giosuè carducci e annie vivanti: la dimensione dell` incontro

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giosuè carducci e annie vivanti: la dimensione dell` incontro
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FRONTIERA DI PAGINE
POESIA CONTEMPORANEA
GIOSUÈ CARDUCCI E ANNIE VIVANTI:
LA DIMENSIONE DELL’ INCONTRO
DI ANDREA GALGANO
http://polopsicodinamiche.forumattivo.com
Prato, 31 Ottobre 2011
Contessa, cos'è mai la vita?
E' l'ombra di un sogno fuggente,
La favola breve è finita,
Il vero immortale è l'amor.
Giosuè Carducci, Jaufré Rudel, 1988
I IL
5 dicembre 1889 arrivò in via del Piombo 4 a Bologna, nella casa del più
acclamato poeta d’Italia e professore universitario Giosuè Carducci, la lettera
di una donna di ventitre anni (o meglio così scriveva di avere) dalla vita
‘orfana’ sotto ogni profilo, Annie Vivanti che, con spirito umoristico (basti pensare
all’incipit “Audaces fortuna iuvat”), chiede udienza per conoscere il Vate e sottoporgli una
raccolta di versi. Richiesta rischiosa data la naturale ritrosia di Carducci ad essere
divoratore di poetesse: «Signorina, Nel mio codice poetico c’è questo articolo: - Ai preti e
alle donne è vietato far versi. – Per i preti no, ma per Lei l’ho abrogato» e poco più avanti
ne loda «la immediatezza della rappresentazione» e «la verginità dell’espressione»
La risposta fu immediata e così anche l’incontro a cui seguì la stampa, per il temibile
editore Treves della silloge della Vivanti, dal titolo sempliceLirica voluta da Carducci, con
prefazione stessa del poeta che poi ottenne numerose ristampe e critiche quasi sempre
favorevoli.
Nel 1890 i due si rincontrano e divampò una passione amorosa, e mentre lui fu in procinto
di partire per La Spezia scrisse questi versi, mentre appuntava date, nomi ed eventi: «Batto
la chiusa imposta con un ramicello di fiori / glauchi ed azzurri, come i tuoi occhi, o Annie»
Scrive Anna Folli: “Annie Vivanti è una singolare fisionomia di fanciulla: cosmopolita e
girovaga, di ingegno potente e di scarsa educazione letteraria; i suoi sentimenti sinceri sono
l’amarezza e lo sconforto, combattuti con audacia, esibiti con ironia; l’amore della vita è la
sua forz
Dopo un avvio pieno di passione, e i pettegolezzi, poco presi in considerazione da
Carducci, la storia inizia ad avere un volto, nelle vacanze alpine, tanto care al poeta
Inizia un fittissimo e fortunatamente recuperato carteggio tra l’Orco, l’affettuoso nome dato
al suo “Signore” come veniva definito e Annie
Un andirivieni di sentimenti, di crisi, di strani rapporti e poi di ardori spenti e amicizia che
si assesta. Lei scrive: «Quando voglio parlare, c’è Carducci che mi sta a sentire; quando
voglio essere adorata, c’è Carducci che mi adora»
A Londra nell’aprile del ‘92 Annie, dopo rapporti anche di natura saffica, sposò John
Chartre, importante avvocato irlandese, dal quale avrà Vivien; Carducci entrerà, in questa
famiglia allargata, come una sorta di figura aurorale, che amerà i virtuosismi e «l’italiano
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II anglicizzato» della figlia di Annie, che presto diventerà una grande violinista apprezzata, e
giocherà a briscola e scopone, sua altra passione, con il marito
I due non si vedranno più da soli, il loro ultimo incontro sarà nel 1902 tra Spluga e
Madesimo, sua meta abituale. Lì in quel 1890 lei aveva piantato con «le sue leggiadre mani
un pino rivolto a mezzodì»
La fortuna di Annie Vivanti si affermò anche oltreoceano come autrice di teatro di
successo, dopo il clamoroso fiasco a Bologna e avendo, invano, tentato di proporre i suoi
scritti alla Duse e alla Gramatica
Una personalità esuberante quella di Annie Vivanti, scandalosa nel senso più vero del
termine, piena di eccessi e di ombre, famoso a tal senso, il duello che coinvolse anche suo
fratello Italo per la scoperta di un intrigo amoroso di lei
L’intimità tra i due, che espose il ritroso poeta anche alla visibilità, si nutre di luoghi e
paesaggi: dalla crociera nel golfo del naufragio di Shelley, fino alla visita a Giuseppe Verdi
o alle passeggiate sulle Alpi Retiche
III Non c’è fedeltà al Poeta. C’è un raro tumulto di passioni e abbassamenti di tono.
L’ossequioso “Voi” di lei, al “Tu” quasi filiale di lui. Una devozione che finisce
nell’amicizia e nella difesa per il Nobel, che sarà poi consegnato a Carducci nel 1906
In quell’ Elegia del Monte Spluga del 1898 l’amore, fatto di citazioni mitologiche, di
temperie classica, nutre la celebrazione di un luogo e di una presenza e soprattutto di un
ricordo che colma e ferisce il vuoto
È diventata la sorella delle Fate incoronate di quercia, che inquisiscono quell’ “Orco
umano” al quale chiedono se l’ha divorata. Ella vive ancora e palpita nelle vene, sedendo
nella mente, assalita dalla solitudine e dalla paura: «Sali, dice il poeta, tu fiera sovrana, e
co’l lampo/ de’tuoi belli occhi spirami gloria e amore»
Annie Vivanti scrisse nel maggio 1906 il suo Giosuè Carducci: «Non dimenticheremo mai
l’addio che ci deste nel crepuscolo lassù a Madesimo. Noi traversammo il ponte e Voi
tornaste indietro, solo. La Vostra figura è scolpita solitaria e grande nel mio cuore e in
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quello di mia figlia. E penso che è una grande felicità l’averVi conosciuto ed amato. Penso
anche che di là di un altro ponte – dopo un altro crepuscolo – noi ci ritroveremo ancora. È
certo. Addio, diletto Signore. Stringo le vostre care mani». (Londra, 14 novembre 1902).
Le vicende di Annie dopo la morte del Poeta nel 1907, saranno dolorose e tragiche, fino al
suicidio della figlia. Sulla sua tomba però, come un lampo acceso, ci sono quei versi che
hanno ritratto in maniera immortale e memorabile un incontro di anime, cresciute sotto la
solennità fragile della poesia: «Batto la chiusa imposta …»
[Spezia] Sera 25/IV 189
Vi rivedo dunque. Grazie. Siete bello, siete superbamente bello ed io Vi adoro. Come avete
la bocca ostinata, che stuona colla ispirata serenità dello sguardo! Gli occhi guardano
l’altezza conquistata, e la bocca dice: Ancora. Non basta, Giosuè Carducci? Perché dice
ancora: Voglio la vostra bocca? Ed agli altri non volete lasciar nulla che l’ira di non
poterVi seguire? O dite, Voi felice arrivato, o v’è posto anche per altri lassù, vicino alla
Gloria? Non sono più triste, non sono più cattiva, ed è aperto a Voi il mio cuore, e Vi ama,
Vi ama! EccoVi la mia bocca da baciare. Annie
(Lettera da La Spezia a Roma. Sulla busta: “A Giosue Carducci | Roma | via Farini - 40 -)
Bologna, 16 maggio 190
Annie,
Sono percosso. Scrivo poche righe a stento col lapis. E la parola non è del tutto e sempre
libera. Al male fisico aggiungi il morale. La mia figlia maggiore è rimasta vedova. L’ho
raccolta con i cinque figliuoli presso di me. Ed eccomi a capo d’una famiglia ora che
speravo di riposare. Il corpo è valido, e ora più sempre l’ingegno. Vieni, ti rivedrò
volentieri. Spargerai un po’ di letizia intorno a me. Quanti dolci e vivi e furiosi pensieri
d’una volta! Ma ora non potrei bastonar più. Vivien è bellissima. Ha un gattino in
grembo? Che bella capigliatura! Il giugno lo passerò sur una collina di Romagna, presso
Cesena
Addio di cuore, in pienezza di pensier
Addio, addio
GiosueCarducci
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IV G. Carducci, Elegia del monte Spluga
Redazione in pulito dei vv. 1-12 dal fascicolo
V contenente stesure diverse, talune fitte di correzioni e varianti, della poesia edita
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