Modelli operativi nella didattica dell`italiano L2- slide - Po-Net

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Modelli operativi nella didattica dell`italiano L2- slide - Po-Net
Didattica dell’italiano come lingua seconda.
Il ruolo della Biblioteca Lazzerini di Prato sul territorio
I modelli operativi nella didattica
dell’italiano come L2:
l’Unità di Lavoro/Apprendimento
Prato, 6 febbraio 2015
Materiali didattici
Alan Pona
Modello operativo
I modelli operativi permettono di
tradurre l’approccio e il metodo in azione
didattica.
(Dizionario di glottodidattica, Balboni
1999)
I modelli operativi
- Unità di apprendimento (UdA),
proposta da Balboni (2002; 2008) (ma anche
unità di acquisizione: Balboni 2012)
- Unità didattica centrata sul testo (UDt),
proposta da Vedovelli (2002; 2010)
- Unità di lavoro (UdL), proposta da
Diadori (2009) e da Diadori, Palermo,
Troncarelli (2009)
Unità di Lavoro/Apprendimento
I tre modelli risultano affini e facilmente integrabili.
Il primo modello, della scuola di Freddi, Balboni e
Porcelli, si richiama apertamente alla psicologia della
Gestalt e alle nozioni di bimodalità e direzionalità proposte
da Marcel Danesi (1988).
I modelli di Diadori e Vedovelli rimandano, invece, al
Quadro Comune Europeo di Riferimento per le
Lingue e alla funzione chiave del testo nella
comunicazione e nell’apprendimento delle lingue.
Bimodalità
[…] le modalità del cervello, quella analitica
dell’emisfero sinistro e quella globale
dell’emisfero destro, sono coinvolte nella
comunicazione linguistica. Ne consegue che
quando si studia una lingua, e soprattutto
quando la si usa per comprendere o per
produrre testi, per dialogare ecc., si devono
attivare entrambi le modalità, quella globale
e quella analitica […]. (Balboni 2008: 15)
Direzionalità
Il principio della direzionalità stabilisce che l’uso bimodale
del cervello avviene secondo una direzione ben precisa:
dall’emisfero destro (modalità contestuali, globali, emozionali) a
quello sinistro (modalità più formali, analitiche, razionali).
Bisogna prestare molta attenzione a questo principio: il
percorso naturale (cioè quello previsto dal nostro
patrimonio genetico) è quello direzionale, dalla percezione
globale a quella analitica, anche se molta tradizione
scolastica ci ha abituati al percorso opposto (prima il
teorema e poi gli esempi, prima le regole e poi le attività,
prima la storia della letteratura e poi i testi letterari). (ivi: 16)
Il QCER
Il Quadro comune europeo di riferimento
per le lingue, altrimenti conosciuto come
Framework, è un documento del Consiglio
d’Europa apparso in versione elettronica
negli anni 1996-1997 e, successivamente
rielaborato ed integrato, pubblicato in
versione cartacea nel 2001 in lingua inglese e
francese. La prima versione tradotta in
italiano è del 2002.
Il QCER
Il documento nasce dall’esigenza di promuovere
all’interno della Comunità Europea la conoscenza
delle lingue straniere e, al contempo, uniformare la
preparazione linguistica dei cittadini europei
nell’ottica di una politica che favorisca il
plurilinguismo e la mobilità interna.
Altro obiettivo del documento è quello di
conformare i livelli di competenza linguisticocomunicativa raggiunti in ambito scolastico.
Il QCER
Il QCER descrive in modo dettagliato ciò
che gli apprendenti una lingua devono
imparare a fare per usare la lingua nella
comunicazione e quali conoscenze ed abilità
devono sviluppare per essere capaci di
operare efficacemente.
Il QCER
L’approccio promosso dal QCER
nell’apprendimento linguistico è orientato
all’azione.
Il QCER
Il QCER non è un modello prescrittivo o un
insieme fisso e rigido di prescrizioni ma un
insieme aperto di indicazioni da selezionare
in base al contesto e ai bisogni degli
apprendenti.
I livelli di competenza
Il QCER stabilisce dei criteri generali per definire i livelli di
competenza nelle lingue straniere. Qui sotto vengono
riportati i sei livelli del Qcer: A1-A2 (basico), B1-B2
(indipendente), C1-C2 (competente).
A1
A2
B1
B2
C1
C2
CONTATTO (breakthrough)
SOPRAVVIVENZA (waystage)
SOGLIA (threshold)
PROGRESSO (vantage level)
EFFICACIA (proficiency)
PADRONANZA (mastery)
Il testo:
accezione comune
Il termine ha principalmente tre significati
basilari.
Si riferisce comunemente a messaggi
linguistici scritti.
Il testo in linguistica
Chiamiamo TESTO un messaggio che sia
prodotto, sulla base di un sistema linguistico,
da un determinato emittente in una
determinata situazione, con l’intenzione e
col risultato di soddisfare le attese di un
determinato destinatario.
(Francesco Sabatini)
Il testo in glottodidattica
Tutti i messaggi - linguistici e non - usati
nella comunicazione.
Testi audio, video, audio-video, iconici,
scritti, orali, non verbali etc.
Il testo, in questa accezione, è l’unità base
nella didattica delle lingue seconde.
L’Unità di Lavoro/Apprendimento
UdLA
Motivazione/Contestualizzazione/
Introduzione
Si cerca di suscitare l’interesse dell’apprendente,
“scaldandola/o” e motivandola/o, e allo stesso tempo la/o
si introduce nell’universo del testo - sia esso audio, video,
audio-video, scritto od iconico etc. - che lei/lui affronterà
durante l’unità di apprendimento/lavoro.
Questa fase ha anche lo scopo non secondario di facilitare
la ripresa e la rielaborazione delle conoscenze, non solo
linguistico-comunicative, e di attivare la expectancy grammar,
la capacità di fare ipotesi, anticipando ciò che può
comparire in un testo operando sulla base della porzione di
testo che già si conosce.
Tecniche
Esplorazione delle parole-chiave
Brainstorming
Costellazione a ragno (spidergram)
Elicitazione
Impiego di realia, di immagini, di video
etc.
Globalità/Verifica della comprensione/
Attività di incontro con i testi
La fase della scoperta del testo. Questa scoperta è
progressiva: si va dall’osservazione del paratesto (immagini,
titolo, aspetto del testo etc.), e dalla conseguente
formulazione di ipotesi, all’analisi del cotesto per arrivare
infine all’analisi del testo vero e proprio.
La lettura del testo avviene dal generale al particolare
attraverso fasi di skimming e scanning: si ha skimming per
stabilire di cosa tratti il testo e si passa allo scanning soltanto
in una fase secondaria per recuperare nel testo informazioni
particolari e specifiche.
Tecniche
Chi? Che cosa? Dove? Quando? Azione? Come? Perché?
Domande Vero/Falso
Domande a scelta multipla
Domande aperte
Griglia
Transcodificazione
Accoppiamento/Matching
Riordino/Incastro
Cloze classico
Drammatizzazione
Ascolto-ripetizione
Ascolto-lettura silenziosa
Analisi/Attività di Comunicazione sul testo/
Differenziazione dei temi e delle strutture
L’apprendente fa una ricerca sul testo,
precedentemente compreso, su come risolvere un
proprio bisogno comunicativo (analisi funzionale), o
un problema di tipo linguistico (analisi grammaticale) o
lessicale (analisi lessicale).
Questa fase è induttiva perché permette
all’apprendente scoperte personali di regolarità generali
a partire dal testo specifico.
Tecniche
Cloze mirato
Inclusione
Esclusione
Seriazione
Esplicitazione
Sintesi/Attività di Comunicazione dal
testo/Ampliamento ed espansione
Permette all’apprendente di impiegare le
informazioni comunicative e linguistiche,
precedentemente incontrate ed analizzate nel testo,
per rispondere a propri bisogni comunicativi.
Tecniche
Role taking, role making, role play
Dialogo a catena
Dialogo aperto
Dialogo a coppie
Conversazione di gruppo
Composizione testuale
Monologo
Telefonata
Passaggio da un genere testuale all’altro
Pattern drill
Tecniche manipolative
e di riempimento
Riflessione/Attività metalinguistica e
metacomunicativa/
Integrazione e riflessione
Gli apprendenti sono indotti a verificare quelle
ipotesi formulate nelle precedenti fasi dell’unità e a
scoprire la regola(rità) generale nascosta negli usi
testuali specifici.
L’insegnante/facilitatore può anche offrire una
spiegazione grammaticale delle strutture, ma solo
dopo che il gruppo-classe abbia provato a riflettere
autonomamente sulle medesime.
Tecniche
Elicitazione della regola(rità)
Riempimento di griglie vuote o parzialmente
riempite
Attività esercitativa di rinforzo
Si va a consolidare e a fissare quanto appreso nelle
fasi precedenti dell’unità.
In questa fase si possono proporre attività di tipo
più tradizionale; quello che conta è che la
somministrazione degli esercizi vada a seguire una
riflessione metalinguistica che l’apprendente ha
fatto da solo o in collaborazione all’interno del
gruppo-classe.
Tecniche
Pattern drill
Tecniche manipolative e di riempimento
Role taking, role making, role play
Dialogo a catena
Dialogo aperto
Dialogo a coppie
Conversazione di gruppo
Composizione testuale
Monologo
Telefonata
Passaggio da un genere testuale
all’altro
Attività di verifica/Output comunicativo o
Azione
Si riferisce, oltre alla possibilità di verificare
formalmente quanto appreso in classe (il classico
test di verifica in uscita), alla possibilità di misurare
fuori dal contesto classe ciò che l’apprendente ha
appreso all’interno del gruppo-classe.
Tecniche
Testing/Verifica in uscita
Azioni fuori dal contesto classe
Esempio di UdLA
UdLA liberamente tratta da: GabbaniniGoudarzi-Masciello-Pona (2013), Ci siamo!
Comunicare, interagire, contaminarsi con
l’italiano, Firenze, Centro Internazionale Studenti
‘Giorgio La Pira’.
PER INIZIARE
ATTIVITÀ 1
GUARDIAMO L’IMMAGINE. CHE COSA È? QUANDO SI USA?
ATTIVITÀ 2
A COPPIE SCRIVIAMO UNA CARTOLINA AD UN NOSTRO AMICO.
PER CAPIRE
ATTIVITÀ 3
LEGGIAMO IL TESTO E RISPONDIAMO ALLE DOMANDE
QUI SOTTO.
CHI? .....................................................................
DOVE? .....................................................................
COME? .....................................................................
QUANDO? .....................................................................
AZIONE? .....................................................................
PERCHÉ? .....................................................................
QUANDO ERO BAMBINO, IN ESTATE, ANDAVO AL MARE IN TOSCANA, A
MARINA DI MASSA, AD UN’ORA DI MACCHINA DA DOVE ABITO. LÌ MIA
ZIA AVEVA UNA CASA MOLTO BELLA CON UN GIARDINO SPAZIOSO. LA
CASA MI PIACEVA MOLTO PERCHÉ AVEVA UN TAVOLO DA BILIARDO, UN
TAVOLO DA PING PONG E IL CALCIO BALILLA. CHE COSA È IL CALCIO
BALILLA?
LA MATTINA APPENA ALZATO, LA MIA FAMIGLIA ED IO ANDAVAMO A
MANGIARE I BOMBOLONI CALDI ALLA CREMA E LE CIAMBELLE E POI,
DOPO TRE ORE, FACEVO IL BAGNO NEL MARE.
IL MAR LIGURE, CHE NON È UN OCEANO PERCHÉ È MOLTO PICCOLO, È
ABBASTANZA CALDO: NOI DICIAMO CHE È CALDO COME UN BRODO!
A MEZZOGIORNO PRANZAVO A CASA, E, DOPO PRANZO, VOLEVO
TORNARE AL MARE. MA MIA MADRE MI DICEVA SEMPRE CHE NON SI
PUÒ STARE SULLA SPIAGGIA NELLE ORE PIÙ CALDE DELLA GIORNATA
PERCHÉ I RAGGI VIOLETTI FANNO MOLTO MALE! ALLORA ASPETTAVO
LE 4 DEL POMERIGGIO E POI ANDAVO NELL’ACQUA E NUOTAVO.
LA SERA ANDAVO A FARE QUATTRO PASSI NEL CENTRO DI MARINA DI
MASSA CON TUTTE LE SUE BANCARELLE DI LIBRI. OVVIAMENTE
COMPRAVO SEMPRE DEI LIBRI PERCHÉ ANCHE DA BAMBINO ERO UN
SECCHIONE! CHE BEI RICORDI!
ATTIVITÀ 4
LEGGIAMO NUOVAMENTE IL TESTO E RISPONDIAMO
ALLE DOMANDE QUI SOTTO.
DOVE ANDAVA ALAN DA BAMBINO IN VACANZA?
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DOVE È IL MAR LIGURE?
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QUALI SONO LE DIFFERENZE TRA IL MARE E L’OCEANO?
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CHE COSA FACEVA ALAN NEL POMERIGGIO?
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CHE COSA FACEVA ALAN LA SERA?
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PER CERCARE
ATTIVITÀ 5
SOTTOLINEIAMO TUTTI I VERBI AL PASSATO. QUAL È LA
CONIUGAZIONE DELL’IMPERFETTO?
PER USARE
ATTIVITÀ 6
CHE COSA FACEVI DA PICCOLO PICCOLO PER LE
VACANZE? SCRIVI UNA BREVE
COMPOSIZIONE.
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PER SCOPRIRE
ATTIVITÀ 7
QUANDO SI PUÒ USARE L’IMPERFETTO
INDICATIVO?
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Bibliografia
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Balboni P. E. (2008), Imparare le lingue straniere, Venezia, Marsilio.
Balboni P. E. (2002; nuova edizione 2012), Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società complesse,
Torino, UTET.
Balboni P. E.(1999), Dizionario di glottodidattica, Perugia, Guerra-Soleil.
Diadori P. (2009), “Quali modelli operativi per l’italiano L2? L’unità di lavoro”, in P. Diadori (a cura
di), La DITALS risponde 6, Perugia, Guerra Edizioni: 103-112.
Diadori P, Palermo M., Troncarelli D. (2009), Manuale di didattica dell’italiano, Perugia, Guerra.
Gabbanini P., Goudarzi M. K., Masciello E., Pona A. (2013), Ci siamo! Comunicare, interagire, contaminarsi
con l’italiano, Firenze, Centro Internazionale Studenti ‘Giorgio La Pira’.
Gentile M., Nistri J., Pelagalli P., Chiappelli T. (a cura di) (2014), Il metodo ALC: Apprendimento
Linguistico-Cooperativo, Progetto Implementazione del Portale Immigrazione e sua Gestione
Sperimentale a Livello Locale (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali).
Gentile M., Pisanu F., Tabarelli S. (2012), Personalizzare l’apprendimento nel contesto della classe, Trento,
Provincia Autonoma di Trento.
Masciello E. (2006; 2° edizione 2009), Essere insegnante/facilitatore linguistico. Appunti didattici per
l’insegnamento della lingua italiana L2, Firenze, “Ass. Vol. Centro Internazionale Studenti G. La Pira”.
Nunan D. (1989), Designing Tasks for the Communicative Classroom, Cambridge, Cambridge Univesrity
Press.
Nuzzo E., Rastelli S. (2011), Glottodidattica sperimentale. Nozioni, rappresentazioni e processing
nell’apprendimento della seconda lingua, Roma, Carocci.
Pona A., Ruolo F. (2012), Variazioni di voci. Facilitare l’italiano L2: un percorso formativo, Firenze, Cesvot,
Briciole, n. 31, gennaio 2012.
Vedovelli M. (2002; 2° edizione 2010), Guida all’italiano per stranieri, Roma, Carocci.
Sitografia
Pona A. (2015), “Modelli operativi nella didattica dell’italiano come lingua
seconda”,
http://allegati.ponet.prato.it/dl/20150122133635783/Modelli_operativi_nella_didattica_
dell_italiano_L2_Alan_Pona.pdf
Chiappelli T., Pona A. (2014), “La facilitazione linguistica: lo stato dell’arte
sul territorio e il ruolo della Biblioteca Lazzerini”,
http://allegati.po-net.prato.it/dl/20140507145016675/La-facilitazionelinguistica.pdf
Grazie!
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