VINforma - 2010 n°1

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VINforma - 2010 n°1
A
Un raggio di sole
all’orizzonte
NCHE se il 2009 ha coinciso con uno dei peggiori
momenti economici e finanziari della storia non solo
italiana, il Credito Cooperativo non ha mai cessato
di sostenere l’economia reale. Fin dall’inizio della
crisi, insieme o da sole, a volte affiancate da altri
attori locali, le BCC hanno dato corso alle più disparate iniziative per aiutare l’economia del territorio, a
favore di famiglie ed imprese, specie piccole e medie. Così è stato
anche per VIBANCA che, dalla crisi in atto, ha visto accentuarsi il proprio ruolo di sostegno all’economia e la propria visibilità. Chi l’avrebbe mai detto!
Oggi, quando il resto del sistema bancario è proteso verso grandi
aggregazioni (abbiamo un esempio in casa), tutti si sono accorti del
valore di una banca del territorio come la nostra. Se ne sono accorti i
clienti, che volentieri hanno trasferito i loro risparmi presso le nostre
casse. Se ne sono accorti gli imprenditori, che hanno visto chiudersi i
rubinetti del credito presso le banche dei grandi gruppi. Oppure, se
l’accesso al credito non è stato negato, sono rimasti invischiati nella
morsa delle formalità e delle autorizzazioni che vengono da lontano,
col conseguente dilatarsi dei tempi di erogazione dei finanziamenti.
Noi, invece, veniamo “dalla campagna”, vogliamo restare in zona e
prediligiamo percorsi semplici, diretti, liberi da formalità. Vogliamo
un rapporto stretto col territorio di riferimento e diamo forte attenzione al cliente, per meglio soddisfarne le esigenze. Anche per questo,
ma non solo, nello scorso novembre ha avuto inizio la preannunciata
piena operatività dell’agenzia di via degli Orafi. Un’agenzia nel cuore
del centro storico, voluta per dare un forte segnale di attenzione alla
nostra città in un momento in cui altre aziende bancarie hanno spostato la testa (e il portafoglio!) in zone lontane. Un’agenzia che, confermando lo spirito d’innovazione che spesso ci ha connotato, osserverà un orario “rivoluzionario”, restando aperta il pomeriggio fino alle
18 e il sabato mattina, per meglio venire incontro – ci auguriamo – alle
esigenze dei residenti e degli operatori del centro storico.
Siamo consapevoli che, con la maggior presenza sul territorio e
l’incremento della clientela, non possiamo ritenere d’aver superato le
difficoltà derivate pure a noi dalla crisi. Crediamo anche che l’onda
lunga debba ancora arrivare. Siamo convinti però che occorre guardare al futuro con cauto ottimismo. Oggi, da più parti, si è iniziato a
parlare di ripresa economica e di segnali positivi. Così si sono espressi pure il FMI e la Banca d’Italia. Certamente le ferite prodotte dalla
crisi impiegheranno molto tempo per guarire e presumibilmente l’economia globale subirà cambiamenti e ristrutturazioni importanti.
Ma se noi, che “veniamo dalla campagna”, continueremo ad offrire
buoni prodotti, se staremo uniti e faremo squadra dalla base al vertice, se proseguiremo con convinzione nel percorso intrapreso, mantenendo le nostre prerogative d’indipendenza, dinamismo, attenzione al
territorio, celerità di risposta e innovazione, avremo di sicuro qualche
riparo in più per uscire dalla tempesta.
In fondo alla quale, di solito, c’è il sole.
È con questo stato d’animo che auguriamo a tutti i nostri soci,
clienti, collaboratori e amici un felice Santo Natale e un 2010 più sereno e più proficuo sotto ogni punto di vista.
I
Gennaio/Marzo 2010
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Editoriale
Patrizio Rosi
Patrizio Ceccarelli
Vivaisti pistoiesi a Roma
U
Donata al Papa una scultura realizzata con le piante.
La delegazione è stata poi ricevuta dall’assessore
alle politiche ambientali della Capitale
A sinistra, l’arrivo in piazza San Pietro
della delegazione pistoiese.
A destra, il presidente e il direttore
dell’Associazione Vivaisti Pistoiesi,
insieme al direttore della VIBANCA, Pier
Francesco Francioli, al parroco di
Bottegone, don Piergiorgio Baronti e ad
alcuni componenti la comitiva, davanti
all’ingresso di San Pietro, con la scultura
verde donata al Papa.
n centinaio di soci e simpatizzanti
dell’Associazione Vivaisti Pistoiesi,
guidata dal presidente, Fabrizio Tesi, e dal direttore, Carlo Vezzosi, è
stata ricevuta dal Santo Padre Benedetto XVI, lo scorso 30 settembre,
nel corso dell’udienza generale in
piazza San Pietro. L’Associazione ha
donato al pontefice una scultura
verde, realizzata dai maestri dell’arte topiaria pistoiese, raffigurante lo stemma della Città del Vaticano.
Della comitiva hanno fatto parte, tra gli altri, anche don Piergiorgio Baronti, parroco di Bottegone,
e il direttore della VIBANCA, Pier
Francesco Francioli.
«Il vivaismo – ha dichiarato il direttore Francioli – è un settore che
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ci sta molto a cuore. Il viaggio a Roma, insieme a tanti rappresentanti
di questa attività, che riveste primaria importanza per l’economia
pistoiese, per me è stata un’opportunità notevole, perché mi ha aiutato a capire meglio quali sono le
esigenze delle aziende del comparto. Noi, tra l’altro, abbiamo già dei
prodotti, come il “Conto Vivaio”, appositamente pensati e studiati per i
vivaisti, per riuscire a soddisfare tutti i loro bisogni di ordine creditizio.
Il motivo della mia presenza a questa iniziativa è in linea con il modo
di operare della nostra banca: secondo noi, infatti, non deve essere
sempre e soltanto il cliente a venire
nelle nostre sedi, ma è anche la banca stessa che deve andare incontro
al cliente per capire meglio quali sono le sue esigenze. Questo secondo
noi vuol dire essere banca del territorio».
Al termine dell’udienza con il Pontefice i
vivaisti pistoiesi hanno
visitato la basilica di San
Pietro, le tombe dei Papi
e successivamente sono
stati ricevuti dall’assessore alle politiche ambientali del Comune di
Roma, Fabio De Lillo, al quale hanno donato un’altra scultura di arte
topiaria, raffigurante la leggendaria lupa, simbolo della città.
«Utilizzeremo questa stupenda
Il direttore e il presidente
dell’Associazione Vivaisti Pistoiesi, Carlo
Vezzosi e Fabrizio Tesi, con l’assessore
alle politiche ambientali del Comune di
Roma, Fabio De Lillo.
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La nostra terra
Il presidente
dell’Associazione Vivaisti
Pistoiesi, Fabrizio Tesi,
saluta il Santo Padre. Sullo
sfondo la scultura verde
donata al Pontefice.
scultura verde – ha dichiarato De
Lillo, che si è intrattenuto a lungo
con gli ospiti pistoiesi – nelle grandi occasioni ufficiali, quando riceveremo in Campidoglio ospiti importanti italiani e stranieri».
«È stata un’occasione significativa – ha commentato il direttore
Vezzosi – per promuovere le piante di Pistoia e per avviare una collaborazione con la Capitale».
Roma è la città italiana con la
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più alta quota di parchi e giardini
pubblici, anche perché la superficie del Comune capitolino è di oltre 128.000 ettari. Parchi e giardini
costituiscono il 60% del territorio
comunale.
L’assessore De Lillo ha parlato
della grande attenzione che l’amministrazione capitolina dedica al
verde cittadino ed ha auspicato, a
tale riguardo, sempre più strette
collaborazioni con Pistoia, ormai
da tutti riconosciuta come la “capitale europea del verde”, dove si
coltiva il 35% delle piante ornamentali italiane.
Il presidente Tesi è rimasto particolarmente soddisfatto, sia dell’accoglienza ricevuta a Roma, sia
dell’alta partecipazione pistoiese.
«Un’occasione – ha sottolineato
Tesi – per stare insieme e per discutere delle prospettive del nostro
settore. Uno dei nostri compiti è
quello di unire e questa iniziativa è
stata condivisa da tante persone:
abbiamo riempito due pullman, i
partecipanti sono rimasti soddisfatti e questo ci fa molto piacere».
I
Franco Melani
e i suoi presepi
Simone Trinci
Franco Melani
nel suo laboratorio.
Ogni anno un’idea,
ogni anno un
presepe diverso per
il Duomo pistoiese.
informa
I
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Una passione
coltivata fin da piccolo.
Ogni anno un materiale diverso
l bambino di Quarrata che guardando stecchi di legno e molliche
vedeva pastori e re Magi, oggi è diventato grande, ma la sua mente è
ancora un vulcano fantastico e le
sue mani danno ancora forma a
quelle immagini che ogni anno, nel
periodo natalizio, attirano migliaia
di visitatori nella cattedrale di San
Zeno. Franco Melani è sempre una
fonte inesauribile di stupore. Dieci
centimetri di fil di ferro gli sarebbero sufficienti per reinventare la
Terra Santa al tempo della nascita
di Gesù e incantare gli occhi dei pellegrini. «Fin da piccolo – racconta –
ho sempre avuto la passione del presepe. Sono nato a Quarrata da una
famiglia contadina, e seppure con
pochi mezzi mi sono sempre ingegnato per trovare il sistema di costruire qualcosa di originale». Il primo scenario completo Melani, classe 1942, lo allestì all’età di diciotto
anni. «Realizzai un presepe meccanico – ricorda – con ventidue personaggi in movimento. Per quei
tempi era veramente qualcosa di
molto particolare ed innovativo. Costruii le statuine con fil di ferro e
pezzi di legno, cose che trovavo in
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giro qua e là dove capitava. Dato che
all’epoca non avevamo troppi soldi,
per trovare il meccanismo che
avrebbe permesso a tutto il presepe
di muoversi mi dovetti arrangiare
in ogni modo, guardandomi un po’
intorno e rivolgendomi a chiunque.
Mio padre riuscì a procurarmi un
motore dismesso da un amico, ma
con quello il presepe girava troppo
velocemente. Per risolvere il problema, allora, presi una vecchia bicicletta di mia zia e ne tolsi le pulegge, usandole per rallentare il movimento dell’ingranaggio. A pensarci ora – ride – sembra strano, ma
è proprio così che andò».
Fu quello il primo atto della
lunga serie di creazioni che portano dritte fino agli allestimenti che
ogni Natale adornano la cattedrale
della città. «Quello di quest’anno
sarà l’ottavo – dice ancora Melani –,
ma ricordo perfettamente ognuno
dei precedenti. Il primo era fatto
con le piante di vite. È stato piuttosto naturale: con tutte quelle contorsioni, è come se quelle viti contenessero già le figure a cui voglio
dar vita. Basta soltanto – assicura –
lavorarci un po’. Il dicembre se-
mese di giugno. Di sabato, di domenica, o comunque nei dopocena. È la mia passione, non c’è niente da fare. La fantasia è sempre in
movimento» confessa sorridendo,
svelando la creazione in corso.
«L’anno scorso utilizzai le noci – dice – questa sarà invece la volta della “carta di paglia”, quella conosciuta ai più come la “carta gialla”
usata nelle botteghe dei macellai.
Sto utilizzando soltanto quella, ma
credo che stia venendo fuori qualcosa di veramente carino. Su scala
minore, con lo stesso materiale ho
infatti già allestito una mostra a Casalguidi che è stata piuttosto apprezzata. Il presepe della cattedrale di Pistoia, con il gioco di luci e riflessi celesti che lo illuminerà, non
mancherà certo, come sempre, di
creare entusiasmo e meraviglia».
E d’altronde, intorno alle statuine di Melani, di interesse ce n’è
già molto. Soltanto lo scorso inverno, ben cinque libri si resero necessari per contenere le firme dei
visitatori provenienti da ogni parte
del mondo e tante sono state in questi anni le richieste di ricreare suggestivi scenari fuori dalle mura della cattedrale di Pistoia. «Per esempio, mi hanno chiesto di farlo anche
a Firenze con tutti i vecchi presepi
che ancora conservo in casa» – spiega. «Ma ho dovuto rifiutare perché
per montare tutto occorrerebbero
giornate di lavoro e non ho tempo
a sufficienza. Ma a che servirebbe
d’altronde?» si domanda in conclusione Melani. «Quello di Pistoia
mi dà già tante soddisfazioni». I
Il personaggio
guente fu la volta di pane, cracker
e grissini. Venuti a sapere della
mia idea, i panifici cominciarono a
portarmene a quintali e io ebbi
modo di sbizzarrirmi in tutti i
modi possibili. Per realizzare i personaggi usai i filoncini francesi,
mentre per i tetti delle capanne
utilizzai pezzi di schiacciata».
Negli anni successivi vennero i
cocci di terracotta rotti e riassemblati con la colla, i sacchi di caffè e
il più suggestivo tulle bianco.
Sposato, residente a Valenzatico, titolare insieme ai tre figli di cinque conosciutissimi negozi di abbigliamento, da qualche tempo anche insegnante alle scuole di formazione professionale di Confartigianato, Franco Melani riesce a trovare il tempo per la sua passione
nonostante la moltitudine degli impegni quotidiani cui deve far fronte. «Comincio a lavorarci già nel
La festa della Befana
Enzo Cabella
«L
A Pistoia la Befana... vien di giorno.
Grazie ai vigili del fuoco
una bella fiaba diventà realtà
a Befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte...». Comincia così la
famosa filastrocca che si racconta
ai bambini. La Befana è sempre arrivata di notte, col sereno o con la
pioggia, col vento o con la neve, con
la cesta piena di doni, furtiva e decisa a calarsi dal camino o a passare magicamente, lei può farlo, attraverso la porta di casa. La simpatica vecchietta non è mai mancata
all’appuntamento del 6 gennaio coi
suoi amici bambini. Ma da
quindici anni la Befana fa visita a quelli di Pistoia di gior-
no, facendosi addirittura vedere in
un modo un po’ strano e singolare,
con una spettacolare discesa dal
campanile del Duomo, nella piazza
più bella e importante della città.
Scende da un’altezza di trenta metri in poco più di un minuto. Un minuto di batticuore, che non sembra
mai finire, un’emozione fortissima
per le migliaia di bambini e di adulti che gremiscono la piazza. La Befana plana lenta e leggera su una
marea di folla (settemila persone negli ultimi anni) col naso all’insù, coi
bambini estasiati, gli occhi sgranati verso il cielo, la bocca aperta per
lo stupore, il cuore che batte forte,
emozionati e affascinati. Un minuto vissuto intensamente, come un
sogno. La Befana scende baldanzosa, ma a un tratto la scopa che la trasporta si rompe lasciando piovere
una cascata di segatura, mentre lei
si “schianta” contro il campanile
della cattedrale. Attimi di trepidazione: e ora che succede? Ma di lì a
informa
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zione», nel libro rievocativo degli
ultimi quindici anni di attività dei
vigili del fuoco, da quel giorno la festa della Befana è l’avvenimento che
i bambini di Pistoia (e non) aspettano con maggiore trepidazione.
Ma il 6 gennaio non è solo l’arrivo della Befana, non è solo un
giorno di festa per i bambini, ma
anche un momento dedicato alla
solidarietà. Ogni anno, infatti, i vi-
La Befana
distribuisce dolci e
leccornie,
regalando un
sorriso ai bambini
di tutte le età. In
questa pagina e
nella precedente,
alcune fasi della
spettacolare
discesa della
Befana pistoiese
dalla cattedrale.
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gili del fuoco hanno raccolto fondi destinati a comunità sociali, associazioni che si occupano del disagio giovanile, famiglie colpite
da calamità naturali, persone bisognose di cure speciali vendendo gadget, sculture in terracotta, giocattoli, merendine, biglietti di un’apposita lotteria. La
Befana pistoiese, di anno in anno, è diventata sempre più importante. Il 1998 è l’anno in cui
la RAI si occupa della festa pistoiese: continuerà a collegarsi ogni volta con piazza del
Duomo per far vedere a tutta
l’Italia questo evento così singolare ed emozionante. Ma
anche TVL, l’emittente televisiva pistoiese, si è occupata
della befana dei vigili del fuoco trasmettendo in diretta la
manifestazione. Grazie ai collegamenti televisivi nazionali della RAI,
molti comandi italiani rilanciano
l’idea di organizzare un’identica
manifestazione nelle loro città. Citiamo, tra le tante, le toscane Grosseto, Livorno, Lucca, Pisa, Prato e
Siena. La Befana pistoiese ha ormai una dimensione nazionale. Anche questo evento contribuisce a
dare lustro all’immagine della nostra città.
I
Tradizioni
poco la vecchietta riappare e riprende a scendere,
arriva sulla piazza gremita ed è subito circondata
dalla gente. È una befana
vera, parlante, che si può
toccare mentre distribuisce
caramelle e cioccolatini,
buffetti e sorrisi, gioia ed
emozioni.
Questo spettacolo così
magico ed emozionante, che
dura poco più di un minuto
e che ogni anno richiama migliaia di persone in piazza del
Duomo, da quindici anni è
organizzato e mandato in scena dai vigili del fuoco pistoiesi, geniali e bravi a trasformare la fiaba in realtà. L’idea venne a Luciano Burchietti, nel
1994. Se la Befana, pensò,
scendesse dal campanile della
cattedrale anziché dal tetto della caserma di via Guicciardini? L’idea
piacque subito e insieme ai colleghi
cominciò a studiare come realizzare l’evento. Ma ci voleva anche qualcosa di diverso e di originale, una
sorpresa che facesse nascere l’ansia
dei piccoli. Intuizione geniale, pensarono all’avaria della scopa e all’urto della vecchietta contro il campanile, rimanendo bloccata all’interno. A chi chiedere aiuto per farla uscire e farla scendere in mezzo
ai tanti bambini che aspettavano,
trepidanti, in piazza? A vigili del fuoco, naturalmente! «Aiutiamo sempre tutti, aiuteremo anche la Befana» dissero convinti. E così con l’autopompa arrivata in piazza a sirene
spiegate e con abili manovre i vigili del fuoco avrebbero imbracato la
vecchietta e l’avrebbero fatta scivolare su di uno speciale discensore fino ad atterrare tra la gente. Il 6 gennaio 1995, in un pomeriggio freddo
e piovoso, iniziò la favola bella della Befana pistoiese. Come racconta
Lucia Agati, giornalista de «La Na-
Carlo Onofrio Gori
Uno schietto pistoiese
di montagna
P
Policarpo Petrocchi, gloria di Castello di Cireglio,
custode del buon italiano
robabilmente molti dei pistoiesi che
passano con le auto per il viale Policarpo Petrocchi, non sanno molto
del personaggio a cui è intitolata la
trafficatissima strada.
La fama del pistoiese Policarpo
Petrocchi resta soprattutto legata
ad un vocabolario, il Novo dizionario universale della lingua italiana,
che fra Ottocento e Novecento fu
per oltre mezzo secolo il più diffuso in Italia e molto ricercato per il
suo prestigio anche dagli stranieri.
Pubblicato dai Fratelli Treves di Milano, uscì a dispense fra il 1884 e il
1890, fu poi raccolto nei due volumi del 1887 e del 1891 e, affiancato
da varie edizioni minori, venne ristampato più volte fino al 1931. Di
quest’ opera, ancora nel 1952, veniva scritto che «non vi è italiano, anche di modesta cultura, che non conosca ed adoperi anche oggi col
massimo profitto il Dizionario Universale di Policarpo Petrocchi».
Lo scopo dell’autore del Novo Dizionario era quello, cominciando fin
dai banchi della scuola elementare,
di unificare linguisticamente un
Paese scarsamente alfabetizzato e
talmente diviso dai dialetti che, ad
esempio, i numerosissimi emigrati
liguri e campani, presenti fin da fine Ottocento in Argentina, spesso
riuscivano ad intendersi fra loro solo parlando in castigliano. Petrocchi da uomo del Risorgimento e
convinto seguace delle teorie manzoniane, aveva, infatti, scritto: «At-
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tenendoci ad una sola misura, stando a una sola parlata, faremo come
tanti bravi soldati intorno a una sola bandiera: forti e uniti combatteremo da forti; faremo finalmente un
vocabolario, una grammatica sola,
chiara, facile anche per gli stranieri che trovan tanto indigesta la nostra lingua: noi tutti allora ci piglieremo più amore e non ci avverrà più
di scambiare quelli del nostro paese per inglesi e tedeschi».
Ancora oggi l’opera del Petrocchi, esaurito il suo compito pedagogico, resta la testimonianza più
viva e più ricca dell’uso del fiorentino (e del toscano) parlato tardottocentesco; ma Petrocchi non si
limitò a quest’impresa ed alla sua
nota e vasta produzione di grammatiche, antologie e letteratura per
la scuola. Sempre instancabile
lavoratore, anche quando dagli
anni Novanta in poi la sua salute
cominciò a vacillare, fu brillante
conferenziere in prestigiosi circoli
culturali, autore di una notevole
produzione letteraria e saggistica
della quale ci limitiamo qui a ricordare un’ottima traduzione dell’Assommoir di Zola, elogiata dallo
stesso autore, il libro di novelle Nei
boschi incantati, il volume Fiori di
campo. Letture toscane, la commedia I Vespri, un saggio contro l’impresa coloniale italiana in Africa,
alcune poesie, altri saggi critici sul
teatro popolare, sulla letteratura ed
in particolare sul Manzoni e sul
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suo dovere d’insegnante con la coscienza scrupolosa di un apostolo, e
nello stesso tempo , per la sua natura franca e leale ci apprese ad esprimere apertamente le nostre idee ed
a giudicare con libera mente gli uomini e con spirito critico le idee».
Di quest’indole Petrocchi diede
più volte personalmente viva testimonianza, come ad esempio nel
1899 quando, vinto il Premio Siccardi con il libro pacifista Le Guerre, trovò coerente presentare le dimissioni (subito respinte) dalla cattedra che aveva al Collegio militare:
tra l’altro, con la somma del premio,
fece poi lastricare la piazza di Castello di Cireglio.
L’amore per Castello, testimoniato dall’opera postuma Il mio paese, fu infatti costante in Petrocchi.
Vi tornava da Milano e poi da Roma
ogni estate, con la famiglia
che diveniva col
tempo sempre più
numerosa, e nel 1880
vi fondò la Società Onore e Lavoro con lo scopo di dotare il borgo di
quei servizi e di quelle
infrastrutture necessarie che l’amministrazione
comunale di Pistoia non
si decideva a fare. La
gestione della cosa pub-
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blica da parte di una classe dirigente pistoiese giudicata da Policarpo avida ed ottusa fu infatti uno
dei suoi principali crucci, tanto che
nel 1901, lui che a Milano e a Roma aveva frequentato personaggi
politici del calibro di Filippo Turati, non poté fare a meno di intervenire nelle vicende elettorali cittadine appoggiando, senza successo, lo
schieramento dei partiti popolari,
radicali, repubblicani, socialisti.
In politica Petrocchi, dopo una
giovanile ammirazione per Cavour
e Vittorio Emanuele II, aveva infatti
col tempo maturato idee repubblicane. Ciò era avvenuto soprattutto
sulla scorta di un’avversione totale
per la persona di Francesco Crispi
e per la politica corrotta ed antipopolare cui, dopo i trascorsi garibaldini e di “sinistra”, il presidente del
consiglio si era volto, sostenuto
dall’«aiuto potente della compagine monarchica», mentre rimanevano costanti in Petrocchi la stima
per Garibaldi e il suo spirito fieramente anticlericale. L’anticlericalismo di Petrocchi, che non fu mai
né antireligioso né anticattolico, andava ben oltre il dato storico-politico risorgimentale di avversione al
potere temporale, caratterizzandosi per i suoi connotati morali di critica ad un’ipocrisia ecclesiastica, il
cui peso aveva già sperimentato
personalmente in gioventù presso
lo zio prete e con la quale si era poi
scontrato per la vicenda della sua
“illegittima”, ma solida unione con l’amata Clementina
Biagini, dalla quale ebbe ben
sei figli.
E proprio circondato da quattro dei suoi figli e dagli affezionati compaesani, durante l’annuale festa d’estate a Castello di
Cireglio, lo raggiunse, il 25 agosto
1902, improvvisa la morte, stroncando un’esistenza dedicata alla
famiglia, al lavoro, allo studio, alI
l’onestà e ad alti ideali.
La nostra storia
Carducci, che di Petrocchi fu sempre amico malgrado nel 1895 avvenisse per divergenze politiche un
memorabile scontro fra i due.
Pistoiese di montagna, Policarpo Petrocchi nacque nel piccolo e
suggestivo borgo di Castello di Cireglio il 16 marzo 1852 da Luigi di
Francesco e da Carolina Geri. Di famiglia non povera per quei tempi,
ma nemmeno benestante, Policarpo fu mandato in città presso lo zio
prete a studiare da esterno al locale seminario. Il ragazzo, intelligente e sensibile, abituato alla libertà
agreste, ricordò sempre con amarezza la permanenza cittadina in casa dello zio autoritario, con una zia
zitella e frustrata e la nonna rustica:
anche gli studi non furono brillanti, sebbene il livello dell’insegnamento fosse più che dignitoso.
Nel 1869 il giovane Policarpo
s’innamora di quella che sarà poi la
donna della sua vita, Clementina
Biagini, figlia di un noto medico pistoiese e destinata al matrimonio
col benestante notaio Arcangeli dal
quale successivamente si separerà.
Nello stesso anno Petrocchi abbandona Pistoia e si reca a Martinengo,
nei pressi di Bergamo, per insegnare italiano in un collegio fondato da
un monsignore amico dello zio prete. L’anno successivo troviamo Policarpo a insegnare a Torino presso
l’istituto del professor Lanza.
Iniziò così l’altra sua fondamentale attività, l’insegnamento, che
svolse sempre con passione, sia come precettore presso privati, sia in
varie scuole d’Italia, ma soprattutto
al Collegio militare di Milano (poi
trasferito a Roma), dove così lo ricordava il maresciallo d’Italia Enrico Caviglia, già suo allievo: «Fra i
miei insegnanti egli ha lasciato nella mia memoria, nella mia anima
l’impronta più profonda [...] ci apprese ad amare i nostri grandi poeti antichi e moderni [...]. Faceva il
Maria Teresa Fini
Quel fastidioso mal di piedi…
I
... ovvero la precocissima intuizione di un medico
pistoiese nella Toscana granducale dell’Ottocento
Il medico pistoiese Filippo Civinini
(1805-1844), nella sua breve vita, oltre a
segnalarsi per l'abilità di anatomista e
dissettore, che gli consentì di scoprire e
denominare varie strutture tramandate
sotto il suo nome (canale, forame,
legamento e processo di Civinini),
individuò e descrisse per primo la causa
della metatarsalgia detta di Morton.
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l governo degli Asburgo-Lorena lascia in Toscana un segno indelebile, aprendo le porte a una cultura
della tolleranza che si perpetua sino ai nostri giorni. E non solo per l’abolizione della pena di morte promulgata, primo stato del mondo, il
30 novembre 1786, ma per una
complessa e articolata politica di
riforme che toccheranno, con i quattro granduchi viennesi, tutti gli
aspetti della società del tempo.
Firenze, capitale del granducato, in questo straordinario periodo
che va dalla metà del Settecento al
1859 e all’Unità d’Italia riveste il ruolo prestigioso di città all’avanguardia anche in un settore forse un po’
trascurato dagli storici, quello medico e della salute pubblica, che
avrebbe trovato preziose testimonianze nelle scuole mediche locali e
in Leopoldo II, che fu l’ultimo granduca fino all’Unità, il più grande
protettore.
Alto, biondo, con grandi occhi
espressivi che ne tradivano la mitezza d’animo e la disponibilità, fu
variamente soprannominato dai
sudditi (Canapone, Broncio), in genere affezionati a questo sovrano
“moderno” che fece tenere i «Congressi degli scienziati italiani» a Pisa e Firenze e ripubblicare le opere
di Galileo, inaugurando la Tribuna
dedicata allo scienziato presso la
Specola fiorentina, sulla linea di
quella «propaganda scientifica» che
fu già del nonno Pietro Leopoldo.
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In questa temperie stimolante a
Pistoia, già sede di un’importante
scuola medica dal XVII secolo,
prenderanno l’avvio studi anatomopatologici importanti per la storia
della medicina, condotti da giovani
«anatomisti» entusiasti che si chiamavano Civinini, Pacini, Tigri. E a
Filippo Civinini (1805-1844) – i cui
studi più importanti sulla struttura
ossea del cranio e sul legamento pterigo-spinoso, definito ancora oggi
«di Civinini», saranno interrotti dalla morte per endocardite all’età di
appena trentanove anni – si dovrà
anche la prima dettagliata descrizione di una delle cause piu comuni di piede doloroso, la cosiddetta
metatarsalgia di Morton.
Nato a Pistoia, dopo la laurea in
medicina e chirurgia (Pisa, 1825) e
la specializzazione a Firenze presso
l’Arcispedale di Santa Maria Nuova,
il nostro Filippo fu chiamato presto
dall’Università pisana come dissettore anatomico, divenendo subito
professore di anatomia e, nel 1842,
di patologia e istituzioni chirurgiche. Redattore del primo catalogo
delle collezioni del Museo anatomico di Pisa col suo suggestivo Teatro
Anatomico, fu sostenitore della legge darwiniana della ricapitolazione,
per cui «tutte le fasi cui va soggetto
il corpo indicano il passaggio per
gradi di formazione animale corrispondenti a vere divisioni della scala zoonomica”, e si dedicò a studi approfonditi di neuropatologia, ap-
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La cosiddetta
metatarsalgia di
Morton, patologia
frequente in donne che
portano calzature con
tacchi molto alti, per
l’innaturale posizione
del piede, fu in realtà
individuata e descritta
per la prima volta nel
1835 dal medico
pistoiese Filippo
Civinini. La dolorosa
affezione, dovuta alla
formazione di un
fibroneuroma o
neurinoma del nervo
plantare, può
manifestarsi anche
negli sportivi.
delphia (1835-1903), che ottenne
buoni risultati attraverso l’escissione dell’articolazione metatarsofalangea (quando oggi i plantari
restano l’elemento base di supporto a tutti gli ulteriori trattamenti
locali, conservativi o chirurgici),
intitolandosi la patologia.
Morton tuttavia non fu il primo,
e neppure il secondo. Infatti l’osservazione clinica di una neuralgia
del nervo plantare a livello del terzo spazio intermetatarsale era già
stata compiuta nel 1845 dall’inglese Lewis Durlacher (1792-1864),
chirurgo del piede che curò la regina Vittoria e che con moderna intuizione trattò efficacemente la patologia con l’applicazione di plantari. Chiropodista del Medical Department della Casa reale sotto
Giorgio IV, Guglielmo IV e Vittoria,
Durlacher pubblicò un Treatise on
Corns, Bunions, the Diseases of
Nails and the General Management
of the Feet, uscito a Londra nel 1845,
dove descriveva con precisione la
11
metatarsalgia di Morton... trentacinque anni prima che Morton la
battezzasse, guadagnandosi l’apparente primato. Ma il fortuito ritrovamento durante i lavori alla biblioteca dell’ospedale del Ceppo di
Pistoia di un documento originale
e l’appassionata opera di due medici pistoiesi, Alberto Marini e Franco Zecchini, che porterà alla sua
pubblicazione nel 1983, hanno consentito di ristabilire la verità.
In una «lettera anatomica» del
28 settembre 1835 Civinini, scoperto il neuroma durante la dissezione di un cadavere, descrive infatti chiaramente «un nervoso gangliare rigonfiamento alla pianta del
piede», fenomenologia «rara o fors’anche, come anch’io credo, senz’altro esempio in tutto uguale o almeno conosciuto finora», con estrema accuratezza e precisione tutte
le manifestazioni anatomiche di
sofferenza del quarto nervo plantare, associandovi una tavola descrittiva che non lascia dubbi circa
l’identità dell’affezione successivamente descritta da Durlacher e
Morton e delle cause congenite, patologiche e traumatiche che ne favoriscono la comparsa in giovani
donne, atleti e sportivi proprio per
i condizionamenti a cui il piede può
essere a lungo sottoposto. Una patologia ancora oggi di grande interesse clinico per reumatologi, ortopedici, fisiatri, medici sportivi,
podologi e tutte le figure professionali impegnate nella «salute del piede», elemento fondamentale per
un’ottimale qualità della vita.
Dagli anni Trenta i resti di Filippo Civinini e dei suoi allievi Atto
Tigri e Filippo Pacini, glorie misconosciute di una grande scuola
medica, riposano insieme dietro
una stessa lapide nella chiesa di
Santa Maria delle Grazie, o del Letto, presso l’ospedale del Ceppo, in
piazza San Lorenzo a Pistoia. I
La nostra storia
prodando nel 1835, con l’aiuto
di un collaboratore, a quell’osservazione sul “mal di piedi” che
lo consegnerà alla storia medica.
Civinini notò infatti che tale
affezione dolorosa, oggi come allora prevalente nel sesso femminile per l’uso di tacchi alti o
calzature a pianta stretta con
alloggio inadeguato della volta plantare, si presentava durante la
deambulazione con
la comparsa di un dolore intenso, lancinante, di aspetto crampiforme con parestesie urenti verso le dita, principalmente terzo e quarto metatarso. Dolore che con riposo e massaggio protratto della parte dolente
in genere si poteva ridurre sino a scomparire, ma
anche col tempo aggravarsi e divenire costante, fino a condizionare
notevolmente l’andatura.
La sua causa era ed è legata alla
presenza di un fibroneuroma del
nervo plantare che fa seguito alla
cronica compressione del nervo fra
la testa del quarto e il collo del
terzo osso metatarsale, così come
descritto nel 1876 da Thomas
George Morton, chirurgo di Phila-
Simone Trinci
Il mercatino di via Roma
Quattro passi in centro, due chiacchiere
e tante curiosità: e qualche volta salta fuori
anche la rarità da collezionisti...
«C’
è la vecchia che ha sul banco foto di
Papa Giovanni, lei sta qui da quarant’anni o forse più. E i suoi occhi
han visto re scannati, ricchi ed impiegati, capelloni, ladri artisti e figli
di…». Qualcuno canticchia le strofe di Claudio Baglioni su Porta Portese, passando fra le bancarelle del
più nostrano «Novecento e dintorni». Al mercatino di via Roma e via
Cavour si trova un po’ di tutto, dal-
informa
Gennaio/Marzo 2010
12
le cianfrusaglie ai pezzi da collezione: i compratori appartengono a
ogni genere di età e condizione sociale, e i venditori sono spesso veramente… personaggi da canzone.
«Nei giorni del mercatino, per le
strade del centro si aggira un’umanità variegata» spiega uno dei commercianti delle bancarelle. C’è chi
ha l’occhio attento del collezionista,
chi quello più sbadato del passante.
A giovedì alterni, fra pistoiesi e tu-
Gennaio/Marzo 2010
Pistoia nostra
risti, sono centinaia i curiosi che dalla mattina alla
sera s’avventurano fra le
strade del mercatino del
centro nella speranza di
trovare qualche articolo di
gradimento. «Tex Willer: la
mia passione. Vengo qua
con l’elenco dei numeri che
ancora mi mancano per
cercarli» confessa Marco,
sessantenne ancora chino
sui fumetti. «Guardo attentamente, una ad una,
tutte le copie – spiega – nella speranza di trovare quella che sto ricercando. E la
ricerca è spesso un successo. Qui si riesce a scovare
ciò che altrove non c’è».
«Non so di preciso perché
vengo qua, probabilmente
soltanto per curiosare un
po’ fra le cose vecchie… è
così divertente che non se
ne può fare a meno, ormai è un appuntamento fisso» dice Michela,
giovane impiegata di Casalguidi. «È
così raro che in questa città si organizzi qualche iniziativa, che appena c’è un appuntamento come questo mi ci fiondo» approva Carlo, distinto avvocato.
Sotto il sole che picchia d’estate,
sotto la pioggerella d’autunno e d’inverno, gli espositori stanno sempre
là, al riparo degli ombrelloni, ad
aspettare, pronti a servire e scambiare due chiacchiere con chiunque.
Alcuni di loro seguono passo passo
tutti gli eventi del genere dentro e
fuori la regione, altri fanno del commercio ambulante un impegno più
saltuario. Tutti posseggono un innegabile talento nello scovare articoli altrimenti introvabili per acquistare i quali c’è anche chi si muove da chilometri di distanza.
Molto frequentato, specie dalle
donne, è il banco dell’«Antica magia delle pietre». Con l’ametista che
Abbigliamento
vintage, cosmetici,
bigiotteria, oroscopi,
modernariato, bric-àbrac... Mercatino, che
passione!
«aiuta contro il vizio del fumo», l’agata blu che «dona chiaroveggenza», un’altra pietra ancora che serve a riequilibrare le energie... Ascoltato come un oracolo, il venditore
parla dell’oroscopo e dispensa consigli alle signore. «Vede – spiega ad
una – il suo difetto è che vuole fare
troppe cose insieme, mentre invece
dovrebbe dedicarsi ad una faccenda per volta». «Sì… già… lei – dice
rivolgendosi a un’altra – guai a chi
tocca il suo harem di affetti. È molto possessiva» continua col consenso dell’interessata. Distolto lo sguardo dal banco delle pietre, in via Roma e via Cavour, gli occhi possono
cadere su ogni genere d’oggetto. Ci
13
sono grammofoni ancora in grado
di far gracchiare vecchi dischi di celluloide, collane e anelli in quantità
industriali, macchine da cucire a pedale antidiluviane, quadri, tavolozze e dipinti, perfino qualche insegna delle case di tolleranza dei tempi che furono. Su un banco vengono venduti medaglioni di sapone colorati al profumo di gelsomino, cannella, vaniglia, violetta, ambra. Su di
un altro, a poca distanza, stanno
esposti vecchie macchine fotografiche e modellini di aerei da guerra.
Non mancano naturalmente libri
fumetti e vinili «a prezzi modici» e
tante fotografie. E naturalmente,
I
una foto di Papa Giovanni.
Augusto Meloni
IL SIGARO...
A
«Allo spuntar dell’alba fredda dell’inverno,
un sigaro toscano vi fortifica l’anima.»
Henri Beyle (Stendhal)
mpio e non facile esercizio è comprendere perché alcune aree geografiche della Terra sono enormemente più ricche di altre, se non di
materie prime almeno di prodotti,
manufatti, tradizione, cultura. In
questo la Toscana spicca senz’altro
in termini assoluti: banale ma inevitabile ripetere che l’arte, il sapere,
il cibo di eccellenza, le bellezze naturali stanno tutti qui di casa. Merito del territorio e dell’operosa gente che da sempre lo abita, e se poi anche il caso ci mette lo zampino...
Questa premessa ci è utile per introdurre l’illustrazione di un altro
Gennaio/Marzo 2010
Amato da sempre da intellettuali e
letterati, come Mario Soldati ed Eugenio
Montale, il toscano ha avuto un momento
di grande popolarità con i film di Sergio
Leone. È ricavato dal tabacco Kentucky.
15
1818 e la Produzione manifattura
tabacchi di Lucca nel 1848. Ancora oggi il sigaro Toscano si ottiene
da tabacco Kentucky, originariamente importato dagli Stati Uniti
agli inizi dell’Ottocento, che viene
coltivato in Italia nelle regioni Campania, Toscana, Veneto, Lazio ed
Umbria. Nelle nostre zone sono di
bell’impatto visivo le piantagioni
che dimorano nelle pianure della
Chiana aretino-senese, adagiate tra
Foiano e Montepulciano.
Il sigaro Toscano è attualmente
un prodotto molto apprezzato dai
fumatori, ben diverso dall’internazionalmente più noto sigaro cubano, con l’annesso che di solito l’uso
dell’uno o dell’altro va a connotare
un approccio sensoriale e filosofico completamente diverso. Il Toscano esprime carattere deciso e
forte, i profumi sono pieni, corpo-
Vinforma
dei simboli che caratterizzano e rendono famosa nel mondo la nostra
regione: il sigaro Toscano. Il caso a
cui si fa riferimento è l’episodio che
ha dato origine a questo prodotto
unico nel suo genere: causa di tutto
fu infatti un violento acquazzone
estivo che nel 1815 a Firenze inzuppò una partita di tabacco Kentucky pronto per l’uso, facendolo
fermentare. La lungimiranza (e fortuna?) del direttore della fabbrica,
che pur non di buttare via la merce
(cosa che avrebbe scatenato le ire
dell’allora sovrano, il granduca di
Toscana) decise di utilizzarla per la
realizzazione di sigari a basso costo, fece il resto. Il favore che riscossero i manufatti derivanti da
quell’evento fu tale che la fabbricazione divenne presto di tipo industriale e furono attivate la Manifattura di Sant’Orsola a Firenze nel
si e sapidi. Le caratteristiche variano a seconda della tipologia (ne esistonofatti a mano, e sono il top di
gamma, e fatti a macchina, ed anche questi ultimi riscuotono grande
successo nonostante una minor finezza). Fra i sigari fatti a
mano (l’antica figura della
sigaraia è quasi leggenda,
ma ancora oggi ne esistono sessanta) spiccano il
Moro, ricco e intenso, che
non si esagera a definire sigaro di livello mondiale, il
raro Millennium con la sua
grande pienezza, definito
anche «l’ultimo desiderio
del condannato a morte»,
il Selected, morbido e persistente con picchi amarognoli, l’Originale, morbido
e corretto, dal rapporto
qualità-prezzo stupefacente. I sigari fatti a macchina
si chiamano Antica Riserva, Antico Toscano, Extra
Vecchio, Toscano Classico,
Garibaldi (quest’ultimo di
gusto dolce, facile da fumare ed ideale per il passaggio dalla sigaretta al sigaro): tutti di qualità elevata, assai
hanno contribuito alla conquista
della fama di cui oggi il Toscano gode. Infine esiste la gamma dei Toscanelli, talvolta aromatizzati, che
possiamo considerare una terza fascia qualitativa ma che proprio per
la loro semplicità stanno incontrando il favore di una buona schiera di appassionati.
Questi appassionati sono un
gran numero, e nell’«album di famiglia» spiccano nomi quali Giacomo Puccini, Gabriele d’Annunzio,
Gianni Brera, Eugenio Montale, Alberto Lattuada ed infine Mario Soldati, al quale un tipo di Toscano è
stato anche dedicato. Sarà un caso,
ma tutti sono personaggi di spessore intellettuale assoluto.
Scendendo un po’ sul piano tecnico, il nostro sigaro richiede attenzioni specifiche quali la giusta
conservazione, per la quale è necessario un contenitore con un idoneo livello di umidità, non eccessi-
informa
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Gennaio/Marzo 2010
va e comunque mai inferiore al 12%,
tale da evitare l’essiccazione che potrebbe provocare rotture del sigaro.
Altra fase fondamentale, almeno per i puristi, è l’accensione, per
la quale sono da escludere gli accendisigari a benzina e i cerini, che
possono trasmettere un gusto cattivo al tabacco. Il massimo dell’ortodossia sarebbe la fiamma d’alcol,
ma è ammesso l’uso dei fiammiferi
di legno (dei quali bisogna comunque prima far evaporare del tutto lo
zolfo della capocchia).
È bello, il sigaro Toscano. È bello nonostante il suo colore austero,
nonostante la sua superficie bitorzoluta, nonostante le sue nervature
delle foglie di fascia. È piacevole accenderlo, magari dopo averlo inu-
midito con l’Armagnac o con grappe dedicate (sì, esiste proprio la
grappa da sigaro Toscano), così come è intrigante per gli occhi vedere,
magari seduti nella penombra, da
soli, la luce rossa del tizzone che si
intensifica ad ogni tirata, per
poi lentamente attenuarsi fino a morire sotto la cenere
grigio perla. È infine naturalmente bello fumarlo, con
la soddisfazione legata agli
schemi gustativi di ciascuno,
ma questa diventa materia
complessa, ben oltre lo spazio qui disponibile.
Del Toscano sono superbe le confezioni dai bei colori e decorazioni, con eleganti scatole ed astucci, lignei e
non, che rendono il nostro
sigaro anche gradito regalo
per chi lo sa apprezzare. Ma,
più di tutto, il Toscano dopo
quasi duecento anni continua a parlarci di una civiltà
antica ma non dimenticata,
fatta delle nostre campagne,
degli uomini burberi, talvolta un po’ beceri ma di grande cuore che esibivano il loro sigaro come simbolo di tranquilla forza, uomini che sotto i baffi si
compiacevano quando le donne
brontolavano «… Mamma mia come puzza!».
Oggi gli estimatori sono diversi
da allora, il Toscano viene talvolta
esibito come vezzo quasi snob ed è
comunque diventato un tratto distintivo; ciò che invece non è cambiato è l’affetto che gli appassionati portano verso un altro degli incredibili frutti della terra di Toscana, una terra capace di adottare una
pianta straniera (è già successo nel
caso del Cabernet Sauvignon per il
vino) come figlia propria rendendola capace di generare bontà, bellezza ed armonia come forse solo
qui si riesce a fare.
I
Magistrato addetto all’Ufficio del Ruolo
e del Massimario della Corte Suprema
di Cassazione
A
La squadra del celebre serial televisivo
CSI: Las Vegas , qui schierata
ironicamente nell’ambiente del dipinto
Nighthawks di Edward Hopper, ha
portato a conoscenza del grande
pubblico l’esistenza di metodi di indagine
forense che usano banche dati del Dna.
In vigore il trattato di Prüm:
ok alla banca-dati del DNA
Meglio tardi che mai: anche l’Italia dispone
finalmente di norme (perfettibili) che introducono
un formidabile strumento investigativo
pprovazione bipartisan e definitiva
per alzata di mano in Senato al trattato di Prüm, che approfondisce la
cooperazione transfrontaliera nel
contrasto a terrorismo, criminalità,
immigrazione illegale fra Italia, Belgio, Germania, Spagna, Francia,
Lussemburgo, Olanda e Austria.
E così anche il legislatore italiano ce l’ha fatta. Dopo anni di (non)
dibattito, di aspettative deluse, discussioni tra appassionati e carbonari convegnisti e documenti propositivi caduti nel nulla, anche l’Italia è dotata di una legge che istituisce e regola la banca-dati del DNA
ad uso forense.
Si tratta della legge 30 giugno
2009, n. 85, entrata in vigore il 14
luglio 2009.
Giunge a questo risultato, il le-
gislatore nazionale, con grande ritardo rispetto alla pressoché totalità dei paesi europei e alla stragrande maggioranza dei paesi occidentali; e vi giunge – ad essere realisti – solo perché pressato dai vincoli internazionali derivanti dalla
adesione a quel trattato di Prüm
che non solo prevede la possibilità
di scambio diretto – tra i paesi aderenti – del contenuto delle informazioni dei rispettivi database del DNA,
ma che, evidentemente, impone ad
ogni paese firmatario di disporre di
un database da mettere in comune.
Il legislatore vi giunge anche con
una certa fretta, segnalata dagli interventi dei relatori a Camera e Senato, i quali hanno sottolineato come una rapida approvazione del testo di legge fosse preferibile ad un
perfezionamento del testo stesso, da
riservare a successivi interventi. Ed
è noto che quando i tempi del di-
VInforma
Alessio Scarcella
battito parlamentare sono scanditi
da esigenze non propriamente tecniche, non mancano sbavature ed
imprecisioni. L’articolato di cui si
discute non si sottrae a questa regola; cosicché, se alcune pecche
(invero minime) sono state corrette nel passaggio alla Camera dopo
la prima lettura del Senato, altre
sbavature e ragioni di perplessità
non mancano di affliggere l’interprete ed il commentatore.
Ciò nondimeno, è chiaro che
l’approvazione della legge va salutata come fatto assolutamente positivo.
Così è, naturalmente, per i sostenitori delle banche-dati del DNA
ad uso forense, i quali finalmente
vedono anche il nostro paese dotato di questo strumento di indubbia
efficacia, che offre una formidabile
risorsa per la soluzione di delitti altrimenti destinati a rimanere impuniti.
In Italia, le statistiche giudiziarie dimostrano che più della metà dei delitti denunciati restano impuniti
perché gli autori non vengono individuati. I paesi che hanno già istituito una loro banca-dati del DNA
hanno compiuto un balzo nell’identificazione degli autori dei reati
passando, in alcuni casi, dal sei al
sessanta per cento. Basta questa
considerazione per far capire l’importanza dell’introduzione anche in
Italia di uno strumento moderno ed
efficace di contrasto al crimine come la banca-dati del DNA. Si tratta
di venire incontro all’esigenza degli
operatori di avere nuovi strumenti
nella lotta alla criminalità e dei cittadini di avere maggiore sicurezza.
La banca-dati del DNA è anche
un passo necessario per poter collaborare a pieno titolo con i paesi
europei che, come l’Italia, hanno
sottoscritto il trattato di Prüm. Non
a caso la nuova legge contiene le
norme per la ratifica dell’adesione al
trattato. In questo modo l’Italia potrà partecipare in pieno allo scambio di informazioni previsto dal trattato nell’ambito della cooperazione
transfrontaliera nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata
e alla migrazione illegale.
In estrema sintesi, ecco la legge
n. 85/2009:
• Prevede le norme per la ratifica
dell’adesione al trattato di Prüm.
• Istituisce la banca-dati Nazionale del D NA a carattere interforze, collocata nell’ambito
del dipartimento della Pubblica
sicurezza del ministero dell’Interno, e il laboratorio centrale
della banca-dati, presso il ministero della Giustizia.
• Introduce alcuni limiti invalicabili per fronteggiare e scongiurare utilizzazioni distorte della
banca-dati e garantire la privacy
dei soggetti coinvolti.
• Realizza un coordinamento tra
i laboratori delle forze di polizia
e gli istituti di medicina legale,
nello scambio dei dati nell’attività investigativa e giudiziaria.
Grazie all’istituzione della banca-dati del DNA sarà dunque possibile:
• Incrementare significativamente l’identificazione degli autori
dei reati, che oggi troppo spesso
restano ignoti, e aumentare le
possibilità di rintracciare persone scomparse.
• Rendere più efficace la collaborazione transnazionale nella lotta al crimine, al terrorismo, all’immigrazione clandestina, grazie allo scambio delle informazioni relative ai dati genetici
(DNA) nell’ambito del trattato di
Prüm.
Garantire
il rispetto delle esi•
genze di riservatezza dei dati sensibili raccolti dalla banca-dati.
informa
18
OBIETTIVI E CONTENUTI
Gennaio/Marzo 2010
LA BANCA-DATI NAZIONALE
DEL DNA
La legge istituisce la banca-dati nazionale del DNA a carattere interforze, collocata nell’ambito del dipartimento della Pubblica sicurezza del
ministero dell’Interno, e il laboratorio centrale della banca-dati presso
il DAP del ministero della Giustizia.
La banca-dati svolge le seguenti
attività:
• raccolta dei dati relativi ai profili del DNA (ad esempio di soggetti che hanno commesso particolari fattispecie di reato, di
persone scomparse o di cadaveri non identificati);
• raffronto dei profili di DNA raccolti, ai fini dell’identificazione
dell’autore di un reato.
Il laboratorio, invece, provvede
per suo conto alla:
• estrazione dei profili del DNA;
• conservazione dei reperti biologici.
Tale costruzione consente alle
forze di polizia di custodire, per la
successiva consultazione e gli immediati raffronti, i soli dati relativi
ai profili del DNA: mentre al laboratorio spetta l’attività di tipizzazione, vale a dire l’estrazione del profilo del soggetto, che verrà poi trasmesso alla banca-dati del DNA.
A CHI PUÒ ESSERE PRELEVATO
IL DNA
L’articolo 9 elenca i soggetti che
possono essere sottoposti a prelievo
di campioni biologici:
• i soggetti in carcere o agli arresti domiciliari;
• chi è stato arrestato in flagranza
di reato o sottoposto a fermo di
indiziato di delitto: il prelievo è
effettuato dopo la convalida da
parte del giudice;
• i detenuti o destinatari di misura alternativa alla detenzione in
seguito a sentenza irrevocabile
per delitto non colposo;
LIMITI E GARANZIE
La nuova legge prevede le più adeguate garanzie per fronteggiare e
scongiurare utilizzazioni distorte
della banca-dati. Sono stati introdotti, in maniera esplicita, alcuni limiti invalicabili:
• la banca-dati ha finalità esclusive di identificazione personale
per la polizia giudiziaria e per
l’attività giudiziaria, nonché per
la collaborazione tra le forze di
polizia;
• l’analisi svolta può riguardare solo segmenti non codificati del genoma umano, vale a dire quelli
dai quali non siano desumibili
informazioni sulle caratteristiche del soggetto analizzato, quali ad esempio le malattie;
• la scelta di tenere distinti il
luogo di raccolta e confronto
dei profili del DNA (banca-dati)
dal luogo di estrazione e di conservazione dei campioni biologici e dei profili stessi (laboratorio centrale), nonché dal
luogo di estrazione dei profili
provenienti dai reperti (laboratori delle forze di polizia e specializzati), ha evitato una promiscuità che poteva rivelarsi
Gennaio/Marzo 2010
LE ISTITUZIONI DI GARANZIA
•
•
dannosa per la genuinità dei
dati raccolti ed analizzati;
la banca-dati può essere consultata solo ad opera del personale
addetto e autorizzato, secondo
modalità che consentano la tracciabilità, ossia l’individuazione
della postazione e del soggetto
che ha effettuato l’accesso;
gli abusi o l’uso distorto delle
informazioni contenute nella
banca-dati, da parte di un pubblico ufficiale, sono puniti, salvo
che il fatto non costituisca reato
più grave, con la reclusione da
uno a tre anni.
LA CANCELLAZIONE
DEI DATI
Nel caso di assoluzione con sentenza definitiva perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha
commesso è disposta anche d’ufficio la cancellazione dei profili del
DNA acquisiti e la distruzione dei relativi campioni biologici. La cancellazione d’ufficio avviene anche se
le operazioni di prelievo sono state
compiute in violazione delle norme.
I TEMPI
La banca-dati, evidentemente, è
utile soprattutto nei fenomeni di recidiva, perciò è importante che i dati siano conservati per un numero
congruo di anni. Allo stesso tempo
si è ritenuto necessario fissare un limite massimo di conservazione, per
evitare un’indefinita sottoposizione
a controlli, anche a distanze di tempo considerevoli.
Si prevede:
• un termine massimo di quarant’anni per la conservazione
dei profili, un termine ritenuto
congruo per superare, sulla base dell’esperienza, il periodo di
recidiva;
• un termine massimo di vent’anni, invece, per la conservazione
dei campioni biologici.
19
Analogamente a quanto avviene
nelle esperienze straniere, vengono previste istituzioni di garanzia
che, per assicurare l’imparzialità
dei controlli, sono autonome ed
estranee alle attività proprie della
banca-dati nazionale e del laboratorio centrale.
I loro compiti sono quelli di esercitare l’attività di controllo sul funzionamento e garantire la sicurezza di entrambi i centri di raccolta
dei dati.
La legge ha inteso realizzare tale scopo attraverso l’azione sinergica di due figure:
• il garante per la protezione dei
dati personali, che agirà in applicazione della normativa già
esistente in materia di protezione dei dati personali;
• il Comitato nazionale per la
biosicurezza e le biotecnologie,
che dovrà garantire l’osservanza dei criteri e delle norme tecniche per il funzionamento del
laboratorio centrale nonché
eseguire le verifiche necessarie
presso il laboratorio stesso e
tutti gli altri laboratori che lo
alimentano, formulando anche
suggerimenti per il miglioramento del servizio.
In conclusione, si tratta di una
legge da accogliersi senza alcun
dubbio con favore, purché però ne
venga garantita l’applicazione rispettando il diritto alla privacy dei
cittadini opportunamente bilanciato con l’esigenza di garantire la sicurezza dei medesimi.
I
VInforma
• i soggetti nei confronti dei quali
viene applicata una misura di
sicurezza detentiva, provvisoria
o definitiva.
La soluzione scelta si fonda sulla considerazione che, se una persona è privata della libertà personale, in quanto detenuta, può anche
legittimamente essere sottoposta ad
altra limitazione, che si ritiene di entità minima, della libertà personale. Per evitare, tuttavia, un’indiscriminata, quanto inutile, attività di
prelievo nei confronti dei detenuti,
si è introdotto un limite oggettivo e
generale: si deve trattare di autori
di delitti non colposi, consumati o
tentati.
Il Cucciolo
Ristorante
A cura di Augusto Meloni
è una stradina nel centro
storico di Pistoia, quasi un
vicolo, che anni addietro era
famosa e conosciuta più per
la presenza di un ristorante
che per il nome della famiglia patrizia pistoiese da cui la via prende
il nome: via Panciatichi e «Il cucciolo» (all’epoca «della montagna»)
allora si diceva tutto insieme, quasi
d’un fiato.
Dopo anni di alterne vicende, la
montagna nel nome è sparita, e nel
2005 il Cucciolo è tornato.
Si tratta di un locale che ai pistoiesi è sempre piaciuto, forse anche per la comodità data dalla posizione in pieno centro cittadino. ancora oggi è assai frequentato e gode
di fama eccellente. Alcune differenze però ci sono, rispetto al passato,
e non sono da poco: il titolare dell’esercizio e il tipo di cucina. Il titolare è oggi Nicolò Piccirilli, la cucina è esclusivamente di pesce. Nicolò
è uno chef-patron con importanti
esperienze professionali avute in
Versilia. Quest’ultimo aspetto appare significativo, se si collega alla
qualità della proposta gastronomica, risultando evidente che l’esperienza maturata in un’area vocata
come la riviera toscana rappresenta un elemento di notevole rilevanza, soprattutto se aggiunto al far
parte di una cooperativa di pescatori, di nome Peschintavola, con una
flotta di oltre trentasei barche, che
promuove la freschezza del prodotto-pesce e, cosa più importante, la
pesca e il consumo ragionato di
moltissime specie ittiche. Oggi, insieme a Nicolò, contribuiscono alle
fortune del ristorante il figlio Filip-
C’
informa
Gennaio/Marzo 2010
po, in cucina, la moglie Mara e la figlia Clarice in sala.
Il locale si presenta elegante, riservato, sempre gradevoli i tavoli rotondi ben ornati dai giusti accessori, il tutto all’insegna di un comfort
che facilita e integra l’approccio alla proposta, sulla cui strutturazione sarà Nicolò a guidarci.
Nicolò, perché un ristorante di pesce a Pistoia, quando le tradizioni cittadine sono ben diverse ed il mare è
così vicino?
Perché no? Io che sono di estrazione culinaria “acquatica”, non potevo esimermi dal proporre nel nostro ristorante la bontà e la freschezza del mare, ed ecco che nasce
questa mia idea: portare nel cuore
di Pistoia, dove tutti lavorano e si
propongono con carni e altre cose
sempre buone, un angolo di Versilia
col pesce più fresco che si possa trovare. Un’alternativa seria da offrire
ad una città come Pistoia, interessata al buono e al bello, un’alternativa rivolta a tutti, ma soprattutto a
coloro che hanno voglia di riscoprire, nei sapori che propongo, i profumi del mare.
Qual è il tuo pensiero riguardo al-
20
l’ormai annosa questione sulle preparazioni a base di pesce, ovvero: è ammessa una forma di elaborazione talvolta anche complessa che lasci spazio a evoluzioni tecnico-gustative o è
bene che il pesce sappia di se stesso
con poche aggiunte e basta? Immagino che l’avvento degli allevamenti abbia un po’ standardizzato il prodotto,
per cui la differenza dovrebbe farla la
capacità dello chef, cosa non propriamente semplice.
Personalmente preferisco manipolare un alimento il meno possibile, soprattutto quando si tratta di pesce dove la freschezza è l’indiscusso
biglietto da visita della buona riuscita e salubrità di un piatto, ma non ci
dobbiamo dimenticare che la ricerca esiste in tutti i campi e non vedo
perché in gastronomia questo non si
dovrebbe fare. Unico suggerimento
da dare – sommessamente – ai grandi innovatori, elaborare o non elaborare, è quello di mantenere riconoscibile l’alimento di partenza, in
modo tale che un pesce abbia il proprio sapore originale o che due pesci
diversi diano due risultanze altrettanto diverse: e ancora, che non sia
possibile scambiare un filetto di cinghiale per uno di manzo. In questo
caso si può parlare di completo fal-
favola da raccontarsi, come si diceva una volta, «a veglia»!
Qualche volta si ha l’impressione
che molti ristoranti del tuo settore,
pur nel corretto e legittimo seguire le
preferenze del cliente, si siano un po’
appiattiti nella proposta: cioè, avanti
solo con branzini, orate e poco più
(molluschi e crostacei esclusi dalla
questione), tralasciando altri pesci nobilissimi e gustativamente altrettanto deliziosi. Il ristoratore di qualità
non dovrebbe essere anche un po’ promotore di un maggior dinamismo,
ossia aprire scenari gustativi più articolati all’insegna di ricerca ed originalità a partire dall’ingrediente-base?
Di allevamenti non vorrei proprio sentir parlare, come non voglio
sentir parlare di pesci buoni e pesci
meno buoni. E siccome di pesce pescato, definito nobile, se ne trova
sempre di meno, purtroppo, proprio
di allevato stiamo parlando.
Io utilizzo “tutto” il pesce e sfido
chiunque a pensare che in cucina
certi piatti abbiano più valore di altri se fatti con un pesce o con l’altro.
Una cosa è chiara, però: che, oltre alla testa, la mano fa la sua differenza. A volte anche notevole! Quindi
abbandoniamo l’idea che un buon
piatto di pesce lo fa un branzino anziché un muggine. Chi lo dice conosce poco i pesci e le loro caratteristiche, e sono in molti. Per non
parlare poi di tecnica di cottura e altre cose che si assimilano e si fanno
proprie soltanto col tempo e con
tanta voglia di rinnovarsi. Da qui un
sempre più preoccupante appiattimento della ristorazione, della qualità nel piatto, dovuto dalla mancanza di professionalità e da un crescente interesse al solo guadagno
nella ristorazione. E la passione?
Dirà qualcuno di voi? Bè! Quella che
una volta rappresentava lo stimolo
principale nell’aprire un ristorante,
oggi sembra essere sempre più una
Che importanza dai agli abbinamenti enogastronomici: in altre parole, come hai articolato la tua carta dei vini?
Abbinare il vino giusto a un piatto è di fondamentale importanza.
Guai pensare il contrario! Stiamo
comunque parlando di una pratica
che negli ultimi anni si è diffusa oltre misura, nel senso che di discorsi sui vini e sul cibo se ne fanno tanti, ma di fatti concreti se ne vedono
decisamente meno. Una buona carta dei vini non è fatta delle migliori etichette presenti sul mercato. Fare questo è facile: basta prendere
una o due guide e andarsi a spulciare i tanti simbolini che identificano i vini nazionali migliori, ma
tutto questo porta ad avere una costosa carta dei vini e non un’ottima
carta dei vini. Il lavoro è lungo e certosino, perché implica una conoscenza a 360° delle produzioni nazionali e la scelta oculata di vini in
possesso del miglior rapporto qualità-prezzo, oltre a star dietro a quelle che sono le novità del settore enologico e le “chicche” particolari di
cui è pieno il territorio italiano. Insomma, si deve essere in grado di
fornire al cliente la possibilità di
scoprire etichette piacevoli, interessanti, intriganti, eccezionali, al
giusto prezzo. Questa mia ricetta
va poi completata con una serie di
vini importanti, non troppi però,
stando sempre bene attenti al prezzo, che deve essere strettamente legato alla qualità del vino contenuto nella bottiglia e non al nome dell’azienda che lo vende.
Gennaio/Marzo 2010
Due parole sui pistoiesi a tavola?
Che dire! Anch’io sono un pistoiese DOC e quindi so bene di che
cosa stiamo parlando. Nel bene e
nel male!
I
21
R i c e t t a
PANCOTTO DI TREMORA
O TORPEDINE OCCHIUTA
Per 6 persone
3 tremore, 500 g cadauna
Aglio, 3 spicchi
Cipolla di Tropea, mezza
Pomodori pelati, 500 g
Fagioli borlotti, 200 g
Sedano, 1 cuore
Basilico, 1 mazzetto
Peperoncino, 1 pizzico
Vino bianco, mezzo bicchiere
Olio extravergine di oliva,
6 cucchiai di sale
Sventrare le tremore, eliminando la testa e spellarla. Eliminare la parte grassa
del corpo e tagliare il rimanente a grossi tocchetti. Soffriggere tre spicchi d’aglio e spegnere con mezzo bicchiere di
vino bianco.
Mettere le tremore nella casseruola e
coprirle con brodo di pesce. Far cuocere per dieci minuti a fuoco moderato.
In questo modo sarà possibile togliere
la lisca con più facilità.
Unire la cipolla tagliata a rondelle non
troppo sottili e un cuore di sedano. Frullare i pomodori pelati insieme a un mazzetto di basilico e a un etto di fagioli borlotti precedentemente cotti, e aggiungerli insieme a quattro ramaioli di brodo
e un pizzico di peperoncino al resto degli ingredienti.
Far cuocere a fuoco vivo per altri 10 minuti. Aggiungere il pane casalingo raffermo tagliato a dadini. La cottura deve
durare per altri 10-12 minuti e il tutto va
servito guarnito con una foglia di basilico e una manciata di fagioli borlotti interi. Portare in tavola e condire con un
goccio d’olio extravergine di oliva.
È una delle tante ricette di pesce delle
nostre barche di Viareggio che facciamo
noi ed eseguiamo anche alla scuola di
«cucina in piazza» con i pescatori soci.
Enogastronomia
limento di un’elaborazione o della ricerca applicata al cibo.
E il cinema entra in banca
P r o g r a m m a
2 0 1 0
L’iniziativa di VIBANCA, grandi autori
7-14 marzo
Settimana bianca
C
INEMA IN BANCA: è il titolo
accattivante di una serie di
film che verranno proiettati,
in via sperimentale, nella sala
auditorim di VIBANCA, la sera alle
ore 21. Il comitato soci, promotore
dell’iniziativa ha già preso contatti
con Maurizio Tuci, esperto di cinema d’autore, che ha dato la sua piena disponibilità per questa esperienza, del tutto nuova per la banca,
impegnandosi ad effettuare la presentazione di ogni film. L’auditorium può ospitare fino a cento persone in poltroncine più che confortevoli ed è dotato di tutta l’attrezzatura tenica necessaria.
I
Il ciclo sperimentale inizierà
martedì 12 gennaio 2010 ore 21 con
Billy Wilder, uno dei più noti registi
di Hollywod. Questo è il calendario
delle proiezioni:
I CINQUE SEGRETI DEL
DESERTO (1943)
LA FIAMMA DEL PECCATO
(1944)
martedì 26 gennaio ore 21
VIALE DEL TRAMONTO (1950)
TESTIMONE D’ACCUSA (1957)
A QUALCUNO PIACE CALDO
(1959)
martedì 16 febbraio ore 21
L’APPARTAMENTO (1960)
martedì 23 febbraio ore 21
IRMA LA DOLCE (1963)
martedì 02/03/2010 ore 21
PRIMA PAGINA (1974)
Il comitato soci spera che questa iniziativa possa avere successo:
in tal caso non si esaurirà con la
proiezione del primo ciclo di film,
ne verranno programmati altri su
noti registi (Rossellini, Fellini e
altri) ed eventualmente una presentazione sulla storia del cinema,
o sui linguaggi di cinema e TV per i
soci interessati.
Gennaio/Marzo 2010
30 maggio
Autodromo del Mugello
Moto GP Gran Premio d’Italia
martedì 19 gennaio ore 21
martedì 09 febbraio ore 21
informa
28 aprile-2 maggio
Parigi e dintorni
martedì 12 gennaio 2010 ore 21
martedì 02 febbraio ore 21
Billy Wilder
4 aprile
Mantova, tour della città
Palazzo Ducale e Palazzo Te
22
5-6-7 giugno
Costiera Amalfitana
(o in alternativa Napoli, Pompei,
Ercolano)
26-27 giugno
Verona e l’opera
Arena, Madama Butterfly
11-12 settembre
Venezia: Mostra del cinema
12 settembre
Autodromo di Monza
Gran Premio d’Italia F1
13-19 settembre
Crociera Costa: Grecia Turchia
(Venezia, Bari, Katakolon/ Olimpia, Smirne, Istanbul, Dubrovnik,
Venezia)
25-26 settembre
Vicenza (Museo Palladio) e
navigazione sul Brenta con il
Burchiello da Padova a Venezia
(per visita alle ville venete)
5-6 novembre
Torino: Museo Egizio
Le Langhe, Alba e il tartufo
3-4-5 dicembre
Vienna e i Mercatini di
Natale
Sabato pomeriggio
Firenze: Palazzo Vecchio
Sabato pomeriggio
Pistoia: Fondazione
Vivarelli
Sabato pomeriggio
Pistoia: Museo Marino
Marini
Sabato pomeriggio
Pistoia: Villa di Celle
Il CAI con i colori della
VIBANCA sbarca a Baghdad...
e che sbarco !!!
I
l 5 settembre 2009 alle sei Antonio Molino ha fatto la sua prima gara:
la United States Air Force Marathon, alla base dell’USAF di Baghdad,
dove si trova in missione. I partecipanti erano più di trecentocinquanta, e lui si è fatto onore classificandosi quinto col tempo di 45’38’’
(un grande risultato considerando il luogo e il caldo enorme: 53 gradi).
Complimenti ad Antonio! Un grazie gli è dovuto dal CAI e dalla VIBANCA per avere dato lustro e fama ai nostri “colori”, portandoci addirittura a
Baghdad. Il nostro Antonio ha gareggiato con americani e inglesi, dimostrando grande forza e, soprattutto, grande valore non solo per la prestazione in gara, ma anche sotto il profilo umano, morale e militare.
I
INFO
Al fine di facilitare
l’organizzazione è gradita la
prenotazione delle gite prima
possibile, telefonando alla
signora Stella Passini c/o la
sede VIBANCA di Pontelungo
tel. 0573 913951. La
prenotazione è indicativa e
sarà ns. premura contattare
coloro che l’hanno effettuata,
per l’eventuale conferma e per
ulteriori informazioni.
JUST ON TIME
A coloro che avranno
effettuato la prenotazione
indicativa entro il 31
dicembre 2009 sarà riservato
uno sconto del 5% sulle
quote individuali di
partecipazione.
Nota:
le date sono puramente
indicative.
Le gite di due giorni si
svolgeranno sempre durante il
weekend
Gennaio/Marzo 2010
SIAMO ONORATI
E ORGOGLIOSI
DI AVERE
UN ATLETA
COME ANTONIO.
GRAZIE ANTONIO !
23
Sport
VIAGGIA CON NOI !
Ciclisti stranieri a Pistoia
Stefano Fiori
I
La lunga storia di una bella tradizione
sportiva e umana
l ciclismo, contraddicendo coloro
che si accostano superficialmente a questa bellissima disciplina
sportiva mossi soprattutto da intenti scandalistici per fare degli
scoop giornalistici o del clamore
gratuito, per sua e per nostra for-
tuna non è soltanto il regno del
doping.
Esso è anche tradizione, sacrificio, passione e amore profondo,
quasi una vocazione per i tanti
praticanti di questo sport affascinante che in quanto a popolarità
Gennaio/Marzo 2010
L’australiano Cadel Evans, futuro
campione del mondo nel 2009, a
Quarrata nell’estate del 2000 con la
squadra nazionale dilettanti australiana.
Firenze, l’imberbe dandy e idolo
del parco fiorentino delle Cascine
Rynner Van Hest, che in una
fredda mattinata d’inizio febbraio del 1870 cominciò del tutto
inconsapevolmente a scrivere la
storia di quello strano mezzo a
Il lituano Tomas Vaitkus, campione
mondiale a cronometro dilettanti 2002, a
Quarrata con i dirigenti del team CasiniVellutex, Giosuè Gemignani (a sinistra) e
Alessandro Bassetti (a destra)
25
due ruote allora chiamato velocipede che costituiva il suo passatempo prediletto, andando a
vincere proprio davanti al Grand
Cafè du Globe a Pistoia la prima
gara ciclistica su strada disputata
in Italia, l’ormai leggendaria
Firenze-Pistoia.
Fu proprio in quella fatidica
giornata del 2 febbraio 1870 che
Pistoia rivelò, forse suo malgrado
e nemmeno avendone l’intenzione, un’insospettabile predisposizione nell’attirare i giovani ciclisti stranieri desiderosi di farsi
largo nel variopinto e difficile
mondo dello sport del pedale.
Tuttavia la piena conferma di
questa particolarissima attitudine si ebbe soltanto molti anni
dopo, attorno al 1970, quando
vennero riaperte temporaneamente le frontiere ai ciclisti dilettanti stranieri, fino ad allora vittime di un inspiegabile e anacronistico ostracismo decretato
dagli organi della FCI, protrattosi
per parecchi anni e che vietava il
tesseramento di ciclisti esteri ai
club dilettantistici e juniores italiani. Così il primo “migrante” in
bici di notevole spessore tecnico,
tesserato dal G S BottegoneMobiexport nel 1971, fu il fortissimo olandese Fedor Den Hertog
che a dire il vero ebbe forse il
torto di fare ombra all’idolo locale Francesco Moser: di conseguenza la sua avventura pistoiese
durò soltanto un anno, ma fu
comunque contraddistinta da
diciassette vittorie importanti, tra
le quali figurò il prestigioso Tour
de l’Avenir a tappe, in Francia.
Negli anni successivi altri
talenti stranieri approdarono nel
pistoiese e nel 1984 fu il turno
del biondo danese di Pieve a Nievole, Rolf Sørensen, che in breve
tempo divenne la bandiera della
Monsummanese. Il grande
Sport
presso la gente comune è tuttora
secondo solamente al calcio. Il ciclismo è anche un insieme di avvincenti, spesso toccanti storie
umane da raccontare: e non per
nulla esiste una ricca produzione
letteraria riguardante lo sport del
pedale, alla creazione della quale
hanno contribuito alcuni mostri
sacri della letteratura “vera”, come ad esempio i grandi Dino Buzzati, Elio Vittorini, Gabriel García Marquez, Arthur Conan Doyle, Vasco Pratolini, Gianni Brera,
Orio Vergani, Mario Soldati, Massimo Guglielmi e Indro Montanelli.
Storie a volte tristi, come quella straziante dell’immenso e fragile Marco Pantani, storie dai
contorni misteriosi, quasi gialli,
come quella di Ottavio Bottecchia
e, in parte, del grande «airone»
Fausto Coppi, oppure vicende a
lieto fine e di grande rilevanza
sociale come quelle riguardanti la
carriera e la vita del leggendario
Gino Bartali e di molti altri grandi del ciclismo. La storia che troverete qui di seguito è intrisa
soprattutto di un grande amore
verso il ciclismo, di una passione
viscerale e sconfinata che è stata
alla base della decisione di molti
ragazzi stranieri di lasciare un
giorno le loro certezze, i loro
affetti e i loro luoghi di residenza
– in alcuni casi situati addirittura
a ventimila chilometri di distanza
– per andare a cercare la fortuna
“sportiva” in una delle zone che
viene unanimemente considerata
nel mondo come una delle culle
storiche del ciclismo: l’Italia e più
precisamente la provincia di
Pistoia, fra la piana fiorentina e la
Valdinievole.
Se vogliamo, un illustre antenato di questi giovani talenti in
bicicletta può essere considerato
il figlio del console americano a
amore di Rolf per la Valdinievole
rimase immutato nel tempo,
tanto da convincerlo a comprare
casa e poi a risiedere con la
famiglia per molti anni nella
zona di Montecatini Alto. Tutto
ciò dopo avere concluso una
lusinghiera carriera professionistica contraddistinta da un
secondo posto alle Olimpiadi di
Atlanta, da vittorie in celebrate
classiche come il Giro delle Fiandre o la Liegi-Bastogne-Liegi e
in tappe del Tour de France.
Nel 1985 sbarcò a Casini di
Quarrata, giovandosi dell’importante supporto logistico ed economico messo a disposizione da
sportivi autentici come i fratelli
Floriano e Giosuè Gemignani,
Mario Mengoni, Luigi Sali, Siliano Gori & C., una pattuglia di
giovani ciclisti dilettanti provenienti dalla lontanissima Australia, capeggiati dal quotato campione nazionale Eddie Salas, un
oriundo uruguaiano, che si
dimostrò il migliore del lotto ed
arrivò in seguito ad ottenere un
buon ingaggio da professionista
con il team Polli-Fanini, riuscendo ad imporsi nel Gran Premio
di Larciano del 1989 con un
indovinato colpo di mano attuato nei chilometri finali.
Ancora nel gruppo di atleti
stranieri tesserato dal club di
Casini di Quarrata con i marchi
Quarrata Arreda e quindi Vellutex, vinse parecchie gare da
dilettante in quegli anni l’ex-ufficiale dell’esercito polacco Andrzej Serediuk, un atleta molto
forte in salita e un vero stakanovista negli allenamenti che tuttavia non riuscì a costruirsi quella brillante carriera professionistica che avrebbe meritato.
Anche il GS Bottegone tesserò nel
1986 il grimpeur inglese David
Rayner, atleta di buon livello che
militò con onore tra i professionisti fino alla sua tragica scomparsa avvenuta nel 1994, quando
rimase vittima incolpevole (era
intervenuto per difendere un
amico) di una rissa all’uscita da
un pub in Inghilterra.
Negli anni Novanta si registrò
un vero e proprio boom di presenze di ciclisti stranieri sulle
strade pistoiesi e Casini di Quarrata, con il dream-team della Vellutex, diventò un inesauribile
vivaio di giovani talenti esteri. Il
primo a segnalarsi fu, nel 1996, il
russo Vitaly Kokorine, un atleta
tutto genio e sregolatezza che
dopo l’approdo al professionismo fece purtroppo perdere le
sue tracce nel volgere di pochi
anni. Dopo di lui la colonia quarratina costituita da atleti provenienti dall’Est europeo si arricchì di personaggi di notevole
caratura tecnica e umana, come
l’estroverso e vincente bielorusso Yaugeny Senioukhine e il lettone Raivis Belohvosciks, fino ad
arrivare all’agguerrita “armata”
informa
26
L’australiano Bradley McGee ad
Agliana nell’aprile del 1998, alle prese
con il celeberrimo calzone gigante della
pizzeria Gina. Negli anni successivi, tra i
professionisti, indosserà la maglia rosa
al Giro d’Italia, la maglia gialla al Tour de
France e la maglia amarillo alla Vuelta di
Spagna (un record). Nel 2004 vincerà la
medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atene,
nella specialità del ciclismo su pista.
Gennaio/Marzo 2010
ucraina. Memorabili furono
infatti le stagioni agonistiche
2000 e 2001, con il fenomenale
Yaroslav Popovych che in pratica
vinse tutto quello che poteva vincere: trentanove successi in ventiquattro mesi, inclusi il campionato mondiale Under 23 a Lisbona nel 2001 e gare prestigiose
come il Giro della Valle d’Aosta,
il Giro delle Regioni, il Giro della
Nuova Caledonia, la Parigi-Roubaix dilettantistica e la FirenzeViareggio. «Popo» non ha più
lasciato Quarrata e attualmente,
professionista con l’Astana e
fidato luogotenente di Lance
Armstrong, risiede con la moglie
Cindy e il figlio Jason sulle colline quarratine, a Tizzana. Altri
suoi connazionali che si sono
fatti onore dal 1998 ad oggi sono
stati Ruslan Gryschenko, Yuri
Metlushenko, Volodymir Gustov,
Ruslan Pidgornyy e, con la
maglia del team Neri-Finauto di
Luca Scinto e Angelo Citracca,
che raccolse il testimone della
gloriosa società di Casini di
Quarrata, i più “recenti” Andriy
Grivko e Dmytro Grabovskyy,
considerato una meteora luminosa ma particolarmente effimera, poiché nel 2005 e 2006
trionfò nei campionati mondiale
ed europeo Under 23 senza poi
riuscire a dare un degno seguito
Stefano Fiori con l’australiano Cadel
Evans al Giro d’Italia 2002, dove Evans
indosserà per un giorno la maglia rosa.
– almeno finora – a quelle spettacolari affermazioni.
A Casini di Quarrata arrivarono nei primi anni del nuovo secolo anche altre maglie iridate conquistate da alcuni atleti che tuttavia hanno risieduto nel quarratino per un arco di tempo limitato. È il caso del lituano Tomas
Vaitkus, campione del mondo
della crono Under 23 nel 2002 a
Zolder, dell’uzbeko Sergej Lagutin, campione del mondo Under
23 su strada nel 2003 ad Hamilton, e ancora del bielorusso Kanstantin Siutsou, iridato Under 23
su strada a Verona nel 2004.
Sono da ricordare anche due vincitori della Coppa del Mondo
Under 23, il russo Mikhail Timochine e l’ucraino Denys Kostyuk
e soprattutto Sergej Matveyev,
potente atleta ucraino specialista
delle gare contro il tempo, trapiantato ad Agliana e seguito
come un figlio dal noto ex-professionista Daniele Tinchella: nel
suo palmarès professionistico
figurano due Firenze-Pistoia a
cronometro individuale.
Accanto alla ricca e vincente
colonia ucraino-russa-uzbekabielorussa ha rivestito una notevole importanza anche la colonia
Gennaio/Marzo 2010
ciclistica australiana, guidata dal
coach Shayne Bannan, che per
quattro anni (1997-2000) fissò il
proprio quartier generale a Casini di Quarrata a seguito di un
accordo sottoscritto tra il GS
Casini-Vellutex dei vari Gemignani, Bassetti, Mengoni e Gori,
alcuni sponsor locali e l’ A P T
Pistoia e Montagna Pistoiese presieduta da Adamo Bugelli che,
fornendo un aiuto concreto ai
giovani ciclisti Aussie, intendeva
legare il logo della nostra provincia a quello delle olimpiadi
australiane di Sydney 2000, con
evidenti scopi promozionali.
Da questo gruppo uscirono
negli anni successivi dei veri assi
come Bradley McGee, medaglia
d’oro su pista alle Olimpiadi di
Atene 2004, vincitore di gare in
tutto il mondo, che è riuscito a
indossare la maglia di leader della
classifica generale in tutti i grandi
Giri a tappe, Francia, Italia e Spagna, o come Michael Rogers, tre
volte campione del mondo a cronometro tra i professionisti, e
ancora Brett Lancaster e Graeme
Brown, entrambi vincitori della
medaglia d’oro su pista alle Olimpiadi di Atene 2004. E poi Baden
27
Cooke, maglia verde al Tour de
France, Allan Davis, secondo alla
Milano-Sanremo e soprattuto
Cadel Evans, neocampione del
mondo su strada a Mendrisio.
Evans giunse a Quarrata per la
prima volta nel luglio del 1997,
da astro nascente della mountainbike (era appena giunto secondo
nel mondiale Under 23), e fece
sensazione la sua prima uscitaesibizione a San Marcello Pistoiese, in una gara organizzata dalla
sezione ciclismo della polisportiva
Silvano Fedi, presieduta dall’entusiasta Alessandro Pedroni. I
suoi primi tifosi fecero capo al
bar-ristoro Le Due Ruote a Quarrata, gestito dalla famiglia Tavanti, e al negozio di biciclette Rames
& Bike di Rames «Gianni» Cafissi, popolare ex-ciclista pratese.
Della città del mobile l’iridato
L’australiano Michael Rogers alla
partenza del GP Del Rosso a Montecatini
Terme nell’ottobre del 1999; da
professionista vincerà 3 campionati
mondiali a cronometro.
Sport
L’ucraino… di
Quarrata Yaroslav
Popovych vince a
Lisbona nel 2001 il
campionato
mondiale dilettanti
Under 23,
precedendo i
compagni di
squadra (team
Casini-Vellutex)
Giampaolo Caruso
e Ruslan
Gryschenko.
australiano serba un ottimo ricordo in quanto negli anni successivi
Quarrata fu di frequente la base
degli allenamenti da lui effettuati
insieme agli altri componenti
della nazionale Aussie.
A Chiesina Uzzanese e nel
comune di Uzzano si è invece
stabilito da tempo un gruppo
forte e affiatato di ciclisti russi,
dilettanti e professionisti, grazie
al benemerito e commovente
impegno di Stefano e Rossana
Tamberi che intendono portare
avanti l’eccezionale lavoro svolto
dal loro amatissimo figlio Daniele, deceduto due anni fa a seguito
di una malattia incurabile. Il giovane team manager valdinievolino aveva infatti portato alla ribalta negli anni passati atleti del
calibro di Boris Shpilevsky,
Alexei Chtchebeline, Alexandre
Bajenov – poi diventati professionisti – e di Alexandre Serebryakov e Alexander Filippov tra
i dilettanti.
L’ultima scoperta del compianto Daniele Tamberi è stata il
forte australiano Richie Porte,
tesserato dal team Gruppo Lupi
nel 2007 e successivamente emigrato prima al GS Mastromarco
e nel 2009 alla Monsummanese.
L’ultima, doverosa segnalazione
Il polacco-quarratino Andrzej
Serediuk vince a San Marcello Pistoiese
il Giro della Montagna Pistoiese per
dilettanti nel 1986.
informa
Gennaio/Marzo 2010
IL TENNIS CLUB PISTOIA
U
na bella e avvincente avventura quella che ha vissuto il
Tennis Club Pistoia. Si è presentato nell’olimpo dell’A1
(la maggiore categoria della disciplina), si è comportato con
onore, ha ricevuto applausi e ha detto arrivederci, tornando a quella categoria che più gli compete, l’A2. La formazione pistoiese – Johannes Ager, Patrick Prader, Riccardo
Ciruolo, Luca Moschetti, Giovanni Bianchi, Tommaso Brunetti, Matteo Ventavoli – ha perso tutti gli incontri, contro Anzio Roma, Castellazzo Ticino, Alba,
Bassano, Empire Roma, Capri. Ma vi sono degli aspetti giustificativi, in primo
luogo la perdita di Moschetti (frattura da stress al piede destro) alla vigilia della
competizione. Una pugnalata, perché Moschetti avrebbe giocato da numero 4
obbligato in quella posizione e sarebbe partito sfavorito solo con i circoli big.
Stesso discorso vale per Ager: doverlo schierare da numero 1 è stato un pugno allo stomaco (una vittoria e tre sconfitte contro avversari la cui classifica oscillava da 80 a 250 al mondo), l’austriaco è un mezzo fenomeno e in qualsiasi altra posizione avrebbe messo via successi come fossero pop-corn, sfornati a
getto continuo.
Gli aspetti consolatori per questa toccata e fuga del Tc Pistoia in A1 sono molti ed è da qui che bisogna ripartire per programmare il futuro. Su tutti è doveroso collocare il numero degli spettatori. Tanti, segno che la novità dello spettacolo offerto ha prima incuriosito, poi ammaliato. A Pistoia sono arrivati giocatori che l’appassionato vedeva solo in Tv. Non è un modo di dire. Bassano
ha mostrato i muscoli di Lorenzi (numero 4 d’Italia e 84 del mondo) e quelli di
Marc Lopez, 300 nel mondo ma fenomenale in doppio. Tanto per dire: Nadal
lo sceglie come abituale compagno; insieme hanno vinto in Qatar. E ancora: nel
Tc Capri giocano Seppi, Starace, Volandri e il francese Gicquel (numero 60 al
mondo), gente che altrove merita il prezzo del biglietto e che a Pistoia, invece,
puoi vedere gratis. L’entusiasmo è tanto, e tanti sono anche i rimpianti, primo
tra tutti, come abbiamo detto, la perdita di Moschetti. Ora il circolo presieduto
da Luigi Brunetti volta pagina e più unito che mai si appresta a programmare il
campionato di A2. Bravo lo stesso per quanto ha fatto in A1 e in bocca al lupo
per la prossima stagione.
riguarda i giovani ciclisti della
nazionale inglese dilettanti che
in tempi recenti hanno fatto di
Buriano e di Quarrata la loro
seconda casa.
Dal gruppo tuttora gestito
dall’ex-professionista angloitaliano Maximilian Sciandri sono
usciti sicuri talenti come Ben
Swift, Ian Stannard, la rivelazione al Tour de France 2009
Bradley Wiggins: ancora tra
Buriano e Quarrata, hanno fissato il loro quartier generale un
atleta di grande esperienza come
David Millar, già maglia gialla al
Tour de France, e soprattutto
28
come l’asso dello sprint Mark
Cavendish, che nel corso del
2009 ha vinto qualcosa come
ventinove gare, incluse la
Milano-Sanremo, quattro tappe
al Giro d’Italia e sei tappe al
Tour de France. E proprio all’inizio del 2009 l’«Espresso dell’Isola di Man», soprannominato
anche Mister Cannonball, ha
comprato una casetta nel centro
di Quarrata, a dimostrazione del
grande affetto che ormai nutre
verso questa accogliente cittadina ad alta gradazione ciclistica
situata ai piedi del Montalbano.
I
Iconografia di Pistoia
La città nelle stampe dal XV al XIX secolo
L
a strenna natalizia 2008 di VIBANCA è stata lo splendido e
accurato volume Iconografia
di Pistoia di Mario Lucarelli
(edizioni Polistampa). «Il libro – come sottolinea lo stesso autore – è
una sorta di lungo reportage, in cui
ho voluto introdurre “il dettaglio”
per apprezzare e capire meglio le
informazioni che un’incisione ci dà
della vita, della storia e della cultura di una comunità».
Pistoia è una città molto antica, le cui origini risalgono all’epoca
romana. I numerosi monumenti,
in particolare del periodo romanico e gotico, sono rappresentati
nelle tante stampe d’epoca raccolte
nel volume e annotate con l’indicazione del soggetto, dell’autore e
della tecnica, con la descrizione
della raffigurazione e con i riferimenti storici.
Numerosi artisti che, con la loro grafica, hanno narrato l’evoluzione di Pistoia «nelle stampe dal
XV al XIX secolo». Mario Lucarel-
li, che peraltro è il proprietario della straordinaria collezione riprodotta, ha ordinato le tante immagini in un accurato percorso di quasi
cinquecento anni. Monumenti, personaggi, eventi sono via via dichiarati da una propria, specifica scheda. Infatti, rispetto alla precedente
edizione del 1995, Lucarelli ha ag-
giunto quaranta incisioni
e sistemato il tutto in ordine cronologico.
«È un’opera di cultura –
ha scritto Natale Rauty nella presentazione –, ben oltre il collezionismo, uno
studio approfondito sul
piano scientifico e storico;
inaspettata fonte documentaria dell’evoluzione
della forma urbana e del
territorio».
A sua volta, Carla Romby ha parlato di «incantamento», di fronte ad una
Pistoia vista «da lontano»,
poi da vicino, ed ancora
«dentro le mura»: «Le illustrazioni
dimostrano una città abitata, tra architetture sobrie, imponenti antiche
e moderne, ed architetture dell’utile; una città che cambia, al centro
di una campagna ordinata e produttiva. Sono immagini che accompagnano il nostro quotidiano
per non farci sentire estranei». I
Cultura
Luca Lubrani
su il sipario...
a cura di Luca Lubrani
TEATRO MANZONI – PISTOIA
8-10 gennaio 2010
IL VANTONE
Giacomino!, la commedia scritta
per Angelo Musco, che ci fa divertire nel guardare da vicino legami familiari paradossali e tumultuose relazioni con un perbenismo di facciata.
delle scene più celebri del grande romanzo picaresco del siglo de oro spagnolo.
6-8 marzo 2010
CYRANO DE BERGERAC
12-14 febbraio
L‘ORO DI NAPOLI
di Giuseppe Marotta
Regia di Armando Pugliese
Interpreti principali: Gianfelice Imparato, Luisa Ranieri, Valerio Santoro
Questa edizione teatrale de L‘oro di
Napoli di Giuseppe Marotta non è,
come ormai troppo spesso accade
in teatro, una pedissequa riproposta
del film di De Sica, ma una ricomposizione totalmente nuova dei suoi
racconti, di cui alcuni sfruttati anche dal film, ma altri completamente inediti.
di Pier Paolo Pasolini
Regia di Roberto Valerio
Interpreti principali: Luca Giordana, Massimo Grigò, Roberta Mattei, Michele Nani, Nicola Rignanese, Roberto Valerio
Lo spettacolo è una produzione dell’Associazione Teatrale Pistoiese. Il
Vantone è la Roma dei raggiri, delle truffe, degli espedienti per sopravvivere, della lotta per riuscire a
mangiare, dell‘eterna lotta tra padrone e servo, o meglio tra signori
e morti di fame…
26-28 febbraio 2010
29-31 gennaio 2010
di Luigi Pirandello
Regia di Enzo Vetrano e Stefano
Randisi
Interpreti principali: Enzo Vetrano
e Stefano Randisi
«Un lavoro audacissimo». Così Pirandello descrive al figlio Pensaci,
di Franco Branciaroli
Regia di Franco Branciaroli
Branciaroli è impegnato nel doppio
ruolo di Don Chisciotte e Sancho
Pancia, cui darà, imitandole, le voci di Vittorio Gassman e Carmelo
Bene. Il vagabondare verbale, divertente e commovente insieme, dei
due mattatori ripercorrerà alcune
informa
30
PENSACI, GIACOMINO!
Gennaio/Marzo 2010
DON CHISCIOTTE
di Edmond Rostand
Regia di Daniele Abbado
Interpreti principali:
Massimo Popolizio
Cyrano è un acrobata della parola.
Possiede amici fedeli e nemici implacabili. È un funambolo del verso, è poeta e asceta, si batte per testimoniare la vera, profonda libertà
della poesia. La follia poetica, testimonia Cyrano, rimane inavvicinabile e contiene in sé la propria predestinazione e diversità.
12-14 marzo 2010
ROMAN E IL SUO CUCCIOLO
di Reinaldo Povod
Regia di Alessandro Gassman
Interpreti principali: Alessandro
Gassman
La prorompente forza drammatica
dell‘opera si basa sul rapporto irrisolto fra un padre semianalfabeta,
spacciatore di droga, nevrotico, che
alterna momenti di dolcezza a
esplosioni di rabbia, e un adolescente apparentemente schiacciato
dall’autorità paterna, che vuole
emanciparsi attraverso lo studio ma
che nasconde al padre le sue illusorie prospettive di vita e la sua progressiva dipendenza dall’eroina.
6 marzo 2010
LUI, LEI E IL MANUALE
di e con Ornella Esposito e Marco
Dugheri
12-13 marzo 2010
THE BAROQUE OPERA
9 gennaio 2010
HO APPENA 50 ANNI
regia e coreografie di Mvula Sungani
con Raffaele Paganini
e con Emanuela Bianchin, Simona
de Nittis, Claudia Cavalli, Ilaria Palmieri, Ivana Cibin, Alessia Giustolisi, Vito Cassano, Salvatore Addis e
Nicola Palmas
16 gennaio 2010
SI SDRAI PER FAVORE
di e con Petr Forman, Matej Forman, Milan Forman
musiche di Karel Loos
A Pistoia, a trecento metri da piazza del Duomo, è nato per iniziativa
privata «Il Funaro», uno spazio teatrale straordinario, che ospiterà artisti del calibro di Peter Brook, degli strepitosi marionettisti praghesi
Forman, figli del mito del cinema
Milos Forman, o della prestigiosa
compagnia tedesca «Figurentheater Wilde & Vogel». Via del Funaro
16/18. Info: 0573977225,
www.ilfunaro.org
30 gennaio 2010
GREASE
IL GRANDE LIBRO DELLE FIABE
(spettacolo per bambini dai tre ai 10
anni) di e con Ornella Esposito e
Marco Colangelo
TEATRO VERDI
MONTECATINI TERME
29 dicembre 2009
ROMEO E GIULIETTA
di e con Loriano Della Rocca
musiche di Luigi Finarelli
12-13 febbraio 2010
5 gennaio 2010
EXIT - EINE HAMLETFANTASIE
24 gennaio 2010
11 aprile 2010
tratto dall’omonima tragedia di William Shakespeare
musica di Petr Il’Ii? ?ajkovskij
con il Balletto di Milano
VITTIME DI INCERTE PASSIONI
di Vladimir Luxuria
e Roberto Piana
Con Vladimir Luxuria e con la partecipazione medico-spettacolare di
Fuxia
Cartellone
CENTRO CULTURALE IL FUNARO –
PISTOIA
di Jim Jacobs e Warren Casey
traduzione Michele Renzullo
regia Saverio Marconi
con la Compagnia della Rancia
30 gennaio 2010
SENZA NUVOLE
Alessandra Amoroso in concerto
IL CONTE DI MONTECRISTO –
IL MUSICAL
18 febbraio 2010
con 8 cantanti dalle esperienze stellari, tra cui Notre Dame de Paris, Divina Commedia, «Domenica In
con Adrian Aragon e Erika Boaglio
DIVINO TANGO
6 marzo 2010
SILVIO C’È
con Antonio Cornacchione e Carlo
Fava
27 marzo 2010
POCHE IDEE E BASTA
(in lingua inglese e tedesca)
da Amleto di W. Shakespeare
regia di Michael Vogel
musiche dal vivo di Charlotte Wilde
Scritto da Cinzia Leone con Fabio
Mureddu.
Regia di Walter Nanni
con Cinzia Leone
Segue
Gennaio/Marzo 2010
31
CONVENZIONE SOCI
VIBANCA-VIASSICURA
AGENZIA ZURICH
TEATRO PACINI – PESCIA
23 gennaio 2010
IL VANTONE
di Pier Paolo Pasolini
Regia di Roberto Valerio
Interpreti principali: Luca Giordana, Massimo Grigò, Roberta Mattei, Michele Nani, Nicola Rignanese, Roberto Valerio
•
CONVENZIONE ASSICURAZIONE R.C.AUTO RELATIVA
AD AUTOVETTURE, CICLOMOTORI E MOTOCICLI
AD USO PRIVATO RISCHI SINGOLI.
SONO PREVISTI I SEGUENTI SCONTI:
31 gennaio 2010
RUMORS
CONVENZIONE BASE – SOCI VIBANCA: SCONTO DEL
di Neil Simon
Regia di Massimo Chiesa
Interpreti principali: Andrea Brambilla, Nino Formicola, Eleonora
D’Urso, Marco Zanutto
20% SULLA GARANZIA RCA – SCONTO DEL 40%
SULLE GARANZIE ARD: INFORTUNI DEL
CONDUCENTE, INCENDIO, PERDITE PECUNIARIE,
FURTO; EVENTI NATURALI (SOLO AUTOVETTURE).
25 febbraio 2010
CONVENZIONE BACC – CLIENTI VIBANCA: SCONTO
MOLTO RUMORE PER NULLA
DEL 10% SULLA GARANZIA RCA – SCONTO DEL 30%
SULLE GARANZIE ARD: INFORTUNI DEL
CONDUCENTE, FURTO, PERDITE PECUNIARIE;
EVENTI NATURALI (SOLO AUTOVETTURE)
•
«CASA SICURA» POLIZZA ALL RISK FOR FAMILY,
POLIZZA MULTIRISCHI DEDICATA ALLA CASA E A
TUTTI I BENI SOTTOTETTO.
COMBINAZIONE 1 – POLIZZA ALL RISK FOR FAMILY –
di William Shakespeare
Regia di Gabriele Lavia
Interpreti Principali: Pietro Biondi, Lorenzo Lavia, Giorgia Salari,
Francesco Bonomo, Salvatore Palombi, Andrea Nicolini, Gianni De
Lellis, Luca Fagioli, Alessandro Riceci, Tamara Calducci, Faustino
Vargas, Viviana Lombardo, Alessandro Cangiani, Daniele Sirotti,
Silvia De Fanti, Andrea Trovato,
Claudia Crisafio, Igor Horvat
IL PAGAMENTO PUÒ ESSERE EFFETTUATO CON RID
14 marzo 2010
MENSILE DI € 23,00.
DANTE LEGGE ALBERTAZZI
con Giorgio Albertazzi
Altri interpreti: Ilaria Genatiempo,
Federica Michisanti (contrabbasso), Cristiana Polegri (sax, flauto,
voce), Armando Sciommeri (percussioni)
informa
Gennaio/Marzo 2010
COSTO ANNUO A CARICO DEL SOCIO € 36,00
COMBINAZIONE 2 – POLIZZA ALL RISK FOR FAMILY
COSTO ANNUO A CARICO DEL SOCIO DI € 178,00
MENSILE DI € 14,84.
COMBINAZIONE 3 – POLIZZA ALL RISK FOR FAMILY –
COSTO ANNUO A CARICO DEL SOCIO € 276,00
IL PAGAMENTO PUÒ ESSERE EFFETTUATO CON RID
TUTTI I PAGAMENTI POTRANNO ESSERE EFFETTUATI
CON LA CARTA DI CREDITO REVOLVING DA RICHIEDERE
PRESSO LE NOSTRE FILIALI
PER ULTERIORI INFORMAZIONI POTETE RIVOLGERVI
ALLA VIASSICURA – VIA FIORENTINA, 85 – PISTOIA
TEL 0573 977576 – FAX 0573 509189