Trattamento riabilitativo delle lesioni del femore per il

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Trattamento riabilitativo delle lesioni del femore per il
EUR MED PHYS 2008;44(Suppl. 1 to No. 3)
Trattamento riabilitativo delle lesioni del femore per il recupero
all’attività fisica e relazionale
e del rischio da immobilizzazione dell’anziano
F. TROÌA
Introduzione
La immobilizzazione con assenza di ogni attività fisica e la stessa
postura in scarico orizzontale del corpo a letto determinano alterazioni anatomo-funzionali dei piu’ svariati organi ed apparati,che nel
loro insieme costituiscono la sindrome da immobilizzazione.Oggi è
più frequente riscontrare lesioni ossee e ligamentose del tratto bacino –femore in soggetti osteoporotici ed anziani. Questo perché tale
condizione attualmente pretende ed ottiene un impegno fisico ed
energetico di alto livello. In particolare si è riscontrata una maggiore
incidenza di traumi fratturativi con meccanismo lesionale da caduta
sia nella marcia comune che da livellamenti o da scale. Escludendo
le lesioni gravi politraumatizzanti da precipitazione quasi tutte le
altre lesioni necessitano di riparazione chirurgica con successiva
immobilizzazione e nel successivo decorso post-chirurgico sarà
necessario impostare un trattamento rieducativi che abbia come
obiettivo il recupero più completo e rapido dell’ anziano.
Materiali e metodi
In uno studio si è cercato di determinare se una strategia riabilitativa indirizzata sia alla modifica del deficit fisico, sia alla disabilità
nella gestione delle A.D.L, porti a un miglioramento del recupero
funzionale e delle funzioni sociali dopo frattura di anca. Più specificatamente, verificare se la strategia definita dagli Autori “Systematic
Multicomponent Rehabilitation” (SMR) determini un miglioramento
funzionale dei risultati in rapporto al trattamento riabilitativo convenzionale (UC) in soggetti non affetti da altre patologie specie neurologiche , ritornati alla vita comunitaria dopo frattura di femore.
Dopo l’intervento chirurgico alcuni di essi sono stati dimessi al proprio domicilio, altri in struttura riabilitativa per sub-acuti. Mediante
randomizzazione sono stati assegnati 156 pazienti al programma riabilitativo convenzionale (UC) e 148 al systematic multicomponent
rehabilitation (SMR). I pazienti selezionati per la SMR ricevettero sia
terapia volta al recupero del tono- trofismo muscolare, equilibrio,
alla rieducazione nei passaggi posturali,alla deambulazione e possibilità di salire le scale, sia terapia funzionale, basata sui principi della terapia occupazionale, compresa la osservazione della capacità di
esecuzione di attività quali la gestione della medicazione,l’ igiene
orale, l’ alimentazione, la toilette, il vestirsi, il preparare la cena o il
pranzo, le attività di lavanderia e delle pulizie domestiche in genere,
della possibilità di fare shopping.
Valutazione
Prima di valutare o trattare una frattura di femore, l’operatore
extraospedaliero deve effettuare le valutazioni e i trattamenti relativi
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Direzione Sanitaria Centro Medico Legale INAIL, Matera
a tutte le lesioni pericolose per la vita del paziente, incluso il trattamento dell’eventuale emorragia associata alla frattura stessa.
Dato che le fratture di femore sono tipicamente associate con un
trauma importante, occorre prima cercare e trattare eventuali lesioni
al cranio, al torace e all’addome, mantenendo ed assicurando l’immobilizzazione del rachide cervicale, quando necessario.
Fatto questo, si inizia la valutazione del femore con un’ispezione
visiva, cercando deformità aperte e chiuse della coscia e localizzando gonfiori con formazione di ematomi nel sito della sospetta frattura.
Occorre rilevare quindi il colore e la temperatura della cute,
tenendo a mente che questi parametri possono non essere attendibili quando il paziente è esposto a temperature molto rigide.
Valutare la circolazione distale alla lesione, cercando il polso
pedidio dorsale e tibiale; la presenza di questi polsi indicherà circolazione arteriosa a valle della frattura. Comparare le pulsazioni rilevate nell’estremità lesionata con l’altra estremità: se la pienezza del
polso è diversa un esame Doppler o a ultrasuoni, tipicamente effettuato in ambiente ospedaliero, potrà confermare quanto rilevato.
Trattamento
Generalmente, in ambito preospedaliero, le fratture appendicolari
sono bloccate nella posizione di reperimento, a meno che non siano
notate compromissioni neurovascolari. Nelle fratture di femore, invece, il trattamento standard preospedaliero prevede che la gamba sia
posizionata nella sua posizione anatomica e che venga applicata una
trazione.
La grande massa muscolare della coscia complica le fratture di
femore in quanto il muscolo tende a contrarsi, spingendo le due
estremità del femore fratturato l’una contro l’altra fino alla loro
sovrapposizione. Questo può portare al danneggiamento del tessuto
interno della coscia, ad emorragie estensive e ad un dolore molto
intenso per il paziente. L’immobilizzazione con il trazionatore aiuta il
riallineamento del femore fratturato, limita i danni interni e allevia il
dolore al paziente. Anche se non siete certi che il vostro paziente
abbia una frattura di femore, se si presenta una coscia dolorante,
gonfia o deformata, potete comunque presupporre questo tipo di
lesione.
EUROPA MEDICOPHYSICA
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TROÌA
TRATTAMENTO RIABILITATIVO DELLE LESIONI DEL FEMORE PER IL RECUPERO ALL’ATTIVITÀ FISICA E RELAZIONALE E DEL RISCHIO...
Tale riabilitazione domiciliare, generalmente, consiste di numerosi esercizi di “rinforzo muscolare”, esercizi per la deambulazione,
passaggi posturali, equilibrio e coordinazione, tutti amministrati dal
terapista,così come sono amministrati gli specifici componenti carichi da applicare e l’ intensità dell’ esercizio.. Sebbene sia spesso fornita l’ assistenza per la gestione delle A.D.L .(attività della vita quotidiana), la maggior parte di questi pazienti riceve una rieducazione
limitata a quelle funzioni che appartengono alla cura di sé, come
vestirsi e lavarsi e, praticamente nessuna rieducazione per l’ attività
della gestione domestica da parte, per esempio, di terapisti occupazionali.
Programma Riabilitativo
Abbiamo attuato anche una preparazione pre-operatoria quando
le condizioni del soggetto e il suo grado di collaborazione lo hanno
permesso, mantenendo un’adeguata funzionalità respiratoria ed attivando i distretti articolari sani al fine di mantenere un buon tono
muscolare; il contatto con il terapista è inoltre rassicurante soprattutto in queste persone anziane che con la frattura passano repentina
mente da una condizione di autonomia ad una dipendenza completa anche per le necessità elementari; ciò scatena una serie di preoccupazioni sia per il recupero funzionale e quindi per la propria
autosufficienza, sia riguardo al pericolo per la propria vita.
Il trattamento post-operatorio deve essere pianificato prendendo
in considerazione le condizioni generali del soggetto, le caratteristiche della frattura, la stabilità dell’osteosintesi, l’entità dell’osteoporosi
ed il peso del soggetto; per semplicità abbiamo suddiviso la riabilitazione successiva all’intervento in:
– periodo post-operatorio immediato, che comprende la prima settimana dall’intervento;
– periodo post-operatorio precoce, che va dalla fine della prima
settimana alla fine della terza;
– periodo post-operatorio tardivo, che si concluderà con il raggiungimento degli obiettivi programmati e possibili per il singolo individuo.
Riguardo al primo periodo abbiamo iniziato la chinesiterapia attiva-assistita dell’arto operato il giorno dopo l’intervento con movimenti del piede e della caviglia e contrazioni isometriche del tricipite surale, continuando la ginnastica respiratoria e la mobilizzazione
attiva dei distretti articolari sani; nei giorni successivi abbiamo proseguito con chinesiterapia attiva-assistita del ginocchio e contrazioni
isometriche del quadricipite femorale, elevazione assistita dell’arto a
ginocchio esteso, esercizi di adduzione-abduzione dell’anca.
Tra la terza e la quinta giornata si autorizza la posizione seduta
sul bordo del letto e successivamente si istruisce il soggetto per il
trasferimento letto-poltrona e viceversa, senza caricare sull’arto operato; in questa fase egli inizia ad assumere la stazione eretta.
Consensualmente gli esercizi di rinforzo muscolare e di chinesiterapia, ora anche attiva, consentiranno l’autonomia nelle variazioni
posturali a letto; utili inoltre esercizi di equilibrio per il tronco eseguiti con il soggetto seduto sul bordo del letto.Tra la decima e la
quindicesima giornata inizia la deambulazione assistita con sottoascellari con un carico intorno al 20% del peso corporeo; è conveniente impiegare una bilancia per rendere consapevole il soggetto
del peso che può gravare sull’arto operato. In questa fase l’assistito,
più che fare un passo, può trascinare l’arto; occorrerà in questi casi
rinforzare i flessori dell’anca e del ginocchio.
Nel post-operatorio tardivo il trattamento riabilitativo prosegue
consentendo un carico progressivamente maggiore, eliminando gradualmente i sottoascellari fino alla deambulazione con bastoni canadesi: ciò avviene a 20/30 giorni dall’intervento.
Successivamente sarà concesso il carico tutelato con l’ausilio di
un solo bastone canadese che, in persone collaboranti con buone
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condizione generali, potrà essere eliminato, previo controllo radiografico, a 50/60 giorni dall’intervento.
I tempi riabilitativi più brevi, che abbiamo indicato, si riferiscono
naturalmente alle migliori condizione possibili (fratture stabili, soggetto collaborante, modesta osteoporosi, assenza di eccesso ponderale); negli altri casi verranno dilazionati secondo le condizioni sfavorevoli presenti; tuttavia possiamo affermare che l’osteosintesi con
vite-placca D.M.S. permette in ogni singolo caso di iniziare la deambulazione assistita più precocemente rispetto ai mezzi di sintesi:
1. frattura pertrocanterica tipo 31A2.1;
2. osteosintesi con vite-placca a quattro fori;
3. frattura pertrocanterica con scomposizione in varismo.
Controllo post-operatorio dopo osteosintesi
Risultati
Ciò perché la possibilità di variare l’angolo tra la vite e la placca
tra 85° e 155° permette di aumentare il grado di valgismo a livello
del focolaio di frattura e consente un ottimo posizionamento della
placca sulla diafisi femorale, creando i presupposti per un’osteosintesi stabile. La riduzione dei tempi di allettamento in questi soggetti
anziani è essenziale per la prevenzione delle temibili complicanze
legate all’immobilità.
Complessivamente la somma dei risultati ottimi e buoni costituisce il 75%, valore da considerarsi eccellente e di buon auspicio per
il proseguo e lo sviluppo di tale metodica chirurgica e della relativa
pratica riabilitativa.
I risultati insufficienti (11,5%) sono da attribuirsi a diversi fattori:
in tre casi di fratture “instabili” si è verificata una scomposizione
secondaria della frattura con consolidazione in varismo della stessa;
in due soggetti con osteoporosi marcata e nei quali la vite cefalica
era stata posizionata nel quadrante antero-superiore, abbiamo avuto
la fuoriuscita della vite stessa dalla corticale della testa del femore
(cut out); abbiamo inoltre rilevato un caso di pseudoartrosi in un
soggetto nel quale era stata applicata una vite-placca a due fori.
Non abbiamo evidenziato rotture del mezzo di sintesi; nel 40%
dei soggetti controllati abbiamo osservato un accorciamento dell’arto
operato tra 1 e 1,5 cm.
La concessione del carico, come abbiamo detto, è avvenuta
mediamente tra la decima e la quindicesima giornata post-operatoria
nelle fratture “stabili”, mentre in quelle “instabili” è stata differita a
20-30 giorni dall’intervento.
Conclusioni
Per quel che riguarda la nostra esperienza.nel trattamento delle
fratture laterali del collo del femore e del programma riabilitativo
che abbiamo attuato, i risultati favorevoli che abbiamo ottenuto ci
inducono a proseguire tale metodica, perfezionandola in base ad
una sempre attenta valutazione delle indicazioni soprattutto per
quanto riguarda le fratture cosiddette “instabili”.
L’ottimo adattamento di questo mezzo di sintesi (placca-vite)
durante il riassorbimento del fronte di frattura, senza creare problemi di protrusione o espulsione della vite cefalica e la buona stabilizzazione meccanica della testa del femore, sia in senso varo-valgo
che rotatorio, ci ha permesso, con la concessione precoce del carico, una valida prevenzione delle complicanze che l’allettamento prolungato provoca nelle persone anziane.
In uno studio si è cercato di determinare se una strategia riabilitativa indirizzata sia alla modifica del deficit fisico, sia alla disabilità
nella gestione delle A.D.L, porti a un miglioramento del recupero
funzionale e delle funzioni sociali dopo frattura di anca. Più specificatamente, verificare se la strategia definita dagli Autori “Systematic
Multicomponent Rehabilitation” (SMR) determini un miglioramento
funzionale dei risultati in rapporto al trattamento riabilitativo con-
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October 2008
TRATTAMENTO RIABILITATIVO DELLE LESIONI DEL FEMORE PER IL RECUPERO ALL’ATTIVITÀ FISICA E RELAZIONALE E DEL RISCHIO...
venzionale (UC) in soggetti lavoratori non affetti da altre patologie
specie neurologiche , ritornati alla vita comunitaria dopo frattura di
femore. Dopo l’intervento chirurgico alcuni di essi sono stati dimessi
al proprio domicilio, altri in struttura riabilitativa per sub-acuti.
Mediante randomizzazione sono stati assegnati 156 pazienti al programma riabilitativo convenzionale (UC) e 148 al systematic multicomponent rehabilitation (SMR). I pazienti selezionati per la SMR
ricevettero sia terapia volta al recupero del tono- trofismo muscolare, equilibrio, alla rieducazione nei passaggi posturali,alla deambulazione e possibilità di salire le scale, sia terapia funzionale, basata sui
principi della terapia occupazionale, compresa l’ osservazione della
capacità di esecuzione di attività quali la gestione della medicazione,
l’ igiene orale, l’ alimentazione, la toilette, il vestirsi, il preparare la
cena o il pranzo, le attività di lavanderia o di riassettamento della
cucina e delle pulizie domestiche in genere, della possibilità di fare
shopping. Ciascuna di queste attività è stata classificata in compiti
specifici: per ogni compito affrontato inefficacemente o inadeguatamente il terapista ha analizzato quale dei dodici deficit (disturbo della memoria, incapacità a risolvere un problema, ridotta motivazione,
paura, dolore, ridotta tolleranza allo sforzo, deficit visivi, uditivi, di
coordinazione, di forza, di mobilità articolare o di equilibrio) fosse
alla base dell’ inefficacia o della non adeguata esecuzione. Dopo l’
identificazione del deficit si è provveduto a introdurre i seguenti correttivi:
– modificare il compito;
– far utilizzare un equipaggiamento più adatto;
– compiere modifiche ambientali;
– fornire supporti psicologici;
– coinvolgere nella formazione coloro che prestano assistenza
(generalmente familiari);
– ricorrere ad altri specialisti, per esempio al medico per il controllo della depressione o del dolore.
Durante gli accertamenti iniziali, eseguiti prima della dimissione
dall’ ospedale o dalla struttura riabilitativa, ha annotato l’ età, la razza, il livello di istruzione, le condizioni di vita antecedenti la frattura,
i sintomi depressivi attraverso i 10 item del Center for Epidemiologic
Studies-Depression Scale (CES-D), i supporti sociali attraverso il
MacArthur Battery, l’ indice di massa corporea (B.M.I), la vista e l’
udito. Ha somministrato inoltre una serie di schede di autovalutazione e misure di prestazioni (per esempio, tempo impiegato per alzarsi tre volte consecutive da una sedia, per percorrere una distanza di
10 piedi, girare su se stessi e tornare indietro, per salire una rampa
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di scale) sia all’ inizio che a sei e a dodici mesi dalla frattura. Il primo risultato è rappresentato dall’ indice di funzione autovalutato dal
paziente in sette ADL riguardanti l’ autogestione (mangiare, prepararsi, lavarsi, fare il bagno, vestirsi, passare dal letto alla sedia, passeggiare all’ interno di una piccola stanza) e in sette ADL riguardanti
la gestione domestica (capacità di medicarsi, usare il telefono, preparare semplici pietanze, fare lavori domestici pesanti e leggeri, fare
il bucato, la spesa e utilizzare mezzi di trasporto). A ciascuna ADL è
stato assegnato punteggio 0 se non in grado, 1 se con aiuto, 2 se
senza aiuto, con punteggio da 0 a 14. Tinetti e coll. hanno calcolato
quindi la percentuale dei pazienti che avevano raggiunto l’ autosufficienza e quella di coloro i cui punteggi al follow-up erano pari a
quelli precedenti la frattura. Il secondo risultato, riguardante l’ attività sociale, è stato accertato attraverso l’ utilizzo di una scala modificata Established Populations for Epidemiologic Studies of the
Elderly interview, comprendente una decina di attività sociali quali
per esempio il volontariato, prestare assistenza a un amico, partecipare a gruppi, e ha permesso di suddividere i pazienti in tre categorie:
– coloro che non svolgevano nessuna di queste attività in un periodo di un mese;
– coloro che le svolgevano da una a quattro volte al mese;
– coloro che le svolgevano più di quattro volte al mese.
Con un punteggio totale variabile da 0 a 20.
La meta da raggiungere mediante altre ricerche è quella di definire la composizione e la durata del trattamento riabilitativo e dell’
assistenza a domicilio che garantiscono il recupero funzionale ottimale in soggetti anziani affetti da frattura di femore.
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