Untitled - CERDOMUS

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Untitled - CERDOMUS
Cerindustries SpA
numero 38
settembre 2015
LA
lettura interpretativa secondo cui la Roma-
It’s commonly said that Romagna is a land of
gna è una terra di grandi, talvolta stupefa-
great, often amazing, contrasts, and this is a
centi, contrasti è ben confortata dagli spunti che po-
view that’s amply reflected in the articles in
trete trovare in questo numero di ee. Un concetto che
this issue of ee. The contrast is evident in its
si può applicare alla morfologia del suo territorio, ove
geography, where placid wetlands and dra-
potrete osservare placide distese lagunari e scoscese falesie su cui frangono le onde del mare, separate
da una manciata di chilometri soltanto. Tracce di un
importante passato remoto, di un ricco passato prossimo e di un promettente futuro distanziate invece da
lunghi secoli. Ma soprattutto indizi di mondi tra loro distanti, forse talvolta inconsapevoli l’uno dell’altro, che
condividono lo stesso spazio fisico e, cosa ancor più
sorprendente, riescono a convivere tra loro senza intralciare i rispettivi “habitat” culturali. Cosa hanno in
matic sea cliffs are separated by only a few
kilometres’ distance. Traces of a remote and
splendid past, of a nearer past and a promising future, separated by centuries. And
remnants of worlds separated by much more
than time and space, worlds which can never meet but share the same physical space
and somehow manage to rub along together
with no overlap of cultural habitat. What do
comune una realtà industriale esemplare, un poeta
a thriving industry, a melancholic poet and
malinconico e un atelier tecnologico dedicato alle
a high-tech motorcycle factory have in com-
motociclette? Forse nulla o forse, nel nostro caso, la
mon? Nothing, maybe. Or perhaps everything
terra da cui traggono ispirazione e linfa. Magari pro-
- the place from which they draw inspira-
prio per questo la gente che appartiene a tale picco-
tion and nourishment. Maybe this is why the
la parte di Italia, per lunga tradizione, spesso non si
people from this small corner of Italy have
limita a confrontarsi con ciò che già c’è, ma, imma-
traditionally refused to make do with what is
ginando piani differenti quando non cercando addi-
but have always preferred to focus on what
rittura di realizzarli, preferisce con il proprio talento o la
might be, either by imagining it or by using
propria arte dirigersi verso ciò che potrebbe essere.
their art and talent to make it a reality.
EDITORIALE
1]
ea r th e lem e nt
Pialassa della Baiona
A salt water lagoon
Pialassa della Baiona is the most emblematic example
of the natural milieu that encloses the city of Ravenna
on three sides. It’s here that the fresh water of the
Po begins to mingle with the salt water of the Adriatic,
creating a palette of elements so unique we might define
it as “Byzantine”.
Pialassa della Baiona
L a la g u n a d e i p r a t i sal m as t r i
franco de pisis
immagini: geri bacchilega
The saltwater lagoon known as Pialassa della Baiona covers some
1100 hectare of wetlands between the course of the Lamone river
and the Candiano canal. It connects to the sea via the Baiona, a
shorter canal that flows into the Candiano. It lies about ten kilometres
to the north of Ravenna, between highway 309 and the stretch of
via Baiona which leads to Porto Corsini. The Pialassa consists of
a mass of shallow pools separated by narrow embankments and
criss-crossing canals of depths ranging from 1 to 4 metres. This
configuration results in a distinctive environment of tidal marshes
and salt meadows. The most impressive of these is Prato Barenicolo,
dedicated to the illustrious Romagnol naturalist Pietro Zangheri. Prato
Barenicolo is a fertile meadow which is submerged under salt water
at high tide. Endemic plant species include glasswort and limonium.
The embankments too have rich vegetation, including scabwort, aster
and a variety of grasses and shrubs (tamarisk, blackthorn, bramble
and vitalba). Green macroalgae proliferates in the water channels,
especially sea lettuce. The Pialassa also has a rich and diversified
fauna. Birdlife includes numerous resident species (pygmy cormorant,
glossy ibis, whiskered tern) and migratory varieties (snowy plover,
avocet, black-winged stilt), a diversity which has earned the area
inclusion in the Ramsar Convention for the protection of wetlands of
international significance. The name Pialassa probably derives from
the fact that the basin receives (piglia) seawater twice daily at high
tide, later to shed (lascia) the water at low tide. Pialassa della Baiona
is the only intertidal lagoon on the coast of Emilia-Romagna, hence
its immense appeal to naturalists, divers and canoe enthusiasts. Here
and there along the margins and on the higher points of the salt
meadows we can also find extensive signs of human presence in the
form of traditional fishermen’s cabins. One of these cabins is named
after Giuseppe Garibaldi, the Italian patriot who found refuge in the
wetlands while on the run from Austrian troops. The Pialassa can
be reached via the parking area in Cà Vecia, the starting point for a
number of routes through the pine forest of San Vitale, by via delle
Valli and by Porto Corsini and Marina Romea. Watching the sun rise or
set over these still, flooded meadows is a spectacle of rare aesthetic
and spiritual intensity.
[4
5]
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È una delle espressioni più intense di quella particolare
natura che circonda su tre punti cardinali la città di Ravenna.
Dove le acque dolci del Po iniziano a scambiarsi con quelle
salate d’Adriatico creando una “tavolozza” di elementi unica
nel suo genere, da poterla forse definire bizantina.
I
Sensi
di
Romagna
La laguna salmastra conosciuta con il nome di Pialassa
della Baiona comprende circa 1100 ettari di zone umide
comprese tra il corso del fiume Lamone ed il porto-canale
Candiano e collegate al mare dal breve canale Baiona,
che confluisce nel Candiano. Il sito si trova a una decina
di chilometri a nord di Ravenna, tra la Statale Romea 309
e la via Baiona, in direzione Porto Corsini. La Pialassa si
compone di specchi d’acqua aperti poco profondi, suddivisi da argini che danno vita a una rete di canali con
profondità variabili da 1 a 4 metri tra i quali si formano le
caratteristiche barene ricoperte da comunità vegetali alofile
e prati salmastri, il più suggestivo di questi è sicuramente il
cosiddetto Prato Barenicolo, dedicato all’insigne naturalista
romagnolo Pietro Zangheri. Una fertile prateria che durante
l’alta marea viene sommersa dalle acque salate, popolata
da piante endemiche (salicornia, limonio...). Anche gli argini presentano una ricca vegetazione formata da piante di
inula e settembrino, ma pure da graminacee e arbusti (tamerice, prugnolo, rovo e vitalba). Nelle acque aperte sono
invece molto diffuse le macroalghe verdi, in prevalenza lattuga di mare. La Pialassa offre rifugio a una ricca e numerosa fauna. Proprio la presenza di una particolare avifauna
stanziale (marangone minore, mignattaio, mignattino piombato) e migratoria (fratino, avocetta, cavaliere d’Italia…) ha
permesso all’area di rientrare nella Convenzione di Ramsar
fra le zone umide di interesse internazionale. L’etimologia
del nome Pialassa deriva probabilmente dal fatto che il suo
invaso riceve (piglia) l’acqua marina per due volte al giorno
durante l’alta marea, per poi ricederla (lascia) per altrettante
volte durante la bassa. Quella della Baiona è l’unico esempio di laguna intertidale del litorale emiliano-romagnolo, da
cui il suo incalcolabile valore naturalistico che attira, tra gli
altri, biologi, subacquei e canoisti. Tra i margini e i dossi
della Pialassa troviamo anche un ricorrente segno della
presenza umana in laguna: si tratta dei tradizionali capanni
da pesca. Uno di questi è intitolato a Giuseppe Garibaldi
in memoria della vicenda storica che vide tale luogo dare
asilo all’Eroe dei due mondi durante la sua fuga dagli Austriaci in queste valli. La Pialassa si può raggiungere attraverso il parcheggio della Cà Vecia, da cui si snodano
itinerari per la pineta di San Vitale o tramite la via delle Valli
e le località di Porto Corsini e Marina Romea. Osservare
l’alba e il tramonto riflettersi sui suoi specchi d’acqua placida è uno spettacolo di rara intensità estetica e spirituale.
Territorio
Incastonata
nella Baia degli Angeli
luca biancini
I n t h e B ay o f A n g els
The many facets of Gabicce Mare
immagini: abriele pontiggia
At the point where the unspoilt northern slopes of Monte San Bartolo overlook
the Gulf of Rimini is a small cove known as Baia degli Angeli, a fittingly evocative
location for the lovely town of Gabicce Mare and its equally lovely beach.
T u t t e l e s f u m a t u r e d i Gab i cc e Ma r e
[6
Dove l’ultimo tratto del Golfo di Rimini bagna le pendici settentrionali dell’incontaminato
Monte San Bartolo si apre la Baia degli Angeli, evocativo nome della spiaggia dorata
su cui si affaccia la deliziosa cittadina di Gabicce Mare.
Benché venga considerata la porta d’accesso a nord delle Marche, Gabicce Mare forma di fatto un’unità culturale
nonché socio-economica con le vicine Cattolica (in provincia di Rimini, vedi ee 34) e Gradara (anch’essa in provincia
di Pesaro-Urbino) venendo usualmente considerata l’ultima località della riviera romagnola. Questo sentimento di
appartenenza è talmente radicato tra i gabiccesi, che dal
2012 la popolazione ha ripetutamente espresso la volontà
di passare anche amministrativamente alla Romagna, seguendo l’esempio dei Comuni dell’Alta Valmarecchia (vedi
ee n. 28). Quella che può dunque essere considerata l’ultima propaggine della costa romagnola, si presenta come
uno scrigno carico di piccoli tesori. Per quanto non particolarmente esteso, il suo territorio contiene infatti numerose peculiarità. Oltre alla sopraccitata spiaggia formata da
sabbia finissima, che digrada in uno specchio di mare
particolarmente limpido, Gabicce è incorniciata dalle falesie e dai sentieri orlati di ginestre del Monte San Bartolo
(vedi ee n. 26). Un’area protetta che, oltre a rappresentare
un salutare polmone verde, offre all’occhio scenari naturali
commoventi: dalla fioritura delle ginestre, alle ampie distese di cannucce di Plinio, fino alle fronde del pino d’Aleppo
per culminare nelle vivide macchie di colore formate dalla
I
Sensi
fioritura del raro lino marittimo. Grazie a una natura così
varia e rigogliosa, Gabicce è un’affermata stazione balneare che attira un turismo legato non solo al suo mare,
ma anche al suo paesaggio. Meta amatissima dai cicloturisti, viene spesso scelta come tappa per raduni di auto
o moto storiche e altre manifestazioni itineranti. Ulteriore
ragione del suo successo è la radicata cultura culinaria
locale, anch’essa sospesa tra Romagna e Marche, specializzata nelle preparazioni di pesce, che sa lusingare
anche i buongustai più esigenti. La morfologia particolare
di questo lembo di territorio permette di abbracciare i diversi ecosistemi che lo compongono in un solo sguardo.
Dalle alture di Gabicce Monte, insediamento collinare precedente a quello costiero, dove il volo degli uccelli di mare
si incrocia con quello dei piccoli rapaci di collina, si può
infatti godere un superbo panorama sull’intero scenario
naturale. Da qui l’alba che sorge dal mare è uno spettacolo sontuoso e, scrutando le acque antistanti la Baia,
c’è ancora chi cerca le particolari ombre sul fondale che
rivelerebbero l’ubicazione di Concha / Crustumium / Valbruna (vedi ee n. 13), presunta arcaica città di possibile
origine greca che sarebbe stata anticamente inghiottita
dai flutti, conosciuta anche come l’Atlantide dell’Adriatico.
di
Romagna
Although it’s technically part of the Marche, Gabicce Mare is now a cultural and socio-economic extension of the neighbouring town of Cattolica
in Rimini province (see ee issue 34), and it’s usually considered as the last resort on the Romagnol riviera. So deeply rooted is their sense of
belonging to Romagna that since 2012 the inhabitants of Gabicce Mare have repeatedly voiced their will to join Romagna in an administrative
sense, following the example of the villages of Alta Valmarecchia (see ee issue 28). Officially or not, this final outpost of the Romagnol littoral
is a small and delightful gem of a town. Although not particularly large, Gabicce Mare is packed with charm. The aforementioned beach of
exceptionally fine sand slopes gently into a sea of crystal-clear water, framed by cliffs and overlooked by the broom-fringed paths of Monte San
Bartolo (see ee issue 26). Gabicce Mare occupies a protected area that isn’t just good for nature: it also offers some wonderful sights, such as
the broom when it’s in flower, the broad expanses of Pliny’s reed, the waving fronds of Aleppo pine and the vivid splotches of colour formed
by the blossom of linum muelleri, a rare form of flax. With all this colourful diversity Gabicce has become a popular seaside resort which
attracts tourists not only for its beach but also its panoramic vistas. It’s also a favourite destination for cyclists and a regular staging point for
vintage automobile and motorcycle rallies and other itinerant events. Another reason for the popularity of Gabicce Mare is its cuisine. Here
too it cultivates a tradition that’s suspended between Romagna and the Marche. Fish dishes feature strongly among the local specialities.
All of the different ecosystems of Gabicce Mare can be appreciated in a single glance. From Gabicce Monte, a hillside village overlooking its
seaside counterpart, the sky teems with seabirds and small birds of prey and the view takes in the whole of this superb natural panorama.
Sunrise over the sea is an unforgettable spectacle, although many people prefer to look out to sea in search of shadows on the seabed that
would reveal the location of Concha/Crustumium/Valbruna (see ee issue 13), an ancient city, possibly of Greek origin, that is believed to have
been swallowed up by the sea many centuries ago, and is commonly referred to as the Atlantis of the Adriatic.
la voce del mare parla all’anima. il tocco del mare è sensuale, avvolge il corpo nel suo soffice, stretto abbraccio.
kate chopin
Territorio
7]
Benvenuti
nella casa riminese
di Eutyches
W elco m e to t h e h o u s e o f Eu t ych es
A Greek doctor who lived 2000 years ago
The richest and most significant collection of ancient surgical instruments ever
uncovered belonged to a 2nd-century physician who lived in what is now the old
town of Rimini.
bernardo moitessieri
immagini: archivio bernardo moitessieri
M e d i co e ll e n i co d i 2 0 0 0 a n n i f a
La più ricca e importante collezione
di strumenti chirurgici antichi mai
ritrovata al mondo apparteneva a un medico
del II secolo d.C. che abitava in quello
che oggi è il centro storico di Rimini.
I resti della sua casa sono stati casualmente rinvenuti nel 1989 durante i lavori di riqualificazione di
piazza Ferrari. Dopo l’affioramento dei primi frammenti è iniziata una campagna di scavi durata 10 anni
che ha riportato alla luce un complesso archeologico di primaria importanza, composto dai resti di un
palazzo tardorepubblicano (V-VI secolo), quelli di un edificio altomedioevale sotto i cui pavimenti riposa
nientemeno che una necropoli e da quella che è stata poi battezzata la Domus del chirurgo. Un tempo
questo edificio doveva affacciarsi sul mare, che allora lambiva la parte settentrionale della città mentre
oggi risulta ritiratosi di oltre un chilometro, ma non era solo la sua posizione a potersi dire privilegiata.
Si trattava infatti di una villa su due piani, i cui muri di argilla poggiavano su zoccoli in muratura.
Superato l’ingresso e il disimpegno si giungeva a un corridoio su un lato del quale si apriva un cortile
interno, mentre sull’altro si succedevano varie stanze. La casa possedeva infatti una sala da pranzo
( triclinium), una camera da letto (cubiculum) e due stanze di soggiorno, la più importante delle quali era
la taberna medica: antesignana degli odierni ambulatori, ove Eutyches svolgeva la sua professione di
medico. In questa stanza troneggia il mosaico di Orfeo tra gli animali e qui è stato ritrovato il tesoro, non
è esagerato definirlo tale, costituito dai suoi ferri chirurgici. La collezione comprende lo strabiliante numero di 150 strumenti e include un pezzo unico al mondo, il Cucchiaio di Diocle: un attrezzo che veniva
utilizzato per estrarre le punte di freccia dalla carne, costituito da un lungo manico di ferro, terminante
ad un’estremità con una lamina a cucchiaio avente al centro un foro, che doveva servire ad estrarre la
I
Sensi
di
Romagna
la cultura storica ha il fine di serbare viva la coscienza che la società umana ha
del proprio passato, cioè del suo presente, cioè di se stessa.
benedetto croce
[8
The remains of his house were discovered by accident in 1989, during restoration of the city’s piazza
Ferrari. Once the first remains had been discovered, a 10-year campaign of excavations unearthed an
archaeological complex of primary importance. It was found to comprise the remains of a tenement
from the late Republican period (5th-6th centuries), and an early medieval building beneath whose
foundations were discovered a necropolis and the house since baptized as the Domus of the Surgeon.
At one point this domus would have overlooked the sea, which at the time reached this far on the
northern side of the city - it has since receded by over a kilometre. But there was more to this house
than its privileged location. It was a two-storey villa, with clay walls raised on masonry foundations.
Its entrance led to a corridor lined on one side by an internal courtyard, with various rooms opening
onto the other side. The domus included a dining room (triclinium), bedroom (cubiculum) and two
reception rooms, the larger of which was the taberna medica: a forerunner of today’s doctor’s surgery,
where Eutyches exercised his profession. This room is dominated by a mosaic showing Orpheus Amidst
the Animals, and it was here the house’s treasure (not too strong a term) was discovered: Eutyches’
collection of surgical instruments. The collection numbers no fewer than 150 instruments and includes
one implement that is globally unique, a “spoon of Diocles” which was used for extracting arrowheads
from the flesh. It comprises a long iron handle terminating at one end with a spoon-shaped blade with
a slit down the middle. Presumably the arrowhead would have been extracted by catching it in this
slit. The total absence of gynaecological instruments suggests that Eutyches may have specialized
in military medicine, exercising his profession during the frequent wars of his time. The remains of
his domus suggest that Eutyches was a man of some refinement, rich and cultured, with the means
to furnish his house tastefully and expensively, without however forgetting the religious element, as
evidenced by a bronze votive figure found in his surgery, dedicated to Jupiter Dolichenus, protector
of soldiers. The ornaments and other particulars uncovered in his house identify Eutyches as a man
of Greek origin, who had probably trained in medicine in the heat of the battlefield. We know his
name because on a wall in the cubiculum is a graffito, probably by one of his recovering patients,
which reads: Eutyches homo bonus. Not only was our Greek surgeon a brave and rich man, he was
also a good man.
La totale assenza di strumenti ginecologici porta a pensare che Eutyches fosse nello specifico un medico militare, abituato a svolgere la sua professione durante le
frequenti guerre. Dalla sua dimora si ricava l’immagine
di un uomo raffinato, amante del bello, ricco e colto,
capace di arredare la sua casa con gusto e larghezza
di mezzi, ma senza dimenticare l’aspetto religioso, testimoniato anche da una mano votiva bronzea, ritrovata
nel suo ambulatorio, dedicata a Giove Dolicheno, protettore dei soldati. Il tipo di ornamenti e altri particolari lo
identificano come proveniente da ambienti ellenici, probabilmente formatosi alla professione medica sui campi di battaglia. Conosciamo il suo nome perché su un
muro del cubiculum compare un’iscrizione, probabilmente opera di un suo paziente qui ricoverato, che recita:
Eutyches homo bonus. Si direbbe dunque che il chirurgo ellenico, oltre che bravo e ricco, fosse anche buono.
Storia
9]
Caveje Cantarene
a raccolta
I so n a n t i “ t o t e m ” d e lla Ro m a g n a
italo graziani – testo raccolto da alessandro antonelli
immagini: archivio museo etnografico “sgurì” di romano segurini, gabriele medri
In tale occasione, grazie all’impegno dello stesso Segurini, della storica Vanda Budini e dell’Associazione Istituto Friedrich Shürr (vedi ee n. 18), 150 pezzi di notevolissimo valore storico ed artistico sono stati “accompagnati” a Savarna
dai loro gelosi proprietari per omaggiare la cultura di quel mondo rurale scomparso cantato in poesia anche da Tonino
Guerra ne I Bu con nostalgiche parole di addio. Per chi non lo sapesse, la caveja (vedi ee n. 15) è un’asta di metallo
che veniva anticamente utilizzata per fissare il timone del giogo dei buoi al carro o all’aratro in modo da consentirne il
traino. Oggi è difficile figurarsene l’utilizzo, ma su questo oggetto di uso comune si sono concentrati nei secoli molti significati, fino a farne il più rappresentativo simbolo della Romagna. La caveja di tutti i giorni però era poco più di un grosso
chiodo di ferro, mente quella della festa, per chi poteva permettersela, rappresentava la famiglia che la possedeva e
sfoggiava forme assai più elaborate. Nel Ravennate era chiamata caveja daglj anël, nel Forlivese caveja cantarena,
mentre nel Faentino era conosciuta come caveja campanêra. Ciò che la distingue sono gli anelli (da 1 a 6) inferiti nella
parte superiore piatta della caveja, detta pagella, che battendo sullo stelo, mentre il carro è in movimento, producono
il caratteristico tintinnio. Proprio a questa tipologia appartengono le caveje radunate al Segurini, che costituiscono una
sorta di cordone ombelicale storico con l’antichissima romanizzazione della Romagna richiamando gli strumenti metallici tintinnanti che venivano usati nelle cerimonie religiose e nei riti precristiani come quelli dedicati a Dioniso. Fino alla
metà del secolo scorso, alla caveja era spesso attribuita anche una funzione magica: veniva, ad esempio, posta sulla
testa di chi si pensava avesse ricevuto il malocchio, si riteneva che il suo suono potesse arrestare la migrazione di uno
sciame di api dall’alveare e si pensava che offrisse indicazioni divinatorie sul sesso dei nascituri. Veniva poi talvolta strofinata con l’aglio e posta sotto il letto delle giovinette per tenere lontano il Mazapegual (folletto dispettoso della tradizione
popolare, vedi ee n. 13). Sulla sua pagella si trovano spesso fregi e decorazioni che richiamano queste funzioni o che
potevano servire a testimoniare l’appartenenza territoriale. Una caveja riccamente decorata possedeva anche un valore
di status symbol e poteva recare lo stemma delle famiglie contadine benestanti, che se ne dotavano per imitare le nobili
casate. Allo scopo di lasciare una traccia di questo breve evento, è stato dato alle stampe un catalogo che raccoglie
le immagini di tutte le caveje riunite al Segurini, dal titolo Caveja Cantarena. Una nuova bibbia del “totem” romagnolo.
[10
11]
Qualche anno fa, solo per due giorni, le più pregiate caveje di tutta la
Romagna si sono ritrovate sotto lo stesso tetto, quello della casa-museo
Romano Segurini di Savarna, in provincia di Ravenna.
Credevo di poter perpetuare la presenza delle persone, di averle accanto a me, conservando i loro ricordi, le loro “cose”, i loro totem.
Joan Didion
I
Sensi
di
Romagna
An exhibition of musical caveje
The tinkling emblems of Romagna
A few years ago, for two days only, the finest caveje of Romagna were
gathered under one roof for an exhibition in the museum of Romano
Segurini in Savarna, Ravenna province.
The exhibition was put together by Segurini, the historian Vanda Budini and the Friedrich Schürr Institute (see ee issue 18) and featured 150
specimens of notable historic and artistic value, all of them personally “escorted” to Savarna by their zealous owners, in tribute to that
vanished rural culture celebrated by poets such as Tonino Guerra in I Bu, a nostalgic farewell to the draft oxen of Romagna. For those not
in the know, a caveja (see ee issue 15) is a metal pole which was formerly used for locking an ox’s yoke to the shaft of the cart or plough it
pulled. Nowadays its purpose is not immediately evident, but over the centuries this everyday object has accrued such symbolic value that it’s
now seen as the most representative emblem of Romagna. The everyday caveja was little more than a big iron pin. But the festive variety, for
those who could afford it, was a rather more ornate version representing the family that owned it. The more elaborate version had different
names across Romagna - in Ravenna province it was known as the caveja daglj anël (anël means “rings”), in Forlì as the caveja cantarena
(cantarena - “singing”), and in Faenza as the caveja campanêra (“bells”). What distinguishes the festive caveja from its workaday equivalent is
the rings (from 1 to as many as 6) suspended from the finial or pagella. These rings knock against the pole while the cart is moving, producing
a characteristic tinkling sound. The caveje on display at the Segurini museum were of this festive variety, and together represented a kind of
historical umbilical cord with the arrival of Roman culture in Romagna, recalling as they do the tinkling metal instruments used in religious
ceremonies and pre-Christian rites such as those dedicated to Dionysus. As late as the mid-20th century, in fact, the caveja was reputed to
have magical powers: it was placed on the forehead of people believed to be afflicted by the evil eye, for example, and its tinkle was thought
to prevent bees from migrating from their hives - and to predict the sex of an unborn child. And to keep the Mazapegual (a malevolent elf from
popular tradition - see ee issue 13) at bay, it was customary to rub a caveja with garlic and place it under the bed of young girls. In addition to
rings, the finial of the caveja would often be decorated with symbols alluding to these magical powers or to its place of provenance. A richlydecorated caveja also had value as a status symbol, and some bore the arms of well-to-do peasant families in emulation of the arms of noble
families. A catalogue with photos of every caveja on show at the Segurini exhibition, Caveja Cantarena, was published to commemorate the
initiative. A new Bible for a uniquely Romagnol icon.
Storia
L a p o e s i a d i F e r r u cc i o B e n zo n i
[12
angelamaria golfarelli
immagini: archivio libri sheiwiller,
gianluca benincasa
allora trattieniti sul mio petto / finché un respiro vi sia spento […]
ferruccio benzoni
Sapevo di sognare
Volendo pensare a Ferruccio Benzoni è quasi impossibile esimersi dal contestualizzare la sua poesia nel luogo
in cui egli è nato e vissuto: Cesenatico. Un luogo che
esprime una poetica e un magnetismo di cui il portocanale vinciano, sul quale si affaccia timida la casa di
Marino Moretti, è il catalizzatore. Qui il mare percorre un
viaggio sinuoso fra le colorate case, un tempo abitate
dai pescatori, impregnando l’aria di un’atmosfera densa
e salmastra, di una dolce e profonda malinconia. Quella melanconia tanto cara a Ferruccio, che da ogni suo
verso trapela ed esulta. Nelle rime di Benzoni Amore e
Morte corrono paralleli, mentre i confini ristretti di una Cesenatico idealizzata sono il non luogo privilegiato ove la
poesia l’assale. Dove le polveri auree delle rimembranze, come viaggi e ritorni, ciclicamente si depositano sui
nuovi orizzonti. La sua prima raccolta di versi, pubblicata
nel 1980, sottolinea fin dal titolo: La casa sul porto, quale
fosse il rapporto con il piccolo mondo semplice del suo
paese. Un microcosmo che egli ambiva scrutare dall’amato molo, con il duplice sguardo della compiaciuta tenerezza e della critica pungente. Un paese la cui ovattata
atmosfera si dimostrò per Benzoni, fin dall’adolescenza,
troppo stringente per la sua inquietudine. S’abbandonò
così ad una vita irregolare che divenne la musa della sua
poesia, impregnata di quella solitudine che lo condurrà
all’autoesclusione. Il paesaggio domestico, in questo
contesto, lo imprigiona ma al tempo stesso lo ripara e
lo protegge da vastità opprimenti. Il soliloquio a cui si
concede diviene la dimensione speculare di se stesso
che la sua poesia, ricca di ornamenti letterari e seducente eleganza stilistica, fonde in un vibrante dualismo.
Da una parte cede all’utopia; dall’altro alla polemica e
alla contestazione, ma rimane sempre fedele alla poesia e a Cesenatico, che continua a vivere delle maree poetiche di Benzoni. Nel 1986 pubblicò una nuova
silloge poetica dal titolo: Notizie dalla solitudine a cui
seguì, nel 1991, Fedi nuziali. Entrambe le raccolte sono
impregnate di un lirismo lineare e denso che in Benzoni
non trasaliva mai nella sdolcinatura, ma che coglieva
con infinita umanità sentimenti remoti quali tenerezza
e compassione. Segnando la sua produzione poetica
di quella fluida spontaneità che attingeva dalle piccole
cose e dalla vera natura dell’essere. Insieme agli amici Walter (Valeri) e Stefano (Simoncelli), nel 1973 fondò
Sul porto, la rivista letteraria espressione di un “collettivo” che in limine si richiamava a una serie di modelli
alquanto eterogenei ma variamente radicati nel milieu
romagnolo (come si legge nel saggio Per Ferruccio
Benzoni: studi e testi ). Era nato il 18 febbraio 1949 e a
soli 48 anni lasciava questa vita, senza renderci del tutto orfani perché la fisica materia dei suoi versi, come
la più preziosa delle eredità, sarà per sempre nostra.
Knowing how to dream
The poetry of Ferruccio Benzoni
There are free places and enchanted places, as Alda Merini wrote in one of her diaries, and
poetry is surely one of these places.
Esistono posti liberi e posti incantati… (citava Alda Merini in uno
dei suoi diari), e di certo la poesia è uno di questi.
I
Sensi
di
Romagna
When we talk of Ferruccio Benzoni, it’s almost impossible to detach his poetry from the place he was born in and lived in all his life: Cesenatico. A place with its own kind of poetry and magnetism, embodied in Leonardo da Vinci’s canal and the humble dwelling of Marino Moretti
overlooking it. In Cesenatico, the sea insinuates itself among the colourful house fronts, once the homes of fishing families, and impregnates
the air with its pungent, saline atmosphere, freighted with a sweet, piercing melancholy. That melancholy that was so dear to Ferruccio, and
which every line of his poetry exudes. The themes of love and death run parallel in Benzoni’s poetry, set against the backdrop of the restricted
confines of an idealized Cesenatico. Where the golden dust of remembrance, like voyages and homecomings, settles on new horizons in everwidening circles. Benzoni’s first collection of poems, published in 1980, contained its message in its title: The House on the Harbour. The
encapsulation of Benzoni’s world, the small, unhurried world of his home town. A microcosm he loved to scrutinize from the water’s edge,
with a gaze that combined a passive tenderness with critical acuity. A town whose cotton-wool placidity proved suffocating for the restless,
adolescent Benzoni. He gave himself up to an irregular life which became the inspiration for his poetry, impregnated with the sense of solitude
that led him to isolate himself from society. His domestic environment was a prison, yet at the same time it sheltered and protected him from
the oppressive vastness of the outside world. The soliloquy he was increasingly drawn into became a mirror of himself, which his poetry, rich
in literary stylings and formal elegance, reflects in a vibrant dualism. One facet of his work is utopian reverie; the other, polemic and protest but always faithful to Cesenatico, whose tidal rhythms seem to reflect the ebb and flow of Benzoni’s poetry. In 1986 Benzoni published a new
collection of poems, News from Solitude. This was followed in 1991 by Wedding Rings. Both collections are imbued with the dense, linear lyricism that in Benzoni never becomes sickly-sweet, but captures elusive feelings like tenderness and compassion with an infinitely human touch.
His entire poetic output is marked by that fluid spontaneity that penetrated insignificant things and the true nature of being. In 1973, with
his friends Walter (Valeri) and Stefano (Simoncelli), Benzoni founded Sul porto, a literary review which in the words of an essay on Ferruccio
Benzoni was the “expression of a ‘collective’ which styled on a series of models as heterogeneous as they were deeply rooted in the Romagnol
milieu”. Born on 18 February 1949, Ferruccio Benzoni was only 48 when he died. He hasn’t left us orphans, though, for the material physicality
of his verses, his most precious bequest to us, will always be ours.
Passioni
13]
alessandro antonelli
immagini: archivio vyrus
Crazy genius
The Vyrus that infected Tom Cruise
Everyone knows the best motorcycle racers come from Romagna, but not everyone is aware that
this region of mutòr (as the motorcycle is known in the dialect) enthusiasts also produces some
of the fastest, most powerful and technologically advanced motorcycles to grace our roads.
[14
One motorcycle manufacturer that contributes to the truth of that statement, the eloquently-named Vyrus, is located in Cerasolo Ausa in the
province of Rimini. Don’t go looking for a flashy mega-factory, though: the company’s founder and driving force, Ascanio Rodorigo, does not
even call his plant a factory but rather a workshop where the precision of the most advanced digitally-controlled technology operates at the
service of a skilled manufacturing team. Using the most advanced components on the market, the Vyrus team assemble every motorcycle by
hand. These are the lightest motorcycles ever made, and possibly the easiest to ride. Vyrus was founded in 2002 and is therefore a newcomer
to the world of motorcycle manufacturing. Its roots reach back to the late 1960s, however, with the creation of Bimota, a motorcycle
manufacturer founded by Valerio Bianchi, Giuseppe Morri and Massimo Tamburini, the three men responsible for much of the global fame of
Italian-made motorcycles. In the 1990s, Ascanio Rodorigo was a motor mechanic with Bimota and participated in the Tesi project, an initiative
whose origins lay in the doctoral thesis of the engineer Pierluigi Marconi. The project resulted in the Tesi 1D prototype, the first motorcycle
to feature a front-wheel swinging arm approved for road use. When Bimota went bankrupt in 2001, Ascanio set up his own company, Vyrus
Divisione Motori, where he further developed the Tesi prototype under his own brand, ARP (Ascanio Rodorigo Preparazioni). With the buyout
of Bimota, the patent for the revolutionary front suspension developed for the Tesi project was considered not to be commercially viable, and
the technology was shelved. Ascanio had always believed in its potential, however. Having assembled a new team, in just three months he had
put together a new prototype, entirely built by hand on the basis of the original Tesi prototype. The new bike was unveiled in January 2002
with the name Vyrus 984 C3 2V. With a Ducati 991 cc engine, the first official Vyrus motorcycle sported an omega chassis and a front swinging
arm suspension directly articulated with the chassis in place of the conventional front forks, with extensive use of composite materials and
an unusually high proportion of solid components. The reception was so enthusiastic that Rodorigo decided to put the Vyrus into production.
What in 1985 was just a small workshop now became a fully-fledged motorcycle factory with the declared objective of producing motorcycles
built to the highest technological standards for an elite clientele: for very few people can afford a Vyrus, and not many have the skill it takes
to master all the horsepower the Vyrus delivers.
Lucida follia
tecnologica
15]
L a V y r u s c h e h a co n t a g i a t o a n c h e To m C r u i s e
Tutto il mondo riconosce che dalla Romagna provengono i migliori piloti di
motociclismo, ma non tutti sanno che in questa terra devota a e’ mutòr (definizione
dialettale della motocicletta) nascono anche alcuni dei bolidi a due ruote più
avanzati, potenti e veloci che poggino gomma sull’asfalto stradale.
Una delle Case motociclistiche che contribuisce alla verità di questa affermazione porta l’eloquente nome di Vyrus ed
ha sede a Cerasolo Ausa, in provincia di Rimini. Non aspettatevi un pomposo mega-stabilimento, il suo fondatore e
“propulsore” Ascanio Rodorigo non la considera nemmeno una fabbrica, bensì una bottega dove la perizia manuale
degli addetti viene equiparata alla precisione dei più moderni macchinari a controllo numerico. Le loro mani però maneggiano la componentistica più pregiata ed avanzata oggi disponibile per assemblare artigianalmente le motociclette più leggere che mai uomo abbia guidato e forse anche le più maneggevoli. La storia della Vyrus come azienda
autonoma è piuttosto recente e risale al 2002, ma attinge a piene mani da un’epopea di molto tempo prima, quella
che vide iniziare a Rimini nella seconda metà degli anni Sessanta il primo corso della Casa motociclistica Bimota,
fondata da Valerio Bianchi, Giuseppe Morri e Massimo Tamburini, tre nomi a cui si deve buona parte dell’attuale fama
delle motociclette made in Italy nel mondo. Negli anni Novanta, Ascanio Rodorigo era uno dei tecnici che in Bimota
ha partecipato al progetto Tesi, nato dalla tesi di laurea dell’ingegnere Pierluigi Marconi che portò allo sviluppo del
modello Tesi 1D, prima moto dotata di forcellone anteriore omologato per l’uso stradale. Quando nel 2001 l’Azienda
fallì, Ascanio continuò con la Vyrus Divisione Motori a sviluppare autonomamente tramite il marchio ARP (Ascanio Rodorigo Preparazioni) il Progetto Tesi. Con il rilevamento di Bimota, il brevetto rivoluzionario della sospensione anteriore
della Tesi non fu considerato commercialmente interessante e venne accantonato. Ascanio, che aveva invece sempre creduto nelle sue potenzialità riuscì a creare un team di lavoro e in soli tre mesi assemblò un nuovo prototipo interamente costruito a mano sulla base del progetto Tesi, che presentò nel gennaio 2002 con il nome di Vyrus 984 C3 2V.
I
Sensi
di
Romagna
quando john guarda la motocicletta, non vede che pezzi di acciaio che gli ispirano sentimenti negativi, e così “spegne”. io sto guardando gli
stessi pezzi d’acciaio e vedo idee. john pensa che io stia lavorando su pezzi del motore, invece sto lavorando su dei concetti.
robert m. pirsig
Passioni
The Vyrus has been produced in various models since its inception. First came the Vyrus 984 C3 4V, launched in 2005 with a Ducati Testastretta
999 cc 150 HP engine, followed by the Vyrus 985 C3 4V in 2006 and the Vyrus 987 C3 4V, unveiled to the public in 2009. Three versions of this
latest bike, Supercharged, R and Standard, are currently in production. Innovative solutions sometimes lead to new models which were not
devised at the drawing board but are instead the result of the experience acquired in continuous track testing of the prototypes by the Vyrus
R&D team. If it’s a short step from the idea to the realization, this is partly due to the multidisciplinary background of Ascanio and many of his
mechanics, who can analyse the performance of a new motorcycle from all kinds of aspects (such as structure, materials, and hardware and
software components). One example is the push-rod suspension system, which evenly spreads the load between the two arms to eliminate
the stresses that typically affect the moving parts in conventional motorcycles. The Vyrus is currently the only motorcycle with zero offset
and steering angle of 18°, front wheel trail of 80 mm and wheelbase of 1350 mm with a very high centre of gravity. Certain of these metrics
would spell disaster for a conventional racing bike, but in the Vyrus they add up to exceptional handling and response without affecting
stability and roadholding. The Vyrus packs so much design and technology that it’s even been used in a Hollywood film: The Book Of Eli,
directed by Albert and Allen Hughes and set in a post-apocalyptic future. In one scene, the leading actor, Denzel Washington, visits a museum
dedicated to the most advanced technology of the 21st century. The storyboard included a shot of a motorcycle, and the bike chosen was a
Vyrus. Sadly, this scene never made the final cut of the film. But the Vyrus evidently has its fans in Hollywood, for actor Tom Cruise recently
declared in an interview for a popular motorcycle TV show that he was a great admirer of the bike and the proud owner of a fully-customized
Vyrus specially tailored to his own bodily measurements. Rodorigo Ascanio has always aimed high in his target clientele for the Vyrus, after all.
I
Sensi
di
Romagna
17]
hai mai notato che chiunque vada più lento di te è un idiota,
ma chiunque vada più veloce è un pazzo?
george carlin
[16
Equipaggiata con motore Ducati di 991 centimetri cubi, la prima Vyrus ufficiale sfoggiava orgogliosamente il suo telaio
ad omega, l’assenza di forcella anteriore (sostituita da un forcellone incernierato direttamente al telaio), l’uso massiccio
di materiali compositi e un notevole numero di parti meccaniche tornite e fresate dal pieno, scatenando un’ondata di
consensi che convinse Rodorigo a dare inizio all’attuale avventura imprenditoriale di Vyrus. Quello che nel 1985 era
solo un piccolo laboratorio artigianale divenne così una vera Casa motociclistica con l’obiettivo dichiarato di produrre
moto che esprimano il massimo livello tecnologico oggi raggiungibile destinate ad una clientela estremamente elitaria,
sia dal punto di vista della preparazione necessaria per domare tutti i cavalli che le Vyrus riescono ad erogare sia
per il non esiguo prezzo di listino. Le principali tappe che Vyrus ha percorso lungo questo solco finora sono state la
Vyrus 984 C3 4V, presentata nel 2005, che sfrutta il propulsore Ducati Testastretta 999 da 150 cavalli, la Vyrus 985 C3
4V nel 2006 e finalmente, nel 2009, è stata svelata al pubblico la versione Vyrus 987 C3 4V, nelle tre motorizzazioni:
Supercharged, R e Standard attualmente in produzione. Le soluzioni innovative che finiscono di volta in volta in dotazione
ai nuovi modelli non sono studiate a tavolino, ma sono il frutto dell’esperienza ricavata dai continui collaudi effettuati
in pista sui prototipi da parte del Team Ricerca e Sviluppo di Vyrus. Dalla semplice intuizione alla realizzazione il
passo è breve, grazie anche alla preparazione multidisciplinare di Ascanio e di molti dei suoi tecnici, che sono in
grado di osservare i progressi o i problemi di una nuova moto sotto i molteplici aspetti coinvolti (struttura, materiali,
componenti hardware e software). Ne sono un esempio le sospensioni Push-Rod, che distribuiscono simmetricamente
le forze in parti uguali su due bracci, annullando le torsioni tipiche degli organi in movimento nei normali motocicli.
Ad oggi le moto Vyrus sono le uniche a vantare una misura di offset pari a zero e un angolo di sterzo di 18 °, il valore
di avancorsa di 80 mm e un interasse di 1350 mm abbinato a un baricentro molto alto. Alcuni di questi parametri
metterebbero in crisi una moto sportiva tradizionale, ma in una Vyrus si traducono in alta maneggevolezza e reattività
lasciando però la moto ben stabile e facilmente direzionabile. Il design e la tecnologia della Casa riminese sono talmente
all’avanguardia che una moto Vyrus è stata persino filmata in una produzione hollywoodiana: Codice: Genesi, dei registi
Albert ed Allen Hughes, ambientata in un ipotetico futuro post-apocalittico. Nella scena che la riguarda, il protagonista,
Denzel Washington, visita un museo ove sono conservate le migliori tecnologie del XXI secolo. Lo storyboard prevedeva
le riprese davanti ad una moto in grado di rappresentarle ed è stata scelta proprio una Vyrus. Purtroppo la scena non
è stata inclusa nel montaggio finale del film. Evidentemente la Vyrus attrae Hollywood, perché anche Tom Cruise ha
dichiarato, durante un’intervista rilasciata in un popolare programma televisivo dedicato ai motori, di essere orgoglioso
possessore di una Vyrus completamente customizzata “sartorialmente” sulle sue misure corporee e di ammirarne le
originalissime peculiarità. Che sia un esempio di quello che Rodorigo Ascanio intende per target adeguato alla moto?
Passioni
In a corner of Romagna, between the hills overlooking
Cesena and the Adriatic Sea, is a place that makes
shoes that can turn the heads of women all over the
world.
Il d i s t r e t t o r o m a g n olo
d e lla sca r pa d a so g n o
In un angolo di Romagna sospeso tra le colline
cesenati e il Mare Adriatico nascono scarpe capaci
di far girare la testa alle donne di tutto il mondo.
alessio nelli
immagini: archivio alessio nelli
[18
La zona di cui stiamo parlando è il distretto calzaturiero di
San Mauro Pascoli, anche se in questo caso presentarlo
semplicemente come “distretto” suona riduttivo. Per
creare dal nulla un’area produttiva specializzata, infatti,
sono sufficienti le adeguate infrastrutture e l’adesione
di una o più realtà industriali, mentre qui la cultura della
Scarpa si respira da centinaia d’anni. In questo luogo,
architettonicamente rappresentato da Villa Torlonia, ove
crebbe uno dei maggiori poeti italiani: Giovanni Pascoli,
circondato da castelli e ville settecentesche, risiedeva
anticamente una nobiltà di campagna legata alla cultura
e all’arte. Secondo la documentazione esistente, qui nel
1600 i ciabattini operanti erano solo in quattro, ma tra il
1830 e il 1900, a San Mauro furono in molti a scegliere
questa professione per “sbarcare il lunario”. Con l’inizio
del Novecento si compie un passo avanti significativo
nella produzione passando alla confezione completa
delle calzature, che vengono poi vendute nei mercati
di paese. Nel 1901 nasce una comunità strutturata di
produttori, che si dota addirittura di una bandiera. Con il
sopraggiungere del primo conflitto mondiale, sono molti
i ciabattini sammauresi che ottengono la qualifica di
Fornitori dei commissariati militari con esonero di leva, uno
status che invoglia numerosi giovani a sposare questa
professione. Anche con la Seconda Guerra Mondiale
I
Sensi
verranno rinnovate le commesse militari e a San Mauro si
fanno gli scarponi per gli Alpini. Il passaggio al sistema
industriale inizia nel 1939 grazie a un fondo stanziato dallo
stesso Mussolini, passata la guerra però ne rimangono
solo le macerie e sarà grazie all’impulso dell’industriale
bolognese Montanari, subito seguito dalle famiglie
sammauresi Pollini, Mazzotti, Paganelli e Zoffoli, se
l’attività del distretto riprenderà, cominciando ad ampliare
i propri mercati. Con il boom economico degli anni
Cinquanta i laboratori diverranno stabilimenti, il mercato
diventerà quello nazionale e nasceranno i brand che
tuttora rappresentano il distretto (Casadei, Pollini, Sergio
Rossi, Zamagni…). Gli anni Sessanta sono quelli della
consacrazione, in cui la regina del Distretto: la scarpa da
donna diviene uno dei simboli del Made in Italy in Europa,
nei due decenni successivi lo stile sofisticato delle
creazioni romagnole si evolve ulteriormente, contribuendo
a portare la calzatura italiana al rango di prima nel
mondo. Anche gli stilisti di grido scelgono di far realizzare
le proprie creazioni in questo distretto, ormai orientato su
prodotti di lusso, frutto di ricerca, stile e materie prime di
assoluta qualità. Una scelta che porta oggi le scarpe da
sogno nate in questo lembo di Romagna a comparire sui
maggiori magazine di moda e ad essere calzate dalle
stelle di prima grandezza dello show-business mondiale.
di
Romagna
The area we’re talking about is the shoe-making district of San Mauro
Pascoli, although to describe it as a “district” is somewhat reductive.
Infrastructure and capital can be put in place almost overnight, but
shoemaking has been part of the local culture for hundreds of years.
Architecturally, the pride of San Mauro Pascoli is Villa Torlonia, childhood
home of one of Italy’s greatest poets, Giovanni Pascoli. All around the
town are castles and 18th-century villas, formerly the homes of a rural
nobility with close ties to the world of culture and the arts. According
to existing records, in 1600 there were only four cobblers in San Mauro.
However, in the period between 1830 and 1900 the profession expanded
as many turned to it out of economic expediency. In the early 20th
century the town made an important step in the development of its
shoemaking industry when it actually began making shoes, which were
then sold in local markets. A shoemakers’ guild, complete with its own
banner, was formed here in 1901. With the advent of the First World War,
many of San Mauro’s shoemakers won official appointments as suppliers
to the military. Since these appointments exempted the shoemakers from
military service, many young men took up the profession. The same thing
happened during the Second World War, when the shoemakers of San
Mauro supplied footwear to Italy’s elite Alpini corps. The transition to
industrial production began in 1939 with the help of a fund endowed
by Mussolini himself. By the end of the war, however, the nascent
industry was in ruins. It was thanks to the impulse given by a Bolognese
industrialist, Montanari, and taken up by local families including the
Pollini, Mazzotti, Paganelli and Zoffoli, that the shoemaking industry
began to recover and expand its markets. With the economic boom of the
1950s, small workshops grew into factories which increasingly catered to
the national market, and the brands which even today are emblematic
of the San Mauro shoemaking industry (Casadei, Pollini, Sergio Rossi,
Zamagni etc.) were born. The 1960s were a period of consolidation,
and the footwear for which San Mauro has become famous - women’s
shoes - attained iconic status throughout Europe as symbols of Made in
Italy excellence. In the two decades that followed, the sophisticated
elegance of San Mauro footwear evolved further, raising Italian footwear
to among the best in the world. Even famous fashion designers have
their creations produced in San Mauro, whose shoe industry is now
resolutely upmarket and predicated on research, style, and raw
materials of the absolutely highest quality. It’s an orientation which has
put the shoes made in this corner of Romagna in the world’s ritziest
boutiques and on the feet of the leading showbusiness stars worldwide.
Passioni
sotto al sole non c’è persona più infelice del feticista che brama una scarpa da donna e deve accontentarsi di una femmina intera.
karl kraus
Talento
sammaurese
San Mauro Pascoli
Romagna’s dream shoe district
19]
possiamo vivere senza la poesia, la musica e l’arte; possiamo vivere senza la coscienza, e vivere senza cuore;
possiamo vivere senza amici; possiamo vivere senza libri; ma la gente civilizzata non può vivere senza cuochi.
lord owen meredith
Teverini cuisine
L o c h e f s t e lla t o
d i B a g n o d i Ro m a g n a
alba pirini
immagini: archivio paolo teverini
[20
Sono molte le bellezze naturali dell’Appennino Tosco-Romagnolo ad attirare su
queste pendici turisti da ogni dove: paesaggi seducenti, fonti termali, aria
purissima... Oltre a tali attrattive potremmo citarne una di diversa natura ma
non meno preziosa: la cucina di Paolo Teverini.
Il suo “habitat” è Bagno di Romagna (vedi ee n. 14), stazione termale abbarbicata sulla dorsale appenninica tra i 339 e i
1500 metri di altezza, nel cuore della Romagna-Toscana, distribuito prevalentemente nella valle del Savio. Un luogo eletto
dal punto di vista naturalistico in quanto parte del suo territorio è ricompreso nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi,
all’interno del quale è presente pure la pregiata Riserva Naturale Integrale di Sasso Fratino. Qui l’aria è finissima e, come
piace ricordare a Teverini, i sapori sono più veri, anche perché è più facile assaporarli data l’assenza di contaminazioni
involontarie. Eletto miglior allievo nel settore cucina per l’anno 1970 della locale Scuola Alberghiera ha collezionato una
serie di esperienze in diverse località italiane, ma il suo cuore è sempre stato a Bagno di Romagna dove è tornato per
diventare lo chef responsabile dell’Hotel Tosco Romagnolo e dal 1986, anno in cui è stato insignito dell’onorificenza
di Cavaliere della Repubblica per i meriti nell’ambito dell’ospitalità, anche del suo omonimo ristorante. La stampa
specializzata ha sempre dimostrato attenzione nei suoi confronti, fin da tempi in cui la gastronomia non aveva ancora
raggiunto l’odierno status di cultura di massa. Il successo acquisito negli anni, la stella Michelin che gli è stata assegnata,
i numerosi premi del Gambero Rosso, gli alti punteggi attribuitigli sulle guide gastronomiche e le recensioni positive che gli
sono state dedicate non hanno modificato di un centimetro l’approccio alla cucina di un cuoco che preferisce rimanere
lontano dai riflettori del kitchen-business, ma vicino al gusto delle pietanze. Il legame tra la cucina di Teverini e la terra
in cui si esprime è quanto mai saldo. La sua visione proviene infatti direttamente dalla tradizione locale e si fonda su
una profonda conoscenza delle materie prime di eccezionale qualità che offre, sulle lavorazioni che attraversano e sui
metodi di cottura più salutari per cucinarle. Oltre al tartufo, che nelle sue varietà viene raccolto quasi tutto l’anno su queste
pendici, uno degli ingredienti rappresentativi di tale approccio è il gambero di fiume; in carta ci sono sempre almeno
due piatti dedicati al raro crostaceo d’acqua dolce che si trova ancora frequentemente nei corsi d’acqua di queste zone.
I
Sensi
di
Romagna
Te verini cuisine
The Michelin-starred chef of Bagno di Romagna
The stretch of the Apennines that divides Tuscany from Romagna is an area of great natural beauty,
with all kinds of attractions for tourists: stunning scenery, spas, exceptionally pure air, and so
on. It has another attraction that’s a little less known but no less precious:
the cooking of Paolo Teverini.
Teverini’s stamping ground is Bagno di Romagna (see ee issue 14), a spa town nestled in
the mountains at altitudes ranging between 339 and 1500 metres and mainly occupying
the valley of the river Savio. It’s an exceptionally unspoilt place and part of the Foreste
Casentinesi national park, which also contains the famous Sasso Fratino nature reserve.
The air here is very pure, and as Teverini likes to point out, flavours are truer too, not least
because they’ve been untouched by involuntary contamination. Paolo Teverini was voted
1970 chef of the year in his local catering college, and went on to acquire experience in
a number of restaurants up and down Italy. But his heart has always belonged to Bagno
di Romagna, where in 1986 he returned as head chef at the Hotel Tosco Romagnolo. The
same year, he received the Order of Merit of the Italian Republic for his services to the
hospitality sector. Teverini has always been a favourite with the catering industry media,
even before the age of celebrity chefs and gastronomy as a mass consumption commodity.
Yet a Michelin-starred restaurant, a string of awards from Gambero Rosso, consistently high
scores in restaurant guides and universal acclaim from the critics have not in the slightest
shifted the approach to cooking of a chef who prefers to keep his distance from the glitz
of to remain in touch with the food he loves. The bond between Teverini’s cooking and the
place in which it finds expression is more solid than ever. His vision comes directly from the local culinary tradition and is based on a profound
knowledge of the ingredients used in this tradition: their quality, preparation and the healthiest way of cooking them. Various kinds of truffle
can be found almost all year round in the hillsides overlooking Bagno di Romagna. One of the most emblematic ingredients of the local cuisine
is the crayfish, and Teverini’s menu always features at least two dishes dedicated to this rare freshwater crustacean which is still frequently
found in local rivers and streams. Local fruits such as chestnut, quince and crab apple, cocomerina pear (see ee issue 34) feature strongly too.
Teverini’s wild blackberry sauce, made from blackberries he picks himself, is famous. Teverini is especially demanding - you might almost say
philosophical - with regard to meat. Mere quality isn’t enough: it must be sourced from small farms where the animal has lived a quiet life, as
if its state of contentment somehow infuses the flavour of its meat.
Enogastronomia
21]
un buon cuoco è un dono peculiare degli dei. egli dev’essere una creatura perfetta
dal cervello al palato, dal palato alla punta delle dita.
walter savage landor
[22
Anche i frutti autoctoni, come castagne, mele cotogne o selvatiche, pere cocomerine (vedi ee n. 34) vengono
ampiamente valorizzati, celebre è poi la salsa di more di bosco, che Teverini raccoglie personalmente. Sulle carni lo
chef di Bagno di Romagna è particolarmente esigente, fino a diventare quasi filosofico: non basta che sia di dimostrata
qualità, ma deve preferibilmente provenire da piccoli allevamenti in cui l’animale abbia attraversato un’esistenza
serena, come se il suo stato d’animo in vita potesse in qualche modo trasferirsi a coloro che ne assaggeranno le carni.
Questo versante dell’Appennino è storicamente vocato all’allevamento degli ovini e da ciò deriva una radicata cultura
della trasformazione del latte in formaggi, particolarmente ricotta e pecorino, che compaiono anch’essi tra gli ingredienti
preferiti da Teverini. In ossequio, poi, alla natura termale di Bagno, spesso meta di coloro che vengono a ritemprare la
propria salute, in cucina Paolo presta estrema attenzione all’eliminazione dei grassi cotti, al controllo delle calorie ed
è maestro nelle tecniche di cottura atte a preservare gli elementi nutrienti contenuti nel cibo. Il tutto naturalmente senza
sacrificare il gusto, che rimane il principale biglietto da visita di Teverini, come suggeriscono piatti quali l’uovo ai tartufi
bianchi con bruschetta al rigatino di Grigio del Casentino, i cubetti di pasta fresca cucinati come un risotto con lepre,
salsa salmì e zucca o la spalla di cervo brasata al Sangiovese con polenta e verza croccante in padella. A Paolo piace
giocare sui contrasti e passare dai sapori delicati a quelli decisi, come dalla sogliola al vapore allo stracotto di cervo, dal
morbido al croccante, dal dolce all’amaro, spesso inserendo nel piatto una punta di acidità per sottolineare le alternanze
dei sapori. Non sorprende quindi sentirlo formulare il suo accostamento preferito tra la cucina e la musica jazz, in cui
non esistono regole, ma precise formule di improvvisazione che permettono d’esprimere la massima creatività di un
ensemble. Abbondante creatività viene infusa da Teverini anche nella formulazione dei menu, veri percorsi gastronomici
I
Sensi
di
Romagna
Historically, this part of the Apennines is known for
sheep farming, which explains the local cheesemaking
tradition. Ricotta and pecorino are widely produced,
and these too feature strongly on Teverini’s menu.
In deference to Bagno’s vocation as a spa town where
tourists come to “take the waters” and restore their
health, Paolo is particularly careful to eliminate cooked
fats from his dishes, keep the calorie count down and use
cooking techniques which best preserve the nutrients
contained in the ingredients. All without sacrificing
flavour, of course, as flavour is Paolo Teverini’s real
speciality: as evidenced in signature dishes such as
egg with white truffles served with bruschetta topped
with Grigio del Casentino bacon, fresh pasta cubes
cooked risotto-fashion with hare, salmì and pumpkin, or
shoulder of venison braised in Sangiovese wine, served
with crispy savoy cabbage and polenta. Teverini enjoys
experimenting with contrasts, serving delicate then
pronounced flavours (steamed sole followed by venison
stew, for instance), or soft then crunchy, or sweet then
bitter, and enjoys adding a touch of acidity to his dishes
to bring out the contrast of flavours. It’s no surprise,
then, to hear Teverini compare cooking with jazz - there
are no rules, but rather improvisational talent which brings out the best in every ensemble - of musicians, or ingredients. Teverini also puts
creative flair into the formulation of his menus, each of which is a gastronomic voyage through tradition and modernity with dishes that
“embody” the moods and culinary culture of a chef who still has the ability to get excited about food, to learn and experiment, despite his
long experience. Which perhaps explains why he still manages to surprise even his most assiduous patrons. Teverini’s wine cellar is a fitting
testament to his passion for good food and drink. It’s an Aladdin’s Cave of marvels, and here too Teverini manages to surprise: not only
“horizontally” (a vast selection of wines from all over the world, particularly Italy and France) but also “vertically” (with some extremely rare
and aged wines). Teverini’s wine list is universally considered one of the best in the whole of Italy, and recently won him the Prophet in His
Own Land award at the 2015 Romagna Wine Festival. But none of this is enough to make Teverini rest on his laurels. He’s a tireless promoter
of Bagno di Romagna and the good things it has to offer, and has come to be seen as something of an ambassador for his home town. For the
rapport between a region and the cuisine which is an expression of that region should never be unilateral.
che accompagnano l’ospite in un solco ricavato tra tradizione ed
avanguardia segnato da preparazioni capaci di “incarnare” gli stati
d’animo e la cultura enogastronomica di uno chef che nonostante
la sua lunga esperienza è sempre pronto ad emozionarsi, ad
imparare e a sperimentare. Forse proprio per questo riesce tuttora a
sorprendere anche i suoi clienti più affezionati. Ideale compendio di
cotanta dedizione è la cantina di Teverini, un antro delle meraviglie
che colpisce sia “orizzontalmente” grazie alla sconfinata scelta di
etichette provenienti da tutto il mondo, particolarmente dall’Italia e
dalla Francia, nonché “verticalmente” per l’importanza e la rarità
dei vini di lungo invecchiamento che conserva. La carta dei vini di
Teverini è universalmente considerata una delle più complete del Bel
Paese e gli ha recentemente fruttato anche il premio Profeta in patria
2015 del Romagna Wine Festival. Ben lungi dal riposarsi sui propri
allori, Teverini profonde notevole impegno anche nella promozione
e tutela del suo territorio, di cui viene considerato autorevole
ambasciatore, con la consapevolezza che il rapporto tra una terra e
la cucina che ne è espressione non debba essere solo unilaterale.
Enogastronomia
23]
Andrea Bragagni
U n “ b i a n c h i s t a ” n e lla t e r r a d e i v i n i r oss i
Rigogolo _ Ravenna Bianco IGP _ Uve/Grapes 100% Albana
Questa notevole Albana in purezza attraversa un affinamento in legno per almeno 10 mesi e viene distribuita
esclusivamente in magnum. Il suo colore dorato particolarmente luminoso con riflessi ambrati annuncia un vino
fuori dai canoni. Offre grande complessità al naso e tra le molte note olfattive si distingue una intrigante fragranza
ossidativa. Secco, equilibrato ed elegante, si rivela in bocca caldo e morbido. La sua buona succosità e piacevole
rotondità non fanno pesare l’alta gradazione di questo bianco, che si chiude al palato con un retrogusto minerale.
Accompagna piacevolmente i sapori freschi, come quelli dei formaggi a pasta molle. Temperatura di servizio 12 °C.
Made exclusively from Albana grapes, Rigogolo is cask-aged for at least 10 months and sold only in magnum format.
An exceptional wine with a notably luminous colour shot through with amber highlights. A complex wine with an
exceptionally wide bouquet with an intriguing note of oxidation. Dry, well-balanced and elegant, it’s warm and soft
in the mouth. A juicy, pleasantly-rounded white that’s stronger than it feels, with a dry, mineral finish. Drinks well
with fresh flavours like soft cheese. Serving temperature 12 °C.
Gheppio _ Ravenna Bianco IGP _ Uve/Grapes 100% Trebbiano
Siamo tutti mortali fino al primo bacio e al secondo bicchiere di vino.
Eduardo Galeano
Benché la DOC del Trebbiano sia stata assegnata all’Abruzzo, questo vitigno vanta una radicata tradizione
in Romagna. L’interpretazione che ne dà Bragagni affina in legno per 10 mesi, si presenta con un colore giallo
paglierino non eccessivamente carico e già al naso rivela un’insolita gamma di aromi, a tratti anche pungenti, che
divide gli animi. Il suo gusto fresco ma ricco di accenti organolettici particolari o si ama o si odia. Chi lo ama può
abbinarlo ad esempio con piatti a base di pesce azzurro. Temperatura di servizio 10 °C.
Although Trebbiano grapes only have DOC status in Abruzzo, they have always been widely grown in Romagna. The
Bragagni interpretation is cask-aged for 10 months. The colour is straw-yellow but not too heavy, and on the nose
it reveals an unusual spectrum of often-pungent aromas that isn’t to everyone’s taste. Its fresh but rich flavour
is something you love or hate. If you love it, you’ll love it even more with oily fish. Serving temperature 10 °C.
Casa i Frati _ Ravenna Rosso IGP _ Uve/Grapes 100% Sangiovese
In cantina, il Sangiovese di Bragagni resta a macerare per un periodo compreso tra i 28 e i 35 giorni, prima di essere
fatto affinare in tonneau per almeno un anno. Anche in questo rosso si nota la propensione ai bianchi di Bragagni,
che si riconosce non tanto al naso, cui si dimostra piuttosto carico, né dal grado generalmente elevato, quanto
dal colore non particolarmente intenso e soprattutto nei freschi toni agrumati che svela al palato. La sua acidità
spiccata, caratterizzata da note saline, ne fa un buon compagno per le saporite zuppe di pesce. Temperatura di
servizio 18 °C.
This Sangiovese is left on the skins for four to five weeks before transfer to barrels, where it’s aged for at least a
year. This is a red wine that betrays Bragagni’s propensity for whites. Not so much on the nose, which is quite heavy,
or the high alcohol content, but in the pale colour and above all the fresh citrus tones which unfold on the palate.
Notably acid with salty notes, this is a wine that goes well with flavourful fish soups. Serving temperature 18 °C.
[24
carlo zauli
immagini: archivio andrea bragagni
Nella Romagna, terra da sempre vocata ai vini rossi, se non addirittura “neri”, su cui sventola il
vessillo del Sangiovese, c’è anche chi punta con competenza sui bianchi.
Andre a Bragagni
A “white man” in a land of reds
È il caso di Andrea Bragagni, che dal 1998 conduce con passione insieme alla moglie Valeria la Cantina che porta
il suo nome, i cui 15 ettari, dei quali tre vitati, si trovano a monte del borgo medievale di Brisighella (in provincia di
Ravenna), zona oramai considerata uno dei grandi “cru” della Romagna. Per la precisione in località Fognano, ad
un’altitudine di circa 350 m slm. Un microclima favorevole, la felice esposizione a nord-est e un terreno a medio
impasto sabbioso sul quale è presente roccia fragile e sedimentaria di natura calcarea denominata Galestro,
insieme alla cintura boschiva che circonda le vigne, sono le caratteristiche distintive che Bragagni mette in campo
concentrando la sua attenzione unicamente sulle varietà autoctone della Romagna più autentica, come Trebbiano,
Sangiovese e Albana, nonché sulla riscoperta di vitigni dimenticati come il Famoso, di cui esiste un piccolo impianto
dal quale ricava poche centinaia di bottiglie di Bubo Bubo. Dietro alla genuina modestia di Andrea troviamo una
filosofia produttiva che mette al centro l’equilibrio originario del territorio in ossequio ai principi della biodinamica
e si traduce nel minimo intervento e massima valorizzazione delle annate. Nessuna concimazione chimica,
trattamenti portati avanti esclusivamente con zolfo e rame, oltre a una bassa resa per ceppo (40/50 q/ha), sono i
semplici dettami ispirati all’ancestrale sapienza contadina dalla cui applicazione nascono i vini di questa Cantina.
One such grower is Andrea Bragagni, who has been running the estate which now bears their name together
with his wife, Valeria, since 1998. Its 15 hectares - 3 of them planted - overlook the medieval village of
Brisighella (Ravenna province), a zone now recognized as one of the best wine-growing districts in Romagna.
More precisely, we’re in Fognano, at a height of 350 m above sea level. A favourable microclimate, northeast facing slopes, medium-textured, sandy soil that’s richly larded with galestro, a friable, sedimentary
rock composed of marl and limestone, and the wooded belt that encloses the vineyards are the key
characteristics of the Bragagni’s estate. Only the most authentic Romagnol grape varieties are grown here,
like Trebbiano, Sangiovese and Albana. But there’s also room for “forgotten” varieties such as Famoso,
to which a small section of the estate is dedicated and which yields a few hundred bottles of Bubo Bubo
every year. Andrea Bragagni is a genuinely modest man driven by a philosophy that places an emphasis
on the natural equilibrium of the terroir at the service of biodynamic principles. Which in practice means
minimum intervention and making the very most of every harvest. No chemical fertilizers are used, and
treatment of the vines is confined to sulphur and copper. Yield per vine is low (4000-5000 kg per hectare).
Simple principles based on time-honoured wisdom.
I
Sensi
di
Romagna
When it comes to wine, Romagna’s colours have always been red - or even darker, if we
consider the black Sangiovese grapes that make its most emblematic wine. But some growers
are producing some excellent whites.
Enogastronomia
25]
BEYOND SURFACE
AU DELA DE LA SURFACE
P r ol i f i co a r t i s t a n e oclass i co
manlio rastoni
immagini: archivio manlio rastoni
[28
Caso unico in tutto il panorama artistico italiano dell’Ottocento,
Basoli durante la sua vita riuscì a creare un impressionante numero
di opere: oltre 11 000.
Colui che oggi è ricordato come uno degli
indiscussi protagonisti di quel particolare
periodo artistico-culturale che prendendo
le mosse dallo slancio Neoclassico contribuì a dar forma ad una rivoluzionaria sensibilità romantica in Europa, nacque il 18
aprile del 1774 a Castel Guelfo. Un piccolissimo centro posto a una decina di chilometri da Imola, in una fascia di territorio
amministrativamente legata a Bologna,
ma adiacente a quello che la “geografia
dei sentimenti” identifica come il vero confine tra l’Emilia
e la Romagna. Pittore, decoratore d’interni, scenografo
ed incisore di eccelso talento, fu iniziato alle arti visive dal
padre, Lelio Andrea Basoli. Il suo immaginario pittorico
si plasma sui canoni dell’arte e della letteratura classica,
che conferiranno via via al suo stile riferimenti particolarmente eruditi. Nello specifico viene fortemente influenzato
I
Sensi
dall’opera dell’incisore ed architetto Giovanni Battista Piranesi. Operò per lungo tempo,
insieme ai suoi fratelli Luigi e Francesco, in
ambito teatrale come scenografo, decoratore e disegnatore di sipari. A Bologna lavorò per il Comunale e per gli antichi teatri,
oggi scomparsi, Marsigli Rossi e Contavalli.
Dei suoi esordi rimane oggi solo qualche
studio di scenografia, mentre l’imponente
produzione di disegni, acquerelli ed incisioni, tra cui le acquatinte di varie scene teatrali, realizzate a partire dal 1821, ben documenta la fase
successiva. Intorno a questa data il pittore raggiunge la
sua massima maturità, grazie anche all’ispirazione che
trasse dallo stile di Alessandro Sanquirico, il più famoso
tra gli scenografi operanti alla Scala di Milano all’inizio
del XIX secolo. Tra gli esiti più celebri di questo prolifico periodo: la scenografia dell’ Edipo re al Contavalli nel
di
Romagna
il vero artista non ha nessuna superbia: purtroppo egli vede che l’arte non ha confini. oscuramente sente quanto egli
sia lungi dalla mèta, e forse, mentre è ammirato dagli altri, in se stesso si corruccia di non essere ancora giunto là
dove il suo genio migliore gli splende innanzi come un sole, lontano.
ludwig van beethoven
Antonio Basoli
Antonio Basoli
A prolific neoclassical artist
A unique case in 19th-century Italian art, Antonio Basoli produced over 11,000 works over the course
of his career.
He’s now remembered as one of the leading protagonists of that peculiar phase in the arts and culture that took its cue from the Neoclassical
movement and gave form to a revolutionary new sensibility, Romanticism. Basoli was born on 18 April 1774 in Castel Guelfo, a tiny village
about ten kilometres outside Imola. Administratively, Castel Guelfo falls under the jurisdiction of Bologna, but in terms of “emotional geography” it’s still on the Romagna, not Emilia, side of the frontier. A gifted painter, interior decorator, scenographer and engraver, Basoli was
initiated in the visual arts by his father, Lelio Andrea Basoli. His pictorial imagination was influenced by classical art and literature, and his
style gradually became more and more erudite in its references. He was especially influenced by the work of the engraver and architect Giovanni Battista Piranesi. Basoli spent a large portion of his career working alongside his brothers Luigi and Francesco in the theatre as a scenographer, decorator and curtain designer. In Bologna, he worked for the Comunale and two theatres which have now disappeared, the Marsigli
Rossi and the Contavalli. Only a few sketches for his stage designs have survived. But many of his drawings, watercolours and engravings,
among them aquatints of various stage designs produced from 1821 onwards, are still with us. It was around this date that Basoli entered his
creative prime, and a decisive influence in this phase of his career was Alessandro Sanquirico, the most famous of the stage designers working
in La Scala in Milan in the early 19th century. Among Basoli’s most famous works from this exceptionally prolific period are his backdrops for
a production of Oedipus Rex at the Contavalli, from 1822, the representation of Semiramis from 1820, and his paintings for the stage and
auditorium of Teatro dei Cavalieri dell’Unione in Santarcangelo di Romagna. Besides his decors for the Palazzo Hercolani in Bologna, the vast
output of this prolific artist is mainly preserved in macro-collections. Basoli was rediscovered by the Italian general public a few decades ago
when the publishing house of Longanesi used the letters from his Pictorial Alphabet as dropcaps for a 1981 Italian-language edition of German
author Michael Ende’s masterpiece, The Never-Ending Story. The full title of Basoli’s pictorial alphabet is Pictorial alphabet, or a collection
of pictorial fantasies comprised of objects in the form of letters of the alphabet. It was first published in 1839 and numbers 25 exceptionally
refined lithographs showing imaginary works of architecture in the form of letters. Together these letters form not only an alphabet but also
a summation of the aesthetic universe of Basoli.
29]
1822, la rappresentazione di Semiramide riconosciuta nel
1820 e infine la pittura delle scene e del Teatro dei Cavalieri dell’Unione di Santarcangelo di Romagna. Oltre
ad alcune decorazioni d’interni contenute in Palazzo Hercolani a Bologna, i numerosissimi lavori dell’Artista sono
per lo più contenuti in macro-raccolte. Qualche decennio
fa Basoli è stato riscoperto in patria dal grande pubblico grazie alla scelta dell’editore Longanesi di utilizzare
le opere che compongono il suo Alfabeto pittorico come
capilettera per la traduzione italiana del capolavoro dello
scrittore tedesco Michael Ende: La storia infinita, uscito in
Italia nel 1981. Tale raccolta, il cui titolo per esteso è: Alfabeto pittorico, ossia raccolta di pensieri pittorici composti
di oggetti comincianti dalle singole lettere alfabetiche fu
originariamente pubblicata nel 1839 e contiene 25 raffinatissime litografie che raffigurano architetture impossibili
in forma di lettere. Nel loro insieme si può dire che rappresentino i tasselli dell’universo estetico concepito da Basoli.
Arte
nulla si sa, tutto si immagina.
federico fellini
Diario di sognatore
Il L i b r o d e i S o g n i
d i F e d e r i co F e ll i n i
tommaso attendelli
immagini: archivio christoph schifferli,
federico fellini
A dreamer’s diary
Federico Fellini’s Book of Dreams
As a long-distance traveller in the world of dreams, the great Fellini had the habit of recording
his dreams and nightmares in sketches in a voluminous diary.
Da frequentatore di lungo corso del mondo onirico, il grande Fellini era solito registrare
in forma di bozzetti i suoi sogni ed incubi notturni su un voluminoso diario.
He got the idea of keeping a dream diary from the Jungian psychologist Bernhard, whom he met in 1960. The two men became friends and
met in a series of psychoanalytical sessions, during one of which Bernhard advised his friend to keep a record of his dreams, even if in the
form of drawings. Fellini took his friend’s advice and began to regularly make sketches of the images and atmospheres he experienced in his
dreams. The sketches thus recorded became an inexhaustible source of inspiration for his films. The sketches are vividly-coloured: Fellini
affectionately referred to them as “scribblings” to emphasize the hurried, disarticulated nature of their execution. The aesthetic quality of
these “scribblings” should come as no surprise to us, however, for Fellini had been a gifted illustrator and cartoonist before becoming a film
director. As a boy he had drawn caricatures on the beach (see ee issue 19) and while still attending secondary school in 1938 began to work
for various magazines: La Domenica del Corriere (which published some of his cartoons in its regular Postcards from the Public feature) and,
especially, the weekly political satire magazine Il 420. Fellini’s passion for drawing is also in evidence in the storyboards which he himself
prepared for his films, and which included graphic representations of costumes and characters. The result is a rich and diverse voyage through
the imagination of a modern genius, a precious contribution to scholarship on the film-maker’s creative experience and the philological and
textual analysis of Fellini’s artistic output. Fellini’s Book of Dreams comprises some 400 tableaux which offer us a key to the origins of the
creative genius of Rimini’s finest son. When examined together with his film output they unveil the subconscious mind of the director - and by
extension, of the whole world - to the public eye. The dream sketches were published in book form in a joint initiative by the Fellini Foundation
in Rimini, with each drawing accompanied by an introductory text by Tullio Kezich and elucidatory notes by Vincenzo Mollica, both experts
in the oeuvre of Fellini and close friends of the great man. The Book of Dreams was published in China last year. The original dream diary,
consisting of two albums, is on permanent display in Rimini’s Museo della Città. Each album is kept in its own display case, but a multimedia
terminal allows us to browse the diary in two different versions: the anastatic edition of Rizzoli and its digital counterpart by Guaraldi. If the
subconscious is the mare magnum from which the visionary talent of Fellini took its inspiration to mettre en scène the Human Condition, then
the Book of Dreams may be considered the nautical chart by which the great director navigated.
L’idea di redigerlo fu suggerita dallo psicanalista junghiano Bernhard che il Maestro conobbe nel 1960. Tra loro nacque una fertile amicizia che sfociò in una durevole serie d’incontri di natura psicanalitica durante uno dei quali Bernhard consigliò all’amico di trascrivere, anche eventualmente sotto forma di disegni, i suoi sogni. Fellini accolse tale
suggerimento e fino al 1982 fissò con regolarità sulle pagine del diario immagini ed atmosfere da lui vissute in sogno,
trasformandolo in un’insostituibile fonte d’ispirazione per i suoi film. Lo stile delle raffigurazioni è quello di coloratissimi
bozzetti, che il Regista definiva affettuosamente segnacci per sottolinearne la genesi affrettata e “sgrammaticata”.
La qualità estetica del suo segno non deve stupire, prima di divenire un consacrato maestro della settima arte, Fellini
fu infatti un apprezzato vignettista e disegnatore. Cominciò da ragazzino a vergare caricature in spiaggia (vedi ee n.
19) e già nel 1938, mentre ancora frequentava il Liceo, iniziò a collaborare con alcune riviste: La Domenica del Corriere (che pubblicò qualche sua vignetta nella rubrica Cartoline dal pubblico) e soprattutto il settimanale politico-satirico
Il 420. La passione di Fellini per il disegno si riscontra pure negli storyboard che egli stesso preparava per i suoi film
e nei quali includeva anche la rappresentazione grafica di costumi e personaggi. Il risultato di cotanta felliniana fatica
è un variopinto viaggio nell’iperuranio della fantasia di un genio moderno, prezioso contributo allo studio della sua
esperienza creativa che è stato esaminato anche da un gruppo di studiosi ed esperti per trarne un’analisi filologica e
testuale dell’opera artistica felliniana. Le circa 400 tavole che compongono il Libro sono forse la chiave per individuare i passaggi della genesi creativa del genio di Rimini, che nel reciproco climax tra disegno e pellicola permettono
all’inconscio del Regista, e per estensione a quello umano, di svelarsi all’occhio del pubblico. Per divulgarla è stato
edito un libro, pubblicato in collaborazione con la fu Fondazione Fellini di Rimini, in cui le tavole illustrate sono precedute dall’introduzione di Tullio Kezich e seguite da una nota di Vincenzo Mollica, massimi esperti e amici personali del
Maestro. Poco più di un anno fa il libro è stato pubblicato anche in Cina, mentre l’originale, suddiviso in due album,
è esposto in mostra permanente al Museo della Città di Rimini. I volumi sono conservati e protetti in due teche, ma in
una postazione interattiva si può sfogliare l’edizione anastatica di Rizzoli, o quella digitale di Guaraldi. Se l’inconscio
è dunque il mare magnum a cui il talento visionario di Fellini ha attinto per mettere in scena l’Uomo, il Libro dei Sogni
potrebbe essere considerato il portolano attraverso cui il grande regista tentava di orientarvisi.
[30
I
Sensi
di
Romagna
Arte
31]
[0 4] TERRITORIO
PI A L A S S A DE L L A B A I O N A _ l a l a g u n a d e i p ra t i s a l m a s t r i
PI A L A S S A DE L L A B A I O N A _ a s a l t wa te r l a g o o n
IN C A STO N ATA NE L L A B A I A DEG L I A NGE L I _ t u t te l e s f u m a t u re d i g a b i cce m a re
IN THE B AY O F A NGE LS _ t h e m a n y fa ce t s o f g a b i cce m a re
Periodico edito da
Cerindustries SpA
4 8 0 14 C a s t e l B o l o g n e s e ( R A ) IT A LY
v i a E m i l i a Po n e n te, 10 0 0
w w w.c e r d o m u s .c o m
Direttore responsabile
Raf faella Agostini
Direttore editoriale
Luca Biancini
Progetto
Carlo Zauli
Luca Biancini
Grafica e impaginazione
Laura Zavalloni – Cambiamenti
per Direzione immagine Cerdomus
[08] STORIA
Coordinamento editoriale
Alessandro Antonelli
B EN V ENUTI NEL L A CA S A RIMINESE DI EUTYCHES _ medico ellenico di 2 0 0 0 anni fa
WELCOME TO THE HOUSE OF EUTYCHES _ a greek doctor who lived 20 0 0 years ago
C AV EJE C A NTA RENE A R ACCO LTA _ i s o n a n t i “ to te m” d e l l a ro m a g n a
A N EXHI B ITI O N O F MU S I C A L C AV EJE _ t h e t i n k l i n g e m b l e ms o f ro m a g n a
[1 2] PASSIO NI
[32
S A PE VO DI S O GN A RE _ l a p o esi a d i fe r r u cci o b e n zo n i
K N OW ING H OW TO DRE A M _ t h e p o e t r y o f fe r r u cci o b e n zo n i
LU CIDA FO L L I A TECN O LO GI C A _ l a v y r us ch e h a co n ta g i a to a n ch e to m cr u is e
CR A Z Y GENIU S _ t h e v y r us t h a t i n fe c te d to m cr u is e
TA L ENTO S A MM AURES E _ i l d is t re t to ro m a g n o l o d e l l a s ca r p a d a s o g n o
S A N M AUR O PA S CO L I _ ro m a g n a’s d re a m s h o e d is t r i c t
[20] EN OGASTRO N O MIA
TE V ERINI CUI S INE _ l o ch e f s te l l a to d i b a g n o d i ro m a g n a
TE V ERINI CUI S INE _ t h e m i ch e l i n - s ta r re d ch e f o f b a g n o d i ro m a g n a
A NDRE A B R AGAGNI _ u n “ b i a n ch is ta” n e l l a te r ra d e i v i n i ro s si
A NDRE A B R AGAGNI _ a “ w h i te m a n” i n a l a n d o f re ds
Redazione
To m m a s o A t t e n d e l l i
Franco De Pisis
A ngelamaria Golfarelli
Italo Graziani
Bernardo Moitessieri
Alessio Nelli
Alba Pirini
Manlio Rastoni
Carlo Zauli
Foto
Archivio Alessio Nelli
Archivio Andrea Bragagni
Archivio Bernardo Moitessieri
A rchivio Christoph Schif ferli
A rchivio Famiglia Benzoni
Archivio Libri Sheiwiller
Archivio Manlio Rastoni
Archivio Museo Etnografico “Sgurì” di Romano Segurini
A r c h i v i o P a o l o Te v e r i n i
Archivio Vyrus
Geri Bacchilega
Gianluca Benincasa
Gabriele Medri
Gabriele Pontiggia
Si ringraziano
Geri Bacchilega
Andrea Bragagni
Museo Etnografico “Sgurì” di Romano Segurini
G a i a Te v e r i n i
P a o l o Te v e r i n i
V y r u s s . r. l .
Si ringrazia per la preziosa collaborazione
Maddalena Becca / Direzione immagine Cerdomus
Tr a d u z i o n i
Tr a d u c o , L u g o
©Cerindustries
SpA
Tu t t i i d i r i t t i r i s e r v a t i
A u t o r i z z a z i o n e d e l Tr i b u n a l e d i R a v e n n a
n r. 117 3 d e l 1 9 / 12 / 2 0 0 1 ( c o n v a r i a z i o n e i s c r i t t a i n d a t a
11 / 0 5 / 2 0 1 0 )
[28] ARTE
A NTO NI O B A S O L I _ p ro l i f i co a r t is ta n e o cl as si co
A NTO NI O B A S O L I _ a p ro l i f i c n e o cl as si ca l a r t is t
DI A RI O DI S O GN ATO RE _ i l l i b ro d e i s o g n i d i fe d e r i co fe l l i n i
A DRE A MER ’ S DI A RY _ fe d e r i co fe l l i n i’s b o o k o f d re a ms
I
Sensi
di
Romagna