le eredità dell`expo

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le eredità dell`expo
IN REGALO L’INSERTO ILLUSTRATO L’ANGELO DELLA FAMIGLIA
Anno III • Num. 44 (147) Settimanale del 31 ottobre 2015 • € 1,90
Num. 147 - 31 ottobre 2015
Tempo di bilanci
Le eredità
dell’Expo
Cala il sipario sull’esposizione
universale di Milano dedicata
all’alimentazione. Intervista
al direttore della Caritas
Il messaggio di Papa Francesco
Tutti siamo
la Chiesa!
Il popolo di Dio, i pastori e il pontefice
camminano insieme in un ascolto reciproco
Musica per il Signore
Per il direttore d’orchestra
Leonardo De Amicis comporre
è una forma di ringraziamento
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Campo dei miracoli
In un quartiere romano hanno
stravolto le regole del calcio.
Ed è migliorata la vita
La boxe che riabilita
Vero duro sul ring, l’ex pugile
Vincenzo Cantatore dimostra ogni
giorno di avere un cuore grande
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Prima pagina
Editoriale
Visto da me
EXPO 2015
Riflessioni
su spazio e peso
N
on c’è dubbio sul fatto che l’Expo di Milano sia stata una delle
manifestazioni più interessanti ospitate dall’Italia, per i contenuti,
i significati, le riflessioni stimolate. L’evento ha permesso infatti di
calamitare l’attenzione su una serie di temi dal forte contenuto valoriale. Si è
parlato di cibo, come significante della vita umana, ma nel contempo anche
di denutrizione, di povertà, pace, solidarietà, di sviluppo sostenibile, salute
e spiritualità. Temi questi che sono stati posti al centro di una riflessione
mondiale in tempi in cui, senza farlo apposta, anche il magistero della
Chiesa li sta rilanciando con una particolare forza,
grazie all’impegno di papa Francesco e di quanti lo
seguono sulla via di un profondo rinnovamento e
del recupero del messaggio evangelico più profondo.
Ogni visitatore ricorderà qualcosa in particolare di
questa esperienza. Io conserverò il ricordo dell’evidente
divario tra ricchi da un lato e poveri dall’altro. VisitanSacerdote
do la fiera non ho potuto fare a meno di notare le
rogazionista,
differenze abissali esistenti tra i padiglioni dei Paesi
giornalista
benestanti e quelli dei popoli e delle culture africane.
e regista della
Tecnologici, enormi, costosi e scenografici gli uni;
Santa Messa
angusti, semplici, essenziali e con molte meno code
di RaiUno
gli altri. Una differenza, quella tra le dimensioni e gli
allestimenti dei vari Padiglioni, troppo evidente per passare inosservata.
Ma altrettanto lampante è stata anche un’altra divergenza tra le strutture
spettacolari e quelle modeste: il clima umano che le ha abitate. Le stanze
dei Paesi africani – perché quello erano, in contrasto con le imponenti e
sofisticate architetture di altri espositori – sono state riempite di calore,
allegria e un’accoglienza genuina, modesta ma dignitosa, resa da gente
che non ha molto ma che ha compiuto lo sforzo di esserci e di raccontarsi,
anche senza grandi effetti speciali. Accoglienti e festosi, così li ho trovati.
Colorati, vivaci e fieri. Non che gli altri fossero algidi e tristi. Tutt’altro!
Specialmente l’America del Sud ha messo in campo tutto il suo spirito di
accoglienza e la sua gioia di vivere. Però è più facile attirare l’attenzione e
l’interesse potendosi avvalere di strumenti tecnologici e scenografie spettacolari, piuttosto che presentarsi con il proprio artigianato, un po’ di foto,
qualche video nei casi migliori e una piccola mostra di prodotti tipici. Il
confronto tangibile tra queste due realtà è stato per me di grande impatto,
inducendomi istintivamente a preferire le seconde e sottolineare, così, la
mia solidarietà. Sappiamo tutti, è vero, che ci sono Paesi ricchi e Paesi
poveri, ma all’Expo questa consapevolezza ha assunto una concretezza e
un’immediatezza dal sapore didascalico. Mi auguro che nell’ingente lascito
di questo evento epocale ci sia posto anche per una riflessione sul social and
economic divide che, da sempre, rende meno appetibili i piccoli e genera
una sorta di sudditanza psicologica e dipendenza materiale ai grandi e
potenti. Chissà che dopo Expo anche i piccoli non abbiano più spazio.
Dopo
il 31 ottobre
futuro più
equo e
sostenibile?
onfermata la chiusura di Expo il prossimo 31
ottobre. Bilancio? “Positivo”, così scrivono
C
molti articoli. Positivo per il numero dei visitatori,
per gli imprenditori lombardi che, addirittura, ne
chiedono una proroga, per l’immagine di un’Italia
che, nonostante le corruzioni iniziali e le mazzette
varie, è comunque riuscita ad organizzare la
grande esposizione... tutto molto bello quindi,
della serie:”... e vissero felici e contenti”. Peccato
però che l’obiettivo era soprattutto un altro: la
fame nel mondo. Chissà se quegli imprenditori
che ne hanno chiesto un prolungamento lo hanno
fatto per debellare la fame che colpisce quasi
800 milioni di persone nel mondo. E chissà se i
visitatori si saranno davvero indignati per i morsi
allo stomaco di cui tante donne, uomini e bambini
continuano a soffrire per mancanza di cibo. Non
voglio essere catastrofista per forza e nemmeno
scalfire entusiasmi, ma penso che non sia più
tempo per i buoni propositi se sono accompagnati
da business piuttosto che da verità e concretezza
perché in questo caso, a pagarne le spese sono
ancora una volta loro, i poveri. Io sono stata ad
Expo ed effettivamente l’impatto con quella
grande macchina, trasmette positività. Padiglione
Italia e, non per essere di parte, il padiglione della
Santa Sede, Cei, diocesi di Milano con l’attenzione
al nutrimento anche interiore mi hanno colpito
molto. Ciò che mi ha lasciato perplessa però
è la maestosità della realizzazione di tutti i
complessi con i dati relativi al tema a cui, tutto
questo, è dedicato. Quali le risposte dal punto
di vista pratico? E soprattutto, cosa cambierà
dopo un investimento anche economico che
avrebbe potuto ridare vita a milioni di persone
in difficoltà? Sì, è vero, su un Occidente cieco alle
sofferenze dei poveri si deve investire parecchio.
Sull’educazione al rispetto del cibo, dell’ambiente,
del no allo spreco vale la pena soffermarsi ma i
singoli cittadini, le associazioni, le imprese che
hanno sottoscritto la famosa Carta di Milano
sapranno davvero assumersi responsabilità
precise rispetto alle proprie abitudini? E i governi,
insieme alle istituzioni internazionali saranno
finalmente capaci di adottare regole e politiche a
livello nazionale e globale per garantire al Pianeta
un futuro più equo e sostenibile? Insomma, oltre al
numero dei biglietti venduti, si terranno a cuore
i volti di quelle persone che vengono sempre
ridotti a percentuali con cui promuovere
poi iniziative di interesse personale? Lo
spero, lo spero tanto, perché in questo caso
l’epilogo non sarebbe quello di una favola
ma di un’era infetta dall’egoismo.
Lorena Bianchetti
Giornalista e conduttrice
della trasmissione A Sua Immagine
Gianni Epifani
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Il Vangelo della settimana DA SABATO 31 ottobre a venerdì 6 novembre 2015
La liturgia della
Parola domenicale
è commentata
da padre Ermes
Ronchi e Marina
Marcolini
Le ragioni
della speranza
DOMENICA 1 novembre 2015
Prima lettura
Dopo queste cose vidi: ecco, una
moltitudine immensa, che nessuno
poteva contare, di ogni nazione,
tribù, popolo e lingua
Dal libro dell’Apocalisse di san
Giovanni apostolo
(Capitolo 7, versetti 2-4, versetti 9-14)
Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente
Salmo responsoriale
Settimanale
un altro angelo, con il sigillo del Dio
vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso
di devastare la terra e il mare: «Non
devastate la terra né il mare né le
piante, finché non avremo impresso
il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro
che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Isra-
(Sal 23)
A cura di monsignor Antonio Parisi
ele. Dopo queste cose vidi: ecco, una
moltitudine immensa, che nessuno
poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano
in piedi davanti al trono e davanti
all’Agnello, avvolti in vesti candide,
e tenevano rami di palma nelle loro
mani. E gridavano a gran voce: «La
salvezza appartiene al nostro Dio,
seduto sul trono, e all’Agnello». E
tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri
viventi, e si inchinarono con la faccia
a terra davanti al trono e adorarono
Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria,
sapienza, azione di grazie, onore,
potenza e forza al nostro Dio nei
secoli dei secoli. Amen». Uno degli
anziani allora si rivolse a me e disse:
«Questi, che sono vestiti di bianco,
chi sono e da dove vengono?». Gli
risposi: «Signore mio, tu lo sai». E
lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno
lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».
Seconda lettura
Vedremo Dio così come egli è
Dalla prima lettera di San
Giovanni apostolo
(Capitolo 3, versetti 1-3)
Per guardare e ascoltare l’esecuzione del salmo vai su www.musicasacra-bari.it
Carissimi, vedete quale grande amore
ci ha dato il Padre per essere chiamati
figli di Dio, e lo siamo realmente! Per
questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi,
noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò
che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si
sarà manifestato, noi saremo simili a
lui, perché lo vedremo così come egli
è. Chiunque ha questa speranza in lui,
purifica se stesso, come egli è puro.
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A Sua Immagine
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Settimanale
Il Vangelo della settimana DA SABATO 31 ottobre a venerdì 6 novembre 2015
Nessuno attribuisce a se stesso questo
onore, se non chi è chiamato da Dio,
come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di
sommo sacerdote, ma colui che gli disse: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato», gliela conferì come è detto in un
altro passo: «Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek».
Vangelo
Rallegratevi ed esultate, perché grande
è la vostra ricompensa nei cieli
Dal Vangelo
secondo Matteo
(Capitolo 5, versetti 1-12)
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù
salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a
parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi
è il regno dei cieli. Beati quelli che sono
nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità
la terra. Beati quelli che hanno fame
e sete della giustizia, perché saranno
saziati. Beati i misericordiosi, perché
troveranno misericordia. Beati i puri
di cuore, perché vedranno Dio. Beati
gli operatori di pace, perché saranno
chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi
è il regno dei cieli. Beati voi quando
vi insulteranno, vi perseguiteranno e,
mentendo, diranno ogni sorta di male
contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra
ricompensa nei cieli».
Commento
Al cuore del Vangelo c’è per nove volte
la parola felicità, c’è un Dio che si prende cura della gioia dell’uomo, tracciandone i sentieri. Come al solito, inattesi, controcorrente. Sono la nostalgia
prepotente di un tutt’altro modo di
essere uomini, il sogno di un mondo
fatto di pace, di sincerità, di giustizia,
di cuori puri. Queste nove parole sono
la bella notizia, l’annuncio gioioso che
Dio regala vita a chi produce amore,
che se uno si fa carico della felicità di
qualcuno il Padre si fa carico della sua
felicità. Quando vengono proclamate
sanno ancora affascinarci, poi usciamo di chiesa e ci accorgiamo che per
abitare la terra, questo mondo aggressivo e duro, ci siamo scelti il manifesto
più difficile, incredibile, stravolgente e
contromano che l’uomo possa pensare. La prima dice: beati voi poveri. E
ci saremmo aspettati: perché ci sarà
un capovolgimento, perché diventerete ricchi. No. Il progetto di Dio è più
profondo e vasto. Beati voi poveri,
perché vostro è il Regno, già adesso,
non nell’altra vita! Beati, perché c’è
più Dio in voi, c’è più libertà, meno
attaccamento all’io e alle cose. Beati
perché custodite la speranza. In questo mondo dove si fronteggiano lo
spreco e la miseria, un esercito silenzioso di uomini e donne preparano un
futuro buono: costruiscono pace, nel
lavoro, in famiglia, nelle istituzioni;
sono ostinati nel proporsi la giustizia, onesti anche nelle piccole cose.
Gli uomini delle beatitudini, ignoti al
mondo, che non andranno sui giornali, sono loro i segreti legislatori della
storia. La seconda è la beatitudine
più paradossale: Beati quelli che sono
nel pianto. Felicità e lacrime mescolate insieme. Dio è dalla parte di chi
piange ma non dalla parte del dolore! Un angelo misterioso annuncia a
chiunque piange: il Signore è con te.
Dio non ama il dolore, ma è con te nel
riflesso più profondo delle tue lacrime per moltiplicare il coraggio, per
fasciare il cuore ferito, nella tempesta
è al tuo fianco. Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia (Mt
5,7): misericordia, qualcosa che spezza il cerchio del tempo, che vale per
l’oggi e per il domani. Una passione
in grado di attraversare l’eternità,
quasi il viatico con cui l’uomo, nomade d’amore, si attrezza per il grande
viaggio, per l’ultima frontiera.
Santi del giorno
B. Amadeo di Portogallo, S. Benigno di Digione,
S. Cesario di Terracina, B. Corradino da Brescia,
B. Ferdinando Vieto de Valera, SS. Giovanni e
Giacomo, SS. Girolamo Hermosilla, Valentino
Berrio Ochoa e Pietro Almato Ribeira, S. Licinio
di Angers, S. Marcello di Parigi, S. Maturino, S.
Nuno Alvares Pereira, B. Raimondo de Cayuela,
B. Raniero da Borgo Sansepolcro, S. Romolo, B.
Ruperto Mayer, S. Severino di Tivoli, B. Teodoro
Romza, Tutti i Santi, S. Vigor
Tutti i Santi
Papa Francesco ha
detto che la festa di
Tutti i Santi “ci ricorda
che il traguardo della
nostra esistenza non
è la morte, è il Paradiso!”, che “i
santi non sono superuomini, né
sono nati perfetti. Sono come noi,
come ognuno di noi, sono persone
che prima di raggiungere la gloria
del cielo hanno vissuto una vita
normale, con gioie e dolori, fatiche
e speranze. Ma cosa ha cambiato la
loro vita? Quando hanno conosciuto
l’amore di Dio, lo hanno seguito con
tutto il cuore, senza condizioni e
ipocrisie; hanno speso la loro vita al
servizio degli altri, hanno sopportato
sofferenze e avversità senza odiare
e rispondendo al male con il bene,
diffondendo gioia e pace”.
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