philip James, Mario Monti, Carlo Petrini,
Andrea Riccardi, Camillo Ricordi, Jeremy Rifkin, Jimmy Smith, Umberto
Veronesi dibatteranno su questi temi.
Invitata la società civile.
“Questo dimostra che Barilla, senza dimenticare il business, opera per motivi
sociali. Sono sette le aree sulle quali si
basa il percorso di sostenibilità: nutrizione, filiera, ambiente, risorse umane,
persone, comunità, stakeholder”, continua Luca Virginio, mostrandoci una tavola riassuntiva, nella quale leggiamo…
1. Nutrizione
Nei Paesi sviluppati si presenta uno scenario
complesso:
a. Incremento della longevità e crescita dell’età
media della popolazione.
b. Enorme aumento dell’incidenza di obesità
e sindromi metaboliche a partire dall’infanzia.
c. Crescente pressione delle istituzioni per
attuare iniziative di prevenzione delle malattie
dovute a scorretta alimentazione.
Le aziende alimentari sono chiamate a proporre cibi e modelli nutrizionali più favorevoli alla
salute delle persone. L’impegno dell’azienda è
di contribuire ogni giorno alla salute e al
benessere delle persone attraverso i propri
prodotti, trasformando ingredienti di alta
qualità in prodotti sani e sicuri che rispondano a esigenze nutrizionali basilari e specifiche
e offrendo soluzioni d’uso quotidiano che si
ispirano alla dieta mediterranea.
2. Filiera
I consumatori chiedono alle aziende, e in particolare a quelle alimentari, di farsi garanti della
qualità e sicurezza dei prodotti offerti, della
sostenibilità economica, sociale e ambientale
delle filiere in cui operano, che tendono a
diventare più complesse in relazione alla globalizzazione dei mercati. L’impegno dell’azienda è
di incentivare la creazione di rapporti di stretta
collaborazione con i fornitori nelle filiere strategiche; di migliorare la sicurezza e la qualità
delle forniture e completare la definizione di
standard di sostenibilità, perché tali requisiti
siano alla base dei rapporti con tutti i fornitori.
3. Ambiente
a. Le emissioni in atmosfera prodotte dall’attività umana generano cambiamenti climatici
b. si intravvede l’esaurimento delle risorse naturali non rinnovabili, tra cui i combustibili fossili.
c. Produzioni agricole destinate ad alimentazione umana e animale e a usi energetici si
contendono risorse sempre più limitate quali
la terra coltivabile e l’acqua.
d. I fabbisogni di acqua dolce dell’umanità
nell’ultimo secolo sono più che raddoppiati.
È indispensabile che le imprese adottino
modalità sostenibili di operare, anche per la
sopravvivenza del loro stesso business.
L’impegno dell’azienda è di
e. Ridurre l’ “Impronta Ecologica” attraverso
due impegni prioritari: diminuzione delle
emissioni di gas serra (GHG) e minimizzazione degli altri impatti ambientali lungo la filiera (materiali da imballaggio in termini di riduzione e riciclo).
4. Risorse umane
La trasformazione internazionale delle aziende
genera la necessità di riformulare i loro valori
distintivi per adeguarli a contesti globali e
multiculturali.
L’impegno dell’azienda in questo ambito è di
a. Promuovere l’integrazione e la crescita di
competenze delle persone: oltre alla salute e
alla sicurezza sul lavoro, lo sviluppo di programmi nazionali e internazionali per il benessere organizzativo delle persone.
b. Favorire e rafforzare una cultura della
responsabilità individuale che riporti le persone a essere protagoniste del proprio ruolo.
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GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
5. Persone
In un mondo veloce e complesso:
a. Le persone vivono in un clima di grande
insicurezza.
b. Il consumatore è sommerso da un mare di
prodotti, pubblicità e messaggi.
c. Le informazioni contraddittorie lo rendono
diffidente nei confronti dell’offerta e della
comunicazione delle imprese.
d. Le aziende alimentari devono riuscire a conciliare la legittima aspirazione alla crescita con il
doveroso e proattivo rispetto delle regole della
buona alimentazione, improntando la comunicazione con le persone a una grande chiarezza e
alla promozione di un corretto stile di vita.
L’impegno dell’azienda in questo ambito è di
e. Produrre alimenti caratterizzati da una
sempre maggiore qualità e salubrità, informando il consumatore sulla sicurezza delle
materie prime utilizzate e sui sistemi di lavorazione adottati.
f. Comunicare in modo completo e trasparente evitando, in particolar modo nella
comunicazione diretta ai bambini, di sollecitare un consumo eccessivo dei prodotti rispetto
alle necessità alimentari di base riconosciute
dai principi della buona alimentazione.
6. Comunità
Le aziende internazionali sono chiamate dalle
molteplici comunità in cui operano ad assumere il ruolo di attori corresponsabili della
soddisfazione di interessi di carattere generale.
L’impegno dell’azienda in questo ambito è di
a. Essere partecipe dei processi di sviluppo di
tutte le comunità in cui l’azienda opera.
b. Favorire e supportare un approccio educativo per promuovere uno stile di vita responsabile di giovani e adulti (salute, attività motorie,
nutrizione, tutela ambientale) e contribuire alla
salute delle comunità in cui l’azienda opera.
7. Stakeholders
Le Aziende:
a. In passato si sono dimostrate inadempienti
nei confronti dei propri stakeholder (scandali
finanziari, bancarotta fraudolenta, disastri
ambientali, incidenti sul lavoro).
b. Così facendo si sono attirate la sfiducia della
società civile. Le aziende sono ora chiamate a
raccogliere quelle sfide che hanno a lungo
 
10
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
 
‘
IL FUTURO DELLE AZIENDE È NELL’INTERVENTO E NEL COINVOLGIMENTO
SOCIALE. OCCORRE, PRIMA DI TUTTO, APRIRSI A UNA TRASPARENZA
TOTALE, SENZA SEGRETI; RACCONTARE IL MODO IN CUI SI OPERA,
QUELLO CHE SI FA, IL PENSIERO SOTTESO, LA PROPRIA FILOSOFIA.
rimandato e per le quali è necessario il supporto degli stakeholder.
L’impegno dell’azienda in questo ambito è di
a. Coinvolgere il più possibile gli stakeholder
nelle pratiche aziendali e creare con essi un
rapporto dialettico che produca il massimo
valore per loro e per l’azienda stessa.
b. Implementare un modello permanente e
innovativo di rendicontazione che favorisca
una comunicazione trasparente e completa
delle informazioni agli stakeholder
“L’assunzione responsabile di questi e
altri impegni indica che il futuro delle
aziende è nell’intervento e nel coinvolgimento sociale. Occorre, prima di
tutto, aprirsi a una trasparenza totale,
senza segreti; raccontare il modo in
cui si opera, quello che si fa, il pensiero sotteso, la propria filosofia. I
prodotti e i servizi offerti sono solo
una conseguenza e se il mercato apprezzerà la visione complessiva, farà
scelte premianti”, riprende Luca Virginio, “Le istituzioni internazionali e la
politica stessa stanno dimostrando di
non avere strumenti validi per affrontare le emergenze e le sfide sociali ed
economiche di oggi. Ci sono, invece,
realtà potentissime, le multinazionali,
che hanno forze adeguate alle necessità del nostro tempo. Aziende che
operano in 160 Paesi, che hanno un
network e fatturati molto consistenti,
competenze e capacità di travasarle
rapidamente da un continente all’altro, che hanno potere decisionale concentrato in mano a poche persone,
che possano incidere positivamente
sul tessuto sociale, sono certo più potenti dei poteri dei singoli Stati. Insomma, sembrerebbe proprio che le
aziende impegnate nella sostenibilità
marcino a una velocità maggiore e diversa da quella della politica.
E quando l’incontro tra i due mondi è
inevitabile, come nel caso dell’Expo
2015, che accade?
“Non possiamo non essere presenti, naturalmente. Al momento ci prepariamo
continuando a produrre contenuti.
Quando strade, metropolitane, strutture
alberghiere saranno pronte ad accogliere
i visitatori, mi auguro che qualcuno si
accorga che il tema ‘Nutrire il Pianeta,
Energia per la Vita’ richiede contenuti.
Noi allora, saremo pronti. L’Expo potrebbe diventare così la sede del nostro
quinto Forum Internazionale”.
E Barilla potrebbe presentarsi con tutta
la sua autorevolezza per quello che è:
The Italian Food Company. Since 1887.
La sostenibilità, per Barilla, ha mani
lunghe e generose sul territorio, ma
non deve sostituirsi al pubblico, né
esplicitarsi solo nel privato: “Dovunque Barilla opera fiscalmente (Parma,
Ascoli Piceno, Mosca, Tokyo…) vengono sviluppati programmi a favore
dei bambini, ai quali viene data una
corretta educazione alimentare e motoria. Questo accade, ad esempio, da
dieci anni, a Parma, dove il comportamento alimentare di 10.000 bambini è
stato monitorato, a scuola e a casa, fino
a raggiungere una corretta educazione
e stile di vita. Un modulo che può essere applicato a diverse realtà, ma in
accordo con le istituzioni locali.
Analogamente, in Abruzzo, dopo il terremoto, l’azienda ha sostenuto la ricostruzione di una scuola in cemento armato, e a breve inaugurerà anche la palestra, ma in accordo con altre forze sociali, in una sorta di coordinamento
più efficiente ed efficace”. Il discorso
potrebbe andare ancora più lontano.
La sostenibilità paga? La domanda
sembra impertinente, ma forse è solo
prematura.
“Se ci comportiamo correttamente, se
operiamo bene, saremo premiati dal
mercato; se saremo premiati dal mercato, faremo profitti, se faremo profitti
continueremo a investire nei prodotti
per migliorare la qualità e nel sociale,
in modo che le comunità ci apprezzeranno sempre. E se le comunità ci apprezzeranno continueranno a scegliere
i nostri prodotti.
E’ un circolo virtuoso. Barilla si è comportata per 130 anni così e la sua reputazione è elevatissima. L’azienda oggi
sta portando alle persone e nelle piazze
questa filosofia, che è passata, negli
anni, dal mecenatismo silenzioso e discreto di Pietro alla sostenibilità, dichiarata e trasparente, di Guido, Paolo,
Luca”.
“Una filosofia che mi ha conquistato la
mente e il cuore e di cui mi faccio portavoce anche per motivi personali: io
sono cresciuto a Pan di Stelle e Abbracci, perché mio padre è stato un direttore storico del Gruppo, ai tempi di
Pietro Barilla … ho avuto sempre
grande affetto e stima per questa
azienda fin da bambino … ho vissuto
l’atmosfera degli anni d’oro della crescita e della nascita di un nuovo tipo di
pasta… di un nuovo biscotto… mio
padre li portava a casa, ce li faceva assaggiare… voleva sapere che ne pensavamo… ci raccontava del signor Pietro,
così carismatico… e io mi sono sempre
portato dentro questa sensazione positiva e affettiva dell’azienda…”
“Quando ho incontrato il Presidente
Guido Barilla, prima di parlare di progetti e di accordi, per i primi minuti ci
siamo lasciati andare, entrambi, ai ricordi… Ed era una memoria comune
e condivisa”.
Vitalba Paesano
11
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
sommario
 
12
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
 
LA RESPONSABILITÀ SOCIALE
parlano le imprese e i cittadini
Conoscere la visione delle imprese
più evolute e sensibili per prefigurare
i futuri trend di sviluppo della sostenibilità
sociale (In media si ritiene che poco più
di un terzo delle imprese italiane - il 35% stia davvero facendo il possibile per essere
socialmente responsabile). Confrontare,
sull’argomento, idee ed esperienze,
atteggiamenti e comportamenti di cittadini
e consumatori nei 24 Paesi analizzati
nel CSR Monitor: questi i temi affrontati
nel seminario tenutosi lo scorso settembre
a Milano, a Villa Necchi Campiglio,
presentando le due ricerche
che GfK Eurisko ha realizzato nel 2010
specificatamente su questo tema
La prima indagine - realizzata per conto di Sodalitas con
interviste a 46 CEO di imprese associate alla Fondazione - ha
consentito di conoscere la visione della responsabilità sociale
condivisa dal top management di imprese evolute e sensibili
e di prefigurare i futuri trend di sviluppo della sostenibilità,
destinati a coinvolgere una parte sempre più ampia del
nostro sistema produttivo. Nel campione erano ben rappresentati i diversi settori e le diverse tipologie di impresa, con
una prevalenza di aziende di grandi dimensioni (da IBM a
Pirelli, a Siemens, a Telecom, a Unicredit, a Vodafone) ma
anche con una qualificata rappresentanza di PMI eccellenti.
La seconda indagine - costituita dall’edizione 2010 del CSR
Monitor, la ricerca internazionale giunta alla dodicesima
edizione che GfK Eurisko realizza ogni anno in partnership
con l’istituto canadese GlobeScan - è stata realizzata su un
campione di 1000 casi, rappresentativo della popolazione
italiana adulta (18+) e consente il confronto con gli atteggiamenti e i comportamenti dei cittadini e dei consumatori di
altri 24 Paesi.
Dalla ricerca sui ”numeri uno” delle imprese associate a
Sodalitas emerge innanzitutto come fortemente condivisa la
convinzione che la CSR - o piuttosto la “sostenibilità” come
viene preferibilmente definita - è oggi una scelta obbligata,
una priorità strategica, l’unico modo per un’impresa per
stare sul mercato ed essere competitiva. In questa prospettiva appare in via di superamento la visione di chi considera
la responsabilità sociale come una scelta opzionale, separata
dalla gestione dell’impresa, legata esclusivamente alla filantropia o a iniziative destinate al miglioramento dell’immagine aziendale (il cosiddetto green washing).
La sostenibilità appare oggi come il “nuovo paradigma” dell’agire di impresa ed è dunque destinata a permeare l’intero
processo di business e a ispirare sia le strategie sia l’operatività quotidiana. Si tratta di un impegno che ha certamente
ricadute positive anche sul piano reputazionale, ma che non
è sostenuto primariamente da questa motivazione.
Il tema del “ritorno economico” è emerso come uno snodo
fondamentale della riflessione sulla sostenibilità e la responsabilità sociale. Su questo punto i pareri degli intervistati si
sono differenziati:
> la maggioranza ha riconosciuto che un impegno serio
nella sostenibilità può comportare una riduzione dei profitti
a breve termine in cambio di un rafforzamento della performance nel medio-lungo periodo, legato alla maggiore co-
13
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
 
esione interna, al maggiore commitment dei dipendenti, ai
migliori rapporti con la comunità locale, alla riduzione della
conflittualità con stakeholder importanti come la Pubblica
Amministrazione, i sindacati e le associazioni ambientaliste
e dei consumatori;
> una consistente minoranza ha richiamato gli aspetti che
possono garantire un vantaggio economico anche nel breve
termine derivante dal contenimento dei costi (riduzione degli sprechi, uso più intelligente delle risorse, risparmio energetico…) e da un’innovazione di prodotto ispirata alla sostenibilità che può divenire un importante elemento di differenziazione e di vantaggio competitivo.
I leader intervistati si sono mostrati concordi sul permanere
di un “ritardo italiano” dovuto agli ostacoli che ancora frenano la diffusione della cultura della sostenibilità. Oltre ai
timori suscitati dalla complessità del processo di rendicontazione, l’ostacolo principale appare di carattere culturale: lo
schiacciamento di molti manager su una visione a breve termine, orientata ai risultati trimestrali che favorisce una percezione della CSR come costo e non come investimento.
La crisi in atto sembra, tuttavia, aver agito come acceleratore
dell’impegno sul fronte della sostenibilità, rafforzando la
convinzione che questa rappresenti una possibile via di
uscita dalla crisi e una scelta per contribuire a ricostruire su
basi nuove un rapporto di fiducia tra imprese e società. E’
risultata largamente condivisa l’opinione che la crisi e l’aggravarsi di alcuni aspetti della questione ambientale (in particolare: il mutamento climatico e la scarsità energetica)
impongano alle imprese una revisione profonda delle proprie strategie verso un nuovo modello di corporate governance fondato sulla centralità degli stakeholder. Ed è dunque
sempre più diffusa la convinzione che un impegno coerente
e durevole nella sostenibilità sia destinato a rafforzare la
competitività dell’impresa.
In relazione alla crisi è stato da molti sottolineato come un
approccio serio alla responsabilità sociale non debba essere
privo di effetti sulle scelte di fondo compiute da un’azienda:
dare priorità al mantenimento dei posti di lavoro, fare il possibile per evitare delocalizzazioni e riduzioni di personale e in caso di necessità - optare per “ristrutturazioni responsabili” ovvero mettere in atto procedure che supportino i
dipendenti nella ricerca di un altro lavoro.
    
Valori in percentuale
73
Non inquinare l’ambiente
67
Assicurare prodotti sani e sicuri
Garantire una filiera responsabile
63
Trattare in modo equo i dipendenti
63
57
Fornire prodotti e servizi di qualità a prezzo contenuto
50
Applicare a livello globale gli stessi standard
Aumentare la stabilità economica globale
41
Sostenere le organizzazioni non profit/i progetti per la comunità
41
Contribuire a ridurre il divario tra ricchi e poveri
39
Ridurre le violazioni dei diritti umani
39
36
Risolvere i problemi sociali
32
Sostenere le politiche sociali innovative del Governo
Fonte: CSR Monitor 2010
Responsabilità legate all’operatività quotidiana
14
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
Responsabilità “sociali”
 
Per dare maggiore forza alla creazione di una cultura della
sostenibilità viene da tutti giudicato necessario in primo
luogo l’impegno personale dei vertici e quindi la creazione di
una cultura capillare all’interno dell’azienda puntando sulla
comunicazione interna e sulla formazione. Tutte le funzioni
aziendali devono poi venire progressivamente coinvolte in
questo processo (dagli acquisti al marketing, alla produzione,
alle risorse umane).
Dalle dichiarazioni dei leader d’impresa sono infine emerse le
quattro principali direzioni di impegno futuro:
> responsabilità verso i dipendenti: garanzia di salute e sicurezza sul posto di lavoro, responsabilità nei processi di ristrutturazione, impegno a garantire pari opportunità, gestione delle diversità, forte investimento nella formazione;
> responsabilità verso l’ambiente: risparmio di risorse e di
energia, utilizzo di fonti rinnovabili, riduzione degli sprechi
in ogni fase del processo, ricerca di prodotti a basso impatto
ambientale, confezioni ridotte ed ecologiche, sostenibilità
della filiera;
> responsabilità verso il mercato: progettazione di nuovi beni
e servizi pensati come “ingredienti” di un nuovo stile di vita
sostenibile, impegno alla trasparenza nella comunicazione,
sforzo educativo che favorisca comportamenti più responsabili da parte dei consumatori (risparmio, recupero, riciclaggio…) e li metta in grado di apprezzare le scelte sostenibili
compiute dalle aziende;
> responsabilità verso la comunità: consapevolezza e rispetto
del tessuto sociale in cui l’impresa opera, attenzione alla qualità ambientale del territorio, impegno a contribuire alla qualità e alla coesione sociale non solo tramite la diffusione di
più elevati standard di benessere materiale (si pensi - per fare
solo un esempio - a quanto le imprese possono fare dentro e
fuori l’azienda per favorire l’integrazione degli immigrati).
In sintesi questa indagine testimonia come la sensibilità dei
vertici aziendali nei confronti della sostenibilità sociale e
ambientale sia ormai ampia e condivisa e destinata ad acquisire un peso ancora maggiore in futuro. E’ una sensibilità che
appare destinata a tradursi in impegni concreti e coerenti: la
sostenibilità non è oggi per le imprese una prospettiva
“cosmetica” ma piuttosto un tema concreto di “riprogettazione”, una scelta adottata dal management aziendale per
garantire continuità, competitività e stabilità nel tempo. Ed è
15
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
 
  ’   
    -  -
Valori in percentuale
50
49
48
47
46
45
44
43
42
41
40
2003
2004
2005
2010
Fonte: CSR Monitor 2010
dunque una prospettiva che dalla “pattuglia avanzata” delle
imprese aderenti a Sodalitas appare destinata ad estendersi in
tempi rapidi al mainstream delle imprese italiane.
Se l’indagine realizzata per Sodalitas ha consentito di mettere
a fuoco il punto di vista delle imprese, il CSR Monitor ha permesso di aggiornare il quadro degli atteggiamenti e dei comportamenti dei cittadini-consumatori. E sono numerose le
indicazioni significative emerse dall’edizione 2010 di questa
indagine internazionale. Innanzitutto si è ulteriormente rafforzata la rilevanza che la componente ambientale ha nella
visione della sostenibilità condivisa dai cittadini-consumatori.
Percentuali molto elevate - comprese tra il 60% e il 70% ritengono che il rispetto e la protezione dell’ambiente sia una
responsabilità primaria delle imprese. E acquista maggiore
rilevanza anche il tema della sostenibilità della filiera a testimonianza della crescente sensibilità dei consumatori alla qualità dell’intera catena produttiva che consideri anche la provenienza e le modalità di produzione delle materie prime e dei
semilavorati utilizzati per il prodotto finale. Accanto alla
responsabilità ambientale è tuttavia ben presente anche la
responsabilità sociale intesa particolarmente come responsabilità verso i lavoratori, alla loro salute e sicurezza, alla stabilità
del loro posto di lavoro e al loro quotidiano benessere in
azienda.
Una seconda importante indicazione riguarda il giudizio
espresso dai cittadini sull’operato delle imprese complessivamente considerate. La valutazione risulta in lento, ma progressivo miglioramento. Oggi - a livello globale - il 49%
ritiene che le imprese “si stiano comportando bene nei confronti della società” con un incremento di 6 punti rispetto al
2003-2004. In media si ritiene che poco più di un terzo delle
imprese (il 35%) stia davvero facendo il possibile per essere
socialmente responsabile.
Una percentuale che in Italia (24%) risulta decisamente più
bassa rispetto agli altri Paesi sviluppati: in Canada è al 38%,
in Germania, Regno Unito e Stati Uniti al 36%, in Francia al
34%. Un dato che testimonia - piuttosto più che una peggiore performance oggettiva delle nostre imprese - la sopravvivenza nel nostro Paese di una maggiore diffidenza nei confronti del mondo industriale. E il tema della diffidenza
rispetto alla sincerità delle motivazioni che spingono le
imprese alla responsabilità sociale appare cruciale. In tutti i
Paesi considerati dall’indagine esiste, infatti, una larga maggioranza (in Italia è pari al 76%) che ritiene che le imprese
stiano ancora utilizzando la CSR e la sostenibilità a puri fini
di immagine e non perché “ci credono veramente”. Al fine di
migliorare il giudizio sul comportamento delle imprese e
sulla sincerità delle loro motivazioni appare decisivo un
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GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
 
maggiore impegno sul piano della comunicazione del loro
impegno sociale e ambientale. Un impegno ad una comunicazione chiara e trasparente che renda le informazioni fornite pienamente credibili. A questo proposito i dati del CSR
Monitor sono molto eloquenti: una larga maggioranza di
cittadini-consumatori (in Italia il 72%) si dichiara molto
interessata a saperne di più su quel che le imprese stanno
facendo per essere socialmente responsabili ma è una percentuale molto inferiore (in Italia il 40%) quella di chi considera onesta e credibile l’attuale comunicazione fornita dalle
imprese su questi temi.
Ed è pure evidente che i report di sostenibilità hanno una
circolazione troppo limitata per poter costituire - nei confronti del largo pubblico - uno strumento efficace di comunicazione. Si tratta di strumenti efficaci nei confronti degli
stakeholder più qualificati (analisti finanziari, giornalisti,
mondo accademico, esponenti delle associazioni ambientaliste e dei sindacati…) ed anche dei dipendenti (in particolare
di quadri e dirigenti) ma che non sono in grado di raggiungere la grande maggioranza dei cittadini. E’ dunque necessario che le imprese individuino modalità di comunicazione a
più largo raggio per non lasciare che la propria reputazione
si costruisca a partire dalle notizie riportate dai giornali e
dalla televisione (il che abitualmente avviene in occasione di
incidenti, emergenze o altri fatti problematici come chiusure
di stabilimenti o ristrutturazioni). Il CSR Monitor indica che
oltre ad una comunicazione istituzionale “dedicata” ai temi
della sostenibilità, un’attenzione particolare dovrà essere
destinata a Internet che rappresenta ormai per quasi la metà
dei cittadini-consumatori una fonte primaria di informazioni sui comportamenti aziendali.
L’ultima rilevante indicazione fornita dal CSR Monitor 2010
riguarda i comportamenti messi in atto dai consumatori per
contribuire alla sostenibilità. Questi riguardano sia i comportamenti d’uso dei prodotti sia i criteri adottati al momento
della scelta di prodotti e marche. L’indagine sulla “green economy” realizzata da GfK Eurisko nella primavera 2009 per
UPA-Assocomunicazione aveva già messo in evidenza come
alcuni comportamenti “virtuosi” (in particolare quelli finalizzati al risparmio energetico, alla raccolta differenziata e al consumo di prodotti di stagione) siano ormai adottati dalla maggioranza dei consumatori italiani. Il CSR Monitor indica che il
50% dei consumatori “non ha acquistato almeno una volta un
prodotto o una marca per ragioni ambientali nel corso dell’ultimo anno” e il 58% “ha acquistato almeno una volta un prodotto del mercato equo e solidale”. E’ vero che la percentuale
di chi adotta regolarmente questi comportamenti è molto più
contenuta (non va oltre il 20-25%) ma si tratta comunque di
segnali importanti di apertura e disponibilità verso comportamenti di acquisto ispirati a valori e non solamente alla qualità
e al prezzo del prodotto. In conclusione la lettura congiunta
delle due ricerche mostra come la sostenibilità ambientale e
sociale sia oggi un terreno di potenziale e virtuosa alleanza tra
imprese e consumatori. Gli uni disposti ad agire responsabilmente nei propri comportamenti quotidiani ma anche sempre più esigenti nei confronti di un impegno autentico da
parte delle imprese. Le seconde forse ancora troppo caute e
incerte sul ritorno che un impegno forte e correttamente
comunicato sul fronte della sostenibilità potrebbe produrre
come driver primario di reputazione della marca e di fidelizzazione della clientela.
Paolo Anselmi
     “”
    -  -
Valori in percentuale
54
Acquistare prodotti biologici certificati
50
47
Rifiutare particolari prodotti/marche per motivi ambientali
46
44
Acquistare un prodotto del commercio equo e solidale
37
Fonte: CSR Monitor 2010
2010
2007
17
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
sommario
 
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GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
 
CHI HA PAURA
DELL’AGEING ATTIVO
Mentre media e marketing rincorrono Generazioni X e Y, Nativi Digitali,
Single Metropolitani e coppie Doppio Reddito Senza Figli, il tema
dell’invecchiamento sembra non avere ancora piena cittadinanza nel mondo
dei consumi e della comunicazione. Eppure, i numeri di questo fenomeno sono noti.
Non solo quelli della denatalità e della longevità - (tra i pochi) primati italiani ma anche quelli che definiscono l’impatto di questi fenomeni nel ridisegnare
la struttura anagrafica del Paese e la sua traiettoria evolutiva
Gli over 55 rappresentano oggi circa un
terzo della popolazione italiana, poco
meno dei giovani fino a 34 anni.
Si tratta, però, di numeri associati a dinamiche speculari, tanto che in uno
scenario neppure troppo lontano, nel
2040, quella che nel 1980 era ancora
una struttura fortemente piramidale,
fatta di molti giovani/giovani adulti e
(relativamente) pochi segmenti maturi
e anziani, si sarà ribaltata completamente.
Se si restringe la lettura ai segmenti 1534 e 55-74 anni tra il 2000 e il 2020 i
primi saranno scesi dal 27 al 20%, a
fronte di un incremento dei secondi dal
21 al 25%. Un trade off destinato ad amplificarsi, almeno fino alla metà di questo secolo. E a ridisegnare profondamente gli stessi confini e contenuti della
cultura del Paese.
Perché allora, a fronte di un cambiamento che non è eccessivo definire epocale, le risposte - politiche, culturali, di
mercato - a questa tendenza appaiono
così inadeguate, almeno nel nostro
Paese, limitandosi a dare corpo a un dibattito che si esprime soprattutto attraverso il vocabolario del declino e della
paura (il problema pensioni, il peso sul
sistema sanitario, il freno all’innovazione)? Non è poi contraddittorio che
queste stesse preoccupazioni - legittime
in via di principio - trovino spazio in un
Paese come l’Italia, con la quota di occupazione femminile più modesta d’Europa, una disoccupazione giovanile che
sfiora il 30%, gli investimenti più bassi tra le nazioni industrializzate - dedicati
alla ricerca e dove l’immigrazione (fenomeno soprattutto giovanile) è vista più
in termini di minaccia e conflitto che
come opportunità e risorsa?
La risposta a questi interrogativi ci sembra tocchi più aspetti. Prima di tutto,
l’invecchiamento è un facile alibi per
una società, come quella italiana, che
fatica a fare i conti con l’innovazione
(quando non la ostacola apertamente):
un fenomeno strutturale - non modificabile, almeno nel medio periodo - che
funziona da dispositivo simbolico nel
giustificare deficit culturali che hanno
altrove le loro ragioni.
In secondo luogo, perché ragionare in
termini di categorie consolidate e sperimentate (i giovani vitali, edonisti e
free spender, gli adulti progettuali, autodiretti e pragmatici, i maturi ritirati,
conservatori e parsimoniosi) è più facile e non costringe a separarsi da certezze consolidate e schemi routinizzati
(le “ricette del vivere quotidiano” per
usare una metafora fenomenologica).
In ultimo, ma è forse il fatto più importante, perché questa incapacità di porsi
con un atteggiamento diverso di
fronte al processo di invecchiamento
nasconde stereotipi ormai inattuali intorno alle caratteristiche dei segmenti
“senior” (marginalità economica e cul-
’   
1980
2010
MATURI (55+)
14 MILIONI
24%
MATURI (55+)
19 MILIONI
32%
ADULTI (25-54)
21 MILIONI
37%
GIOVANI (0-24)
22 MILIONI
38%
ADULTI (25-54)
26 MILIONI
44%
GIOVANI (0-24)
22 MILIONI
24%
Fonte: ISTAT
19
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
2040
MATURI (55+)
28 MILIONI
44%
ADULTI (25-54)
21 MILIONI
33%
GIOVANI (0-24)
14 MILIONI
22%
 
turale, chiusura psicologica, resistenza
all’innovazione…). C’è, infine, anche
una ragione di ordine contingente: chi
oggi si occupa di marketing nelle
aziende o di comunicazione stenta a vedere il mercato da una prospettiva
“aged”, per ragioni generazionali, di sensibilità culturale e sintonia estetica.
Il risultato è che sono pochi i mercati in
cui oggi esiste un’attenzione coerente e
non episodica verso questi segmenti, in
termini di costruzione dell’offerta, distribuzione, rappresentazioni comunicative: così, a una presunta marginalità
economica e culturale, corrisponde la
marginalizzazione della seniority - con
poche eccezioni - dal punto di vista del
marketing e della comunicazione.
Eppure, il quadro che ci restituiscono i
numeri è molto diverso, sia dal punto di
vista delle risorse materiali che del portato socioculturale. Da un lato - nonostante un diffuso senso comune - tra la
popolazione senior (in particolare nella
fascia 55-64 anni) si concentrano i segmenti a maggior reddito. Non solo, ma
si tratta anche di quelli che, nel corso degli ultimi 15 anni, hanno visto maggiormente crescere - in termini di incremento relativo - questi stessi redditi (da
lavoro, in parte, ma soprattutto da trasferimenti e da rendite).
Anche il progressivo assottigliarsi della
family size (nei nuclei di 55-74enni le famiglie con figli - conviventi o meno sono scese in 10 anni dal 45% al 36%) e
la minore quota/parte di reddito destinata a spese obbligate (il 17% in questa
fascia d’età ha in carico un mutuo o un
canone d’affitto per l’abitazione, contro
il 35% nel segmento 35-54 anni) concorrono a costruire un quadro di relativa
agiatezza e solidità patrimoniale, che a
sua volta contribuisce a porre le basi di
una nuova fase di consumo per questi
segmenti: più solida in termini di capacità di spesa, con meno vincoli familiari e alleggerita da ipoteche morali.
Decumulativa rispetto ad asset/risorse
accantonate nel tempo.
Questo non significa trascurare il fatto
che nelle fasce anziane (in particolare tra
le donne sole) l’incidenza di situazioni
di povertà relativa e assoluta sia sensibile, ma sottolineare come non esista un
contesto di deprivazione generalizzato
tra questi segmenti, né una generale correlazione tra invecchiamento e marginalità economica.
Dall’altra parte, sul versante sociocultu-
       
 /
28000
24000
20000
22634
17464
18305
19902
18 - 34
35 - 44
45 - 54
19841
16000
12000
8000
4000
0
55 - 64
20
65 +
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
rale, il profilo attuale e i cambiamenti in
questa fascia d’età, rispetto al passato,
sono evidenti, anche per motivi storici e
culturali. Considerato l’imprinting generazionale (queste coorti sono costituite
dai giovani formatisi negli anni ‘60 e
‘70), non sorprende ritrovare al loro interno stili di vita ispirati a valori e orientamenti di fondo nuovi: concessivi ed
edonisti, orientati a modelli di partecipazione sociale, mobili e sempre meno
radicati fisicamente al territorio, evoluti
e capaci di farsi carico dei “progetti”
della modernità. Stili di vita lontani, in
altre parole, dagli stereotipi spesso associati a una condizione di seniority.
Se l’invecchiamento è dunque un fenomeno biologico e strutturale, il modo
con cui viene approcciato socialmente e, ancora di più, con cui viene vissuto
soggettivamente - ha caratteri radicalmente culturali: dove prima si trovava
uno spazio tendenzialmente residuale e
omogeneo (lo stereotipo della “terza
età”) esiste oggi una percorso di maturità dilatata, prolungata e complessa.
È il motivo per cui oggi un signore come
Mick Jagger a 67 anni (la stessa età in cui
Leonardo da Vinci, George Washington
o Karl Marx passavano a miglior vita)
può ancora cantare Sympathy for the Devil, saltellando su un palco, strizzato in
un paio di jeans ma, soprattutto, essere
ascoltato da milioni di persone - giovani
e meno giovani - senza lo stigma di un
fenomeno da baraccone, ma con i crismi
dell’icona pop.
Per una parte importante di over 55,
sembrano dunque esistere le premesse
materiali e culturali di un protagonismo sociale nuovo, tradotto a sua volta
in una maggiore centralità in termini di
consumi: tra i lettori di quotidiani a pagamento in 10 anni il peso relativo degli
 
acquirenti over 55 è passato dal 36% al
42%; tra i consumatori di caffè fuori
casa dal 23 al 30%; tra gli users di prodotti per la cura del corpo dal 29 al
36%. Piccoli esempi di una lunga serie
di cambiamenti a cui non ha fatto riscontro un’analoga crescita in termini
di offerta da parte del mercato, né dal
punto di vista di codici di comunicazione e linguaggi dedicati.
Quello che un tempo era il “ciclo di
vita” si va trasformando sempre più in
un “ciclo polivitale”, che costringe a un
ripensamento del perimetro e del significato dei tradizionali cicli di vita: parlare di active ageing significa ragionare allora non tanto e non solo sull’allargamento in termini numerici di
queste classi di età (e bacino di mercato) quanto sulle trasformazioni socioculturali avvenute al suo interno
(incluse le forme di autorappresentazione generazionale) e sulle conseguenze che comporta sui mercati e nei
consumi l’irrompere di target catalogabili come “senior” ma nei fatti
smarcati da tutta una serie di stereotipi propri della seniority.
L’ageing attivo ridefinisce così momenti, contenuti, significati e progettualità legate ai consumi: nuovi target
(individui, famiglie, gruppi, comunità
accomunati da una condizione di seniority); nuove strutture motivazionali
e meccanismi d’incentivazione (valori,
aspirazioni, desideri, modelli); nuove
logiche di allocazione dei redditi e competizioni tra beni (che non funzionano
necessariamente allo stesso modo che
presso altri segmenti); nuovi codici comunicativi, modi di rappresentazione e
“narrative” del consumo.
Ma se il ripensamento dei ruoli generazionali è un’operazione culturale e non
 -  : 
   
2000
(%)
2010
(%)
variazione
% relativa
Dedica almeno 2 ore/giorno alla cura della casa
55
41
-25
Percorre almeno 5mila km all’anno in auto
33
41
+24
Usa una carta bancomat
32
45
+40
Si interessa di politica
36
45
+25
Si reca regolarmente in chiesa
42
37
-12
Indossa spesso jeans
19
34
+79
Usa deodorante
63
78
+24
Possiede un cellulare
53
92
+73
Possiede lavastoviglie a casa
25
42
+68
Fonte: Sinottica
una semplice algebra di consumo, ne
derivano anche alcune conseguenze di
carattere più generale per la società e i
consumi.
Innanzitutto, occorre iniziare a considerare i fenomeni di cambiamento sociale
e d’innovazione di consumo non più
solo come l’esito di meccanismi di trickling down (dove i giovani rappresentano l’inevitabile punto d’ingresso del
nuovo e i maturi gli eventuali late comers) ma come forme più dialettiche e
negoziate, trasversali e multifocalizzate
dal punto di vista anagrafico. Anche se i
processi d’innovazione continuano a
trovare nelle giovani generazioni il terreno elettivo, i segmenti maturi non
sono più solamente i recettori passivi e
ritardati nell’adozione del nuovo (sociale o di consumo: l’intenzione di
voto per un nuovo soggetto politico, la
propensione all’acquisto di mezzi evoluti e sostenibili per la mobilità, l’attenzione alle novità culturali, l’interesse per prodotti della ricerca cosmetica…) ma possono anche esserne protagonisti attivi e anticipatori.
In secondo luogo, è necessario rivedere
gli schemi di relazione intergenerazionale in funzione del ciclo di vita e verificarne le dinamiche e le ricadute sui diversi comparti di consumo: in che
modo, ad esempio, nel mondo dell’auto, della consumer tech, dei prodotti
per la cura del corpo, la costruzione
dell’offerta o la creatività a supporto indirizzate a target di giovani adulti influisce oggi sul vissuto e i comportamenti dei nuovi senior (e viceversa)? In
che modo si intersecano in questi processi aspetti di identificazione e meccanismi aspirazionali e a quali esiti (di
consumo) portano?
In ultimo, un tema di ordine ancora più
generale: in una prospettiva a tendere, il
ciclo di vita stesso, il ragionare per segmenti d’età, va (andrà) inteso come un
concetto e uno strumento destinato per alcune delle ragioni discusse - a perdere almeno parte della propria centralità euristica nei processi di consumo e
dunque nelle analisi e categorizzazioni
del marketing. Quando questo cambiamento apparirà come un orizzonte ineluttabile, saremo pronti ad affrontarlo?
Paolo Salafia
21
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
sommario
 
22
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
 
MULTIMEDIA L’illusione della cocreazione
e il bisogno di media forti
Il passaggio dalla mono alla multimedialità viene monitorato con particolare
attenzione in GfK Eurisko, ove disponiamo di più strumenti di indagine,
continuativi e periodici, che permettono aggiornamenti sugli usi, sulle esposizioni
e sulle gratificazioni degli italiani dalla nuova medialità. Basti ricordare
l’Eurisko Media Monitor (EMM) e la semestrale “New Media” che scruta
il cambiamento mediale non trascurando i segnali deboli, allo stato nascente
IERI E OGGI
   
“  ’”
D
TV
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ten
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en
to
Tv e periodici
di intrattenimento
A
E
L
L e gli a st
alt amp
ri m a
ed
ia
G
Multimedialità
selettiva
C
Monomedialità
(TV generalista e stampa
locale)
Da tali indagini spicca una popolazione sempre più in grado
di esporsi e gestire più media contemporaneamente, in logiche multitasking, una popolazione segmentata, sempre meno
mainstream e sempre meno “ventre molle”. Se si considerano
i segmenti di pubblico che emergono dall’Eurisko Media
Monitor, si realizza con chiarezza la molteplicità dei modi
con cui si sta uscendo dalla monomedialità. Si può diventare
multimediali anche avendo come unico obiettivo di interesse
lo sport, come si possono frequentare più media anche solo
per coltivare il gossip o l’intrattenimento da fiction televisiva.
Il cambiamento è in corso, inarrestabile. Sempre meno persone (i più anziani, i meno attrezzati per reddito e cultura) si
rassegnano a dipendere da un unico medium. Le popolazioni
multimediali sono il nuovo pubblico e la multimedialità è il
tratto che caratterizza gli utenti, i cittadini-consumatori del
nuovo millennio. Con quali conseguenze sull’efficienza e l’efficacia dei singoli media e in particolare sulla possibilità di ricevere specifici contenuti?
I Internet
e gli altri media
H
Multimedialità
cool
Transmedialità
giovane
B
Multimedialità basica
(TG e stampa)
F
Multimedialità
per lo sport
da Eurisko Media Monitor 2010
Gli anni 80/90, sino alla fine del millennio, hanno visto l’esplosione delle Tv commerciali, oltre il proliferare di periodici monotematici in grado di intercettare interessi verticali.
Quegli anni sono stati l’inizio delle start up di internet, oltre
che delle radio “libere” in grado di accompagnare soprattutto
out of home individui sempre più impegnati. Con crescenti
investimenti pubblicitari che hanno portato (allora) il Presidente di UPA ad invitare gli editori a creare più veicoli, in
quanto mancavano spazi per la pubblicità delle aziende in
continua crescita. Oggi (da zero a zerodieci) il clima è davvero cambiato. I media non new galleggiano a fatica nelle
tempeste degli anni 08 e 09. Il 2009 ha fatto registrare una
drammatica discontinuità con la fuga dagli investimenti in
comunicazione da parte dei big spender, sia locali sia globali.
E con la chiara tendenza a privilegiare negli investimenti il
mondo web, considerato una prateria da percorrere in libertà, con tentativi ed errori, applicando inediti format suggeriti dalla neocreatività situazionista che valorizza i social
network. Con quali risultati? Sempre meno certezze sul ruolo
dei singoli veicoli. Si diffonde la convinzione che non esistono regole precise, paradigmi definiti: la multimedialità
agirebbe nella liquidità delle molteplici variabili in gioco. La
liquidità tanto cara a Zygmunt Bauman ha favorito pensieri
deboli sull’efficacia e sull’efficienza della comunicazione portata dalla nuova medialità. Le verifiche scientifiche sono considerate retaggi ingenui del passato.
23
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
 
L’ILLUSIONE DELLA COCREAZIONE
Per il nuovo pensiero creativo, quello che innalza la liquidità
del social a paradigma delle nuove performance comunicative, la multimedialità è anche sinonimo di un nuovo paradigma che possiamo chiamare della cocreazione. In che cosa
consiste? Nel considerare la comunicazione mediale un contenuto che si cocrea con l’utente, con il lettore. La new wave
tende a considerare i nuovi media una realtà contenitore, un
ambiente da riempire di valori e intenzioni, di racconti e di
discorsi da parte di chi legge, ascolta, dialoga. Tutti, per questa scuola di pensiero, saremmo coautori, soprattutto lo
siamo quando i social media ci offrono la possibilità di entrare, di essere ospitati, di far conoscere le nostre esperienze a
confronto con quelle degli altri, esperienze che riguardano
noi cittadini nei momenti di utenza e di consumo con i prodotti, le marche, i servizi. Ma questo opinionismo rappresenta una sorta di mina vagante, secondo noi molto pericolosa in quanto tende a svuotare di peso specifico, di “verità” i
contenuti mediali. In realtà questo opinionismo non tiene
conto di un fondamentale aspetto, che i media, anche quelli
new, non sono solo mezzi di trasporto sui quali salire, ma anche e soprattutto industry indispensabili in quanto producono contenuti unici, specifici, necessari.
I media sono realtà prima di tutto di contenuto, e questi contenuti vengono creati da specialisti in quanto occorre essere
esperti per procedere nella filiera dell’informazione, andando
alla fonte dei veri contenuti per poterli porgere ad un utente
disposto a perdere tempo e spesso anche a spendere denaro
per averne accesso. L’obiezione dei nuovi creativi del pensiero
relativo è che tutti, oggi, possiamo essere autori, opinionisti,
influenzatori. VERO ! Ma dobbiamo subito contro-obiettare
che non tutti sono in grado di creare contenuti “esperti”, cioè
arricchire di sapere utile il veicolo mediale, old o new che sia,
in quanto il sapere “esperto” richiede un’esperienza specialistica in grado di fornire valore oggettivo, “scientifico”, ai contenuti. Mentre il “me media” è da considerare una sorta di favola sociale, anche rischiosa in quanto può creare false prospettive, in particolare nei giovani.
Di fronte alle sirene che predicano la cocreazione dei contenuti, si impone il recupero dell’autonomia dei media, che
non possono che essere prodotti da esperti. Tutto questo dovrebbe essere “insegnato” ai giovani, in particolare. I media
per i quali siamo disposti a sborsare denaro dovranno necessariamente ricevere una certificazione di qualità, quali pro-
dotti di informazione, o di intrattenimento, o di edutainment. In questa prospettiva dovranno certificare, ad esempio,
la filiera delle notizie, ma anche il perché delle scelte e dei
modi di racconto e di commento. Ad esempio, se vengono
adottati i format dello storytelling, o del dramma o della
commedia, sarà opportuno che tali scelte di registro vengano
chiarite, e per così dire anticipate al lettore-utente finale. Si
può essere media sostenibili anche ricorrendo alla farsa, o anche solo ad una freddissima sintesi numerica: ma occorre
sempre preavvertire sulla fonte dalla quale siamo partiti per
poter risalire la filiera.
VERSO IL RECUPERO DEI CONTENUTI FORTI
Le ricerche dedicate ai media, in particolare quelle focalizzate
sui needs degli utenti-lettori, mettono sempre più in evidenza bisogni di contenuti forti, veri, certificati, sostenibili,
provenienti da una filiera che possa venire ripercorsa sino alla
fonte originale. Per il pubblico i media che meritano fidelizzazione non potranno che giustificarsi per contenuti trasparenti. Ed è solo dalla forte trasparenza e sostenibilità che si
giustifica il premium price, cioè il prezzo che il destinatario è
disposto a sborsare per il contenuto a lui riservato. Inoltre,
dice il pubblico, i media sostenibili devono venire distribuiti
in modi più accessibili, in touch point che siano adeguati alle
attese di servizio. Ad esempio, le “vecchie” edicole ove i giornali sono sempre più accatastati e nascosti, sono da rinnovare. Quali funzioni per i contenuti forti? Innumerevoli: da
anticipatori a consiglieri, da media che suggeriscono diventando personal shoppers, a media intrattenitori in pura funzione antidepressiva. Anche come esperti di cultura di territorio, dallo slow food alle vacanze ecosostenibili. Sino a trainer per la salute e l’equilibrio psicofisico.
E a suggeritori per i beni di distinzione (da quale autovettura
a quale calzatura), e per i beni di cultura (dalla musica al cinema ai libri, alle mostre e agli eventi). Mezzi e contenuti
“forti” per individui sempre più mobili, per utenti che stanno
sempre più out of home e che, in tempo reale, di fronte a
contesti inesplorati, potranno avvalersi delle indicazioni del
medium scelto. Individui mobili che, on demand o di default,
intendono ricevere risposte mirate a seconda dei luoghi in
cui si trovano. Per questo diventerà sempre più determinante
la capacità di partnership del mezzo. Che dovrà produrre
contenuti capaci di esprimere in maniera differenziata il “genio del luogo” in cui il destinatario si trova.
24
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
 
IL RUOLO DEGLI EDITORI
Per gli editori si profila una sorta di riposizionamento, come
produttori di contenuti “unici”. In considerazione dei bisogni
che diventano sempre più sspecifici, gli editori nella e della
multimedialità non potranno che predisporre prodotti mirati: per giovani ma anche per la terza e quarta età, utili per
l’apprendimento ma anche solo per l’intrattenimento e il
gossip, per l’inclusione sociale (immigrati) ma anche iperelitari per l’esclusione sociale. Le funzioni dei contenuti non
potranno che essere molteplici: aggiornamento, intrattenimento, socializzazione, inclusione ed anche esclusione. Funzioni di coaching e di advocate, sempre avendo come obiettivo la trasparenza di filiera, l’estetica e l’etica, in una prospettiva di ecologia della comunicazione. Quali brand editoriali
saranno privilegiati da questo riposizionamento? Le grandi
marche, quelle reputate, locali o nazionali o sovranazionali,
sia profonde in verticalità sia potenti in trasversalità. In particolare, i grandi brand del giornalismo quotidiano dovrebbero trovarsi di fronte a praterie di opportunità in questa
nuova prospettiva. Ma anche i grandi broadcast della radio e
della televisione, i marchi con i quali sono cresciute intere coorti di individui. Di contro i grandi marchi del mondo digitale partono un po’ svantaggiati, anche se sostenuti dalla forte
carica emotiva ed innovativa che viene dalle condivisioni ge-
nerazionali dei nativi digitali. Compito delle grandi marche
dei media, di fronte al riposizionamento, non sarà solo la
messa a fuoco della unique selling proposition, cioè se fare
newsmaking o counseling opinionale o intrattenimento. Le
grandi marche dovranno anche rivalorizzare il capitale
umano, per favorire il recupero di valore della professione.
Ad esempio, rifondando la professione del giornalista che dovrà essere finalizzata all’ottenimento di prodotti “esperti” in
linea con le attese di sostenibilità. I grandi brand si dovranno
porre di più dalla parte degli utenti, intercettando e aggiornando i loro bisogni, difendendoli come possono fare i difensori civici, informandoli dei diritti di consumo e di utenza. I
grandi media saranno autorevoli se sapranno appunto rifondare la loro funzione di dogwatcher, anche con il compito di
formulare scenari sull’evoluzione sociopolitica e socioeconomica, per gli individui e per le imprese. Le “officine” delle
grandi marche mediali non potranno che stare in prima fila
per cogliere le opportunità per i nuovi “progetti” individuali
e collettivi, e per tracciare le mappature dei paesi nei quali
varrà la pena investire. Tutto questo richiede rigore e investimenti, non limitati al breve periodo. Il futuro dipende anche
dalla qualità dell’industry dei media del Paese.
Giuseppe Minoia
25
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
sommario
 
26
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
 
CRISI DEL VALORE DI MARCA.
IL FUTURO COME RISORSA
L’ipotesi è quasi paradossale.
Più ci si schiaccia
sul presente, più si delinea
il bisogno di medio,
lungo periodo. Il progetto
diventa una risorsa
per recuperare distintività
nella gestione della Marca
RISCHIO E COMPLESSITÀ
Da dove partire per il recupero di distintività e valore di marca? Dai grandi
temi del nostro presente. Ad esempio,
da due “mali” contemporanei, la complessità e il rischio che affliggono le famiglie italiane (e non solo italiane,
come provano i monitoraggi globali di
GfK Roper). I bisogni delle famiglie
nella gestione di queste due dimensioni della modernità sono evidenti.
In particolare sulle decisioni significative di allocazione di denaro: nei consumi come nel risparmio.
Allo stesso modo, si registrano bisogni
e richieste di supporto anche sul versante della gestione del rischio, ad
esempio per innalzare la “sostenibilità
familiare” nel tempo. Non si tratta solo
di sostenibilità legate ai temi “eco”,
“verde” o “social responsibility” (anche
quelli, certo), ma di un concetto più
ampio. Ci si riferisce alla necessità delle
famiglie di porre al vaglio ciascuna
scelta di allocazione del denaro, valutando non solo gli impatti di breve ma
anche quelli di medio termine, talvolta
quelli di lungo. Inserire il fattore futuro
significa necessariamente lavorare sulle
dimensioni dello scenario e del progetto, non importa quanto grande sia.
Il bisogno di futuro non viene oggi sostenuto (e sfruttato in chiave di marketing) dall’offerta. Si lascia troppo all’orientamento spontaneo della domanda
(le famiglie) sia la responsabilità del
pensiero sia la progettazione concreta.
Il risultato è una elaborazione disordinata e confusa.
Una progettazione molto timorosa che
porta le famiglie a ragionare da sole su
allocazioni del denaro molto prudenziali. Anche perché, da sole, le famiglie
possono ragionare solo su se stesse,
sulle risorse di cui dispongono oggi e
che devono servire anche per un domani incerto.
LO STATO DI SALUTE
DEL SISTEMA MARCA
Il sistema Marca è stato in passato uno
dei sostegni più solidi a cui le famiglie
si sono affidate. Altre piattaforme (il sistema Paese e le sue istituzioni) non
sempre hanno saputo leggere e interpretare correttamente i bisogni di aiuto
progettuale delle famiglie.
Qual è oggi la situazione del sistema
Marca? Quale la sua capacità di svolgere attivamente il ruolo di supporter e
di (co-)architetto del futuro familiare?
Anche solo considerando gli ultimi 20
anni, la Marca ha attraversato molte
crisi. Le analisi di più lungo periodo
(vedi grafico allegato tratto da “Buongiorno Marca!” di Y&R Brands dell’aprile 2009) mostrano un calo dell’equity di Marca durante le crisi. Ma
sempre con la capacità di sapersi riprendere, come mostra chiaramente
l’andamento del grafico. Tuttavia la lettura degli indici nel lungo periodo non
mostra risultati entusiasmanti: quasi
mai la ripresa ha portato la Marca al livello delle equity precedenti la crisi
stessa. L’andamento della salute della
Marca è a sega, inclinato verso il basso.
    
(    ): -
130
120
110
100
90
80
70
60
50
40
30
1989
1993
1997
2001
2005
2009
“la brand loyalty nel medio-breve termine … ha un andamento ciclico legato alle crisi economiche: …
cala in corrispondenza di una crisi, per poi tornare a risalire fino alla crisi successiva, quando torna a scendere.
Nel lungo periodo … progressiva erosione della brand loyalty media …” (Y&R Brands, Buongiorno Marca! Aprile 2009)
27
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
 
Marzo 2010
Dicembre 2009
Settembre 2009
Giugno 2009
Marzo 2009
Dicembre 2008
Settembre 2008
Giugno 2008
Marzo 2008
Dicembre 2007
Settembre 2007
    -
70
60
60
56
55
57
54
54
50
57
51
58
55
50
40
30
29
27
27
28
28
24
23
24
18
19
22
19
20
21
10
15
14
16
15
21
20
18
21
20
0
2007
Prendono le marche migliori solo se in promozione
La tendenza è confermata dalle ricerche GfK Eurisko relative alla crisi attuale. L’osservatorio dedicato ai climi
di consumo (GfK Eurisko, 2002-2010)
evidenzia la perdita di appetibilità della
Marca sotto gli effetti della accresciuta
sensibilità al prezzo (2007-2009). Ma
quando la sensibilità al prezzo cala, la
Marca non riesce a riportarsi alla situazione quo ante. Certo, rimane desiderabile, ma questa desiderabilità sembra
connessa a una sorta di bolla promozionale. Essa si mantiene alta quando la
Marca risulta scontata del 20-30%. Ma
a queste condizioni è sostenibile nel
tempo un modello di eccellenza della
grande Marca? Oppure la carenza delle
risorse la costringe (e costringerà) a le-
2008
2009
Guardano solo al prezzo
sinare su qualità, innovazione, servizio
e a diventare più simile ai suoi meno
distintivi competitors?
Lo stesso fenomeno si ripete quando si
analizzano segmenti importanti del sistema Marca nella prospettiva di breve
termine. Nell’anno della apparente
uscita dalla crisi (fine 2009-2010), l’equity di Marca, misurata dai sistemi di
Brand Equity di GfK Eurisko, impallidisce, non tanto o solo per i singoli
brand, ma per quasi tutti i principali
comparti. Soprattutto in quelli che in
questi anni hanno trainato l’espansione di comunicazione e valore di
Marca.
Un declino naturale? Per alcune singole
Marche può essere. Se una Marca
28
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
2010
Prendono le marche migliori anche se costano di più
scompare e resta solo nella memoria
storica della sociologia dei consumi e
nei musei della comunicazione, poco
male. Gli ecosistemi nei quali la Marca
vive ed è organismo protagonista godono anche del decadimento e morte
di singoli soggetti (cfr. Per una ecologia
della Marca F. Fornezza, M. Testori; Ipsoa, 2009).
Purché questa morte sia funzionale
allo sviluppo di nuove Marche, più
forti e adatte al nuovo contesto.
Ma se il problema riguarda il Sistema
Marca la questione è più grave. Forse
significa che la Marca fatica sempre più
ad essere la sintesi di qualità e lo scudo
di protezione che ha rappresentato per
almeno mezzo secolo.
 
LA MARCA FATICA
SEMPRE PIÙ AD ESSERE
LA SINTESI DI QUALITÀ
E LO SCUDO
DI PROTEZIONE CHE
HA RAPPRESENTATO
PER ALMENO
MEZZO SECOLO
Forse l’evoluzione del consumatore,
anche grazie alla crisi, richiede qualcosa di diverso dal mix “emozione e
promozione”. Forse, ragionare sulla distintività basata su progetti per le famiglie e considerare il futuro come risorsa per il marketing, a qualche capo
azienda o marketing strategico potrebbe interessare. Ma cosa comporta
parlare di futuro? Proviamo a formulare alcune ipotesi.
IL FUTURO DELLA RELAZIONE
CON IL MERCATO: IPOTESI
DI LAVORO PER LA MARCA
Pre competizione
Nella fase
di scambio
Nella fase
d’uso
Nel lungo
termine
>
Rifondare la qualità
e il nuovo patto
di qualità e garanzia
Parlare del futuro
non solo in termini
di sogni e valori
Convergenza
su un progetto di settore
di medio-lungo termine
>
>
>
Coerenza nei segnali
Rifornire di saperi
e non di prodotti
Legare R&D e il futuro
al presente, con forme
concrete di vantaggio
per il consumatore
Semplificazione
mappa decisionale
Il prezzo,
la fidelizzazione
ed il LTV
>
Valorizzazione
dei “luoghi e soggetti”
della qualità
>
Rifondare
la relazione diretta
con il consumatore
29
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
>
>
Meno rumore
e più “qualità”
nella comunicazione
>
>
coop- etition di filiera
>
delle famiglie, fra comparti e priorità
di bisogni.
2. Nella fase di acquisto della Marca,
nella competizione classica di mercato
e segmento.
3. Nell’uso e nel rapporto postvendita
con la Marca.
4. Nella relazione di medio - lungo termine.
  
      
>
1. Nella fase di allocazione del denaro
Oggi, nel nuovo mood di controllo del
denaro familiare, il problema che il
consumatore e la famiglia affrontano
prima di tutto è la decisione di destinare il denaro in relazione ai bisogni.
Lo dicono gli andamenti dei consumi:
non tutti piatti e allineati, quando li si
considera nell’insieme.
Allocare il denaro sui progetti (l’auto,
la vacanza, un investimento finanziario, una nuova cucina ...) significa favorire un comparto invece di altri.
In questi termini, prima delle competizioni fra concorrenti del medesimo
ambito merceologico, esistono (e sembrano essersi rinforzate) le competi-
zioni fra filiere di bisogni. La Marca è
indubbiamente attrezzata ad affrontare la competizione con altre Marche
simili, all’interno del proprio ambito
caratteristico, ma non sempre è capace di gestire alleanze di filiera per
competere con altre filiere e bisogni
alternativi. Un compito questo riassumibile in una nuova strategia di
“coop-etition” (mix di competizione e
cooperazione) di filiera. Non esiste
una forma canonica in cui questa formula si estrinseca. Le alleanze con
aziende dello stesso settore/filiera possono essere diverse e riguardare
aspetti strategici e tattici, e possono
cambiare da un settore all’altro. Uno
spunto per i percorsi di filiera: l’attiva
>
Senza pretendere di esaurire tutte le
opportunità e con il solo intento di offrire spunti di connessione fra strategie
di marketing & comunicazione, progettualità e futuro delle famiglie, proviamo a ragionare su alcune ipotesi.
Ovvero, proviamo ad immaginare
come si possa inserire progettualità:
1. Sostegno
nella allocazione del denaro
Progettare esperienza
(non solo misurare
soddisfazione)
 
condivisione (lobbying incluso) di
progetti di settore, ma con un respiro
strategico (ad esempio : il piano della
mobilità individuale nei prossimi 1020 anni) e non solo tattico (eventuali
incentivi al settore). Ma gli esempi possono essere diversi a seconda del settore: progetti benessere per la famiglia
(anche cross filiera), progetti sulla qualità italiana certificata, progetti sulla gestione del risparmio, così come per una
dieta mediale sostenibile.
Fare squadra, insomma: talvolta come
filiera, talvolta come insieme di filiere,
talvolta come Paese.
Ma anche, a un livello più operativo,
mediante un impegno comune per
semplificare e facilitare la mappa decisionale del consumatore: dagli standard di settore, alla presa di distanza
dal confusion marketing (che paga nel
breve, ma rischia di drogare la relazione con il mercato).
2. Sostegno durante l’acquisto
Dopo le decisioni su come allocare il
denaro, segue la fase concreta di valutazione del cosa acquistare.
La Marca, da sempre, ha aiutato il
consumatore in questa fase: è senza
dubbio l’area nella quale il Brand
trova il suo terreno di elezione in
quanto sintesi di sicurezza, qualità,
garanzia. In questi termini la sua USP
(Unique Selling Proposition) la rende
un semplificatore delle scelte del consumatore, da sempre. E’ il suo fondamento. Ma anche la fase di acquisto
riletta alla luce delle esigenze cangianti di un consumatore “dentro la
crisi” mostra opportunità nuove.
Molti gli esempi che si potrebbero citare, relati con l’accettare, senza prevaricare, la logica del confronto fra pari
(P2P) richiesta dal consumatore evoluto. L’assenza di prevaricazione potrebbe realizzarsi anche sviluppando
una comunicazione meno muscolare
e meno centrata sulla conquista dell’awareness a tutti i costi. Una comunicazione più equilibrata e più orientata a far emergere le positività della
Marca.
In questo percorso meno orientato
alla persuasione quantitativa (nella
quale spesso si massimizza il rumore e
non il segnale), c’è ampio spazio per
investire nella coerentizzazione dei segnali tra advertising differenti e resto
degli atti comunicativi sulla Marca da
parte dei consumatori nei differenti
canali on e off line, il passa parola, gli
influenzatori.
Inoltre la variabile del prezzo pagato e
del valore scambiato fra impresa e
consumatore può essere ripercorsa
alla ricerca di elementi di progettualità che riconfigurino la relazione con
il mercato. In molti settori in questi
anni ha prevalso l’acquisition (con relative promo di acquisizione e conquista). La fedeltà del consumatore, la
condivisione del suo Life Time Value
sono spesso state messe da parte.
Forse, tornare a riscoprire le ragioni
dello scambio di lungo periodo con il
consumatore può voler dire riappropriarsi anche di questi valori.
Così come il supporto alla progettualità nell’acquisto può passare attraverso una nuova valorizzazione dei
luoghi, dei processi e delle persone
che fanno la qualità. Una sorta di recupero umanistico dell’orgoglio artigiano-industriale.
Un filone su cui è disponibile ampia
teoria (L’uomo Artigiano di Sennet) e
qualche buona esemplificazione con-
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GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
creta (l’ultima campagna Toyota). In
questa logica, anche la relazione diretta
fra produttore (di Marca) e cliente finale sarà da rivedere e forse da reinventare. In ballo non c’è solo la dialettica
fra produzione e distribuzione, ma anche la ridefinizione dei ruoli di produttore e distributore nell’era di canali
sempre più corti e diretti.
Oggi il produttore tende a delegare al
distributore anche ruoli che – teoricamente – potrebbe tenere sotto controllo. La miglior offerta su Internet
viene quasi sempre da un distributore
on line, quasi mai dal sito del produttore (che nemmeno prova a offrire al
consumatore, pronto a entrare in contatto diretto ed esclusivo con lui, ciò
che concede alla catena di distribuzione, fisica o virtuale).
I casi di una strategia autonoma sono
rari: pochi produttori di elettronica diventati famosi per la distribuzione diretta di hardware (Dell) o di contenuti
(Apple Store). La GM che al culmine
della crisi 2009 “si inventa” l’asta delle
auto nuove su Ebay. E poco altro.
Ma dopo la fine della grande illusione
del contatto diretto (la chiusura di
molti call centre e l’automatizzazione
di molti customer care), un nuovo
paradigma di contatto diretto con il
consumatore - on line, ma non solo ancora non si vede.
3. Sostegno nel post-acquisto
Dopo l’acquisto, la qualità toccata con
mano nell’esperienza d’uso è la conferma del valore di Marca.
Aspetti come la promessa di qualità, le
garanzie, le garanzie allungate, il soddisfatti e rimborsati, sono i primi e più
banali riferimenti. Ma nella nuova progettualità, ci possono stare anche op-
 
zioni ulteriori: come usare il prodotto/servizio al meglio, con la possibilità della Marca di appropriarsi di
nuove funzioni e stili d’uso creati dal
consumatore stesso. Per giungere al
crowd-sourcing, prospettiva non necessariamente limitata all’online.
Immettere progettualità nell’esperienza
postacquisto può anche significare ripensare la customer satisfaction, ribilanciando le logiche tradizionali di misurazione ex post della soddisfazione
con una neo-progettazione di soddisfazione ed experience.
significati. La cosa non è immediata, significa coerenziare l’identità di Marca
ed il concreto comportamento aziendale attuale con le missioni di futuro,
significa legare le attuali proposte sul
mercato con quelle in fase di incubazione dalla ricerca e sviluppo, accettando anche discontinuità tecnologiche. Altre volte costruire relazioni di fidelizzazione che massimizzino il vantaggio del consumatore che compra
oggi la Marca, anche quando in futuro
uscirà una soluzione migliorativa.
IN SINTESI
4. Sostegno nel lungo termine
E’ un’area che le aziende di Marca, soprattutto quelle che investono in CSR,
hanno già attivato. Uno spunto di riflessione ulteriore riguarda il collegamento tra presente e futuro. Come le
due voci dell’impresa (chi opera sul
mercato qui ed ora e chi opera sulla
corporate reputation e le dimensioni di
social responsibility), quasi sempre
presenti, possono essere in sincrono,
alimentandosi l’un l’altra di coerenza e
Questo contributo intende essere una
riflessione che deve (dovrebbe) concretizzarsi nei singoli settori e Marche.
Non necessariamente abbandonando
gli approcci classici al valore della
Marca, anche quelli tattici (le promo,
ad esempio).
L’importante è tornare ad alimentare la
catena del valore di Marca e la relazione con il consumatore di nuovi contenuti che consentano alla Marca stessa
un esercizio di leadership nel lungo pe-
riodo, mantenendo allo stesso tempo
un grip nel breve. Il futuro e la progettualità possono rappresentare una risorsa per la strategia di Marca e per il
suo marketing e la sua comunicazione.
In assenza di una riflessione sul rinnovo del “progetto Marca” si rischia di
consolidare un mondo di Marche giganti, tutte “emozione e promozione”,
magari top of mind ma non sempre
amate. Va comunque preso atto che alcune di queste opportunità sono già
strategie di marketing e comunicazione per alcuni Brand (es: nel largo
consumo, le norme europee sul labelling, o le polemiche sulle materie
prime e il prodotto italiano di qualità).
Forse ciò che manca è una riflessione
sul progetto di valore per la Marca che
colleghi e metta a sistema le singole
iniziative, ridando respiro e futuro allo
stesso tempo alla strategia di Marca e al
consumatore con i suoi bisogni e ansie.
Oltre l’emozione, oltre la promozione,
per un nuovo valore condiviso.
Fabrizio Fornezza
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GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
sommario
 
La Giustizia bendata, (Arredoearte)
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GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
 
L’IMMAGINE
DELLA GIUSTIZIA
Con orgoglio invito a leggere
il contributo di Gianmario Italiano
sulla “Giustizia bendata”.
L’autore è un giovane direttore
di ricerca impegnato, come sempre
più spesso capita, su due fronti.
Nella ricerca accademica,
nello specifico gli studi storici
nel perimetro della Riforma Luterana,
e nella ricerca sul campo
con le tecnicalità del “Dialogatore”.
GfK Eurisko è anche questo,
un ambiente in cui possono crescere
i nuovi talenti del Paese che cambia. (g.m.)
Il padre di Otane, Sisamne, era stato uno dei giudici reali,
e poiché per denaro aveva reso una sentenza ingiusta, era
stato messo a morte e scorticato dalla testa ai piedi per
ordine del re Cambise; dalla pelle strappata dal suo corpo
erano state tagliate delle strisce, che erano state distese sul
trono dove Sisamne era solito sedere per amministrare la
giustizia; dopodiché Cambise in luogo di Sisamne, da lui
fatto uccidere e scorticare, aveva nominato giudice il figlio
di Sisamne, ingiungendogli di ricordare su quale trono
sedeva per amministrare la giustizia1.
Il controllo della giustizia non è invenzione dei nostri tempi,
come dimostra il brano di Erodoto, secondo cui la pelle del
giudice corrotto Sisamne divenne ammonimento al figlio
perché amministrasse la giustizia con equità. Sulle rappresentazioni visive della giustizia e sulle loro implicazioni nella
realtà verte il variegato libro di Adriano Prosperi (Giustizia
bendata. Percorsi storici di un’immagine, Torino, Einaudi,
2008, pp. 259), che con grande abilità ne descrive l’accidentato percorso. Non è sempre facile seguire l’Autore nelle sue
digressioni argomentative, e l’ampiezza dell’arco temporale
esaminato (dall’antichità ai giorni nostri) lascia intendere la
difficoltà di mantenere compatta la narrazione, anche se il
lettore paziente sarà premiato a fine lettura, riuscendo a
inquadrare la questione.
La più nota immagine della complessa macchina della giustizia, sempre in lento movimento, è identificabile nella figura femminile con una bilancia in una mano e la spada nell’altra. Strettamente connessa a tale immagine è l’antica rappresentazione della “pesa” dell’anima, contenuta già
nell’Iliade (XXII, vv. 208-213) quando Ettore e Achille sono
valutati sui piatti d’oro di Zeus, a discapito del troiano:
[…] quando arrivarono la quarta volta alle fonti,
allora Zeus, agganciò la bilancia d’oro,
le due Chere di morte lunghi strazi vi pose,
quella d’Achille e quella di Ettore domatore di cavalli,
la tenne sospesa pel mezzo; d’Ettore precipitò il giorno
fatale e finì giù nell’Ade; l’abbandonò allora Apollo.
1 Erodoto, Le storie,
Torino, UTET, 1996,
vol. II, p. 43.
Il passo è nel libro V, 25.
Notissima è anche la precedente figura egizia della dea
Ma’at, pronta a valutare le colpe con la sua stadera all’ingresso del regno dei morti. Forse la tradizione ebraica prese
dal mondo egizio tale immagine di giustizia divina per poi
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GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
 
I litigiosi, allegoria della Giustizia bendata, xilografia (1493), da Sebastian Brant, La nave dei folli, Basilea 1494
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 
SE INIZIALMENTE L’IMMAGINE DELLA BENDA RECAVA IN SÉ
I SEGNI NEGATIVI DELLA CECITÀ, BEN ALTRO SIGNIFICATO ASSUNSE
IN ETÀ MODERNA NELL’AMBITO DEL RAFFORZAMENTO DEGLI STATI NAZIONALI
EUROPEI E DELLA “AVANZATA DI UN POTERE DI GIUDICARE
COME PREROGATIVA ESCLUSIVA DELL’AUTORITÀ CENTRALE DELLO STATO
CHE IMPONEVA IL SUO CODICE DI LEGGI A UN CORPO DI GIUDICI,
CANCELLANDO LE CONSUETUDINI LOCALI E LE PRATICHE SOCIALI CONNESSE”
traghettarla alla tradizione cristiana. Tuttavia, se in età
medioevale poche furono le variazioni iconografiche e concettuali, alla fine del XV secolo Battista Fiera si interrogava
su come dipingere la giustizia, pur nella certezza che essa
attenesse alla “sfera suprema della divinità”.
Il risultato proposto dall’umanista mantovano nel De iustitia pingenda (1515) era una sembianza duplice con molte
orecchie per udire i sussurri delle cattive azioni, e molti
occhi per vedere con sicurezza l’ingiustizia. Ben più fortunata era (e sarebbe) stata, però, la canzonatoria xilografia di
Sebastian Brant, che nel 1494 con La nave dei folli mise in
circolazione l’immagine di una giustizia sempre con spada e
bilancia, ma bendata da un pazzo. Rappresentazione fortunatissima, “nata come critica dei difetti dell’amministrazione della giustizia, fu ripresa e poi continuamente riproposta
con valore positivo a indicare un modello ideale degno di
approvazione”.
Prima di giungere a questa figurazione bendata, nata all’inizio dell’età moderna, il processo, però, fu lungo e complesso. Sin dai primordi l’idea di giustizia, come nel caso della
dea Ma’at, appare infatti proiettata su uno sfondo religioso,
come qualcosa che esiste in forma perfetta solo nel mondo
dei morti, né la tradizione cristiana medioevale si distaccò
da questa concezione, compendiata nell’aforisma dei giuristi
“Iustitia id est Deus”, tanto da inserirla tra le virtù cardinali
insieme con prudenza, fortezza e temperanza.
L’immancabile punizione del peccatore da parte di Dio, alimentata dall’insistenza pedagogica della predicazione ecclesiastica, contribuì al successo dell’immagine del Giudizio
Universale. La giustizia emanata da Dio, giudice supremo,
prese quasi contestualmente figura femminile, fino a simboleggiare «il fondamento ultimo della pace e dell’ordine
sociale, specie nelle rappresentazioni connesse alla questione
del “buon governo”».
Se inizialmente l’immagine della benda recava in sé i segni
negativi della cecità, ben altro significato assunse in età
moderna nell’ambito del rafforzamento degli stati nazionali
europei e della “avanzata di un potere di giudicare come prerogativa esclusiva dell’autorità centrale dello Stato che
imponeva il suo codice di leggi a un corpo di giudici, can-
cellando le consuetudini locali e le pratiche sociali connesse”.
A tale offensiva reagirono tanto Brant quanto Erasmo, il
quale nel suo Adagium del 1515 Scarabeus aquilam quaerit
metteva in evidenza la contraddizione tra l’aquila regale e
l’umile scarabeo lavoratore, in una antinomia tra popolo e re
ancora da sanare. Innegabilmente l’avanzata dello Stato
moderno ebbe come aspro terreno di scontro la giustizia, ma
altresì significativa fu la cesura introdotta dalla riforma luterana in questo campo, ossia la distinzione della giustizia tra
mondo e sopramondo, assegnando al sovrano il potere di
legiferare e punire: in tal senso, il velo posto sugli occhi diveniva per la prima volta segno di imparzialità.
Il successo dell’immagine della benda era dovuto però alla
conoscenza della parallela immagine del Cristo deriso,
anch’egli rappresentato con gli occhi fasciati: in tal modo la
tensione emotiva della figura pagana della giustizia accolse
parte del pathos dell’”uomo dei dolori”. Proprio la presunta
contraddizione nella storia della cristianità, vale a dire la
suprema ingiustizia della condanna del Giusto per antonomasia, trasformò la croce da somma infamia di epoca romana a suprema speranza, “simbolo religioso di salvezza”. E’
noto, infatti, che l’eredità romana fu integrata nella tradizione cristiana medioevale, come ad esempio fece Dante con
Traiano (Purg. X, 76-96), così strettamente che “l’idea cristiana di giustizia pervenne a legittimare il potere politico e
la tradizione giuridica romana conferendo loro una investitura divina”. “L’idea di misericordia divina era il presupposto
generale su cui si fondava la costituzione materiale della
società cristiana”, e la base religiosa della nozione di giustizia
era dunque connessa con la legittimazione di un potere concesso direttamente da Dio anche nell’investitura dei sovrani,
che appunto esercitavano il potere in nome di Dio stesso.
Questa concezione non poteva non aprire un conflitto tra
papato e potere politico, tanto forte da portare anche a sviluppi nelle rappresentazioni della giustizia, la cui iconografia, in assenza dell’autorità imperiale e del potere monarchico, sviluppò comunque caratteri propri.
Il potere costituito approfittò in ogni caso per fare pressioni
sui giudici per moralizzare (si noti: non controllare) l’amministrazione della giustizia, al fine di evitare, ad esempio,
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GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
 
Jèronimus Bosch, Avaritia, particolare dei sette peccati capitali, fine del secolo XV
che essi prendessero doni dai giudicati.
Legittimamente, perché l’avidità dei giudici divenne in età
moderna tanto proverbiale che Jeronimus Bosch dipinse l’avarizia come un balivo con il bastone, simbolo della sua autorità, peraltro incurante dello sguardo rivoltogli da Dio. La
loro corruzione era tanto diffusamente percepita da fornire il
destro al potere politico per imporre nuove regole e nuovi
riti, così come la lunghezza dei processi viene sottolineata per
proporre una riforma giudiziaria: in ambedue i casi, un
malessere noto e percepito è utilizzato per scopi diversi. E di
nuovo l’esempio di Sisamme tornò a essere rappresentato
insieme con la visione dello sguardo divino sul mondo, come
sprone al comportamento deontologicamente ineccepibile.
Ma come poteva il giudice trovare la verità? Il sistema “perfetto” era il sistema inquisitorio, in grado di produrre una
verità “assoluta o sostanziale, e conseguentemente unica”,
all’opposto delle verità contraddittorie e frammentarie derivanti dal procedimento accusatorio. Tale metodo scaturiva
senza dubbio dal diritto canonico, e fu fattivamente incoraggiato da Innocenzo III (e dal suo emulo Federico II), che lo
fece divenire “espressione fondamentale della nuova sacralità dello Stato”. Nel tardo Medioevo, mentre si consolidava la
“nascita del Purgatorio”, il quadro del giudizio di Dio, primo
inquisitore con Adamo e ultimo nel giorno del giudizio, fu
completato dalla presenza della Madonna, madre misericordiosa pronta a intercedere per le anime dei sofferenti. E’ un
“fatto che sul terreno del potere ecclesiastico di giudicare e di
rimettere le colpe” vi fu il massimo incontro iconografico e
didascalico, sublimato ancora una volta nel simbolo supremo di giustizia offesa e di misericordia, ossia il crocifisso.
Distinguendo tra la salvezza dell’anima e la punizione del
corpo, l’Inquisizione fece in modo che i condannati potessero accostarsi ai sacramenti prima di essere giustiziati, anche
se fu più difficile ottenere lo stesso dai tribunali laici. La confessione fu inclusa nei momenti fondamentali dell’opera dei
“confortatori” preposti a seguire i condannati nelle ultime
ore di vita, affinché l’anima del morituro fosse salvata e la
società risarcita dalla punizione del colpevole.
In un contesto di trasformazioni nei poteri e nelle forme del
diritto, la cecità della giustizia, di per sé attributo negativo, fu
recuperata con la formula del pathos del Gesù flagellato e
deriso della Passione, per piegare a favore del potere l’immagine della cecità, anche se mai si estinse la vena polemica
connessa al simbolo della benda. La figurazione satirica della
giustizia bendata fu riservata, però, alla sfera privata, mentre
l’uso pubblico e ufficiale della stessa rappresentazione fu
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GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
 
Gérard David, il Giudizio di Cambise: Sisamne spellato, olio su tavola, 1498
destinato a propagandare l’idea della incorruttibilità come
dovere supremo del giudice. Nel Cinquecento le piazze delle
città riformate svizzere e tedesche si popolarono di “fontane
della giustizia”, sormontate da una statua raffigurante una
donna bendata con la spada: i poteri pubblici garantivano
“una giustizia imparziale, limpida e a disposizione di tutti
come l’acqua delle fontane pubbliche”. La propaganda attraverso immagini simboliche era diventata sempre più importante man mano che si rendeva necessario il consenso dei
governati ai governanti. In tal senso, il potere assoluto di età
moderna, dopo avere trovato nella predicazione ecclesiastica
la certificazione della sua illuminazione da parte di Dio, cercò
altre basi per giustificare la sottomissione del sovrano alla
legge di natura, come Hobbes aveva ineluttabilmente concluso: “Un sovrano è soggetto tanto quanto il più misero del suo
popolo”. Lo sguardo tornò in auge, anche se lontano nei cieli,
mentre quello dei giudici tornò a essere sospettato di parzialità fino al secolo dei Lumi, che fece dello sguardo iperuranico lo sguardo della Ragione, “capace di illuminare pratiche e
devozioni distorte, superstiziose, crudeli”.
Tutti i simboli ereditati dalla tradizione furono comunque
sottoposti a una severa critica tra Sei e Settecento, a partire
dalla spada fin troppo facilmente identificata con gli invisi
patiboli. Anche un simbolo spesso accostato alla spada e alla
bilancia come il libro, intraprese la strada di un cambiamento dal sacro al civile (non più la Lex Divina della Bibbia, ma
la legge umana), mentre la bilancia concentrò i valori positivi dell’equità di fronte alla giustizia, naturalmente mediante
la Legge. La bilancia e la spada cessarono conseguentemente
di essere guidate dalla mano di Dio, per passare in quelle della
religione “secolarizzata -il popolo, la nazione, la classe e così
via- senza che si sia riusciti a risolvere il problema di come
dotare quei simboli dell’antica certezza religiosa del giusto”.
La parte finale del libro giunge a esaminare la contemporaneità, per rilevare che ancora non è stato definito il problema della giustificazione morale della giustizia, come Jeremy
Bentham (1748-1832) aveva creduto di poter fare utilitaristicamente, attribuendole l’obiettivo della felicità del maggior numero possibile di esseri umani. Si tratta di un problema forse ormai secondario perché oggi ben altre problematiche affliggono la giustizia, come la presenza della televisione nelle aule giudiziarie. Contrariamente ad alcuni paesi
europei, negli USA vi sono ferrei divieti alla trasmissione in
televisione dei processi, come peraltro avviene in Francia,
Germania, Canada e in altri paesi, dove il mezzo televisivo è
ammesso solo in casi eccezionali. In Italia, invece, è il giudice a deliberare la presenza o meno delle telecamere, e può
addirittura ignorare la mancanza di consenso delle parti,
“quando sussiste un interesse sociale”2. La sintesi prodotta
per ovvi motivi dalla televisione distorce il meccanismo reale
della giustizia, forse lento, metodico, bizantino, ma proprio
per questo in grado di garantire accusa e difesa nei loro diritti. Quando in gioco vi sono i diritti fondamentali della persona è necessaria una misura e un tempo che il mezzo televisivo non può garantire: non è sempre facile comprendere
dalle migliori azioni di un evento sportivo il reale andamento di una partita, a meno che sia stato un incontro a senso
unico, mentre la vita come la giustizia non lo è quasi mai. In
ogni caso, non è ancora chiaro quali influssi abbia la presenza del mezzo televisivo nell’amministrazione della giustizia,
quali conseguenze avrà la sua invasiva presenza, e la “spettacolarizzazione” conseguente. La nuova dea che tutto vede, la
televisione, renderà per sempre bendata la giustizia, l’unica
dea che tutto dovrebbe vedere?
Gianmario Italiano
2 Delibera n. 13/08/CSP, Atto di indirizzo sulle corrette modalità
di rappresentazione dei procedimenti giudiziari nelle trasmissioni radiotelevisive, Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana n° 39, del 15 febbraio 2008.
37
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | NOVEMBRE 2010
sommario
Direttore responsabile
Giuseppe Minoia
Comitato Editoriale
Paolo Anselmi,
A. Claudio Bosio,
Remo Lucchi,
Giuseppe Minoia,
Vitalba Paesano
Coordinamento editoriale
e ufficio stampa
Vitalba Paesano
Il numero è stato inviato in formato PDF
via email il 22 novembre 2010.
Social Trends è edito da GfK Eurisko,
allo scopo di migliorare la conoscenza
delle trasformazioni della società,
in ambito nazionale e internazionale.
È diffuso, in forma gratuita,
a una mailing list riservata.
L'iscrizione alla mailing può essere richiesta
da istituzioni o imprese, oppure dalle persone
che facciano parte delle medesime
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Grafica e impaginazione
Fabio Berrettini
G K EURISKO
Segreteria
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S O C I O C U L T U R A L E
G K EURISKO
Maggio 2010 no.109
QUESTO NUMERO
C
hiudiamo il numero 109
di Social Trends in un clima
di crescenti preoccupazioni
per l’Europa, per l’euro ed in particolare
per i Paesi che, con aplomb britannico,
vengono definiti PIGS.
L’Italia ne fa parte? Forse. Dipende.
Le agenzie di rating lanciano il sasso
e il giorno dopo nascondono la mano.
Il tutto sullo sfondo della tragedia
greca solo al primo atto ma già
al calor bianco, con vittime innocenti
e guerriglia sotto il Partenone.
Dunque la crisi non è finita
e la ripresa, se c’è, è un ottovolante.
Il nostro presente deve essere accettato
come una coda lunga di up & down,
con poco spazio per rilassarsi.
Tutti in apnea, impedendo così
strategie di lungo respiro in grado
di delineare interventi incisivi
per la produzione, il mercato del lavoro,
l’inclusione sociale e la indispensabile
ricerca per tutto questo.
Noi, dal nostro osservatorio di ricerca
e di analisi dell’evoluzione sociale,
proseguiamo nell’impegno, convinti
dell’utilità dei contributi che produciamo.
Per le imprese, ma anche
per la politica e le Istituzioni Pubbliche.
In questo numero di Social Trends
gli interventi sono tutti collegati
all’attualità. Dagli indici
di soddisfazione per la vita privata
e pubblica, un’analisi che si inserisce
nel filone degli studi sul “FIL”
(Felicità Interna Lorda),
all’attualissimo tema dell’inclusione
sociale: Remo Lucchi argomenta che,
senza sostenibilità sociale,
sommario
2
8
14

VERSO IL FIL
(FELICITÀ INTERNA LORDA)
18
non si può realizzare sviluppo
né ripresa per il Paese.
Per poi delineare i nuovi impegni
delle imprese italiane
nella Sostenibilità, individuandone
gli items prioritari in agenda.
Con un particolare focus
sulla Green Economy e sulle nuove
opportunità di produzione
e di comunicazione che comporta,
secondo Diego Masi,
Presidente di Assocomunicazione.
Altri contributi riguardano il selfhelp
nel megatrend del benessere
e un’analisi documentata del Digital
Divide italiano. Infine, un contributo
da GfK Corporate sui segnali
dal mondo dei consumi, dopo due
anni di crisi più o meno continua.
GM
 
GREEN ECONOMY
ALLA PROVA
di Vitalba Paesano
22

I CONSUMI DOPO LA CRISI:
SEGNALI DAL MONDO
di Edoardo Lozza e Daniele Novello
di Natalie Bajon

INCLUSIONE SOCIALE
PER LA RIPRESA

L’AUTOMEDICAZIONE
NEL TREND DEL BENESSERE
30
di Remo Lucchi
di Isabella Cecchini

IMPRESE
SEMPRE PIÙ IMPEGNATE
 
DIGITAL DIVIDE:
FACCIAMO LUCE
di Paolo Anselmi
34
di Edmondo Lucchi
Mimmo Pintacuda © Fratelli Alinari S.p.A. - Tutti i diritti riservati
 |   |  
2
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
  |   | 
VERSO IL FIL
(Felicità Interna Lorda)
Si è discusso molto negli ultimi mesi sull’opportunità di comprendere anche il benessere
dei cittadini nella misurazione della “ricchezza” di un Paese. Per il premio Nobel Joseph
Stiglits, che è stato incaricato da Sarkozy di approfondire questa tematica,
“è ora che il nostro sistema statistico metta l’accento più sulla misura del benessere
della popolazione che sulla produzione economica”. Non intendiamo qui certamente
proporre formule per il calcolo della cosiddetta Felicità Interna Lorda (FIL),
ma tentare piuttosto un’esplorazione preliminare (da approfondire) sul tema
della felicità e sulle relazioni esistenti tra la soddisfazione per le varie dimensioni del vivere.
P
iù in particolare ci chiediamo
quanto gli italiani siano soddisfatti della loro vita personale e
del contesto (città/paese) in cui vivono.
Qual è la relazione tra soddisfazione
pubblica (contesto) e soddisfazione privata (vita personale). Quali sono le dimensioni del vivere che impattano maggiormente nell’orientare la soddisfazione privata e pubblica.
Rispondono a queste domande 1000
italiani intervistati telefonicamente (tra
il novembre e il dicembre 2009) nell’ambito del Monitor sui Climi sociali e
di Consumo di GfK Eurisko1.
.  
    
VITA PRIVATA
vita personale nel suo insieme
%
Molto
-3
Poco
15
Per nulla
4
0
Non indica
21
Abbastanza
39
Poco
28
60
-4
39
+3
53
Soddisfazione per la vita personale
e per il luogo in cui viviamo
Gli italiani esprimono una diffusa soddisfazione per la propria vita: l’80%
esprime valutazioni positive, il 30%
molto positive. Anche la soddisfazione
per il paese/città in cui si vive risulta
estesa, sebbene su livelli meno elevati
(60% valutazioni positive, 20% molto
positive) (cfr. fig.1).
Viviamo, insomma, in anni difficili, ma
le difficoltà/sfide del quotidiano non
sembrano aver minato alla base la percezione complessiva degli italiani della
loro vita: soprattutto in riferimento al
∆%
‘09 - ‘99
%
Molto
28
81
Abbastanza
∆%
‘09 - ‘99
VITA PUBBLICA
città/paese
1. Monitor
sui Climi Sociali e di Consumo
(ricerca continuativa finalizzata
alla comprensione del sentiment
di consumatori).
- Il monitor parte nel 2001
e analizza ogni tre mesi
(marzo, giugno, settembre, dicembre)
3
19
+3
Per nulla
11
Non indica
1
la fiducia dei consumatori
e delle imprese.
- Il monitor-consumatori
si sviluppa su un’indagine
CATI e si basa su
un campione/rilevazione
di 1000 casi rappresentativo
della popolazione italiana adulta
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
(>18 anni) per i parametri:
area geografica, ampiezza
del centro di residenza, sesso,
età, istruzione e professione
- La rilevazione
di novembre/dicembre 2009
è stata condotta nel periodo
24 novembre - 2 dicembre
 |   |  
privato, ma anche per quanto riguarda
il contesto sociale.
Nell’ultimo decennio, il gradimento
degli italiani per la qualità complessiva
della propria vita mostra lievi, ma interessanti variazioni:
- cala leggermente (-3%) la soddisfazione
per la propria vita privata
- migliora un po’ (+4%) la soddisfazione
per il contesto sociale di riferimento.
Da sottolineare che l’incremento di
soddisfazione per la città/paese in cui
si vive rappresenta il solo parametro2
in crescita negli ultimi dieci anni:
siamo, dunque, in generale meno contenti, rispetto al passato, ma il contesto
urbano di vita sembra offrire qualche
opportunità in più di soddisfazione.
Soddisfazione privata e pubblica:
un legame complesso da capire
Soddisfazione privata e soddisfazione
pubblica non rappresentano due realtà integrate: la correlazione esistente
tra la soddisfazione per la vita personale e per il proprio paese è infatti
molto debole (indice di correlazione
statistica pari a 0,139).
Il risultato stimola qualche approfondimento circa la relazione fra queste
due variabili.
Nella figura 2 è illustrata la mappa
ottenuta dall’incrocio fra la soddisfazione per la propria vita personale
(asse orizzontale) e la soddisfazione
per la propria città/paese, ovvero per la
vita pubblica (asse verticale).
.   
  :   
Valore medio = 81%
+
4°
1°
Soddisfazione vita
PUBBLICA
% (molto + abbastanza)
Soddisfazione città/paese
>
80%
FELICITÀ
Valore medio = 60%
INFELICITÀ
Soddisfazione vita
PRIVATA
3°
40%
-
60%
2°
Soddisfazione vita personale
% (molto + abbastanza)
> 100%
La mappa dà origine in questo modo a
quattro quadranti che possiamo così
definire (cfr. fig.2):
- 1° quadrante, in alto a destra
felicità: forte soddisfazione per la vita
personale e per il contesto (città/paese)
in cui si vive;
- 3° quadrante, in basso a sinistra
infelicità: quadrante simmetricamente opposto al precedente, popolato da
individui poco soddisfatti sia per la vita
personale sia per le opportunità offerte
dal contesto;
- 4° quadrante, in alto a sinistra
soddisfazione vita pubblica: elevata
soddisfazione per il contesto accompagnata da una minore soddisfazione per
la vita personale;
- 2° quadrante, in basso a destra
soddisfazione vita privata: elevata
soddisfazione per la propria vita personale, cui si associa scarsa soddisfazione
per la propria città/paese.
Proiettiamo ora i principali descrittori
geografici e sociodemografici degli
intervistati. Emergono risultati di grande interesse (cfr. fig.3).
Appare evidente che, per ciascun quadrante della mappa, sia possibile riconoscere una popolazione specifica, connotabile per mezzo di un preciso carattere prevalente:
Felicità
>>
Residenti in città del Nord
di media ampezza
Infelicità
>>
Abitanti al Sud
>>
Anziani
Soddisfazione
vita pubblica
+
2. Per l’elenco delle dimensioni monitorate cfr. fig. 5.
4
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
Soddisfazione
vita privata
>>
Profili più mobili:
cittadini più istruiti,
giovani,
in aree metropolitane
.   
  :   
    
Soddisfazione vita pubblica
carattere prevalente:
fattore anagrafico
(anziani)
Valore medio = 81%
+
2. Stagnazione - mobilità: è la direttrice
che unisce i quadranti che esprimono
una contrapposizione tra la soddisfazione privata e quella pubblica: il 4° e il
2° quadrante. Questa direttrice è organizzata da una combinazione di caratteri anagrafici (ciclo di vita) e di tratti culturali (giovani, contesti metropolitani,
alta scolarizzazione) accomunati da un
denominatore di elevata mobilità sociale. Insomma, la vecchiaia si accompagna
a una crescente soddisfazione per l’am-
>
% (molto + abbastanza)
Soddisfazione città/paese
Elementari
Area geo:
Centro
< 10mila
abitanti
55-64
anni
Femmine
100-100mila abitanti
Superiori
Area geo:
Nord Ovest
Valore medio = 60%
Maschi
18-34
anni
35-44
anni
> 500mila
abitanti
Laurea
Area geo:
Sud
3°
40%
-
60%
2°
Soddisfazione vita personale
+
> 100%
% (molto + abbastanza)
Soddisfazione vita privata
carattere prevalente:
dimensione metropolitana/
elevata istruzione/giovani
Infelicità
carattere prevalente:
Sud
.  
  :   
NORD
STAGNAZIONE
+
4°
>
1 . Sud - Nord: è la direttrice connotata
in termini territoriali e geografici che
unisce il 3° e il 1° quadrante. Questa
direttrice connette il quadrante dell’infelicità al quadrante della felicità; attorno
ad essa si organizza, quindi, in maniera
inequivoca una matrice di diseguaglianza: il Meridione non riesce a tenere il
passo del resto del Paese.
Le percezioni espresse dai cittadini
confermano in questo senso le evidenze di numerose ricerche sulla qualità
della vita; ricordiamo l’ultimo rapporto del Sole 24 ore che misura la vivibilità delle province italiane e assegna le
ultime 25 posizioni ad altrettante province del Sud. Si noti come lungo questa linea di frattura al Sud non siano
contrapposti i segmenti e le aree più
evolute del Nord, bensì le medie città
settentrionali (in questa dimensione
sembrerebbe dunque realizzarsi la
massima possibilità di composizione
fra felicità pubblica e privata).
1°
100-500mila
abitanti
Oltre 64 anni
1°
Fattore anagrafico
(anziani)
Soddisfazione città/paese
Alla luce di quanto emerso, è possibile
strutturare la mappa della soddisfazione privata e pubblica lungo due direttirici (cfr. fig.4).
Area geo:
Nord Est
4°
80%
Soddisfazione privata e pubblica:
uno sguardo di sintesi
Felicità
carattere prevalente:
dimensione urbana
settentrionale
Dimensione
urbana
settentrionale
Profili giovanili
metropolitani
istruiti
Meridione
3°
-
2°
>
Soddisfazione vita personale
SUD
+
MOBILITÀ
5
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
 |   |  
.         
VITA NEL SUO INSIEME
PAESE/CITTÀ IN CUI VIVE
= 81
Famiglia
Vita sentimentale
84
Amicizie
84
88
Salute
Lavoro (base chi lavora)
Sicurezza
65
Vivibilità (aria, verde, ...)
65
59
Pulizia strade
58
Servizi Sanitari
59
51
Servizi Infanzia
57
47
Trasporto pubblico
50
Reddito
61
Scuole
73
Tempo libero
Risparmi
80
Consumi
= 60
30
46
Opportunità di svago
Traffico
45
Servizi per anziani
45
Impatto nell’orientare la valutazioni generale (analisi di regressione stepwise)
Servizi famiglie/individui in difficoltà
Impatto molto forte
Impatto forte
bito pubblico (probabilmente anche in
conseguenza di aspettative decrescenti) e
a un parallelo (e fisiologico) calo della
soddisfazione per la propria vita privata.
La soddisfazione privata a dispetto di
quella pubblica appare propria dei profili metropolitani più istruiti e più giovani, cioè quei segmenti più stimolati,
dalla dotazione culturale, dall’età e dal
contesto, al cambiamento.
Resta da stabilire se la loro relativa
insoddisfazione per l’ambito pubblico
sia più il risultato di un’offerta insoddisfacente o di aspettative più elevate.
L’impatto del vivere sulla felicità
Vediamo ora come sono valutate le
diverse dimensioni del vivere da parte
degli Italiani e come queste impattino
sulla felicità privata e pubblica.
Con riferimento alla vita privata, la maggior soddisfazione riguarda la famiglia e
la vita relazionale/affettiva. Volgendo lo
sguardo alla felicità pubblica, osserviamo come la maggior soddisfazione è per
la sicurezza personale e per la qualità
ambientale (aria e verde) offerte dalla
città/paese in cui si vive. Si tratta di due
dimensioni inaspettate e in contrasto
Opportunità di lavoro
con le problematizzazioni operate al
riguardo dai mass media.
Costante negativa tanto della sfera privata quanto di quella pubblica risulta
l’insoddisfazione per le opportunità di
svago e di lavoro, a cui si aggiungono
“ulteriori problematizzazioni” relative
- ai consumi e alle risorse finanziarie
(ambito privato)
- ai trasporti e ai servizi alla persona
(ambito pubblico) (cfr. fig.5).
Al di là delle valutazioni specifiche per le
diverse dimensioni del vivere, è interessante stimare quale di queste impatti
maggiormente nell’orientare la felicità/soddisfazione per la vita privata e pubblica:
- tanto la qualità della vita privata che
quella della vita pubblica sembrano
risentire negativamente delle scarse opportunità relative al lavoro e al tempo libero;
- queste criticità di fondo risultano
mitigate dalla qualità della vita affettiva
nel privato e dalla qualità del contesto
(sicurezza, vivibilità) in riferimento al
pubblico;
- la soddisfazione per l’ambito privato
non appare invece significativamente
connessa alla soddisfazione per il proprio benessere economico.
6
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
41
29
In sintesi…
1. Osserviamo una positività di fondo: gli
italiani sono complessivamente felici di sé
e (un po’ meno) del luogo in cui vivono.
2. Dall’incrocio della soddisfazione privata e pubblica emerge una mappa della
felicità strutturata attorno ad alcune
tipizzazioni di condizioni regolate
- da uno squilibrio di opportunità
Nord-Sud;
- da condizioni di esistenza che portano
a diverse interpretazioni:
- anziani > attenzione/soddisfazione
per le condizioni del contesto
- segmenti mobili (profili giovani,
metropolitani e colti) > attenzione/soddisfazione per le condizioni personali.
3. Al di là della diversità di dimensioni
che concorrono a delineare la soddisfazione, appare evidente il ruolo centrale e
critico svolto dalle opportunità di lavoro e svago come regolatore della felicità
personale e ambientale. Due aree prioritarie di intervento da offrire alla considerazione del marketing sociale.
Daniele Novello, Edoardo Lozza
Istock
  |   | 
7
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
sommario
 |  
8
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
  | 
INCLUSIONE SOCIALE
PER LA RIPRESA
La crisi pare davvero minacciosa: la paura frena la domanda,
con la conseguenza della disoccupazione reale crescente.
In più la crisi “allunga” la società, i segmenti marginali crescono,
aumenta l’instabilità, viene minacciata la coesione sociale
e la sicurezza, condizione basica per
un qualunque progetto di ripresa. Che fare?
Quali le prospettive? Se la gente perde il posto di lavoro ha
meno soldi da spendere, la domanda si contrae, le aziende
vendono ancora meno, devono ridurre ulteriormente i costi, licenziano… (spirale al collasso).
In sede di comunicazione pubblica, viene detto che le cose
stanno migliorando, anche se - si precisa - si teme per la disoccupazione crescente. Ora è evidente che non si può mettere
assieme la prospettiva di uscita dalla crisi, con quella dell’aumento della disoccupazione.
I due eventi sono in contraddizione. E le soluzioni non possono essere solo gli ammortizzatori sociali, qualsiasi essi siano,
perché comunque sono di breve periodo, e la crisi non si risolve da sola nel breve periodo.
Insomma, da sole le cose non si risolvono, e c’è la preoccupazione che la ricetta adottata - dire che stiamo uscendo dalla
crisi, aggiungendo un po’ di ammortizzatori sociali - sposti
l’attenzione dai veri interventi che dovrebbero essere varati.
In questo contributo - agganciandomi
ad analoghe riflessioni - individuo le condizioni
che devono essere soddisfatte:
- il Sistema Paese deve imparare a funzionare
in un progetto di lungo periodo
- sbloccando la domanda, innescando i segmenti elitari
traino dell’intera popolazione - attualmente in stallo
- favorendo l’innovazione di prodotto grazie
alla sostenibilità sociale (unico posizionamento
davvero produttivo), con spinte allo sviluppo
del business tramite innovazione dei processi
(requisito fondamentale per innescare i volumi)
- evitando le tensioni sociali determinate
dalle marginalità crescenti, tramite ammortizzatori
sociali ed intensi interventi di inclusione sociale,
cioè integrazione delle fasce marginali,
nel rispetto delle loro specificità, anche culturali.
In assenza di ciò la sicurezza sociale, condizione
basica per ogni forma di vita, è minacciata.
Le possibili soluzioni già considerate
Vediamo in dettaglio.
Ciò che si è già detto sulla crisi
Mi sono già soffermato più volte su ciò che sta accadendo
per effetto della crisi economica che stiamo attraversando
da un anno e mezzo:
- paure e contrazione dei consumi al di là dell’effettiva
incapacità di spesa
- contrazione delle vendite da parte delle aziende
- quindi nel brevissimo termine esigenza di contenimento dei costi.
Constatazione amara: dato che non c’è tempo e non ci sono
risorse per rivedere i processi produttivi, l’unica soluzione per
risparmiare sui costi nel breve è la riduzione dell’occupazione.
Gli interventi da adottare dovrebbero indurre la “domanda”
(innescata da “qualcosa”) a crescere, e quindi l’“offerta” a crescere, e quindi l’“occupazione” a crescere.
In altri termini bisognerebbe innescare una spirale virtuosa.
Come fare? Innanzitutto occorre convincersi che non è pensabile mobilitare “tutta” la domanda contemporaneamente.
Bisogna concentrarsi sui segmenti della domanda con capacità innescante, cioè su quelli in grado di avviare i fenomeni, qualsiasi essi siano.
Tutte le fenomenologie sociali, e soprattutto quelle legate ai
consumi, sono innescate dai cosiddetti “segmenti elitari”,
che per capacità di agire e di pensare trainano la società
verso il futuro. L’élite è la motrice. E se la motrice si ferma,
si ferma tutto.
9
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
 |  
Questi segmenti elitari - dal punto di vista dei consumi - oggi
sono in stand by. Non perché non dispongano di denaro da
investire, ma perché lo shock da crisi è stato talmente forte da
rendere sterili i vecchi induttori al consumo: “qualità- esperienze - emozioni”. Questi induttori non bastano più.
Le condizioni per un risveglio richiedono due fasi:
1. creare una nuova logica di consumo innescante,
che “svegli” l’élite
2. favorire le condizioni per la trasmissione immediata
di questa logica verso la parte centrale della domanda,
per innescare i volumi.
1. Nuova logica di consumo innescante per l’élite
L’élite si è resa conto che se si blocca la produzione si ferma
il sistema. E’ primario che l’economia funzioni. Senza il
soddisfacimento di questa condizione basica, il corpo sociale muore.
La crisi ha fatto quindi capire che la responsabilità primaria dell’intero corpo sociale è del sistema economico produttivo. E ci si è resi conto che tutto quanto è precipitato non c’è più bisogno di dimostrarlo - in quanto il sistema è
stato caratterizzato da una strategia di breve, anzi di brevissimo, cioè di sfruttamento delle opportunità del momento,
non ponendosi minimamente - a tutti i livelli - il problema
delle conseguenze nel medio-lungo periodo. Ciò soprattutto nel sistema produttivo, ma non solo.
Da questa diagnosi, l’élite ritiene che il sistema produttivo,
e tutto ciò che a monte lo orienta e lo condiziona - a cominciare dalla guida politica - debba farsi carico di una vera e
nuova responsabilità sociale, con un cambio di strategia:
- dal brevissimo termine > al medio-lungo periodo.
In altri termini, non solo responsabilità sociale, ma anche e
soprattutto sostenibilità sociale.
L’ÉLITE SI È RESA CONTO
CHE SE SI BLOCCA LA PRODUZIONE
SI FERMA IL SISTEMA.
E’ PRIMARIO CHE L’ECONOMIA
FUNZIONI. SENZA
IL SODDISFACIMENTO DI QUESTA
CONDIZIONE BASICA,
IL CORPO SOCIALE MUORE
Per ora cogliamo solo il grande senso delle cose: l’élite è
come se si fosse svegliata da una ubriacatura- opportunamente indotta da un certo sistema di potere - e desiderasse
finalmente essere guidata da logiche di sostenibilità: una
vita più sicura, morbida e dolce per sé e per chi verrà.
Desidera quindi che tutti gli atti sociali, a cominciare dai
consumi, siano permeati da un senso/ una giustificazione
sociale di medio-lungo periodo, cioè da una vera sostenibilità. Per questo gli atti devono connotarsi di una sorta di
giustificazione rispettosa nei confronti dei grandi valori e
patrimoni esistenti: l’ambiente, il rispetto che gli è dovuto, le
sue risorse, il sistema economico produttivo che gli consente di
andare avanti, la gente, le sue caratteristiche, i patrimoni culturali legati alla gente ed alla sua storia, la vita di relazioni
per la costruzione di un contesto armonioso e sicuro.
Bene, anche gli atti di consumo e la struttura dei prodotti e
servizi oggetto del consumo, devono connotarsi in questo
senso. Questa è la condizione perché si dia una giustificazione valida ai consumi ed il sistema economico riprenda a
funzionare. Quanto meno per l’élite.
Si deve trattare di trasformazione vera e non di trucchi di
marketing. La gente, l’élite hanno ormai abbondante capacità critica per capire il senso vero delle proposte. Si tratta
non di “ri-vestire” vecchi prodotti, ma di riconcepire nuovi
prodotti, di innovare in senso vero.
Quindi l’innovazione di prodotto, in logiche di sostenibilità sociale, è la vera direzione da adottare.
La soluzione certo non è facile. Innovare i prodotti significa
investire. Ed investire in un momento come l’attuale impregnato ancora - nonostante tutto - da una cultura di brevissimo periodo, dove gli investimenti intaccano i bilanci, dove le
“famigerate” trimestrali rischiano di perdere la loro attrattività e comunque caratterizzato da risorse molto limitate, falcidiate da un anno e mezzo di crisi, è problematico, soprattutto se non vengono agevolate le condizioni che consentano
gli investimenti. Certo, se dall’“alto” si diffonde l’idea che
stiamo uscendo dalla crisi, l’attenzione viene distratta dai
provvedimenti che si devono prendere con urgenza.
Se invece si è onesti nella diagnosi, e non si cercano consensi solo di breve periodo, allora è necessario che:
- si sensibilizzino le aziende ad indirizzarsi nella direzione
di cui si parla
10
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
  | 
TROVARE SOLUZIONI PER L’ÉLITE È NECESSARIO, MA NON È SUFFICIENTE.
L’ÉLITE È DI DIMENSIONE MODESTA, E NON CREA DIRETTAMENTE VOLUMI.
E’, QUINDI, NECESSARIO CHE QUESTE NUOVE TENSIONI AL CONSUMO, COSÌ
CONNOTATE, VENGANO TRASMESSE AL CORPO CENTRALE DELLA DOMANDA
- si adottino provvedimenti legislativi che favoriscano
investimenti per l’innovazione in questi ambiti
- si favorisca il credito bancario.
Il tutto, con rapidità, anche perché investire e trovare soluzioni vere, non è così immediato. E se si dovesse innestare la
“spirale al collasso” sarebbe drammatico.
2. Condizioni per il coinvolgimento
della domanda centrale (per sviluppare)
Trovare soluzioni per l’élite è necessario, ma non è sufficiente. L’élite è di dimensione modesta, e non crea direttamente volumi. E’, quindi, necessario che queste nuove tensioni al consumo, così connotate, vengano trasmesse al
corpo centrale della domanda.
Il corpo centrale della domanda è indotto “in modo naturale” a trarre spunto dall’élite per indirizzare i propri comportamenti. Tuttavia capita spesso che i prodotti proposti
all’élite abbiano prezzi inavvicinabili per il corpo centrale
della domanda. Il rischio quindi è di riuscire certamente ad
innescare l’élite, ma di impedire che tutto questo si trasmetta “a valle”.
Fenomeni di questo tipo sono, peraltro, la norma: si pensi ai
prodotti dell’agricoltura biologica - ottimi rappresentanti
della logica della sostenibilità - che hanno innescato alcuni
segmenti, ma che non rappresentano affatto una soluzione,
perché solo una fascia del tutto minoritaria li ha adottati.
Cioè non sono migrati verso segmenti ampi della domanda.
Il motivo è nel prezzo: inavvicinabile. In altri termini, non è
pensabile concepire prodotti nella logica della sostenibilità
sociale, e pensare che il prezzo sia inavvicinabile ai più.
Sostenibilità sociale deve significare anche sostenibilità
individuale dal punto di vista economico. Tutti i comportamenti virtuosi vanno favoriti, e non ostacolati.
Si dirà che la soluzione non è facile, perché è come dire che
bisogna fare di più e meglio, ma bisogna non far pagare i
maggiori costi, ed anzi - se possibile - bisogna ridurli per
favorire in modo rapido i comportamenti di adesione.
Peraltro non si pensi di adottare la strada della riduzione della
qualità quale soluzione per minori costi e minori prezzi.
Si sappia che la via della sostenibilità è per definizione virtuosa e vera, e non ammette imbrogli.
E quindi? La soluzione, anche in questo caso, passa per gli
investimenti per “innovare i processi”. Cioè adottare quelle
soluzioni - spesso tecnologiche - che consentano di mantenere (e migliorare) la qualità, sopportando costi di produzione più contenuti, e spostando parte di questo vantaggio
sulla domanda, riuscendo a ridurre i prezzi.
Le soluzioni ci sono, posto che chi deve decidere lo faccia, a
costo di adottare decisioni impopolari nel breve: la priorità
di tutto è il sistema produttivo, e sono fondamentali i provvedimenti - di sensibilizzazione e di facilitazione legislativa
e creditizia - che favoriscano gli investimenti di innovazione in questa direzione.
E’ ben vero che si deve operare affinché la domanda si svegli. Ma la domanda, da sempre, è provocata dall’offerta.
E’ sempre l’offerta che determina tutto.
Ed il Sistema (legislativo e creditizio) glielo deve consentire,
questa volta in modo guidato e attento, perché la direzione
da adottare non deve subire sbandamenti.
E soprattutto in tempi rapidissimi.
Quale Visione e quale Sistema Paese?
Soffermiamoci sulle condizioni di fondo che devono venire
rispettate. Si sono prospettate le direzioni:
- della “sostenibilità sociale”, aiutata da investimenti
per “l’innovazione di prodotto”
(prodotti nuovi permeati dal concetto di sostenibilità)
- e della “sostenibilità individuale”, sostenuta
da investimenti per “innovazione di processo”
(prezzi contenuti, mediante innovazione nei processi
produttivi) per generare volumi nel corpo centrale
della domanda.
Si è anche detto che i tempi delle decisioni devono essere
davvero ravvicinati, che non si può aspettare.
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GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
 |  
NON CI RENDIAMO CONTO DI ESSERE GLI UNICI AL MONDO: INVECE
DI INVESTIRE SULLE NOSTRE UNICITÀ, RENDENDOLE QUALITATIVAMENTE
ANCOR PIÙ INAVVICINABILI, TENDIAMO AD ENTRARE IN COMPETIZIONE
CON GLI ALTRI NEI LORO TERRITORI, CON ASSENZA DI SPECIFICITÀ
L’urgenza tuttavia non deve entrare in conflitto con una visione del problema di lungo periodo: la “sostenibilità” è un concetto che per definizione entra nelle prospettive di lungo periodo. Ora, il lungo periodo presuppone che ci sia un Sistema
Paese funzionante con una “visione”, cioè un progetto di
lungo periodo. In altri termini, è necessario indirizzare le
ricette di sostenibilità in direzioni definite, in sintonia con il
progetto di lungo periodo che questo Paese si vuole dare.
La condizione basica perché si possa disegnare qualcosa per
il lungo periodo, è che le parti politiche la smettano di contrapporsi con il semplice obiettivo del potere nel breve periodo. I bisogni di destra e di sinistra sono equivalenti in ogni
singolo individuo: coloro che ci aiutano a soddisfare i nostri
bisogni di destra e di sinistra devono capirlo, e devono collaborare perché tutto ciò avvenga. Quindi stop alle contrapposizioni, e serio impegno per disegnare concordemente un
progetto di lungo periodo. Non ci sono alternative!
Su quale possa poi essere un buon progetto di lungo periodo per l’Italia, mi sono più volte sbilanciato, in una nuova
prospettiva in sintonia con il concetto di rispetto e di armonia che sono impliciti nella sostenibilità sociale.
Ricordo gli accenni più volte fatti ad un posizionamento per l’Italia - che si basi su ciò che già di fatto rappresenta
una peculiarità non imitabile del nostro Paese: il suo territorio, la sua bellezza, la sua storia, la sua cultura, la sua creatività espressiva, con tutti gli indotti dei business: turismo,
arte, alimentazione, abbigliamento, arredamento, e così via.
Non ci rendiamo conto che siamo unici al mondo: ed invece di investire sulle nostre unicità, rendendole qualitativamente ancor più inavvicinabili, tendiamo ad entrare in
competizione con gli altri nei loro territori, ed in più con
assenza di specificità. Il rischio, al di là della crisi, è proprio
di essere spazzati via dalla globalizzazione.
Alcune riflessioni sulla Sostenibilità
Quindi, necessità di un Sistema Paese funzionante, e di una
Visione. Ma all’interno la parola magica deve essere “Sostenibilità”. Si deve cioè agire perché i comportamenti e i con-
sumi - nelle più varie direzioni - si giustifichino socialmente in una logica di “Sostenibilità”; cioè di “Responsabilità
Sociale” proiettata nel futuro.
Quando si sviluppa una proposta in questo senso - cioè di
sostenibilità - è d’obbligo tenere conto dei pilastri: le proposte di prodotto e/o di logiche di consumo non li potranno
tradire. Anzi, possibilmente, all’interno di un sistema territoriale, li dovranno esaltare.
Parliamo di:
- Sostenibilità ambientale - non solo la capacità di preservare nel tempo le tre funzioni dell’ambiente di fornitore di
risorse, di ricettore di rifiuti e di fonte diretta di utilità. Ma
anche la capacità di valorizzare l’ambiente in quanto “elemento distintivo” del territorio.
- Sostenibilità economica - cioè la capacità di produrre
e mantenere all’interno del territorio il massimo
del valore aggiunto combinando efficacemente le risorse,
al fine di valorizzare la specificità dei prodotti e dei servizi
territoriali
- Sostenibilità sociale - cioè la capacità di garantire
condizioni di benessere umano - sicurezza, salute,
istruzione - equamente distribuite per tutti i segmenti
di una popolazione convivente
- Sostenibilità culturale - la diversità culturale è necessaria
per l’umanità quanto la biodiversità per la natura;
la diversità culturale è una delle radici dello sviluppo
inteso non solo come crescita economica, ma anche come
un mezzo per condurre una esistenza più soddisfacente
sul piano intellettuale, emozionale, morale e spirituale.
Ne deriva, dunque, che il perseguimento della sostenibilità
dipende dalla capacità di garantire - nelle proposte che si
fanno - una interconnessione completa tra componenti
attinenti…
- ...l’ambiente,
- …l’economia,
- …la società,
- …il rispetto delle eventuali diversità culturali.
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  | 
Sicurezza sociale, un bene preliminare
L’obiettivo primo della sostenibilità è il benessere umano, di
lungo periodo. Ora, si è sempre sostenuto che i pilastri basici
del benessere siano la salute e l’istruzione. Questo è vero, ma
lo è soprattutto da un punto di vista individuale. Ma non
dobbiamo dimenticare che esiste una condizione più ampia
che deve essere soddisfatta a monte, e che attiene al contesto:
la sicurezza sociale. Quindi prodotti “sostenibili”, ma senza
dimenticare che nella “sostenibilità sociale” c’è una condizione preliminare da soddisfare - la sicurezza sociale - senza la
quale non si va da nessuna parte.
Ora, bisogna prendere coscienza del fatto che la crisi ci sta
portando “in modo naturale” in una direzione opposta: sta
allungando e radicalizzando la società. I segmenti che
hanno risorse, di fatto non soffrono più di tanto il momento di crisi, a fronte invece del fatto che i segmenti meno
favoriti entrano rapidamente in crisi. In questa situazione le
varie marginalità sociali aumentano sempre di più, e la
società diventa “bimodale”, cioè a forma di “U”.
Le marginalità sociali, attuali e potenziali, tenderanno sempre
di più a creare tensioni sociali: pensiamo a coloro che rimangono senza occupazione, non avendo riserve, piuttosto che ai
segmenti giovanili che non riescono ad entrare nel mondo del
lavoro, piuttosto che agli immigrati, regolari piuttosto che
clandestini (il 10% della popolazione!), che vivono sempre di
più ai margini, ecc. Tutte queste sono bombe sociali, pronte ad
essere innescate. Oltretutto l’incidenza delle età giovanili è elevata, così come è elevata la rivendicazione del diritto alla vita.
Ora, se il problema venisse trascurato, la probabilità che non
venga soddisfatta la condizione basica della sicurezza è altissima. Bisogna quindi agire per risolvere il problema, nell’attesa (e nell’auspicio) di una rapida ripresa. Certamente le varie
forme di ammortizzatori sociali possibili vanno attivate. Ma
non è sufficiente. Si affaccia il più ampio problema della marginalizzazione culturale, oltre che economica, che rappresenta una minaccia più grave. In altri termini, la lotta all’esclu-
sione sociale (se ne parla anche nella Costituzione Europea,
art. 34) diventa strategica perché si possa parlare di vera sostenibilità: se non c’è coesione sociale (inclusione sociale), non
ci potrà essere stabilità, e quindi sicurezza.
Verso l’inclusione sociale
L’inclusione sociale diventa la condizione fondamentale per
la sicurezza futura e per la sostenibilità sociale. Si ponga in
ogni caso attenzione al fatto che il concetto di “inclusione
sociale” è diverso dal concetto di “integrazione sociale”.
“Integrazione” significa operare perché individui marginalizzati si integrino nel sistema in cui si trovano, accettandone
non solo le leggi e le regole, ma anche consuetudini e cultura. Ciò in qualche misura contrasta con uno dei pilastri della
sostenibilità sociale, cioè il rispetto delle diversità culturali (le
diversità culturali sono un patrimonio dell’umanità). Questo
problema si pone ovviamente per i segmenti marginali che
appartengono ad altre culture (es.: gli immigrati).
“Inclusione” significa, invece, individuare - per i soggetti
marginalizzati - le vie per la partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, riconoscendone i
diritti di partecipazione, ed accettando le specificità/diversità
culturali. L’inclusione è l’unico sistema per evitare - in presenza di segmenti “sfortunati” - che si creino le condizioni
per l’instabilità e per la non sicurezza. E senza sicurezza non
c’è sostenibilità. In ogni caso non c’è alternativa. Si può discutere sul fatto che - ad esempio - gli immigrati debbano
entrare o meno. Ma una volta entrati, non si può discutere sul
fatto che non debbano vivere come una miccia accesa.
Dobbiamo porci il problema di spegnere la miccia, e non c’è
altra soluzione al diffondersi dell’inclusione.
Si constata in questo caso che per raggiungere un sano obiettivo
di “destra” (vivere bene la propria esistenza), si rende necessaria una sana metodologia di “sinistra” (preoccupiamoci che
tutti possano vivere bene).
Remo Lucchi
LE MARGINALITÀ, ATTUALI E POTENZIALI, TENDERANNO SEMPRE
DI PIÙ A CREARE TENSIONI SOCIALI: PENSIAMO A COLORO
CHE RIMANGONO SENZA OCCUPAZIONE, NON AVENDO RISERVE,
PIUTTOSTO CHE AI SEGMENTI GIOVANILI CHE NON RIESCONO
AD ENTRARE NEL MONDO DEL LAVORO E AGLI IMMIGRATI,
REGOLARI E CLANDESTINI (IL 10% DELLA POPOLAZIONE!)
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GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
sommario
Andy Warhol, Campbell’s Soup Can 1964
 |  
14
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
  | 
IMPRESE
SEMPRE PIÙ IMPEGNATE
risultati dell’indagine indicano che
mai l’attenzione alla responsabilità
sociale e ambientale da parte delle
imprese è stata elevata come oggi. Sono
soprattutto tre i fattori che - nel
recente passato - hanno spinto le
aziende ad un crescente impegno su
questo fronte: il riconoscimento della
serietà del problema rappresentato dal
mutamento climatico, la sfida posta
dalla globalizzazione che richiede di
guardare al mondo in una prospettiva
non puramente finanziaria e il maggiore controllo - reso possibile da
Internet - sui comportamenti aziendali
in ambito sociale e ambientale da parte
della pubblica opinione. Una larga
maggioranza (86%) dei manager intervistati dichiara che negli ultimi anni la
sostenibilità è divenuta più importante
nella strategia e nell’operatività delle
loro imprese. Un’analoga percentuale
(87%) dichiara che diventerà ancora
più importante nei prossimi anni.
I
Tra il dicembre 2009 e il gennaio 2010
l’Economist Intelligence Unit ha realizzato
per conto di Enel un’ampia indagine
sulla “gestione della sostenibilità” intervistando
200 senior executives di grandi aziende
(per un terzo con un fatturato superiore
ai 10 miliardi di dollari e per due terzi
con un fatturato comunque superiore
ai 500 milioni di dollari) appartenenti
a una varietà di settori e localizzate
in diversi Paesi. I risultati dell’indagine
sono stati presentati in occasione del primo
Sustainability Day di Enel, lo scorso 8 febbraio,
a Roma, una giornata interamente dedicata
alla riflessione sul cambiamento di paradigma
in atto nella relazione tra imprese
e società e alle sue future implicazioni.
.    
    
Valori in percentuale
56
Adottare un comportamento etico
45
Osservare leggi e regolamenti
43
Migliorare l'immagine dell'azienda
33
Migliorare il risultato economico
28
Soddisfare le esigenze dei clienti
23
Scoprire nuovi mercati
14
Favorire il reclutamento e la fedeltà dei dipendenti
6
Rispondere alle pressioni delle ONG e delle associazioni di cittadini
4
Rispondere alle critiche dei media
Altro
2
Fonte: Survey on “Managing for Sustainability” from the Economist Intelligence Unit - Sponsored by ENEL - 2010
15
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 |  
E non si tratta solo di buone intenzioni: circa la metà dichiara infatti di
avere già ottenuto risultati significativi
nel raggiungimento dei propri obiettivi di sostenibilità ambientale (49%)
e sociale (53%).
Questa prospettiva fa sì che la gestione
di questa issue stia progressivamente
uscendo dal controllo delle specifiche
funzioni ad essa dedicate - i corporate
affairs o la corporate communication - e
divenga sempre più parte costitutiva
della strategia complessiva di business.
Appaiono dunque davvero lontani i
tempi del green washing ovvero di sporadiche iniziative di CRM o di sponsorizzazione ambientale intraprese per
darsi una verniciata superficiale di
verde utile a sedurre i consumatori.
Tra i motivi che oggi sostengono l’impegno delle imprese alla sostenibilità i
senior executives intervistati pongono
al primo posto “la scelta etica” (56%) ovvero la sincera convinzione da parte
del management che sia opportuno
agire in modo responsabile - e a questa
affiancano il rispetto delle leggi attuali
e future (45%) e il miglioramento dell’immagine aziendale (43%). Più limitata è la percentuale di coloro che citano come driver primario il miglioramento dei risultati economici (33%) e
la risposta alle aspettative dei consumatori/clienti (28%).
Questo conferma che il rapporto tra
l’impegno sul fronte della sostenibilità e
il miglioramento dei risultati economici rimane un punto cruciale. Da un
recente studio (2008) compiuto dalla
Harvard Business School su dati degli
ultimi 35 anni, risultava evidente il rapporto tra una scarsa responsabilità socio-ambientale e un risultato economico negativo, ma non il contrario, ovvero l’investimento nella sostenibilità
non dà necessariamente risultati migliorativi a livello di bottom line, almeno nel breve periodo.
Cresce il consenso per un impegno
continuativo nella sostenibilità
Ma l’indagine svolta dall’Economist Intelligence Unit indica che anche per
questo aspetto le cose sono probabilmente destinate a cambiare nel prossimo futuro. Le imprese intervistate dichiarano infatti che la spinta a cogliere
opportunità - sul piano del successo
sul mercato e/o del miglioramento dell’immagine - è oggi superiore a quella
rappresentata dal desiderio di evitare
rischi (ad esempio evitare “crisi” o arrivare impreparati a leggi più severe in
campo ambientale e sociale).
L’opportunità che un impegno continuativo nella sostenibilità può offrire
sta - per il 59% dei rispondenti - nella
messa a punto di prodotti “environmentally friendly”.
Una percentuale che raggiunge il 71%
per le imprese che si rivolgono direttamente con i loro prodotti e servizi al
consumatore.
.       '
Valori in percentuale
51
Codice etico/sistema anti-corruzione
50
Cambiamento climatico/tutela dell'ambiente
40
Fonti energetiche alternative
37
Informatica verde
36
Differenze di genere
33
Investimenti socialmente responsabili
Diritti dei lavoratori
30
Coinvolgimento degli stakeholder
30
23
Scambio delle emissioni di C02
Altro
4
Nessuno
4
Fonte: Survey on “Managing for Sustainability” from the Economist Intelligence Unit - Sponsored by ENEL - 2010
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  | 
.    
      
Valori in percentuale
54
Forte appoggio da parte del top management
38
Migliorare l'efficienza energetica in tutti gli ambiti operativi
32
Formazione continua del personale
30
Coinvolgere i dipendenti in attività collegate alla sostenibilità
29
Integrare gli obiettivi di sostenibilità nei rapporti relativi alle catena d'approvvigionamento
22
Concepire prodotti e servizi che riducano o prevengano i danni ambientali
Incentivi ad operatori con cui si interagisce affinché adottino pratiche aziendali sostenibili
12
Includere gli indicatori di sostenibilità nelle valutazioni del rendimento dei dipendenti
12
9
Ridurre le emissioni di gas serra
6
Favorire programmi di interazione con gruppi attivi nella promozione della sostenibilità
5
Non è stata adottata alcuna pratica aziendale per la promozione della sostenilbità
Qualificare la società come soggetto a ridotte emissioni di C02
o fornitrice di prodotti che facilitino la riduzione di tali emissioni da parte di terzi
4
2
Altro
Fonte: Survey on “Managing for Sustainability” from the Economist Intelligence Unit - Sponsored by ENEL - 2010
Ad esempio la Philips si è posta l’obiettivo di arrivare nel 2012 ad avere il 30%
dei suoi prodotti “verdi”. E la Campbell
Soup ha dichiarato che il ridisegno
delle sue lattine comporterà il risparmio di 16.000 tonnellate di acciaio ogni
anno con un notevole vantaggio anche
sul piano del conto economico.
Oggi solo il 24% dei manager riconosce
l’esistenza di un forte legame tra l’impegno per la sostenibilità e un miglioramento della performance finanziaria nel
breve termine. Ma il 69% riconosce l’esistenza di un forte legame nel lungo
termine. E solo per un terzo delle
aziende intervistate gli obiettivi finanziari a breve termine rappresentano una
priorità più importante della sostenibilità e costituiscono dunque il principale
ostacolo ad un maggiore impegno.
Su un piano più operativo le aree riconosciute come prioritarie sono la creazione di codici etici per prevenire la
corruzione e altri comportamenti scorretti (51%), l’impegno alla protezione
ambientale in particolare in relazione
al cambiamento climatico (50%), l’investimento in fonti di energia alternative (40%), la creazione di prodotti a
minor impatto ambientale (37%), ad
esempio l’offerta di prodotti riciclabili
o che consentono di risparmiare energia per rendere i prodotti più desiderabili da parte dei consumatori.
Gli obiettivi di sostenibilità non dovranno in prospettiva essere separati
dagli obiettivi di business e dunque la
sostenibilità dovrà divenire sempre più
un elemento costitutivo della governance aziendale. Questo avverrà innanzitutto grazie a un impegno del top management (54%) ma anche attraverso il
miglioramento dell’efficienza energetica
(38%), l’educazione dei dipendenti alla
sostenibilità (32%), il coinvolgimento
dei dipendenti in attività correlate alla
sostenibilità (30%) e l’integrazione dei
principi della sostenibilità nella gestione
della catena di fornitura (29%).
Fondamentale viene giudicato da tutti
gli executives il reporting periodico
come modalità di misurazione e di ve-
rifica dei risultati raggiunti. Il rapporto
di sostenibilità è ritenuto il più efficace
strumento di rendicontazione ma solo
la metà delle imprese intervistate redigono attualmente un report socio-ambientale. Un dato che è destinato certamente a crescere nei prossimi anni se è
vero - come indica l’ultimo report di
KPMG International - che l’80% delle
maggiori 250 aziende a livello mondiale
redigono regolarmente questo tipo di
report mentre erano solo il 50% tre
anni fa. E nello stesso tempo un numero crescente di imprese si stanno dotando di strumenti utili per indagare in
modo sistematico le aspettative dei loro
stakeholders e per rilevare sul nascere le
issues emergenti. Una costante attività
di stakeholder engagement e di issue management che consente di mettere in
atto una comunicazione “mirata” sulle
diverse tipologie di stakeholders e rappresenta dunque un’importante opportunità di vantaggio competitivo.
Paolo Anselmi
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GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
sommario
  |  
GREEN ECONOMY
ALLA PROVA
L’energia che fa girare il mondo
non sarà più la stessa e, come è accaduto
in passato con il carbone e con il petrolio,
trasformerà radicalmente la nostra società.
Una rivoluzione planetaria per salvare
la specie, questa, che Diego Masi, presidente
di AssoComunicazione, ha tracciato
nel suo fortunato volume “Go Green”.
D’ora in poi, la parola d’ordine,
per le aziende, sarà Whole Brand Reputation,
un progetto di posizionamento integrale
delle marche, in un mondo che chiede
sostenibilità. Whole sta per integro, pulito,
onesto, trasparente. Anche la comunicazione
dovrà assumere un ruolo più progettuale,
per dare significato culturale e sociale
alla marca. E dovrà agire con lungimiranza
e creatività, senza sottovalutare
l’importanza e la diffusione delle relazioni
sulla Rete. Il mondo che vorremmo
è nelle nostre mani, dunque. Ma la strada
che ci attende è davvero molto impegnativa
Diego Masi,
presidente
di AssoComunicazione
iego Masi, cremonese, classe 1947, presidente di
AssoComunicazione (dal 2008), già parlamentare
per due legislature e sottosegretario agli Interni, è
un professionista della comunicazione che guarda al
futuro. Per questo ha scritto di recente “Go Green”, un
volume che si avvia a diventare il Bignami della Green Economy, e che, per tracciare il profilo di quanto accade sull’argomento anche del nostro Paese, ha utilizzato la ricerca
“Gli italiani, la Green Economy & Communication”, realizzata da GfK Eurisko per UPA e AssoComunicazione.
“Non sono diventato ambientalista solo per aver scritto un
libro. Mi sento, però, come uno che ha approcciato il problema e che comincia un processo di rinnovamento. Ho buttato il cuore oltre l’ostacolo, insomma”. E siccome il cuore, si
sa, non può andare avanti da solo, Go Green diventerà a
breve una società nell’ambito della comunicazione digitale.
“Non so ancora se la società attuerà i contenuti del libro.
Sto facendo adesso un business plan che non può essere
neppure definito tale. Alla mia non più tenera età parto da
una start up e da un progetto che prende forma via via che
procedo. Ero partito su un’idea iniziale di consulenza, che è
il mondo che ho sempre praticato, ma sto verificando gli
ampi spazi di un lavoro digitale destinato al consumatore,
legato ai servizi di questo mondo”.
D
Il mondo della comunicazione, però, in questo momento vede
il Green Market e quindi il Green Marketing ancora come una
nicchia …
“… a breve questo sarà il Marketing con la M maiuscola; oggi
è un discorso da specializzati, domani sarà generalizzato ed
esteso a tutta la comunicazione. Credo che il consumatore si
attiverà per chiedere alle aziende di essere più attente ai valori
e ai bisogni della società. Questo anche perché il mondo politico non riuscirà più a dare agli Italiani una serie di risposte e
di servizi necessari. E allora la gente si aspetterà dalle aziende
una maggior partecipazione alla vita civile, una maggiore
attenzione al sociale. Le imprese, prima di distribuire denaro
agli azionisti, dovranno cominciare a distribuire i dividendi,
in termini di servizi, ai propri concittadini, alla comunità, al
proprio Paese. Perché è così che si costruisce maggiore reputazione, quella Brand Reputation di cui tanto si parla in questo momento. Dove fino a oggi c’era l’Immagine, adesso c’è
la Reputazione. L’impresa non è vista solo come attore di sviluppo economico, ma anche di autentico sviluppo sociale.
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GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
  |  
L’azienda che sponsorizza il verde per l’aiuola vicino alla
propria sede non basta più. Occorre fare ben altro”.
Per il pragmatico Masi studiare il problema significa anche
individuare soluzioni.
“Il cambiamento si attua non solo per la spinta che viene
dai cittadini-consumatori, ma anche per la volontà
imprenditoriale di migliaia di operatori che intravvedono
un business nel mondo verde. C’è posto per tutti e dipenderà dai capitali a disposizione. Le grandi imprese
dovranno ricollocarsi e riposizionarsi, mentre a quelle
nuove spetterà il compito di dare vita ad aree di mercato
inesplorato. Negli Stati Uniti è in crescita un mercato
denominato LOHAS (Lifestyle of Health and Sustainability) che va dal fitness alle energie rinnovabili, ai prodotti
verdi per la cura della casa, agli indumenti in fibra naturale, agli alimenti biologici, al green building.
Ma non sarà un cammino uguale per tutti. Le aziende
nuove che nascono in questo settore (chi produce lo yogurt
di soia, per esempio) sono verdi già per missione implicita
nella loro attività. Ci sono, invece, aziende che non rientrano nel green market; queste hanno bisogno di una forte
consulenza perché per loro il compito è complesso: devono
sviluppare nuovi prodotti in tempi che non saranno rapidi.
Si muoveranno prima le società di medie dimensioni, dalle
alimentari alle farmaceutiche, più agili, più imprenditoriali
e capaci di intuire le possibilità di business sociale.
Ci sono poi imprese i cui prodotti sono dannosi per l’ambiente (le società petrolifere, per esempio) e la cui riconversione in forme più sostenibili richiede impegno, tempi e
denaro. C’è infine, un altro tipo di azienda che non potrà
mai diventare verde (la siderurgia, per esempio). Anche queste aziende dovranno intervenire, ‘pagando pegno’ comunque, con una presenza più consapevole e significativa nella
società. Il loro sarà uno spirito da ‘onere di urbanizzazione’”.
“La grande distribuzione, in questa operazione, dovrebbe
essere la più facilitata delle aziende; penso al caso di Hannaford, una delle catene di supermarket americani più accreditati. I ricercatori, lì, hanno creato un sistema pilota per
aiutare il consumatore nella scelta dei prodotti migliori per
uno stile di vita salutare, ecologico e ambientalista, inserendo le guiding stars. Si tratta di un punteggio a stelle (da
una a tre) che contraddistinguono i cibi. Quelli con una
stella hanno valori nutrizionali buoni, con due stelle valori
nutrizionali superiori; i prodotti che sono stati segnati da
tre stelle hanno i migliori valori nutrizionali sul mercato.
È un modo molto concreto e sufficientemente garantito
per i consumatori che scelgono negli scaffali i prodotti,
tenendo d’occhio questa marcatura. E per le aziende, la
conquista delle stelle è una motivazione in più ad aggiornare e migliorare i propri prodotti. La distribuzione potrà
guidare questo processo di rinnovamento, avvalendosi di
esperti delle università e di gruppi non profit.
Anche in Italia c’è qualcosa di nuovo. Certo è più facile
prendere posizione, per esempio, per la Coop, che ha sempre avuto un atteggiamento orientato verso la sostenibilità,
e che ha fondato il Club 4-10 anni 1. In questo modo, anche
perdendo del fatturato, costruisce una solida Brand Reputation perché in sintonia con la credibilità della sua coerenza.
1. Coop ha definito “Le linee guida
Coop per una corretta
alimentazione dell'infanzia”,
con la supervisione di un Comitato
Scientifico composto da ECOG
(European Childhood Obesity Group:
ovvero l’organismo europeo
più autorevole che ha come obiettivi
la protezione e promozione della salute
dei bambini) e SIO (Società Italiana
dell’Obesità: una delle più importanti
società scientifiche che si occupano
in specifico del tema obesità).
In base a questi princìpi è nata la linea
Club 4-10, con prodotti virtuosi destinati
19
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
ai bambini, sviluppati seguendo
le regole contenute nelle Linee Guida.
Una linea di prodotti che sarà composta
a regime da circa 40 referenze,
molte delle quali destinate alle occasioni
di consumo fuori pasto: tutti i prodotti
uniscono alle caratteristiche proprie
del marchio Coop (assenza di coloranti,
di grassi idrogenati, di OGM
e ridotto uso di conservanti)
un profilo nutrizionale adeguato.
Inoltre nella ricettazione di questi prodotti
si eviterà l’uso di grassi tropicali
come l’olio di palma e di cocco,
e si utilizzeranno solo aromi naturali.
  |  
In questo percorso verso la Whole Brand Reputation le
banche, che lei cita, arrivano per ultime…
“Non significa che la Finanza non debba dare attenzione alla
Green Economy, tutt’altro. È che sta attraversando un
periodo così difficile e problematico, che dovrà lavorare su
elementi fondamentali prima di occuparsi di verde. Le banche devono recuperare la fiducia dei consumatori. E poi non
debbono generare confusione. Un esempio per tutti: la Banca
Verde, che in Francia è il Crédit Agricole, la cassa rurale, il
corrispettivo della nostra Banca dell’Agricoltura. Per far
conoscere la banca Verde hanno utilizzato Sean Connery
come testimonial. In realtà non è chiaro perché uno scozzese,
per quanto bravo e simpatico come Connery, debba testimoniare che questa banca francese si avvia verso il green marketing … Il consumatore non capisce il messaggio, non sono
questi i valori nuovi per una nuova economia”.
Un messaggio fuorviante, quindi. Lei stesso sostiene che
agli inizi di questo nuovo tipo di comunicazione c’è il
rischio di fare green washing.
“Il termine green washing, coniato nei primi anni ’90 da
Greenpeace per descrivere ‘cynical, superficial, public relations marketing’, designa un’appropriazione indebita di
virtù ambientaliste da parte di una società, un’impresa, un
governo, per farsi un’immagine verde.
Oggi è un termine molto controverso, soprattutto perché
siamo in un periodo di passaggio. La comunicazione dovrà
essere sempre più etica, sincera, informativa, onesta, meno
fuorviante. Nessuna furbizia, dunque. È possibile che agli
inizi, in Italia, si finisca con il fare green washing: molti tenteranno di dare una semplice ‘pittata di verde’; l’importante, però, è non essere
recidivi. Facciamo un esempio recente; Yamamay ha
presentato una linea go
green, che utilizza addirittura la font del mio libro.
Per questa linea, comunque,
ha prodotto capi con tessuti
organici (bio cotone).
Come non dare atto che
stanno tentando di andare
in questa direzione?
Vedremo cosa faranno nella prossima campagna perché per
diventare davvero green bisogna intraprendere una strada,
non fare scelte isolate”.
“Preferisco un’azienda che comincia per singoli passi piuttosto che chi aspetta di decidere grandi strategie. Questi sono
momenti nei quali occorre che si butti il cuore oltre l’ostacolo; poi arriva tutto il resto. Quando Whole Foods Market
aprì il primo negozio di cibo naturale e biologico nel 1980 ad
Austin, Texas, non aveva certo in progetto gli altri 270 punti
vendita che ci sono oggi tra Nord America e Regno Unito.
Anche in questo caso il processo è iniziato con un esperimento verde e poi si è sviluppato e compiuto. Non bisogna
essere integralisti, in questo ambito.
Un po’ come nella valutazione della conferenza di Copenhagen, del dicembre scorso.
Gli ambientalisti dichiarano che è stato un disastro. Io preferisco chiamarlo un successo a metà. Per la prima volta si
è presentato tutto il top della politica del mondo. Hanno
capito che “Sciences leaves us no spaces for inaction”. A
Kioto nel ‘92 gli Americani non c’erano. Io leggo come un
buon segnale che il mondo sta cambiando”.
Per evitare green washing, ci sono indicazioni più precise
del semplice suggerimento a essere sinceri?
“Esiste una lista dei sei segni che possono aiutare a capire
quando ci troviamo di fronte a un tentativo di green washing:
1. Peccato di nascosto tradeoff, quando si dichiara un
unico elemento verde presente per affermare che un prodotto è green
2. Peccato di mancanza di prove, quando non ci sono dati
per convalidare l’affermazione
3. Peccato di vaghezza, con affermazioni vaghe e non chiare
4. Peccato di irrilevanza, con affermazioni che spostano
l’attenzione su elementi irrilevanti e non verdi
20
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
  |  
5. Peccato del “minore dei mali”, affermazioni che distraggono da considerazioni sull’impatto ambientale del prodotto
6. Peccato di falsità…
Parliamo di lavoro e di giovani...
“Ci sono troppi giovani oggi che vogliono fare comunicazione, in un mercato troppo stretto. Le posizioni in questo
settore sono 20-25.000 in tutta Italia. L’università, con la laurea in scienza della comunicazione, ne sforna circa 30.000
all’anno. A un giovane agli inizi direi ‘Pensaci’. A quelli che ci
hanno già pensato e si trovano ormai in uno stadio avanzato
del percorso si possono dare suggerimenti, anche considerando che il lavoro di agenzia ha smarrito molto del suo
appeal, insieme a molti dei suoi soldi. In 10 anni abbiamo
quasi perso il 40% del fatturato.
A questi giovani va detto che per fare una comunicazione
seria e perbene bisogna essere ancora più capaci. I giovani
devono capire che il ruolo della comunicazione non è solo
trovare la bella frase o realizzare il bello spot, ma interpretare
un progetto a medio termine di una azienda e del suo modo
di essere presente nella società. E poi c’è la grande rivoluzione del Web. La differenza tra un manifesto o uno spot e la
Rete è fondamentale: dei primi si può dire “è una bella
comunicazione”.
Se invece sono su Facebook o scrivo un blog, parlo con
milioni di altre persone che hanno la mia stessa specializzazione, i miei stessi interessi. Quello che unisce tutte queste
persone è il buzz digital, il passaparola.
E allora bisogna imparare a fare del buzz marketing , presentandosi all’interno della Rete per parlare della propria
marca in modo trasparente e pulito. Un’agenzia, così, avrà
più bisogno di gente che conosce meglio il digitale, che sa
di sostenibilità, che guarda di più al mondo sociale, pianificatori che non pensano solo al consumatore, ma alla
società nel suo complesso; marketing insight, capaci di una
conoscenza approfondita dei bisogni, delle aspettative, dei
comportamenti, e, più in generale del contesto socio - politico - culturale - ambientale, ricercatori e ricerche per definire meglio, anche in termini applicativi, le tendenze vere.
E poi, naturalmente serviranno creativi di nuovo tipo.
Le agenzie, come le auto, saranno ibride, forti di creatività e
vena artistica, ma capaci di seguire e promuovere il processo
di innovazione delle aziende, che si stanno attrezzando per
essere più agili in futuro. I pubblicitari? Non credo siano
degli anticipatori, piuttosto degli artisti, che sanno interpretare creativamente i dati di fatto. In questo momento di trasformazione non possono contare sul passato, possono solo
scatenare creatività e fantasia”.
Diego Masi certo è un buon esempio. Tra una presentazione
e l’altra del suo “Go Green”, ha mandato a compimento
un’importante partnership nel mercato del social media
marketing: la fusione di PromoDigital, società italiana specializzata in buzz marketing, di cui è Presidente, con Wikio,
aggregatore di blog internazionale. “Da un lato ci serviamo
di un sistema in forte espansione che aggrega tantissimi
blog, di contro offriamo competenze in ambito del buzz
marketing”, dice.
“Io ho molta fiducia nel digitale, lo conosco da tanto, e
anche l’accordo Wikio ne è un esempio. Io spingo su quest’area anche se trovo alcune resistenze forti. Molti lo considerano ancora una nicchia, un complemento, un mezzo,
uno strumento. Non è così. Parleremo sempre di più in
modo digitale e la comunicazione non può non accorgersi di
tutto questo. Per salvare la vecchia creatività non si può non
vedere quello che sta già accadendo. Io troppo digitale?
Meglio preoccuparsi se lo si è troppo poco”.
Vitalba Paesano
IL TERMINE GREEN WASHING, CONIATO NEI PRIMI ANNI ’90 DA GREENPEACE,
DESIGNA UN’APPROPRIAZIONE INDEBITA DI VIRTÙ AMBIENTALISTE DA PARTE
DI UNA SOCIETÀ, UN’IMPRESA, UN GOVERNO, PER FARSI UN’IMMAGINE VERDE
21
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
sommario
© Annette Hornischer, Germany
 |  
22
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
  | 
I CONSUMI DOPO LA CRISI:
SEGNALI DAL MONDO
GfK Roper Reports Worldwide* identifies
new trends in global consumption
L’economia globale è in ripresa
dalla primavera del 2009
e la natura temporanea o duratura
di tale trend positivo dipenderà
in buona parte dai consumi privati.
Come evidenziato dall'analisi annuale
GfK Roper Reports Worldwide*,
l'incertezza sembra dominare
i consumatori a livello internazionale.
T
ra il 2008 e il 2009 la situazione
finanziaria di quasi due terzi
dei consumatori è peggiorata a
livello internazionale. I datori di lavoro
hanno tagliato posti di lavoro e stipendi.
Il valore degli investimenti è diminuito. Si è registrata una difficoltà
generale a pagare le bollette mensili e a
saldare debiti e finanziamenti.
Nell’elenco generale delle preoccupazioni principali dei consumatori, il
timore della recessione e della disoccupazione è salito dal quarto al primo
posto nell’arco di un solo anno, superando fattori quali “inflazione e prezzi
alti”, “criminalità e illegalità” e “reddito
sufficiente a vivere in modo decoroso”.
L’attuale crisi finanziaria sembra coinvolgere maggiormente i consumatori
* GfK Roper Reports Worldwide
Da 1997 GfK Custom Research North
America con sede negli USA ha intervistato
più di 25.000 consumatori in almeno
25 Paesi per la ricerca GfK Roper Reports
Worldwide. Le interviste costituiscono
la base di diversi analisi approfondite,
tra cui il Global Consumer Recession Index,
il rapporto Mood of the World and Values
Factbook (Almanacco dei Valori).
Basandosi sui dati GfK Roper Reports
PEOPLE, PLACES,
PURCHASES
The global economy has been
on the upturn since spring 2009.
Whether this upswing is temporary
or lasting will largely depend on private
consumption. However, consumers
across the globe are unsettled,
as highlighted by the GfK Roper
Reports Worldwide study. This annual
global syndicated survey also reveals
that consumers are still spending,
despite widespread uncertainty,
but are doing so in a different way
statunitensi, di Taiwan, del Canada,
della Corea del Sud e del Regno Unito.
Non vi è più traccia della sicurezza che
derivava loro dalla stabilità economica
dei rispettivi Paesi negli anni passati.
Come se non bastasse, questi consumatori stanno anche sperimentando
preoccupazioni finanziarie mai affrontate, associate all’improvvisa necessità
di risparmiare.
I consumatori egiziani, indiani, polacchi e sudafricani, dal canto loro, sembrano resistere molto meglio alla crisi. I
motivi potrebbero essere rintracciati
nella libertà relativamente limitata di
cui hanno beneficiato a livello economico o nella preoccupazione per altre
questioni locali quali la criminalità o i
cambi imminenti di governo.
Worldwide, il Gruppo GfK ha individuato
otto diversi segmenti di consumatori
in relazione ai loro valori e interessi; questi
gruppi (GfK Roper Consumer Styles - RCS)
presentano bisogni e stili d’acquisto distinti.
La ricerca GfK Roper Reports Worldwide
è condotta dal dipartimento autonomo
GfK Roper Consulting, che ha le sue origini
nell’azienda fondata nel 1933
da Elmo Roper (1900-1971), pioniere
delle ricerche di mercato negli Stati Uniti.
* GfK Roper Reports Worldwide
US-based GfK Custom Research
North America has surveyed 25,000
or more consumers in at least 25 countries
for the GfK Roper Reports Worldwide study
every year since 1997. The interviews form
the foundation of numerous in-depth
analyses, including the Global Consumer
Recession Index, Mood of the World report,
and Values Factbook. Using GfK Roper
Reports Worldwide data, the GfK Group
23
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
The personal financial circumstances
of almost two-thirds of consumers
worldwide deteriorated
between 2008 and 2009.
Employers implemented job and salary
cuts. The value of investments
decreased. People found it difficult
to pay their monthly bills and pay
off their credit and debt. Accordingly,
the number of people looking
to the near future with confidence
has fallen dramatically and at 52%
is the lowest level in ten years.
On the global list of consumers’
top concerns, the fear of recession
and unemployment jumped
from 4th to 1st place within
the space of just one year,
overtaking “inflation and high prices,”
“crime and lawlessness,”
and “money enough to live right.”
People in the USA, Taiwan, Canada,
has identified eight distinct consumer
groups based on values and interests;
these GfK Roper Consumer Styles
(RCS) groups also have distinct
consumer needs and shopping styles.
The GfK Roper Reports Worldwide
study is conducted by the independent
GfK Roper Consulting division
that has its roots in a company founded
by Elmo Roper (1900 - 1971) in 1933,
a pioneer of market research in the USA.
 |  
La crisi non incide
sulle spese per i consumi
La crisi non investe i consumi globali,
che sembrano tuttavia caratterizzati da
nuovi orientamenti.
Se è proprio impossibile acquistare un
nuovo frigorifero, che il vecchio sia
almeno ben rifornito!
Le vacanze non si toccano, ma sono
bandite le destinazioni costose all’estero. Invece dell’iscrizione in palestra,
due giri del parco con le nuove scarpe
da corsa.
Piccoli lussi
Oggigiorno, quattro consumatori su
cinque affermano di risparmiare, seppur con modalità differenti. Si concedono una birra in meno al pub e spengono le luci quando lasciano una
stanza. Un numero sempre maggiore
trascorre le vacanze a casa e tiene lo
stesso cappotto per un altro inverno o
guarda l’ultimo film di successo solo
quando esce in DVD. La maggior parte
evita di mangiare fuori. Questi dati
sono confermati da Europanel.
Il 94% dei consumatori, tuttavia, ritiene
importante concedersi ogni tanto un
piccolo lusso, come ad esempio un’uscita in un ristorante sfizioso. A livello
internazionale, mangiare fuori è la
quinta modalità scelta dai consumatori
per gratificarsi (Fig. 1). Negli Stati Uniti
e in Canada, le uscite al ristorante
figurano in realtà al terzo posto.
In generale, si risparmia su queste
uscite senza rinunciarvi completamente, ritenendole sempre più un
lusso e tagliando, probabilmente, le
.       
Cifre in percentuale
Paese con percentuale più elevata
51
Concedersi più tempo libero
Germania
74
Dormire fino a tardi
38
Germania
74
Mangiare e bere bene
38
Tailandia
72
Messico
48
USA
55
Corea del Sud
57
33
Spendere in abbigliamento
30
Mangiare fuori
27
Acquistare qualcosa che si desidera da tempo
Uscire a divertirsi
22
Corea del Sud
42
Fare un bagno lungo nella vasca
22
Germania
46
Acquistare un libro o una rivista
22
Regno Unito, Germania
43
Francia, Australia
40
Francia
49
Italia
30
Taiwan
51
21
Fare un breve viaggio (in giornata/weekend)
19
Festeggiare con gli amici
18
Fare acquisti dedicati ai propri hobby
16
Prendere un giorno di ferie
Acquistare musica o video
14
Regno Unito
29
Acquistare un prodotto di ultima tecnologia
14
Taiwan
44
India
52
Taiwan
31
9
Concedersi un trattamento termale
Acquistare un gioiello
Fonte: 2009 GfK Roper Reports Worldwide
6
Base: 35.000 consumatori di età superiore ai 15 anni in 25 Paesi; possibilità di risposte multiple
24
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
  | 
IL TIMORE DELLA RECESSIONE
E DELLA DISOCCUPAZIONE
È SALITO DAL QUARTO AL PRIMO
POSTO NELL’ARCO DI UN SOLO
ANNO, SUPERANDO FATTORI
QUALI “INFLAZIONE E PREZZI ALTI”,
“CRIMINALITÀ E ILLEGALITÀ”
E “REDDITO SUFFICIENTE”
bevande costose o i dolci. Un terzo dei
consumatori ama spendere nell’abbigliamento per dimenticare le preoccupazioni quotidiane, rendendo questo
orientamento il quarto più selezionato a livello internazionale.
I latino-americani appaiono particolarmente inclini verso questo tipo di
gratificazione. In Brasile, ad esempio,
l’abbigliamento è la forma di appagamento più selezionata.
“Mangiare e bere bene” e “dormire
fino a tardi”, col 38%, si attestano a
pari merito al secondo posto della
classifica internazionale delle gratificazioni.
A livello nazionale, si osservano notevoli differenze. Restare a letto fino a
tardi è il modo migliore di rilassarsi
per tre quarti dei Tedeschi, un numero
decisamente superiore rispetto a tutti
gli altri Paesi. Nel Regno Unito, in
Giappone e in Russia risulta, invece, al
primo posto “Mangiare e bere bene”.
La modalità scelta in media da oltre il
50% degli intervistati per migliorare la
qualità della vita quotidiana è concedersi più tempo libero. Una scelta particolarmente importante in Europa occidentale e in America del Nord. Come
citato in precedenza, tuttavia, l’impiego
del tempo libero è particolarmente
diversificato in quanto spazia da un
pasto particolarmente sfizioso, al dor-
South Korea and the UK feel most
affected by the current financial crisis.
Having been able to rely on the economic
stability of their countries in preceding
years, this security has evaporated.
In addition, they are now facing
previously unencountered financial
concerns, with the associated need
to suddenly start saving. Conversely,
consumers in Egypt, India, Indonesia,
Poland and South Africa seem
to be coping much better
with the crisis. This might be because
the leeway they have had in financial
terms has always been relatively
restricted, or because the population
is worried about other issues
in their country, such as crime
or an imminent change in government.
Consumer spending
continues nevertheless
Despite the downturn, there can be no
talk of a crisis in global consumption.
Consumers continue to spend,
although their focus has shifted.
If there is to be no new refrigerator,
at least the old one should be well
stocked. Holidays yes, but not
to expensive destinations abroad.
Instead of an expensive gym
membership, two circuits of the park
in new running shoes.
It is a well-known truth that consumers
do not like to acknowledge that
they are having to tighten their belts.
This was the case in difficult
economic times in past decades
and is no different today.
Little luxuries
Today, four out of five consumers
worldwide say that they are saving
money in some fashion. They will drink
a pint less than usual in the pub
and make sure they switch off the lights
if nobody is in the room. More people
are also spending their holidays
at home. They are deciding to wear
their coats for another winter
and to watch the latest blockbuster
movie when it is released on DVD.
25
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
Most will also opt to eat at home
rather than going out. This is also
demonstrated by Europanel data.
However, indulging in little luxuries
now and then is important
to 94% of consumers.
For example, enjoying one of those
now rare meals in a restaurant.
At the international level, eating
out is the fifth most popular choice
of consumers in terms of allowing
themselves a treat (Fig. 1)
and in the USA and Canada, restaurant
meals are actually in 3rd place.
Generally, people are saving on eating
out without giving it up completely.
Instead, they are increasingly turning
it into a tangible luxury and something
special. Maybe they are cutting back
on expensive drinks or desserts.
In order to forget their everyday worries,
one-third of consumers like to shop
for clothes, making this globally
the fourth most popular indulgence.
Latin Americans are particularly likely
to reward themselves in this way.
In Brazil, for example, buying clothing
is the top-ranked indulgence,
and in Mexico, the second favorite.
With 38% of consumers opting
for “having something nice to eat
and drink” and “sleeping late”,
these are in joint 2nd place
on the global list of indulgences.
Nevertheless, there are vast differences
at the national level. Three-quarters
of Germans count the lie-in among their
favorite ways to relax, which exceeds
all the other countries by far.
“Having something nice to eat or drink”
ranks first in the UK, Japan and Russia.
However, on average, something far
more general and subjective is the
absolute favorite way in which people
across the globe enhance their
day-to-day lives: taking time
for themselves. More than 50% like
to indulge in this way. Having time
for themselves is particularly important
to Western Europeans and North
Americans. At the same time, the great
majority of consumers in Mexico,
 |  
.    
Cifre in percentuale
Paese con percentuale più elevata
44
Fare acquisti quotidiani più oculati
41
Utilizzare buoni sconto
37
Acquistare alcuni prodotti solo se in offerta
USA
68
Francia
85
Francia
68
Aumentare gli acquisti presso i discount
36
Corea del Sud
56
Utilizzare meno/rinunciare a qualcosa
36
Usa
63
Francia, Usa, Regno Unito
57
Svezia
37
Canada
43
Australia
42
27
Passare dai prodotti di marca ad equivalenti meno costosi
25
Acquistare prodotti a risparmio energetico
Acquistare un numero elevato di prodotti per ottenere uno sconto
Acquistare prodotti di seconda mano
19
18
Fonte: 2009 GfK Roper Reports Worldwide - Base: 35.000 consumatori in 25 Paesi di età superiore ai 15 anni che hanno svolto l’attivita negli ultimi dodici mesi; possibilità di risposte multiple
mire fino a tardi o allo shopping. Molti
intervistati amano andare al cinema,
concedersi un lungo bagno nella vasca o
andare a trovare gli amici.
Sebbene si auto-impongano di risparmiare, i consumatori riescono comunque a divertirsi e consumare.
Sono solo diventati più attenti alle spese
e selettivi.
L’importanza della convenienza
L’acquisto di beni di consumo quotidiani si configura come un progetto
strategico nell’ambito di situazioni
economiche individuali (Fig. 2). Gli
Americani, ad esempio, riflettono
attentamente prima di acquistare qual-
cosa. I Francesi appaiono fanatici dei
buoni sconto e se un prodotto che desiderano non è in offerta, circa due terzi
dei consumatori Americani e Francesi,
così come i loro corrispettivi Canadesi
e Australiani, lo acquistano solo quando
viene ribassato.
Oltre la metà dei sud Coreani sceglie le
offerte dei discount, mentre più o
meno lo stesso numero di Francesi,
Americani e Britannici ritiene di poter
trovare alternative altrettanto valide
sugli scaffali dei negozi, accanto alle
marche più costose. Gli Svedesi risparmiano acquistando prodotti a basso
consumo energetico, mentre i Canadesi
sono i campioni mondiali dell’acquisto
LA CRISI, PER QUANTO REALE, NON INVESTE
I CONSUMI GLOBALI, CHE SEMBRANO TUTTAVIA
CARATTERIZZATI DA NUOVI ORIENTAMENTI.
SE È PROPRIO IMPOSSIBILE ACQUISTARE
UN NUOVO FRIGORIFERO, CHE IL VECCHIO
SIA ALMENO BEN RIFORNITO!
26
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
in grandi quantità. Gli Australiani, dal
canto loro, seguono un trend già identificato dagli esperti come “globale e in
continua crescita”: gli acquisti di
seconda mano. La bicicletta vintage, la
porcellana acquistata tra gli oggetti
usati e un romanzo preso al volo all’asta su Internet sono tutte opzioni ben
accette, alla stregua dei vestiti non più
nuovi di zecca. I produttori e i dettaglianti del settore dell’abbigliamento si
sono ispirati ai concessionari di automobili e stanno vendendo articoli di
moda con certificato di utilizzo precedente. Riacquistano articoli venduti in
passato nei loro negozi, li fanno ripulire
in modo professionale, fanno in modo
di evidenziarne la vera origine e li
rivendono a prezzi ovviamente molto
ridotti. Gli articoli di marca restano
comunque molto popolari. A livello
internazionale, ben il 40% dei consumatori apprezzano il valore aggiunto di
marca, specialmente quando si tratta di
automobili, tecnologia e salute.
  | 
A LIVELLO INTERNAZIONALE,
BEN IL 40% DEI CONSUMATORI APPREZZANO IL VALORE AGGIUNTO DI
MARCA, SPECIALMENTE QUANDO
SI TRATTA DI AUTOMOBILI,
TECNOLOGIA E SALUTE
I consumatori di alcuni Paesi specifici
attribuiscono un valore aggiunto relativamente maggiore a particolari prodotti. I Taiwanesi e i Turchi sono i più
inclini a ritenere che alcune marche di
arredamento meritino Premium Price.
Gli Indiani pensano altrettanto dei
prodotti per la cura del corpo, gli
Argentini della tv, i Polacchi dei prodotti di bellezza, gli Americani della
birra e gli Spagnoli del vino e degli
alcolici. È continuato ad aumentare, per
contro, il numero di Americani che
apprezzano i prodotti di marca a prezzi
ribassati.
Gli incentivi creano domanda
La crisi economica internazionale ha
modificato l’atteggiamento dei consumatori, ma non ne ha alterato le aspirazioni e i sogni, anche i più importanti.
Tutto ciò che li aiuta a realizzarli è
accolto con entusiasmo, come ha dimostrato, ad esempio, il successo degli
incentivi governativi a scadenza.
In Germania, gli incentivi alla rottamazione delle macchine usate hanno provocato l’assalto ai concessionari.
Gli stessi incentivi, negli Stati Uniti, si
sono tradotti nella vendita di auto
nuove e a minor consumo di carburante. Gli USA, inoltre, hanno dimostrato con le loro detrazioni sulla prima
casa che un incentivo relativamente
ridotto è spesso sufficiente a superare
importanti blocchi psicologici.
Brazil, the Czech Republic and Poland
also mentioned this as something
they consider to be a treat. However,
what people do with this time varies
widely, as mentioned above, and ranges
from having a particularly nice meal
to sleeping in or shopping. Many also
like to go to the movies, relax in
the bath or visit friends. Despite imposing
saving measures on themselves,
consumers are showing that they are
nevertheless able to enjoy themselves
and consume. They have simply
become more cost-aware and selective.
Everyone likes a bargain
In these circumstances, shopping
for daily consumer goods becomes
something of a strategic project within
the scope of private financial
circumstances (Fig. 2). Americans
in particular will think twice about
whether they really need this or that.
French people are true fans of coupons.
And if a product they want is not
currently on offer, about two-thirds
of American and French consumers,
along with those in Canada
and Australia, will just wait until
it is reduced. More than half of South
Koreans take advantage of the savings
offered by discount stores, while similar
numbers of the French, Americans,
and Brits find that perfectly good
alternatives are available on shop
shelves alongside expensive name
brands. Swedes in particular
buy energy-saving products to save
money, while Canadians are the world
champions in buying in bulk to get
a discount. At the same time, Australians
are showing everyone what experts
have already identified as a growing
global trend, opting for second-hand
items. Granddad’s bike, china picked up
at a yard sale and a novel snapped up
in an Internet auction are all
appreciated. So are clothes that are not
brand new. Apparel manufacturers
and retailers are already responding by
taking a lesson from automotive dealers
and selling certified pre-owned fashion.
27
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
They take back goods purchased
originally at their store, have them
professionally cleaned, ensure
that their genuine origin is evident,
and re-sell them - at a significantly
reduced price, of course.
Nonetheless, branded goods remain
very popular. Worldwide, as many
as 40% of consumers recognize
the premium value of certain brands.
This applies particularly to cars,
technology and health. Consumers
in certain countries also attribute
comparatively greater premium value
to specific types of products. For
example, consumers in Taiwan
and Turkey are more likely than others
to appreciate that some furniture
brands are worth paying more for.
Indians feel this way about body-care
products, Argentineans about TVs,
Poles about beauty products,
Americans about beer, and Spaniards
about wine and liquor. Nevertheless,
the willingness to pay more for name
brands has continually decreased,
at least in the US, over the past few
decades. At the same time, the number
of Americans who like branded goods
but at low prices has increased steadily.
Buying incentives create demand
The behavior of consumers across
the globe has changed in light
of the economic crisis. However, their
aspirations and dreams - including
the major ones - remain the same.
Everything that takes them a little closer
to fulfilling these is received with open
arms. This is highlighted, for example,
by the success of government incentives
that are limited to a specific time.
In Germany, the scrappage bonus
for old cars resulted in a run on car
dealerships. The same goes for the
USA, where the cash-for-clunkers
program promoted sales of new,
fuel-efficient cars. Moreover, the USA
proved with first home allowances
that often only a relatively small
incentive is required to overcome major
psychological hurdles.
 |  
’        
percentuale di consumatori estremamente d'accordo con le affermazioni (6 o 7 su una scala da 1 a 7)
42
42
Totale Complessivo
Brasile
28
29
31
22
Desidero che i miei prodotti siano innovativi
almeno quanto quelli dei miei amici
28
29
I valori influenzano i consumi
I consumatori dei paesi BRIC (Brasile,
Russia, India e Cina) amano acquistare
prodotti non strettamente necessari.
Si interessano più della media ai prodotti di qualità più recenti (Fig. 3), con-
India
Cina
22
Avere l'ultimo modello di cellulare
permette di fare una buona impressione
Fonte: 2009 GfK Roper Reports Worldwide
Secondo le stime degli esperti, quest’anno, a causa della lentezza del mercato immobiliare, senza l’apporto di
capitale non sarebbe stato possibile
vendere circa il 40% delle abitazioni
effettivamente acquistate. Anche nei
momenti di crisi finanziaria, i sussidi
rendono allettanti agli occhi dei consumatori i beni di cui non si ha prima
necessità.
Russia
31
Base: 31.500 consumatori di età superiore ai 13 anni in 25 Paesi
siderando un “must” l’ultimo cellulare
o schermo LCD con risoluzione elevata. Se dovessero scegliere tra un reddito più elevato e maggiore tempo
libero, molti di questi consumatori
sceglierebbero i soldi. In India, in particolare, la quota di consumatori mossi
da impeti materialistici è quasi raddoppiata negli ultimi otto anni, passando dal 31 % al 59%.
Ma come impiegherebbero eventuali
introiti maggiori?
I Russi li spenderebbero in viaggi,
mentre i Cinesi li destinerebbero
all’acquisto di una casa. I consumatori
che desiderano più di altri la sicurezza
economica e un certo status rientrano
nella categoria dei “Casalinghi”.
Si tratta del gruppo più numeroso tra
gli otto in cui si suddividono gli Stili dei
Consumatori GfK Roper dei paesi BRIC
e di altri mercati emergenti in America
Latina e in Asia. I consumi internazionali sono promossi anche da altri stili di
vita che sembrano resistere alla crisi.
I “Sognatori”, orientati verso la moda e i
prodotti di marca, sono concentrati
sopra la media in Asia e in Europa Centrale. La seconda categoria comprende
gli “Avventurieri”, che amano uscire e
fare esperienze differenziate. La terza e
ultima categoria ad alzare il livello dei
consumi è quella dei “Consumatori di
Larghe Vedute”, che amano gratificarsi
GLI ARTICOLI DI MARCA RESTANO ANCORA MOLTO POPOLARI.
A LIVELLO INTERNAZIONALE, BEN IL 40% DEI CONSUMATORI
APPREZZANO IL VALORE AGGIUNTO DI TALUNE MARCHE, SPECIALMENTE
QUANDO SI TRATTA DI AUTOMOBILI, TECNOLOGIA E SALUTE
28
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
  | 
LA CRISI VIENE AFFRONTATA
CORAGGIOSAMENTE ANCHE
DA UN GRUPPO TRASVERSALE:
LE MAMME, O MEGLIO,
LE “NEO MAMME”. SI TRATTA
DI DONNE CON ALMENO UN FIGLIO
AL DI SOTTO DEI TRE ANNI,
APPARTENENTI A CULTURE DIVERSE.
più di tutti gli altri gruppi anche nei
momenti di crisi.
Le ultime due categorie rappresentano
circa un quarto della popolazione dell’America del Nord, dell’Europa Occidentale e delle regioni asiatiche più
benestanti. Il tratto comune ai consumatori dei tre gruppi è la tendenza a
coltivare le proprie passioni.
I bisogni delle “Neo mamme”
La crisi viene affrontata coraggiosamente anche da un gruppo trasversale:
le mamme, o meglio, le “Neo mamme”.
Si tratta di donne con almeno un figlio
al di sotto dei tre anni, appartenenti a
culture diverse. Sebbene consapevoli
delle responsabilità nei confronti della
famiglia, non vogliono smettere di
divertirsi. Amano rilassarsi, specialmente con pause brevi e non costose
che portano via poco del loro tempo
prezioso e sono interessate al proprio
aspetto, rivelandosi consumatrici accanite di articoli di moda e prodotti di
bellezza. Più di altre, scoprono online le
informazioni sui loro prodotti, fanno
gruppo e amano condividere le proprie
esperienze. Le “Neo mamme” ritengono che i produttori e i distributori le
trascurino. Sono un target generatore
di nuove tendenze trasversali a livello
internazionale.
Natalie Bayon
According to estimates by experts,
given the sluggish real estate market,
around 40% of this year’s house sales
would not have gone ahead without
the cash injection. Even in financially
difficult times, attractive allowances
are making things palatable
for consumers which they do not
strictly need, or at least would
not need immediately. In this respect,
product groups on which people
do not like skimping anyway
are scoring particularly well.
These include domestic appliances,
toys and entertainment media.
Values influence consumption
Consumers in the BRIC countries,
comprising Brazil, Russia, India and
China, are particularly enthusiastic
about purchases which are not strictly
necessary. For reasons of status, their
interest in the newest and best products
is above the global average (Fig. 3).
The latest mobile phone or the LCD
monitor with the highest resolution
are must-haves. Given a choice
between more money and more time,
a remarkably high number of these
consumers would opt for more money.
This applies in particular to India.
Here, the share of consumers driven
by materialistic considerations has
almost doubled in the past eight years
from 31% to 59%. And what would
people do with any additional income?
Russians would spend it on travel,
while the Chinese would put it towards
buying a house. People who long more
than others for financial security
and status are grouped in the lifestyle
category of the “Homebodies”.
This group represents the largest
of the eight GfK Roper Consumer Styles
in the BRIC countries and the other
emerging markets of Latin America
and Asia. At present, three other lifestyle
groups are driving global consumption
in particular and are therefore considered
to be resilient to the crisis.
The “Dreamers”, who focus particularly
on fashion and brands, are represented
to an above-average extent in Asia
and Central Europe. The second group
comprises the “Adventurers”,
who like to go out and experience
different things.
And finally, the “Open-minded”,
who indulge more often than all
of the other groups even in times
of crisis, represent the third group
which is boosting consumption.
The last two of the consumer groups
mentioned account for around a quarter
of the population respectively in North
America, Western Europe and the more
affluent parts of Asia. What consumers
of all three lifestyles have in common
is that they pursue their passions.
The needs of “New Moms”
Across different countries and lifestyles,
a so far untapped, pluralistic target
group is also braving the crisis:
mothers. Or rather, “New Moms”.
These are women with at least
one child under age three. Across
the generations, they are multicultural
and have life and career experience.
Although they are very aware of their
responsibilities to their families, they
do not wish to miss out on fun in their
lives. They love to relax, particularly
by having short breaks which neither
cost too much nor take up too much
of their valuable time, and they have
an above-average interest in their looks
which means they are eager
consumers of fashion and beauty.
More than others, they gather
information about products online,
are networked and enjoy sharing
their experiences. To date, these
New Moms do not feel that industry
and retail are consciously taking them
into account. However, they represent
a target group that should be taken
seriously, as they are also creating
new trends in private consumption
and embody consumer wishes which
are currently changing fundamentally
across the globe.
This article is based on data from
the 2009 GfK Roper Reports Worldwide survey
29
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
sommario
 |  
30
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
  | 
L’AUTOMEDICAZIONE
NEL TREND DEL BENESSERE
1
È un’esperienza sempre più
diffusa fra gli Italiani.
Lo rivela un nostro studio
realizzato per la campagna
di informazione realizzata
da Anifa con l’obiettivo
di sensibilizzare ed educare
i cittadini a un uso corretto
e responsabile dei farmaci
da banco/OTC.
Il 67% degli Italiani (circa
32 milioni, dai 25 ai 64 anni)
nell’ultimo anno ha fatto
ricorso a questi prodotti, oltre
la metà ne ha assunto uno
negli ultimi tre mesi e il 41%
lo ha fatto negli ultimi 30
giorni. Tra questi,
in prima linea le donne.
. ’  
 
100
90
80
67
70
60
50
54
13
13
41
40
30
20
10
0
...nell’ultimo
mese
...negli utimi 3
mesi
...negli ultimi
12 mesi
.  
   
90
38
52
Anche se
senza ricetta,
è comunque
un farmaco
/prodotto
medicinale
Molto
88
85
28
27
84
79
79
25
23
20
54
56
55
24
60
58
60
È capace
di risolvere
malesseri/
piccoli
disturbi
È sicuro
e autorizzato
dal Ministero
della Salute
È sicuro
e garantito
dalle Case
Farmaceutiche
che lo
producono
Si può usare
al bisogno,
decidendo
da soli
È da utilizzare
È facile
su consiglio da riconoscere
di un esperto
(medico/
farmacista)
Abbastanza
Le donne, tradizionalmente più sensibili al proprio benessere, da sempre custodi della salute propria e dei propri familiari, culturalmente più attente e informate sui temi della
salute, anche in questo caso confermano il loro orientamento
a curarsi e a farsi carico dei problemi di salute: l’indagine evidenzia, infatti, come le donne ricorrano ai farmaci da banco
in maniera significativamente maggiore rispetto agli uomini
(74% contro 61%).
La gestione episodica del dolore e del disturbo stagionale
(febbre, sintomi influenzali) rappresentano le occasioni di
ricorso al farmaco da banco più diffuse.
Al di là della diffusione del fenomeno, l’automedicazione
tende a configurarsi come una pratica appropriata e consapevole: chi acquista un farmaco da banco nella maggior parte
dei casi identifica correttamente come OTC proprio un farmaco senza ricetta (negli altri casi si tratta di farmaci ampiamente consolidati nell’uso familiare), sa (nel 90% dei casi)
che si tratta di un medicinale nonostante non sia necessaria la
ricetta medica, circa l’80% lo ritiene un farmaco sicuro,
garantito (dalle Aziende produttrici) e controllato (dal
Ministero della Salute), da assumere per i piccoli disturbi con
il consiglio di un esperto (medico o farmacista) (Fig. 2 ).
Valori in percentuale
31
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
75
Valori in percentuale
1. La fonte dati
è un’indagine ad hoc,
condotta per ANIFA
e basata su una metodologia
quantitativo-personale
(sistema CAPI),
effettuata attraverso
3 waves su campioni
rappresentativi
della popolazione
italiana dai 25 ai 64 anni
di circa 1.000 casi.
Rilevazioni condotte
in giugno 2009 (T0),
ottobre 2009 (T1)
e gennaio 2010 (T2).
 |  
.  
  
Di solito, quando Lei utilizza per la prima volta un farmaco
da automedicazione legge il foglietto illustrativo...
... sempre
47
... solo a volte
34
... mai/quasi mai
19
Valori in percentuale
>
Il profilo caratteristico
- Donne
- Operai
- Casalinghe
- Artigiani
- Laurea
>
Il profilo caratteristico
- Uomini
- Media Inferiore
- Sud e Isole
- Artigiani e operai
Media: 2,7
Insomma, dall’indagine emerge un profilo di un consumatore
non sprovveduto, maturo, attento, responsabile e consapevole, che sa di assumere un farmaco anche se senza ricetta e che di
conseguenza chiede e si aspetta il consiglio di un esperto.
L’esperienza d’uso risulta aver generato presso il pubblico
un’elevata percezione di valore per il farmaco da automedicazione. Valutato nella gran parte dei casi come un rimedio
decisamente utile, il farmaco OTC fonda la sua valorizzazione anzitutto sul riconoscimento di “rimedio in grado di eliminare i disturbi e restituire benessere” .
Un’ulteriore conferma del comportamento attento e responsabile del cittadino viene segnalata dalla diffusione della lettura del foglietto illustrativo (il cosiddetto “bugiardino”):
circa l’80% degli italiani afferma di leggere (sempre o a volte)
il foglietto illustrativo la prima volta che acquista il farmaco.
Si leggono soprattutto le informazioni pratiche che guidano
all’assunzione del farmaco: le indicazioni di utilizzo (per
quale disturbo) e la posologia (il dosaggio e quando prendere il farmaco); solo la metà legge controindicazioni ed effetti
collaterali, raramente si legge la composizione del farmaco.
Chi dichiara di non leggerlo (il 19%) non sembra farlo per
disattenzione: non lo legge perché si fida del consiglio del farmacista o delega la moglie (che si conferma “custode” e gestore della salute in famiglia), a volte anche perché intimorito
dagli effetti collaterali di cui potrebbe venire a conoscenza
(Fig. 3).
Il bollino rosso, simbolo che compare su tutte le confezioni
dei farmaci OTC, elemento centrale intorno a cui ruota la
campagna di comunicazione ANIFA, rappresenta un segnale
importante di garanzia e di attenzione. Infatti il bollino sembra realmente rappresentare per il consumatore oltre che un
marchio di riconoscimento della categoria (farmaco senza
ricetta) anche un segnale di attenzione che garantisce il valore
del prodotto: certifica un prodotto sicuro, autorizzato e
comunque sempre un medicinale. Obiettivo raggiunto dalla
campagna ANIFA è la diffusione della conoscenza del bollino:
dopo la campagna aumenta infatti il ricordo e la corretta
decodifica del bollino. Lo ricorda spontaneamente circa un
terzo (31%) degli intervistati (era solamente il 16% prima
della campagna), e addirittura l’85% delle persone che hanno
visto la campagna (Fig. 4).
Per quanto riguarda il ruolo dei consulenti esperti l’indagine ci
offre una fotografia molto chiara: automedicazione non significa “fare da soli” ma al contrario farsi consigliare e supportare
da un consulente esperto, in particolare il farmacista.
L’indagine mette in rilievo, infatti, la centralità attribuita al farmacista, figura chiave dell’automedicazione a cui si attribuisce
un importante ruolo di consiglio e di consulenza: nel 41% dei
casi è il farmacista che ha consigliato la scelta dell’ultimo farmaco da automedicazione acquistato, e oltre l’80% degli italiani si aspetta dal farmacista una consulenza specifica sul farmaco più adatto per il proprio disturbo, indicazioni su come
prendere il farmaco (dosi e assunzione), informazioni su eventuali effetti collaterali e controindicazioni.
.    :
- 
No, non ricordano
alcun segno distintivo
sulle confezioni dei farmaci
da automedicazione
69
Sì, ricordano
un segno distintivo
sulle confezioni dei farmaci
da automedicazione
31
>
TO
∆%
16%
+ 15%
Valori in percentuale
Ricordano campagna pubblicitaria (n=347)
Ricordo sollecitato
32
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
85%
  | 
.    
   
Valori in percentuale
41
Consigliato dal farmacista
19
Consigliato da amici/parenti
14
Consigliato dal medico
13
L’ho trovato in casa
4
Ho visto la pubblicità
L’ho scelto da solo
1
Lo usavamo in casa da anni
1
Non indica
7
Insomma, un vero consulente esperto che guidi il cittadino
all’autocura (Fig. 5). Risultati molto positivi della campagna
Anifa dovuti sicuramente all’impatto e alla chiarezza della
campagna, ma anche alla sensibilità dei cittadini sui temi di
salute: si osserva, infatti, un crescente interesse e propensione
degli Italiani a farsi carico della propria salute con consapevolezza e competenza2. Nell’ultimo decennio si è verificato un
consistente passaggio da approcci culturali più poveri-basicidisimpegnati ad approcci culturali più evoluti e ricchi di progettualità nell’area della salute. In 10 anni una consistente parte
della popolazione (stimabile in valori assoluti in circa 5 milioni di persone, il 10% degli italiani adulti) ha abbandonato
modelli culturali poveri - basati sull’attribuzione di valori limitati alla salute e improntati al disimpegno o alla delega al medico - per abbracciare un modello più positivo e proattivo basato sulla ricerca/ottimizzazione del proprio benessere. Ciò ha
avuto precisi riflessi e ripercussioni, sia per quanto riguarda le
rappresentazioni sociali della salute (ovvero le immagini della
salute presenti nella popolazione), sia per quanto riguarda gli
stili della salute (ovvero, gli orientamenti strategici che orientano i comportamenti nella vita quotidiana).
Per quanto concerne le rappresentazioni nello scorso decennio è nettamente calata la concezione della salute di tipo elementare (basata sulla equazione “salute = assenza di malattia”) e povero (nella logica “sto bene quando non sto male”).
Per contro, è cresciuta una concezione più ricca e articolata
della salute basata sull’idea di benessere come risultato armonico ed equilibrato di un insieme di condizioni psico-fisiche
(benessere corpo-mente).
2. La Fonte dati
è Sinottica, un servizio
di ricerca continuativo
che fornisce un sistema
integrato di informazioni
sull’evoluzione
socio-culturale, sul consumo
e sull’esposizione ai mezzi
di comunicazione degli Italiani.
Prevede due rilevazioni/anno
(maggio e novembre);
ciascuna su un campione
indipendente di 5000
casi rappresentativo
degli italiani dai 14 anni
in su. Metodologia
di rilevazione: interviste
personali face to face.
Osservando le evoluzioni degli stili di salute, è evidente l’aumento degli stili basati su una concezione olistica e positiva
del benessere, nonché sulla ricerca attiva dell’integrazione fra
salute, bellezza e buon funzionamento del corpo.
In netto calo, per contro, gli stili più trascurati. Lo spostamento
verso un modello culturale più evoluto e positivo risulta aver
avuto un significativo impatto anche sulle pratiche, ovvero sui
comportamenti di gestione della salute. Di fatto è aumentata
nel decennio la “propensione a fare”, ad occuparsi della propria
salute: sia in termini preventivi, sia in termini curativi; questo
aumento di propensione si è collocato sostanzialmente nell’ambito della terapia tradizionale/farmacologica: le cosiddette
“medicine alternative” hanno segnato il passo e continuano ad
interessare limitate nicchie di pubblico (Fig. 6-7).
I cittadini, insomma, desiderano occuparsi sempre più della
loro salute, dalla prevenzione alla cura dei piccoli disturbi
quotidiani, con competenza e attenzione, chiedendo consiglio agli esperti della salute, ma anche capaci di orientarsi da
soli all’interno del mondo dei farmaci da automedicazione.
Isabella Cecchini
.   
  
Valori in percentuale
2000
2008
∆
... non avere dolori, disturbi o malattie
47
37
-10
... essere perfettamente efficienti
sul piano psico-fisico
28
28
0
... essere in armonia, equilibrio con sé stessi,
col proprio corpo e la propria mente
25
35
+10
SALUTE È...
.    :
  
Valori in percentuale
1998
2008
∆
Faccio periodicamente controlli sulla mia salute
34
43
+9
Se ho un disturbo aspetto che passi da solo
60
49
-11
Se devo curarmi preferisco farlo con le erbe
13
11
-2
Seguo la medicina omeopatica
7
9
+2
Adotto terapie alternative (agopuntura,...)
4
5
+1
33
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
sommario
  |  
34
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
  |  
DIGITAL DIVIDE:
FACCIAMO LUCE
Con questo termine si intende il divario esistente
tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell'informazione
(in particolare personal computer e Internet)
e chi ne è escluso, in modo parziale o totale. Sono noti ormai
i motivi di esclusione, che comprendono diverse variabili:
condizioni economiche, livello d'istruzione, qualità
delle infrastrutture, differenze di età o di sesso, appartenenza
a diversi gruppi etnici, provenienza geografica, comprese
anche disparità nell'acquisizione di risorse o capacità
necessarie a partecipare alla società dell'informazione.
Con queste premesse, come avvicinare gli estremi?
Una divisione
che attraversa il Globo
Il termine è apparso per la prima volta
all’inizio degli anni Novanta negli Stati
Uniti, in alcuni studi che indicavano
come il possesso di personal computer
aumentasse solo per alcuni gruppi
etnici 1. Il concetto di digital divide è poi
entrato nell’uso comune quando il presidente americano Bill Clinton e il suo
vice Al Gore lo hanno utilizzato durante
un discorso tenuto nel 1996 a Knoxville,
in Tennessee. In quell’occasione, l’amministrazione statunitense sottolineò la
disparità di accesso ai servizi telematici
tra la popolazione del Paese.
Nonostante all’origine sia stato presentato come un problema interno al contesto americano, oggi è più comune
definire il digital divide in una prospettiva globale, considerando le disparità
tra Paesi ricchi e Paesi in via di sviluppo.
Le cause di questo fenomeno dipendono da diversi fattori socioeconomici e
introducono effetti che sono tuttora
oggetto di studio. Una delle cause maggiormente condivise è di carattere economico. Nei Paesi in via di sviluppo,
ampie fasce della popolazione non sono
in grado di accedere alle tecnologie per
motivi di reddito: per molti è semplicemente impossibile acquistare un computer o pagare un abbonamento telefonico per utilizzare Internet. La spiegazione economica, però, non soddisfa
tutti. Altri fattori contribuiscono a
accentuare il digital divide : l’assenza di
infrastrutture di base (linee telefoniche
standard, soprattutto nel caso dei Paesi
più poveri) o più avanzate (banda
larga); l’analfabetismo informatico
degli utenti, sia riguardo l’uso del computer, sia riguardo le potenzialità di
Internet, altre variabili quali l’appartenenza a determinati gruppi etnici, le
differenze di età e di genere e il livello di
educazione che possono determinare
squilibri nell’accesso alle tecnologie.
Il digital divide può avere come effetto
l’aumento delle diseguaglianze econo-
1. Carrie Bickner, Down By Law. Retrieved on 22 November 2007 Sottotitolo Closing the Digital Divide
35
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
miche già esistenti e incidere in modo
drammatico sull’accesso all’informazione. Il divario potrebbe innescare un
circolo vizioso che porterebbe i Paesi
in via di sviluppo a impoverirsi ulteriormente, perché verrebbero ulteriormente esclusi dalle nuove forme di
produzione di ricchezza, basate sui
beni immateriali dell’informazione.
Internet in Italia:
lavoro e studio, ma anche hobby,
passioni e aggiornamento
Nel nostro Paese il fenomeno può
essere analizzato in profondità: GfK
Eurisko conduce semestralmente
un’indagine specifica dedicata ad
Internet, attraverso mille interviste
domiciliari e personali (CAPI) a utenti,
con un questionario molto completo
per misurare tutti gli aspetti della relazione tra l’individuo e il Web. Cause ed
effetti dell’accesso o meno alla Rete
possono poi essere studiati tramite
Sinottica: comparando “esposti” e “non
esposti” al mondo online e evidenziandone le differenze.
Con queste fonti informative diventa
possibile trarre valutazioni sull’importanza e sui riflessi che Internet ha nella
vita delle persone, sulle funzioni che
l’utente ritiene di maggior valore per la
sua vita concreta.
Ne emerge una focalizzazione dell’esperienza in Rete su funzioni sia di tipo
comunicativo e relazionale, sia di tipo
informativo e pragmatico; per il lavoro
e lo studio, ma anche per coltivare
interessi, hobby e passioni personali;
per l’aggiornamento su quanto accade
nel mondo e nella Società; con evidenti
riflessi sul coordinamento sociale e la
  |  
“UTILE” È L’AGGETTIVO CHE I NAVIGATORI ASSOCIANO MAGGIORMENTE
ALLA RETE (75%); INOLTRE PER IL 79% INTERNET È ‘IL FUTURO DELLA SOCIETÀ’
condivisione di culture tra le persone.
Due evidenze empiriche su tutte:
“utile” è l’aggettivo che i navigatori
associano maggiormente alla Rete
(75%); inoltre per il 79% Internet è ‘il
futuro della Società’. Nessuno degli
altri media e delle altre tecnologie
otterrebbe gli stessi riconoscimenti. È
proprio questa vastità e profondità di
impatto sulla vita individuale e relazionale che rende Internet una tecnologia
cruciale per la realtà quotidiana,
sociale, civica, economica e culturale
delle persone.
Insomma: per chi lo usa, Internet è
oggi una vera e propria “condizione di
cittadinanza”. Ma se è così, accedere (o
meno) a questa tecnologia “fa la differenza”; cioè abilita o meno tutta una
serie di possibilità di azione, comunicazione ed espressione, che non possono essere agite in altro modo, oppure
comporterebbero costi (economici o
umani) molto maggiori. Chi sono
dunque coloro che accedono maggiormente a Internet, e che valorizzano
maggiormente queste opportunità?
Le “strutture sociali”
che condizionano
l’accesso alla Rete
La penetrazione media (stimata su un
periodo di 3 mesi) è del 42%, e sale al
52% nelle città con oltre mezzo
milione di abitanti, e scende al 37% nei
piccoli centri e al Sud (Isole comprese).
Queste variazioni fotografano il digital
divide legato al territorio, nelle sue
determinanti regionali e infrastrutturali: i piccoli centri - spesso in zone
montuose - sono evidentemente svantaggiati nella predisposizione degli
impianti per l’accesso veloce ad Internet. Ci sono poi differenze legate al
genere: i maschi (49%) sono un po’ più
tecnofili, quindi, più “internettiani”
delle femmine (37%); bisogna, però,
anche considerare che la quota di
popolazione attiva è più elevata fra i
maschi, e il pc è anche in molti casi
uno strumento di lavoro. Quindi la differenza di accesso tra i due sessi è
influenzata dalla condizione professionale (che come vedremo non è affatto
marginale). In ogni caso, sia le variazioni territoriali, sia quelle di genere
esprimono differenziali non elevati di
penetrazione. Non generano cioè un
digital divide critico.
Età e istruzione
influiscono più del reddito
Ben più significativo appare, invece,
l’impatto della dimensione anagrafica:
in questo caso la penetrazione di Internet varia da un 5% negli over 64enni,
all’85% nei teen-ager (14-17 anni).
Anche il livello d’istruzione ha un
impatto notevole sull’uso di Internet:
nel nostro campione la percentuale
degli utenti della Rete varia dal 40% per
chi ha completato solo la scuola dell’obbligo (licenza media inferiore), al
67% per chi possiede un diploma superiore, fino all’81% per i laureati (tra chi
ha solo la licenza elementare la penetrazione è del 4%, ma ovviamente questo valore è strettamente legato a un’età
matura o anziana). Se il titolo di studio
è decisamente determinante, il livello di
36
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
reddito condiziona, invece, molto
meno nel creare disparità di accesso alla
Rete: si passa da un 32% di utenti tra
chi ha un reddito basso, al 47% con un
reddito medio-alto e alto (58%).
Se l’“istruzione” condiziona più del
“reddito”, nel favorire l’accesso alla
Rete, si spostano allora in secondo
piano gli interventi volti a risolvere il
problema del digital divide sul piano
puramente economico (con incentivi o
prestiti agevolati, per esempio). L’analisi vale ovviamente per il contesto italiano, e non per i confronti fra i Paesi
avanzati e quelli in via di sviluppo. In
Italia, oggi, i costi di acquisto di un
computer e dell’accesso alla Rete non
sono così elevati da rappresentare un
ostacolo insormontabile per le fasce
più svantaggiate della popolazione;
anzi, in queste fasce si rilevano spesso
dinamiche comportamentali, di tipo
aspirazionale e dissipativo, che inducono all’acquisto di strumenti tecnologici avanzati, dal cellulare ai TVcolor
flat screen e, in generale, agli elettrodomestici bruni di ultima generazione.
Altro elemento determinante, peraltro
strettamente connesso al livello di
istruzione, è il rapporto con il lavoro.
È interessante notare, però, che la differenza di accesso tra chi lavora (63%) e
chi no (31%) è contenuta in un rapporto 2 a 1; mentre la discriminante
più decisiva sta nel tipo di attività
svolta. Sono praticamente esclusi dalla
Rete i pensionati (8% di accessi) e le
casalinghe (12%).
Fra operai, artigiani e commercianti,
meno di 1 su 2 ha navigato nell’arco
  |  
dei tre mesi considerati; mentre il 90%
degli studenti, l’87% di quadri e dirigenti, e oltre il 70% di impiegati, professionisti e insegnanti, sono i più assidui frequentatori. La discriminante
vera è dunque quella fra condizioni di
tipo “intellettuale” (remunerate o
meno) e condizioni professionali di
tipo “manuale”.
Esclusione consapevole
per anziani e casalinghe?
Le categorie escluse da Internet devono
considerarsi vittime inconsapevoli del
digital divide o responsabili di una
scelta di auto-esclusione? Il dubbio è
realistico. Attraverso Sinottica è stata
misurata l’area del ‘non bisogno’ di
Internet. Il 57% degli intervistati
ritiene di ‘poterne fare tranquillamente
a meno’, mentre il 43% non è d’accordo. La distribuzione del ‘non bisogno’ nelle varie condizioni sociali
(genere, età, istruzione, professione e
reddito) è sostanzialmente il complemento delle distribuzioni di penetrazione appena viste. Quindi fra i 14 e i
17 anni, solo un ragazzo su 5 sostiene
di poter fare a meno di Internet, mentre oltre i 64 anni lo afferma più del
77%; lo stesso vale per il titolo di studio e le professioni. Il fatto che i segmenti sociali che meno utilizzano
Internet siano quelli che ne sentono
meno il bisogno può sembrare ovvio,
ma non lo è.
Perché se è indubbio che vi è una componente di scelta personale che va considerata (ovviamente nessuna tecnologia può essere imposta a che non ne
sente il bisogno) tuttavia vale la pena
chiedersi se la scelta di poter fare a
meno di internet sia stata presa o
meno con piena consapevolezza delle
opportunità a cui si rinuncia, e al contempo con la certezza di disporre delle
risorse culturali ed economiche che
consentirebbero l’accesso.
In proposito è forte il dubbio che una
parte di questo tipo di digital divide sia
in effetti interiorizzata.
Una versione aggiornata della favola de
“La volpe e l’uva”. Tanto più dannosa,
quanto più inconsapevole. Mentre
alcune forme di digital divide (ad esempio quello ‘infrastrutturale’) sono
spesso vissute da chi le subisce come
forti discriminazioni (chi lavora in un
paesino dell’Appennino non raggiunto
dalla banda larga soffre per la propria
condizione di escluso dalla Rete, come
ne soffre la sua azienda che perde
opportunità di lavoro e di guadagno).
Invece nel digital divide culturale, legato
all’età anagrafica o al grado di alfabetizzazione informatica, si avverte una
forma più sottile e insidiosa di isolamento che prima viene subìta proprio
malgrado, ma poi viene ‘interiorizzata’.
Il digital divide può essere dunque qualcosa che “entra dentro”, al quale ci si
adatta e con il quale alla fine si collude;
perché non si dispone di quella “idea di
opportunità alternativa”, di quella
“curiosità evolutiva” che può fondare
un progetto consapevole di appropriazione della piattaforma digitale.
Età o istruzione?
Purtroppo è difficile dire se la percezione del bisogno è effetto o causa del
comportamento di utilizzo di Internet:
i due aspetti sono fortemente collegati.
È utile comunque appurare se è più
rilevante il ruolo dell’età - e quindi
della “plasticità mentale” e “appartenenza generazionale” - o quello dell’istruzione - e quindi della “competenza
testuale” e “appartenenza culturale”.
Una discriminazione legata all’età
appare infatti più tollerabile di una disparità legata all’istruzione.
Se non altro perché la seconda ha basi
puramente sociali e culturali, mentre la
prima incarna anche una dinamica
puramente biologica, che è forse più
agevole da accettare.
Come confrontare l’importanza dell’una e dell’altra? Incrociando i dati
dell’Indagine periodica GfK Eurisko
sulla penetrazione di Internet per fasce
di età con quelli relativi al titolo di studio (vedi Tabella) si ottengono alcune
indicazioni interessanti. Innanzitutto è
evidente il distacco tra i ‘digital natives’
(14-24 anni), per i quali il livello d’istruzione appare quasi ininfluente, e le
generazioni successive di ‘digital immigrants’.
Infatti tra i diplomati 14-24enni la penetrazione è dell’88%, una quota che poi
decresce regolarmente con l’età fino ad
arrivare al 13% nelle persone con più di
74 anni; è evidente che al crescere dell’età c’è una maggiore difficoltà di rapporto con Internet. Ma nelle fasce da 25
a 64 anni (adulti attivi) e da 65 anni in
su (maturi/anziani), la frequentazione
ATTRAVERSO SINOTTICA È STATA MISURATA
L’AREA DEL ‘NON BISOGNO’ DI INTERNET.
IL 57% DEGLI INTERVISTATI RITIENE
DI ‘POTERNE FARE TRANQUILLAMENTE
A MENO’, MENTRE IL 43% NON È D’ACCORDO
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GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
  |  
  
penetrazione dell’utilizzo di internet in ciascuna cella di età/titolo di studio
Titolo di studio
Valori in percentuale
Età
14 - 24
anni
25 - 34
anni
35 - 44
anni
Elementare
91
30
11
7
4
2
1
Media inferiore
79
48
39
29
19
7
2
Media superiore
88
76
69
64
53
21
13
Laurea
92
88
86
86
77
33
29
di Internet è influenzata in modo
determinante dal livello d’istruzione. Si
osserva, infatti, che vi è maggiore differenza nell’accesso ad Internet fra un
40enne con la licenza media inferiore e
uno con la laurea (si passa dal 39%
all’86%), di quanta non ve ne sia fra un
diplomato di 30 anni e un diplomato
di 60 (dal 76% al 53%). In un certo
senso, il “livello culturale” è più
potente dell’“età”, almeno per la valorizzazione della Rete.
Internet più facile
con l’analisi logica
Quest’ultimo dato evidenzia come la
‘competenza testuale’ sia una precondizione cruciale per la valorizzazione
della Rete. Il libro tradizionale o il giornale quotidiano, pur lasciando libero il
lettore di ‘saltare’ delle parti, sono tendenzialmente fruiti in modo sequenziale, secondo una modalità di relazione con il mezzo cartaceo già preorganizzata. Internet, invece, che pure è
in gran parte costituito da pagine di
testo scritto, si configura come un
enorme iper-testo che ciascun utente
deve percorrere in modo autonomo,
consapevole e responsabilizzato, effettuando scelte di fruizione e di percorso
45 -54
anni
a ogni passo. Per navigare in Internet,
quindi, è fondamentale essere stati
educati a leggere e a scegliere dei testi, a
interpretarli e costruirne il senso (al
limite facendone anche l’analisi
logica), e disporre dell’expertise per
inquadrare e dare il giusto valore alle
fonti, discriminando i contributi di
valore da quelli di minor interesse.
Sono tutte competenze che avvantaggiano enormemente il navigatore, che
in Rete è chiamato ad una co-costruzione del “testo” che è molto più impegnativa che negli altri media.
Ad esempio, nel caso del ricorso all’ecommerce (una delle forme più avanzate e implicanti di utilizzo della Rete),
le analisi dimostrano che chi possiede
le competenze culturali e lavorative
riesce a effettuare transazioni di grande
soddisfazione, mentre chi non le ha è
più facilmente scoraggiato dalla paura
di essere raggirato (che il più delle
volte non è fondata).
Perché il digital divide non finisce dove
comincia l’utilizzo di Internet, ma anzi
prosegue anche dentro la Rete.
E infatti alcune persone riescono a
trarne molto più “valore” di altre,
avvantaggiando concretamente la propria vita privata e professionale.
38
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
55 - 64
anni
65 - 74
anni
oltre 74
anni
Non è solo una questione di scelta personale. Ma è soprattutto l’effetto di una
disparità di “risorse”, che alcuni navigatori possiedono maggiormente di altri.
Quali sono queste risorse? I dati dimostrano che per valorizzare Internet è
importante essere persone consapevoli
del proprio progetto di vita e capaci di
esprimerlo; essere esplorativi e desiderosi di conoscere e sperimentare; disporre di interessi e hobby personali
sviluppati; capaci di intrattenere relazioni formali dando il giusto valore
all’interlocutore (e questo spiega perché la condizione lavorativa è un vantaggio nell’utilizzo di Internet); ed
essere comunicativi, orientati alle relazioni, capaci di entrare in sintonia con
altri navigatori e costruire un gruppo
di riferimento.
I fattori abilitanti più ‘trasversali’ sono,
però, la plasticità mentale e l’utilizzo
frequente e protratto di Internet. L’importanza di un utilizzo intenso supera
in importanza anche la conoscenza
dell’inglese, o l’aver seguito un corso di
formazione dedicato ad Internet.
A detta dei navigatori è soprattutto l’esercizio che forma l’utente. In Rete
cioè, il “fare”, a poco a poco, aiuta anche
a “pensare”.
  |  
Bambini: accesso agevolato
sotto lo sguardo di mamma e papà
Internet troppo cara per immigrati
solo con telefonia mobile
Nel caso specifico dei bambini, oltre
alla plasticità mentale (qui ai massimi
livelli), e all’apprendimento scolastico
(che fornisce loro le necessarie capacità
basiche per capire e interagire con il
mondo che li circonda), il principale
fattore abilitante sono i genitori, e il
retroterra culturale che li caratterizza.
Anche nei segmenti infantili esiste
quindi una disparità di valorizzazione
della Rete, che riflette soprattutto la
dinamica del digital divide dei genitori.
I segmenti di genitori con le maggiori
‘competenze testuali’ sono infatti anche
quelli i cui figli utilizzano in misura
maggiore il pc (con un forte intervento
regolatore del genitore sull’uso di
Internet per i più piccoli) e con i più
elevati livelli di lettura anche di libri da
parte del bambino.
Al crescere del titolo di studio del genitore cresce anche l’uso di Internet da
parte del bambino, sia a casa sia a
scuola. Addirittura si nota che nelle
famiglie in cui la madre ha frequentato
solo le scuole elementari, il pc ha una
penetrazione del 16%; laddove la madre
è laureata si arriva al 76%.
La dotazione informatica della famiglia
è correlata sia al reddito sia al titolo di
studio dei genitori. E l’accesso a Internet dei minori nelle famiglie con un
alto grado d’istruzione risulta più frequente, ma anche controllato e selettivo, perché i genitori più consapevoli
vogliono indirizzare e dare suggerimenti al figlio facendosi carico della
sua educazione anche come “utente
internet”.
Quindi il digital divide emerge come
un fenomeno ereditario, e al contempo
culturale.
Esiste anche un digital divide che discrimina la popolazione immigrata in Italia rispetto agli italiani?
In un certo senso è così: l’accesso alla
Rete fra i maggiori di 18 anni non è
molto frequente: il 30% circa ha usato
Internet negli ultimi tre mesi, il 21%
circa negli ultimi 7 giorni. Ma questo
pare molto legato anche alla disponibilità o meno di una linea telefonica
fissa, dato che la connessione a Internet
da telefono mobile è ritenuta ancora
troppo costosa per queste fasce di reddito. Bisogna considerare la particolare
condizione in cui vive questa popolazione dispersa sul territorio e composta per lo più da adulti che lavorano
entrambi fuori casa per la maggior
parte del giorno, con mansioni di tipo
esecutivo (gli impiegati sono pochi) o
di accudimento alla persona o alla casa.
Nella loro organizzazione sia familiare
sia lavorativa è molto più importante
la relazione che hanno con la telefonia
mobile: quasi tutti possiedono un cellulare e sono abili nell’uso delle tecnologie di comunicazione digitale, che
permettono loro di accedere a numerosi servizi e mantenere un minimo di
relazioni sociali.
Rispetto alla Rete, il digital divide per
queste categorie è prevalentemente
abitativo (dovuto alla scarsa diffusione
di linee fisse nelle loro abitazioni) e
lavorativo (legato al tipo di mansioni
esecutive che non comportano quasi
mai l’accesso libero a un pc o linea
telefonica). La situazione, però, sta
cambiando rapidamente e, in prospettiva, è destinata a capovolgersi: se in un
futuro prossimo la telefonia cellulare
diventerà prevalente nell’abilitare gli
utenti alla navigazione su Internet, gli
immigrati saranno i primi a servirsene.
Naturalmente, poiché questo segmento
di popolazione ha un reddito medio
due volte e mezzo più basso del nostro,
l’Internet mobile dovrà avere costi
effettivamente competitivi con la linea
fissa. Analogamente, la diffusione di
Internet per questa fascia di utenza
dipenderà anche dalla conoscenza della
nostra lingua per valorizzare al meglio
l’ampia gamma di opportunità tecnologiche e culturali. E non c’è dubbio
che la disponibilità e facilità di adesione alla cultura locale, è diversa
secondo le etnìe. L’utilizzo di Internet,
per esempio, è massimo fra Sudamericani e Asiatici, e assai meno elevato fra
le popolazioni nordafricane. Vi sono
inoltre alcuni retroterra culturali e religiosi che possono ostacolare l’ingresso
in un orizzonte di consumi e di esposizione mediale assai elevato, come il
nostro. Ma occorre solo un po’ di
tempo ancora per consentire una normale dinamica di radicamento territoriale. Non deve essere dimenticato che
- al di là degli stereotipi - la popolazione immigrata ha un livello d’istruzione medio paragonabile a quello
della popolazione italiana, e un livello
di dinamismo e di progettualità spesso
superiore al nostro. Insomma dispone
già delle vere risorse per valorizzare
pienamente il mondo online.
Superate le strettoie di tipo tecnologico
(assenza delle connessioni fisse nella case
degli immigrati, tramite telefono mobile
o chiavetta USB) è quindi verosimile che
la Rete possa nel prossimo futuro recuperare rapidamente le proprie posizioni
nella popolazione immigrata.
Edmondo Lucchi
39
GfK EURISKO | SOCIAL TRENDS | MAGGIO 2010
sommario
Direttore responsabile
Giuseppe Minoia
Comitato Editoriale
Paolo Anselmi,
A. Claudio Bosio,
Remo Lucchi,
Giuseppe Minoia,
Vitalba Paesano
Coordinamento editoriale
e ufficio stampa
Vitalba Paesano
Il numero è stato inviato in formato PDF
via email il 12 maggio 2010.
Social Trends è edito da GfK Eurisko,
allo scopo di migliorare la conoscenza
delle trasformazioni della società,
in ambito nazionale e internazionale.
È diffuso, in forma gratuita,
a una mailing list riservata.
L'iscrizione alla mailing può essere richiesta
da istituzioni o imprese, oppure dalle persone
che facciano parte delle medesime
Grafica e impaginazione
Fabio Berrettini
G K EURISKO
Segreteria
Maura Giovannini,
Tiziana Pascali
via Monte Rosa, 19 - 20149 Milano
tel. 02 438091 fax 02 48009526
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