VINforma - 2010 n°1
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VINforma - 2010 n°1
A Un raggio di sole all’orizzonte NCHE se il 2009 ha coinciso con uno dei peggiori momenti economici e finanziari della storia non solo italiana, il Credito Cooperativo non ha mai cessato di sostenere l’economia reale. Fin dall’inizio della crisi, insieme o da sole, a volte affiancate da altri attori locali, le BCC hanno dato corso alle più disparate iniziative per aiutare l’economia del territorio, a favore di famiglie ed imprese, specie piccole e medie. Così è stato anche per VIBANCA che, dalla crisi in atto, ha visto accentuarsi il proprio ruolo di sostegno all’economia e la propria visibilità. Chi l’avrebbe mai detto! Oggi, quando il resto del sistema bancario è proteso verso grandi aggregazioni (abbiamo un esempio in casa), tutti si sono accorti del valore di una banca del territorio come la nostra. Se ne sono accorti i clienti, che volentieri hanno trasferito i loro risparmi presso le nostre casse. Se ne sono accorti gli imprenditori, che hanno visto chiudersi i rubinetti del credito presso le banche dei grandi gruppi. Oppure, se l’accesso al credito non è stato negato, sono rimasti invischiati nella morsa delle formalità e delle autorizzazioni che vengono da lontano, col conseguente dilatarsi dei tempi di erogazione dei finanziamenti. Noi, invece, veniamo “dalla campagna”, vogliamo restare in zona e prediligiamo percorsi semplici, diretti, liberi da formalità. Vogliamo un rapporto stretto col territorio di riferimento e diamo forte attenzione al cliente, per meglio soddisfarne le esigenze. Anche per questo, ma non solo, nello scorso novembre ha avuto inizio la preannunciata piena operatività dell’agenzia di via degli Orafi. Un’agenzia nel cuore del centro storico, voluta per dare un forte segnale di attenzione alla nostra città in un momento in cui altre aziende bancarie hanno spostato la testa (e il portafoglio!) in zone lontane. Un’agenzia che, confermando lo spirito d’innovazione che spesso ci ha connotato, osserverà un orario “rivoluzionario”, restando aperta il pomeriggio fino alle 18 e il sabato mattina, per meglio venire incontro – ci auguriamo – alle esigenze dei residenti e degli operatori del centro storico. Siamo consapevoli che, con la maggior presenza sul territorio e l’incremento della clientela, non possiamo ritenere d’aver superato le difficoltà derivate pure a noi dalla crisi. Crediamo anche che l’onda lunga debba ancora arrivare. Siamo convinti però che occorre guardare al futuro con cauto ottimismo. Oggi, da più parti, si è iniziato a parlare di ripresa economica e di segnali positivi. Così si sono espressi pure il FMI e la Banca d’Italia. Certamente le ferite prodotte dalla crisi impiegheranno molto tempo per guarire e presumibilmente l’economia globale subirà cambiamenti e ristrutturazioni importanti. Ma se noi, che “veniamo dalla campagna”, continueremo ad offrire buoni prodotti, se staremo uniti e faremo squadra dalla base al vertice, se proseguiremo con convinzione nel percorso intrapreso, mantenendo le nostre prerogative d’indipendenza, dinamismo, attenzione al territorio, celerità di risposta e innovazione, avremo di sicuro qualche riparo in più per uscire dalla tempesta. In fondo alla quale, di solito, c’è il sole. È con questo stato d’animo che auguriamo a tutti i nostri soci, clienti, collaboratori e amici un felice Santo Natale e un 2010 più sereno e più proficuo sotto ogni punto di vista. I Gennaio/Marzo 2010 1 Editoriale Patrizio Rosi Patrizio Ceccarelli Vivaisti pistoiesi a Roma U Donata al Papa una scultura realizzata con le piante. La delegazione è stata poi ricevuta dall’assessore alle politiche ambientali della Capitale A sinistra, l’arrivo in piazza San Pietro della delegazione pistoiese. A destra, il presidente e il direttore dell’Associazione Vivaisti Pistoiesi, insieme al direttore della VIBANCA, Pier Francesco Francioli, al parroco di Bottegone, don Piergiorgio Baronti e ad alcuni componenti la comitiva, davanti all’ingresso di San Pietro, con la scultura verde donata al Papa. n centinaio di soci e simpatizzanti dell’Associazione Vivaisti Pistoiesi, guidata dal presidente, Fabrizio Tesi, e dal direttore, Carlo Vezzosi, è stata ricevuta dal Santo Padre Benedetto XVI, lo scorso 30 settembre, nel corso dell’udienza generale in piazza San Pietro. L’Associazione ha donato al pontefice una scultura verde, realizzata dai maestri dell’arte topiaria pistoiese, raffigurante lo stemma della Città del Vaticano. Della comitiva hanno fatto parte, tra gli altri, anche don Piergiorgio Baronti, parroco di Bottegone, e il direttore della VIBANCA, Pier Francesco Francioli. «Il vivaismo – ha dichiarato il direttore Francioli – è un settore che informa 2 Gennaio/Marzo 2010 ci sta molto a cuore. Il viaggio a Roma, insieme a tanti rappresentanti di questa attività, che riveste primaria importanza per l’economia pistoiese, per me è stata un’opportunità notevole, perché mi ha aiutato a capire meglio quali sono le esigenze delle aziende del comparto. Noi, tra l’altro, abbiamo già dei prodotti, come il “Conto Vivaio”, appositamente pensati e studiati per i vivaisti, per riuscire a soddisfare tutti i loro bisogni di ordine creditizio. Il motivo della mia presenza a questa iniziativa è in linea con il modo di operare della nostra banca: secondo noi, infatti, non deve essere sempre e soltanto il cliente a venire nelle nostre sedi, ma è anche la banca stessa che deve andare incontro al cliente per capire meglio quali sono le sue esigenze. Questo secondo noi vuol dire essere banca del territorio». Al termine dell’udienza con il Pontefice i vivaisti pistoiesi hanno visitato la basilica di San Pietro, le tombe dei Papi e successivamente sono stati ricevuti dall’assessore alle politiche ambientali del Comune di Roma, Fabio De Lillo, al quale hanno donato un’altra scultura di arte topiaria, raffigurante la leggendaria lupa, simbolo della città. «Utilizzeremo questa stupenda Il direttore e il presidente dell’Associazione Vivaisti Pistoiesi, Carlo Vezzosi e Fabrizio Tesi, con l’assessore alle politiche ambientali del Comune di Roma, Fabio De Lillo. Gennaio/Marzo 2010 La nostra terra Il presidente dell’Associazione Vivaisti Pistoiesi, Fabrizio Tesi, saluta il Santo Padre. Sullo sfondo la scultura verde donata al Pontefice. scultura verde – ha dichiarato De Lillo, che si è intrattenuto a lungo con gli ospiti pistoiesi – nelle grandi occasioni ufficiali, quando riceveremo in Campidoglio ospiti importanti italiani e stranieri». «È stata un’occasione significativa – ha commentato il direttore Vezzosi – per promuovere le piante di Pistoia e per avviare una collaborazione con la Capitale». Roma è la città italiana con la 3 più alta quota di parchi e giardini pubblici, anche perché la superficie del Comune capitolino è di oltre 128.000 ettari. Parchi e giardini costituiscono il 60% del territorio comunale. L’assessore De Lillo ha parlato della grande attenzione che l’amministrazione capitolina dedica al verde cittadino ed ha auspicato, a tale riguardo, sempre più strette collaborazioni con Pistoia, ormai da tutti riconosciuta come la “capitale europea del verde”, dove si coltiva il 35% delle piante ornamentali italiane. Il presidente Tesi è rimasto particolarmente soddisfatto, sia dell’accoglienza ricevuta a Roma, sia dell’alta partecipazione pistoiese. «Un’occasione – ha sottolineato Tesi – per stare insieme e per discutere delle prospettive del nostro settore. Uno dei nostri compiti è quello di unire e questa iniziativa è stata condivisa da tante persone: abbiamo riempito due pullman, i partecipanti sono rimasti soddisfatti e questo ci fa molto piacere». I Franco Melani e i suoi presepi Simone Trinci Franco Melani nel suo laboratorio. Ogni anno un’idea, ogni anno un presepe diverso per il Duomo pistoiese. informa I Gennaio/Marzo 2010 Una passione coltivata fin da piccolo. Ogni anno un materiale diverso l bambino di Quarrata che guardando stecchi di legno e molliche vedeva pastori e re Magi, oggi è diventato grande, ma la sua mente è ancora un vulcano fantastico e le sue mani danno ancora forma a quelle immagini che ogni anno, nel periodo natalizio, attirano migliaia di visitatori nella cattedrale di San Zeno. Franco Melani è sempre una fonte inesauribile di stupore. Dieci centimetri di fil di ferro gli sarebbero sufficienti per reinventare la Terra Santa al tempo della nascita di Gesù e incantare gli occhi dei pellegrini. «Fin da piccolo – racconta – ho sempre avuto la passione del presepe. Sono nato a Quarrata da una famiglia contadina, e seppure con pochi mezzi mi sono sempre ingegnato per trovare il sistema di costruire qualcosa di originale». Il primo scenario completo Melani, classe 1942, lo allestì all’età di diciotto anni. «Realizzai un presepe meccanico – ricorda – con ventidue personaggi in movimento. Per quei tempi era veramente qualcosa di molto particolare ed innovativo. Costruii le statuine con fil di ferro e pezzi di legno, cose che trovavo in 4 giro qua e là dove capitava. Dato che all’epoca non avevamo troppi soldi, per trovare il meccanismo che avrebbe permesso a tutto il presepe di muoversi mi dovetti arrangiare in ogni modo, guardandomi un po’ intorno e rivolgendomi a chiunque. Mio padre riuscì a procurarmi un motore dismesso da un amico, ma con quello il presepe girava troppo velocemente. Per risolvere il problema, allora, presi una vecchia bicicletta di mia zia e ne tolsi le pulegge, usandole per rallentare il movimento dell’ingranaggio. A pensarci ora – ride – sembra strano, ma è proprio così che andò». Fu quello il primo atto della lunga serie di creazioni che portano dritte fino agli allestimenti che ogni Natale adornano la cattedrale della città. «Quello di quest’anno sarà l’ottavo – dice ancora Melani –, ma ricordo perfettamente ognuno dei precedenti. Il primo era fatto con le piante di vite. È stato piuttosto naturale: con tutte quelle contorsioni, è come se quelle viti contenessero già le figure a cui voglio dar vita. Basta soltanto – assicura – lavorarci un po’. Il dicembre se- mese di giugno. Di sabato, di domenica, o comunque nei dopocena. È la mia passione, non c’è niente da fare. La fantasia è sempre in movimento» confessa sorridendo, svelando la creazione in corso. «L’anno scorso utilizzai le noci – dice – questa sarà invece la volta della “carta di paglia”, quella conosciuta ai più come la “carta gialla” usata nelle botteghe dei macellai. Sto utilizzando soltanto quella, ma credo che stia venendo fuori qualcosa di veramente carino. Su scala minore, con lo stesso materiale ho infatti già allestito una mostra a Casalguidi che è stata piuttosto apprezzata. Il presepe della cattedrale di Pistoia, con il gioco di luci e riflessi celesti che lo illuminerà, non mancherà certo, come sempre, di creare entusiasmo e meraviglia». E d’altronde, intorno alle statuine di Melani, di interesse ce n’è già molto. Soltanto lo scorso inverno, ben cinque libri si resero necessari per contenere le firme dei visitatori provenienti da ogni parte del mondo e tante sono state in questi anni le richieste di ricreare suggestivi scenari fuori dalle mura della cattedrale di Pistoia. «Per esempio, mi hanno chiesto di farlo anche a Firenze con tutti i vecchi presepi che ancora conservo in casa» – spiega. «Ma ho dovuto rifiutare perché per montare tutto occorrerebbero giornate di lavoro e non ho tempo a sufficienza. Ma a che servirebbe d’altronde?» si domanda in conclusione Melani. «Quello di Pistoia mi dà già tante soddisfazioni». I Il personaggio guente fu la volta di pane, cracker e grissini. Venuti a sapere della mia idea, i panifici cominciarono a portarmene a quintali e io ebbi modo di sbizzarrirmi in tutti i modi possibili. Per realizzare i personaggi usai i filoncini francesi, mentre per i tetti delle capanne utilizzai pezzi di schiacciata». Negli anni successivi vennero i cocci di terracotta rotti e riassemblati con la colla, i sacchi di caffè e il più suggestivo tulle bianco. Sposato, residente a Valenzatico, titolare insieme ai tre figli di cinque conosciutissimi negozi di abbigliamento, da qualche tempo anche insegnante alle scuole di formazione professionale di Confartigianato, Franco Melani riesce a trovare il tempo per la sua passione nonostante la moltitudine degli impegni quotidiani cui deve far fronte. «Comincio a lavorarci già nel La festa della Befana Enzo Cabella «L A Pistoia la Befana... vien di giorno. Grazie ai vigili del fuoco una bella fiaba diventà realtà a Befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte...». Comincia così la famosa filastrocca che si racconta ai bambini. La Befana è sempre arrivata di notte, col sereno o con la pioggia, col vento o con la neve, con la cesta piena di doni, furtiva e decisa a calarsi dal camino o a passare magicamente, lei può farlo, attraverso la porta di casa. La simpatica vecchietta non è mai mancata all’appuntamento del 6 gennaio coi suoi amici bambini. Ma da quindici anni la Befana fa visita a quelli di Pistoia di gior- no, facendosi addirittura vedere in un modo un po’ strano e singolare, con una spettacolare discesa dal campanile del Duomo, nella piazza più bella e importante della città. Scende da un’altezza di trenta metri in poco più di un minuto. Un minuto di batticuore, che non sembra mai finire, un’emozione fortissima per le migliaia di bambini e di adulti che gremiscono la piazza. La Befana plana lenta e leggera su una marea di folla (settemila persone negli ultimi anni) col naso all’insù, coi bambini estasiati, gli occhi sgranati verso il cielo, la bocca aperta per lo stupore, il cuore che batte forte, emozionati e affascinati. Un minuto vissuto intensamente, come un sogno. La Befana scende baldanzosa, ma a un tratto la scopa che la trasporta si rompe lasciando piovere una cascata di segatura, mentre lei si “schianta” contro il campanile della cattedrale. Attimi di trepidazione: e ora che succede? Ma di lì a informa Gennaio/Marzo 2010 6 Gennaio/Marzo 2010 zione», nel libro rievocativo degli ultimi quindici anni di attività dei vigili del fuoco, da quel giorno la festa della Befana è l’avvenimento che i bambini di Pistoia (e non) aspettano con maggiore trepidazione. Ma il 6 gennaio non è solo l’arrivo della Befana, non è solo un giorno di festa per i bambini, ma anche un momento dedicato alla solidarietà. Ogni anno, infatti, i vi- La Befana distribuisce dolci e leccornie, regalando un sorriso ai bambini di tutte le età. In questa pagina e nella precedente, alcune fasi della spettacolare discesa della Befana pistoiese dalla cattedrale. 7 gili del fuoco hanno raccolto fondi destinati a comunità sociali, associazioni che si occupano del disagio giovanile, famiglie colpite da calamità naturali, persone bisognose di cure speciali vendendo gadget, sculture in terracotta, giocattoli, merendine, biglietti di un’apposita lotteria. La Befana pistoiese, di anno in anno, è diventata sempre più importante. Il 1998 è l’anno in cui la RAI si occupa della festa pistoiese: continuerà a collegarsi ogni volta con piazza del Duomo per far vedere a tutta l’Italia questo evento così singolare ed emozionante. Ma anche TVL, l’emittente televisiva pistoiese, si è occupata della befana dei vigili del fuoco trasmettendo in diretta la manifestazione. Grazie ai collegamenti televisivi nazionali della RAI, molti comandi italiani rilanciano l’idea di organizzare un’identica manifestazione nelle loro città. Citiamo, tra le tante, le toscane Grosseto, Livorno, Lucca, Pisa, Prato e Siena. La Befana pistoiese ha ormai una dimensione nazionale. Anche questo evento contribuisce a dare lustro all’immagine della nostra città. I Tradizioni poco la vecchietta riappare e riprende a scendere, arriva sulla piazza gremita ed è subito circondata dalla gente. È una befana vera, parlante, che si può toccare mentre distribuisce caramelle e cioccolatini, buffetti e sorrisi, gioia ed emozioni. Questo spettacolo così magico ed emozionante, che dura poco più di un minuto e che ogni anno richiama migliaia di persone in piazza del Duomo, da quindici anni è organizzato e mandato in scena dai vigili del fuoco pistoiesi, geniali e bravi a trasformare la fiaba in realtà. L’idea venne a Luciano Burchietti, nel 1994. Se la Befana, pensò, scendesse dal campanile della cattedrale anziché dal tetto della caserma di via Guicciardini? L’idea piacque subito e insieme ai colleghi cominciò a studiare come realizzare l’evento. Ma ci voleva anche qualcosa di diverso e di originale, una sorpresa che facesse nascere l’ansia dei piccoli. Intuizione geniale, pensarono all’avaria della scopa e all’urto della vecchietta contro il campanile, rimanendo bloccata all’interno. A chi chiedere aiuto per farla uscire e farla scendere in mezzo ai tanti bambini che aspettavano, trepidanti, in piazza? A vigili del fuoco, naturalmente! «Aiutiamo sempre tutti, aiuteremo anche la Befana» dissero convinti. E così con l’autopompa arrivata in piazza a sirene spiegate e con abili manovre i vigili del fuoco avrebbero imbracato la vecchietta e l’avrebbero fatta scivolare su di uno speciale discensore fino ad atterrare tra la gente. Il 6 gennaio 1995, in un pomeriggio freddo e piovoso, iniziò la favola bella della Befana pistoiese. Come racconta Lucia Agati, giornalista de «La Na- Carlo Onofrio Gori Uno schietto pistoiese di montagna P Policarpo Petrocchi, gloria di Castello di Cireglio, custode del buon italiano robabilmente molti dei pistoiesi che passano con le auto per il viale Policarpo Petrocchi, non sanno molto del personaggio a cui è intitolata la trafficatissima strada. La fama del pistoiese Policarpo Petrocchi resta soprattutto legata ad un vocabolario, il Novo dizionario universale della lingua italiana, che fra Ottocento e Novecento fu per oltre mezzo secolo il più diffuso in Italia e molto ricercato per il suo prestigio anche dagli stranieri. Pubblicato dai Fratelli Treves di Milano, uscì a dispense fra il 1884 e il 1890, fu poi raccolto nei due volumi del 1887 e del 1891 e, affiancato da varie edizioni minori, venne ristampato più volte fino al 1931. Di quest’ opera, ancora nel 1952, veniva scritto che «non vi è italiano, anche di modesta cultura, che non conosca ed adoperi anche oggi col massimo profitto il Dizionario Universale di Policarpo Petrocchi». Lo scopo dell’autore del Novo Dizionario era quello, cominciando fin dai banchi della scuola elementare, di unificare linguisticamente un Paese scarsamente alfabetizzato e talmente diviso dai dialetti che, ad esempio, i numerosissimi emigrati liguri e campani, presenti fin da fine Ottocento in Argentina, spesso riuscivano ad intendersi fra loro solo parlando in castigliano. Petrocchi da uomo del Risorgimento e convinto seguace delle teorie manzoniane, aveva, infatti, scritto: «At- informa Gennaio/Marzo 2010 8 tenendoci ad una sola misura, stando a una sola parlata, faremo come tanti bravi soldati intorno a una sola bandiera: forti e uniti combatteremo da forti; faremo finalmente un vocabolario, una grammatica sola, chiara, facile anche per gli stranieri che trovan tanto indigesta la nostra lingua: noi tutti allora ci piglieremo più amore e non ci avverrà più di scambiare quelli del nostro paese per inglesi e tedeschi». Ancora oggi l’opera del Petrocchi, esaurito il suo compito pedagogico, resta la testimonianza più viva e più ricca dell’uso del fiorentino (e del toscano) parlato tardottocentesco; ma Petrocchi non si limitò a quest’impresa ed alla sua nota e vasta produzione di grammatiche, antologie e letteratura per la scuola. Sempre instancabile lavoratore, anche quando dagli anni Novanta in poi la sua salute cominciò a vacillare, fu brillante conferenziere in prestigiosi circoli culturali, autore di una notevole produzione letteraria e saggistica della quale ci limitiamo qui a ricordare un’ottima traduzione dell’Assommoir di Zola, elogiata dallo stesso autore, il libro di novelle Nei boschi incantati, il volume Fiori di campo. Letture toscane, la commedia I Vespri, un saggio contro l’impresa coloniale italiana in Africa, alcune poesie, altri saggi critici sul teatro popolare, sulla letteratura ed in particolare sul Manzoni e sul Gennaio/Marzo 2010 suo dovere d’insegnante con la coscienza scrupolosa di un apostolo, e nello stesso tempo , per la sua natura franca e leale ci apprese ad esprimere apertamente le nostre idee ed a giudicare con libera mente gli uomini e con spirito critico le idee». Di quest’indole Petrocchi diede più volte personalmente viva testimonianza, come ad esempio nel 1899 quando, vinto il Premio Siccardi con il libro pacifista Le Guerre, trovò coerente presentare le dimissioni (subito respinte) dalla cattedra che aveva al Collegio militare: tra l’altro, con la somma del premio, fece poi lastricare la piazza di Castello di Cireglio. L’amore per Castello, testimoniato dall’opera postuma Il mio paese, fu infatti costante in Petrocchi. Vi tornava da Milano e poi da Roma ogni estate, con la famiglia che diveniva col tempo sempre più numerosa, e nel 1880 vi fondò la Società Onore e Lavoro con lo scopo di dotare il borgo di quei servizi e di quelle infrastrutture necessarie che l’amministrazione comunale di Pistoia non si decideva a fare. La gestione della cosa pub- 9 blica da parte di una classe dirigente pistoiese giudicata da Policarpo avida ed ottusa fu infatti uno dei suoi principali crucci, tanto che nel 1901, lui che a Milano e a Roma aveva frequentato personaggi politici del calibro di Filippo Turati, non poté fare a meno di intervenire nelle vicende elettorali cittadine appoggiando, senza successo, lo schieramento dei partiti popolari, radicali, repubblicani, socialisti. In politica Petrocchi, dopo una giovanile ammirazione per Cavour e Vittorio Emanuele II, aveva infatti col tempo maturato idee repubblicane. Ciò era avvenuto soprattutto sulla scorta di un’avversione totale per la persona di Francesco Crispi e per la politica corrotta ed antipopolare cui, dopo i trascorsi garibaldini e di “sinistra”, il presidente del consiglio si era volto, sostenuto dall’«aiuto potente della compagine monarchica», mentre rimanevano costanti in Petrocchi la stima per Garibaldi e il suo spirito fieramente anticlericale. L’anticlericalismo di Petrocchi, che non fu mai né antireligioso né anticattolico, andava ben oltre il dato storico-politico risorgimentale di avversione al potere temporale, caratterizzandosi per i suoi connotati morali di critica ad un’ipocrisia ecclesiastica, il cui peso aveva già sperimentato personalmente in gioventù presso lo zio prete e con la quale si era poi scontrato per la vicenda della sua “illegittima”, ma solida unione con l’amata Clementina Biagini, dalla quale ebbe ben sei figli. E proprio circondato da quattro dei suoi figli e dagli affezionati compaesani, durante l’annuale festa d’estate a Castello di Cireglio, lo raggiunse, il 25 agosto 1902, improvvisa la morte, stroncando un’esistenza dedicata alla famiglia, al lavoro, allo studio, alI l’onestà e ad alti ideali. La nostra storia Carducci, che di Petrocchi fu sempre amico malgrado nel 1895 avvenisse per divergenze politiche un memorabile scontro fra i due. Pistoiese di montagna, Policarpo Petrocchi nacque nel piccolo e suggestivo borgo di Castello di Cireglio il 16 marzo 1852 da Luigi di Francesco e da Carolina Geri. Di famiglia non povera per quei tempi, ma nemmeno benestante, Policarpo fu mandato in città presso lo zio prete a studiare da esterno al locale seminario. Il ragazzo, intelligente e sensibile, abituato alla libertà agreste, ricordò sempre con amarezza la permanenza cittadina in casa dello zio autoritario, con una zia zitella e frustrata e la nonna rustica: anche gli studi non furono brillanti, sebbene il livello dell’insegnamento fosse più che dignitoso. Nel 1869 il giovane Policarpo s’innamora di quella che sarà poi la donna della sua vita, Clementina Biagini, figlia di un noto medico pistoiese e destinata al matrimonio col benestante notaio Arcangeli dal quale successivamente si separerà. Nello stesso anno Petrocchi abbandona Pistoia e si reca a Martinengo, nei pressi di Bergamo, per insegnare italiano in un collegio fondato da un monsignore amico dello zio prete. L’anno successivo troviamo Policarpo a insegnare a Torino presso l’istituto del professor Lanza. Iniziò così l’altra sua fondamentale attività, l’insegnamento, che svolse sempre con passione, sia come precettore presso privati, sia in varie scuole d’Italia, ma soprattutto al Collegio militare di Milano (poi trasferito a Roma), dove così lo ricordava il maresciallo d’Italia Enrico Caviglia, già suo allievo: «Fra i miei insegnanti egli ha lasciato nella mia memoria, nella mia anima l’impronta più profonda [...] ci apprese ad amare i nostri grandi poeti antichi e moderni [...]. Faceva il Maria Teresa Fini Quel fastidioso mal di piedi… I ... ovvero la precocissima intuizione di un medico pistoiese nella Toscana granducale dell’Ottocento Il medico pistoiese Filippo Civinini (1805-1844), nella sua breve vita, oltre a segnalarsi per l'abilità di anatomista e dissettore, che gli consentì di scoprire e denominare varie strutture tramandate sotto il suo nome (canale, forame, legamento e processo di Civinini), individuò e descrisse per primo la causa della metatarsalgia detta di Morton. informa Gennaio/Marzo 2010 l governo degli Asburgo-Lorena lascia in Toscana un segno indelebile, aprendo le porte a una cultura della tolleranza che si perpetua sino ai nostri giorni. E non solo per l’abolizione della pena di morte promulgata, primo stato del mondo, il 30 novembre 1786, ma per una complessa e articolata politica di riforme che toccheranno, con i quattro granduchi viennesi, tutti gli aspetti della società del tempo. Firenze, capitale del granducato, in questo straordinario periodo che va dalla metà del Settecento al 1859 e all’Unità d’Italia riveste il ruolo prestigioso di città all’avanguardia anche in un settore forse un po’ trascurato dagli storici, quello medico e della salute pubblica, che avrebbe trovato preziose testimonianze nelle scuole mediche locali e in Leopoldo II, che fu l’ultimo granduca fino all’Unità, il più grande protettore. Alto, biondo, con grandi occhi espressivi che ne tradivano la mitezza d’animo e la disponibilità, fu variamente soprannominato dai sudditi (Canapone, Broncio), in genere affezionati a questo sovrano “moderno” che fece tenere i «Congressi degli scienziati italiani» a Pisa e Firenze e ripubblicare le opere di Galileo, inaugurando la Tribuna dedicata allo scienziato presso la Specola fiorentina, sulla linea di quella «propaganda scientifica» che fu già del nonno Pietro Leopoldo. 10 In questa temperie stimolante a Pistoia, già sede di un’importante scuola medica dal XVII secolo, prenderanno l’avvio studi anatomopatologici importanti per la storia della medicina, condotti da giovani «anatomisti» entusiasti che si chiamavano Civinini, Pacini, Tigri. E a Filippo Civinini (1805-1844) – i cui studi più importanti sulla struttura ossea del cranio e sul legamento pterigo-spinoso, definito ancora oggi «di Civinini», saranno interrotti dalla morte per endocardite all’età di appena trentanove anni – si dovrà anche la prima dettagliata descrizione di una delle cause piu comuni di piede doloroso, la cosiddetta metatarsalgia di Morton. Nato a Pistoia, dopo la laurea in medicina e chirurgia (Pisa, 1825) e la specializzazione a Firenze presso l’Arcispedale di Santa Maria Nuova, il nostro Filippo fu chiamato presto dall’Università pisana come dissettore anatomico, divenendo subito professore di anatomia e, nel 1842, di patologia e istituzioni chirurgiche. Redattore del primo catalogo delle collezioni del Museo anatomico di Pisa col suo suggestivo Teatro Anatomico, fu sostenitore della legge darwiniana della ricapitolazione, per cui «tutte le fasi cui va soggetto il corpo indicano il passaggio per gradi di formazione animale corrispondenti a vere divisioni della scala zoonomica”, e si dedicò a studi approfonditi di neuropatologia, ap- Gennaio/Marzo 2010 La cosiddetta metatarsalgia di Morton, patologia frequente in donne che portano calzature con tacchi molto alti, per l’innaturale posizione del piede, fu in realtà individuata e descritta per la prima volta nel 1835 dal medico pistoiese Filippo Civinini. La dolorosa affezione, dovuta alla formazione di un fibroneuroma o neurinoma del nervo plantare, può manifestarsi anche negli sportivi. delphia (1835-1903), che ottenne buoni risultati attraverso l’escissione dell’articolazione metatarsofalangea (quando oggi i plantari restano l’elemento base di supporto a tutti gli ulteriori trattamenti locali, conservativi o chirurgici), intitolandosi la patologia. Morton tuttavia non fu il primo, e neppure il secondo. Infatti l’osservazione clinica di una neuralgia del nervo plantare a livello del terzo spazio intermetatarsale era già stata compiuta nel 1845 dall’inglese Lewis Durlacher (1792-1864), chirurgo del piede che curò la regina Vittoria e che con moderna intuizione trattò efficacemente la patologia con l’applicazione di plantari. Chiropodista del Medical Department della Casa reale sotto Giorgio IV, Guglielmo IV e Vittoria, Durlacher pubblicò un Treatise on Corns, Bunions, the Diseases of Nails and the General Management of the Feet, uscito a Londra nel 1845, dove descriveva con precisione la 11 metatarsalgia di Morton... trentacinque anni prima che Morton la battezzasse, guadagnandosi l’apparente primato. Ma il fortuito ritrovamento durante i lavori alla biblioteca dell’ospedale del Ceppo di Pistoia di un documento originale e l’appassionata opera di due medici pistoiesi, Alberto Marini e Franco Zecchini, che porterà alla sua pubblicazione nel 1983, hanno consentito di ristabilire la verità. In una «lettera anatomica» del 28 settembre 1835 Civinini, scoperto il neuroma durante la dissezione di un cadavere, descrive infatti chiaramente «un nervoso gangliare rigonfiamento alla pianta del piede», fenomenologia «rara o fors’anche, come anch’io credo, senz’altro esempio in tutto uguale o almeno conosciuto finora», con estrema accuratezza e precisione tutte le manifestazioni anatomiche di sofferenza del quarto nervo plantare, associandovi una tavola descrittiva che non lascia dubbi circa l’identità dell’affezione successivamente descritta da Durlacher e Morton e delle cause congenite, patologiche e traumatiche che ne favoriscono la comparsa in giovani donne, atleti e sportivi proprio per i condizionamenti a cui il piede può essere a lungo sottoposto. Una patologia ancora oggi di grande interesse clinico per reumatologi, ortopedici, fisiatri, medici sportivi, podologi e tutte le figure professionali impegnate nella «salute del piede», elemento fondamentale per un’ottimale qualità della vita. Dagli anni Trenta i resti di Filippo Civinini e dei suoi allievi Atto Tigri e Filippo Pacini, glorie misconosciute di una grande scuola medica, riposano insieme dietro una stessa lapide nella chiesa di Santa Maria delle Grazie, o del Letto, presso l’ospedale del Ceppo, in piazza San Lorenzo a Pistoia. I La nostra storia prodando nel 1835, con l’aiuto di un collaboratore, a quell’osservazione sul “mal di piedi” che lo consegnerà alla storia medica. Civinini notò infatti che tale affezione dolorosa, oggi come allora prevalente nel sesso femminile per l’uso di tacchi alti o calzature a pianta stretta con alloggio inadeguato della volta plantare, si presentava durante la deambulazione con la comparsa di un dolore intenso, lancinante, di aspetto crampiforme con parestesie urenti verso le dita, principalmente terzo e quarto metatarso. Dolore che con riposo e massaggio protratto della parte dolente in genere si poteva ridurre sino a scomparire, ma anche col tempo aggravarsi e divenire costante, fino a condizionare notevolmente l’andatura. La sua causa era ed è legata alla presenza di un fibroneuroma del nervo plantare che fa seguito alla cronica compressione del nervo fra la testa del quarto e il collo del terzo osso metatarsale, così come descritto nel 1876 da Thomas George Morton, chirurgo di Phila- Simone Trinci Il mercatino di via Roma Quattro passi in centro, due chiacchiere e tante curiosità: e qualche volta salta fuori anche la rarità da collezionisti... «C’ è la vecchia che ha sul banco foto di Papa Giovanni, lei sta qui da quarant’anni o forse più. E i suoi occhi han visto re scannati, ricchi ed impiegati, capelloni, ladri artisti e figli di…». Qualcuno canticchia le strofe di Claudio Baglioni su Porta Portese, passando fra le bancarelle del più nostrano «Novecento e dintorni». Al mercatino di via Roma e via Cavour si trova un po’ di tutto, dal- informa Gennaio/Marzo 2010 12 le cianfrusaglie ai pezzi da collezione: i compratori appartengono a ogni genere di età e condizione sociale, e i venditori sono spesso veramente… personaggi da canzone. «Nei giorni del mercatino, per le strade del centro si aggira un’umanità variegata» spiega uno dei commercianti delle bancarelle. C’è chi ha l’occhio attento del collezionista, chi quello più sbadato del passante. A giovedì alterni, fra pistoiesi e tu- Gennaio/Marzo 2010 Pistoia nostra risti, sono centinaia i curiosi che dalla mattina alla sera s’avventurano fra le strade del mercatino del centro nella speranza di trovare qualche articolo di gradimento. «Tex Willer: la mia passione. Vengo qua con l’elenco dei numeri che ancora mi mancano per cercarli» confessa Marco, sessantenne ancora chino sui fumetti. «Guardo attentamente, una ad una, tutte le copie – spiega – nella speranza di trovare quella che sto ricercando. E la ricerca è spesso un successo. Qui si riesce a scovare ciò che altrove non c’è». «Non so di preciso perché vengo qua, probabilmente soltanto per curiosare un po’ fra le cose vecchie… è così divertente che non se ne può fare a meno, ormai è un appuntamento fisso» dice Michela, giovane impiegata di Casalguidi. «È così raro che in questa città si organizzi qualche iniziativa, che appena c’è un appuntamento come questo mi ci fiondo» approva Carlo, distinto avvocato. Sotto il sole che picchia d’estate, sotto la pioggerella d’autunno e d’inverno, gli espositori stanno sempre là, al riparo degli ombrelloni, ad aspettare, pronti a servire e scambiare due chiacchiere con chiunque. Alcuni di loro seguono passo passo tutti gli eventi del genere dentro e fuori la regione, altri fanno del commercio ambulante un impegno più saltuario. Tutti posseggono un innegabile talento nello scovare articoli altrimenti introvabili per acquistare i quali c’è anche chi si muove da chilometri di distanza. Molto frequentato, specie dalle donne, è il banco dell’«Antica magia delle pietre». Con l’ametista che Abbigliamento vintage, cosmetici, bigiotteria, oroscopi, modernariato, bric-àbrac... Mercatino, che passione! «aiuta contro il vizio del fumo», l’agata blu che «dona chiaroveggenza», un’altra pietra ancora che serve a riequilibrare le energie... Ascoltato come un oracolo, il venditore parla dell’oroscopo e dispensa consigli alle signore. «Vede – spiega ad una – il suo difetto è che vuole fare troppe cose insieme, mentre invece dovrebbe dedicarsi ad una faccenda per volta». «Sì… già… lei – dice rivolgendosi a un’altra – guai a chi tocca il suo harem di affetti. È molto possessiva» continua col consenso dell’interessata. Distolto lo sguardo dal banco delle pietre, in via Roma e via Cavour, gli occhi possono cadere su ogni genere d’oggetto. Ci 13 sono grammofoni ancora in grado di far gracchiare vecchi dischi di celluloide, collane e anelli in quantità industriali, macchine da cucire a pedale antidiluviane, quadri, tavolozze e dipinti, perfino qualche insegna delle case di tolleranza dei tempi che furono. Su un banco vengono venduti medaglioni di sapone colorati al profumo di gelsomino, cannella, vaniglia, violetta, ambra. Su di un altro, a poca distanza, stanno esposti vecchie macchine fotografiche e modellini di aerei da guerra. Non mancano naturalmente libri fumetti e vinili «a prezzi modici» e tante fotografie. E naturalmente, I una foto di Papa Giovanni. Augusto Meloni IL SIGARO... A «Allo spuntar dell’alba fredda dell’inverno, un sigaro toscano vi fortifica l’anima.» Henri Beyle (Stendhal) mpio e non facile esercizio è comprendere perché alcune aree geografiche della Terra sono enormemente più ricche di altre, se non di materie prime almeno di prodotti, manufatti, tradizione, cultura. In questo la Toscana spicca senz’altro in termini assoluti: banale ma inevitabile ripetere che l’arte, il sapere, il cibo di eccellenza, le bellezze naturali stanno tutti qui di casa. Merito del territorio e dell’operosa gente che da sempre lo abita, e se poi anche il caso ci mette lo zampino... Questa premessa ci è utile per introdurre l’illustrazione di un altro Gennaio/Marzo 2010 Amato da sempre da intellettuali e letterati, come Mario Soldati ed Eugenio Montale, il toscano ha avuto un momento di grande popolarità con i film di Sergio Leone. È ricavato dal tabacco Kentucky. 15 1818 e la Produzione manifattura tabacchi di Lucca nel 1848. Ancora oggi il sigaro Toscano si ottiene da tabacco Kentucky, originariamente importato dagli Stati Uniti agli inizi dell’Ottocento, che viene coltivato in Italia nelle regioni Campania, Toscana, Veneto, Lazio ed Umbria. Nelle nostre zone sono di bell’impatto visivo le piantagioni che dimorano nelle pianure della Chiana aretino-senese, adagiate tra Foiano e Montepulciano. Il sigaro Toscano è attualmente un prodotto molto apprezzato dai fumatori, ben diverso dall’internazionalmente più noto sigaro cubano, con l’annesso che di solito l’uso dell’uno o dell’altro va a connotare un approccio sensoriale e filosofico completamente diverso. Il Toscano esprime carattere deciso e forte, i profumi sono pieni, corpo- Vinforma dei simboli che caratterizzano e rendono famosa nel mondo la nostra regione: il sigaro Toscano. Il caso a cui si fa riferimento è l’episodio che ha dato origine a questo prodotto unico nel suo genere: causa di tutto fu infatti un violento acquazzone estivo che nel 1815 a Firenze inzuppò una partita di tabacco Kentucky pronto per l’uso, facendolo fermentare. La lungimiranza (e fortuna?) del direttore della fabbrica, che pur non di buttare via la merce (cosa che avrebbe scatenato le ire dell’allora sovrano, il granduca di Toscana) decise di utilizzarla per la realizzazione di sigari a basso costo, fece il resto. Il favore che riscossero i manufatti derivanti da quell’evento fu tale che la fabbricazione divenne presto di tipo industriale e furono attivate la Manifattura di Sant’Orsola a Firenze nel si e sapidi. Le caratteristiche variano a seconda della tipologia (ne esistonofatti a mano, e sono il top di gamma, e fatti a macchina, ed anche questi ultimi riscuotono grande successo nonostante una minor finezza). Fra i sigari fatti a mano (l’antica figura della sigaraia è quasi leggenda, ma ancora oggi ne esistono sessanta) spiccano il Moro, ricco e intenso, che non si esagera a definire sigaro di livello mondiale, il raro Millennium con la sua grande pienezza, definito anche «l’ultimo desiderio del condannato a morte», il Selected, morbido e persistente con picchi amarognoli, l’Originale, morbido e corretto, dal rapporto qualità-prezzo stupefacente. I sigari fatti a macchina si chiamano Antica Riserva, Antico Toscano, Extra Vecchio, Toscano Classico, Garibaldi (quest’ultimo di gusto dolce, facile da fumare ed ideale per il passaggio dalla sigaretta al sigaro): tutti di qualità elevata, assai hanno contribuito alla conquista della fama di cui oggi il Toscano gode. Infine esiste la gamma dei Toscanelli, talvolta aromatizzati, che possiamo considerare una terza fascia qualitativa ma che proprio per la loro semplicità stanno incontrando il favore di una buona schiera di appassionati. Questi appassionati sono un gran numero, e nell’«album di famiglia» spiccano nomi quali Giacomo Puccini, Gabriele d’Annunzio, Gianni Brera, Eugenio Montale, Alberto Lattuada ed infine Mario Soldati, al quale un tipo di Toscano è stato anche dedicato. Sarà un caso, ma tutti sono personaggi di spessore intellettuale assoluto. Scendendo un po’ sul piano tecnico, il nostro sigaro richiede attenzioni specifiche quali la giusta conservazione, per la quale è necessario un contenitore con un idoneo livello di umidità, non eccessi- informa 16 Gennaio/Marzo 2010 va e comunque mai inferiore al 12%, tale da evitare l’essiccazione che potrebbe provocare rotture del sigaro. Altra fase fondamentale, almeno per i puristi, è l’accensione, per la quale sono da escludere gli accendisigari a benzina e i cerini, che possono trasmettere un gusto cattivo al tabacco. Il massimo dell’ortodossia sarebbe la fiamma d’alcol, ma è ammesso l’uso dei fiammiferi di legno (dei quali bisogna comunque prima far evaporare del tutto lo zolfo della capocchia). È bello, il sigaro Toscano. È bello nonostante il suo colore austero, nonostante la sua superficie bitorzoluta, nonostante le sue nervature delle foglie di fascia. È piacevole accenderlo, magari dopo averlo inu- midito con l’Armagnac o con grappe dedicate (sì, esiste proprio la grappa da sigaro Toscano), così come è intrigante per gli occhi vedere, magari seduti nella penombra, da soli, la luce rossa del tizzone che si intensifica ad ogni tirata, per poi lentamente attenuarsi fino a morire sotto la cenere grigio perla. È infine naturalmente bello fumarlo, con la soddisfazione legata agli schemi gustativi di ciascuno, ma questa diventa materia complessa, ben oltre lo spazio qui disponibile. Del Toscano sono superbe le confezioni dai bei colori e decorazioni, con eleganti scatole ed astucci, lignei e non, che rendono il nostro sigaro anche gradito regalo per chi lo sa apprezzare. Ma, più di tutto, il Toscano dopo quasi duecento anni continua a parlarci di una civiltà antica ma non dimenticata, fatta delle nostre campagne, degli uomini burberi, talvolta un po’ beceri ma di grande cuore che esibivano il loro sigaro come simbolo di tranquilla forza, uomini che sotto i baffi si compiacevano quando le donne brontolavano «… Mamma mia come puzza!». Oggi gli estimatori sono diversi da allora, il Toscano viene talvolta esibito come vezzo quasi snob ed è comunque diventato un tratto distintivo; ciò che invece non è cambiato è l’affetto che gli appassionati portano verso un altro degli incredibili frutti della terra di Toscana, una terra capace di adottare una pianta straniera (è già successo nel caso del Cabernet Sauvignon per il vino) come figlia propria rendendola capace di generare bontà, bellezza ed armonia come forse solo qui si riesce a fare. I Magistrato addetto all’Ufficio del Ruolo e del Massimario della Corte Suprema di Cassazione A La squadra del celebre serial televisivo CSI: Las Vegas , qui schierata ironicamente nell’ambiente del dipinto Nighthawks di Edward Hopper, ha portato a conoscenza del grande pubblico l’esistenza di metodi di indagine forense che usano banche dati del Dna. In vigore il trattato di Prüm: ok alla banca-dati del DNA Meglio tardi che mai: anche l’Italia dispone finalmente di norme (perfettibili) che introducono un formidabile strumento investigativo pprovazione bipartisan e definitiva per alzata di mano in Senato al trattato di Prüm, che approfondisce la cooperazione transfrontaliera nel contrasto a terrorismo, criminalità, immigrazione illegale fra Italia, Belgio, Germania, Spagna, Francia, Lussemburgo, Olanda e Austria. E così anche il legislatore italiano ce l’ha fatta. Dopo anni di (non) dibattito, di aspettative deluse, discussioni tra appassionati e carbonari convegnisti e documenti propositivi caduti nel nulla, anche l’Italia è dotata di una legge che istituisce e regola la banca-dati del DNA ad uso forense. Si tratta della legge 30 giugno 2009, n. 85, entrata in vigore il 14 luglio 2009. Giunge a questo risultato, il le- gislatore nazionale, con grande ritardo rispetto alla pressoché totalità dei paesi europei e alla stragrande maggioranza dei paesi occidentali; e vi giunge – ad essere realisti – solo perché pressato dai vincoli internazionali derivanti dalla adesione a quel trattato di Prüm che non solo prevede la possibilità di scambio diretto – tra i paesi aderenti – del contenuto delle informazioni dei rispettivi database del DNA, ma che, evidentemente, impone ad ogni paese firmatario di disporre di un database da mettere in comune. Il legislatore vi giunge anche con una certa fretta, segnalata dagli interventi dei relatori a Camera e Senato, i quali hanno sottolineato come una rapida approvazione del testo di legge fosse preferibile ad un perfezionamento del testo stesso, da riservare a successivi interventi. Ed è noto che quando i tempi del di- VInforma Alessio Scarcella battito parlamentare sono scanditi da esigenze non propriamente tecniche, non mancano sbavature ed imprecisioni. L’articolato di cui si discute non si sottrae a questa regola; cosicché, se alcune pecche (invero minime) sono state corrette nel passaggio alla Camera dopo la prima lettura del Senato, altre sbavature e ragioni di perplessità non mancano di affliggere l’interprete ed il commentatore. Ciò nondimeno, è chiaro che l’approvazione della legge va salutata come fatto assolutamente positivo. Così è, naturalmente, per i sostenitori delle banche-dati del DNA ad uso forense, i quali finalmente vedono anche il nostro paese dotato di questo strumento di indubbia efficacia, che offre una formidabile risorsa per la soluzione di delitti altrimenti destinati a rimanere impuniti. In Italia, le statistiche giudiziarie dimostrano che più della metà dei delitti denunciati restano impuniti perché gli autori non vengono individuati. I paesi che hanno già istituito una loro banca-dati del DNA hanno compiuto un balzo nell’identificazione degli autori dei reati passando, in alcuni casi, dal sei al sessanta per cento. Basta questa considerazione per far capire l’importanza dell’introduzione anche in Italia di uno strumento moderno ed efficace di contrasto al crimine come la banca-dati del DNA. Si tratta di venire incontro all’esigenza degli operatori di avere nuovi strumenti nella lotta alla criminalità e dei cittadini di avere maggiore sicurezza. La banca-dati del DNA è anche un passo necessario per poter collaborare a pieno titolo con i paesi europei che, come l’Italia, hanno sottoscritto il trattato di Prüm. Non a caso la nuova legge contiene le norme per la ratifica dell’adesione al trattato. In questo modo l’Italia potrà partecipare in pieno allo scambio di informazioni previsto dal trattato nell’ambito della cooperazione transfrontaliera nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata e alla migrazione illegale. In estrema sintesi, ecco la legge n. 85/2009: • Prevede le norme per la ratifica dell’adesione al trattato di Prüm. • Istituisce la banca-dati Nazionale del D NA a carattere interforze, collocata nell’ambito del dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno, e il laboratorio centrale della banca-dati, presso il ministero della Giustizia. • Introduce alcuni limiti invalicabili per fronteggiare e scongiurare utilizzazioni distorte della banca-dati e garantire la privacy dei soggetti coinvolti. • Realizza un coordinamento tra i laboratori delle forze di polizia e gli istituti di medicina legale, nello scambio dei dati nell’attività investigativa e giudiziaria. Grazie all’istituzione della banca-dati del DNA sarà dunque possibile: • Incrementare significativamente l’identificazione degli autori dei reati, che oggi troppo spesso restano ignoti, e aumentare le possibilità di rintracciare persone scomparse. • Rendere più efficace la collaborazione transnazionale nella lotta al crimine, al terrorismo, all’immigrazione clandestina, grazie allo scambio delle informazioni relative ai dati genetici (DNA) nell’ambito del trattato di Prüm. Garantire il rispetto delle esi• genze di riservatezza dei dati sensibili raccolti dalla banca-dati. informa 18 OBIETTIVI E CONTENUTI Gennaio/Marzo 2010 LA BANCA-DATI NAZIONALE DEL DNA La legge istituisce la banca-dati nazionale del DNA a carattere interforze, collocata nell’ambito del dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno, e il laboratorio centrale della banca-dati presso il DAP del ministero della Giustizia. La banca-dati svolge le seguenti attività: • raccolta dei dati relativi ai profili del DNA (ad esempio di soggetti che hanno commesso particolari fattispecie di reato, di persone scomparse o di cadaveri non identificati); • raffronto dei profili di DNA raccolti, ai fini dell’identificazione dell’autore di un reato. Il laboratorio, invece, provvede per suo conto alla: • estrazione dei profili del DNA; • conservazione dei reperti biologici. Tale costruzione consente alle forze di polizia di custodire, per la successiva consultazione e gli immediati raffronti, i soli dati relativi ai profili del DNA: mentre al laboratorio spetta l’attività di tipizzazione, vale a dire l’estrazione del profilo del soggetto, che verrà poi trasmesso alla banca-dati del DNA. A CHI PUÒ ESSERE PRELEVATO IL DNA L’articolo 9 elenca i soggetti che possono essere sottoposti a prelievo di campioni biologici: • i soggetti in carcere o agli arresti domiciliari; • chi è stato arrestato in flagranza di reato o sottoposto a fermo di indiziato di delitto: il prelievo è effettuato dopo la convalida da parte del giudice; • i detenuti o destinatari di misura alternativa alla detenzione in seguito a sentenza irrevocabile per delitto non colposo; LIMITI E GARANZIE La nuova legge prevede le più adeguate garanzie per fronteggiare e scongiurare utilizzazioni distorte della banca-dati. Sono stati introdotti, in maniera esplicita, alcuni limiti invalicabili: • la banca-dati ha finalità esclusive di identificazione personale per la polizia giudiziaria e per l’attività giudiziaria, nonché per la collaborazione tra le forze di polizia; • l’analisi svolta può riguardare solo segmenti non codificati del genoma umano, vale a dire quelli dai quali non siano desumibili informazioni sulle caratteristiche del soggetto analizzato, quali ad esempio le malattie; • la scelta di tenere distinti il luogo di raccolta e confronto dei profili del DNA (banca-dati) dal luogo di estrazione e di conservazione dei campioni biologici e dei profili stessi (laboratorio centrale), nonché dal luogo di estrazione dei profili provenienti dai reperti (laboratori delle forze di polizia e specializzati), ha evitato una promiscuità che poteva rivelarsi Gennaio/Marzo 2010 LE ISTITUZIONI DI GARANZIA • • dannosa per la genuinità dei dati raccolti ed analizzati; la banca-dati può essere consultata solo ad opera del personale addetto e autorizzato, secondo modalità che consentano la tracciabilità, ossia l’individuazione della postazione e del soggetto che ha effettuato l’accesso; gli abusi o l’uso distorto delle informazioni contenute nella banca-dati, da parte di un pubblico ufficiale, sono puniti, salvo che il fatto non costituisca reato più grave, con la reclusione da uno a tre anni. LA CANCELLAZIONE DEI DATI Nel caso di assoluzione con sentenza definitiva perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso è disposta anche d’ufficio la cancellazione dei profili del DNA acquisiti e la distruzione dei relativi campioni biologici. La cancellazione d’ufficio avviene anche se le operazioni di prelievo sono state compiute in violazione delle norme. I TEMPI La banca-dati, evidentemente, è utile soprattutto nei fenomeni di recidiva, perciò è importante che i dati siano conservati per un numero congruo di anni. Allo stesso tempo si è ritenuto necessario fissare un limite massimo di conservazione, per evitare un’indefinita sottoposizione a controlli, anche a distanze di tempo considerevoli. Si prevede: • un termine massimo di quarant’anni per la conservazione dei profili, un termine ritenuto congruo per superare, sulla base dell’esperienza, il periodo di recidiva; • un termine massimo di vent’anni, invece, per la conservazione dei campioni biologici. 19 Analogamente a quanto avviene nelle esperienze straniere, vengono previste istituzioni di garanzia che, per assicurare l’imparzialità dei controlli, sono autonome ed estranee alle attività proprie della banca-dati nazionale e del laboratorio centrale. I loro compiti sono quelli di esercitare l’attività di controllo sul funzionamento e garantire la sicurezza di entrambi i centri di raccolta dei dati. La legge ha inteso realizzare tale scopo attraverso l’azione sinergica di due figure: • il garante per la protezione dei dati personali, che agirà in applicazione della normativa già esistente in materia di protezione dei dati personali; • il Comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie, che dovrà garantire l’osservanza dei criteri e delle norme tecniche per il funzionamento del laboratorio centrale nonché eseguire le verifiche necessarie presso il laboratorio stesso e tutti gli altri laboratori che lo alimentano, formulando anche suggerimenti per il miglioramento del servizio. In conclusione, si tratta di una legge da accogliersi senza alcun dubbio con favore, purché però ne venga garantita l’applicazione rispettando il diritto alla privacy dei cittadini opportunamente bilanciato con l’esigenza di garantire la sicurezza dei medesimi. I VInforma • i soggetti nei confronti dei quali viene applicata una misura di sicurezza detentiva, provvisoria o definitiva. La soluzione scelta si fonda sulla considerazione che, se una persona è privata della libertà personale, in quanto detenuta, può anche legittimamente essere sottoposta ad altra limitazione, che si ritiene di entità minima, della libertà personale. Per evitare, tuttavia, un’indiscriminata, quanto inutile, attività di prelievo nei confronti dei detenuti, si è introdotto un limite oggettivo e generale: si deve trattare di autori di delitti non colposi, consumati o tentati. Il Cucciolo Ristorante A cura di Augusto Meloni è una stradina nel centro storico di Pistoia, quasi un vicolo, che anni addietro era famosa e conosciuta più per la presenza di un ristorante che per il nome della famiglia patrizia pistoiese da cui la via prende il nome: via Panciatichi e «Il cucciolo» (all’epoca «della montagna») allora si diceva tutto insieme, quasi d’un fiato. Dopo anni di alterne vicende, la montagna nel nome è sparita, e nel 2005 il Cucciolo è tornato. Si tratta di un locale che ai pistoiesi è sempre piaciuto, forse anche per la comodità data dalla posizione in pieno centro cittadino. ancora oggi è assai frequentato e gode di fama eccellente. Alcune differenze però ci sono, rispetto al passato, e non sono da poco: il titolare dell’esercizio e il tipo di cucina. Il titolare è oggi Nicolò Piccirilli, la cucina è esclusivamente di pesce. Nicolò è uno chef-patron con importanti esperienze professionali avute in Versilia. Quest’ultimo aspetto appare significativo, se si collega alla qualità della proposta gastronomica, risultando evidente che l’esperienza maturata in un’area vocata come la riviera toscana rappresenta un elemento di notevole rilevanza, soprattutto se aggiunto al far parte di una cooperativa di pescatori, di nome Peschintavola, con una flotta di oltre trentasei barche, che promuove la freschezza del prodotto-pesce e, cosa più importante, la pesca e il consumo ragionato di moltissime specie ittiche. Oggi, insieme a Nicolò, contribuiscono alle fortune del ristorante il figlio Filip- C’ informa Gennaio/Marzo 2010 po, in cucina, la moglie Mara e la figlia Clarice in sala. Il locale si presenta elegante, riservato, sempre gradevoli i tavoli rotondi ben ornati dai giusti accessori, il tutto all’insegna di un comfort che facilita e integra l’approccio alla proposta, sulla cui strutturazione sarà Nicolò a guidarci. Nicolò, perché un ristorante di pesce a Pistoia, quando le tradizioni cittadine sono ben diverse ed il mare è così vicino? Perché no? Io che sono di estrazione culinaria “acquatica”, non potevo esimermi dal proporre nel nostro ristorante la bontà e la freschezza del mare, ed ecco che nasce questa mia idea: portare nel cuore di Pistoia, dove tutti lavorano e si propongono con carni e altre cose sempre buone, un angolo di Versilia col pesce più fresco che si possa trovare. Un’alternativa seria da offrire ad una città come Pistoia, interessata al buono e al bello, un’alternativa rivolta a tutti, ma soprattutto a coloro che hanno voglia di riscoprire, nei sapori che propongo, i profumi del mare. Qual è il tuo pensiero riguardo al- 20 l’ormai annosa questione sulle preparazioni a base di pesce, ovvero: è ammessa una forma di elaborazione talvolta anche complessa che lasci spazio a evoluzioni tecnico-gustative o è bene che il pesce sappia di se stesso con poche aggiunte e basta? Immagino che l’avvento degli allevamenti abbia un po’ standardizzato il prodotto, per cui la differenza dovrebbe farla la capacità dello chef, cosa non propriamente semplice. Personalmente preferisco manipolare un alimento il meno possibile, soprattutto quando si tratta di pesce dove la freschezza è l’indiscusso biglietto da visita della buona riuscita e salubrità di un piatto, ma non ci dobbiamo dimenticare che la ricerca esiste in tutti i campi e non vedo perché in gastronomia questo non si dovrebbe fare. Unico suggerimento da dare – sommessamente – ai grandi innovatori, elaborare o non elaborare, è quello di mantenere riconoscibile l’alimento di partenza, in modo tale che un pesce abbia il proprio sapore originale o che due pesci diversi diano due risultanze altrettanto diverse: e ancora, che non sia possibile scambiare un filetto di cinghiale per uno di manzo. In questo caso si può parlare di completo fal- favola da raccontarsi, come si diceva una volta, «a veglia»! Qualche volta si ha l’impressione che molti ristoranti del tuo settore, pur nel corretto e legittimo seguire le preferenze del cliente, si siano un po’ appiattiti nella proposta: cioè, avanti solo con branzini, orate e poco più (molluschi e crostacei esclusi dalla questione), tralasciando altri pesci nobilissimi e gustativamente altrettanto deliziosi. Il ristoratore di qualità non dovrebbe essere anche un po’ promotore di un maggior dinamismo, ossia aprire scenari gustativi più articolati all’insegna di ricerca ed originalità a partire dall’ingrediente-base? Di allevamenti non vorrei proprio sentir parlare, come non voglio sentir parlare di pesci buoni e pesci meno buoni. E siccome di pesce pescato, definito nobile, se ne trova sempre di meno, purtroppo, proprio di allevato stiamo parlando. Io utilizzo “tutto” il pesce e sfido chiunque a pensare che in cucina certi piatti abbiano più valore di altri se fatti con un pesce o con l’altro. Una cosa è chiara, però: che, oltre alla testa, la mano fa la sua differenza. A volte anche notevole! Quindi abbandoniamo l’idea che un buon piatto di pesce lo fa un branzino anziché un muggine. Chi lo dice conosce poco i pesci e le loro caratteristiche, e sono in molti. Per non parlare poi di tecnica di cottura e altre cose che si assimilano e si fanno proprie soltanto col tempo e con tanta voglia di rinnovarsi. Da qui un sempre più preoccupante appiattimento della ristorazione, della qualità nel piatto, dovuto dalla mancanza di professionalità e da un crescente interesse al solo guadagno nella ristorazione. E la passione? Dirà qualcuno di voi? Bè! Quella che una volta rappresentava lo stimolo principale nell’aprire un ristorante, oggi sembra essere sempre più una Che importanza dai agli abbinamenti enogastronomici: in altre parole, come hai articolato la tua carta dei vini? Abbinare il vino giusto a un piatto è di fondamentale importanza. Guai pensare il contrario! Stiamo comunque parlando di una pratica che negli ultimi anni si è diffusa oltre misura, nel senso che di discorsi sui vini e sul cibo se ne fanno tanti, ma di fatti concreti se ne vedono decisamente meno. Una buona carta dei vini non è fatta delle migliori etichette presenti sul mercato. Fare questo è facile: basta prendere una o due guide e andarsi a spulciare i tanti simbolini che identificano i vini nazionali migliori, ma tutto questo porta ad avere una costosa carta dei vini e non un’ottima carta dei vini. Il lavoro è lungo e certosino, perché implica una conoscenza a 360° delle produzioni nazionali e la scelta oculata di vini in possesso del miglior rapporto qualità-prezzo, oltre a star dietro a quelle che sono le novità del settore enologico e le “chicche” particolari di cui è pieno il territorio italiano. Insomma, si deve essere in grado di fornire al cliente la possibilità di scoprire etichette piacevoli, interessanti, intriganti, eccezionali, al giusto prezzo. Questa mia ricetta va poi completata con una serie di vini importanti, non troppi però, stando sempre bene attenti al prezzo, che deve essere strettamente legato alla qualità del vino contenuto nella bottiglia e non al nome dell’azienda che lo vende. Gennaio/Marzo 2010 Due parole sui pistoiesi a tavola? Che dire! Anch’io sono un pistoiese DOC e quindi so bene di che cosa stiamo parlando. Nel bene e nel male! I 21 R i c e t t a PANCOTTO DI TREMORA O TORPEDINE OCCHIUTA Per 6 persone 3 tremore, 500 g cadauna Aglio, 3 spicchi Cipolla di Tropea, mezza Pomodori pelati, 500 g Fagioli borlotti, 200 g Sedano, 1 cuore Basilico, 1 mazzetto Peperoncino, 1 pizzico Vino bianco, mezzo bicchiere Olio extravergine di oliva, 6 cucchiai di sale Sventrare le tremore, eliminando la testa e spellarla. Eliminare la parte grassa del corpo e tagliare il rimanente a grossi tocchetti. Soffriggere tre spicchi d’aglio e spegnere con mezzo bicchiere di vino bianco. Mettere le tremore nella casseruola e coprirle con brodo di pesce. Far cuocere per dieci minuti a fuoco moderato. In questo modo sarà possibile togliere la lisca con più facilità. Unire la cipolla tagliata a rondelle non troppo sottili e un cuore di sedano. Frullare i pomodori pelati insieme a un mazzetto di basilico e a un etto di fagioli borlotti precedentemente cotti, e aggiungerli insieme a quattro ramaioli di brodo e un pizzico di peperoncino al resto degli ingredienti. Far cuocere a fuoco vivo per altri 10 minuti. Aggiungere il pane casalingo raffermo tagliato a dadini. La cottura deve durare per altri 10-12 minuti e il tutto va servito guarnito con una foglia di basilico e una manciata di fagioli borlotti interi. Portare in tavola e condire con un goccio d’olio extravergine di oliva. È una delle tante ricette di pesce delle nostre barche di Viareggio che facciamo noi ed eseguiamo anche alla scuola di «cucina in piazza» con i pescatori soci. Enogastronomia limento di un’elaborazione o della ricerca applicata al cibo. E il cinema entra in banca P r o g r a m m a 2 0 1 0 L’iniziativa di VIBANCA, grandi autori 7-14 marzo Settimana bianca C INEMA IN BANCA: è il titolo accattivante di una serie di film che verranno proiettati, in via sperimentale, nella sala auditorim di VIBANCA, la sera alle ore 21. Il comitato soci, promotore dell’iniziativa ha già preso contatti con Maurizio Tuci, esperto di cinema d’autore, che ha dato la sua piena disponibilità per questa esperienza, del tutto nuova per la banca, impegnandosi ad effettuare la presentazione di ogni film. L’auditorium può ospitare fino a cento persone in poltroncine più che confortevoli ed è dotato di tutta l’attrezzatura tenica necessaria. I Il ciclo sperimentale inizierà martedì 12 gennaio 2010 ore 21 con Billy Wilder, uno dei più noti registi di Hollywod. Questo è il calendario delle proiezioni: I CINQUE SEGRETI DEL DESERTO (1943) LA FIAMMA DEL PECCATO (1944) martedì 26 gennaio ore 21 VIALE DEL TRAMONTO (1950) TESTIMONE D’ACCUSA (1957) A QUALCUNO PIACE CALDO (1959) martedì 16 febbraio ore 21 L’APPARTAMENTO (1960) martedì 23 febbraio ore 21 IRMA LA DOLCE (1963) martedì 02/03/2010 ore 21 PRIMA PAGINA (1974) Il comitato soci spera che questa iniziativa possa avere successo: in tal caso non si esaurirà con la proiezione del primo ciclo di film, ne verranno programmati altri su noti registi (Rossellini, Fellini e altri) ed eventualmente una presentazione sulla storia del cinema, o sui linguaggi di cinema e TV per i soci interessati. Gennaio/Marzo 2010 30 maggio Autodromo del Mugello Moto GP Gran Premio d’Italia martedì 19 gennaio ore 21 martedì 09 febbraio ore 21 informa 28 aprile-2 maggio Parigi e dintorni martedì 12 gennaio 2010 ore 21 martedì 02 febbraio ore 21 Billy Wilder 4 aprile Mantova, tour della città Palazzo Ducale e Palazzo Te 22 5-6-7 giugno Costiera Amalfitana (o in alternativa Napoli, Pompei, Ercolano) 26-27 giugno Verona e l’opera Arena, Madama Butterfly 11-12 settembre Venezia: Mostra del cinema 12 settembre Autodromo di Monza Gran Premio d’Italia F1 13-19 settembre Crociera Costa: Grecia Turchia (Venezia, Bari, Katakolon/ Olimpia, Smirne, Istanbul, Dubrovnik, Venezia) 25-26 settembre Vicenza (Museo Palladio) e navigazione sul Brenta con il Burchiello da Padova a Venezia (per visita alle ville venete) 5-6 novembre Torino: Museo Egizio Le Langhe, Alba e il tartufo 3-4-5 dicembre Vienna e i Mercatini di Natale Sabato pomeriggio Firenze: Palazzo Vecchio Sabato pomeriggio Pistoia: Fondazione Vivarelli Sabato pomeriggio Pistoia: Museo Marino Marini Sabato pomeriggio Pistoia: Villa di Celle Il CAI con i colori della VIBANCA sbarca a Baghdad... e che sbarco !!! I l 5 settembre 2009 alle sei Antonio Molino ha fatto la sua prima gara: la United States Air Force Marathon, alla base dell’USAF di Baghdad, dove si trova in missione. I partecipanti erano più di trecentocinquanta, e lui si è fatto onore classificandosi quinto col tempo di 45’38’’ (un grande risultato considerando il luogo e il caldo enorme: 53 gradi). Complimenti ad Antonio! Un grazie gli è dovuto dal CAI e dalla VIBANCA per avere dato lustro e fama ai nostri “colori”, portandoci addirittura a Baghdad. Il nostro Antonio ha gareggiato con americani e inglesi, dimostrando grande forza e, soprattutto, grande valore non solo per la prestazione in gara, ma anche sotto il profilo umano, morale e militare. I INFO Al fine di facilitare l’organizzazione è gradita la prenotazione delle gite prima possibile, telefonando alla signora Stella Passini c/o la sede VIBANCA di Pontelungo tel. 0573 913951. La prenotazione è indicativa e sarà ns. premura contattare coloro che l’hanno effettuata, per l’eventuale conferma e per ulteriori informazioni. JUST ON TIME A coloro che avranno effettuato la prenotazione indicativa entro il 31 dicembre 2009 sarà riservato uno sconto del 5% sulle quote individuali di partecipazione. Nota: le date sono puramente indicative. Le gite di due giorni si svolgeranno sempre durante il weekend Gennaio/Marzo 2010 SIAMO ONORATI E ORGOGLIOSI DI AVERE UN ATLETA COME ANTONIO. GRAZIE ANTONIO ! 23 Sport VIAGGIA CON NOI ! Ciclisti stranieri a Pistoia Stefano Fiori I La lunga storia di una bella tradizione sportiva e umana l ciclismo, contraddicendo coloro che si accostano superficialmente a questa bellissima disciplina sportiva mossi soprattutto da intenti scandalistici per fare degli scoop giornalistici o del clamore gratuito, per sua e per nostra for- tuna non è soltanto il regno del doping. Esso è anche tradizione, sacrificio, passione e amore profondo, quasi una vocazione per i tanti praticanti di questo sport affascinante che in quanto a popolarità Gennaio/Marzo 2010 L’australiano Cadel Evans, futuro campione del mondo nel 2009, a Quarrata nell’estate del 2000 con la squadra nazionale dilettanti australiana. Firenze, l’imberbe dandy e idolo del parco fiorentino delle Cascine Rynner Van Hest, che in una fredda mattinata d’inizio febbraio del 1870 cominciò del tutto inconsapevolmente a scrivere la storia di quello strano mezzo a Il lituano Tomas Vaitkus, campione mondiale a cronometro dilettanti 2002, a Quarrata con i dirigenti del team CasiniVellutex, Giosuè Gemignani (a sinistra) e Alessandro Bassetti (a destra) 25 due ruote allora chiamato velocipede che costituiva il suo passatempo prediletto, andando a vincere proprio davanti al Grand Cafè du Globe a Pistoia la prima gara ciclistica su strada disputata in Italia, l’ormai leggendaria Firenze-Pistoia. Fu proprio in quella fatidica giornata del 2 febbraio 1870 che Pistoia rivelò, forse suo malgrado e nemmeno avendone l’intenzione, un’insospettabile predisposizione nell’attirare i giovani ciclisti stranieri desiderosi di farsi largo nel variopinto e difficile mondo dello sport del pedale. Tuttavia la piena conferma di questa particolarissima attitudine si ebbe soltanto molti anni dopo, attorno al 1970, quando vennero riaperte temporaneamente le frontiere ai ciclisti dilettanti stranieri, fino ad allora vittime di un inspiegabile e anacronistico ostracismo decretato dagli organi della FCI, protrattosi per parecchi anni e che vietava il tesseramento di ciclisti esteri ai club dilettantistici e juniores italiani. Così il primo “migrante” in bici di notevole spessore tecnico, tesserato dal G S BottegoneMobiexport nel 1971, fu il fortissimo olandese Fedor Den Hertog che a dire il vero ebbe forse il torto di fare ombra all’idolo locale Francesco Moser: di conseguenza la sua avventura pistoiese durò soltanto un anno, ma fu comunque contraddistinta da diciassette vittorie importanti, tra le quali figurò il prestigioso Tour de l’Avenir a tappe, in Francia. Negli anni successivi altri talenti stranieri approdarono nel pistoiese e nel 1984 fu il turno del biondo danese di Pieve a Nievole, Rolf Sørensen, che in breve tempo divenne la bandiera della Monsummanese. Il grande Sport presso la gente comune è tuttora secondo solamente al calcio. Il ciclismo è anche un insieme di avvincenti, spesso toccanti storie umane da raccontare: e non per nulla esiste una ricca produzione letteraria riguardante lo sport del pedale, alla creazione della quale hanno contribuito alcuni mostri sacri della letteratura “vera”, come ad esempio i grandi Dino Buzzati, Elio Vittorini, Gabriel García Marquez, Arthur Conan Doyle, Vasco Pratolini, Gianni Brera, Orio Vergani, Mario Soldati, Massimo Guglielmi e Indro Montanelli. Storie a volte tristi, come quella straziante dell’immenso e fragile Marco Pantani, storie dai contorni misteriosi, quasi gialli, come quella di Ottavio Bottecchia e, in parte, del grande «airone» Fausto Coppi, oppure vicende a lieto fine e di grande rilevanza sociale come quelle riguardanti la carriera e la vita del leggendario Gino Bartali e di molti altri grandi del ciclismo. La storia che troverete qui di seguito è intrisa soprattutto di un grande amore verso il ciclismo, di una passione viscerale e sconfinata che è stata alla base della decisione di molti ragazzi stranieri di lasciare un giorno le loro certezze, i loro affetti e i loro luoghi di residenza – in alcuni casi situati addirittura a ventimila chilometri di distanza – per andare a cercare la fortuna “sportiva” in una delle zone che viene unanimemente considerata nel mondo come una delle culle storiche del ciclismo: l’Italia e più precisamente la provincia di Pistoia, fra la piana fiorentina e la Valdinievole. Se vogliamo, un illustre antenato di questi giovani talenti in bicicletta può essere considerato il figlio del console americano a amore di Rolf per la Valdinievole rimase immutato nel tempo, tanto da convincerlo a comprare casa e poi a risiedere con la famiglia per molti anni nella zona di Montecatini Alto. Tutto ciò dopo avere concluso una lusinghiera carriera professionistica contraddistinta da un secondo posto alle Olimpiadi di Atlanta, da vittorie in celebrate classiche come il Giro delle Fiandre o la Liegi-Bastogne-Liegi e in tappe del Tour de France. Nel 1985 sbarcò a Casini di Quarrata, giovandosi dell’importante supporto logistico ed economico messo a disposizione da sportivi autentici come i fratelli Floriano e Giosuè Gemignani, Mario Mengoni, Luigi Sali, Siliano Gori & C., una pattuglia di giovani ciclisti dilettanti provenienti dalla lontanissima Australia, capeggiati dal quotato campione nazionale Eddie Salas, un oriundo uruguaiano, che si dimostrò il migliore del lotto ed arrivò in seguito ad ottenere un buon ingaggio da professionista con il team Polli-Fanini, riuscendo ad imporsi nel Gran Premio di Larciano del 1989 con un indovinato colpo di mano attuato nei chilometri finali. Ancora nel gruppo di atleti stranieri tesserato dal club di Casini di Quarrata con i marchi Quarrata Arreda e quindi Vellutex, vinse parecchie gare da dilettante in quegli anni l’ex-ufficiale dell’esercito polacco Andrzej Serediuk, un atleta molto forte in salita e un vero stakanovista negli allenamenti che tuttavia non riuscì a costruirsi quella brillante carriera professionistica che avrebbe meritato. Anche il GS Bottegone tesserò nel 1986 il grimpeur inglese David Rayner, atleta di buon livello che militò con onore tra i professionisti fino alla sua tragica scomparsa avvenuta nel 1994, quando rimase vittima incolpevole (era intervenuto per difendere un amico) di una rissa all’uscita da un pub in Inghilterra. Negli anni Novanta si registrò un vero e proprio boom di presenze di ciclisti stranieri sulle strade pistoiesi e Casini di Quarrata, con il dream-team della Vellutex, diventò un inesauribile vivaio di giovani talenti esteri. Il primo a segnalarsi fu, nel 1996, il russo Vitaly Kokorine, un atleta tutto genio e sregolatezza che dopo l’approdo al professionismo fece purtroppo perdere le sue tracce nel volgere di pochi anni. Dopo di lui la colonia quarratina costituita da atleti provenienti dall’Est europeo si arricchì di personaggi di notevole caratura tecnica e umana, come l’estroverso e vincente bielorusso Yaugeny Senioukhine e il lettone Raivis Belohvosciks, fino ad arrivare all’agguerrita “armata” informa 26 L’australiano Bradley McGee ad Agliana nell’aprile del 1998, alle prese con il celeberrimo calzone gigante della pizzeria Gina. Negli anni successivi, tra i professionisti, indosserà la maglia rosa al Giro d’Italia, la maglia gialla al Tour de France e la maglia amarillo alla Vuelta di Spagna (un record). Nel 2004 vincerà la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atene, nella specialità del ciclismo su pista. Gennaio/Marzo 2010 ucraina. Memorabili furono infatti le stagioni agonistiche 2000 e 2001, con il fenomenale Yaroslav Popovych che in pratica vinse tutto quello che poteva vincere: trentanove successi in ventiquattro mesi, inclusi il campionato mondiale Under 23 a Lisbona nel 2001 e gare prestigiose come il Giro della Valle d’Aosta, il Giro delle Regioni, il Giro della Nuova Caledonia, la Parigi-Roubaix dilettantistica e la FirenzeViareggio. «Popo» non ha più lasciato Quarrata e attualmente, professionista con l’Astana e fidato luogotenente di Lance Armstrong, risiede con la moglie Cindy e il figlio Jason sulle colline quarratine, a Tizzana. Altri suoi connazionali che si sono fatti onore dal 1998 ad oggi sono stati Ruslan Gryschenko, Yuri Metlushenko, Volodymir Gustov, Ruslan Pidgornyy e, con la maglia del team Neri-Finauto di Luca Scinto e Angelo Citracca, che raccolse il testimone della gloriosa società di Casini di Quarrata, i più “recenti” Andriy Grivko e Dmytro Grabovskyy, considerato una meteora luminosa ma particolarmente effimera, poiché nel 2005 e 2006 trionfò nei campionati mondiale ed europeo Under 23 senza poi riuscire a dare un degno seguito Stefano Fiori con l’australiano Cadel Evans al Giro d’Italia 2002, dove Evans indosserà per un giorno la maglia rosa. – almeno finora – a quelle spettacolari affermazioni. A Casini di Quarrata arrivarono nei primi anni del nuovo secolo anche altre maglie iridate conquistate da alcuni atleti che tuttavia hanno risieduto nel quarratino per un arco di tempo limitato. È il caso del lituano Tomas Vaitkus, campione del mondo della crono Under 23 nel 2002 a Zolder, dell’uzbeko Sergej Lagutin, campione del mondo Under 23 su strada nel 2003 ad Hamilton, e ancora del bielorusso Kanstantin Siutsou, iridato Under 23 su strada a Verona nel 2004. Sono da ricordare anche due vincitori della Coppa del Mondo Under 23, il russo Mikhail Timochine e l’ucraino Denys Kostyuk e soprattutto Sergej Matveyev, potente atleta ucraino specialista delle gare contro il tempo, trapiantato ad Agliana e seguito come un figlio dal noto ex-professionista Daniele Tinchella: nel suo palmarès professionistico figurano due Firenze-Pistoia a cronometro individuale. Accanto alla ricca e vincente colonia ucraino-russa-uzbekabielorussa ha rivestito una notevole importanza anche la colonia Gennaio/Marzo 2010 ciclistica australiana, guidata dal coach Shayne Bannan, che per quattro anni (1997-2000) fissò il proprio quartier generale a Casini di Quarrata a seguito di un accordo sottoscritto tra il GS Casini-Vellutex dei vari Gemignani, Bassetti, Mengoni e Gori, alcuni sponsor locali e l’ A P T Pistoia e Montagna Pistoiese presieduta da Adamo Bugelli che, fornendo un aiuto concreto ai giovani ciclisti Aussie, intendeva legare il logo della nostra provincia a quello delle olimpiadi australiane di Sydney 2000, con evidenti scopi promozionali. Da questo gruppo uscirono negli anni successivi dei veri assi come Bradley McGee, medaglia d’oro su pista alle Olimpiadi di Atene 2004, vincitore di gare in tutto il mondo, che è riuscito a indossare la maglia di leader della classifica generale in tutti i grandi Giri a tappe, Francia, Italia e Spagna, o come Michael Rogers, tre volte campione del mondo a cronometro tra i professionisti, e ancora Brett Lancaster e Graeme Brown, entrambi vincitori della medaglia d’oro su pista alle Olimpiadi di Atene 2004. E poi Baden 27 Cooke, maglia verde al Tour de France, Allan Davis, secondo alla Milano-Sanremo e soprattuto Cadel Evans, neocampione del mondo su strada a Mendrisio. Evans giunse a Quarrata per la prima volta nel luglio del 1997, da astro nascente della mountainbike (era appena giunto secondo nel mondiale Under 23), e fece sensazione la sua prima uscitaesibizione a San Marcello Pistoiese, in una gara organizzata dalla sezione ciclismo della polisportiva Silvano Fedi, presieduta dall’entusiasta Alessandro Pedroni. I suoi primi tifosi fecero capo al bar-ristoro Le Due Ruote a Quarrata, gestito dalla famiglia Tavanti, e al negozio di biciclette Rames & Bike di Rames «Gianni» Cafissi, popolare ex-ciclista pratese. Della città del mobile l’iridato L’australiano Michael Rogers alla partenza del GP Del Rosso a Montecatini Terme nell’ottobre del 1999; da professionista vincerà 3 campionati mondiali a cronometro. Sport L’ucraino… di Quarrata Yaroslav Popovych vince a Lisbona nel 2001 il campionato mondiale dilettanti Under 23, precedendo i compagni di squadra (team Casini-Vellutex) Giampaolo Caruso e Ruslan Gryschenko. australiano serba un ottimo ricordo in quanto negli anni successivi Quarrata fu di frequente la base degli allenamenti da lui effettuati insieme agli altri componenti della nazionale Aussie. A Chiesina Uzzanese e nel comune di Uzzano si è invece stabilito da tempo un gruppo forte e affiatato di ciclisti russi, dilettanti e professionisti, grazie al benemerito e commovente impegno di Stefano e Rossana Tamberi che intendono portare avanti l’eccezionale lavoro svolto dal loro amatissimo figlio Daniele, deceduto due anni fa a seguito di una malattia incurabile. Il giovane team manager valdinievolino aveva infatti portato alla ribalta negli anni passati atleti del calibro di Boris Shpilevsky, Alexei Chtchebeline, Alexandre Bajenov – poi diventati professionisti – e di Alexandre Serebryakov e Alexander Filippov tra i dilettanti. L’ultima scoperta del compianto Daniele Tamberi è stata il forte australiano Richie Porte, tesserato dal team Gruppo Lupi nel 2007 e successivamente emigrato prima al GS Mastromarco e nel 2009 alla Monsummanese. L’ultima, doverosa segnalazione Il polacco-quarratino Andrzej Serediuk vince a San Marcello Pistoiese il Giro della Montagna Pistoiese per dilettanti nel 1986. informa Gennaio/Marzo 2010 IL TENNIS CLUB PISTOIA U na bella e avvincente avventura quella che ha vissuto il Tennis Club Pistoia. Si è presentato nell’olimpo dell’A1 (la maggiore categoria della disciplina), si è comportato con onore, ha ricevuto applausi e ha detto arrivederci, tornando a quella categoria che più gli compete, l’A2. La formazione pistoiese – Johannes Ager, Patrick Prader, Riccardo Ciruolo, Luca Moschetti, Giovanni Bianchi, Tommaso Brunetti, Matteo Ventavoli – ha perso tutti gli incontri, contro Anzio Roma, Castellazzo Ticino, Alba, Bassano, Empire Roma, Capri. Ma vi sono degli aspetti giustificativi, in primo luogo la perdita di Moschetti (frattura da stress al piede destro) alla vigilia della competizione. Una pugnalata, perché Moschetti avrebbe giocato da numero 4 obbligato in quella posizione e sarebbe partito sfavorito solo con i circoli big. Stesso discorso vale per Ager: doverlo schierare da numero 1 è stato un pugno allo stomaco (una vittoria e tre sconfitte contro avversari la cui classifica oscillava da 80 a 250 al mondo), l’austriaco è un mezzo fenomeno e in qualsiasi altra posizione avrebbe messo via successi come fossero pop-corn, sfornati a getto continuo. Gli aspetti consolatori per questa toccata e fuga del Tc Pistoia in A1 sono molti ed è da qui che bisogna ripartire per programmare il futuro. Su tutti è doveroso collocare il numero degli spettatori. Tanti, segno che la novità dello spettacolo offerto ha prima incuriosito, poi ammaliato. A Pistoia sono arrivati giocatori che l’appassionato vedeva solo in Tv. Non è un modo di dire. Bassano ha mostrato i muscoli di Lorenzi (numero 4 d’Italia e 84 del mondo) e quelli di Marc Lopez, 300 nel mondo ma fenomenale in doppio. Tanto per dire: Nadal lo sceglie come abituale compagno; insieme hanno vinto in Qatar. E ancora: nel Tc Capri giocano Seppi, Starace, Volandri e il francese Gicquel (numero 60 al mondo), gente che altrove merita il prezzo del biglietto e che a Pistoia, invece, puoi vedere gratis. L’entusiasmo è tanto, e tanti sono anche i rimpianti, primo tra tutti, come abbiamo detto, la perdita di Moschetti. Ora il circolo presieduto da Luigi Brunetti volta pagina e più unito che mai si appresta a programmare il campionato di A2. Bravo lo stesso per quanto ha fatto in A1 e in bocca al lupo per la prossima stagione. riguarda i giovani ciclisti della nazionale inglese dilettanti che in tempi recenti hanno fatto di Buriano e di Quarrata la loro seconda casa. Dal gruppo tuttora gestito dall’ex-professionista angloitaliano Maximilian Sciandri sono usciti sicuri talenti come Ben Swift, Ian Stannard, la rivelazione al Tour de France 2009 Bradley Wiggins: ancora tra Buriano e Quarrata, hanno fissato il loro quartier generale un atleta di grande esperienza come David Millar, già maglia gialla al Tour de France, e soprattutto 28 come l’asso dello sprint Mark Cavendish, che nel corso del 2009 ha vinto qualcosa come ventinove gare, incluse la Milano-Sanremo, quattro tappe al Giro d’Italia e sei tappe al Tour de France. E proprio all’inizio del 2009 l’«Espresso dell’Isola di Man», soprannominato anche Mister Cannonball, ha comprato una casetta nel centro di Quarrata, a dimostrazione del grande affetto che ormai nutre verso questa accogliente cittadina ad alta gradazione ciclistica situata ai piedi del Montalbano. I Iconografia di Pistoia La città nelle stampe dal XV al XIX secolo L a strenna natalizia 2008 di VIBANCA è stata lo splendido e accurato volume Iconografia di Pistoia di Mario Lucarelli (edizioni Polistampa). «Il libro – come sottolinea lo stesso autore – è una sorta di lungo reportage, in cui ho voluto introdurre “il dettaglio” per apprezzare e capire meglio le informazioni che un’incisione ci dà della vita, della storia e della cultura di una comunità». Pistoia è una città molto antica, le cui origini risalgono all’epoca romana. I numerosi monumenti, in particolare del periodo romanico e gotico, sono rappresentati nelle tante stampe d’epoca raccolte nel volume e annotate con l’indicazione del soggetto, dell’autore e della tecnica, con la descrizione della raffigurazione e con i riferimenti storici. Numerosi artisti che, con la loro grafica, hanno narrato l’evoluzione di Pistoia «nelle stampe dal XV al XIX secolo». Mario Lucarel- li, che peraltro è il proprietario della straordinaria collezione riprodotta, ha ordinato le tante immagini in un accurato percorso di quasi cinquecento anni. Monumenti, personaggi, eventi sono via via dichiarati da una propria, specifica scheda. Infatti, rispetto alla precedente edizione del 1995, Lucarelli ha ag- giunto quaranta incisioni e sistemato il tutto in ordine cronologico. «È un’opera di cultura – ha scritto Natale Rauty nella presentazione –, ben oltre il collezionismo, uno studio approfondito sul piano scientifico e storico; inaspettata fonte documentaria dell’evoluzione della forma urbana e del territorio». A sua volta, Carla Romby ha parlato di «incantamento», di fronte ad una Pistoia vista «da lontano», poi da vicino, ed ancora «dentro le mura»: «Le illustrazioni dimostrano una città abitata, tra architetture sobrie, imponenti antiche e moderne, ed architetture dell’utile; una città che cambia, al centro di una campagna ordinata e produttiva. Sono immagini che accompagnano il nostro quotidiano per non farci sentire estranei». I Cultura Luca Lubrani su il sipario... a cura di Luca Lubrani TEATRO MANZONI – PISTOIA 8-10 gennaio 2010 IL VANTONE Giacomino!, la commedia scritta per Angelo Musco, che ci fa divertire nel guardare da vicino legami familiari paradossali e tumultuose relazioni con un perbenismo di facciata. delle scene più celebri del grande romanzo picaresco del siglo de oro spagnolo. 6-8 marzo 2010 CYRANO DE BERGERAC 12-14 febbraio L‘ORO DI NAPOLI di Giuseppe Marotta Regia di Armando Pugliese Interpreti principali: Gianfelice Imparato, Luisa Ranieri, Valerio Santoro Questa edizione teatrale de L‘oro di Napoli di Giuseppe Marotta non è, come ormai troppo spesso accade in teatro, una pedissequa riproposta del film di De Sica, ma una ricomposizione totalmente nuova dei suoi racconti, di cui alcuni sfruttati anche dal film, ma altri completamente inediti. di Pier Paolo Pasolini Regia di Roberto Valerio Interpreti principali: Luca Giordana, Massimo Grigò, Roberta Mattei, Michele Nani, Nicola Rignanese, Roberto Valerio Lo spettacolo è una produzione dell’Associazione Teatrale Pistoiese. Il Vantone è la Roma dei raggiri, delle truffe, degli espedienti per sopravvivere, della lotta per riuscire a mangiare, dell‘eterna lotta tra padrone e servo, o meglio tra signori e morti di fame… 26-28 febbraio 2010 29-31 gennaio 2010 di Luigi Pirandello Regia di Enzo Vetrano e Stefano Randisi Interpreti principali: Enzo Vetrano e Stefano Randisi «Un lavoro audacissimo». Così Pirandello descrive al figlio Pensaci, di Franco Branciaroli Regia di Franco Branciaroli Branciaroli è impegnato nel doppio ruolo di Don Chisciotte e Sancho Pancia, cui darà, imitandole, le voci di Vittorio Gassman e Carmelo Bene. Il vagabondare verbale, divertente e commovente insieme, dei due mattatori ripercorrerà alcune informa 30 PENSACI, GIACOMINO! Gennaio/Marzo 2010 DON CHISCIOTTE di Edmond Rostand Regia di Daniele Abbado Interpreti principali: Massimo Popolizio Cyrano è un acrobata della parola. Possiede amici fedeli e nemici implacabili. È un funambolo del verso, è poeta e asceta, si batte per testimoniare la vera, profonda libertà della poesia. La follia poetica, testimonia Cyrano, rimane inavvicinabile e contiene in sé la propria predestinazione e diversità. 12-14 marzo 2010 ROMAN E IL SUO CUCCIOLO di Reinaldo Povod Regia di Alessandro Gassman Interpreti principali: Alessandro Gassman La prorompente forza drammatica dell‘opera si basa sul rapporto irrisolto fra un padre semianalfabeta, spacciatore di droga, nevrotico, che alterna momenti di dolcezza a esplosioni di rabbia, e un adolescente apparentemente schiacciato dall’autorità paterna, che vuole emanciparsi attraverso lo studio ma che nasconde al padre le sue illusorie prospettive di vita e la sua progressiva dipendenza dall’eroina. 6 marzo 2010 LUI, LEI E IL MANUALE di e con Ornella Esposito e Marco Dugheri 12-13 marzo 2010 THE BAROQUE OPERA 9 gennaio 2010 HO APPENA 50 ANNI regia e coreografie di Mvula Sungani con Raffaele Paganini e con Emanuela Bianchin, Simona de Nittis, Claudia Cavalli, Ilaria Palmieri, Ivana Cibin, Alessia Giustolisi, Vito Cassano, Salvatore Addis e Nicola Palmas 16 gennaio 2010 SI SDRAI PER FAVORE di e con Petr Forman, Matej Forman, Milan Forman musiche di Karel Loos A Pistoia, a trecento metri da piazza del Duomo, è nato per iniziativa privata «Il Funaro», uno spazio teatrale straordinario, che ospiterà artisti del calibro di Peter Brook, degli strepitosi marionettisti praghesi Forman, figli del mito del cinema Milos Forman, o della prestigiosa compagnia tedesca «Figurentheater Wilde & Vogel». Via del Funaro 16/18. Info: 0573977225, www.ilfunaro.org 30 gennaio 2010 GREASE IL GRANDE LIBRO DELLE FIABE (spettacolo per bambini dai tre ai 10 anni) di e con Ornella Esposito e Marco Colangelo TEATRO VERDI MONTECATINI TERME 29 dicembre 2009 ROMEO E GIULIETTA di e con Loriano Della Rocca musiche di Luigi Finarelli 12-13 febbraio 2010 5 gennaio 2010 EXIT - EINE HAMLETFANTASIE 24 gennaio 2010 11 aprile 2010 tratto dall’omonima tragedia di William Shakespeare musica di Petr Il’Ii? ?ajkovskij con il Balletto di Milano VITTIME DI INCERTE PASSIONI di Vladimir Luxuria e Roberto Piana Con Vladimir Luxuria e con la partecipazione medico-spettacolare di Fuxia Cartellone CENTRO CULTURALE IL FUNARO – PISTOIA di Jim Jacobs e Warren Casey traduzione Michele Renzullo regia Saverio Marconi con la Compagnia della Rancia 30 gennaio 2010 SENZA NUVOLE Alessandra Amoroso in concerto IL CONTE DI MONTECRISTO – IL MUSICAL 18 febbraio 2010 con 8 cantanti dalle esperienze stellari, tra cui Notre Dame de Paris, Divina Commedia, «Domenica In con Adrian Aragon e Erika Boaglio DIVINO TANGO 6 marzo 2010 SILVIO C’È con Antonio Cornacchione e Carlo Fava 27 marzo 2010 POCHE IDEE E BASTA (in lingua inglese e tedesca) da Amleto di W. Shakespeare regia di Michael Vogel musiche dal vivo di Charlotte Wilde Scritto da Cinzia Leone con Fabio Mureddu. Regia di Walter Nanni con Cinzia Leone Segue Gennaio/Marzo 2010 31 CONVENZIONE SOCI VIBANCA-VIASSICURA AGENZIA ZURICH TEATRO PACINI – PESCIA 23 gennaio 2010 IL VANTONE di Pier Paolo Pasolini Regia di Roberto Valerio Interpreti principali: Luca Giordana, Massimo Grigò, Roberta Mattei, Michele Nani, Nicola Rignanese, Roberto Valerio • CONVENZIONE ASSICURAZIONE R.C.AUTO RELATIVA AD AUTOVETTURE, CICLOMOTORI E MOTOCICLI AD USO PRIVATO RISCHI SINGOLI. SONO PREVISTI I SEGUENTI SCONTI: 31 gennaio 2010 RUMORS CONVENZIONE BASE – SOCI VIBANCA: SCONTO DEL di Neil Simon Regia di Massimo Chiesa Interpreti principali: Andrea Brambilla, Nino Formicola, Eleonora D’Urso, Marco Zanutto 20% SULLA GARANZIA RCA – SCONTO DEL 40% SULLE GARANZIE ARD: INFORTUNI DEL CONDUCENTE, INCENDIO, PERDITE PECUNIARIE, FURTO; EVENTI NATURALI (SOLO AUTOVETTURE). 25 febbraio 2010 CONVENZIONE BACC – CLIENTI VIBANCA: SCONTO MOLTO RUMORE PER NULLA DEL 10% SULLA GARANZIA RCA – SCONTO DEL 30% SULLE GARANZIE ARD: INFORTUNI DEL CONDUCENTE, FURTO, PERDITE PECUNIARIE; EVENTI NATURALI (SOLO AUTOVETTURE) • «CASA SICURA» POLIZZA ALL RISK FOR FAMILY, POLIZZA MULTIRISCHI DEDICATA ALLA CASA E A TUTTI I BENI SOTTOTETTO. COMBINAZIONE 1 – POLIZZA ALL RISK FOR FAMILY – di William Shakespeare Regia di Gabriele Lavia Interpreti Principali: Pietro Biondi, Lorenzo Lavia, Giorgia Salari, Francesco Bonomo, Salvatore Palombi, Andrea Nicolini, Gianni De Lellis, Luca Fagioli, Alessandro Riceci, Tamara Calducci, Faustino Vargas, Viviana Lombardo, Alessandro Cangiani, Daniele Sirotti, Silvia De Fanti, Andrea Trovato, Claudia Crisafio, Igor Horvat IL PAGAMENTO PUÒ ESSERE EFFETTUATO CON RID 14 marzo 2010 MENSILE DI € 23,00. DANTE LEGGE ALBERTAZZI con Giorgio Albertazzi Altri interpreti: Ilaria Genatiempo, Federica Michisanti (contrabbasso), Cristiana Polegri (sax, flauto, voce), Armando Sciommeri (percussioni) informa Gennaio/Marzo 2010 COSTO ANNUO A CARICO DEL SOCIO € 36,00 COMBINAZIONE 2 – POLIZZA ALL RISK FOR FAMILY COSTO ANNUO A CARICO DEL SOCIO DI € 178,00 MENSILE DI € 14,84. COMBINAZIONE 3 – POLIZZA ALL RISK FOR FAMILY – COSTO ANNUO A CARICO DEL SOCIO € 276,00 IL PAGAMENTO PUÒ ESSERE EFFETTUATO CON RID TUTTI I PAGAMENTI POTRANNO ESSERE EFFETTUATI CON LA CARTA DI CREDITO REVOLVING DA RICHIEDERE PRESSO LE NOSTRE FILIALI PER ULTERIORI INFORMAZIONI POTETE RIVOLGERVI ALLA VIASSICURA – VIA FIORENTINA, 85 – PISTOIA TEL 0573 977576 – FAX 0573 509189