BO Imola - 29maggio13

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BO Imola - 29maggio13
DDT
Diversi Teatri delle Diversità/ Diversi Dirompenti Teatri
(Different Diversity’s Theaters/Different Disruptives Theaters)
29 maggio/2 giugno 2013 - IMOLA
Invito
per le classi degli istituti d’Istruzione Superiore di Imola
Mercoledì 29 maggio 2013 - dalle 9.00 alle 13.00
Teatro Comunale Osservanza
Incontro
con le esperienze di Teatro in Carcere e Teatro nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Reggio Emilia:
racconti, testimonianze, spettacolo, confronto con gli studenti,
nell’ambito della IV edizione del festival “DDT – Diversi Teatri delle Diversità/Diversi Dirompenti Teatri” e nella
consuetudine di una ricerca di collaborazione tra il festival e gli Istituti d’Istruzione Superiore di Imola.
Saremmo lieti della vostra partecipazione a una iniziativa particolarmente significativa, che accadrà a
pochi giorni dalla proclamata chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari in Italia.
L’esperienza di Roberto Mazzini e dell’Associazione Giolli nel carcere di Reggio Emilia.
Il carcere come non luogo, come luogo sconosciuto ai più, come discarica sociale.
I progetti di Giolli in campo carcerario cercano, usando il Teatro dell'Oppresso di Boal, di risvegliare la coscienza
critica di detenuti e spettatori, di facilitare la comunicazione dentro fuori, di rompere stereotipi ed etichette, di
favorire la conoscenza diretta del carcere, dei detenuti e della loro umanità.
I progetti svolti nel carcere di Reggio Emilia, proseguono da 5 anni e hanno avuto diverse strutture a seconda delle
condizioni di lavoro, del gruppo detenuti, della Direzione carceraria. In alcuni casi siamo usciti sul territorio a
portare alcune tematiche comuni a detenuti e non. In altri casi siamo rimasti all'interno, invitando il pubblico di
cittadini. Si è parlato di diritti, di futuro, di come si vive dentro, di come si vorrebbe vivere fuori, di incontri belli e
brutti coi cittadini.
Nella mattinata di Imola la presentazione di Roberto Mazzini di Giolli avverrà in forma dialogica.
La prima parte riguarda il dialogo su giustizia, legalità, trasgressione, pena, perdono, carcere, misure alternative.
La seconda parte mostrerà alcuni frammenti video dell'esperienza condotta da 5 anni nel carcere di Reggio Emilia,
con gruppi diversi di detenuti maschi, italiani e stranieri.
Seguiranno domande e commenti.
Potrebbe esserci la presenza di un detenuto testimone o di una volontaria che ha seguito il lavoro negli ultimi mesi.
OBIETTIVO: obiettivo dell'incontro è di coinvolgere i giovani in una riflessione sul carcere e sul teatro, perché si
mettano in discussione precedenti stereotipi e pregiudizi e si avvii una conoscenza maggiore di questa realtà.
L’esperienza teatrale nell’OPG di Reggio Emilia.
Lo spettacolo PITBULL
È possibile rieducare un Pit Bull? È possibile reinserire all’interno della cosiddetta
società civile un cane che ha vissuto innumerevoli combattimenti, che ha subito ed
inferto inenarrabili violenze?
Questo spettacolo nasce da questa controversa questione, lungamente dibattuta
da etologi ed animalisti.
Il Pit, il cane da combattimento per eccellenza, per essere preparato al ring,
subisce un addestramento infame: “catena e bastone, bastone e catena…” ai quali
si aggiunge un massiccio uso di droghe e di stimolanti. Il Pit, perché distrugga il
suo avversario, è sottoposto ad un processo di sistematica decostruzione dei limiti
e degli argini naturali che ogni animale, compreso l’uomo, ha inscritti nel dna. La violenza diviene così una forza
che si autoalimenta, che nutre sé stessa, seguendo una logica distruttiva ed autodistruttiva. Il Pit diviene una
molla, “un fascio di muscoli e nervi pronto a scattare contr’a chicchessia”.
In scena a porre il pubblico di fronte al problema della rieducazione del Pit uno scopino della M.O.F.: un lavorante
dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario appassionato di cani. L’eco delle sue parole riecheggia tra i muri di cemento
armato e si riverbera immediatamente sulla condizione del ricoverato dell’O.p.g., dell’internato del “manicomio
criminale” ingabbiato in un canile dove gli si chiede di ritrovare l’equilibrio e di ricostruire quei limiti e quegli argini
che egli ha irrimediabilmente perduto. L’O.p.g. è abitato da un popolo di combattenti, che hanno ingaggiato una
lotta dura con la vita, che hanno inferto e subito grande sofferenza, ma che alla fine in tutti i casi hanno avuto la
peggio.
È così che la domanda di partenza alla fine dello spettacolo risulta ribaltata: è possibile reinserire all’interno della
cosiddetta società civile un ricoverato dell’O.p.g.? La risposta è sì.
Rimane però inevaso un ultimo interrogativo che viene consegnato al pubblico irrisolto: siamo sicuri che il “canile
giudiziario” sia il luogo adatto per favorire questo processo?
Testo e regia di Monica Franzoni e Riccardo Paterlini
Le classi che intendono partecipare dovranno far pervenire la propria adesione a
Marina Mazzolani (Cell.: 3392294412 – Email: [email protected])
entro il 30 aprile
Grazie