Invidia La passione triste - Centro diocesano Vocazioni

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Invidia La passione triste - Centro diocesano Vocazioni
Percorso di approfondimento per catechisti - 2012-2013
Non così avete imparato a conoscere Cristo (Ef 4,20)
Percorso tematico di approfondimento per catechisti - 2012-2013
Invidia
La passione triste
Telefonini, sms, smartphone, facebook ecc…
contengono, nella comunicazione, alcune
emotions. Se guardaste i messaggi dei nostri
ragazzi (o anche i nostri…) trovereste cose del
tipo =) op. =( che si traducono
automaticamente con un faccina. Molti
telefonini touch, nelle tastiere dei messaggi
hanno già le combinazioni pre-impostate. È il
modo che usano i ragazzi di descrivere stati
d’animo, emozioni ecc…
:-)
:)
:-D
Sono felice
La frase precedente è scherzosa
Sto ridendo a crepapelle (di voi)
:-(
:[
Sono triste, agitato o depresso
Non è piaciuta l'ultima affermazione
:-o
:o
oH, sono stupito
8-) Sono stupito!! (occhi spalancati)
:-O
WOW, sono molto sorpreso
Provate ora a disegnare, nella tabella sottostante, l’emotion dei sentimenti/stati d’animo descritti
TRISTEZZA
GELOSIA
INVIDIA
RISENTIMENTO
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Percorso di approfondimento per catechisti - 2012-2013
Non così avete imparato a conoscere Cristo (Ef 4,20)
1. Definizioni e fenomenologia
San Tommaso d’Aquino, profondo conoscitore del mistero di Dio e quindi del mister dell’uomo, ebbe a
definire l’invidia quella dinamica che ti fa sentire il bene altrui quale male proprio 1.
Anche Basilio di Cesarea si trova sulla stessa lunghezza d’onda: L’invidia è tristezza per il bene del prossimo.
In questo senso, afflizione e depressione, non fanno mai difetto nell’invidioso.2
Tra tutte le definizioni, tuttavia, una delle più efficaci sembra essere quella che identica l’invidia come la
passione triste. Proviamo a spendere qualche parola sulla dinamica della tristezza nel quale alveo l’invida
trova la sua collocazione.
Nel 2003 in Francia, apparve un saggio dal titolo: Les passion tristes Suffrance psychique et crise sociale. In
esso, sociologi, psichiatri e psicologi compiendo un interessante viaggio nel mondo giovanile sono giunti
alla “scoperta” di un malessere diffuso, di una tristezza che attarversava la vita di tanti giovani. La
consistenza di questa crisi, la sua scaturigine è attribuibile, a detta del filosofo U. Galiberti che curò la
presentazione di questo saggio per l’Italia, ad un cambiamento di segno del futuro: dal futuro-promessa si è
passati ad un futuro-minaccia. “E siccome la psiche è sana quando è aperta al futuro, quando il futuro
chiude le sue porte o, se le apre, è solo per offrirsi come incertezza, precarietà, insicurezza, inquietudine,
allora ‘il terribile è già accaduto’ perché le iniziative si spengono, le speranza appaiono vuote, la
demotivazione cresce, l’energia vitale implode”3.
La tristezza sembra quasi diventare il male della vita, di una vita che rincorre continuamente occasioni e
mete irraggiungibili, sempre più lontane e alla fine si infrange nella delusione e nella frustrazione.
Tra i tanti volti della tristezza, uno particolarissimo è quello dell’invidia. Nota la filosofa E. Pulcini: in questo
mondo artificiale e spettacolare, ricattato dalla perdita del futuro e dallo smarrimento dei valori, l’invidia
domina sovrana perché, a differenza di una competizione schietta e progettuale, essa si accontenta di mete
transitorie e si nutre della perenne ansia di un io senza identità.”4
In questo contesto di incertezza, di mancato affidamento al futuro, le passioni tristi, quelle che provocano
un ripiegamento su se stessi, e fanno attaccare l’uomo a sicurezze immediate e illusorie, l’invidia nasce e
prende forma in maniera strisciante e subdola, impoverendo l’uomo e lasciandolo solo.
1.1 Tra tristezza e ira: l’invidia
Come stiamo dicendo, una delle manifestazioni più turbolente della tristezza è l’invidia. Essa ha un volto
appariscente. Procedendo dall’orgoglio, l’invidia rifiuta l’ordine dei valori essenziali e ostacola il lavoro della
Provvidenza. La sua origine è la philautìa, l’orgoglio, l’amore distorto di sé. Tesse poi legami profondi con la
tristezza e con l’ira. Per Gregorio Magno invidia ira e tristezza sono tre anelli strettamente collegati nella
catena dei vizi. Una rabbia covata soprattutto se provocata dal bene dell’altro, bene che si vorrebbe
possedere, è nutrimento per l’invidia; così pure, un cuore pieno di risentimento trova nell’invidia un
terreno fecondo. Ma essa assume soprattutto il volto di una tristezza piena di rancore e di amarezza.
Essenzialmente nel sottofondo dell’invidia c’è la tristezza suscitata dalla visione del bene altrui e proprio
questo porta ad una rabbia, ad una irritazione interiore verso colui che sembra rubare il bene che spetta a
me.
“L’invidia si nutre di tristezza e provoca tristezza e dolore. L’invidia è il tormento dell’impotenza che si
consuma in se stessa e desidera costantemente la distruzione di colui che viene invidiato.”5
Cfr. TOMMASO D’AQUINO, Summa Teologiae, II-II, q. 36, a.1
BASILIO DI CESAREA, Omelia XL. Sull’invida: “ Non è invidiosa la carità”.
3 U. GALIMBERTI, Noi malati di tristezza. “L’epoca delle passioni tristi” vista da Umberto Gsalimberti, in “Repubblica”, 1 giugno
2004, citato in A. PIOVANO, Tristezza, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2012, p.6.
4 E. PULCINI, Invidia. La passione Triste, Il mulino, Bologna 2011, p. 137.
5 S. NATOLI, Invidia. Il tormento dell’impotenza. In “Avvenire”, 2 gennaio 2011, p. 19, citato in A. Piovano, Tristezza, o.c., p.102.
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1.2 L’invidia, passione sociale e relazionale
Potremmo dire che l’invidia relazionale e relativa: il proprio bene o il proprio valore viene spesso misurato a
partire dal bene e dal valore dell’altro. Ed è qui, nella dinamica del confronto che l’invidia trova un habitat
interessante per il suo sviluppo. Già, l’invidia presuppone il confronto ed è nel confronto che essa trae la
sua forza. Similmente alla sorella Avarizia, l’invidia spesso rimane nascosta, nell’anonimato ma alcune volte
emerge nel confronto con un patetico outing di complimenti che goffamente cercano di celare il verme che
si muove dentro.
Questa dinamica è un bel problema perché il confronto è alla base della socialità e la socialità/relazionalità
è elemento fondamentale dell’identità degli uomini.
Più in profondità, la dinamica del confronto apre il campo all’invidia quando si è prossimi, simili o uguali.
L’uguaglianza è il presupposto per eccellenza dell’invidia in quanto autorizza il confronto e lo rende quasi
legittimo. Quando qualcuno è simile a noi, possiede qualità che possediamo noi, allora la possibilità di
desiderare l’esclusiva su quel bene o su quella caratteristica, fa scattare la molla dell’invidia.
1.3 Alcuni binomi
Potremmo ora fare alcune ulteriori considerazioni sul rapporto tra l’invidia e altre dimensioni spirituali e
interiori dell’uomo.
Il primo è tra invidia e gelosia. Quando l’oggetto dell’invidia diventa non più solo la caratteristica o il bene
che un altro possiede ma la persona stessa, essa è invidia vera e propria. Quando invece l’oggetto del
desiderare è una terza persona, allora parliamo di gelosia. Semplificando, l’invidia presuppone un confronto
a due, mentre la gelosia, un confronto a tre.
Il secondo è tra invidia e orgoglio. C’è differenza tra le due realtà ma esse rimangono profondamente
collegate. Mentre la prima vive nell’anonimato, di sponda, sottobanco, come vedremo in seguito, il
secondo ha bisogno di apparire. L’orgoglio è la superbia manifestata, la sindrome di superiorità. La superbia
è l’amore per la propria eccellenza da cui dipende la presunzione di superare gli altri. Nel momento in cui si
viene tuttavia superati, non ci si rassegna ma nasce l’invidia, che si consuma in questo senso del limite e
dell’orgoglio ferito.
A seguire consideriamo il rapporto tra odio e invidia. L’odio è l’esito morale dell’invidia. L’altro,
irraggiungibile e desiderato viene visto come non amabile, anzi, un vero e proprio ostacolo alla propria
realizzazione. Per questo esso diventa oggetto di ira, vendetta, risentimento, odio.
Infine consideriamo la relazione tra l’invidia e il risentimento. Il risentimento è un progressivo
avvelenamento del cuore che l’invidioso si procura, da buon masochista, e che insorge quando l’uomo sa di
potrebbe avere in possesso i beni dell’altro ma non ha alcuna chance di impossessarsene. Nel cuore
dell’uomo allora cova un rancore che si trascina e si acuisce nel tempo, finendo per intossicare l’intera
personalità con sentimenti negativi come la vendetta, la perfidia, la gioia maligna per il male altrui.
L’estrema conseguenza del risentimento è un desiderio di morte dell’altro che
emerge in molti modi ma che si riconduce ad un solo piacere: distruggere e non
procurare vita.
Dalle considerazioni fatte in questi paragrafi, ci accorgiamo che l’invidia è una
passione quanto mai sociale: essa intacca la fiducia nell’altro, la stima del fratello
e mette in repentaglio la giustizia e la bontà della relazione umana. In questo
senso parliamo di passione sociale, che ha un potere dilagante e persuasivo,
capace di incidere sulla scena pubblica, sull’economia, sulla politica, sul tessuto
culturale e morale della società.
2. Invidia allo specchio.
A Padova, presso la Cappella degli Scrovegni, Giotto dipinse tra il 1303 e il 1305
alcune figure allegoriche. Tra di esse c’è anche l’invidia, speculare alla virtù della
carità. L’artista, nella sua simbologia, rappresenta una vecchia che tiene in mano
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un sacchetto. Il suo corpo è avvolto di fiamme mentre dalla sua bocca emerge una serpe che si ritorce
contro il volto, accecandole un occhio. Le sue mani, pronte a catturare e rapaci, sembra desiderino
possedere ciò che gli altri hanno ma lei non ha. Le fiamme sono il simbolo dell’ira che cova nel cuore della
donna e la tormenta.
Tra tutti i simboli usati, quello più interessante è caratterizzato dalla lingua a forma di aspide. Esso fa
emergere due strumenti usati dall’invidioso: la parola e lo sguardo. Usata subdolamente, doppia, allusiva,
sibillina, la parola è simile al serpente e ha il potere distruttore del fuoco (pensiamo alla diffamazione che
spesso nasce da un cuore invidioso). Ed è proprio questa parola distorta che impedisce all’uomo di
guardare con verità all’altro sottoponendolo sempre ad desiderio smodato delle sue capacità. Ecco il
motivo dell’occhio ferito, reso incapace di verità.
Da questa allegoria noi possiamo trarre una piccola regola, un semplice insegnamento: la parola invidiosa
rende se stessi ciechi e l’altro in-viso. (invidia da in-video: malvisto).
Sguardo e parola quindi diventano i grandi strumenti attraverso i quali il demone compie il suo lavoro di
distruzione della socialità.
L’invidioso è colui che non può vedere bene, che vive nelle tenebre, che si allontana dalla luce cercando
l’ombra e che vede l’altro sempre come un nemico, un usurpatore. Questa situazione di cecità rende la vita
dell’invidioso inquieta, minacciata, tormentata, proiettata verso ciò che si vorrebbe avere o essere ma non
si riesce ad ottenere. Questo sguardo senza luce produce tristezza e sofferenza che avvolgono il cuore e i
desideri dell’altro.
L’invidioso, poi attacca attorno a sé, attraverso la Parola che distrugge, corrompe, uccide la vita. La Parola
invidiosa non è mai chiara, sempre strisciante, doppia, piena di dubbio, come il serpente. Due sono le
forme di questa parola mortifera: la maldicenza e la diffamazione che giocano di nascosto, alle spalle,
minando il contesto sociale e rompendo rapporti e relazioni.
3. La Scrittura
Provando a planare a volo di uccello sulla testimonianza della scrittura, individuiamo insieme alcuni testi e
spunti che essa ci offre sulla dinamica dell’invidia. Ci serviamo di un contributo di mons. Vincenzo Paglia,
vescovo di Terni-Narni-Amelia, presidente del Pontificio consiglio per la famiglia intervenuto al Festival di
Spoleto lo scorso luglio.
Potremmo dire che inizia con Lucifero, l’angelo “portatore di luce” la serie degli invidiosi nella Sacra
Scrittura. Lui, dopo essersi ribellato a Dio, volendo essere simile a Lui, è stato scaraventato negli inferi, ossia
in una condizione di definitiva e incolmabile separazione da Dio. Nella seconda Lettera di Pietro, a
proposito di questi angeli ribelli, si scrive: «Dio non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li precipitò
in abissi tenebrosi, tenendoli prigionieri per il giudizio» (2,4). Lucifero, imprigionato in questa lontananza
infernale, non tollera però coloro che sono in comunione con Dio, non sopporta il conversare sereno di
Adamo ed Eva con Dio. Ne prova profonda invidia. E decide di rovinarli iniettando nel loro cuore quello
stesso veleno dell’orgoglio: se mangiano il frutto dell’albero della vita saranno come Dio. I due si lasciano
tentare. E accettano il consiglio. Le conseguenze sono drammatiche: scardinano l’armonia con Dio e quella
tra loro e con il creato. È il primo peccato, quello “originale”, prototipo di ogni peccato. Il Libro della
Sapienza commenta: «Sì, Dio ha creato l'uomo per l’immortalità; lo fece a immagine della propria natura.
Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli
appartengono» (2,23-24). È a causa dell’invidia di Lucifero che il male e la morte fanno il loro ingresso nel
mondo.
(…) L’invidia, potremmo dire, dopo aver preso possesso dell’animo umano, si mette subito all’opera. Ed
ecco Caino che prova invidia per Abele, suo fratello, sino ad ucciderlo. Nella sua forza archetipica, il peccato
di Caino è denso di implicazioni simboliche. Egli non era cattivo, ma l’invidia verso il fratello lo acceca. Caino
non sopporta che Dio ami Abele in maniera particolare. Abele non era migliore di Caino, ma più debole
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(abel significa soffio, debolezza), per questo Dio gli era più vicino. Caino è accecato dall’invidia e giunge sino
al fratricidio. L’invidia danneggia chi ne è posseduto e colui verso il quale si dirige.
A questi aggiungiamo anche la relazione tra Esaù e Giacobbe, al quale fu rubata la primogenitura; il
rapporto di Giuseppe con i suoi fratelli, che lo vendettero come schiavo ad una carovana diretta in Egitto
perché invidiosi del rapporto di Giuseppe col Padre; e poi Davide, invidiato da Saul…
Per questo Gesù svela la crudeltà insita nei vizi e chiama i discepoli all’altezza dell’amore. «Avete inteso che
fu detto agli antichi: non ucciderai… ma io vi dico: chiunque si adira contro il proprio fratello dovrà essere
posto a giudizio» (Mt 5,21), dice Gesù ai discepoli. E’ la misura alta della perfezione del cuore e dei suoi
sentimenti. Il Nuovo Testamento non può non condannare senza appello l’invidia, appunto perché tradisce
il precetto dell’amore, inquina e lede il rapporto con l’altro. Gesù stesso cadde vittima dell’invidia dei
sommi sacerdoti quando lo consegnarono a Pilato, preferendogli Barabba, e ne invocarono la crocifissione.
L’astio e il risentimento verso Gesù diventarono accecanti e ossessivi. «Crocifiggilo!», gridavano tutti a
Pilato. Eppure Pilato «sapeva bene che glielo avevano consegnato per invidia» anche se continuava a
chiedere quali fossero le colpe di Gesù (Mc 15,10; Mt 27,18). Ma l’invidia non sente ragioni e “mette in
croce” l’unico giusto. L’invidia, infatti, disgrega la convivenza pacifica e uccide l’amore. Essa può nutrirsi
solo della distruzione dell’altro e può unire in maniera perversa, come avvenne appunto sotto la croce. Ma
l’amore risorge e vince le forze del male e con esse l’invidia.
Il Vangelo non lascia dubbi su ciò che può sconfiggere la discordia, il conflitto e la malevolenza: l’amore
gratuito di Dio. È questo amore, caritatevole, generoso, appassionato, gratuito, senza limiti, l’unico che ha il
potere di rompere la logica delle passioni e la forza dei vizi capitali. A questo fece appello il cristianesimo
delle origini, che, attraverso gli Atti degli Apostoli, appare quanto mai consapevole delle minacce di
disgregazione che insidiano la neonata comunità cristiana. L’invidia è sempre presente negli elenchi dei vizi
da cui Paolo nelle sue Lettere mette ripetutamente in guardia i fratelli, per scongiurarne divisioni e rivalità e
proteggere quindi la concordia che è il fondamento stesso della vita della comunità cristiana. Solo l’amore,
come canta il celebre inno alla carità nella Prima Lettera ai Corinzi (13,4), può opporsi alle passioni
distruttive e garantire la concordia unendo tutti in un corpo unanime: «La carità è paziente, è benigna la
carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse,
non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si compiace della verità».
4. Chi sono gli invidiati?
Chiunque, almeno una volta nella vita, anche il più insospettabile. Anche un povero può essere invidiato da
un ricco (film di Natale…) ma spesso sono coloro che posseggono doni, ricchezze capacità ad essere oggetto
di invidia. Anche e soprattutto i simili, sono spesso oggetto di invidia, soprattutto del sa “simili” passano a
“più nobili” mansioni. Questo significa quindi che nessuno è escluso da questa dinamica. Questo significa
vigilare su un’ulteriore duplice dimensione dell’invidia, cioè la paura di essere invidiati che spesso muove
senso di colpa e frustrazione v e il desiderio di essere invidiati che mette in campo atteggiamenti
appariscenti e orgogliosi.
C’è infine un capitolo, che tralasciamo ma che trova una certa pubblicistica è che è il binomio invidia-donna.
Lontano da considerazioni stereotipate, banali o accusatorie, considerare la quaestio dell’invidia tra donne
e dell’invidia nel rapporto uomo e donna è interessante. Rimandiamo al contributo di Elena Pulcini che
delicatamente ma con sincerità tratta l’argomento. 6
5. Si può guarire dall’invidia?
Non ci si può svincolare dalle malie dell’invidia se non attraverso il balsamo della carità quella carità che
nella sua struttura più profonda liberata ogni forma di invidia.
La carità è capacità di condivisione, desiderio di crescita dell’altro, consapevolezza umile e serena della
propria realtà, con i propri doni e con i propri limiti.
Combattere l’invidia è iniziare a guardare la vita con uno sguardo sempre più ampio e profondo. San
Massimo il confessore disse: Potrai arrestare la tua invidia se ti rallegrerai di ciò di cui si rallegra colui che è
da te invidiato e se ti rattristerai con lui di ciò per cui anche lui si rattrista.
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E. PULCINI, Invidia. La passione Triste, o.c., pp.117-131.
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Nella relazione questo assume lo stile dell’accoglienza e del rispetto, accettando ciò che l’altro è e
accettando noi, diversi da lui. Enzo Bianchi, priore del monastero di Bose afferma: Ha ucciso il sentimento
dell’invidia chi riesce a dire: “Ciò che ho potuto fare di bene l’ho fatto grazie agli altri che sono con me;
senza questi miei fratelli amati non avrei potuto fare qual poco di bene che ho operato.”7
Il cammino di guarigione dall’invidia è e rimane
comunque difficile per il suo carattere subdolo e
strisciante. Il primo grande passo da fare è quello di
non temere di dare un nome al male che c’è nel
cuore anche se dobbiamo ammettere che l’invidia
resiste più di ogni altra passione, a questo salutare
smascheramento.
IL VACCINO CONTRO L'INVIDIA
Quando al mondo appare un genio, potete riconoscerlo da
un segno inequivocabile: tutti si coalizzano contro di lui.
La virtù è sempre perseguitata: gli invidiosi muoiono,
l'invidia mai. Sono due classici della letteratura dei loro
paesi, l'anglo-irlandese Jonathan Swift, autore della prima
frase, e il francese Molière, a cui dobbiamo la seconda. E se
vogliamo comporre una trilogia, ecco il tedesco Nietzsche che
aggiungeva: «Non augurate all'invidioso di avere figli:
sarebbe geloso di loro perché non può più avere la loro età!».
Avete, dunque, capito quale sarà il tema di questa puntata
della nostra rubrica, l'invidia, «una palla di gomma che più
la spingi sotto più ti torna a galla», come scriveva il nostro
Moravia. La sua anima più profonda era stata centrata da
un filosofo come Baruch Spinoza: «godere del male altrui e
rattristarsi dell'altrui bene». Essa è, per questo, entrata nel
tetro corteo dei vizi capitali e, a sua volta, ha attorno a sé
una serie di attendenti o dame di compagnia, come il livore,
l'astio, la malevolenza, la calunnia, la cattiveria.
Vorremmo mettere l'accento su un solo aspetto di questo
vizio, come ci è suggerito dai testi citati. L'invidia non
sopporta la superiorità dell'altro in intelligenza, in bontà,
in bellezza, in umanità. E allora si scatena per infangare.
Ma può trasformarsi in un boomerang. L'invidioso, non
riuscendo a distruggere del tutto l'altro, si tormenta:
«l'invidia è carie per le ossa», dice suggestivamente il libro
biblico dei Proverbi (14,30). Figlio della gelosia è l'odio,
ma questo vizio è come un veleno che ti sei inoculato e non
ti dà tregua. La figura del re Saul torturato dalla sua
invidia per Davide è un simbolo per tutti. Cerchiamo di
vaccinarci contro questa malattia dell'anima con
dosi sostanziose di autocritica e umiltà.
G. Ravasi – Il Mattutino in Avvenire del 25.08.2011
7 E. BIANCHI, Una lotta per la vita, p.184
6
Da Le mille facce dell’invidia di
A. Matteo
A chi scrive pare che la vicenda di Gesù – i suoi gesti e le sue
parole – possa pure, in misura ampia, essere riletta e riproposta
oggi come invito a un fecondo apprendistato di un vedere e di un
vivere nuovi, riconciliati e riconcilianti, benedetti e benedicenti. La
narrazione evangelica ci riporta con grande abbondanza di
particolari il modo singolare con cui egli ha saputo guardare gli
uomini e le donne del suo tempo, la loro sorte e condizione, e come
essi siano stati efficacemente illuminati proprio da quello sguardo.
Dal suo sguardo generosamente ospitale, accogliente, invitante,
incoraggiante, in grado di cogliere l’altro da sé nella sua singolarità
e originalità, emerge una forza risanante che sa restituire ciascuno
alla sua verità e soprattutto alla bontà fondamentale che segna,
sostiene e custodisce ogni esistenza. È uno sguardo che sa
resuscitare la vita nella vita. Il mondo è il luogo dove scoprire le
tracce della cura divina nei confronti della creatura umana, e che
da ultimo la rinviano a un felice «alzare gli occhi al cielo». È
proprio in questa espressione che trova la sua più efficace scrittura
il mistero che governa lo sguardo di Gesù. Il «cielo» non è affatto
vuoto. È l’istanza promettente e affidabile della presenza divina,
l’istanza dell’abbà/padre, da cui ogni cosa del mondo è venuta
alla luce, che Gesù ha a cuore di rivelare compiutamente agli
uomini e alle donne del suo tempo e di ogni tempo. È esattamente
con lo sguardo alzato e fissato sulla dedizione incondizionata di
Dio, sul singolare amore che ne connota la verità profonda, che
ciascun uomo e donna della terra può finalmente recuperare le
forze per interrompere la presa del meccanismo mimetico e del suo
potenziale distruttivo d’invidia. Riconoscendo infatti con
riconoscenza l’amore di Dio che ha eletto ciascuno all’esistenza,
siamo restituiti alla nostra verità, alla nostra singolarità, alla
nostra finitezza, con il dono di una benedizione che offre
finalmente la grazia di un «sì» alla vita, con il quale fare
finalmente a meno dei meccanismi del confronto e del paragone
infinito. Di più, con la luce di tale benedizione, possiamo
«perdonare gli altri». Qui prorompe la forza umanizzante della
parola evangelica: tu puoi e tu devi dunque perdonare agli altri la
loro differenza da te, la loro alterità, in quanto è un’alterità voluta
e benedetta dal Padre. Così come voluta e benedetta dal Padre è la
tua alterità e singolarità. Il tuo essere come nessun altro.
Percorso di approfondimento per catechisti - 2012-2013
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Bibliografia:
ELENA PULCINI, Invidia, La passione triste, Mulino, Bologna 2011
ADALBERTO PIOVANO, Tristezza, San Paolo, Cinisello Balsamo 2012
VINCENZO PAGLIA, Invidia, la passione triste del XXI secolo; articolo reperibile dal suto www.avvenire.it
pubblicato il 01 luglio 2012, intervento tenuto presso il festival di Spoleto 2012.
ARMANDO MATTEO, Le mille facce dell’invidia, articolo pubblicato su avvenire il 12.12.2012 reperibile si
www.avvenire.it
Faccina
Variante
1° Significato
2° Significato
Stati d'animo
:-)
:)
:-D
La frase precedente è
scherzosa
Sono felice
Sto ridendo a crepapelle (di voi)
:-(
:[
Sono triste, agitato o depresso
:-o
:o
oH, sono stupito
Non è piaciuta l'ultima
affermazione
8-) Sono stupito!! (occhi
spalancati)
:-O
WOW, sono molto sorpreso
:-I
Hmmm, indifferente
:-/
Hum, scettico, indeciso
:'-(
Piango
:'-)
Sono così contento che sto piangendo di
gioia
(:-(
Sono indispettito
:-[
Sono particolarmente arrabbiato
L'utente è un vampiro
Sto pensando
:-|
(:-|
No comment, basito
Imbarazzato (arrossisco)
:-<
<:-(
WIWI, tristemente solo
Depresso
:-c
=:-o
Sono scocciato
:-C
Sono incredulo
Stati fisici
:-~)
%)
Sono raffreddato
%*}
Hic, ho bevuto troppo
Forse ho bevuto troppo
:*)
Hic, sono ubriaco
%')
Hic,sono ubriaco fradicio
%-}
Sorriso da ubriaco
%+{
Ho fatto a botte (e ho perso).
Mi hanno gonfiato come
una zampogna
X-(
Sono appena passato a miglior vita
(morto)
Sono candidato suicida
(:-$
Sono malato
|-O
Sto sbadigliando o russando
Descriviamoci fisicamente
:-(=)
(:I
Ho dei grandi denti
Sono una testa d'uovo/pelata
(intellettuale)
Sono calvo
7
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:-{)
:-[)
Ho i baffi
Altre varianti :<)
:-{}
:-}
Mi sono messa il rossetto
:-#
Ho un'apparecchio per i denti
(-:
Sono mancino
%-|
Sono strabico
{:-)
{(:-)
Indosso le bretelle
Porto il parrucchino
Porto una parrucca
&:-)
Ho i capelli ricci
P.:-)
Ho i capelli mossi
=:-)
Ho la testa bagnata
B-)
Porto gli occhiali con la montatura di corno Bat Messaggio
B-)
Porto gli occhiali da sole (ho la vista
appannata)
:^)
Ho il naso rotto
Prendo in giro qualcuno per il
suo naso
:-)}
Ho la barba a punta
Ho il pizzo
:-Q
Sono un fumatore
(:+)
Ho un grosso naso
(:^(
Ho il naso rotto
.-)
Ho i capelli ritti
Ho un occhio solo
@:-)
Ho il ciuffo
Indosso un turbante
Descriviamoci mentalmente
<:-I
Sono un asino ignorante o stupido
Q:-)
Sono appena laureato
|-I
Sono assai ignorante
(indosso un cappello d'asino)
Sono addormentato
%-6
Sono in condizione di "morte cerebrale"
Sono cerebroleso
Azioni
;-)
:-;
Ehiii, occhiolino, amicante
:-1
:-]
Sorrisino
Sarcasmo pungente
>;->
Ammiccamento demoniaco e crudele
>:->
diavolo
:->
:-P
smile sarcastico, malizioso
:-pPpP
#:-)
Prrr, pernacchia
Oops, (con la mano davanti alla bocca)
*<:-)
Indosso il cappello di Babbo Natale
[:-)
Ascolto il walkman
(:-*
Smack, mando un bacio
:-9
Blahh, linguaccia
Sorriso da qualcuno con i capelli arruffati
:-*
:-@
Ho fatto un'osservazione
veramente crudele
:O
Sto gridando
Yummy, mi sto leccando le labbra
||*(
Offro stretta di mano (facciamo la pace?)
||*)
Ricambio stretta di mano (pace accettata!)
8
Ho appena detto o fatto
una cavolata
Indosso un cappellino di
lana con pon-pon
Percorso di approfondimento per catechisti - 2012-2013
Non così avete imparato a conoscere Cristo (Ef 4,20)
Affermazioni
#-)
Ho folleggiato per tutta la notte
:-S
Ho appena fatto
un'affermazione incoerente
:-))
:-))))
%-(
HaHa, mi fai molto ridere
L'utente ha il doppio mento
Ouch, mi hanno fatto gli occhi neri
!-/
Ouch, mi hanno fatto un occhio nero
:/)
Non sono per niente divertito
:-X
:-+
:-?
Le mie labbra sono cucite, non posso
parlare
Non capisco cosa vuoi dire
O:-)
Sono un angioletto, santarellino
O;-)
Sono un angioletto (in senso birichino)
8-)
Ho gli occhiali o ho gli occhiali da sole
Sono ben sveglio e pronto
a chiacchierare
$-)
Spero di ricavarne del denaro
Ho vinto un premio
alla lotteria
:)-~
Sto fumando
>-)
Dall'alto della mia sapienza...
Personaggi
*<|:-)>
<:-)>
7:)
+-:-)
Babbo Natale
Reagan
+-(:-)
:-=)
Sono il Papa o un eclesiastico
Occupo un ufficio religioso
Hitler
C=:-)
Sono uno chef
=|:-)=
Zio Sam
Cose
@->--> -
Una rosa
Una candela accesa per un caldo
messaggio
Una candela spenta per terminare un caldo
messaggio
Varie
Relativo a qualcosa che non si dovrebbe
Censurato
dire
o=
-=
(:-#
<|-)
Sono Cinese
}:-(
Il parrucchino in una corrente d'aria
ascensionale
Sono triste perché un colpo
di vento mi ha sollevato il
parrucchino
A proposito di un'altra persona pettegola...
A proposito persone
pettegole o bugiarde
(:-D
(:<)
?-(
A proposito di persone con un occhio nero
:-w
Parlare con lingua biforcuta
<:-)
Domanda stupida
O|-)
Parliamo di religione
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