Dracul e l`Ordine del Drago - da israele a rocca di mezzo

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Dracul e l`Ordine del Drago - da israele a rocca di mezzo
Dracula e l’Ordine del Drago o del Dragone.
In un ritratto del famoso Conte Dracula, cioè di Vlad Ţepeș o Vlad III di Valacchia, risalente al
sec. XV d.C. è nascosta una mappa che, ancora una volta sembra condurre a Roma e da lì
sull’Altopiano delle Rocche.
Ambras Castle, Gemäldegalerie, Kunsthistorisches Museum, sec. XVI
E’ probabile che il personaggio ritratto non corrisponda al personaggio passato alla storia come
l’Impalatore, ma sia la rappresentazione caricaturale del popolo turco dal punto di vista ebraico.
Si può supporre che gli “impalatori” dei turchi e, più in generale, delle popolazioni musulmane, nel
senso di coloro che resistettero strenuamente alla loro conquista furono popolazioni di stirpe
germanica, appoggiate dalle altre popolazioni autoctone sottoposte, ivi compresa la diaspora
ebraica.
All’epoca la regione del Danubio era popolata da genti germaniche (ancora oggi ne rimangono
alcune sacche in Ungheria e Romania).
Drac in romeno significa diavolo e deriva dal latino draco, -onis, che significa drago: era
l’emblema di un Ordine segreto, l’Ordine del Drago1 le cui origini risalivano all’epoca dell’antico
Egitto.
Il drago era un’allegoria delle Piramidi che, viste in sequenza, somigliano alle punte del dorso di un
drago.
Come tale, il drago era assurto a simbolo del nazismo e della persecuzione degli ebrei.
Vlad Dracul viene rappresentato oltre che nel contesto storico in cui visse anche in altri contesti
storici, come ad esempio nella cornice del periodo di Yoshua di Nazareth.
Vlad Ţepeş ritratto come Ponzio Pilato (1463) - Galleria Nazionale Slovena, Ljubljana.
Egli, quindi, nelle sembianze in cui è ritratto, più che un personaggio storico, rappresenta una specie
di demonizzazione dell’antiebraismo a partire dall’antico Egitto fino all’invasione turco-araba
dell’Europa dell’Est.
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Vedi nel testo Palazzo Dragonetti a L’Aquila ed il relativo stemma-mappa.
Il nome stesso Vlad Tepes è un crittogramma in cui appare il simbolo della croce T(e) ed il Pesce
(Pes), nonché il toponimo Tebe (Tepes), l’antica città dell’Alto Egitto.
Il prenome Vlad significa Frate, leggendo la V come F e la d finale come gamma ∆ si ha Fra ∆,
cioè fratello dell’antico sodalizio ebraico risalente all’epoca delle Piramidi: oggi i massoni che si
richiamano a tale antica tradizione si definiscono fratelli “tre puntini”, espressione in cui i tre
puntini sono i tre angoli del triangolo massonico :.
Nel ritratto di Vlad Tepes il berretto è una berretta papale o cardinalizia dell’epoca e
rappresenta quindi Roma.
Le cinque perle grandi disposte a punta di freccia indicano a sud di Roma verso Napoli,
simboleggiato dal vulcano che appare nel gioiello rosso al centro della stella.
L’Altopiano è rappresentato dalla stella gialla ad otto punte, che è anche una rosa dei venti.
Per avere però l’esatta ubicazione dei luoghi occorre immaginare di ruotare all’ingiù il dipinto.
Così facendo si avrà che Roma sarà rappresentata dal gioiello quadrato di colore rosso al centro
della rosa dei venti (la stella ad otto punte), con l’Altopiano indicato dalla punta superiore di
destra della stella.
Esso va immaginato all’altezza della guancia dove termina il baffone arrotolato, poiché il labbro
inferiore rigonfio e di colore rosa rappresenta Monte Rotondo.
Il labbro tuttavia deve essere ruotato orizzontalmente di 180° per combaciare con la
disposizione geografica di Monte Rotondo, prospiciente Rocca di Mezzo, secondo quanto
suggerisce la forma del baffone
Tale particolare suggerisce che la stessa rotazione va applicata all’intero busto, in maniera tale
da avere la berretta a sinistra del ritratto.
Si noterà che la forma della berretta, con il dipinto capovolto, è quella della parte anteriore di
una nave: simboleggia le navi romane che attraccavano al porto di Ostia e di Napoli, cariche di
gioielli, vale a dire di jews, essendo il termine inglese jewels una metafora degli ebrei deportati.
Il significato del gioiello centrale, di colore rosso e di forma quadrata, nonché della stella gialla,
anch’essa un gioiello, e delle perle “preziose”, è che l’Abruzzo interno ed anche l’Altopiano
delle Rocche erano zone adibite a luoghi di concentramento della diaspora ebrea, determinatasi
a seguito della conquista della Giudea da parte di Roma.
Il giallo, infatti, è notoriamente il colore jewish del popolo ebreo2.
Dato che il ritratto risale all’incirca al XV secolo si deve supporre che l’Altopiano in quel
periodo era ancora abitato da comunità di ebrei.
Nel dipinto capovolto la guancia di destra per chi osserva – guardando attentamente – somiglia
al posteriore di un maiale di cui non si vede la testa, mentre il naso sembra essere una gamba di
una donna con le gambe aperte con il pube peloso visibile.
L’estremità della gamba somiglia alla coda di una sirena, ma può rappresentare benissimo la
coda della balena formata dalla zona collinare che da Rocca di Mezzo arriva fino a Secinaro ed
Acciano (vedi sopra il significato della “balena”).
Raddrizzando il ritratto, invece, il naso e le sopracciglia potrebbero essere le corna di una capra,
allegoria di Baphomet ma anche di Kaphren e di Khepri (Kaphra K afra K africa).
L’insieme degli elementi – come visto in altre occasioni – fanno pensare a Uomo–Donna o
semplicemente alla Donna, cioè ad un personaggio odiato dagli ebrei, sul quale gli stessi si
erano vendicati mediante la castrazione.
Egli potrebbe essere Yoshua di Nazareth, chiamato spregiativamente dal popolo ebreo Gesù e
definito maiale, donna, capra ed in tanti altri modi.
Che sia Gesù, epigono del Nazismo dei Faraoni, lo lascia supporre anche la figura appena
accennata a forma di G all’interno del gioiello rosso, simile anche ad un fagiolo od orecchio.
Benché poco distinta la lettera G è sottintesa anche dalla pelliccia di zibellino indossata dal
Dracula.
Infatti al posto della Z di zibellino3 può essere messa una G per ottenere Gibellino (da cui
ghibellino), prendendo la G come sommatoria delle lettere D e Z (dz).
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La stella gialla, ad otto punte, può essere riguardata anche come la cresta di un gallo, simbolizzazione delle Piramidi
egizie, oppure come una corona di spine mascherata, la famosissima corona di spine di Yoshua di Nazareth (definito
anche La Carogna, divenuto il toponimo della città de La Coruña).
Il gallo, come spiegato nel corso della ricerca, era pure uno strumento di tortura.
3
Lo zibellino vuole essere anche un insulto al personaggio nel senso di zimbello o zimbellino, cioè di traditore.
Immaginando di unire a sinistra degli occhi - che sembrano spalancati per lo stupore - le parti
tra le sopracciglia e le palpebre si otterranno le corna di una bufalo o, meglio, di una bufala.
Il bufalo sarebbe il personaggio della Sacra Sindone, un bufalo alto circa due metri, evirato e
trasformato in bufala, verosimilmente lo stesso Yoshua, il personaggio dello shoah.
Vi è al proposito un gioco di parole con baffo, buffalo, bufalo e baphomet, cioè baffo-ometto
o basso-ometto in contrapposizione all’enorme statura del personaggio.
Dato che baffo in spagnolo si dice bigote esso può essere letto come un crittogramma,
composto da bi – gote, cioè due gote o due guance.
Tale particolare sta a significare che, essendo due le gote o le guance, bisogna altresì
immaginare due gambe o in spagnolo due piernas: sarebbero le gambe della “scrofa”, visto che
il pube è femminile.
Immaginando il movimento delle gambe con la relativa pinna finale, al posto del piede,
congiuntamente al movimento del ritratto, prima nella giusta posizione e poi capovolto, si
formeranno due croci.
La croce e l’insieme degli altri elementi magici sono gli stessi della Madonna del Latte di
Gentile da Rocca di Mezzo del 1283, dipinto di cui si è parlato in precedenza nel testo.
Si rinvengono anche le due S contrapposte del sacello della Madonna del Latte, che unite danno
la lettera M di Maria: sono nascoste nel baffone arrotolato a forma
Peraltro dal baffone è possibile anche ricavare una croce identica a quella della Madonna del
Latte, sempre servendosi della rotazione del ritratto.
Si può rilevare che il baffone è forato, plausibile allusione all’esistenza di un passaggio che
conduce ad un ambiente sotterraneo dove, secondo la tesi fin qui svolta, si troverebbe il
personaggio Enigma che risorge, il personaggio dell’Anastasis.
Lo zimbello nel medioevo indicò anche la campana che chiamava i monaci a refettorio, detta in latino cymbellum.
Vedi www.etimo.it
Il colletto giallo è un’allegoria della “colletta di ebrei” 4, che ironicamente si autodefiniscono
“colletta di battoni”, battoni metaforizzati dai tre bottoni5 giallo-oro sotto il colletto, su stoffa
rossa.
I colori giallo e rosso rappresentano Roma ed il numero tre rappresenta il triangolo ∆, vale a
dire le Piramidi egizie, che si trovano in direzione della freccia formata dai bottoni e la pelliccia,
considerando la freccia medesima la “nave” di Rovere visto dall’alto.
Per raggiungere le Piramidi di Giza su Google Earth è necessario virare leggermente a destra,
come indicato dalla freccia successiva formata dalle cinque perle maggiori.
Esse sono disposte sui due lati della freccia “ad archetto” e rispecchiano la posizione “ad
archetto” delle tre Piramidi di Giza.
La berretta rossa per conseguenza dovrebbe essere la Piramide Rossa.
Occorre, infine soggiungere, che la mappa dissimulata nel ritratto può essere interpretata, sulla
base dei vari elementi crittati, secondo altre angolazioni geografiche.
Il gioiello al centro della stella può essere Gioia dei Marsi, dato che in spagnolo gioiello6 è
joya, cosicché il personaggio di cui si discute sarebbe stato – in senso canzonatorio - il Gioiello
dei Marsi, il vanto dei Marsi che espugnarono insieme ai Romani Gerusalemme.
4
Colletta deriva dal latino colecta, a sua volta derivante dal verbo colligere, e possiede il senso sia di comunità sia di
colletta di denaro e di forze per uno scopo comune.
La colletta è uno dei rituali in Massoneria: definita Tronco della Vedova, simboleggia il pagamento di Yoshua.
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Bottone in inglese button in spagnolo botòn.
6
In inglese joya è jewel, parola composta da Jew, giudeo, ed El (divinità egizia).
Ad egli è dedicato anche il toponimo del paese limitrofo Lecce dei Marsi, nome in cui Lecce va
letto come Legge, cioè Legge d’Israele, Padrone d’Israele.
Nello stemma del Comune di Lecce ne’ Marsi, il personaggio appare sotto forma di Vescovo
mitrato, con la mano destra atteggiata in segno di vittoria.
Rappresenta San Berardo, patrono anche di Pescina e dell’intera Marsica, vestito di rosso e con
il bastone pastorale per condurre il gregge delle pecorelle smarrite di Israele.
Lecce ne’ Marsi è allineato con Lecce in Puglia, Tel Aviv e Gerusalemme.
L’allineamento potrebbe essere interpretato nel senso che le Legge7 di Gerusalemme vive nella
terra (tellus vive), cioè in un ambiente sotterraneo, in uno stato di spoglia (puglia), salvo a
resuscitare secondo certe cadenze temporali e secondo certi rituali magici.
Nello stemma comunale sono poi dissimulati gli elementi topografici che da Lecce e Gioia
rinviano sull’Altopiano delle Rocche.
Prendendo come Gioia dei Marsi il gioiello rosso al centro della stella gialla, l’Altopiano delle
Rocche si troverebbe nella direzione indicata dalla freccia formata dalle cinque perle sovrastanti
la stella, freccia che si ritrova nello stemma del Comune di Gioia8
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Il quercus ilex o leccio.
Nello stemma sono poste tre torri disposte a cuspide di freccia, sormontate dalle lettere M, quella centrale, T quella di
sinistra e R, quella di destra.
Possono significare che a Rocca di Mezzo c’è la croce T, quindi Yoshua.
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Le cinque perle rappresentano al tempo stesso la conformazione geologica dell’Altopiano che,
visto dall’alto, è somigliante ad una stella a cinque punte o ad un Fiore a cinque petali (vedi
anche quanto detto su l’Uomo di Leonardo da Vinci).
Le cinque perle sembrano stare all’interno di un tubo o di fronte ad una colonna con le
scanalature.
La colonnina o colonnella (vedi quanto detto su Colonnella di Teramo e Rocca di Mezzo)
rappresenta la “piccola colonia” di Rovere.
Infatti, la disposizione a punta delle cinque perle rispecchia la forma del colle di Rovere visto
dall’alto, ma a differenza dell’orientamento geografico del paese, la punta o, se si vuole la prora
della nave9, indica verso Rocca di Mezzo.
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Prora è assonante con il dialetto rore, diminutivo di Rovere e potrebbe significare “per rore”, cioè l’indicazione di
“passare per Rovere”, come d’altra parte il colore oro (giallo) potrebbe significare in dialetto ore e, quindi,
ugualmente, rore (Rovere): “passare per Rovere per raggiungere il Gioiello dei Marsi”.
Ma la berretta rossa, capovolgendo il ritratto, può rappresentare anche la Piramide Rossa di
Dashur, non distante da Giza, con le relative traiettorie geodetiche.