Enzo Faraoni ricorda il sabotaggio al treno tedesco

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Enzo Faraoni ricorda il sabotaggio al treno tedesco
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Enzo Faraoni ricorda il sabotaggio al treno tedesco
Quella notte l'11 giugno 1944 "Sa cosa le dico: da quel giorno io non ho
più avuto simpatia per Carmignano e Poggio alla Malva, benché ci sia stato bene
quando ero ragazzo". Uno dei motivi è il dolore certo, per gli amici persi: ma anche
e soprattutto perché subito dopo la guerra comunisti e democristiani cercarono
ognuno di mettere il cappello sul gruppo partigiano di Bogardo Buricchi e il
sabotaggio ai treni tedeschi carichi di esplosivo della Nobel. Ognuno lo voleva suo.
"Tutti opportunisti e egoisti. E invece noi eravamo completamente spoliticizzati ed
indipendenti".
Enzo Faraoni, che certo non dimostra i suoi 93 anni, pittore e poi professore
all'Accademia delle Belle arti di Firenze, è uno dei due superstiti ancora in vita del
sabotaggio dell'11 giugno 1944, quando otto vagoni di tritolo con cui i tedeschi
volevano forse far saltare in aria Prato (o forse altre città) furono fatti esplodere.
Sono passati 69 anni ed Enzo Faraoni conserva ancora una grande memoria di
quella notte e di quei giorni. Ce lo racconta a maggio del 2013 dalla casa sulle
colline fiorentine che guardano l'Impruneta, la Certosa e il Galluzzo, dove vive.
"Eravamo giovani ? dice ? e probabilmente, avevano ragione, anche un po'
incoscienti e ingenui. Facevamo cose pericolose: potevamo morire. Ario (Ariodante
Naldi ndr) e Alighiero (Alighiero Buricchi) si arrampicavano su per i pali del telegrafo
a tagliare i fili come fossero lucertole. Ma si divertivano come fosse Carnevale". "Ci
hanno anche accusato di essere incompetenti ? aggiunge ? Il piano non fu
improvvisato: ma nessuno sa alla guerra".
Originario della provincia della Spezia, sul Montalbano Faraoni era arrivato con il
padre capostazione, prima a Montelupo e poi alla stazione di Carmignano sotto
Poggio alla Malva. E fu lì, chiacchierando con Bogardo Buricchi, entrambi ventenni,
chiusi nello studiolo dove lui dipingeva e Bogardo scriveva poesie, con i vagoni
carichi di tritolo che passavano ogni settimana, che nacque l'idea del sabotaggio.
Degli otto giovani partigiani quattro morirono: Bogardo ed Alighiero Buricchi,
Ariodante Naldi e Bruno Spinelli. Ci fu un problema con l'innesco: la seconda miccia
forse non si accese subito, perdendo secondi importanti. Altri quattro si salvarono:
Enzo Faraoni appunto, Lido Sardi (l'altro superstite ancora in vita nel momento di
questa intervista, ma scomparso a febbraio del 2015 ndr ), Ruffo del Guerra e Mario
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"Vidi due lunghe gambe che saltarono giù dal treno: penso che fossero di Ario
(Ariodante Naldi ndr) ? ricorda ? poi la vampata". Faraoni si salvò nonostante fosse
stato investito dall'onda d'urto, perché scaraventato oltre la salita in una
depressione del terreno. "Le esplosioni continuarono per più di mezzo minuto: una
reazione a catena ? racconta ? La cenere diventava pasta appiccicosa, faceva un
gran caldo e i cappelli si arruffavano ..."
Con una gamba malconcia Enzo Faraoni risalì fino alla casa dove era sfollato, a
Poggilarca,nel paese di Poggio alla Malva. Temeva perquisizioni e retate. Così, con
l'aiuto del pittore Ottone Rosai, dopo qualche giorno scappò a Firenze a bordo di
una carro funebre: l'unico mezzo non requisito e con benzina che ci fosse. Ma i
tedeschi non fecero retate. "Si limitarono ad interrogare due o tre ragazzi che erano
sospettati di attività eversive ? dice ? La popolazione di Carmignano in fondo era
sempre stata tranquilla. E alla fine anche per loro andava bene così e la chiusero lì.
(w.f.)