Il mensile culturale RSI Dicembre 2014 Gennaio 2015

Transcript

Il mensile culturale RSI Dicembre 2014 Gennaio 2015
In quanto
umani…
Musica
e spiritualità
tra gli anni
’60 e ’70
Intervista
a Teco Celio
cult
Il mensile culturale RSI
Dicembre 2014
Gennaio 2015
In quanto
umani…
Sandra Sain
Produttrice Rete Due
Provate a digitare “spiritualità” come oggetto di ricerca libraria
su uno dei più importanti web store. Quello che ne risulta sono
più di 70 pagine di testi che indagano il tema. Se ne deduce che
il tema della spiritualità e della ricerca spirituale goda di costante
e grande attenzione. Nel mese di Dicembre, per ovvi motivi,
il tema si fa quasi imprescindibile. A Rete Due abbiamo deciso di
affrontarlo quest’anno in modo peculiare, alla ricerca delle nuove
declinazioni della spiritualità contemporanea con una serie di
programmi che scandaglieranno il mondo della produzione
artistica tra musica, arte figurativa, letteratura…
Giuliano Mauri è stato un grande artista. Scomparso nel 2009,
l’anno successivo gli è stata dedicata la mostra “Tra Natura,
Spiritualità e Utopia”. Artista della natura più che land artist, ha
saputo creare, con rami e tronchi di legno, installazioni ambientali
che rinnovano ad ogni visita meraviglia e stupore. Nel corso di
un’intervista, parlando di una delle sue opere più note, la Cattedrale vegetale che abbiamo scelto per la nostra copertina, dichiara:
“Sono ateo, ma ho un grande rispetto per la spiritualità. Mettermi continuamente in relazione con la natura è la mia liturgia.
Ci sono luoghi creati da me che sono scomparsi, spariti, marciti:
ma la memoria rimane, magari in un albero cresciuto storto
per fare spazio al mio lavoro. Questo concetto di eternità mi
affascina.”
Un altro esempio di ricerca spirituale che ci ha fornito l’approdo
su una terra meravigliosa è quello di John Coltrane (pag. 4).
In questo caso c’è poco di laico e molto di religioso, basti pensare
che nel testo scritto nel 1964 per accompagnare il suo capolavoro,
A love Supreme, la parola God ricorre quasi una volta per riga.
Nel 2003 la Verve ha ripubblicato questo storico album accompagnato da un prezioso libretto curato dal biografo Ashley Kahn
che in conclusione scrive: “Con a Love Supreme (…) molta gente
cominciò a pensare che Coltrane avesse fatto qualcosa di sovrumano. Il vero valore di ciò che John Coltrane ha fatto è che l’ha fatto
in quanto umano.”
Ecco quindi che per questo numero di CULT a cavallo tra vecchio
e nuovo anno e che ci accompagnerà nel corso delle festività
natalizie l’augurio che mi sento di condividere è che tutti si riesca
ad essere sempre più umani, raggiungendo vette sovrumane.
Buon 2015!
ACCENTO
SGUARDI
4
Musica
e spiritualità
tra gli anni
’60 e ’70
18
La cultura
si fa racconto
20
Domani
è un altro giorno
ONAIR
8
Case con un’anima,
case con una storia
DUETTO
22
Intervista
a Teco Celio
10
Drammaturgie
autoctone
e originali
12
Cinquantadue
settimane
per riascoltare
14
Uno speciale
sul Parco Nazionale
svizzero
RENDEZ-VOUS
28
L’agenda
di dicembre
e gennaio
NOTA BENE
30
Recensioni
31
Proposte Club
In copertina: la Cattedrale Vegetale di Giuliano Mauri di Borgo Valsugana, in Trentino. Realizzata nel 2001,
ha le dimensioni di una vera cattedrale gotica a tre navate formate da ottanta colonne di rami intrecciati alte dodici
metri. All’interno di ognuna è stato messo a dimora un giovane carpino. Le piante crescono circa 50 cm all’anno.
Dal volume Giuliano Mauri, Electa, Milano 2003. Foto Aldo Fedele. © Arte Sella - Tutti i diritti riservati
“A Love
Supreme”.
Musica
e spiritualità
tra anni
’60 e ’70
Paolo Keller
In occasione del 50. anniversario della
registrazione del capolavoro di John Coltrane:
Birdland da lunedì 8 a venerdì 12 dicembre
alle ore 11 e alle 23 con Riccardo Bertoncelli.
SGUARDI
John Coltrane nasce in Carolina del Nord
nel 1926 e si spegne a New York il 17 luglio
1967 a soli 41 anni. Il percorso umano e
artistico di questo jazzista afroamericano
nella sua breve esistenza resta con pochi
eguali nella storia del ’900: una delle più
straordinarie avventure musicali e spirituali dell’ultimo secolo.
Da Armstrong ad Ayler, dal ragtime al
free, il jazz non aveva mai avuto il tempo di
guardare indietro, occupato come era a inventarsi un futuro. Coltrane rappresenta
la summa, l’apice della storia del jazz e della sua evoluzione e non ha lasciato scampo
ai suoi eredi: la sua opera complessa, luminosa, generosa ha fatto il vuoto attorno a
sé, come una sorta di buco nero che assorbe tutti coloro che vi si accostano senza il
necessario rispetto.
Coltrane è colui che ha portato il jazz
al punto di fusione, colui che, avventurandosi su sentieri sconosciuti, l’ha spinto ai suoi limiti estremi. Ancor oggi il suo
ascendente su chi opera in questo campo
– i cui contorni, anche grazie a lui, sono
nel frattempo diventati vaghi – è immenso. Ma sono pochi coloro che hanno colto
l’opera di Coltrane nella sua totalità, rico-
noscendo certo la genialità del suo percorso musicale ma anche l’importanza di una
ricerca spirituale e interiore che va di pari
passo con lo sviluppo della sua arte.
“A Love Supreme” fu registrato 50
anni or sono - per la precisione il 9 dicembre 1964 – e pubblicato nel febbraio successivo. È uno dei primi esempi di concept
album – cui si ispireranno di lì a poco molti
artisti del rock - ed è uno dei suoi capolavori assoluti, che chiude a grandi linee la fase
‹ A Love Supreme:
il punto d’arrivo della
sua ricerca iniziata sul finire
degli anni ’50. ›
iniziata con il brano “Giant Steps”, punto
estremo della sua ricerca melodico-armonica nell’ambito della tonalità e spinta verso l’esplorazione modale, tratto distintivo
di tutta quella musica “altra”– africana, indiana, asiatica – di cui Coltrane era ormai
da qualche tempo appassionato cultore.
Dopo “A Love Supreme” tutto sarà diverso
e si aprirà l’ultimo momento della sua vicenda artistica, quello più marcatamente
5
4
free ed informale, al tempo stesso ascetico
e universalista.
Coltrane era un uomo con molti interessi, a volte tendenti all’ossessione: le altre
culture – quella Orientale in particolare –
l’astronomia, ma anche la numerologia e
le sue possibili implicazioni con la musica.
Il mistero di vita e morte erano spesso al
centro delle sue riflessioni e delle discussioni con musicisti e amici. In un anelito di
conoscenza e verità assolute, la spiritualità
per Coltrane diventa a partire da un certo
momento un punto fermo della sua ricerca umana e musicale.
‹ Vita e morte: quasi
un’ossessione, sempre
al centro delle sue riflessioni
e discussioni. ›
Nelle note di “A Love Supreme” il
sassofonista individua nell’anno 1957 la
precisa circostanza in cui ha inizio questo
percorso. In quell’anno – dice Trane – “sperimentai, per grazia di Dio, un risveglio
spirituale che doveva condurmi ad una vita
più ricca, più piena, più produttiva. A quel
SGUARDI
tempo, per gratitudine, chiesi umilmente
che mi venissero concessi i mezzi e il privilegio di rendere felici gli altri attraverso la
musica. Sento che ciò mi è stato accordato
per Sua grazia. Ogni lode a Dio”. Questa
frase è da intendere come vero e proprio
manifesto programmatico dell’opera e ha
evidentemente dei collegamenti con quanto sperimentato dal musicista da quell’anno fino al 1964.
Le quattro note che fanno da noto
leit motiv al primo movimento e sulle quali si innestano le quattro sillabe (A - Love
- Su - Preme) di una sorta di mantra recitato dal sassofonista nel finale del brano,
sono il punto di arrivo della sua ricerca di
un jazz modale svincolato dalle restrizioni della tonalità. Un percorso che passa
dall’interesse e dallo studio delle musiche
del mondo alternative alla tradizione colta
occidentale, che si riflette nelle sue proprie
composizioni e che si manifesta, al di là
dei meri contenuti musicali, nei titoli di
album e singoli brani. “Olé” fa riferimento
al flamenco e alla musica ispanica; “Africa/
Brass”, “Dahomey Dance”, “Liberia”, “Dakar” sono omaggio al continente d’origine
del popolo nero-americano; evidenti sono
ancora i collegamenti di “Bahia” e poi
“Brazilia”, “India”, “Russian Lullaby”... Parimenti alcuni standard del jazz diventano
terreno di continua sperimentazione modale: l’esempio più chiaro è quello di “My
favorite things”, tema di Richard Rodgers di un musical appena messo in scena
‹ Nel misticismo
di Coltrane si intrecciano
i temi prevalenti della
cultura alternativa americana
degli anni ’60. ›
(“Sound of Music”, 1959 - forse anche questo titolo attirò l’attenzione del sassofonista-) che Coltrane fa letteralmente proprio
che diventerà topos dei suoi concerti, dalla
prima versione del 1961 fino a quelle estreme, dilatate, visionarie delle ultimissime
esibizioni.
“A Love Supreme” introduce anche
un’innovazione dal punto di vista della
forma. È una articolata suite in quattro
parti, ognuna con un preciso sviluppo
musicale e con specifico titolo che Col-
trane intende come una sorta di percorso
di ringraziamento a Dio, ispiratore della
sua arte. “Ackowledgement” è la presa di
coscienza del Divino e dell’amore assoluto
nei suoi confronti; “Resolution” indica il
riconoscimento e l’accettazione del difficile cammino verso un obiettivo e verso il
cambiamento, forse anticipazione di quello che il sassofonista intraprenderà artisticamente subito dopo. “Pursuance” è la
gioia ma anche l’ebbrezza davanti alla conquista, a un traguardo raggiunto. “Psalm”
è la sentita preghiera finale di gratitudine
al Supremo.
Immergersi in questo emozionante
capolavoro significa accostarsi al convinto
misticismo coltraniano, dove si mescolano
inevitabilmente la cristianità, il complesso
intreccio delle culture afro-americane e
le religioni orientali, tra i temi prevalenti
nell’ “altra” America degli anni ‘60.
7
6
Rete Due / Laser
dal 15 al 19 dicembre alle ore 9.00
facebook.com/retedue
Case con un’anima,
case con una storia
Cristina Foglia
Ci sono case… e case. A renderle speciali è soprattutto chi ci
ha vissuto, ma anche i muri hanno storie da raccontare.
La Svizzera italiana e i Grigioni, dalla Bregaglia alle valli del
Sopraceneri, sono disseminate di edifici con una forte connotazione storica e culturale: alcuni hanno ospitato personaggi
famosi, come l’anarchico Bakunin o lo scrittore Eric Maria
Remarque. Altre sono testimonianza del successo degli emigranti, come le case dei “Randulins” di Sent, che nel Settecento
avevano colonizzato Venezia con le loro rivendite di vino,
dolci e caffè, o il “Palazzo” dei Tondü a Lionza, nelle Centovalli: due fratelli partiti spazzacamini e arricchitisi in Italia.
Altre ancora sono nate come case d’abitazione e poi si sono
trasformate in dimore per artisti e sedi di manifestazioni
culturali, come accaduto con la Casa Pantrovà di Carona e
Casa Garbald a Castasegna.
A volte portano nomi solenni: “Casa Monte Tabor”, “Palazzi
Corradini”, “La Baronata”; ma un bel nome non sempre è
sinonimo di assicurata sopravvivenza. Le case, si sa, deperiscono. E con loro, gli ideali che le avevano animate.
Farle vivere nel racconto con le parole di chi oggi ci abita,
tenta di salvarne il ricordo o le ha conosciute da vicino: è l’idea
che ha dato l’avvio a questa serie di Laser sulle “case con una
storia”. Conoscete anche voi una casa con una storia?
Scriveteci, o mandateci una foto, un video. Li pubblicheremo
sulla nostra pagina in facebook!
ONAIR
Quando nel 1919 Hermann Hesse si separò dalla famiglia e traslocò nel Ticino, dopo poche settimane
trovò alloggio nella Casa Camuzzi, costruita nel 1853 dall’architetto Agostino Camuzzi.
Nello stile delle case di campagna russe, con influssi barocchi, è dotata di giardino esotico a terrazzi.
© Comune di Collina d’Oro, foto Stefano Ember
9
8
Rete Due / Colpo di scena alle ore 13.30
da lunedì 15 a venerdì 19 dicembre
“Universo 21” di Alberto Nicolino
da lunedì 22 dicembre a venerdì 9 gennaio
“Fantaticino” di Nicolas Joos
da lunedì 12 a venerdì 23 gennaio
“Il cuore di Kościuszko” di Flavio Stroppini
Drammaturgie
autoctone
e originali
con “Il cuore di Kościuszko”, qui ci viene in aiuto il sottotitolo:
da una storia realmente accaduta. Flavio Stroppini racconta
una storia “trovata” a Villa Negroni-Morosini a Vezia e risalente
a mercoledì 16 ottobre 1895. Il cuore imbalsamato del Generale polacco Andrzej Tadeusz Bonawentura Kościuszko viene
consegnato a una delegazione di suoi connazionali che riportano la reliquia dell’eroe in patria. Quel giorno a Vezia si incontra
la Storia di un’epoca: Rivoluzione francese, polacca, americana,
l’atto di mediazione, gli austriaci, la musica di Verdi, quella di
Boito, la Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, l’Artusi… Tutto
si mescola in una radiocommedia raccontata dai veri protagonisti di questa incredibile vicenda e dalla servitù che, salendo e
scendendo tra i piani di Villa Negroni, cerca di capire come sia
possibile che il mondo, per un pomeriggio, si condensi in un
piccolo paese della Svizzera italiana.
Francesca Giorzi
Da metà dicembre a fine gennaio gli estimatori della drammaturgia radiofonica verranno accompagnati da tre lavori creati
appositamente per Rete Due. Si parte il 15 dicembre con un
giallo natalizio piuttosto inquietante dal titolo “Universo 21”
di Alberto Nicolino; dal 22 dicembre torna la verve narrativa di
Nicolas Joos con nuove puntate della saga di “Fantaticino”,
composte appositamente per il periodo. Dal 12 gennaio spazio
a una storia curiosa nata dalla frequentazione a Vezia della
Villa Negroni-Morosini: “Il cuore di Kościuszko” radiocommedia scritta e diretta da Flavio Stroppini.
“Universo 21” di Alberto Nicolino, è un radiodramma in 5
puntate dai toni tragicomici ricco di azione: intrighi, omicidi,
tradimenti, lotte per il potere si stagliano nello scenario surreale
di un gigantesco Centro Commerciale. Una sorta di fortezza
del tutto autosufficiente che si espande sempre più mangiandosi ciò che resta della città. Chi ci abita vive come asserragliato
perché al di fuori del Centro Villaggio Universo è il caos: bande
di criminali, corruzione, malattie pandemiche. Un’ambientazione fantascientifica o un racconto verosimile? Agli ascoltatori,
l’ardua sentenza. Il dubbio sulla verosimiglianza del racconto,
continuerà con le fantastiche storie di “Fantaticino” e tornerà
ONAIR
In senso orario
Flavio Stroppini, Nicolas Joos
e Alberto Nicolino
11
10
Rete Due / Reteduecinque
tutti i martedì a partire dal 6 gennaio alle ore 14.30
Cinquantadue
settimane
per riascoltare
Christian Gilardi
In occasione dell’ottantesimo dalla fondazione dell’Orchestra
della Svizzera italiana proponiamo una serie di registrazioni
storiche. Gli anni Trenta aprirono, nella Svizzera italiana, un
decennio ricco di novità in numerosi campi culturali.
Il 22 maggio 1932 prendeva la via dell’etere, da uno studio
pionieristico allestito in due uffici del palazzo della Posta di
Lugano, la Radio della Svizzera italiana. Abbiamo già scritto su
queste pagine quanto la nascita dell’Ente radiofonico abbia
influito sulla vita musicale della regione. Esso rappresentò un
punto fondamentale quando, per necessità di programma,
sul nucleo dell’orchestrina del Teatro Kursaal fu costituita
l’Orchestra della RSI, nel 1935. Il 2015 è dunque un anniversario importante, gli ottant’anni dalla nascita dell’Orchestra.
Rete Due, per l’occasione, programmerà alcune tra le più
significative registrazioni della compagine orchestrale nello
spazio pomeridiano dedicato all’ascolto delle registrazione
dell’OSI (alle 14.30) tutti i martedì del 2015. Sarà l’occasione
per riascoltare pagine del grande repertorio sinfonico e concertistico affidato alle grandi bacchette e ai grandi solisti che
sono passati dagli studi radiofonici di Lugano e nelle sale
concertistiche della Svizzera italiana. Selezionando le 52 registrazioni ci si rende subito conto dell’immenso patrimonio
degli archivi della RSI in campo musicale. Si inizia il 6 gennaio
in cui verranno proposte le “Dances concertantes” e il “Concerto in re per orchestra d’archi” di Igor Strawinskij, diretti
dall’autore che nel 1954 incise le sue composizioni allo Studio
ONAIR
La Radiorchestra diretta da Leopoldo Casella, 1935. Archivio di Stato del Cantone Ticino
Foce. Un’attenzione particolare è stata data ai direttori stabili
che si sono succeduti (Casella, Nussio, Andreae, Carty, Lombard) e che hanno collaborato e invitato solisti del calibro di
Artur Rubinstein, Clara Haskil, Wilhelm Backhaus, Radu Lupu,
Martha Argerich e moltissimi altri. Grandi direttori italiani (da
Gavazzeni passando per Muti) e di tutto il mondo (Scherchen,
Celibidache, Marriner). L’invito è davvero quello di sintonizzarsi sulle frequenze di Rete Due per conoscere, apprezzare e
lasciarsi stupire dalla grande varietà e qualità dell’Orchestra
della Svizzera italiana che ha portato in ottant’anni nella nostra
regione i più grandi nomi dell’interpretazione musicale.
13
12
Domenica 11 gennaio
LA 2 / Speciale Parco Nazionale alle ore 15.30
LA 1 / Il giardino di Albert alle ore 18.05
Uno speciale
sul Parco Nazionale
svizzero
Maurizio Chiaruttini
Negli scorsi mesi il Parco Nazionale svizzero dei Grigioni ha
compiuto 100 anni: è la più antica e la più rigorosa riserva naturale dell’Europa centrale, un paradiso per le piante e gli animali,
dove la natura si sviluppa esclusivamente secondo le proprie
leggi, al di là di qualsiasi intervento dell’uomo. Domenica 11
gennaio la RSI dedica una programma speciale al Parco Nazionale, che permetterà ai telespettatori di conoscere la riserva
nei suoi aspetti storici oltre che naturalistici e di vedere gli
animali del parco come non li abbiamo mai visti. Si comincia
alle 15.30 su RSI LA 2 con un’emissione da Zernez, durante la
quale verrà presentata la prima parte di un documentario
realizzato dall’equipe della trasmissione di SRF “Netz Natur”,
guidata da Andreas Moser. Un documentario sulla storia del
parco e sui suoi tesori naturalistici che mostra la vita nella
riserva nel corso delle stagioni con immagini inedite e sorprendenti. Per realizzarlo, infatti, è stata piazzata una serie di
“wild cams”: delle “videotrappole” che permettono di filmare
ininterrottamente luoghi significativi del parco e di riprendere
la vita degli animali così come si svolge al riparo dagli sguardi
umani. Durante lo speciale avremo la possibilità di vedere,
oltre al documentario di Netz Natur, una serie di momenti
catturati dalle “wild cams” e di sorprendere gli animali in quella
che potremmo definire la loro “intimità”: vedremo i cerbiatti
giocare in una pozza d’acqua, le marmotte scambiarsi gesti di
complicità, le formiche organizzare la loro vita sociale.
ONAIR
Per il telespettatore sarà come assistere, dalla poltrona di casa,
a momenti segreti della vita animale e osservare in tempo reale
lo svolgersi di riti e comportamenti delle varie specie.
I filmati verranno proposti così come sono stati girati, con il
ritmo e la lentezza che si addicono ai tempi della natura.
Alle 18, lo Speciale sul parco nazionale passerà il testimone al
Giardino di Albert su RSI LA 1, nel corso del quale potremo
vedere la seconda parte dello spettacolare documentario della
SRF che mostra l’unicità e la ricchezza della vita del Parco
Nazionale svizzero.
15
14
Nel 1986 Giuliano Mauri progetta un’opera-installazione che occupa per intero la ex-chiesa di San Carpoforo a Milano.
Questo artista tessitore del bosco realizza una foresta di bastoni accuratamente disposti e architettonicamente organiz-
zati per disegnare una struttura gotica dentro una chiesa di impianto barocco. L’antica chiesa sconsacrata riscopre
e recupera così la sua aspirazione spirituale grazie allo slancio verticale degli elementi naturali.
Foto dal sito www.giulianomauri.com
La nuova declinazione dell’Attualità culturale
Rete Due a partire dal 12 gennaio da lunedì a venerdì
Finestra aperta alle ore 12.00 e alle 17.00
Attualità culturale alle ore 18.00
La cultura
si fa racconto
Hans Ulrich Obrist, l’intervista permette di continuare a imparare entrando in rapporto con l’altro. Alle 8.00 del mattino
avrete sempre il fatto culturale in primo piano e alle 18.00 una
sintesi di tutti gli avvenimenti culturali della giornata.
Insomma nella frenesia di una vita che continua a correre,
l’attualità culturale accompagnerà gli ascoltatori offrendo tutte
le informazioni culturali con tempestività, scegliendo diversi
formati a seconda degli orari.
Moira Bubola
Il mondo della comunicazione e dell’informazione sta vivendo
la sua rivoluzione. Non sappiamo ancora dove ci porteranno
i social media e la rete globale, iniziamo però a scorgere dei
cambiamenti: alcuni si sono affacciati in maniera chiara, altri
si stanno solamente delineando. In un contesto che vive di
autoreferenzialità, che non riconosce più la figura del mediatore, in un mondo frammentato e costellato da diverse fonti di
informazione, la cultura che ruolo avrà? Una domanda ponderosa, che non potrà accontentarsi di una sola risposta.
Noi facciamo cultura alla radio, il medium che è nato in solitudine, che si è poi visto attorniato da altri esuberanti mezzi di
comunicazione e che, nonostante gli anni, continua a esserci,
sapendosi sempre rinnovare e anche anticipare tendenze e
mode. Non è forse stata la radio a inventare la dimensione
social con il pubblico che interviene in diretta per raccontarsi?
Non è forse stata la radio che ha sviluppato il concetto di
community, invitando gli ascoltatori a trovare soluzioni e condividere risorse?
A gennaio, l’attualità culturale di Rete Due cambia pelle.
Abbiamo scelto una formula narrativa che nell’arco di un’ora,
dalle 17.00 alle 18.00, costruirà il racconto culturale della
giornata dando rilievo ai fatti della Svizzera italiana, agli avvenimenti, nazionali e internazionali, creando poi continui
ponti tra il locale e il globale. Daremo voce agli attori di questa
nostra contemporaneità privilegiando la forma dell’intervista
in diretta perché, come sta dicendo da anni una delle personalità più influenti del mondo culturale, il curatore svizzero
ONAIR
Hans Ulrich Obrist Foto di Yang Fudong, Shanghai 2009
19
18
Il nuovo programma settimanale del venerdì mattina
consacrato agli spettacoli
Rete Due / Domani è un altro giorno
ogni venerdì a partire dal 16 gennaio alle ore 11.00
Domani
è un altro giorno
Roberto Antonini
“After all, tomorrow is another day”, è sicuramente una delle
battute più celebri della storia del cinema. Fare della famosa
frase di Rossella O’Hara il titolo di un programma radiofonico
è una doppia strizzatina d’occhio: naturalmente a una delle
pellicole culto qual è Via col Vento ma pure alla tempistica,
a quel week end che si profila il giorno dopo la messa in onda
del programma e al quale “Domani è un altro giorno” è consacrato. Il format, dinamico, leggero ma imbottito di informazioni e di opinioni, mira a diventare un punto di riferimento
per l’agenda degli spettacoli della Svizzera italiana. Si occuperà
di teatro, di concerti e di cinema con un taglio assolutamente
non neutrale: l’intento è quello di proporre analisi, punti di
vista, opinioni ben profilate, di consigliare e sconsigliare.
Il tutto naturalmente garantendo pluralità di opinioni sull’arco
dell’anno. Sentiremo stroncature, plausi, dubbi, pieni voti e
bocciature. Una trasmissione rigorosamente in diretta che avrà
sempre un ospite in studio sollecitato a dire la sua, a esternare
le sue preferenze o il suo dissenso. Un programma nel quale
con le due conduttrici Patricia Barbetti e Sabrina Faller vogliamo offrire competenza, opinioni ma anche divertimento
(ci sarà un gioco finale con in palio biglietti per teatri, concerti,
film), cercando di coinvolgere il nostro pubblico e diventare
un appuntamento imprescindibile (o quasi!) per i radio ascoltatori. E siamo certi che dopo averla ascoltata nessuno affronterà
il fine settimana di spettacoli pensando dentro di sé “sinceramente me ne infischio” (“frankly I don’t give a damn”), la nota
espressione con la quale Clark Gable si congedò da Vivien
Leigh e… dal pubblico.
ONAIR
Domani è un altro giorno. Dal 1972 i Mummenschanz rappresentano nel mondo il teatro svizzero
di ricerca e contaminazione dove musica, danza e mimo si uniscono ad elaborate e surreali maschere
e coreografie. Un teatro senza parole che spesso lascia a bocca aperta.
Con Domani è un altro giorno non resteremo mai senza parole ma cercheremo di proporre il meglio
dal mondo degli spettacoli e gli strumenti per orientarsi tra meraviglia e, ogni tanto, delusioni.
21
20
Intervista a cura
di Marco Zucchi
Teco Celio
Il cinema
è artigianato
Teco Celio, attore cinematografico e televisivo, è figlio del politico leventinese
Nello Celio (Consigliere federale dal 1966 al 1973, presidente della Confederazione nel 1972). Dopo essersi diplomato in giornalismo, ha studiato teatro e
iniziato a lavorare nel cinema in Francia. Tra i registi di fama internazionale con
cui ha lavorato si ricordano Alain Tanner, Daniel Schmid, Krzysztof Kieslowski,
Francesco Rosi, Nanni Moretti. A dargli la fama sono però state alcune serie
televisive francesi e in anni più recenti i ruoli da caratterista nel cinema italiano.
Recentemente nelle sale della Svizzera italiana lo si è visto in “La buca” di
Daniele Ciprì e in “Zoran, il mio nipote scemo” di Matteo Oleotto.
DUETTO
Come una bella serata tra amici: Teco
Celio l’ha trascorsa a Mendrisio a chiacchierare con il pubblico della rassegna
“L’Italia s’è desta”, organizzata dal Cineclub del Mendrisiotto. In sala uno
dei film più recenti a cui l’attore ticinese ha partecipato: “Zoran, il mio nipote
scemo”. Il film è ambientato al confine
italo-sloveno, tra osterie e vino buono.
Proprio per questo motivo la proiezione è stata accompagnata da una degustazione di vini (ticinesi), alla quale
Celio si è prestato volentieri. Così come
non si è sottratto a qualche domanda
sulla sua carriera.
Teco Celio, lei attualmente
è occupatissimo in tanti progetti
(lungometraggi, cortometraggi,
fiction televisive), ma a noi
piacerebbe iniziare da lontano.
Da dove?
Possiamo partire dalla tragedia di
quando non ero attore e soffrivo molto.
Che sarei diventato attore l’avevo deciso
già a cinque anni, ma fino ai venticinque,
il momento in cui ho iniziato a esserlo
veramente, ho fatto il giornalista. Ero il
peggiore giornalista al mondo, perché
non sono curioso (ride), non so fare le domande. Però, visto che conoscevo diverse
lingue, ho fatto il redattore per un po’. Lavoravo all’Agenzia Telegrafica Svizzera. Ci
chiamavano redattori, ma in effetti il titolo di giornalista io ce l’avevo. I miei cinque
anni, dicevo. Avevo visto un film di Stanlio
23
22
e Ollio e sono tornato a casa dicendo che
era quello che volevo fare da grande. I miei
genitori “sì, va bene”, ma intanto ridevano. Credo che mio padre abbia visto due
film in vita sua. Mia madre un po’ di più,
ma non era una roba di famiglia. Mio padre del resto mi ha sempre detto che avrei
potuto fare il mestiere che volevo, purché
avvocato, ingegnere o medico. “Ma scegli
tu, fai quello che vuoi”, aggiungeva. Io dicevo attore e lui diceva no. A vent’anni mi
impuntai e allora trovammo un accordo:
avrei comunque imparato un altro mestiere. Allora ho fatto giornalismo all’università e pure lo stage. Mi sono diplomato
in giornalismo, però sono il peggiore del
mondo, lo ribadisco. Per fortuna alla fine
ho potuto fare l’attore. Sono andato a Parigi, ho seguito la scuola di teatro. Ormai
ho sessantadue anni, quindi penso non sia
andata così male (ride ancora).
Chiamarsi Celio in Svizzera era
impegnativo: è un cognome politicamente importante. Per il giovane
Teco, aspirante attore, è stato un
ostacolo in più?
È il motivo per cui ho scelto Parigi.
Mi ero abituato a non usare il mio nome.
All’inizio in Svizzera non facevo niente,
perché abitavo già in Romandia (avevo
fatto le scuole in francese) e mi dicevano
continuamente “ah Celió: mais t’es l’fils
du Conseiller fédéral”. Era un leit motiv.
Prima ancora di guardarmi dicevano che
ero “il figlio di”. Ho pensato: qui bisogna
andare via. In Francia c’era una catena di
abbigliamento che si chiamava Célio e il
massimo che potevano pensare era che
fossi il figlio del padrone dei negozi. Meglio così.
DUETTO
La scuola di teatro a Parigi,
dopodiché anche il primo periodo
professionale è tutto francese.
Vogliamo parlarne?
In effetti lavoravo solo in Francia. Ho
cominciato con un primo film nel 1978,
subito dopo gli studi, poi ho fatto sia cinema che televisione. All’epoca i due ambiti erano più mischiati rispetto a ora. In
seguito ho lavorato anche con registi svizzeri: ho fatto film con Alain Tanner (“No
Man’s Land”, “Fourbi”), Daniel Schmid
(“Hécate”, “Jenatsch”), Xavier Koller (“Il
viaggio della speranza”, premio Oscar) e
diversi altri. Erano gli anni ’80 e ’90. Poi ho
avuto la fortuna (o sfortuna, non lo so) di
fare due serie televisive da protagonista in
Francia. Una era “Le lycée” (2000-2001) e
l’altra era “La Crim’ ” (1999-2003). Nella
prima ero il direttore di un liceo molto difficile nella banlieu parigina. Nell’altra ero
il capo della brigata criminale di Parigi.
Con quelle serie è venuto il successo mediatico, ma io nel frattempo avevo lavorato
anche con Kieslowski, con Rosi, nel cosiddetto cinema importante. Con il tempo mi
sono accorto che il cinema rimane molto
più della televisione. Come dico sovente,
la televisione è un giornale che il giorno
dopo non è più interessante, invece il cinema è come un libro che puoi rileggere
a distanza di tempo. Sono diversi alla radice. Tu sei un cineasta, hai un’idea, scrivi
una storia, prendi uno sceneggiatore, vai a
incontrare un produttore e costruisci un
lavoro comune. In televisione vengono a
dirti: “noi per il 28 marzo dell’anno prossimo abbiamo bisogno di un thriller”. È una
forzatura. Viene quel che viene. Adesso ho
appena finito un film con Gianni Zanasi,
con cui sette anni fa avevo già fatto “Non
pensarci”. Anche in questo nuovo film siamo gli stessi attori – Valerio Mastandrea,
Giuseppe Battiston e io – e Zanasi lo chiamiamo Tarkovski: perché Tarko’ fa un
film ogni sette anni (ride di gusto). Un film
è proprio una roba sentita, voluta, con cui
devi spiegare delle emozioni. Invece, anche
se oggi in tv ci sono cose fatte molto bene,
non bisogna dimenticare che la televisione
riempie uno spazio che già un anno prima
sa di dover riempire. Il film è più come un
fiore che sboccia da solo. Per qualsiasi persona che abbia un’idea diventa come scrivere un libro.
a cinquanta metri da dove tu reciti. Sono
chiusi in una casettina e guardano il video.
Invece Krzysztof era vicino alla camera, lì
attaccato a darti dei segni, a due metri da
te. Avevo una scena da fare con Irène Jacob.
Io in “Film rosso” faccio il barista amico
della protagonista, che tutti i giorni viene a
confessarsi. Parliamo insieme e Krzysztof
continua a dire: non va questa scena, non
va proprio. A un certo punto per risolverla
ci ha messo due ubriaconi nel mezzo, due
comparse. Dunque noi due, per poter parlare e per poterci guardare, dovevamo spostarci a destra e a sinistra. La scena è venuta
bellissima. Vedi come la mise en scène, la
regia, la direzione d’attori è più semplice
di quel che si pensa? È artigianato, non
Mi piace questo paragone tra la
televisione-giornale e il film-romanzo:
Che puoi rileggere!
Kieslowski. Lo abbiamo nominato
tra i tanti con cui ha lavorato.
È stato uno dei più grandi registi del
nostro tempo. Come fu con lui?
Una meraviglia. Ho visto la vera
semplicità e l’artigianalità del mestiere.
Oggi tutti i registi stanno in un “combo”
intellettualità. È come uno scultore, come
un pittore che mette un goccino di rosso,
un goccino di un altro colore. L’ho visto
con tutti i grandi. Quando abbiamo cominciato “La tregua”, nella prima scena
in cui i russi arrivano a liberare il campo
di Auschwitz, Francesco Rosi ha fatto venire un cavallo. Non andava bene. Poi ha
fatto venire due cavalli che si incrociavano
e un cavallo che arrivava in verticale. Non
andava neanche così. Poi ha portato dieci
25
24
cavalli, di cui tre si avvicinavano. Un grande regista, in ogni scena che fa, è come un
pittore che aggiunge il piccolo dettaglio
cromatico. Il cattivo regista invece rifà la
scena perché non è andata bene (ride). È lì
la differenza: il grande regista migliora la
scena, l’altro rigira e viene sempre la stessa
porcheria.
A proposito di grandi registi, uno
che ci immaginiamo non sia facilissimo
sul set è Nanni Moretti. Insieme avete
fatto “Habemus Papam”.
Che esperienza è stata?
Meravigliosa. Ho da poco trascorso
un weekend a Gorizia al matrimonio di
Matteo Oleotto (il regista di “Zoran, il
mio nipote scemo”, in cui ho recitato) e
c’era anche Nanni. È una persona squisita, ma sul set è esigente. Lui ha anche il
tempo, perché si autoproduce e può farlo. I trentacinque take non sono una leggenda metropolitana. Se ne fanno anche
di più e lo confermo. Se Nanni mi sente
non potrà smentirmi. “Prendi la penna
con la mano destra”. “Adesso facciamo la
penna con la mano sinistra”. “Adesso facDUETTO
ciamo senza penna”. “Adesso cominci con
la penna a destra, poi la metti a sinistra”.
“Togli gli occhiali”. “Metti gli occhiali”.
Lui prova tutto. È come un bambino che
vuole provare a fare tutti i giochi. Non è
assolutamente disturbante, perché vedi
che alla fine arrivi a qualcosa. Il bello di un
grande regista è che quando ti dice che la
scena è buona, sai che meglio di così non
puoi fare. Quando lavori con un mediocre
ci si accontenta sempre. Una delle migliori storie cinematografiche riguarda John
Huston. Un giorno stava girando un film
con un grande attore degli anni ’50 e a fine
scena dice “buona questa”. L’attore si avvicina: “non sono convinto, vorrei farne
una per me”. Huston accetta e gli fa rifare la scena. Alla fine chiede all’attore se la
nuova scena gli piaccia e l’attore dice di sì.
Allora il regista va alla macchina da presa,
strappa due metri di pellicola, li mette in
mano all’attore e gli dice: “tieni, questa è
per te, è la tua” (ride a lungo). È così che si
ragiona nel cinema. Lasciamo fare a ognuno il suo mestiere. Ci sono settanta persone che lavorano a un film. Se il mio autista
è in ritardo di un quarto d’ora, la giornata
di tutti quanti sarà di cacca per colpa sua.
Tutte le settanta persone, anche chi cucina, sono importanti. È un unisono. Non
contano solo il regista e l’attore. Tutti devono essere al massimo, altrimenti viene
un film mediocre.
Prima parlavamo della fama legata
alle fiction francesi. In Italia invece
in questi ultimi anni è diventato molto
famoso grazie ad alcuni ruoli, piccoli
ma marcanti, come quello del Gran
Maestro della confraternita del
gorgonzola in “Benvenuti al sud”.
Com’è?
Non ti rendi conto. Ancora oggi la
gente mi ferma al ristorante e mi dice le
battute del film. Fa ridere tutti. Puoi interpretare ruoli immensi che non restano.
In Francia ho fatto sessanta episodi della
“Crim’ ”. Ero conosciuto come Montalbano. Ma dieci anni dopo questa roba
era finita. Di nuovo cinema vs televisione. Questo qui otto anni dopo è ancora
il Gran Maestro della “cunfraternita dal
gurgunsöeula”. Il cinema ha un impatto
importantissimo, è un timbro, ti ricordi.
Perché la televisione viene da te. Sei lì in
casa e zappi. Se ti chiedo cosa hai visto ieri
sera mi dici “mah, un telefilm, NC qualcosa, non lo so se Los Angeles o Miami, o era
Steven Seagal?”. Se ti chiedo qual è l’ultimo film che hai visto al cinema mi dici il
titolo, dove hai parcheggiato, il nome della
pizzeria. Perché? Perché ci sei andato tu.
insieme, non è andato come speravamo. A
me sembra un buon film, ma a volte credi
in un film e non va, altre non ci credi e va
benissimo.
Oggi che ha sessantadue anni
cosa sta facendo? Anche qualcosa
di suo dietro la macchina da presa?
Sì, ho fatto il mio piccolo cortometraggio e sono molto contento. Purtroppo
in Svizzera abbiamo più commissari tecnici del cinema di quanti ne ha l’Italia per
il calcio. Quando vai a Locarno sono tutti
lì con le mani in pasta, ma mai nessuno
ha girato un metro. Io almeno un metro
volevo girarlo e ci sono riuscito. Questa è
una piccola cosa. Invece di lavoro vero sto
facendo un film in Austria, si chiama “Billionaire”. Ne abbiamo già girato un pezzo
a Viterbo. Interpreto un cardinale che fa
un patto con il diavolo. Si mette d’accordo
affinché le tenebre continuino a esistere,
perché senza tenebre nessuno cercherebbe
la luce e come ecclesiastico lui perderebbe
il lavoro. Una roba mostruosa. Dai diavolo! Continua a fare cattiverie, altrimenti io
non servo a nulla.
E noi diciamo: dai Teco, continua
a fare film, che abbiamo voglia
di vederli.
Grazie, sei un angelo. Caduto dal cielo e diventato diavolo.
Ha a che fare con il rituale, no?
Il rituale! Purtroppo c’è sempre meno
gente che va al cinema. Mi ha chiamato
Willi Hermann un po’ di tempo fa e mi
ha detto che “La buca”, che abbiamo fatto
Fotografie dal set del film “Le valli della paura”
12.
2014
1.
2015
Lu 8.12
Me 10.12
Showcase di Rete Uno
Luca Bonaffini –
omaggio a Pierangelo Bertoli
in diretta su Rete Uno
e streaming
rsi.ch/reteuno
Concerto per la Fondazione
Adriana Fasolis
con la partecipazione
straordinaria di Cecilia Bartoli
I Barocchisti
direzione di Diego Fasolis
musiche di Pergolesi
ore 20.00
Studio 2 della RSI, Lugano
ore 20.30
Chiesa San Nicolao, Besso
Gio 4.12 Lu 8.12 Gio 11.12
ore 19.30
Sala G Teatrino Palazzo dei
Congressi, Lugano
introduzione al concerto
con Maximilian Hornung
in diretta su Rete Due
ore 20.30
Palazzo dei Congressi, Lugano
in diretta su Rete Due
Orchestra della Svizzera
italiana
Concerti d’autunno
direzione di Alain Lombard
solista Maximilian Hornung,
violoncello, musiche di
Rimskij-Korsakov e Čajkovskij
rsi.ch/autunno
Do 7.12
ore 17.00
Scuola Steiner, Origlio
Fantaticino
Leggende a km 0
rsi.ch/retedue
RENDEZ-VOUS
ore 17.00
Fondation Gianadda, Martigny
I Barocchisti e Cecilia Bartoli
direzione di Diego Fasolis
musiche: Stabat Mater
di Pergolesi
gianadda.ch
Me 10.12
ore 18.30
Sala del Consiglio Comunale,
Bellinzona
Serate d’ascolto
Cessate cantus, le lettere
di Andrea Gabrieli
conferenza di Giuseppe
Clericetti seguita da un
concerto di Maurizio Croci
all’organo Antegnati della
Collegiata
ore 19.30
Sala G Teatrino Palazzo dei
Congressi, Lugano
introduzione al concerto
con Daniel Dodds
in diretta su Rete Due
ore 20.30
Palazzo dei Congressi, Lugano
in diretta su Rete Due
Orchestra della Svizzera
italiana
Concerti d’autunno
direzione di Vladimir
Ashkenazy
solista Daniel Dodds, violino
musiche di Elgar e Bruch
rsi.ch/autunno
Sa 13.12
ore 18.00
Studio Foce, Lugano
Showcase di Rete Uno
Patty Pravo
rsi.ch/reteuno
Sa 13 e Ve 9.1
Do 14.12
ore 20.30
Auditorio Stelio Molo RSI
in diretta su Rete Due
ore 20.30
Teatro Foce, Lugano
Fantaticino
Leggende a km 0
rsi.ch/retedue
Gio
18.12
ore 20.30
Palazzo dei Congressi, Lugano
in diretta su Rete Due
Orchestra della Svizzera
italiana
Concerti d’autunno
direzione di Nello Santi
solisti Adriana Marfisi, soprano
e Luca Grassi, baritono
musiche di Weber, Schubert,
Rossini, Verdi e Cilea
rsi.ch/autunno
Ma 6.1
ore 20.30
Auditorio Stelio Molo RSI
Concerto del Coro RSI
e de I Barocchisti
direzione di Diego Fasolis
musiche di Carl Philip
Emanuel Bach
Orchestra della Svizzera
italiana
Concerti dell’Auditorio
direzione di Juraj Valčuha
solista Sergej Krylov, violino
musiche di Schreker,
Korngold e Mozart
rsi.ch/retedue
Ve 16.1
ore 20.30
Auditorio Stelio Molo RSI
in diretta su Rete Due
Orchestra della Svizzera
italiana
Concerti dell’Auditorio
direzione di Lukasz Borowicz
solista Christian Poltéra,
violoncello, musiche di Mozart,
Martinů e Hindemith
rsi.ch/retedue
Ve 23.1
Do 25.1
ore 17.00
Osteria Teatro Unione, Riva
San Vitale
Lu 26.1
ore 20.30
Ristorante Grand Café Al Porto,
Lugano
Concerti Mosaico
Informazioni
T. +41 91 803 93 19
Ve 30.1
ore 20.30
Auditorio Stelio Molo RSI
in diretta su Rete Due
Orchestra della Svizzera
italiana
Concerti dell’Auditorio
direzione di Constantinos
Carydis
solista Jan Lisiecki, pianoforte
musiche di Mahler,
Mendelssohn e Schubert
rsi.ch/retedue
ore 20.30
Auditorio Stelio Molo RSI
in diretta su Rete Due
Orchestra della Svizzera
italiana
Concerti dell’Auditorio
direzione di Markus Poschner
solista Alina Pogostkina, violino
musiche di Weill, Prokof’ev
e Haydn
rsi.ch/retedue
29
28
club
Amos Oz
Giuda
Feltrinelli
Laura Forti
Nel romanzo “Giuda” di Amos
Oz, ambientato a Gerusalemme, tra il 1959 e il 1960, fa
molto freddo. Israele si è costituito da poco, ma ha già vissuto la guerra e il crollo dei
sogni: è un paese giovane
e già vecchio, proprio come il
protagonista di questa storia,
lo studente Schemuel Asch,
che ha già conosciuto molte
delusioni. Il destino lo farà
imbattere nel vecchio e cinico
Gershom Wald che ha perso
un figlio ucciso in guerra e
che cerca qualcuno con cui
parlare, e in sua nuora Atalia.
Le tre solitudini si incontrano
e si sfiorano, si attraggono
e si respingono. Oz è bravissimo a tenere i fili di tutti i suoi
personaggi, a renderci partecipi di una continua discussione sul senso delle azioni
umane, del “tradimento”, che
altro non è che un cambiamento necessario, della politica,
della fede, coinvolgendoci
in una narrazione densa, dove
i punti di vista cambiano,
aprendo nuove possibilità
di pensiero.
NOTA BENE
Charles
La CinémaGounod
thèque Suisse
Symphonies 1-3 al Cinestar
La ricchezza delle Sinfonie
di Lugano
di Gounod con l’OSI e Oleg
Caetani - CPO 2014
Alissa Nembrini
Haydn, Beethoven, Mendelssohn, l’influsso della forma
sonata, qualche accenno di
dodecafonia: le vibranti pagine
delle Sinfonie di Charles
Gounod ci regalano ricchezza
di ispirazione e momenti di
estrema seduzione, qualità
riconosciuta fin dalle prime
esecuzioni di metà ’800.
Registrato all’Auditorio Stelio
Molo RSI dall’Orchestra della
Svizzera italiana diretta da
Oleg Caetani, l’album, fresco
di pubblicazione CPO - etichetta nota per dedicarsi al repertorio poco o per nulla presente
sul mercato discografico -,
contiene anche una preziosa
“chicca”: la prima registrazione
mondiale del movimento lento
della Terza Sinfonia, unica
pagina completa di un’opera
altrimenti rimasta incompiuta
e di cui si potrà assaporare
anche l’introduzione ed esposizione del frammentario primo
movimento.
Marco Zucchi
Rete Due collabora con la
Cineteca svizzera e il Cinestar
di Lugano a un ciclo di proiezioni che comprende titoli
provenienti dall’immenso catalogo dell’istituzione losannese.
Sette film, uno al mese, proposti il giovedì sera e la domenica
mattina o pomeriggio, accompagnati in sala dall’introduzione di una “voce” di Rete Due.
Si è iniziato il 27 e 30 novembre con “Germania anno zero”
di Roberto Rossellini (1948)
e si continua l’11 e 14 dicembre
“Miracle on the 34th Street”
(1947); il 15 e 18 gennaio
“Charade” con Carey Grant
e Audrey Hepburn (1963); il 12
e 15 febbraio “Die andere
Heimat” di Edgar Reitz (2013);
il 5 e 8 marzo “Ninotchka” di
Ernst Lubitsch, con Greta
Garbo (1939); il 16 e 19 aprile
“L’assassino” di Elio Petri, con
Marcello Mastroianni (1961);
il 14 e 17 maggio l’ultracinefilo
“Matinee” di Joe Dante, con
John Goodman (1993). I membri del Club hanno sempre
diritto al prezzo ridotto e ogni
mese, sulle onde di Rete Due
e nell’ultima pagina di Cult,
c’è la possibilità di aggiudicarsi biglietti per le proiezioni.
Fidelio all’Opernhaus
di Zurigo
Sabato 2 e domenica 3 maggio 2015
Una visita che unisce il piacere della grande musica
alla scoperta dei tesori meno conosciuti della città
di Zurigo.
Sabato 2 maggio
al mattino, viaggio in Bus granturismo destinazione
Zurigo. Sul Bus introduzione all’opera a cura di un musicologo redattore di Rete Due. Pranzo libero e pomeriggio
a disposizione per le visite individuali.
Ore 19:00 inizio dell’Opera Fidelio all’Opernhaus.
Rientro in hotel con il bus.
Domenica 3 maggio
dopo colazione, visita guidata pedestre della città vecchia
(Altstadt), pranzo libero e nel primo pomeriggio visita alla
Fondation Collection E.G. Bührle (www.buehrle.ch).
L’importante collezione conta 168 quadri e 30 sculture
di diversi artisti di fama mondiale (Picasso, Van Gogh,
Renoir, Matisse, Monet, Degas…).
In serata rientro in Ticino.
Prezzo per persona in camera doppia
CHF 590.- per i soci e 630.- per i non soci.
La quota comprende viaggio in Bus granturismo, una
notte in hotel**** centrale in camera standard con prima
colazione a buffet. Visite guidate (in italiano) come da
programma. Biglietto opera prima categoria (CHF 230.incluso). Accompagnatore Club Rete Due e musicologo.
Supplementi per persona
camera singola CHF 70.- / camera deluxe (doppia)
CHF 15.- / camera deluxe (singola) CHF 30.-.
Iscrizioni
da lunedì 15 dicembre alle ore 9.00 al numero
+41 91 803 56 60. Penale in caso di annullamento:
dal 1. gennaio 50%, dal 1. febbraio 75%, dal 1. marzo 100%
Biglietti per
“La Cinémathèque Suisse”
al Cinestar
di Lugano
Proiezione di
“Miracle on the 34th Street”
di George Seaton (1947),
giovedì 11 dicembre ore 20.45
e domenica 14 dicembre ore 11,
al Cinestar di Lugano.
20 biglietti a disposizione dei
soci del Club telefonando al
numero +41 91 803 56 60
(fino a esaurimento)
Proiezione di
“Charade”
di Stanley Donen (1963)
giovedì 14 gennaio ore 20.45
e domenica 17 gennaio ore 11,
al Cinestar di Lugano.
20 biglietti a disposizione dei
soci del Club telefonando al
numero +41 91 803 56 60
(fino a esaurimento)
Martedì 6 gennaio 2015
Palazzo Reale, Milano
Van Gogh:
L’uomo e la
terra
Prezzo
la quota di partecipazione
comprendente trasferta
in pullmann, biglietto d’entrata
e visita guidata
è di CHF 75.- per persona
Iscrizioni
T. +41 91 803 56 60
[email protected]
31
30
14/15
DAB
E-mail
[email protected]
Redazione Cult
Fosca Vezzoli
Internet
rsi.ch/rete-due
Art Director RSI
Gianni Bardelli
Fotolito
Prestampa Taiana
Stampa
Duplicazione RSI
© RSI
tutti i diritti riservati
K12
Produttrice Rete Due
Sandra Sain
Satellite Hotbird 3 Posizione 13° Est Frequenza 12.398 GHz
Ccp
69-235-4
SATELLITE
Club Rete Due
casella postale
6903 Lugano
T +41 (0)91 803 56 60
F +41 (0)91 803 90 85
retedue.rsi.ch
Progetto grafico
Ackermann Dal Ben
Frequenze di Rete Due Fm
Bellinzonese 93.5
Biasca e Riviera 90.0 97.9 93.5
Blenio 90.0
Calanca 90.2
Leventina 90.0 93.6 96.0
Locarnese 97.8 93.5 92.9
Luganese 91.5 94.0 91.0
Bregaglia 97.9 99.6 96.1
Malcantone 97.6 91.5
Mendrisiotto 98.8
Mesolcina 90.9 91.8 92.6
Maggia-Onsernone 97.8 93.9 91.6
Val Poschiavo 94.5 100.9
Verzasca 92.3 92.7
Galleria Mappo-Morettina 93.5
Rivera-Taverne 97.3 92.8
INTERNET
n.9