F. BANDINI, Luni, p. 11
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F. BANDINI, Luni, p. 11
Francesca Bandini 11 LUNI Francesca Bandini Luni rappresenta un esempio di città di antica fondazione progressivamente decaduta fino ad essere completamente abbandonata all’ inizio del XIII secolo1. Il sito può vantare una storia fortunata di scavi programmati in estensione a partire dagli anni ’702, tanto da divenire caso paradigmatico di scavo in una città abbandonata e spunto di riflessione storiografica e metodologica per l’allora nascente archeologia medievale. L’abbandono quasi totale dell’insediamento che, fra il 1200 ed il 1850, ha subito solo disturbi dovuti a coltivazioni moderne e sterri intorno alle rovine emergenti, ha offerto l’opportunità di indagare la facies altomedievale, altrove interessata da interventi bassomedievali massicci e particolarmente invasivi. Il totale delle aree scavate e pubblicate, parte in forma completa, parte in via preliminare, corrisponde circa al 30% (28,2 %) dell’area totale dell’ insediamento che comprende 24 ha ca. Gli scavi sono stati accompagnati anche da ricognizioni di superficie e studi geosedimentologici del territorio, importanti per comprendere le scelte e le dinamiche insediative. Nonostante l’impegno profuso e le possibilità offerte dal sito, i dati relativi alla ricostruzione topografica e alla storia economico-demografica di Luni nell’alto medioevo non hanno ancora formato quel quadro completo che Ward Perkins si augurava nella pubblicazione degli scavi del 19773. Le notizie preliminari, relative ad indagini che si sono susseguite nel tempo concentrandosi però soprattutto nella zona dell’area monumentale romana e della cattedrale di Santa Maria (Tav. I), non hanno arricchito in maniera significativa la visione d’insieme sulla città tardoantica ed altomedievale. Sono tuttora in corso le ricerche sul campo e la revisione critica degli scavi inglesi delle fasi altomedievali: si attende la pubblicazione di Luni III che dovrebbe raccogliere la sintesi interpretativa dei risultati degli ultimi 20 anni. 1. L’età romana L’importanza della colonia di Luni, già dal momento della sua deduzione, nel 177 a.C., sul territorio costiero poco più a sud del fiume Magra, è legata alla posizione strategica che le ha permesso di assumere, attraverso l’attività del porto4, prima funzione militare, come testa di ponte per le lotte contro i Liguri della riviera e dell’entroterra, e in seguito commerciale. La base economica della città doveva essere inizialmente, però, di tipo rurale: le fonti scritte ricordano la produzione di olio e soprattutto di vino e formaggio e le ricognizioni archeologiche sul territorio hanno messo in luce una serie di insediamenti a carattere agricolo, datati fra la metà del II secolo a.C. e gli inizi del I secolo d.C., quando il loro abbandono sembra imputabile alla crisi generale dell’agricoltura peninsulare a seguito della concorrenza delle produzioni provinciali, in primo luogo spagnole5. In città i resti relativi al periodo repubblicano non sono moltissimi, schiacciati dalla potente monumentalizzazione operata in età giulioclaudia, periodo di massimo splendore della colonia. L’impianto murario, oggi interrato, non è stato indagato in modo sistematico6 e quindi poco chiare risultano le diverse fasi cronologiche, deducibili dall’uso di più tecniche costruttive7. Il percorso, che 1 Nel 1204 la sede della diocesi viene definitivamente trasferi- 5 DELANO SMITH et alii 1986. ta a Sarzana. 2 Gli scavi sono stati condotti per iniziativa della Soprintendenza Archeologica della Liguria e del Centro di Studi Lunensi. 3 WARD PERKINS 1977, p. 633. 4 In questo periodo il porto (cd. della Seccagna) doveva essere localizzato all’interno dell’estuario e in grado di ospitare navi a basso pescaggio come erano appunto quelle di tipo mercantile o da guerra. 6 Lo scavo si è limitato a saggi ristretti in prossimità delle porte orientale e settentrionale. 7 Dall’opus poligonale visibile in alcuni tratti e presumibilmente appartenente alla fase originaria (vd. anche fondazioni del Capitolium) a strutture in conglomerato cementizio con pietrame e laterizi o solo con laterizi. AA.VV 1985, pp. 41-44. Non si comprende in base a quali dati la Rossignani concluda che “la cinta muraria della città risulta fuori uso già nel I sec. d.C.” ROSSIGNANI 1989, p. 492. 12 ARCHEOLOGIA URBANA IN TOSCANA: LA CITTÀ ALTOMEDIEVALE Tav. I) Luni aree scavate. segue un andamento rettilineo regolare, ad eccezione del lato sud-orientale dove presenta un dente che riproduce la linea di costa antica, è in linea di massima agevolmente ricostruibile sul terreno o con l’aiuto delle fotografie aeree8. Con la pacificazione augustea e la fine delle esportazioni agricole, la città, che avrebbe dovuto subire una contrazione, venuta meno l’originaria funzione militare e commerciale del porto, conosce in realtà un’ ascesa per l’intensificazione dell’attività di estrazione e commercializzazione del marmo delle cave scoperte già in età cesariana. L’invio da parte di Augusto di nuovi coloni 9 e lo splendore delle opere pubbliche testimoniano un periodo di grande crescita, nel quale si assiste anche al mutamento del tessuto sociale, non più eminentemente agricolo, bensì imprenditoriale10. Gli scavi hanno indagato o almeno individuato tutti gli edifici pubblici caratteristici della fisionomia della città romana-tipo, a parte le terme e l’acquedotto (Tav. II). Il cardo maximus conduce- va da uno degli approdi della città fino alla centrale area forense, circondata su tre lati da portici e dominata a Nord dal Capitolium, diviso dalla piazza dal tracciato del decumanus maximus (il tratto urbano dell’antica via Aurelia). L’edificio capitolino era circondato da un bacino-fontana ad U, da due tempietti e da un colonnato, sul cui lato orientale trovava posto la basilica civile. Sul lato occidentale del foro si affacciavano sei tabernae e sul lato meridionale un ampio complesso di più edifici di funzione ignota, fra cui una probabile schola a sud-est. Il polo religioso del Grande Tempio con una piazza porticata sul davanti a nordovest della città ed il teatro situato nell’angolo nord-orientale, completavano l’edilizia civile pubblica intramurana. Fuori dalle mura orientali, lungo la via Aurelia era localizzato l’edificio dell’anfiteatro e a sud il complesso portuale, del quale sono state rinvenute le strutture relative a due moli, uno allineato con il cardo maximus e con l’angolo rientrante delle mura 11, l’altro spostato 8 Non facilmente identificabili, in assenza di saggi di scavo, sono, però, tutti i rientri e le sporgenze che compaiono nei disegni settecenteschi del Vinzoni VARALDO GROTTIN 1995, p. 235. 9 Con la nuova deduzione coloniale augustea si calcola che la città dovesse essere arrivata a 18000 abitanti, duplicando il numero originario del momento della deduzione della colonia. 10 Chiara testimonianza ne sono le iscrizioni lapidarie recupe- rate dove compaiono commercianti, liberti e vari collegi artigianali fra cui quello dei lavoratori della pietra. 11 Il porto originario della Seccagna, secondo i dati naturalistici dei carotaggi, ha iniziato nel I secolo d. C. a interrarsi, favorendo l’uso dello specchio lagunare a sud della città dove potevano attraccare anche le più pesanti navi onorarie per il carico di marmo. 13 Francesca Bandini Tav. II) Luni romana. più ad ovest. L’alto tenore di vita della città è registrato anche nelle domus private che presentano dimensioni eccezionali per il periodo, confrontabili con quelle delle grandi residenze signorili di Roma tardoantica 12 : la d o m u s cd. “degli affreschi”, a sud del foro; la domus “dei mosaici” a nord del Capitolium; la domus “di Oceano” sottostante alla cattedrale; la domus settentrionale, a ridosso appunto della porta Nord. A Nord della domus “degli affreschi” sono stati individuati gli Hor rea13, un magazzino contenente venti grandi dolia per la conservazione di derrate per il consumo interno. Si ha anche notizia del ritrovamento di elementi relativi ad impianti produttivi sia a Nord degli Horrea 14 sia in un saggio effettuato dall’équipe inglese vicino alla porta orientale, ma non sono stati pubblicati ragguagli ulteriori 15. Intorno alla città, lungo i percorsi stradali, erano localizzate le necropoli, indagate fin dal Rinasci12 GUIDOBALDI 1986 cit. da LUSUARDI SIENA, SANNAZARO 1995, p. 193, fa una stima della superficie di quest’ultime compresa fra i 2000 ed i 4000 mq. 13 Parzialmente scavati negli anni ’50, non sono mai più stati indagati AA.VV 1985, pp. 94-95. mento per interesse antiquario, ed altri monumenti funerari come il cd. “Mausoleo” situato fuori dalla porta orientale, mai esplorati in modo sistematico. 2. L’età tardoantica Il nucleo urbano, fiorente nella prima e media età imperiale e peculiare dal punto di vista urbanistico per la consistenza delle aree monumentali e la ricchezza di quelle private, assume in seguito connotazioni del tutto diverse. Già Ward Perkins16 ha schedato i dati relativi all’abbandono dei monumenti pubblici, collocandoli in una fase piuttosto antica, a partire dalla fine del III secolo d.C.; in articoli più recenti 17 la cronologia è spostata alla seconda metà del IV secolo d.C. e la causa è genericamente attribuita ad una distru14 vd. nota 12: si fa riferimento ad una fornace da vetro. 15 LUSUARDI SIENA et alii 1984. 16 WARD PERKINS 1978. 1 7ROSSIGNANI 1989; LUSUARDI SIENA, SANNAZARO 1995. 14 ARCHEOLOGIA URBANA IN TOSCANA: LA CITTÀ ALTOMEDIEVALE zione violenta ad opera di una catastrofe naturale, probabilmente un terremoto 18 , che avrebbe interessato il Grande Tempio con il suo porticato, il Capitolium ed il bacino-fontana, la basilica civile, ma anche le domus private. I diversi rapporti di scavo danno informazioni contraddittorie a questo proposito: le vecchie proposte di episodi alluvionali o di incendio che avrebbero coinvolto rispettivamente il bacino-fontana del Capitolium e la basilica civile e che già Ward Perkins 19 non riteneva convincenti, sono state recentemente abbandonate anche dai loro autori in favore dell’ipotesi di evento sismico 20 . Anche di questo, però, non esistono prove schiaccianti come crolli primari o lesioni nell’alzato. L’unica evidenza che potrebbe essere ricollegata ad un terremoto è relativa al colonnato del portico del Grande Tempio che presenta un crollo unidirezionale delle colonne, solo parzialmente esplorato in quanto lo scavo previsto per le campagne di fine anni ’70 non ha mai avuto luogo. Aspetti minori, ma considerati significativi sono le deformazioni ondulatorie subite dai livelli pavimentali e le modalità del crollo di una parete con intonaci dipinti della domus “degli affreschi”. In realtà il dato importante è che, qualunque sia stato il motivo del loro abbandono, gli edifici pubblici, che caratterizzavano la vita della città nel periodo precedente, non vengono più ricostruiti dopo il IV secolo. Nascono nuove forme e priorità insediative, il cui profilo non è ben delineato e che rientrano in un sistema complesso di fattori dirompenti come l’avvento ed il consolidamento del cristianesimo che trasforma gli oggetti del mecenatismo privato, la crisi politica generale che allenta lo stretto collegamento fra Luni e gli Imperatori instaurato da Augusto in avanti, la crisi economica locale dovuta alla diminuizione della richiesta di marmo21. Dal punto di vista storico evenemenziale, i primi decenni del V secolo costituiscono un periodo abbastanza travagliato a causa delle incursioni di Radagaiso, dei Visigoti di Ataulfo e della flotta vandala, anche se non sappiamo quanto abbiano interessato Luni 22. L’edilizia della città tardoantica (Tav. III) è caratterizzata dal reimpiego del materiale costruttivo delle fasi precedenti, fenomeno generalmente diffuso in tutta l’area peninsulare. Il Foro documenta un’asportazione sistematica del lastricato e l’inizio di un processo di interramento, nonostante l’area rimanga ancora in uso, risparmiata dall’invasione di edifici che l’occuperanno solo più tardi, nel VI secolo. Gli elementi strutturali della pavimentazione forense si trovano reimpiegati soprattutto in costruzioni private, che seguono vicende diverse, registrando, però, in genere continuità ed arricchimento della vita materiale. Se la domus “degli affreschi” non viene più riedificata dopo il collasso alla fine del IV secolo e la domus settentrionale viene interessata da massicci interventi di spoliazione, la cui scansione cronologica è da dettagliare, la domus “dei mosaici” e la domus “di Oceano” registrano in questa fase dei cambiamenti interessanti. La “casa dei mosaici” è interessata da uno sviluppo piuttosto ricco, di cui sono testimonianza la stesura di un pavimento a mosaico che rappresenta il Circo Massimo e la costruzione ad est dell’edificio di terme private e di un giardino, circondato da un muro a salienti e dotato anche di una vasca per la coltura dei pesci. La fondazione di questo complesso avviene sull’area del colonnato del Capitolium distrutta e livellata con uno strato piuttosto consistente (50-60 cm) costituito da sedimento argilloso ricco di macerie fra cui marmi architettonici e frammenti di statue, rinvenuti anche nelle fondazioni dei muri e provenienti per lo più dalla demolizione del portico sottostante. Il livello pavimentale del colonnato presenta quasi ovunque soltanto il preparato in malta bianca, situazione riscontrata anche nei depositi delle tabernae prospicienti il lato occidentale dell’area forense. Al crollo delle strutture, dovuto o meno ad un terremoto, sarebbe seguito quindi in ambedue i casi il recupero di materiale utile ed il butto di quello inutilizzabile 23 livellato in seguito da riporti argillosi per la fondazione di nuovi edifici. Nella fogna scoperta, rinvenuta intorno all’ ambiente absidato delle terme della domus “dei mosaici”, sono state reimpiegate lastre marmoree per il rivestimento del fondo, che potevano originariamente appartenere al portico capitolino. Tracce della stessa fogna sono state rinvenute in altre parti dello scavo: la ricostruzione del percorso, che taglia la via Aurelia, il Foro e finisce nella cloaca del cardo 18 Avvenuto certamente dopo il 366 d.C., data di una base onoraria di statua, che doveva abbellire il triportico capitolino e che ricorda nell’iscrizione un consularis Tusciae et Umbriae Lucilius Constantius; è stata rinvenuta reimpiegata come base di una colonna della navata della cattedrale paleocristiana; vd. recentemente LUSUARDI SIENA, SANNAZARO 1995, p. 196. 19 WARD-PERKINS 1978. 20 ROSSIGNANI 1989. La studiosa ritiene questa l’ipotesi più verosimile, ma non si nasconde “il pericolo di attribuire a cause esterne fatti che possono essere giustificati attraverso i profondi mutamenti sociali, politici e civili che caratterizzano il periodo tardoantico e che determinano anche la perdita di funzionalità dei precedenti edifici pubblici” p. 490. In LUSUARDI SIENA, SANNAZARO 1995, invece, l’evento sismico sembra certo, anche in mancanza di prove ulteriori a conferma. 21 L’ uso dei marmi lunensi a Roma è documentato anche nei secoli successivi, ma non sappiamo se si tratti di blocchi di deposito o di cava. MANNONI 1993 sostiene che l’abbandono definitivo delle cave lunensi si attua a partire dal V secolo d.C. 22 Tuttavia dalla descrizione poetica di Rutilio Namaziano la città sembra ancora in buone condizioni, risplendente per il marmo dei suoi edifici. RUTIL. NAM. II, 63-68. 23 Nell’area delle tabernae questo è costituito da coppi e tegole di copertura, il cui deposito non è interpretato come crollo primario in quanto non corrispondente alla estensione della superficie da coprire. ROSSIGNANI 1989, p. 494. Francesca Bandini 15 Tav. III) Luni tardoantica. maximus presuppone che al momento della costruzione fosse già avvenuto l’interramento del lastricato originale del decumanus maximus (via Aurel i a ) 24 e della pavimentazione del Foro. D’altra parte la presenza di questo ambiente termale privato e dei suoi annessi fa supporre che altre infrastrutture originarie della città romana, come l’acquedotto, fossero ancora in funzione25. Fra la fine del IV ed il V secolo la domus “di Oceano” subisce un cambiamento interessante con un processo di totale riorganizzazione dello spazio che investe gli ambienti con interventi di vario genere (fra cui l’innalzamento dei livelli pavimentali26), probabilmente in funzione dello svolgimento di cerimonie cristiane. Emerge un edificio forma- to da locali di grandi dimensioni tra cui sembrano caratterizzanti un ambiente dotato di panche laterali, un altro rettangolare creato ex novo a sud ed un’aula con esedra adiacente, che un corridoio, ricavato dalla chiusura di un’ala del peristilio, collega al giardino con una vasca ed un pozzo ancora in uso. Anche all’esterno dell’edificio si registra un cambiamento con l’obliterazione del cardine minore situato ad ovest, che fa supporre un ripensamento totale dell’area in funzione di nuove esigenze, riferibili alla progressiva cristianizzazione dello spazio, che come nei centri maggiori, sembra svolgersi di preferenza dalla periferia verso il centro, rispettando almeno inizialmente edifici ed aree ancora pubbliche o recepite come tali 2 7. Nella 24 Il tracciato della via Aurelia è stato mantenuto più o meno inalterato per tutto il periodo di vita della città e ha subito un progressivo innalzamento di quota, indagato purtroppo in un sondaggio piuttosto ristretto che ha restituito almeno 5 livelli distinti per un totale di 60-70 cm ca. 25 Reimpieghi strutturali con cambiamento di destinazione funzionale sembrano intravedersi anche per il portico presso il Grande Tempio (zona nord-est) che, dotato di un grande dolio, una fognatura e forse un pavimento in mattoni, acquisisce uso commerciale. La datazione di questi interventi non è però sicura. A sud-est del bacino-fontana del Capitolium il Promis negli scavi di metà ‘800, mise in luce strutture probabilmente tardoimperiali fra cui una “ stanza dei bronzi” ovvero un deposito di prodotti bronzei, pronti per essere rifusi, visto il rinvenimento di indicatori di strutture produttive (crogioli e colature di bronzo), AA.VV. 1985, p. 61. 26 I depositi argillosi compatti riportati per innalzare la quota richiamano quelli usati in altre aree di Luni vd. supra a proposito dell’area del portico capitolino e delle tabernae sul lato occidentale del Foro. 27 TESTINI 1983; TESTINI et alii 1989. 16 ARCHEOLOGIA URBANA IN TOSCANA: LA CITTÀ ALTOMEDIEVALE seconda metà del V secolo d.C. si attua infatti compiutamente il passaggio da edilizia privata a religiosa, con la costruzione sopra questo complesso del primo impianto basilicale a tre navate, con abside, orientato in senso est-ovest 28. La funzione ipotizzata per l’edificio precedente la prima vera basilica cristiana è quella di domus eccle siae, legata alla comunità cristiana ed attrezzata per funzioni liturgiche29. Sull’esistenza di questo tipo di edifici né le testimonianze scritte né quelle materiali offrono attestazioni certe, limitandosi al riferimento generico del rapporto con normali edifici residenziali, riadattati a questo scopo30. L’interpretazione come domus ecclesiae del complesso individuato a Luni trova alcuni elementi di conferma nel confronto con strutture simili, in particolare per ciò che riguarda il locale dotato di panche laterali che sembra assimilabile ad un ritrovamento in una domus sull’Areopago ateniese, interpretato come c a t h e c u m e n e u m, ovvero un ambiente per l’accoglienza e l’istruzione di chi si preparava a ricevere il battesimo in un locale adiacente. A Luni non ci sono tracce del battistero né per questa fase né per quelle successive, anche se uno spunto di riflessione potrebbe essere offerto dalla manutenzione e dal potenziamento delle strutture della vasca e del pozzo già appartenenti alla fase precedente della domus e collegati al locale con pancali 31. La sostituzione della originaria domus ecclesiae con un impianto basilicale presuppone delle condizioni economico-sociali che restituiscono l’immagine di una città tardoantica ancora in grado di rispondere alle diverse ed accresciute esigenze della comunità cristiana, sollecitando costruzioni di tipo monumentale per “esprimere il prestigio rag giunto e il ruolo della gerarchia episcopale ” 32 . Anche i reperti mobiliari di IV-V secolo dimostrano come Luni fosse ancora abbastanza ben inserita nei traffici commerciali mediterranei: oltre a massicce importazioni dal Nord-Africa, si documentano scambi anche con la penisola iberica, il mondo gallico, rapporti con l’area egea e medioorientale e con altre regioni italiche soprattutto lungo l’asse tirrenico. 28 Della cristianizzazione di Luni si sa poco dalle fonti scritte che indicano la presenza del vescovo lunense Felice al concilio romano del 465, segnalando in questa data quindi la presenza di una comunità organizzata. Probabilmente l’ origine risale anche al III secolo ( vd. esistenza del vescovo Eutichiano di origine lunense, papa dal 275 al 285). 29 LUSUARDI SIENA-SANNAZARO 1995. 30 TESTINI et alii 1989. 31 LUSUARDI SIENA-SANNAZARO 1995, pp. 202-203. 32 LUSUARDI SIENA-SANNAZARO 1995, p. 202. 33 ROSSIGNANI 1989. 3 4 Nelle fonti scritte relative alla guerra greco-gotica (AGATHIAS,11,6) Luni, alla fine della guerra, è ricordata ancora come polis, insieme a Firenze, Pisa, Volterra, Centum cellae, Lucca. 3. L’età altomedievale L’inizio del declino della città è spostato così più in avanti, alla fine del VI-VII secolo 33, ma le verifiche e gli approfondimenti con la prosecuzione delle indagini e l’analisi dei reperti, potrebbero cambiare ulteriormente il punto di vista su un insediamento che dalle fonti scritte sembra rivestire un ruolo importante durante l’Alto Medioevo, come centro amministrativo e diocesano. Non sappiamo molto della situazione durante il regno di Teodorico e la successiva guerra greco-gotica, anche se si può intuire che la città, per la sua posizione strategica e la presenza di un porto presumibilmente ancora funzionante, abbia rivestito un certo interesse; nel 552, poco prima della fine della guerra, in seguito a complesse vicende militari e diplomatiche, Luni passa insieme ad altre città della Tuscia al bizantino Narsete e diviene centro della provincia “ Maritima Italorum”34. I lavori di ampliamento, ristrutturazione ed abbellimento della cattedrale sono un esempio eloquente di come in questo periodo esistessero ancora committenti, risorse finanziarie e maestranze in grado di produrre opere edilizie ed artistiche di grande pregio 35 . Alla metà del VI secolo si ricostruiscono ex novo o comunque si risistemano i muri perimetrali e l’abside della cattedrale, che all’interno presenta anche modifiche nell’area presbiteriale ed il rialzamento del livello pavimentale, rivestito di mosaici 36. Questetrasformazioni forti ed economicamente impegnative sembrano incongruenti con il quadro dell’edilizia civile rinvenuta (Tav. IV). Nel corso del VI secolo si registra l’abbandono graduale degli edifici tardoromani nella zona Nord del Foro: le terme e la fognatura vengono coperte da uno spesso strato di colore giallastro con macerie (potenza media 50 cm.), interpretato come un deposito accumulatosi in un lungo periodo. In questo lasso di tempo sembra che il tracciato della via Aurelia si sia spostato leggermente più a Sud, ma il sondaggio esplorativo è troppo ridotto per fornire delle ricostruzioni corrette ed i motivi di questo spostamento. Nell’ angolo nord-orientale del foro romano, ormai 35 “Ciò che non perdura non è […] la città-e non solo come aggregato urbano- ma la città tardoantica” CONTI 1967, p. 146. Sulla discussione più generale dell’esistenza o meno di un ‘urbanesimo altomedievale’ cfr. CARANDINI 1993; WICKHAM 1988, 1994. 36 Un’epigrafe inserita nel pavimento della navata sinistra riporta anche il nome del committente: Geronzio che donò il mosaico come scioglimento di un voto per abbellire la chiesa. L’appellativo di famulus riportato nell’iscrizione non è specificatamente riferibile ad una carica del periodo. Potrebbe quindi identificare un semplice cristiano benestante o più probabilmente un membro del clero di Luni. Un Gerontius è ricordato tra i sette vescovi scismatici della Tuscia Annonaria in una lettera di papa Pelagio del 557. Resta il dubbio in questo caso se la donazione del mosaico sia avvenuta prima o dopo l’investitura a vescovo di questo personaggio. Francesca Bandini 17 Tav. IV) Luni altomedievale. abbandonato37, sono state scavate due abitazioni, costruite a tecnica mista riutilizzando in parte resti di mura romane ancora visibili, con l’aggiunta di piccolissimi muretti di fondazione ed alzati in materiale deperibile; la copertura era sostenuta da pali esterni al perimetro dell’ abitazione (a creare uno spazio protetto di riserva) e probabilmente da una fila mediana interna per la trave di colmo; la pavimentazione in argilla più o meno sistemata, differenziava aree funzionali all’interno dell’abitazione, caratterizzata anche dalla presenza di strutture di combustione. Un’altra fase abitativa in materiale deperibile, registrata al di sopra della domus settentrionale di età imperiale, sembra confermare un tipo di insediamento sparso e scarsamente popolato, nonostante i rischi che possono derivare dai limiti di estensione dell’ indagine. Alla fine del VI secolo, secondo le fonti scritte, risalirebbe anche la fondazione di nuovi edifici religiosi di cui non possediamo la documentazione archeologica38 per la mancanza di indagini condotte all’interno della città o nel suburbio nelle aree dove erano presumibilmente localizzati. Nel 643 Rotari conquista Luni insieme alle altre città costiere della Tuscia e della Liguria, abbattendo le mura e riducendola alla condizione di villaggio39. 37 Secondo CITTER 1997 in confronto con altre città della 38 Vd. corrispondenza fra Gregorio Magno e Venanzio vescovo di Luni in cui si ricorda la consacrazione di un monastero femminile e l’esistenza di una comunità ebraica, che conviveva difficilmente con quella cristiana (GREGOR. I reg. ep. II, VIII, 5; I, IV, 21). Di possibile origine paleocristiana anche la chiesa di S.Pietro esterna alle mura settentrionali, presumibile basilica cimiteriale menzionata per la prima volta dai documenti nel 997; un’altra chiesa, denominata “E” nelle mappe del Vinzoni e forse dedicata a San Marco doveva essere situata dentro il perimetro urbano a sud-ovest; un documento datato al 963 cita anche una “curtem de Porto cum ecclesia Sancte Iuliane”. AA.VV. 1985, pp. 52-54. 39 PAUL. DIAC. Hist.Langob. IV 45; Orig. Gent. Langob. 6; PSEUDOFREDEG. Chron. IV 71. Tuscia, quella del foro di Luni risulta una situazione anomala: “ potrebbe trattarsi di una precoce privatizzazione, almeno di parte dell’area, già da tempo abbandonata[…].Ma potrebbe trattarsi all’opposto, di un atto deliberato dal governo bizantino nella necessità di ricorrere a tutti gli spazi disponibili per accogliere la popolazione rurale nel lungo periodo di guerra. L’area di una grande piazza, abbandonate le sue funzioni originarie, poteva assolvere bene il compito”, p. 27. Non si vedono per ora nella documentazione edita le prove dell’uso intensivo dello spazio interno della città a sostegno dell’ipotesi del suo uso come “grande recinto-rifugio” per la popolazione rurale, insediata nel territorio circostante. 18 ARCHEOLOGIA URBANA IN TOSCANA: LA CITTÀ ALTOMEDIEVALE La documentazione materiale, però, non attesta in modo inequivocabile episodi di distruzione, registrando in realtà una situazione che poco si discosta da quella del periodo immediatamente precedente. L’autorità vescovile ancora potente rappresenta ai convegni romani il prestigio della diocesi lunense almeno fino al IX secolo e conia monete in argento o in lega di piombo, che potrebbero essere indice di scambi e attività produttive all’interno della città ma anche al di fuori 40. La cattedrale subisce fra il VII ed il IX secolo modifiche impegnative41, che nuovamente sembrano mal adattarsi con gli esempi di edilizia residenziale indagati: una casa lignea rinvenuta nell’area nord-orientale del Foro, sovrapposta ad una del periodo precedente e conservata in modo molto frammentario e i cui resti lignei carbonizzati hanno permesso la datazione al 640+ 80 (C14) ed un’abitazione situata nell’area dell’antico Capitolium che sfrutta dei muri di epoca romana ancora emergenti dal suolo con l’aggiunta di un piccolo muretto legato da argilla costruito anche con elementi marmorei di reimpiego. Significativa potrebbe essere la presenza presso questo muretto di un buco per palo, indizio di un probabile alzato ligneo, la cui copertura doveva essere in materiale deperibile. La pavimentazione, presumibilmente in terra battuta, non rinvenuta per l’asportazione della stratigrafia da parte di interventi precedenti, si trova alla stessa quota dell’ ultimo rifacimento della via Aurelia che corre a Sud. L’orizzonte cronologico della costruzione della casa e degli interventi di manutenzione del tracciato stradale non è però sicuro. Solo il riempimento di una buca situata ad est della casa e in uso come fossa per i rifiuti data la frequentazione dell’area al VII-VIII secolo 42. Sono state rinvenute numerose attività stratigrafiche verticali come buche per rifiuti, buche per immagazzinamento, fosse di spoliazione, pozzi d’acqua e pozzi neri che, se rappresentano indizi certi di frequentazione, possiedono d’altra parte il limite di non essere datate con sicurezza e di non permettere quindi neppure la collocazione cronologica del collasso delle infrastrutture romane, come ad esempio l’acquedotto. Fra questi interventi, concentrati nello spazio interno o vicino all’area forense antica, le indagini hanno identificato una decina di pozzi per il rifornimento idrico: pochi se si pensa che la situazione geomorfologica di Luni rendeva facile il reperimento di acqua poco al di sotto del livello del suolo, permettendo l’uso di ciascun pozzo da un numero limitato di case, ma tanti rispetto alla realtà abitativa riscontrata. Non si può dedurre quindi con Ward Perkins 43 che un numero così basso significhi scarsità di popolamento e di edifici abitati. In sostanza l’immagine di Luni altomedievale, sede di diocesi importante e villaggio scarsamente abitato, deve essere verificata con la prosecuzione delle ricerche. Gli scavi intorno alla cattedrale di S.Maria dovranno confermare l’ipotesi, riproposta anche in articoli di recente pubblicazione 44 , di una concentrazione della città altomedievale intorno a quest’area, divenuta il polo di attrazione delle dinamiche insediative. Allo stato attuale a sud dell’edificio basilicale sono stati messi in luce un’area aperta lastricata con elementi di reimpiego e degli annessi adiacenti con pavimentazione musiva. Mancano le tracce del battistero, dell’episcopio e di altri edifici liturgici o residenziali. La quota del terreno limitrofo alla chiesa, molto più elevata rispetto a quella del terreno circostante, ha fatto pensare ad una zona di maggior frequenza 45; rimangono inoltre tracce di murature che circoscrivono questa anomalia a sud ed ad est, mentre ad ovest corre il perimetro delle mura romane. La consistenza strutturale di questi resti è molto ridotta, ma dalla cartografia storica sembrano molto più rilevanti tanto che nei disegni settecenteschi del Vinzoni portano il nome di “mura della Cittadella”46. Gli eruditi già dal Cinquecento interpretavano questo circuito murario come quello della città medievale 47: in realtà non si possiedono attestazioni archeologiche che datino la costruzione di questo impianto e ne restituiscano il perimetro originario48. Da verificare in base all’acquisizione di nuovi dati relativi ad altri centri urbani è anche il problema delle sepolture in ambito intramurano. Oltre al cimitero presso la cattedrale 49, parzialmente indagato, sono state rinvenute una cinquantina di sepolture non organizzate in cimiteri, ma piuttosto sparse o raccolte in gruppi isolati50, piccoli nuclei da tre a quindici sepolture diverse, che potrebbero identificare vari gruppi familiari. 40 Monete episcopali lunensi sono state rinvenute anche a 46 VARALDO GROTTIN 1995. Cosa. 41 L’unico documento scritto di età longobarda pervenuto per Luni (736) rivela l’esistenza di “ cives lunenses viri clarissimi”, una committenza evidentemente ricca e culturalmente preparata, interessata ad investire in opere di monumentalizzazione della città AA.VV. 1985, p. 52. 42 WARD PERKINS 1977. 43 WARD PERKINS 1977. 44 LUSUARDI SIENA-SANNAZARO 1995; PAVOLINI 1993. 45 Da notare però che in alcuni centri la cattedrale si colloca in posizione elevata rispetto alla quota media dell’impianto urbano romano TESTINI et alii 1989. 47 Ercole Spina distingue la città romana, cinta dalle mura più estese, nominandola Lune vecio in contrapposizione con quella medievale ( Il novo) molto più circoscritta VARALDO GROTTIN 1995, p. 234. 4 8 In un documento datato al 1104 si fa riferimento ad un castrum Lune AA.VV. 1985, p. 52. 49 Tombe scoperte dietro l’abside sono descritte come a “forma a cassa, murata di mattoni, pietre, frammenti di marmo e coperta in piano da tegole romane e lastre di marmo” BELLI BARSALI 1964, pp. 160-161. 5 0 A queste, schedate da WARD PERKINS 1977, bisogna aggiungere quelle rinvenute nelle più recenti campagne di scavo di cui però si possiede solo la segnala. Francesca Bandini 19 Si tratta di strutture tombali di vario tipo, dalla fossa terragna a quella con spallette in muratura51, mentre manca quello cd. “alla cappuccina”. La datazione è complessa per la mancanza di corredo tranne in una reperita dietro il muro della cavea del teatro che conteneva due pettini in osso e un coltello in ferro, databili al periodo longobardo ( p o s t 6 4 0 ) 5 2 . Il momento dell’introduzione dell’uso di seppellire all’interno della città risalirebbe almeno al VI secolo se le iscrizioni funerarie rinvenute nell’area della chiesa di S. Maria durante gli scavi ottocenteschi non sono state reimpiegate. Questo dato collimerebbe con quello relativo alla città di Roma dove le tombe databili al V secolo sono poche e probabilmente casuali, mentre nel periodo successivo alla guerra gotica il fenomeno diventa sistematico53 fino almeno all’VIII secolo 54 quando termina la documentazione relativa alle tombe sparse. A Luni Ward Perkins 55 ha datato quattro strutture sepolcrali, concentrate nella zona del C a p i t o l i u m, ad un periodo posteriore all’VIII secolo, forse anche al 1000, in base ai rapporti stratigrafici relativi; è senz’altro necessaria la rilettura cronologica di queste conclusioni, del resto parziali per ammissione dello stesso studio- so56, nell’ambito anche di una riconsiderazione interpretativa di questo fenomeno per come si sta delineando in altri contesti57. Sui modi e sui tempi del progressivo abbandono della città di Luni permangono dei coni d’ombra: la cattedrale di S.Maria subisce rifacimenti imponenti anche a fine VIII-IX secolo e successivamente, fino all’ultima fase romanica datata al XII secolo 58; in seguito, nonostante il trasferimento della sede vescovile a Sarzana (1204), continua ad essere usata per le cerimonie di investitura dei vescovi stessi e poi con funzioni cimiteriali. Se lo spostamento degli insediamenti nell’interno dipende da cause di natura economica abbastanza chiare59, il nodo centrale per capire la lunga persistenza della città antica ed il suo conseguente abbandono, sembra essere la comprensione della volontà umana che sta dietro le scelte insediative. Un approfondimento critico dei documenti scritti può aiutare a chiarire le ragioni e le basi degli ampi poteri pubblici di cui gode l’episcopato lunense a partire dall’altomedioevo, mentre, d’altra parte, un’estensione degli scavi archeologici può sperare di ricostruire i connotati materiali di questo potere e della città che disegna. 51 WARD PERKINS 1977, p. 669 ha suddiviso la tipologia in 637; “c’è la possibilità che la maggior parte delle sepolture siano posteriori all’abbandono delle zone in cui sono state trovate, ma quest’ipotesi non può essere provata”, p. 669. 57 MENEGHINI-SANTANGELI VALENZANI 1993; 1995 per cui un mutamento ideologico e sociale, unito a motivi economici, avrebbe portato alla convivenza di città dei vivi e città dei morti; in questa interpretazione il fenomeno delle tombe sparse intramuranee non rappresenterebbe un declino degli spazi urbani, ma anzi una loro estensione. 58 Questo intervento è stato collegato con una rinascita del potere del vescovo, che alla fine del XII secolo, viene investito del titolo di conte da parte di Federico I, AA.VV. 1985, p. 130. 59 La caduta della richiesta di marmo, irreversibile per almeno sette secoli, non è sostituibile con una inesistente economia agricola del territorio peraltro geologicamente dissestato, mentre la posizione collinare più salubre e più sicura permette un’agricoltura più proficua e un controllo di percorsi viari molto importanti, che dalla Padana centro-ovest conducono verso la Toscana e Roma. quattro categorie fondamentali: sepolture senza alcuna struttura o con poche pietre disposte intorno, sepolture con muretti sui quattro lati per lo più costituiti da frammenti di laterizi legati da malta, sepolture con muretti laterali a secco o legati con argilla e lastre alla testa e ai piedi, sepolture con muretti di lastre disposte verticalmente. 52 Questa data costituisce anche un terminus post quem per il declino della struttura teatrale. 53 MENEGHINI, SANTANGELI VALENZANI 1993; 1995. 54 A Ventimiglia sembra documentata al massimo fino all’inizio del IX secolo, AA.VV. 1988, p. 170. 55 WARD PERKINS 1977, p. 669. 56 “Gli strati altomedievali nelle due zone di scavo sono stati illustrati nella relazione in base ai dati forniti dalla cronologia stratigrafica e relativa. Attualmente la nostra conoscenza della ceramica altomedievale a Luni non è abbastanza completa da permettere di fissare date assolute” WARD PERKINS 1977, p. Francesca Bandini 21 BIBLIOGRAFIA ALFIERI L. 1991-92, Le vicende edilizie della cattedrale di Luni attraverso l’analisi delle tecniche murarie, Tesi di laurea, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Rel: Prof.ssa S. Lusuardi Siena. BELLI BARSALI I. 1964, Fasi di lavoro medievali alla basilica cristiana di Luni, “Palladio”, IV, ott-dic, pp. 160-161. BERNIERI A., MANNONI L. e T. 1983, Il porto di Carrara. Storia ed attualità, Genova. BERTINO A., 1985-1987, Due periodi critici della storia di Luni, “Quaderni del Centro di Studi Lunensi”, 1012, pp. 541-554. CAGNANA A., MANNONI T. 1995,Materiali e tecniche nelle strut ture murarie di Luni. Risultati preliminari, “Quaderni del centro di studi lunensi”, I n.s., pp. 137- 164 . CARANDINI A., CRACCO RUGGINI L., GIARDINA A. (a cura di) 1993, Storia di Roma. L’età tardoantica, II. 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