Catalogo Disegni, Museo di Castelvecchio

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Catalogo Disegni, Museo di Castelvecchio
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Le collezioni grafiche dei Civici Musei d’arte di Verona presso il Museo di Castelvecchio conservano oggi oltre 3500
disegni, databili tra il Cinque e il Novecento, provenienti
per la maggior parte dalla locale Accademia di Pittura e
passati al Museo all’inizio di questo secolo. A essi si aggiungono alcuni acquisti degli ultimi decenni e il ricco fondo
dei disegni realizzati dall’architetto Carlo Scarpa nel corso
del restauro di Castelvecchio.
A coronamento della campagna di catalogazione di tutto il
fondo, finanziata dalla Regione del Veneto, e dopo la recente inaugurazione del Civico Gabinetto di Disegni e Stampe, sistemato con il contributo degli Amici di Castelvecchio
e dei Civici Musei d’Arte veronesi nella torre di nord-est del
castello scaligero, la mostra intende far conoscere al pubblico più vasto la ricchezza e la varietà di un patrimonio
artistico tra i meno noti delle collezioni civiche, che per ovvie ragioni conservative non è possibile esporre permanentemente.
Nella valorizzazione e riscoperta di questo “museo nascosto,, ovvero di quella porzione del patrimonio artistico abitualmente non visibile, la rassegna si collega direttamente
alla mostra Cento opere per un grande Castelvecchio, allestita lo scorso anno.
La rassegna, se da un lato vuole comprovare l’identità e la
continuità di una scuola di disegno a Verona, intende dall’altro dar conto della varietà ed eterogeneità delle opere
oggi conservate nelle collezioni civiche, dopo la dispersione delle molte e ricche raccolte più antiche che facevano di
Verona una città di solida tradizione nel collezionismo della grafica.
Si tratta in assoluto della prima occasione in cui si presentano i disegni più significativi di una raccolta pressoché
inedita, con una selezione di oltre 150 fogli lungo un percorso che dal Cinque al Novecento interessa tutta l’ampia
gamma di possibili funzioni affidate al disegno, dagli schizzi
in ‘presa diretta, agli studi decorativi o ai progetti
architettonici, agli appunti di documentazione, alle copie,
ai modelli, ai disegni di figura e in particolare d’accademia,
esercizio imprescindibile nel tirocinio formativo degli artisti.
Gli autori sono, per la natura della raccolta, in prevalenza
veronesi, come Del Moro, Farinati, Turchi, Balestra,
Cignaroli e Rotari, ma non mancano significative presenze
esterne in fogli di Tiepolo, Guardi, Segantini, Severini e
Sironi.
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Benvenuti al catalogo multimediale della mostra
Disegni del Museo di Castelvecchio. Potete muovervi
all’interno di questo catalogo tramite i tasti qui sotto.
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momento il tasto “indice”.
Potete scegliere tra i seguenti argomenti:
1. Introduzione di Giorgio Marini
La collezione dei disegni del Museo di Castelvecchio
2. Schede
Una scelta delle opere più significative in mostra
Realizzazione grafica e implementazione del
catalogo multimediale e pagine web:
Fabio Corubolo ([email protected])
3. Elenco dei disegni in collezione
La completa consistenza della collezione del museo
4. Crediti
La collezione dei disegni del Museo di Castelvecchio
Giorgio Marini
L’attuale raccolta grafica del Museo di Castelvecchio è, sostanzialmente, il risultato del confluire sporadico alle collezioni cittadine di alcuni fondi, in particolari momenti della storia dei
musei d’arte veronesi. Paradossalmente, ciò che vi è giunto non
sembra avere tuttavia rapporti con il locale collezionismo storico di disegni, ma rappresenta piuttosto quanto rimaneva in
città dei materiali didattici e delle prove di studio della locale
accademia. E quei materiali si erano conservati per essere passati presso l’unico collezionista di disegni a noi noto sulla piazza, il facoltoso grossista di tessuti e “dilettante” Andrea Monga
(1794-1861), che della stessa accademia fu presidente nel momento di maggior crisi dell’istituzione, quando da orgogliosa
depositaria della tradizione figurativa locale andava inesorabilmente decadendo verso la metà dell’Ottocento a scuola di
formazione per decoratori e restauratori.
La stessa storia recente della raccolta è frammentaria e di difficile ricostruzione, speculare a un interesse per il disegno veronese che sul versante di studio è un fenomeno limitato agli ultimi trent’anni. Eppure, gli elementi per valutare l’importanza
di Verona come centro di collezionismo grafico cominciano ora
a profilarsi con certezza, almeno per quanto riguarda alcuni
capitoli della sua storia. È noto ad esempio che Felice Feliciano
possedeva già intorno al 1470 una raccolta prestigiosa di disegni di amici artisti, ma soprattutto era in possesso di numerosi
disegni di Stefano. Per quanto riguarda il Cinquecento, si ha
notizia di fugaci passaggi a Verona sia di disegni di Giulio Romano – come quelli rubati da Dionisio Brevio – sia di opere di
Parmigianino, anche se il nobile Mario Bevilacqua, consultato
come esperto di grafica dal duca Vincenzo Gonzaga, ricorda di
aver visto pochi fogli dell’artista parmense in città. La collezio-
ne di Federico Morando, inventariata nel 1608, comprendeva
in prevalenza disegni cremonesi e lombardi, pur con sorprendenti presenze fiamminghe e centroitaliane. Le più cospicue
collezioni di disegni si formarono, come altrove, nel corso del
Seicento. Della raccolta Moscardo - da porre accanto a quella
del patrizio veneziano Zaccaria Sagredo tra le più importanti
collezioni contemporanee – resta un inventario assai sommario della sua originaria consistenza, impoverita poi nel tempo
fino a lasciare solo un residuo nell’attuale collezione Erizzo
Miniscalchi, in cui comunque sembrano essere confluiti autonomamente fondi appartenuti ai Miniscalchi. Riguardo alla collezione Muselli resta invece più precisa documentazione almeno per quel che riguarda i celebri fogli finiti di Paolo Veronese.
Certamente si ampliò con l’inizio del Settecento anche un consistente mercato di disegni, di cui abbiamo traccia soprattutto
nella corrispondenza tra Antonio Balestra e l’erudito e
connaisseur fiorentino Gabburri e fra questi e Mariette, da cui
risulta che i maggiori artisti, come Balestra appunto, erano intermediari delle vendite ai comunque pochi raffinati collezionisti internazionali. Di questo panorama, indubbiamente assai ricco ma ancora in gran parte da disseppellire nelle miniere
inventariali, si hanno tracce residue a Verona nel momento
difficile delle demaniazioni napoleoniche, quando dalla collezione Serpini – di cui non si conoscevano notizie riguardo alla
presenza di disegni - emerge un foglio con un Cristo davanti a
Pilato, allora attribuito a Dürer. Analogamente, dalla già molto ricca collezione Muselli - ma che si riteneva a quelle date
ormai dispersa per quanto riguarda i disegni – partirono per la
Francia un foglio con Due teste virili, assegnato
indice
dubitativamente a Tiziano, benché sia invece da riferire probabilmente a Donato Creti, e un altro celebre disegno dato allora
a Raffaello, ma di autografia sempre dibattuta tra questi, la sua
scuola e Giulio Romano, ed entrambi dal Louvre non fecero mai
ritorno.
Il discorso del grande collezionismo di grafica in città sembra
tutto già consumato tra Sei e Settecento, con la definitiva emigrazione dei disegni dei maggiori artisti verso le grandi raccolte straniere. Per quanto riguarda l’Ottocento, invece, ben poco
è emerso sinora circa il collezionismo di disegni, anche perché
il profluvio di dipinti antichi rimessi in commercio a basso prezzo dovette soffocare del tutto anche quanto restava del mercato
della grafica antica, né d’altro canto sembra sia sorto allora un
gusto per il disegno contemporaneo al di fuori delle mura ristrette della locale accademia di pittura, e anche questo prevalentemente per i fini didattici della sua scuola. Rispetto al collezionismo privato, già appunto dissolto con la fine del Settecento, l’aspetto del disegno accademico costituisce l’unico altro versante di produzione, prima, e di raccolta poi. Con le sue
precise caratteristiche e la sua gamma ristretta di temi, esso
dovette definirsi come tale abbastanza tardi a Verona, dove
abbiamo notizie della prima scuola tenuta nella propria casa
da Felice Brusasorci verso la fine del XVI secolo. Si trattava di
un artista formatosi a Firenze a diretto contatto con l’ambiente
di Giorgio Vasari e della sua prima Accademia del disegno. Non
mancano inoltre contatti, probabilmente di poco successivi, tra
l’Accademia bolognese e alcuni intellettuali di Verona, come
Giambattista Pona, ritratto in incisione da Agostino Carracci, o
suo figlio Francesco, che descrive nel suo Sileno il palazzo e la
raccolta dei conti Giusti ad un ideale interlocutore bolognese.
Alessandro Turchi, allievo di Felice Brusasorci e a sua volta assiduo frequentatore dei nobili accademici veronesi, riflette nella sua stessa pittura il nuovo procedere professionale introdot-
to dalla accademia carraccesca. Non sorprende quindi che, appena giunto a Roma, egli riesca presto a diventare membro
dell’Accademia di San Luca, per esserne poi nominato Principe nel 1637.
Ma se le grandi Accademie di riferimento restano esterne a Verona - a Bologna, a Firenze e Roma -, sembra che una parvenza
di pratica accademica locale abbia in realtà continuato in città,
pur sotto forme ancora essenzialmente corporative e
privatistiche, lungo tutto il corso del Seicento, sopravvivendo
anche alla peste apocalittica del 1630. Ne è documento il noto
elenco di Carlo Sferini del 1674, in cui, alla fine della serie dei
pittori definiti appunto accademici, e aperto, non a caso, da
Antonio Giarola, divenuto strettissimo imitatore di Reni, si trova in calce alla lista il nome del giovane Santo Prunato. Quest’ultimo, all’inizio del secolo successivo, risulterà poi ospitare
in casa propria un’autentica scuola di nudo per l’esercizio dei
giovani artisti. Certamente tale scuola, che venne ospitata a
turno anche nelle case dei nobili dilettanti d’arte e, significativamente, anche in quella del marchese Scipione Maffei nel
1720-21, aveva come intento soprattutto quello di elevare artisticamente la produzione degli artisti locali, benché dovesse
risultare in definitiva insufficiente alle sue premesse. Chi aveva aspirazioni più alte, come Antonio Balestra, si era infatti
recato alla fine del Seicento a Roma divenendo uno dei migliori allievi di Carlo Maratta, vincitore anche di concorsi presso
l’Accademia di San Luca. Così il nobile dilettante Pietro Rotari,
ancora verso la fine degli anni venti del Settecento, fu alla scuola
di Roma e di Napoli, percorso che pur con un più breve soggiorno compì negli stessi anni anche Matteo Brida, riportandone a Verona alcune interessanti esercitazione di copie da
indice
Raffaello e Domenichino, oggi nella collezione del museo assieme ad almeno cinque fogli di studi di nudo che gli si possono
riferire. L’apporto veneziano è, sotto questo aspetto, meno evidente dalle fonti, anche se probabilmente è stato sinora sottovalutato. Dalle biografie di Bassetti e Turchi emerge infatti che
il loro soggiorno veneziano presso Palma il giovane ebbe appunto il significato analogo ad un vero periodo di formazione
scolastica, e pure di Brentana si ricorda poi che, prima di passare a Verona, frequentò assiduamente le accademie veneziane.
Sarà proprio un allievo di Santo Prunato, Giambettino Cignaroli,
a battersi a lungo per giungere al riconoscimento pubblico di
una accademia anche a Verona, nel 1764, nel momento del fenomeno istituzionale in tutta Italia. La nuova accademia
illuminista, nella sua organizzazione didattica, diventa un centro di produzione, da parte di maestri e allievi, di disegni dalle
tipologie ben definite. E tra queste si possono individuare copie da statue classiche o da calchi, altre da stampe o dal vivo
presi da modelli in posa, che diventeranno la parte relativamente più originale, oltre che, per le diverse classi, altri esercizi
repertoriali di architettura e di ornato. Tra il materiale didattico, proprio da quanto conosciamo attraverso non rari documenti
e lettere di Giambettino Cignaroli, esisteva nell’accademia, oltre che una biblioteca anche una raccolta di stampe, sempre
legate tuttavia al disegno di figura, e si raccoglievano pure esempi di disegni di particolare qualità, che potessero servire per
l’imitazione da parte degli allievi. Fu così probabilmente che
nel fondo della Accademia veronese restarono i grandi fogli di
Gregorio Lazzarini, Louis Dorigny e Giambattista Tiepolo. Tutto questo materiale non ebbe naturalmente subito alcun valore
commerciale, ma mantenne nella sua funzione didattica, e probabilmente tutti i direttori che seguirono, e i professori, specialmente i maestri di settimana delle classi di nudo, dovettero
lasciare degli esemplari della loro capacità, anche a ricordo dell’attività svolta. A Giambettino Cignaroli seguirono, nella direzione dell’accademia, Francesco Lorenzi, Pietro Antonio Perotti,
Angelo Da Campo, e Saverio Dalla Rosa, e altri furono presenti
a lungo come professori, come Paolino Caliari, attivo con una
pittura sacra d’ispirazione neocinquecentesca.
Il sistema dell’accademia illuministica sopravvisse anche alla
tempesta napoleonica, e attraverso l’impegno del suo intraprendente direttore Saverio Dalla Rosa, sembra essere l’unica istituzione veronese a restare a galla nel travolgimento generale.
In ogni caso, per quel primo periodo l’accademia, come l’arte
veronese contemporanea, non rappresentò un fenomeno strettamente locale. Se da una parte infatti Cignaroli aveva stretti
rapporti con Parma e Dalla Rosa con Venezia, dall’altra l’istituzione veronese era frequentata da numerosi allievi provenienti pure da città non vicinissime, come Bergamo o Bolzano.
Verso gli anni venti dell’Ottocento, quando anch’essa fu riformata secondo i nuovi criteri al tempo della direzione di Benedetto Del Bene, l’accademia doveva già raccogliere un materiale grafico molto consistente delle prove di maestri, allievi, soci
onorari e corrispondenti. Sembra che la situazione sia successivamente precipitata con la crisi intrinseca dell’arte
classicistica e l’affermazione di nuove tendenze romantiche,
mentre d’altra parte il mercato dell’arte contemporanea non
riusciva a imporsi in una città ridotta essenzialmente a fortezza militare, da dove gli artisti emigrarono sistematicamente
verso altre più prestigiose accademie, soprattutto quella milanese di Brera, che conosceva allora una particolare fioritura. Si
capisce come proprio in questo momento dovette verosimilmente iniziare anche la dispersione del materiale grafico acca-
indice
demico, o che quella scuola avrebbe dovuto naturalmente assorbire. Non sembra essere una pura casualità cronologica il
fatto che Francesco Taverna faccia confluire nel 1834 alla biblioteca Ambrosiana di Milano il corpus ufficiale dei disegni di
Cignaroli, che nel 1838 l’Accademia Palatina di Parma acquisti
i disegni residui dell’atelier di Balestra, e che nel 1836 Andrea
Monga diventi presidente dell’accademia di Verona, in un momento in cui questa versava in urgenti difficoltà economiche.
Probabilmente i nuovi artisti non avevano più interesse per i
disegni settecenteschi, proprio nel momento in cui anche a Brera
si riusano i modelli del Seicento emiliano. Paradossalmente,
sembra che gran parte di questo materiale accademico, di cui si
sarebbe difficilmente immaginata in precedenza una diversa
destinazione, finisca allora nelle mani di un collezionista privato, forse per disinteresse dei nuovi maestri e allievi, o forse a
titolo di parziale compenso delle probabili numerose spese sostenute. Non conosciamo il giudizio preciso di Monga rispetto
a questo materiale, ma il suo comportamento corrisponde a
quello di tanti oscuri collezionisti ottocenteschi che nell’ottica
del salvataggio raccolsero con onnivora indifferenza ogni genere di documentazione, dai reperti archeologici ai manoscritti
miniati. Monga fu lui stesso un disegnatore dilettante, molto
modesto e forse col complesso dell’artista mancato, interessato ad arricchire la propria raccolta possibilmente con tutti i generi di disegno mancanti al suo spettro tipologico. Egli ricerca
quindi opere di tutti i maestri più antichi, non solo locali, rimediando una delle più interessanti e complete serie di falsi, appositamente confezionata per lui da Pietro Nanin e da altri artisti. Sul fronte dei disegni, il cui studio era ancora ai primordi,
una simile operazione era del resto a queste date ancora possibile, mentre non lo sarebbe più stata nel campo dei dipinti, dove
pure le figure dei restauratori e falsari spesso coincidevano.
Risulta tuttavia che Monga fosse l’unico a riunire sistematica-
mente opere di grafica, che mancano ad esempio nelle contemporanee raccolte di Cesare Bernasconi e Alessandro
Pompei, tra i nuclei fondanti delle collezioni civiche di pittura.
Nella sua raccolta confluiscono dunque i materiali didattici,
dismessi quando non più considerati modelli validi alla produzione corrente – e che nell’accademia ottocentesca è legata prevalentemente alla decorazione e al restauro - mentre tutti i disegni della raccolta che esulano dal discorso accademico sono
quelli che il collezionista dovette ottenere da vie private.
Il nucleo dei disegni di Monga - acquisito dagli eredi nel 1911
sotto la direzione del giovane Antonio Avena, e che di fatto dotò
per la prima volta il museo di un gruppo di disegni - entrò forse più a seguito della collezione dei dipinti che per una precisa
coscienza e volontà. Sorprendentemente, manca una precisa
documentazione della sua consistenza, e per molti fogli la provenienza si può solo ipotizzare sugli elementi esterni di eventuali iscrizioni o caratteri formali. Se questo primo nucleo fu
seguito dall’acquisto di alcuni fondi d’atelier - come quello dei
trentotto fogli di Dorigny (1934), singolare Liber veritatis dell’artista evidentemente rimasto a Verona attraverso gli eredi –
e degli oltre cinquecento opere su carta dell’accademico Angelo Recchia (1939), questo avvenne soprattutto nell’ottica di una
documentazione di storia locale da parte del direttorearchivista. Spontaneamente poi vi si aggiunsero, sempre al seguito di più consistenti lasciti di pittura, alcuni disegni moderni col legato di Angelo Dall’Oca Bianca (1941) e quindi di Renato Simoni (1953), con bei fogli di Segantini e Ettore Tito. Una
nuova coscienza della collezione grafica fu avvertita con l’arrivo alla direzione del museo di Licisco Magagnato, nel 1956, che
cercò subito di iniziare – più che colmare – la raccolta di dise-
indice
gno contemporaneo, acquistando via via, secondo le pur scarse
possibilità finanziarie a disposizione, disegni di Arturo Martini
(1958) – ma l’anno prima aveva comprato anche stampe di
Carrà da Carlo Alberto Petrucci -, e ancora un gruppo di Sironi
nel 1963, un Depero nel 1970 e un Severini nel 1971, mancando
proprio per un impedimento di bilancio un consistente acquisto di Boccioni nel 1959. Egli non tralasciò neppure l’occasione
dell’acquisto di un fondo storico, quello dei cinquanta disegni
di Fabrizio Cartolari (1964), ma soprattutto s’impegnò a trattenere a Castelvecchio il consistente fondo dei disegni di Carlo
Scarpa (662), che erano stati elaborati nel corso del restauro
dell’edificio museale, anche come loro logica destinazione finale. Magagnato inoltre si preoccupò per primo – mentre Avena aveva inserito alcuni fogli nell’esposizione permanente del
museo – di custodire il fondo grafico secondo più idonee norme conservative e al contempo cercò una prima valorizzazione
della collezione invitando una serie di visitatori illustri – da Fiocco a Ragghianti, da Ivanoff a Janos Scholz e Philip Pouncey – a
prendere visione della raccolta, aprendola di fatto allo studio.
Essa è rimasta sinora poco indagata per la sua stessa estrema
difficoltà intrinseca, conservando in prevalenza, nella sua cronologia sostanzialmente sette e ottocentesca, opere di pittori
locali sconosciuti ai connaisseurs internazionali, piuttosto che
di quegli artisti veronesi famosi e presenti ovunque, come India o Farinati. Anche l’unica precedente occasione espositiva
di rilievo a Verona relativa al disegno, la mostra sui Disegni
veronesi del Cinquecento curata da T. Mullaly nel 1971, fu sostanzialmente l’esito del gran fervore di mostre promosse a
Venezia dalla Fondazione Giorgio Cini, con cui venne organizzata anche la rassegna veronese, e di fatto non inaugurò un
nuovo interesse per la collezione. Le mostre sulla pittura veronese organizzate negli anni settanta, posero il problema scientifico dello studio di questi fogli, resi poi noti in alcuni casi da
Sergio Marinelli, stimolando il progetto di una mostra che facesse conoscere e valorizzasse la raccolta veronese. Integrata
dal cospicuo dono Cuppini (1993) di oltre 150 fogli decorativi
della bottega di Farinati e dal recente acquisto di 17 disegni di
paesaggio di Ronzoni (1995), questa ha oggi una consistenza
che supera le tremilacinquecento opere, ma ha dovuto attendere fino alla metà degli anni novanta per trovare sede appropriata e definitiva nella torre di Nord-Est del castello scaligero,
restaurata grazie all’intervento degli Amici di Castelvecchio e
dei Civici Musei d’arte cittadini, e per veder completata grazie
alla Regione del Veneto la campagna fotografica e di catalogazione, e iniziato al contempo un regolare programma di restauro
dei disegni, fattori tutti che hanno reso accessibili le raccolte e
possibile la mostra odierna, che di quel progetto è il lontano
ma non tardivo coronamento.
indice
1. Battista del Moro - Cristo e il centurione
2. Jacopo Zanguidi, detto il Bertoja - La disputa di Santa Caterina (?)
3. Paolo Farinati - Interno di basilica e Caino
5. Carlo Caliari - Lot abbandona Sodoma
8. Carlo Urbino - Guarigione del cieco nato
19. Giambattista Trotti, detto il Malosso - Sant’Antonio Abate scaccia il demonio
20. Guglielmo Caccia, detto il Moncalvo - Madonna col Bambino, San Michele, un altro santo e donatore
21. Claudio Ridolfi - Studi per un San Michele e devoti
25. Marcantonio Bassetti - Giuditta decapita Oloferne
26. Alessandro Turchi, detto l’Orbetto - Piramo e Tisbe
30. Ercole Bazzicaluva - Paesaggio con cascinale e veduta di Firenze sullo sfondo
31. Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto - Scena macabra (Tobia seppellisce i morti?)
36. Louis Dorigny - “Virtutis Sapientia comes”
37. Gregorio Lazzarini - Studio per uno storpio
38. Federico Bencovich - Studio per una figura virile
41. Giambattista Tiepolo - Accademia di nudo virile
42. Antonio Balestra - Sacrificio d’Isacco
indice
45. Odoardo Perini - Giove e Semele
49. Alessandro Marchesini - Diana e Atteone
55. Felice Cappelletti - San Pietro salvato
59. Giuseppe Angeli -Testa femminile
60. Pietro Rotari - Fanciulla che legge
63. Giambettino Cignaroli - Accademia di nudo maschile
67. Bernardo Zilotti - Paesaggio fluviale con casolari
68. Francesco Guardi - Capriccio con arco trionfale
80. Francesco Lorenzi - Il banchetto di Giuditta e Oloferne
91. Benigno Bossi - Allegoria
95. Marco Marcola - Corteo del “Bacanal del gnoco”
102. Giuseppe Bernardino Bison - Gruppo di figure
110. Pietro Maria Ronzoni - Quercia ad Affi
126. Domenico Quaglio - Veduta del Ponte di Castelvecchio a Verona
143. Giovanni Segantini - Signora con ventaglio
149. Mario Sironi - Nudo femminile
153. Gino Severini - La famiglia del pittore
indice
1.
Battista del Moro
Verona 1514 circa - 1575 circa
Cristo e il centurione
Penna, inchiostro bruno, acquerello bruno-violetto su traccia di
carboncino su carta, controfondato, mm 300 X 387
Restauro: 1996
Inventario: 13127 2B 595
indice
L’immagine riprende l’Incontro di Paolo con Anania, fortunatissima
composizione giovanile di Battista, affrescata in Sant’Eufemia a Verona, ricordata anche dal Veronese in una piccola tela con Assuero che
ordina il trionfo di Mardocheo nel Museo di Castelvecchio. Dietro il
personaggio inginocchiato sta un corteo di militari, mentre dietro al
Cristo sta un gruppo di figure nobilmente panneggiate e barbute, che
dovrebbero logicamente raffigurare gli apostoli nelle vesti di antichi
filosofi. All’interno del tempio compare un simulacro, che pare quello
di Artemide/Diana. Il disegno ricorda la pienezza formale delle opere
di Battista poco oltre la metà del secolo, come la Maddalena di Mantova
del 1552. Le figure maschili sembrano preludere a quelle dei suoi affreschi in Santo Stefano a Verona. La proposta di autografia del disegno
si basa innanzitutto sui legami tipologici delle figure con quelle della
pittura. Non mancano tuttavia i confronti positivi con la sua grafica,
che è sempre estremamente varia e ricchissima di spunti culturali esterni, assorbiti subito avidamente con evidente ed entusiastica curiosità.
Malgrado le situazioni disastrose in cui è pervenuto il foglio, solo parzialmente attenuate dal restauro, il disegno mostra un grandioso respiro dovuto soprattutto al felice accordo del gruppo di figure con la
monumentale architettura di fondo, che pare ispirata dalle costruzioni
circolari dell’ultimo Sanmicheli, riviste tuttavia già nella luce di Palladio
e Veronese, con entrambi i quali Battista si trovava a collaborare in
quegli anni. Per tanti elementi, dagli spazi sferici ai capitelli corinzi,
l’architettura di questa composizione richiama quella del più famoso
disegno di Battista, la Flagellazione di Cristo al Louvre, già appartenuta a Giorgio Vasari. Essa sembra precedere anche i due importanti
fogli veronesi del Louvre sul tema della Guarigione del paralitico, quello
di Domenico Brusasorci e quello giovanile di Paolo Farinati. Il disegno
sembrerebbe l’idea preparatoria di un grande affresco, di cui manca
tuttavia documentazione.
Battista del Moro, genero di Francesco Torbido, padre di Marco e Giulio,
pure artisti, pittore, disegnatore, incisore, fu considerato, già a partire
da Vasari, il rinnovatore del Cinquecento veronese. [Sergio Marinelli]
2.
Jacopo Zanguidi, detto il Bertoja
Parma 1544 - Parma o Caprarola (Viterbo) 1573/1574
La disputa di Santa Caterina (?)
1566 circa
Penna, inchiostro bruno, acquerello bruno e lumeggiature di
biacca su traccia di matita nera su cartapreparata, quadrettato a
matita nera, mm 384 X 543
Filigrana: sole raggiato
Restauro: 1996
Inventario: 12374 2B 54
indice
Il foglio è stato riconosciuto da Diane DeGrazia come l’unico disegno
preparatorio noto in relazione a un ciclo di affreschi con scene bibliche
che sopravvive frammentario in un salone di Palazzo Lalatta a Parma,
attualmente sede del Convitto Maria Luigia (DeGrazia 1991, pp. 9192, n. P15). In assenza di una documentazione diretta per la decorazione del palazzo – appartenuto al canonico Antonio Lalatta, morto
nel 1576 – la datazione proposta per gli affreschi riposa unicamente
su elementi stilistici che, per innegabili debiti compositivi con le opere bolognesi di Pellegrino Tibaldi, verrebbero a collocarsi intorno al
1568, subito prima degli impegni di Bertoja a Roma per i Farnese.
Un disegno, segnalatomi da Mario Di Giampaolo e Sergio Marinelli
presso il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, sotto il nome di G.C.
Procaccini (inv. 13280 F), si accosta per soggetto e modi stilistici alla
grafica di Bertoja per le sue decorazioni parmensi. Deve trattarsi più
precisamente del disegno preparatorio per un’altra scena affrescata
in Palazzo Lalatta (DeGrazia 1991, fig. 29b), da aggiungersi quindi ai
disegni riconosciuti da Diane DeGrazia in rapporto con il ciclo, anch’esso quadrettato per il suo diretto utilizzo nell’affresco.
Riguardo al corpus grafico dell’artista, certo uno dei più importanti
attivi a Parma e quindi a Roma e Caprarola nel secondo Cinquecento,
è in corso negli ultimi vent’anni un approfondimento critico teso a
recuperarne le molte opere già in gran parte assorbite nel catalogo di
Parmigianino, di cui è stato a lungo inteso come pedissequo seguace,
quando non mero imitatore. Il suo stile grafico muove infatti da sinuosità formali tutte parmigianinesche per assumere però gradualmente una solidità d’impianto che gli deriva dalle esperienze bolognesi e romane. Dopo la decorazione della cappella Pepoli in San
Domenico a Bologna, realizzata probabilmente tra il 1566 e il 1568,
Bertoja risulta sicuramente a Roma a quest’ultima data, attivo per Ales-
sandro Farnese nell’oratorio del Gonfalone, per poi subentrare
a Federico Zuccari nell’importante commissione degli affreschi
di Palazzo Farnese a Caprarola, esperienza che fece maturare
le componenti manieristiche emiliane della sua formazione verso esiti più apertamente internazionali.
Per il foglio in esame si è notato ancora un rifiuto di plasticità
che induce a collocarlo tra le prime cose note dell’artista, e subito a ridosso del contatto con l’opera di Tibaldi che viene così
a rappresentare per Bertoja una sorta di spartiacque stilistico
tra due fasi della sua produzione, per muovere poi verso una
conquistata solidità figurativa, già esplicita infatti nella redazione finale dell’affresco parmense. L’espressiva deformazione
anatomica della figura della santa rispetto alle sinuose sigle
stilistiche presenti nel disegno vi si spiegherebbe nell’ipotesi di
una certa distanza cronologica tra la concezione grafica dell’intero ciclo e la sua realizzazione pittorica. Resterebbe in questo
caso da motivare l’effettivo utilizzo del foglio, che la
quadrettatura per il riporto compositivo fa invece ritenere come
il disegno preparatorio finale. Caratteristiche di Bertoja vi risultano la maniera di rendere le pieghe del panneggio con tratti spigolosi, i manieristici profili affilati e la predilezione per
l’uso di carta preparata nei toni del beige. [Giorgio Marini]
indice
3.
Paolo Farinati
Verona 1524-1606
Interno di basilica e Caino che uccide Abele
Al verso: Interno di basilica
Penna, inchiostro bruno e acquerello bruno con traccia
di carboncino su carta, mm 288 X 407
Iscrizioni: al verso a penna, autografi, B, B, R, p 16, p 16,
piedi 12
Filigrana: cerchio diviso in quadranti con stella sottostante
Restauro: 1999
Inventario: 25437 2B 1952
indice
Probabilmente Farinati iniziò a usare il foglio per appuntarsi la composizione del Caino che uccide Abele di Jacopo Tintoretto, allora nella
Scuola della Santissima Trinità a Venezia e ora nelle Gallerie dell’Accademia della stessa città. Di sicuro il veronese copiò per schizzi l’intero ciclo, perché resta un altro disegno con la Creazione di Eva e il Peccato dei progenitori già nella collezione Janos Scholz a New York
(Muraro 1957, n. 31), di provenienza Moscardo a Verona, che non è
esclusa anche per questo disegno. È logico che questi schizzi siano assai giovanili, di poco posteriori all’esecuzione degli originali, risalente
intorno al 1552. Farinati venne del resto a copiare i primi soffitti dell’amico Paolo Caliari in Palazzo Ducale, del 1553, ma si può pensare
che egli si recasse frequentemente a Venezia, entrando anche nello studio dei pittori. Nel caso di Farinati non si può parlare di vere copie: le
figure vengono riportate per la loro originalità compositiva, ma già trasformate nella tipologia inconfondibile dell’artista. Questo schizzo, dopo
un certo tempo, dovette perdere il suo interesse, o fu rielaborato in un
disegno più finito, per cui Paolo utilizzò il foglio per un disegno
architettonico, girandolo a rovescio.
Il verso, che certamente rappresentava il nuovo e vero recto per
Farinati, mostra un interessante metodo di rappresentazione tra
l’assonometria e la prospettiva inversa, con gli angoli delle direttrici di
fuga che si allargano invece di restringersi. Il sistema consente di rappresentare simultaneamente l’interno di una basilica con la navata centrale, una navata laterale e parzialmente l’abside. Per un bisogno di
precisazione l’artista tornò quindi al verso, che era stato il primo recto,
e a fianco della copia rovesciata da Tintoretto disegnò una variante del
particolare della controfacciata della chiesa. Emerge l’immagine di
un’architettura di base vagamente sanmicheliana, tutta dominata dai
ritmi curvilinei delle profilature di archi e nicchie, che richiama certamente il ricordo della cappella Pellegrini in San
Bernardino a Verona.
Una serie di altri disegni nella medesima raccolta di provenienza
riguarda evidentemente lo stesso edificio, come un Interno di
chiesa con alzato di navata e coro, un Interno di chiesa con
planimetria della navata e alzato di un lato delle cappelle, una
Planimetria di chiesa, un Alzato di una parete di una chiesa,
tutti pubblicati, tranne l’ultimo, da Puppi in riferimento a un
progetto per la chiesa di Padenghe, nel Bresciano, documentato nel 1586 sul Giornale del pittore. Infatti, dopo aver consegnato nel 1582 una pala per quella chiesa, Paolo consegnò i disegni di “una pianta e li alciati de le faciate di la sua iesia il
mese di setembre 1586”, quindi nell’ottobre successivo i disegni de “il cor, capela grande, le faciate da le bande, la faciata di
la chiesa, piante a dui modi, son circha pezi cinque e tutti in
misura”. La concordanza con l’attuale chiesa di Padenghe, forse conclusa nel 1682, resta poi assai vaga, come conferma ora
anche Anelli, così che non è certo quando e in qual modo i disegni siano stati utilizzati. Non risulta che siano stati pagati,
come sottolinea Puppi, avanzando quasi per essi l’ipotesi di una
spontanea offerta del pittore.
I fogli, certo diversamente da quelli più finiti, e forse variati,
del progetto consegnato, mostrano ancora un libero e veloce
tratto pittorico, atipico per un architetto professionista. Tuttavia Paolo, come ben documenta Carlo Ridolfi, che vide i suoi
disegni architettonici presso il figlio, nel 1628, e poi i suoi
modellini di fortezze nelle camere dell’Armamento a Venezia,
aspirò a passare all’attività architettonica, come tanti altri artisti suoi contemporanei, con diverso successo, da Raffaello a
Giulio Romano, da Vasari al Greco, da Tibaldi a Viani. Questo
suo tentativo dovette impegnarlo soprattutto nel nono decennio del secolo, come documentano i disegni per Padenghe e un
importante foglio per il soffitto della Loggia Murari a Verona,
decorato nel 1588, che fa parte dello stesso gruppo.
[Sergio Marinelli]
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5.
Carlo Caliari
Venezia 1570-1596
Lot abbandona Sodoma
Penna, inchiostro bruno, traccia di gesso nero su carta preparata
azzurra, mm 269 X 205
Iscrizioni: al verso a matita, Sodoma incendiata e tracce di
contabilità precedente; al margine inferiore del vecchio cartoncino
di supporto, a matita, Matioli; sulla cartella l’indicazione, a firma
di Terence Mullaly, Montemezzano
Restauro: 1996
Inventario: 12365 2B 45
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Il campo del foglio è riempito nello sfondo della parte superiore da un
grande paesaggio di città ideale, che rientra strettamente nelle varianti
della bottega veronesiana, da cui sembra direttamente provenire. Doveva preparare uno dei tanti fondali architettonici tradotti a tarsia luminosa, che accompagnano l’opera di Paolo dall’inizio e restano poi
eredità dei suoi continuatori familiari. Sopra la città, un greve svolgimento di nuvoloni enfaticamente chiaroscurati dovrebbe indicare il
fumo dell’incendio, come la traduzione pittorica avrebbe certamente
chiarito. Distaccata, in primo piano, una scena di piccole figure con un
angelo che guida per mano un uomo anziano, fantasiosamente vestito
come un antico romano, e tre donne, evidentemente la moglie e le figlie di Lot, di cui quella al margine sembra voltarsi a guardare la città.
Dietro l’uomo è appena abbozzata un’altra figura femminile con il braccio alzato, pure indicante vagamente la città, certamente una variante
per la figura della moglie, pensata in un momento precedente.
Tutte queste figure presentano una tipologia strettamente veronesiana.
Un resto architettonico, con due colonne corinzie, emergente al margine sinistro in funzione di elemento di proscenio, traduce automaticamente in “scena” l’episodio della fuga di Lot, con la sua famiglia, da
Sodoma. Il particolareggiato disegno sembra preparare, più che un dipinto autonomo, lo sfondo di una composizione con, probabilmente in
primo piano, la scena di Lot ubriaco con le figlie.
Al di là della specificità del linguaggio veronesiano, la corsività del tratto
e l’esaurimento stesso del disegno nella sua narrazione, senza attingere i sublimi valori di Paolo, dovrebbe portare logicamente all’ipotesi
dell’autografia del figlio Carletto, anche per il diretto confronto con
altri suoi disegni come la Presentazione di Cristo al popolo del British
Museum (inv. 1870-4-15-172) o il Cristo caduto sotto la croce del Museo Cerralbo di Madrid (Larcher Crosato 1986), relativamente ad altri
più autonomi ed eseguiti probabilmente dopo la morte del padre.
[Sergio Marinelli]
8.
Carlo Urbino
Crema (Cremona) notizie 1553-1585
Guarigione del cieco nato
Al verso: Guarigione del cieco nato
Sanguigna, penna, inchiostro e acquerello rosso su carta,
mm 192 X 150
Iscrizioni: al verso 6
Restauro: 1997
Inventario: 1457-1458 2B 7
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Il disegno fu reso noto da Mullaly su segnalazione di Pouncey, come
opera di Felice Brusasorci e come tale fu accolto anche da Ballarin nel
1971; fu quindi attribuito a Urbino da Bora nel 1977. Il recto e il verso
presentano due varianti della stessa scena, una delle quali decisamente più affollata. E’ evidente uno stretto rapporto con la cultura
schiavonesca veneta, tanto da collocare il disegno nel presunto soggiorno giovanile di Urbino a Venezia, che si dovrebbe collocare subito
dopo la metà del secolo. Anche le accensioni cromatiche della bellissima sanguigna sembrano influenzate dall’ambiente veneto.
Una terza versione autografa della composizione è passata a un’asta
Christie’s (8 dicembre 1981, n. 9), con l’attribuzione di Mario Di
Giampaolo a Carlo Urbino. Questa, descritta come di tecnica simile
alle precedenti, reca l’iscrizione “C.V” nel recto e “3” nel verso. Si tratta
probabilmente dello stesso disegno segnalato nel 1971 da Mullaly e da
Bora nel 1977 in collezione privata milanese. La Baldissin Molli (1996)
crede ancora che il disegno veronese sia di Felice Brusasorci. Lo schema compositivo passa, restando ben riconoscibile nel suo complesso,
in altre opere pittoriche di Urbino, come l’Incredulità di San Tommaso
in San Lorenzo a Milano, datata da Bora entro il 1555, e il Congedo di
Cristo dalla madre, in Santa Maria presso San Celso a Milano, documentata intorno al 1556. Inutile notare come la duttilità, anche psicologica, del disegno si perda poi nella staticità e nell’isotipia inespressiva
dei dipinti.
Nell’inventario dei disegni di Federico Morando, amico di Felice
Brusasorci, steso a Verona nel 1608, sono ricordati un’Ultima Cena e
un San Sebastiano “di messer Carlo da Crema”. Non è escluso che anche i disegni di Castelvecchio siano arrivati insieme con questi a Verona, e già alla stessa epoca. [Sergio Marinelli]
19.
Giambattista Trotti, detto il Malosso
Cremona 1556 - Parma 1619
Sant’Antonio Abate scaccia il demonio
Penna, inchiostro bruno, acquerello bruno su tracce
di sanguigna e matita nera su carta, mm 310 X 275
Restauro: 1996
Inventario: 12849 2B 320
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Il disegno ha brillantemente riacquistato la sua qualità dopo il restauro, che l’ha liberato da un infelice strato di colla tristemente ingiallita,
presumibilmente stesa in epoca neoclassica. La tipologia delle figure
coincide con quella di Malosso, cui vari studiosi, a partire probabilmente da Diane DeGrazia, hanno attribuito il foglio nelle loro
segnalazioni. La composizione è accattivante, forse più che per l’altezza della qualità intrinseca, che rientra comunque nella media di
Malosso, per la simpatia popolare, legata certo anche al soggetto, che
riesce ad acquistare, senza perdere la raffinatezza manieristica, base
della cultura dell’artista. La posa del santo preannuncia quella del
Sant’Ubaldo di Turchi nella pala più tarda di Camerino. Anche questo
foglio potrebbe essere quindi superstite degli originari arrivi cremonesi,
tra fine Cinque e inizio Seicento quando, accanto a quelli di Urbino e
Malosso già ricordati, erano presenti nella collezione di Federico
Morando, prima del 1608, anche disegni di altri artisti affini, come
Belisario Cambi e Lattanzio Gambara. Un altro disegno della raccolta
di Castelvecchio si ricollega tuttavia a Malosso, una Figura
inginocchiata orante, foglio probabilmente frammentario di una più
vasta composizione da immaginare con una figura centrale, celeste, e
almeno due santi inginocchiati a terra. Si veda il confronto con Due
figure per un Compianto dell’Albertina di Vienna (Bora 1997b, p. 22),
dove l’immagine del vecchio presenta uguali il modello fisiognomico e
il gesticolare della mano. Una certa meccanicità di esecuzione fa pensare tuttavia in questo caso piuttosto a un imitatore. I disegni di Malosso
sembrano esser stati ben conosciuti da subito a Verona; da uno di essi,
già nella collezione Rudolph a Londra, dipende infatti la giovanile Pietà con Agostino Giusti di Pasquale Ottino per l’Eremo di Tagliaferro
del 1610 circa. D’altra parte una tela di Malosso in San Francesco a
Lodi, l’Incontro di Sant’Antonio da Padova ed Ezzelino da Romano,
esibisce uno sfondo architettonico e archeologico sicuramente
veronese. Insieme a quelli di Carlo Urbino, Antonio Maria Viani
e degli altri cremonesi, questi disegni sembrano aver profondamente influenzato la pittura veronese di fine Cinquecento e
oltre, specialmente l’ambito della scuola di Felice Brusasorci.
L’inventario testamentario di Federico Morando (1608), amico di Felice Brusasorci, ricorda un disegno con una Natività
“dil Malosso da Cremona” (Calcagni Conforti 1988).
[Sergio Marinelli]
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20.
Guglielmo Caccia, detto il Moncalvo
Montabone d’Aqui (Alessandria) 1568 - Moncalvo (Asti) 1625
Madonna col Bambino, San Michele, un altro
santo e donatore
Penna, inchiostro bruno su carta preparata bruno chiaro, mm 401
X 275
Iscrizioni: al verso la scritta a matita, in grafia ottocentesca,
Guido Reni disegnò
Restauro: 1997
Inventario: 12375 2B 55
indice
Pervenuto anonimo, pur con l’indicazione ottocentesca volutamente
vistosa a Guido Reni, il foglio, tra i più monumentali di Moncalvo, va
collocato, come propone Giovanni Romano, a una datazione ancora
relativamente giovanile, antecedente il 1610. Non si è potuto accertare
la precisa corrispondenza a un testo pittorico, che tuttavia risulta parzialmente per la pala del Castello di Masino, in Monferrato. Il disegno
rientra comunque in una serie progettuale serrata di pale di cui fanno
parte altri fogli, due all’Ecole des Beaux-Arts di Parigi e al Musée des
Beaux-Arts di Rouen già noti a Romano e Di Giampaolo, uno alla
Národni Galeri di Praga (inv. K-9262), tutti con le stesse figure, nello
stesso rapporto di posizione, che risalgono, sempre seguendo Romano, al decennio successivo e corrispondono già ai modi più corsivi e
tipici di Moncalvo. Per la sola figura isolata del San Michele va aggiunto ancora un disegno agli Uffizi (inv. 7311 S). Tutta questa minimale e
continua variazione sul tema documenta l’indiscussa fortuna della composizione, certo reiteratamente richiesta anche in redazioni pittoriche,
presso la nobiltà monferrina, di cui allora la figura del San Michele che
atterra il demonio doveva costituire quasi un blasone sacro. Ne è conferma d’altra parte la presenza costante della figura del committente
inginocchiato, sempre in evidente costume nobiliare. Il disegno risulta
particolarmente energico e incisivo nel percorso del pittore, soprattutto per i segni a penna graffiati con insolita energia e decisione, come su
una lastra d’incisione.
Guglielmo Caccia, detto il Moncalvo, fu l’artista in cui s’identificò il
mondo aristocratico del Monferrato tra Cinque e Seicento, ma la sua
fortuna s’estese anche alla Lombardia e lambì il ducato di Mantova
(Romano 1970; Romano 1997). [Sergio Marinelli]
21.
Claudio Ridolfi
Verona 1570 - Corinaldo (Ancona) 1644
Studi per un San Michele e devoti
Penna, inchiostro bruno, acquerello bruno su carta, con tracce
incise di stilo, mm 174 X 240
Iscrizioni: in basso in centro, la penna, in grafia seicentesca,
Ridolfi
Restauro: 1998
Inventario: 12657 2B 133
indice
Claudio Ridolfi, come disegnatore, si sta rivelando più valido, vario ma
anche problematico di quanto si potesse pensare.
Questo foglio, steso di getto, con penna velocissima, oltre a una sicura
qualità esibisce non una scritta antica, ma una probabile firma, da cancelleria barocca, come ci si poteva attendere del resto dall’aristocratico
pittore. Nel foglio sono due studi per un San Michele e altri per personaggi di una confraternita, cui il relativo quadro, forse uno stendardo,
era evidentemente destinato. Si può pensare anche in questo caso a un
particolare legame tra il culto di San Michele e la devozione della classe nobiliare. La successione nel foglio: una figura dell’arcangelo a braccia spalancate, una sua variante con il drago e le braccia alternate nel
movimento, quindi la parte destra dei devoti oranti, infine la parte sinistra degli stessi corrisponde forse ai tempi stessi del procedimento
creativo o della sua revisione.
Nel segno si colgono l’eredità, da una parte, della leggerezza di
Bernardino India, dall’altra del dinamismo di Jacopo Palma il Giovane, senza ancora precisi indizi barocceschi, per cui il disegno si presume relativamente giovanile. Le figure degli angeli presentano un
avvitamento dinamico a trottola, efficacissimo nel suggerire il movimento di slancio. Curiosa la schematizzazione delle teste dei confratelli,
con effetti, probabilmente inconsci, di teschi. Doveva trattarsi comunque di una confraternita nobile e importante, come suggeriscono le
gorgiere dei personaggi, riportate, certo come essenziale elemento di
identificazione, anche nella schematizzazione minimale del foglio. Il
restauro ha rivelato sul retro, già controfondato, un’ulteriore variante
della medesima composizione, dove la figura dell’angelo appare più
statica, e quindi forse più arcaica e precedente.
Claudio, illegittimo della famiglia aristocratica veronese dei Ridolfi,
dopo soggiorni a Venezia e a Roma, si trasferì nelle Marche, prima a
Urbino e quindi a Corinaldo, continuando tuttavia a essere uno dei più
importanti artisti di riferimento per la sua città natale. Continuò a inviare infatti, fino alla morte, i suoi dipinti a Verona, specialmente tele
di soggetto sacro per le chiese. [Sergio Marinelli]
25.
Marcantonio Bassetti
Verona 1586-1630
Giuditta decapita Oloferne
Penna, inchiostro bruno, acquerello bruno su traccia
di carboncino su carta, mm 95 X 126
Inventario: 25433 2B 1948
indice
I piccoli rapidissimi schizzi rappresentano un condensato di
caravaggismo, di prima mano, che particolarmente conviene a Bassetti
nel suo periodo romano. I due fogli provengono da una collezione veronese, Cuppini, ma di questi anni, e tuttavia anche il nome dell’assai
probabile autore può far pensare che siano sempre rimasti a Verona. Il
tratto tremulo, ondeggiante, interrotto, eppur veloce, di penna, è quello delle copie, ormai identificate numerosissime, di Bassetti, dai suoi
modelli classici e contemporanei. Ma qui la composizione è interamente
avvolta dall’ombra, è studiata solo in funzione dell’emergenza e della
rispondenza delle figure alla luce. Questa difformità, pur restando pienamente nello spirito di Bassetti, pone dei quesiti circa i possibili dipinti in relazione. Non si conoscono infatti originali corrispondenti
puntualmente, né di Bassetti né di altri maestri. Il modello di riferimento più alto sembra essere qui, per la Giuditta, quella di Caravaggio,
ora nella Galleria Nazionale di Roma. L’alone d’ombra, cui si piega anche l’andamento delle composizioni, lasciando l’angolo superiore di riserva bianco, potrebbe indicare una collocazione spaziale particolare,
come sotto la volta di una cappella.
Il pendant con Marta e Maria, di analoghe dimensioni, sembra invece
accompagnare solo casualmente il significato dell’altro disegno, a meno
che invece l’autore non volesse legarlo alla presenza delle eroine e delle
coppie femminili. Anche questa composizione è violentemente
chiaroscurata e trasfigurata dalla luce che irrompe da destra in un buio
interno, scoprendo il dialogo di due figure femminili, che sembrano
identificabili soltanto in Marta e Maria. Pure qui manca la corrispondenza precisa sia con dipinti di Bassetti che di altri. Il rimando generico si ferma a opere dello stesso tema, di Caravaggio e Carlo Saraceni, il
maestro ideale e quello storico più importanti per Bassetti.
[Sergio Marinelli]
26.
Alessandro Turchi, detto l’Orbetto
Verona 1578 - Roma 1649
Piramo e Tisbe
Penna, inchiostro bruno, acquerello bruno su traccia di matita
nera e macchie più tarde di colore su carta bianca scurita, mm 258
X 313
Filigrana: colomba sui monti iscritta in un cerchio
Restauro: 1997
Inventario: 13011 2B 481
indice
Si tratta di un disegno per composizione e tecnica così raffinato e finito
da non sembrare direttamente funzionale ad alcuna opera in particolare – e del resto non risultano dipinti noti dell’artista in rapporto a
questo foglio – non avendo, dei disegni preparatori più tardi, la minima meccanicità. Tralasciato per l’esposizione del 1974 sulla pittura
veronese tra Cinque e Seicento certo in relazione alle sue scoraggianti
condizioni conservative, il foglio è stato riferito a Turchi da Sergio
Marinelli e ha riacquistato dopo il recente restauro la piena leggibilità
di quella tecnica disegnativa con forti contrasti di luce e l’acquerellatura
delicata stesa veloce su leggeri contorni a matita nera che caratterizza
il gruppo di disegni noti degli inizi del soggiorno romano dell’artista
(Schleier 1971, pp. 143-145; Sueur 1994, p. 204), cui peraltro si può
riferire con tutta sicurezza, confortati pure dalla presenza di una filigrana romana sul foglio.
Formatosi nella bottega di Felice Brusasorci – grande promotore dell’esercizio grafico nella sua Accademia privata –, con un ricco bagaglio
di esperienze figurative, Turchi è a Roma almeno dal 1615, da dove
tuttavia non cesserà una continuità di rapporti coi committenti veronesi e invierà in patria, col tramite privilegiato del marchese Gasparo
Gherardini, molti dipinti, benché non resti documentazione relativa al
collezionismo di opere grafiche. Il suo classicismo senza tempo, che
assieme all’incontro col nuovo realismo caravaggesco ne farà con Ottino
e Bassetti il rinnovatore della pittura veronese di primo Seicento, emerge nei toni elegiaci e pure intrisi di patetismo di questo soggetto, che
riprende il mito dello sfortunato amore di Piramo e Tisbe, trasformati
in fiume e in fonte. Tisbe presenta la tipologia robusta delle donne di
Turchi che si ritrova in altri disegni dei suoi primi anni a Roma, e anche il brano naturalistico ha la serena classicità del paesaggismo ro-
mano, che lo rivela anche in quest’occasione pittore di mitologie e paesaggi patetici, autentico contemporaneo di Mola e
Poussin.
Se è difficile verificare del disegno il percorso di provenienza al
museo, le tracce di incisione lungo i contorni principali delle
figure e le estese macchie di colore ne suggeriscono un prolungato uso funzionale e didattico che si spiegherebbe con un suo
utilizzo in accademia, e quindi forse giunto con gli altri materiali di Monga. [Giorgio Marini]
indice
30.
Ercole Bazzicaluva
Pisa 1610 circa - Firenze post 1661 (?)
Paesaggio con cascinale e veduta di Firenze
sullo sfondo
Penna, inchiostro bruno, acquerello bruno su carta bianca, mm
160 X 236
Iscrizioni: monogrammato nell’angolo inferiore sinistro HB
Restauro: 1997
Inventario: 12845 2B 316a
indice
Tutta la suggestione del paesaggio fiorentino, dominato dalla luminosa quiete di un casolare in disuso immerso nel verde, ma orgogliosamente siglato dall’inconfondibile silhouette del duomo che compare
nello sfondo, è restituita da questo foglio assegnabile a Ercole
Bazzicaluva, anche in base al monogramma che compare nel margine
inferiore del foglio. L’artista condivide le esperienze del Cantagallina,
conducendo l’apprendistato presso Giulio Parigi. Se gli estremi biografici di Bazzicaluva sono tuttora misteriosi, la sua personalità artistica ha assunto profili sempre più nitidi grazie agli interventi di Marco
Chiarini (1972, p. XXX; 1973, pp. 37-38; 1986: II, pp. 206-207, III, p.
34). Lo studioso ha delineato e distinto le singole personalità degli artisti che sono emersi dall’Accademia di Giulio Parigi. La sigla personale di Bazzicaluva sembra riconoscibile specialmente nell’attività
incisoria che l’artista ha coltivato in modo piuttosto costante, anche
quando gli incarichi militari che ricopriva presso i Medici lo distoglievano dall’operato artistico. Il segno sottile e preciso di chi condivide il
tratto della penna con il solco del bulino si rivela anche nel foglio veronese, che restituisce la dimensione paesaggistica toscana con sensibile
puntualità: i dettagli del muro corroso e del casolare come quelli del
capoluogo sullo sfondo sono realizzati con piccoli punti, ma con una
gradazione di inchiostro più chiaro e talvolta lievemente sfumati dalle
acquerellature. Le tentazioni calligrafiche così siglanti nell’operato grafico dell’artista si individuano nell’albero secco a sinistra e nel contempo
denunciano anche i suoi debiti con il collega e astro dell’attività
incisoria: Jacques Callot. Affinità piuttosto stringenti con il nostro foglio si ravvisano nella Veduta della valle dell’Arno con la villa
dell’Ambrogiana e nello Studio di albero conservati a Firenze (cfr.
Chiarini 1986, II, pp. 206-207); come osserva Chiarini il tratto distintivo si rivela nell’accostamento di “robustezza” e “senso atmosferico”.
[Mari Pietrogiovanna]
31.
Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto
Genova 1609 - Mantova 1664
Scena macabra (Tobia seppellisce i morti?)
Penna, inchiostro bruno fortemente acido e acquerello bruno su
carta scurita, mm 260 X 378
Filigrana: stemma con leone
Restauro: 1997
Inventario: 13014 2B 484
indice
Il foglio, ragionevolmente identificabile con quell’“Acquarello a seppia
su telaio - sacrifici umani” descritto nell’inventario della collezione
Monga, è giunto alle raccolte del museo compromesso da una pesante
incollatura su tela, che ha favorito l’ossidazione e il viraggio cromatico
del supporto cartaceo. Il suggerimento attributivo avanzato come annotazione sul supporto da Nicholas Turner in direzione di Giovanni
Benedetto Castiglione, condiviso senza riserve da Gianvittorio Dillon,
è stato di recente confermato pure da Mary Newcome (lettera del 19
marzo 1999), nonostante qualche assonanza coi modi di Pietro Testa,
artista con cui peraltro il catalogo grafico del Grechetto conosce altre
tangenze.
Per la grafia rapidissima e nervosa, per la tecnica esecutiva a penna e
acquerello, ma soprattutto per il soggetto macabro il foglio è accostabile
a un gruppo di disegni del Grechetto riconosciuti a più riprese come
già appartenenti a un unico album, e oggi dispersi in varie collezioni
(Percy 1968, pp. 144-148; Ruggeri 1975, pp. 33-37). Con una scrittura
stenografica e compendiaria l’artista, imprevedibile sperimentatore,
vi studia scene notturne e di sepoltura, spesso in rapporto con uno dei
suoi temi favoriti, tratto dalle scritture apocrife, quello di Tobia che
seppellisce i morti, ovvero gli Ebrei massacrati dagli Assiri durante l’esilio babilonese. Queste tematiche sepolcrali sembrano affascinare con
particolare evidenza la singolare vena inventiva di Castiglione dopo la
metà degli anni quaranta, quando si eserciterà anche in acqueforti che
segnano il momento della sua maggiore adesione ai modelli di
Rembrandt, e cronologicamente sono da riferire – secondo la convincente ipotesi di Ann Percy – verso il 1647-1651, all’epoca del suo secondo soggiorno romano, quando fu certamente in contatto con Testa e
Poussin. Benché l’originaria destinazione di questi fogli non sia chiara,
essi rivelano privatissime esercitazioni della prodigiosa immaginazio-
ne dell’artista, che carica l’influenza di Rembrandt di
un’accentuazione grottesca. Per questa vena fortemente espressiva, per il foglio in esame sono possibili riscontri molto diretti
con alcuni disegni oggi alla Biblioteca Ambrosiana (Ruggeri
1975, pp. 33-37), dei quali condivide le tematiche macabre, forse legate a scene di peste, e la cronologia agli anni romani, come
confermerebbe anche la filigrana, comprimendo in uno spazio
senza profondità anatomie scheletriche e cadaveriche.
Castiglione resta uno dei più alti rappresentanti della pittura
barocca, e senz’altro uno dei maggiori disegnatori del Seicento
italiano, con una formazione dalle aperture internazionali, dalla Genova degli anni di Van Dyck alla conoscenza dell’opera di
Rembrandt, ai soggiorni a Roma, Napoli, Venezia e Mantova.
Fu un grande sperimentatore tecnico e l’inventore del
monotipo, una forma espressiva a cui si accostano anche due
piccoli oli su rame delle raccolte di Castelvecchio. La sua immediata e vastissima fortuna collezionistica ebbe riscontri anche a Verona, nella raccolta di Orazio di Canossa, il governatore di Casale con cui dovette probabilmente essere in contatto
alla corte dei Gonzaga. I suoi disegni furono da subito apprezzati e ricercatissimi dai grandi collezionisti di tutta Europa. La
raccolta più completa e importante era quella già appartenuta
al patrizio veneziano Zaccaria Sagredo, pervenuta a Venezia
forse attraverso il duca Ferdinando Carlo Gonzaga; acquistata
poi dal console inglese Joseph Smith, fu da questi venduta a
Giorgio III d’Inghilterra nel 1762. [Giorgio Marini]
indice
36.
Louis Dorigny
Parigi 1654 - Verona 1742
“Virtutis Sapientia comes”
Penna, inchiostro bruno, acquerello bruno e biacca su traccia di
matita, ontrofondato, mm 333 X 420
Iscrizioni: al verso del controfondo Lodovico Dorigni fece
Inventario: 13061 2B 529
indice
Con le ultime acquisizioni al catalogo grafico di Dorigny avanzate da
Marinelli e Corubolo (1997b, rispettivamente pp. 70-71 e 43-49) possiamo disporre di un’interessante gamma di fogli che illustrano il procedimento di realizzazione e ripresa di uno stesso modello. I dati emersi
dalla ricognizione di Corubolo sulle incisioni del maestro parigino consentono di identificare il soggetto di questo foglio con uno dei sei emblemi oraziani incisi da Dorigny nella prima fase della sua carriera. In
particolare il motto che vede la Sapienza trionfare con il Valore su tutti
i vizi è preparato da un notevole disegno del Département des Arts
Graphiques del Louvre (Corubolo 1997b, p. 49, n. 6, fig. 43), che conferma un talento capace di esprimersi in termini di rapidità e immediatezza senza rinunciare alla sofisticata eleganza. Anche il disegno del
Prado con l’Allegoria della Sapienza e del Valore ricondotto a Dorigny
da Marinelli (1997b, pp. 70-71, fig. 95) deve situarsi in un momento
piuttosto precoce della carriera dell’artista e riprende in termini ancora più liberi e pittorici le due figure allegoriche, questa volta come protagoniste della composizione. Nella sequenza, ma a una notevole distanza di anni, deve inserirsi il disegno in esame, che in confronto si
caratterizza come lavoro di routine, ottenuto con una tecnica rapida e
compendiaria, evidente nella maggior parte dei disegni di sua mano
conservati a Castelvecchio, quindi probabilmente funzionale alla registrazione di un ricordo. Nel nostro caso dunque, Dorigny, in un tentativo di copywriting massiccio delle sue invenzioni, eseguirebbe pure il
ricordo di un’incisione, come testimonia anche un altro disegno della
collezione che riprende la stampa col motto oraziano Virtus Inconcussa
(inv. 13062 2B 530). [Mari Pietrogiovanna]
37.
Gregorio Lazzarini
Venezia 1655 - Villabona (Rovigo) 1730
Studio per uno storpio
Gesso nero, rosso e lievi tocchi di bianco su carta preparata a
tempera grigia, controfondato, mm 292 X 182
Inventario: 12876 2B 347
indice
A dispetto della notevolissima attività in campo pittorico, testimoniata
ancora oggi dalla consistente quantità di dipinti pervenuti, i documenti grafici assegnati a Gregorio Lazzarini sono piuttosto scarsi. Spetta a
Bert Meijer il merito di aver riconosciuto la mano del fecondo e rigoroso artista veneziano nel rifinito Studio per uno storpio di Castelvecchio.
Meijer, in occasione di un convegno incentrato sulle problematiche
inerenti le figure tenuto presso l’Istituto Universitario Olandese di Firenze nel 1996, ha proposto l’identificazione del disegno con la figura
dello storpio in posizione semieretta che compare sul lato destro dell’imponente telero con L’elemosina di San Lorenzo Giustiniani di San
Pietro di Castello a Venezia. La corrispondenza delle due figure è indubbia e la data certa della grande tela, 1691, tramandataci da Vincenzo da Canal, amico e compilatore di una biografia encomiastica del
Lazzarini, fissa una cronologia sicura anche per il disegno in esame.
Nel foglio, diligentemente preparato a tempera grigia, vengono fissati
i tratti del busto dello storpio con nitida precisione; l’artista si avvale
del gesso nero e rosso e di sapienti rialzi in bianco per rendere l’anatomia dell’uomo che poi, evidentemente con una sorta di gioco a incastro, inserisce nella grande composizione ora nel presbiterio di San
Pietro di Castello. Alcuni collegamenti stilistici si possono istituire con
la Testa di vecchio, disegno conservato nel Museo Puskin di Mosca
(inv. 6630) e attribuito dubitativamente a Lazzarini. Il foglio, condotto
a matita rossa, denuncia un tratto assai simile a quello veronese e la
stessa concezione del chiaroscuro. Il Vecchio del museo russo denota
una fisionomia che, in una postura diversa, sembra riconoscersi nel
San Bernardo della pala di Cenate d’Argon (Bergamo). Fogli così concepiti confermano la dimensione di Lazzarini pittore: visto sia come
regolarizzatore degli eccessi dei tenebrosi che delle esuberanze del
barocchetto veneziano. La sostanziale preferenza accordata all’impianto
disegnativo molto accurato e alle forme solide, presente in tutti
i dipinti del veneziano, aveva consentito al da Canal di assimilarlo piuttosto ai bolognesi che ai veneti, i primi molto più devoti alla finitezza del disegno. Così il “lavorar corretto” di
Lazzarini, lodato da Vincenzo da Canal, finisce per essere apprezzato da chi, come il Lanzi (1809, III, pp. 165-166), supporta
la consuetudine accademica in opposizione allo “stile ombroso”, che a suo dire viene superato a Venezia proprio grazie all’azione dell’infaticabile Lazzarini. Un’osservazione di
Pallucchini, posta alla fine della biografia dell’artista (1981, p.
380), ci consente di riflettere sulla modesta fortuna critica riservatagli dalla letteratura successiva. In una sorta di ineluttabile contrappasso generato dai percorsi dello stile e degli ingegni, proprio Lazzarini, che aveva alacremente prodotto qualcosa di semplicemente corretto, doveva essere sprofondato nel
cono d’ombra dal luminosissimo allievo che preferisce i contrasti di Piazzetta e si chiama Giambattista Tiepolo.
[Mari Pietrogiovanna]
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38.
Federico Bencovich
Dalmazia 1677 - Gorizia 1753
Studio per una figura virile
Matita rossa su carta, mm 260 X 177
Iscrizioni: al verso, a matita, in grafia forse già novecentesca,
Tiepolo?
Filigrana: leone alato iscritto in un cerchio
Restauro: 1997
Inventario: 12834 2B 305
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La splendida, luminosissima sanguigna suggerisce la destinazione di
una pittura di luce e di forza, qual è appunto quella di Federico
Bencovich. Il confronto formale, superata l’evidente parvenza satiresca
e ferina, non supportata tuttavia da attributi specifici, va alla figura del
Sant’Andrea nella pala della Madonna del Piombo di Bologna, recentemente ritrovata nella chiesa di Senonches, presso Chartres, dopo
peregrinazioni non documentate, in seguito alle demaniazioni
napoleoniche. Se le due figure sono molto simili, va detto tuttavia che
non coincidono per studiate opposizioni: quella della tela inclina in
indietro, quella del disegno in avanti; il braccio è simile, ma la mano
nella tela è nascosta dietro la schiena; nel disegno l’occhio è obliquamente attratto a un punto lontano, mentre nella tela è chiuso in un
colloquio interiore. Tuttavia l’intensità espressiva, che ha portato una
mano non identificata a scrivere il nome di Tiepolo sulla cartella del
disegno, lo sguardo allucinato, le squadrature del segno, che costruiscono un torace gigantesco, orientano sul nome di Bencovich, la cui
figura, terribilmente e pericolosamente suggestiva, attende ancora una
ricostruzione credibile. La tecnica a sanguigna rossa, certo non esclusiva, è la stessa delle accademie cignanesche giovanili conservate nelle
raccolte fiorentine, mentre la carta reca una filigrana che sembra veneta.
Antiche benché vaghe notizie fanno riferimento a un passaggio veronese di Bencovich che dovrebbe corrispondere al momento delle accademie private, nelle case dei pittori e dei nobili. Nella città risiedeva un
suo parente dalmata, militare di carriera nella fortezza di Castelvecchio.
Tra le proposte che ancora si possono avanzare per la grafica di
Bencovich è la bellissima Testa virile della Národni Galeri di Praga
(inv. K 41490), attribuita già a Piazzetta e Marinetti, capolavoro assoluto di “sfumato” tecnico e psicologico. [Sergio Marinelli]
41.
Giambattista Tiepolo
Venezia 1696 - Madrid 1770
Accademia di nudo virile
1724 circa
Matita nera e gessetto bianco su carta grigio-azzurra, mm 458 X
325
Filigrana: lettere FP (?)
Restauro: 1996
Inventario: 13113 2B 581
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Il vigoroso studio di nudo, da sempre anonimo nella raccolta del museo, è stato riferito solo assai di recente alla produzione giovanile di
Giambattista Tiepolo da Sergio Marinelli (1998c, p. 45), con un’importante integrazione alla conoscenza della prima attività grafica dell’artista, che resta un problema critico di ancora aperta definizione. La stessa presenza del foglio a Verona, rimasto verosimilmente in un fondo di
studi d’accademia e con esso arrivato al museo, è stata vista come una
traccia ulteriore della presenza di Giambattista in città, chiamatovi,
come è noto, nel 1724 da Scipione Maffei per disegnare alcune sculture
romane raccolte nelle collezioni veronesi, che dovevano essere riprodotte all’acquaforte nella sua fondamentale opera sulla storia cittadina, la Verona Illustrata. L’espressione faunesca – pur addolcita da
valenze piazzettesche – e la condotta grafica del tratteggio consentono
di accostarlo a un piccolo gruppo di fogli con studi di nudo, di cui il più
precoce è l’intenso disegno della Staatsgalerie di Stoccarda (inv. 1439),
confrontabile con gli studi della collezione Fantoni a Rovetta (inv. MF
549) e della Pierpont Morgan Library di New York (inv. 1983.42; cfr.
Aikema 1996, pp. 30-31). Si tratta sempre di una simile tipologia di
accademie da scuola di nudo, come quella frequentata e ripresa in un
celebre disegno da Giambattista intorno al 1720 (Morassi 1971, p. 43),
che ha esiti vicinissimi per stile e cronologia nel Nudo maschile come
Ercole del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (inv. 7804 S) e in
due versioni di un Nudo maschile con corona, di cui una passata di
recente sul mercato antiquario e l’altra alla Biblioteca Ambrosiana di
Milano (Aikema 1996, p. 15; Ruggeri 1979, p. 56, n. 88).
Un aspetto suggestivo, in rapporto alla provenienza del foglio, è la consuetudine documentata a Verona per la scuola del nudo, prima del riconoscimento ufficiale da parte dello stato veneto, di tenere le classi di
disegno a rotazione presso le dimore dei suoi membri o nei palazzi dei
nobili patroni (Marchini 1975-1976, pp. 246-247). Nel 17201721 la sede risulta esser stata la casa di Scipione Maffei, mentre dal 1722 al 1725 le sedute si tennero presso Michelangelo
Prunato, figlio di Santo e maestro di Giambettino Cignaroli.
Rimangono quindi aperte le due ipotesi che, se il nostro foglio
è stato eseguito in casa Maffei, può costituire un precedente
per la chiamata a collaborare alla Verona Illustrata, mentre se
fu disegnato presso Prunato può essere rimasto a quest’ultimo
e da lui passato all’allievo Cignaroli, per rimanere poi sempre
nell’ambito della scuola da lui istituita e che arrivò per discendenza fino all’Accademia ottocentesca. [Giorgio Marini]
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42.
Antonio Balestra
Verona 1666-1740
Sacrificio d’Isacco
Al verso: Testa e particolare di una figura
Penna, inchiostro grigio, acquerello grigio e sanguigna su carta
preparata bruna, con traccia di un riquadro a sanguigna e acquerello bruno rifilato, al verso sanguigna, mm 235 X 430
Iscrizioni: in basso a destra, a matita, C 14 (?)
Restauro: 1998
Inventario: 12974 2B 445
indice
La composizione delle figure è costruita secondo diagonali parallele.
Dopo la pulitura il foglio è riemerso nell’acquerellatura bicroma con
un intensissimo effetto pittorico. Tale aspetto rimanda al primo periodo del pittore e ai confronti con le opere veronesi di Brentana e Dorigny.
Un dipinto raffigurante “il sacrificio di Abramo, dipinto autografo di
Balestra” è ricordato nel catalogo di una vendita in Olanda del 1770
(Ghio, Baccheschi 1989, p. 229). Tuttavia il formato orizzontale lungo
e stretto rimanda piuttosto ai fregi tardobarocchi degli oratori e delle
cappelle che ai dipinti autonomi da cavalletto o da galleria. Nel retro è
emersa una vigorosa testa, probabilmente di carnefice, con un altro
particolare, a matita rossa.
Ancora un ulteriore autografo del pittore si conserva nelle raccolte di
Castelvecchio, raffigurante la Madonna che appare a San Francesco
di Sales. Benché sfibrato e tardo, il foglio si avvicina ad altri di Balestra
probabilmente destinati, almeno nell’intenzione, all’incisione di stampe sacre. Questo può giustificare l’essenziale nitidezza della sua composizione.
Anche se è identificato come il caposcuola ufficiale della rinata pittura
veronese settecentesca, Antonio Balestra, uscito da una famiglia di ricchi mercanti d’origine bergamasca, trascorse a Verona solo la prima
giovinezza e, dopo soggiorni a Venezia, Roma, Napoli e ancora per
vent’anni a Venezia, risiedette a Verona stabilmente solo negli ultimi
vent’anni della sua vita, insegnando a disegnare a quasi tutti i giovani
artisti della generazione tra il 1720 e il 1740. [Sergio Marinelli]
45.
Odoardo Perini
Verona 1671-1757
Giove e Semele
Penna, inchiostro bruno, traccia a sanguigna e biacca su carta, al
verso carboncino, mm 351 X 268
Restauro: 1997
Inventario: 13008 2B 478
indice
L’attribuzione a Perini del vigorosissimo foglio, avanzata nel 1978 dopo
precedenti riferimenti a Balestra, sembra poter trovare ulteriori conferme in dipinti resi recentemente noti, come il Tancredi davanti al
corpo morto di Clorinda, dipinto per Ercole Giusti (Knox 1997), e soprattutto il soffitto di Palazzo Giusti del Giardino col Rapimento di
Proserpina (Marinelli 1997b). A queste composizioni, come al Giove e
Semele del Museo di Castelvecchio, corrisponde anche la violenta
partitura di luci e ombre. Certamente questo è il disegno maggiormente vicino al momento più vertiginoso del tardobarocco veronese, quello
del cicli pittorici di San Nicolò e di Santa Maria in Chiavica, ora a
Breonio. La scuola di Brentana, che sembra aver sempre evitato i duttili
scorci correggeschi, è però qui evocata solo nella rapinosa velocità d’esecuzione e nei fendenti di luce. Il foglio deve appartenere necessariamente alla fase giovanile del pittore e si lega alla tecnica e ai modi di
Loth e Pagani, diversamente dall’unico altro foglio noto di Perini, conservato a Opava (Marinelli 1990), più finito, forse per la statua di un
santo o qualcosa di simile, che dovrebbe essere molto più tardo. La
grafica di Pagani è certamente presente, ma tradotta in un segno meno
continuo e sinuoso, più grossolano e forse più potente. Perini si trovò
ad accostare i suoi quadri a quelli di Loth e Pagani in Palazzo Giusti ai
Santi Apostoli, così come più tardi si trovò vicino a Balestra e al giovane Tiepolo in San Sebastiano a Verona. Proprio quadri di Ercole Giusti,
quelli più violenti e tenebrosi, come Nerone che fa abortire con un calcio Poppea di Antonio Molinari, oppure altri dipinti contemporanei,
come il Ratto di Dejanira di Dorigny, sono rievocati in questa composizione.
Per quanto ora conosciamo, solo le immagini di Odoardo Perini possiedono l’assoluta perentorietà gestuale che si ritrova su questo foglio,
in un contesto di cultura figurativa tenacemente collegato ai fatti veronesi dei primissimi anni del Settecento. L’estroso pittore dovette placare tuttavia il suo stile col tempo, cercando invano di incontrare il nuovo
gusto “grazioso” del Settecento, diventando anche accademico
clementino a Bologna. [Sergio Marinelli]
49.
Alessandro Marchesini
Verona 1664-1738
Diana e Atteone
Sanguigna, penna, inchiostro bruno e tracce di carboncino su
carta, mm 202 X 262
Iscrizioni: al verso del vecchio supporto, a penna, Marchesini
Filigrana: tre mezze lune
Restauro: 1996
Inventario: 12376 2B 56
indice
Disegno cromaticamente molto vivace, di segno insistito e ripassato,
con esiti molto finiti. La figura di Atteone, specialmente nella costruzione del volto, risente delle interpretazioni settecentesche di Correggio.
Tutta la tipologia delle altre figure, come l’ambientazione arcadica e la
scelta stessa del tema, è perfettamente consona alla pittura di
Marchesini, che trattò per tutta la vita i temi mitologici e arcadici in
dipinti di piccolo formato, facendone mercato con gran fortuna, specialmente in Germania. Particolarmente cari all’artista e al suo secolo
furono gli episodi riguardanti la dea Diana. Questo disegno, per il suo
impaccio ancora ingenuo, dovrebbe essere piuttosto giovanile, mancando ancora del collaudato classicismo che permea la maturità del
veronese. Anche il paesaggio fiabesco e teatrale a fondale intero risente della cultura e del gusto del tardo Seicento. Una scritta, probabilmente ottocentesca, avanzava l’attribuzione sul retro del supporto, ora
staccato, a “Marchesini”, come attendibile memoria tradizionale, essendo allora già dissolta ogni conoscenza dell’artista. [Sergio Marinelli]
55.
Felice Cappelletti
Verona 1698-1738 (?)
San Pietro salvato dalle acque
Penna, inchiostro bruno e acquerello bruno quadrettato a matita
nera su carta, tracce più tarde di colore, mm 296 X 450
Iscrizioni: al verso tracce di conti; in basso a sinistra, a matita,
in grafia ottocentesca (Andrea Monga), C. 11
Restauro: 1998
Inventario: 13088 2B 556
indice
Preparatorio per il San Pietro salvato dalle acque della parrocchiale di
Torri, datato 1723, il foglio anticipa la grandiosità della volta affrescata
e, oggi purtroppo, apparentemente ridipinta. La composizione raccoglie infatti nel suo campo ellittico un movimento dinamicissimo e continuo di linee, con violenti chiaroscuri in controluce di tempesta, espressi da estese e sinuose acquerellature. La quadrettatura conferma che
fu questo il disegno impiegato per la costruzione dell’affresco, le cui
condizioni danno ancora conto della fedeltà alla composizione ma non
forse alla materia pittorica originale.
Mentre la pittura di Cappelletti ricorda le paste di Prunato, di cui fu
allievo, i disegni, per quanto ci è noto, sembrano accostabili soprattutto a quelli di Alessandro Marchesini. Qui ancora, nell’astrazione geometrica dell’ellissi e nel gioco delle curve che s’avvicinano e si allontanano al suo interno, evidente ora solo nel disegno, deve aver inciso
non poco il fascino delle composizioni di Brentana. Nel caso di Capelletti
comunque la qualità dei disegni noti pare superiore a quella dell’opera
pittorica superstite. [Sergio Marinelli]
59.
Giuseppe Angeli
Venezia 1712-1798
Testa femminile
Carboncino e gessetto bianco su carta marrone, mm 368 X 263
Restauro: 1997
Filigrana: lettere FP (?)
Inventario: 12623 2B 83
indice
Se la definizione del corpus grafico di Giuseppe Angeli, capofila tra gli
allievi del Piazzetta, è un problema critico ancora in corso di soluzione
per il nodo complesso di relazioni e reciproci rimandi con le opere del
maestro e dei compagni di bottega, il riferimento di questo foglio alla
sua mano risulta abbastanza agevole in rapporto alle sue opere grafiche certe. L’attribuzione è stata confermata tempo fa da Ugo Ruggeri
(1977, pp. 5-7) che vi ha riconosciuto una copia del viso dell’Assunta
nella pala del Piazzetta ora al Musée du Louvre, eseguita per Carlo
Augusto duca di Baviera ed Elettore di Colonia intorno al 1735, per la
chiesa dell’Ordine Teutonico a Sachsenhausen presso Francoforte. In
relazione a ciò è condivisibile il suggerimento dello studioso che possa
trattarsi di una “esercitazione abbastanza giovanile” da un’opera che
dovette avere certamente una sorta di valore esemplare per la bottega
di Piazzetta, spedita in Germania nel 1736 dopo essere stata esposta in
piazza San Marco a Venezia dove riscosse, secondo le cronache del tempo, l’ammirazione universale. Questo nonostante i modi stilistici del
foglio “così leggero e schiarito”, inducessero Ruggeri a stabilire dei rapporti anche con i soffitti di Palazzo Barbaro Curtis e di Palazzo Pisani
Moretta a Venezia, verosimilmente pagati nel 1744.
È del resto questa intonazione di patetismo devozionale, così prossima agli studi d’espressione, e declinata pure nelle variate e fortunatissime tipologie delle “teste di carattere”, a farne un modello ideale per
la didattica d’accademia. Esso è infatti ripreso e riconoscibile in numerosi volti estatici di dipinti in cui Angeli illanguidisce di un’atmosfera
sdolcinata la forza chiaroscurale di Piazzetta, come le tele del soffitto
nella Cancelleria della Scuola di San Rocco a Venezia o la Santa martire riferita all’artista, nella chiesa istriana di San Barnaba di Visinada
(Alisi 1996, p. 191, fig. 218). Il definirsi di questa fisionomia muliebre
dal dolce sguardo di sottinsù nella bottega di Piazzetta è documentato
anche da una figura assai simile in un foglio dato a Giulia Lama nella
collezione Fernández Durán al Museo del Prado (Mena Marqués 1990,
p. 94), e il suo farsi modello esemplare di pateticità sentimentale giustifica in qualche misura la presenza di questo foglio nella collezione di
Castelvecchio in rapporto alla gran quantità di disegni che vi provengono dalla locale Accademia. [Giorgio Marini]
60.
Pietro Rotari
Verona 1707 - San Pietroburgo 1762
Fanciulla che legge
Sanguigna e matita nera, penna e inchiostro bruno su carta bianca
leggermente ingiallita, controfondato, incorniciato a penna e
inchiostro bruno, mm 130 X 157
Inventario: 13159 2B 627
indice
È tra i pochi fogli in collezione ad aver avuto, per la facile godibilità del
soggetto, una pur minima fortuna critica ed espositiva a partire dagli
anni sessanta. L’attribuzione a Rotari figura già negli inventari di museo, a cui provenne dalla collezione di Andrea Monga, senza tuttavia
che se ne possa trovare traccia sicura nell’inventario steso da Vignola
all’inizio del Novecento, ed è stata confermata da Ivanoff sulla cartella
che contiene il disegno. Dell’artista, che pure dovette essere fervido disegnatore, anche nell’Accademia privata che aprì a Verona nel 1735,
sono noti in realtà ben pochi fogli sicuri, di cui alcuni firmati all’Ermitage
di San Pietroburgo (Salmina 1964, pp. 56-57). Resta invece meglio documentata la sua giovanile attività d’incisore in cui, allievo del
marattesco van Auden Aerd, si esercitò in traduzioni da soggetti del
suo maestro Balestra, e della quale esistono parecchi esemplari nelle
raccolte grafiche di Castelvecchio.
Educato in patria al classicismo di Balestra, cui si sovrappongono verso il 1730 esperienze romane e napoletane, Rotari fu a Vienna nei primi anni cinquanta, dove poté conoscere le opere di Liotard – che vi
aveva soggiornato nel 1743-1745 – e forse incontrare il pittore stesso,
quindi alle corti di Dresda e Pietroburgo, con percorsi speculari a quelli
di Bellotto ma orientati sul versante ritrattistico piuttosto che di veduta. Al levigato ritrattismo psicologico di Liotard è facile accostare poi
molta della sua pittura di genere più tarda, con cui arriverà a Verona
una versione sentimentale e addolcita della contemporanea pittura francese, e di cui questo foglio è un esempio eloquente. Si tratta di un esercizio grafico rifinito e autonomo, di cui peraltro esistono versioni pittoriche senza tuttavia un preciso prototipo (cfr. ad esempio Barbarani
1941, tavv. XIV, XV). La stessa modella ricorre in altre tele di collezione
privata a Verona (Barbarani 1941, tav. XVI; Fiocco Drei 1980, p. 26).
Piuttosto che allo studio accademico delle espressioni e dei sentimenti,
questa tipologia si collega alle sue “teste di genere”, di successo internazionale, mentre lo sguardo languido e ammiccante ha i sottintesi di
certi quadri di Pietro Longhi. [Giorgio Marini]
63.
Giambettino Cignaroli
Verona 1706-1770
Accademia di nudo maschile
Carboncino e gesso bianco su carta, tracce di colore più tarde, mm
431 X 347
Iscrizioni: in basso a sinistra, a matita, Originale di Gio Bettino
/ Cignaroli
Restauro: 1997
Inventario: 12643 2B 105
indice
Il foglio è stato lasciato probabilmente tra gli “esempi” presso l’Accademia di Pittura fondata dallo stesso Cignaroli. Si tratta di uno dei relativamente rari nudi del castissimo pittore, già con obliquità
correggesche, in una posa esemplare da figura in caduta, divenuta ormai un tema classico nelle accademie, come prova anche il celebre precedente della Caduta dei giganti di Antonio Balestra all’Accademia di
San Luca a Roma. Tale caratteristica del foglio fa sì che non si possa
riscontrare un equivalente pittorico preciso. Il gesto “gridato” della
mano con le dita aperte è caratteristico delle pose magniloquenti delle
accademie veronesi, come si vede anche in Balestra, diversamente da
quelle più spesso “silenziose” o assorte di Tiepolo e dei veneziani. La
scritta alla base del foglio, che pare ancora settecentesca, presenta una
grafia che si riscontra su altri, specialmente accademie di nudo, provenienti dallo stesso istituto e dovrebbe costituire una testimonianza, se
non indiscutibile, autorevole. Per la sua energia il disegno si colloca tra
i più incisivi esempi grafici di Giambettino. I suoi disegni col modello
in posa sono tuttavia sempre molto estrosi e teatrali, come quello
dell’Ambrosiana, con una figura distesa di dorso (F. 257 inf. - 270), ma
è da ritenere che gran parte di essi, come questo veronese, siano stati
esclusi dalla raccolta “ufficiale”, oggi conservata appunto
all’Ambrosiana, per restare a disposizione della scuola. Cignaroli, allievo di Santo Prunato, che già ospitava periodicamente un’accademia
di nudo nella sua casa agli inizi del Settecento, ottenne, nel 1764, il
riconoscimento pubblico dell’Accademia veronese da parte dello Stato
Veneto e ne divenne il primo direttore (1764-1770). [Sergio Marinelli]
67.
Bernardo Zilotti
Borso del Grappa (Treviso) 1716 - Bassano del Grappa (Vicenza) 1783
Paesaggio fluviale con casolari
Penna, inchiostro bruno su traccia di matita nera su carta bianca,
mm 291 X 398
Iscrizioni: in alto al centro incisione illeggibile
Filigrana: lettere AS e contromarca non precisabile
Inventario: 13015 2B 485
indice
Il luminoso paesaggio presenta evidenti consonanze tematiche e
stilistiche con la grafica di Marco Ricci, sebbene non si siano mai avanzate ipotesi attributive in questo senso e il foglio sia rimasto sempre
anonimo negli inventari del museo. Per il tratto di spessore variato,
che costruisce i volumi con l’iterazione di linee parallele – caratteristico del segno da incisore –, per l’utilizzo di un tipico inchiostro brunoseppia fortemente acido, che si rapprende in densi segni d’ombra dove
la penna lo deposita più abbondante, e in generale per una stretta corrispondenza con la sua produzione acquafortistica di medesimo soggetto il foglio sembra da riferirsi all’attività disegnativa di quella dotata controfigura stilistica di Marco che fu Bernardo Zilotti, in un momento di adesione più fedele, quando non mimetica, a certo
paesaggismo riccesco a sua volta ispirato ai disegni di Campagnola.
L’imprevedibile e ancor sottovalutata personalità di Bernardo – originario di Borso, alle falde del Grappa, e che abbraccerà il sacerdozio
senza peraltro affatto rinunciare alla sua genuina vocazione per l’arte
– è stata oggetto solo assai di recente di una maggiore attenzione critica, che ha in parte permesso un migliore inquadramento della sua attività artistica e storiografica. Se di una sua produzione pittorica non
restano oggi prove autografe certe, di sicuro egli fu invece incisore di
talento con tematiche soprattutto di paesaggio e attento traduttore all’acquaforte di capricci architettonici di Marieschi e di battaglie di
Simonini, con un corpus grafico passibile di significative integrazioni
al catalogo di ventiquattro incisioni ultimamente proposto (Bortoluzzi
1994). Una parallela attività collezionistica lo vide riunire dopo la metà
del secolo una “stupenda” raccolta – nelle parole dell’amico Verci,
storiografo dell’arte bassanese (1775, p. 276) – “delle carte de’ più rinomati intagliatori, di modo che pochi son quelli che possono darsi il
vanto d’averla migliore”, e che poi cederà agli imprenditori bassanesi
Remondini, divenendo il nucleo fondante della loro collezione
di stampe antiche. Presso la bottega calcografica dei Remondini
egli aveva del resto già svolto un suo tirocinio incisorio, per poi
perfezionarsi presso la più qualificata calcografia di Giuseppe
Wagner a Venezia, dove fu in contatto con Bartolozzi e Volpato.
Di quest’ultimo, celebre incisore bassanese, Zilotti stenderà
verso il 1773 una prima biografia, rimasta inedita, a inaugurare
una serie di opere a carattere teorico e storiografico tra cui le
più ambiziose Osservazioni sopra la Pittura, e sopra i più celebri Pittori d’Italia, che contengono peraltro eloquenti divagazioni come il Modo facile per copiar qualche eccellente pittura senza esporsi al pubblico (Bassano del Grappa, MuseoBiblioteca, ms. 261C9, c. 34r).
La ridefinizione critica del suo corpus di disegni, per lo più inevitabilmente ascritti al catalogo di Marco Ricci, esula certamente
da questa occasione, sebbene resti aspetto affascinante e di gran
lunga il meno esplorato della sua attività artistica. Se il nostro
foglio presenta tutto il vocabolario espressivo più consono all’attività di Zilotti, conviene pure saldarne l’attribuzione ai disegni assegnabili con maggior certezza alla sua mano. Tra questi vanno posti innanzitutto i cinque fogli del Museo di Bassano
già in collezione Riva (inv. Riva 2, 151, 152, 509, 510) riferiti da
Magagnato a Zilotti riscontrandovi “tutti gli elementi chiari di
un tipico artista settecentesco di formazione critica, da porsi
accanto allo Zanetti e al Novelli, se pure su un piano di minor
rilievo” (1956, p. 74), e di cui riporta la provenienza in collezione Riva esplicitamente “donati da un signore di Bassano sotto
il nome di Ziliotti”. Benché tale attribuzione sia stata in seguito
discussa da Pallucchini (1956, pp. 256-257) e da Pilo (1961 p.
172 e 1963, p. 138) in favore di un deciso riferimento a Marco
Ricci, essa è stata ultimamente di nuovo rovesciata con validi
argomenti (Bortoluzzi 1994, pp. 64-68), cui si potrebbero aggiungere, a sostegno, l’eloquente tratteggio che costruisce leggero il volume e segna il profilo dei monti, l’impianto sempre
costruito con un primo piano prativo e degradante cui fanno
quinta alberi dai tronchi ritorti, resi questi con segni che ne
sottolineano la volumetricità, ben diversi dai tratti uncinati che
definiscono il fogliame e i cespugli: tutti elementi questi direttamente riscontrabili nella sua produzione incisoria. Anche i
temi paesistici presentano frequenti ricordi desunti da stampe
antiche e da paesaggi tedeschi o fiamminghi che ben potevano
figurare nella collezione personale di Zilotti, come del resto le
sue prime acqueforti imitano più o meno consapevolmente stile
e soggetti delle stampe di Berchem.
Pure lo scarto qualitativo tra ambientazione paesistica e figure, dove l’artista è assai più debole di Ricci, è traccia eloquente
per altre sicure attribuzioni, come nei fogli in collezione Milliken
di Cleveland (Milliken 1964, pp. 51-53) e altri fogli presso la
National Gallery of Scotland sotto il nome di Marco (inv. RSA
119, D 879; Andrews 1971, p. 166), di cui uno peraltro firmato a
penna “Ziliotti”, così come all’artista è riferito da una scritta di
primo Ottocento sul verso anche un bel foglio dello
Szépmüvészeti Múzeum di Budapest (inv. 65.1 K, Fenyö 1965,
n. 59) e ancora due firmati al Prado (Mena Marqués 1990, pp.
160-161). L’iscrizione sul foglio di Edimburgo (National Gallery
of Scotland, inv. D 1838; Andrews 1971, p. 129), di non certa
lettura, è destinata peraltro a tenere aperto il problema
attributivo per la mancata rispondenza stilistica con i fogli più
certi dell’artista. Altre integrazioni potrebbero derivare numerose da un esame attento delle tante opere che, sotto il suo nome
o riferite all’ambito riccesco, sono passate ultimamente sul
mercato antiquario, a partire dall’importante album con studi
di paesaggio e di animali, con un foglio riusato da una lettera
spedita al negozio Remondini, e venduti all’asta da Christie’s
nel 1975 (Londra, 19 marzo 1975, lotto 58). [Giorgio Marini]
indice
68.
Francesco Guardi
Venezia 1712-1793
Capriccio con arco trionfale
Penna, inchiostro bruno, acquerello bruno e grigio incorniciato a
penna e inchiostro bruno su carta bianca, controfondato, mm 129
X 78
Iscrizioni: in basso sul controfondoFranc.° Guardi Fecit
Inventario: 12637 2B 97
indice
I capricci di Francesco Guardi sono tra i fogli più conosciuti della collezione di Castelvecchio. La mano del maestro, qualificata anche dall’iscrizione sottostante probabilmente vergata da un anonimo poco
dopo l’esecuzione dei disegni, non è mai stata oggetto di discussione.
L’esordio espositivo inizia nel 1963 (Bettagno 1963, pp. 37-38, nn. 4041) in quell’occasione Alessandro Bettagno metteva in rilievo l’ottima
qualità del disegno e proponeva una cronologia molto avanzata, post
1785. Qualche anno dopo lo stesso studioso esponeva a Parigi (Bettagno
1971, p. 76, n. 157) il Capriccio architettonico con fontana confermando il giudizio precedentemente espresso e la parentela con alcuni fogli
dell’estrema maturità del pittore quali i Capricci delle collezioni Scholz
(Muraro 1957, n. 93) e Horne (Byam Shaw 1962, n. 76). L’inclusione
dei due fogli veronesi nel catalogo dei disegni di Francesco Guardi realizzato da Morassi (1975, pp. 167, 187, nn. 505, 635, fig. 502) attesta
la loro collocazione in una fase molto avanzata della carriera dell’artista. Morassi propone l’aggancio del Capriccio architettonico con fontana con la zona destra di un dipinto già in collezione privata milanese, incluso nel precedente catalogo dei dipinti (Morassi 1973, I, n. 739,
fig. 685) e la strettissima affinità con lo straordinario Capriccio con
piramide della collezione Seilern di Londra (Morassi 1975, p. 167, n.
500, fig. 501). Il Capriccio con arco trionfale viene accostato al disegno della National Gallery di Ottawa (Popham, Fenwick 1965, pp. 7677).
I dati avvalorati dalla critica confortano l’approccio visivo a questi due
minuscoli disegni che restituiscono la carica emozionale di Guardi nel
riprodurre vedute fantasiose, dove la linea vibrante e le acquerellature
modulate in molteplici gradazioni sono asservite all’effetto totalmente
evanescente dell’insieme che accomuna le macchiette, gli elementi
architettonici e le strutture vegetali, ormai parte integrante di questi:
tutto è immerso in un’atmosfera palpabile o si rispecchia in una laguna indefinita. [Mari Pietrogiovanna]
80.
Francesco Lorenzi
Mazzurega (Verona) 1723 - Verona 1787
Il banchetto di Giuditta e Oloferne
Penna, inchiostro bruno, acquerello bruno su traccia di matita
nera su carta bianca, mm 304 X 409
Filigrana: balestra
Inventario: 12626 2B 86
indice
Il soggetto raffigura una scena di banchetto: un personaggio maschile,
intento a brindare, si rivolge a una donna all’altro capo della tavola,
mentre tutt’intorno i paggi si prodigano a servire i due commensali. La
collocazione della scena sotto la tenda di un accampamento, la bellezza della figura femminile (che si coglie anche attraverso i rapidi schizzi) e l’ambientazione notturna suggeriscono si tratti della rappresentazione del banchetto di Giuditta e Oloferne, secondo quanto narrato dalla
Bibbia (Giuditta, 12, 10-20).
Elementi come la pedana sopraelevata, il levriero, le forme allungate
dei personaggi, le fogge di certi abiti con colletti molto alti autorizzano
l’inserimento del foglio nel corpus grafico di Francesco Lorenzi. I caratteri tecnico-stilistici e l’alto livello qualitativo inducono a datare il
disegno all’ottavo decennio, forse dopo le prove grafiche prese in esame nelle schede precedenti. Se consideriamo soprattutto i dipinti a olio
eseguiti nello stesso giro di anni – dalla pala per Santa Caterina a Venezia alla Comunione di San Luigi per Gardone Val Trompia, alla Madonna e santi della parrocchiale di Pastrengo, solo per citare qualche
esempio – colpisce soprattutto la differenza tra la conduzione veloce e
compendiaria dei disegni e la stesura smaltata e rifinita delle opere
pittoriche.L’esemplare in esame, in cui l’artista ha sfruttato al massimo il bianco della carta, ottenendo forti contrasti luministici, consente
tra l’altro di recuperare al catalogo di Lorenzi un altro foglio del Museo
di Castelvecchio, raffigurante l’Immacolata Concezione (inv. 12631 2B
91) e caratterizzato dai medesimi esiti stilistici.
La vicenda di Giuditta e Oloferne era stata affrontata da Lorenzi anche
in un’altra occasione, in un dipinto di circa un decennio prima, con
l’Arrivo di Giuditta al campo di Oloferne (Casa d’aste Geri, Milano, 30
aprile - 10 maggio 1934, n. 244 B). In entrambi i casi l’artista, con tipica sensibilità settecentesca, evita di mettere in scena il momento culminante della decapitazione che tanto successo aveva ottenuto presso
i tenebrosi seicenteschi, e sottolinea invece l’eleganza e il fascino della
protagonista femminile: decantato ogni particolare truce e sgradevole,
trionfano la grazia e la raffinatezza. [Andrea Tomezzoli]
91.
Benigno Bossi
Arcisate (Varese) 1727 - Parma 1792
Allegoria
1783
Penna e inchiostro nero, acquerello bruno e ocra con lumeggiature
a biacca su carta bianca preparata avorio, controfondato, mm 202
X 264
Iscrizioni: in alto a destra, a penna, P[er] Milano.
/ 47.52.38.16.88. / .dccc.lxxxiii.
Filigrana: aquila e lettere SG
Inventario: 12664 2B 140
indice
Per questo curioso soggetto già un’iscrizione sull’antico supporto, ora
non più riscontrabile seppur malamente trascritta nell’inventario di
museo come “Ben. Rossi inv. e dis. - Prof. a Parma”, suggeriva un’indicazione attributiva all’attività di Benigno Bossi, professore di ornato
all’Accademia di Parma dal 1766. L’autografia è ora senza dubbio
confermabile per confronto con un singolare gruppo di fogli della collezione Ortalli alla Biblioteca Palatina di Parma (Cirillo, Godi 1991, pp.
176-188, nn. 272-293), un repertorio rivelatore delle composite esperienze figurative di Bossi, che riesce a mescolarvi con sorprendente
coerenza eleganze parmigianinesche a tematiche desunte dagli incisori
olandesi, a innegabili echi francesi nel gusto dell’architetto di corte
Petitot, ma soprattutto dei veneziani, da Piazzetta ai Tiepolo. E non a
caso, secondo quest’ultima opzione, a Verona evidentemente più riconoscibile, il foglio era stato a lungo accostato in collezione al gruppo
dei disegni del più tiepolesco degli artisti locali, Francesco Lorenzi,
mentre non esula da semplici assonanze tecniche e cromatiche l’indicazione a Louis Dorigny suggerita dubitativamente da Gian Lorenzo
Mellini sulla cartella che contiene il disegno. Ma è in particolare col
foglio con Le tentazioni di Sant’Antonio della Biblioteca di Parma
(Cirillo, Godi 1991, pp. 187-188, n. 291) – tema a lungo rivisitato dall’artista, come nel disegno firmato e datato al 1785 del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (inv. 19826 F) – che le analogie si spingono
all’apertissima identità di modi tecnici e di cromie, di tipologie
fisiognomiche, dell’uso di applicazioni sul foglio per pentimenti e variazioni, e soprattutto per una generale componente ironica con cui
tratta tematiche notturne e mostruose o scene di stregoneria, oggetto
di alcune acqueforti dei primi anni ottanta. L’esito è qui prossimo psicologicamente ai Capricci di Giambattista Tiepolo, ripubblicati con tutto il catalogo inciso tiepolesco nel 1778, piuttosto che a visioni oniriche
e preromantiche alla Füssli – che pure poteva avere incontrato
a Parma in suo soggiorno del 1779 – e il sonno non porta alle
fanciulle incubi quanto dei numeri da giocare al lotto.
Seguendo le caratteristiche del foglio veronese, al catalogo di
Bossi disegnatore, certo l’aspetto meno indagato della sua produzione, si è qui in grado di aggiungere, per innegabili analogie
tematiche e stilistiche, pure due opere passate ultimamente sul
mercato: una variante delle Tentazioni di Sant’Antonio di Parma (Sotheby’s, Londra, 22 giugno 1982, come seguace di Cades)
e un’Allegoria dell’Abbondanza (Christie’s, Londra, 6 dicembre 1988), assegnata a J.-J.-F. Le Barbier. [Giorgio Marini]
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95.
Marco Marcola
Verona 1740-1793
Corteo del “Bacanal del gnoco”
Penna, inchiostro nero, acquerello bruno e nero e biacca su carta
preparata seppia, controfondato, mm 238 X 2500
Restauro: 1998
Inventario: 13175 2B 643
indice
Tra le prime commissioni importanti per il giovane Marcola, nel 1771,
è documentato l’incarico da parte del conte Carlo Allegri di affrescare
con Giorgio Anselmi il suo palazzo di San Nazaro a Verona, nella cui
loggia verso il giardino, da tempo chiusa, egli dipinse un “Bacanal del
gnoco”, ora staccato e disperso, che doveva essere il più riuscito dei
suoi lavori e come tale è ricordato dalle fonti (De Landerset Marchiori
1974, p. 291). In rapporto a questo tema, che il pittore svolgerà in molte altre sue opere, o più probabilmente per la rappresentazione del
Baccanale affrescato nella Villa Canossa a Grezzano di Mozzecane,
Marcola realizzò questo disegno, a lui attribuito già negli inventari della collezione di Andrea Monga, che lo conferma come la figura più popolare e pittoresca del Settecento veronese. L’invenzione, freschissima, è un piccolo capolavoro di tecnica narrativa, con un’abile “messa
in sequenza” dei vari momenti del corteo ritmati da singoli episodi di
collegamento, in quella che è forse la più vivace e riuscita cronaca visiva del carnevale veronese. Lo spazio è compresso dalla visione dal basso contro una profondità suggerita al margine superiore solo dalle bandiere, che scandiscono la composizione contro il colore neutro del fondo. La sfilata, chiusa da un lato dalla carrozza del podestà, scortata
dalle milizie a cavallo, è aperta dall’altro dalla marcia di portabandiere
e tamburini, evocando immagini di grande modernità e certo più di
rivolta popolare che di festa.
Pittore tecnicamente trascurato e artigianale, insofferente dei vincoli
accademici, Marcola sembra dare il meglio di sé in queste composizioni realizzate di getto, con un effetto grafico e materico a metà strada
tra la sinopia e il monocromo. La stessa iconografia è rubata ai fregi
con trionfi classici e calata nel più popolare e plebeo carnevale senza
un particolare scarto stilistico, con esiti vicinissimi a un simile foglio
con Fregio con sacrificio, anonimo presso il Fogg Art Museum di
Cambridge, Mass. (inv. 1951.98), ma da riferire senza riserve a Marcola.
[Giorgio Marini]
102.
Giuseppe Bernardino Bison
Palmanova (Udine) 1762 - Milano 1844
Gruppo di figure
Penna e inchiostro bruno su traccia di matita su carta bruna, mm
270 X 184
Iscrizioni: in basso a destra, a penna, Bison
Inventario: 12353 2B 33
indice
La vastissima produzione grafica di Bison, forse il disegnatore più interessante dell’estremo Settecento veneziano, rimane ancora aperta a
una sistemazione critica, nonostante la sua facile riconoscibilità e gli
ormai numerosi interventi storiografici, anche recentissimi (Magani,
Pavanello 1996; Magani 1997), per la persistente difficoltà di precisarne una cronologia interna.
Anche i due fogli di Castelvecchio non sembrano assolvere la funzione
di elaborati preparatori per una redazione pittorica, per rivelarsi piuttosto esercizi di quella straordinaria capacità inventiva che caratterizza la prolifica attività di disegnatore dell’artista friulano – mai peraltro
ripetitiva –, e che ha dei paralleli innegabili con l’impegno grafico dei
Tiepolo o di Francesco Guardi. Questo piccolo gruppo di figure, dove
l’immediatezza del tratto di penna è tuttavia rapidissima ripresa di un
sottostante segno a matita, ha dei possibili paragoni compositivi in
analoghi soggetti come i Quattro contadini in conversazione delle Civiche Raccolte del Castello Sforzesco di Milano (Rizzi 1962, n. 89) o
nelle Due contadine e un musico del Museo Correr a Venezia (inv. 1814;
Pignatti 1980, n. 39), entrambi peraltro di più aperta ascendenza
tiepolesca. Se tuttavia lo spirito è ancora del Capriccio settecentesco, è
probabile che il foglio, col suo compagno alla scheda seguente, vada
riferito cronologicamente ben dentro il nuovo secolo. [Giorgio Marini]
110.
Pietro Maria Ronzoni
Sedrina (Bergamo) 1781 - Bergamo 1862
Quercia ad Affi
Matita nera su carta avorio, mm 398 X 278
Iscrizioni: in basso a destra, a matita nera, in corsivo,
Affi
Filigrana: illeggibile
Inventario: 30887 2C 2142
indice
Il gruppo di dieci fogli – con quelli descritti nelle due schede seguenti
acquistato di recente dai discendenti di Daniele Farina, nipote dell’artista – rappresenta un’inedita testimonianza figurativa del lungo soggiorno veronese di Pietro Ronzoni, ricco di fortunati riscontri presso la
committenza locale e insieme momento di affermazione internazionale in occasione del congresso del 1822. Invitatovi dal podestà, conte
Giambattista da Persico, durante un suo passaggio per Bergamo nel
1814, Ronzoni si era trasferito infatti a Verona nel marzo seguente per
trattenersi, in quella che definì la sua “seconda patria”, fino al 1824
con una produzione decisamente improntata alla pittura di paesaggio.
Le sue vedute veronesi, intensamente studiate su taccuini che inaugurarono per la città una tradizione ottocentesca di appunti di viaggio –
con esiti destinati a estendersi sino ai reportages grafici di Ruskin e
Mackintosh – fondevano in pari misura la tradizione vedutistica settecentesca con il disegno architettonico neoclassico, con un’esplicita incidenza sul definirsi di un filone paesaggistico a Verona nel corso dell’Ottocento.
Il ruolo del suo periodo veronese nell’affermazione professionale del
giovane artista – alternando già il rapporto privilegiato col suo mecenate
da Persico alle commissioni che, auspici il conterraneo Quarenghi o
ufficiali austriaci, gli arrivano ormai da Russia, Baviera, Austria e Inghilterra – è esplicitato nel 1817 dalla rara corrispondenza con l’amico
Giuseppe Diotti, insegnante all’Accademia Carrara, cui rivela l’importanza del rapporto coi suoi committenti locali, i da Persico e i Mosconi,
e riporta il successo di una mostra delle sue opere tenuta il giorno del
Corpus Domini forse presso la locale Accademia, con numerose vedute di Verona con Castelvecchio, il Ponte delle Navi, i castelli diroccati.
Il facile successo di questo elegante vedutismo di impianto classicista
riposa nella contemporanea qualità topografica della sua ripresa otti-
ca, dove aveva potuto aggiornare in un tirocinio romano lo studio del paesismo seicentesco sulla pittura dei fiamminghi
Hendrik Voogd e Martin Verstappen, o nei contatti col francese François Granet. Era stato infatti il giovanile soggiorno a
Roma, dove il padre lo aveva accompagnato nel 1800 e dove sei
anni dopo Canova ne elogiava le capacità pittoriche, a offrirgli
la rivelazione del “paesaggio eroico” nella tradizione di Lorrain
e Poussin, che risulterà condizionante per l’artista bergamasco.
Alla luce dorata della campagna romana, appassionatamente
indagata nei suoi aspetti atmosferici contingenti dai pittori della
metà del Seicento, sostituirà però una materia cromatica che
declina una gamma di tinte più fredde, di impronta neoclassica.
Il segno grafico, che discende da quello di Quarenghi ma conosce possibili raffronti tecnici pure con certo paesaggismo degli
anni maturi di Giani, viene esercitato da Ronzoni in numerosi
taccuini di cui questi fogli sono una testimonianza per certi versi
inattesa. Accomunati dalle simili caratteristiche formali delle
tecniche grafiche e dei supporti, essi costituiscono infatti una
sorprendente campionatura presa dal vero di tipologie della
vegetazione dell’immediato entroterra veronese del Garda, registrando puntualmente nella loro immediatezza le località delle
“riprese” – Affi, Incaffi, Costermano, prossime tutte alla residenza estiva del suo mecenate da Persico – salvo poi smentirne il carattere contingente calandole spesso in contesti pittorici trasfigurati da un’atmosfera d’Arcadia, dove ogni riferimento topografico si stempera nella classicità senza tempo dell’impianto paesistico. [Giorgio Marini]
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126.
Domenico Quaglio
Monaco 1787 - Hohenschwangau (Baviera) 1837
Veduta del Ponte di Castelvecchio a Verona
1829 circa Matita nera su carta, mm 470 X 797
Iscrizioni: in basso a destra, a matita nera, in corsivo, Verona;
in basso a sinistra DQ; al verso D Quaglio
Filigrana: C & P Honig
Restauro: 1999
Inventario: 30631 2C 2127
indice
Domenico Quaglio appartenne a una numerosa famiglia di artisti di
origine ticinese stabilitisi a Monaco verso la fine del Settecento, specializzati in pittura prospettica e in scenografia. Educato dal padre Giuseppe, scenografo alla corte bavarese, iniziò giovanissimo una fortunata attività artistica che lo portò nel 1808 alla nomina ufficiale a pittore di corte per le scene architettoniche. Fu incisore e litografo, con
una produzione a tema topografico e architettonico di rapido successo.
Con le tematiche medievali e le architetture gotiche che popolano molte delle sue raccolte incisorie è in qualche modo in rapporto anche questo disegno, dove Quaglio riprende il profilo del ponte e del castello
scaligero, e poi veneziano, trasformato in caserma difensiva e arsenale
fortificato sotto il dominio austro-ungarico. Un termine cronologico di
riferimento per l’esecuzione del foglio è l’avvenuto restauro del ponte,
terminato nel 1824 secondo il progetto del capitano del Genio austriaco Ignaz Torök con la ricostruzione dei merli demoliti durante l’occupazione francese, mentre le torri del castello vi compaiono ancora abbassate dall’intervento di smilitarizzazione attuato dalle truppe francesi, dato che saranno completate solo col ripristino architettonico degli anni venti di questo secolo, in occasione della destinazione museale
del complesso scaligero. Un disegno di identico soggetto risulta elencato nel diario che Quaglio raccolse nel suo viaggio in Italia del 1829
(Trost 1973, n. VZ 70), ma in rapporto con esso non risultano opere
note.
La veduta è presa da un accesso al fiume in prossimità di Palazzo
Canossa e lascia, come nei quadri in cui pure Bellotto riprese
Castelvecchio, protagonisti il cielo, il fiume, e le luci mutevoli che vi si
riflettono. La basilica di San Zeno, che certo doveva rientrare negli interessi architettonici dell’artista, vi è posta al sommo di un’improbabile altura, per renderla visibile oltre i merli del ponte. La quadrettatura
di riporto sembra indicare per il foglio un utilizzo preparatorio per una
litografia, o più probabilmente per una piccola tela, di cui peraltro non
restano riscontri precisi. [Giorgio Marini]
143.
Giovanni Segantini
Arco (Trento) 1858 - Schafberg (Svizzera) 1899
Signora con ventaglio
Matita e carboncino su carta bianca, mm 331 X 234
Iscrizioni: in basso a destra, a matita rossa, a G. Rovetta ricordo
/ di G. Segantini
Inventario: 19962 2C 1281
indice
Come il disegno precedente, anche Signora con ventaglio è stato donato da Segantini allo scrittore bresciano, ma di origini veronesi,
Gerolamo Rovetta, romanziere e commediografo di successo alla fine
del secolo. I due fogli segantiniani sono quindi passati nella collezione
del commediografo, critico e regista teatrale Renato Simoni (Verona
1875 - Milano 1952), che con Rovetta fu anche in rapporto epistolare
tra il 1891 e il 1907. I legami tra i due uomini di teatro, milanesi d’adozione, sono confermati dal discorso commemorativo dell’amico pronunciato dal veronese e dalla sua prefazione a Dramatis personae di
Rovetta (Milano 1920). Simoni, che aveva condiviso la giovinezza con
il pittore Angelo Dall’Oca Bianca e con il poeta dialettale Berto
Barbarani, mantenne per tutta la vita uno stretto legame con la città
natale. Alla sua morte la biblioteca, l’archivio e gran parte della sua
collezione passarono al Museo Teatrale alla Scala; ma il lascito interessò anche i Musei Civici veronesi che nel 1953 si arricchirono di una
“serie di piccoli dipinti, di gusto ancora tardo ottocentesco, che bene
esprime le preferenze di un tranquillo collezionista” (Marinelli 1994a,
p. 168), di tre disegni di Dall’Oca Bianca e di questi due preziosi fogli
segantiniani.
Signora con ventaglio è un’opera decisamente insolita nella produzione di Segantini, in cui sono molto rari tanto i ritratti quanto i soggetti mondani (bisogna risalire al 1880 e al Ritratto della signora Torelli
per ritrovare nell’artista un’attenzione così spiccata per la “vita moderna”). La languida figura muliebre, colta mentre sorride maliziosa
oltre il grande ventaglio, può ricordare analoghi soggetti di eleganze
salottiere, che hanno reso famosi gli artisti italiani trasferitisi a Parigi,
De Nittis, Zandomeneghi e Boldini, anche se l’atmosfera di questo foglio è più intima e rarefatta per l’effetto sfumato e vaporoso del disegno, intriso di luce.
Non è escluso che Segantini, che svolse anche un’attività di illustratore,
si fosse qui ispirato a pagine della letteratura contemporanea, come i
romanzi dello stesso Rovetta o a quelli della scrittrice Neera con cui fu
in stretto rapporto. [Diego Arich de Finetti]
149.
Mario Sironi
Sassari 1885 - Milano 1961
Utilizzato su entrambi i lati, il foglio presenta al recto un interessante
studio di donna che si sveste, motivo frequente nell’opera di Sironi ed
evocato nel corso del tempo nelle più varie accezioni. Stilisticamente,
in ambito grafico, per la maniera ricorrente di trattare la figura femminile in linee più morbide e rotondeggianti, Baldacci e Cavallo hanno di
recente proposto un riferimento cronologico agli anni quaranta del
secolo, datazione che sembra adeguata anche per il disegno in esame
(Baldacci, Cavallo 1993, p. 70). La postura del nudo femminile con le
braccia tese in alto sembra tuttavia aver interessato l’artista già in precedenza, come nel celebre dipinto a olio con La Vergine delle rocce del
1927 (ora in collezione privata a Milano), o nel Nudo a matita e tempera (pure in collezione privata milanese), dalle forme più squadrate (Traversi 1968, n. 90).
Il foglio presenta sul verso due figure riprese l’una frontalmente, l’altra di spalle, definite da un segno compendiario e morbido, anch’esse
collocabili nel corso degli anni quaranta. [Flavia Pesci]
Nudo femminile
1940-1949 circa
Matita nera e carboncino su carta avorio, al verso penna e inchiostro bruno, mm 312 X 216
Iscrizioni: al recto in basso a destra SIRONI
Restauro: 1999
Inventario: 22526 2C 1484
indice
153.
Gino Severini
Cortona (Arezzo) 1883 - Parigi 1966
La famiglia del pittore
1936 circa
Penna e inchiostro di china nero su carta avorio, mm 320 X 236
Iscrizioni: in basso a destra G. Severini
Restauro: 1999
Inventario: 23642 2C 1933
indice
Lontani ormai gli anni della “joyeuse anarchie futuriste”, in pieno clima “novecentista”, Severini fonda ora la propria ricerca sui valori di
simmetria, stilizzazione arcaizzante, geometrismo. Il ritorno in Italia,
tra il 1935 e il 1946, vede infatti il suo massimo impegno sul versante
del grande ritratto, testimoniato nella bella serie di ritratti di famiglia
e soprattutto nelle tre tele con La madre e la figlia del 1935 (Parigi,
Musée National d’Art Moderne - Centre Georges Pompidou),
l’Autoritratto del 1936 (Firenze, Palazzo Pitti) e la tela coeva con La
famiglia del pittore. A quest’ultimo dipinto, conservato al Musée des
Beaux-Arts di Lione, si collega il disegno in esame, che vi corrisponde
fin nei dettagli. L’accentuato schema piramidale, come in un perfetto
organismo trinitario ricorrente nei ritratti a tre figure, coincide con gli
ideali armonici e simmetrici promossi dall’artista anche nei suoi scritti
teorici. A questa salda impostazione spaziale si affianca la resa del particolare che caratterizza le figure, non solo nel gusto per l’ornamento e
nei gioielli delle due donne, ma anche negli attributi che ne connotano
la personalità, come il libro che la figlia Gina tiene in grembo, segno
della sua fortunata attività di rilegatrice d’arte, per cui l’anno seguente, nel 1937, sarebbe stata premiata all’Esposizione Universale di Parigi.
Il disegno venne acquistato dal Museo di Castelvecchio nel 1971 dal
gallerista bresciano Giorgio Dati, a sua volta proveniente dagli eredi di
Giovanni Scheiwiller di Milano. Il foglio era stato due anni prima autenticato dalla moglie Jeanne, che lo definì in quell’occasione preparatorio al quadro di Lione (lettera del 10 giugno 1969). In realtà il disegno, nel piccolo formato e così diverso nella resa grafica incerta rispetto alla precisione geometrica e alla nettezza lineare di quegli anni, sembra piuttosto derivato dal dipinto. Prototipi più calzanti, elaborati in
fase di studio preliminare, risultano invece il foglio con il Doppio ri-
tratto di Gino e Jeanne Severini, realizzato in matita su carta
da spolvero intorno a quello stesso 1936, e in particolare una
fotografia dell’artista che tiene fra le mani il piccione Don
Glouglou, utilizzata sia nell’Autoritratto di Palazzo Pitti che nel
dipinto di Lione (Pacini 1986, n. 24). Un’ulteriore fotografia,
seppure con varianti, conferma il processo creativo di Severini
che presuppone per l’autoritratto una sorta di ripresa “dal
vivo”, forse abbinato all’utilizzo dello specchio, per la posizione ribaltata di alcuni particolari. [Flavia Pesci]
indice
L’aver sostenuto la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio artistico dei Musei Civici di Verona è, per la Regione del
Veneto, motivo di grande orgoglio. Non solo per l’impegno
amministrativo, che in ottemperanza ai compiti previsti dalla
legge sostiene le attività dei musei del territorio, ma anche perché vediamo oggi compiersi, con l’iniziativa del Museo di
Castelvecchio, un lungo lavoro di ricognizione e di ricerca relativo alle collezioni grafiche. L’occasione di una mostra d’arte
rappresenta sempre un’importante tappa nella verifica delle
metodologie d’indagine, delle nozioni storiche che ne presuppongono l’idea iniziale e della successiva divulgazione dei contenuti, ma senza dubbio acquista particolare risalto quando a
essere coinvolte sono le stesse raccolte museali Il museo oggi
non è più la struttura che a molti in passato poteva apparire
convenzionale, il luogo “ingessato” della conservazione del patrimonio artistico e culturale, da tenere a distanza di sicurezza
per non avvicinarsi troppo a quell’appartato e per niente produttivo ambiente. Oggi i fatti dimostrano come l’istituzione
museale, oltre a essere sempre più recepita nel valore di una
&retta testimonianza della cultura di un luogo - a maggior ragione per le realtà civiche - abbia raggiunto negli ultimi tempi
un ruolo preminente nella cultura della nostra regione. Abbiamo ormai a disposizione dei dati importanti in proposito, che
per la natura del nostro intervento ci consentono di avvicinare
meglio le realtà museali del territorio veneto. Essi tendono a
dimostrare come siano ancora presenti e vivaci i contenuti della tradizione e come, d’altro canto, sia tutta “moderna” la coscienza di volerli conoscere e tramandare, siano essi legati alla
cultura antropologica, materiale o storico-artistica. È una ricerca conoscitiva del fenomeno che, per quanto ci riguarda, trova in questo momento tutto lo spazio possibile e, crediamo,
indice
anche la sua piena legittimità nello sperimentare le forme di
indagine e di comunicazione più aggiornate. Queste ultime sono
motivate dal punto fermo della valorizzazione del bene culturale - e, dunque, muovono dalle indicazioni provenienti dagli
operatori impegnati nel campo di una più efficace gestione -,
della formazione di specifiche professionalità e, più in generale, dal principio di promozione museale. Varrà la pena di ricordare come in questa fase estremamente dinamica del contesto
istituzionale del paese sia da sorvegliare con particolare riguardo il ruolo strategico che i musei verranno a svolgere, così come
appare dai contenuti del decreto legislativo n. 112 del 31 marzo
1998 riguardante il “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti locali”, e quindi dal conseguente compito di coordinamento e di indirizzo che
la Regione sarà chiamata a svolgere in rapporto ai beni culturali e ai musei. Se l’aggiornamento della normativa regionale
in materia museale dovrà essere necessariamente affrontato,
la collaborazione esistente con gli enti competenti del territorio non potrà che dare dei buoni risultati, come appare oggi
concretamente con l’iniziativa di Castelvecchio. La pubblicazione dei dati e delle ricerche nel presente catalogo rappresenta l’atto conclusivo di anni di lavoro che, anche grazie al contributo della Regione dei Veneto, ha consentito di inventariare e
studiare oltre tremila disegni delle civiche raccolte veronesi,
dando un decisivo significato all’attività di catalogazione quale
imprescindibile momento di conoscenza del patrimonio culturale. Le varie operazioni, senza dubbio lente per la messa a
punto delle metodologie e per gli spazi di elaborazione di schede aggiornate, possono richiamare alla mente dei criteri antichi di esplorazione, in cui la direzione del museo e il personale
tecnico-scientifico impegnati a portare in fondo l’iniziativa, si
sono assunti in parti diverse i carichi amministrativi, la messa
a punto dei necessari riscontri nell’individuare e studiare ogni
singola opera negli aspetti materiali e stilistici, in modo da of-
frire al pubblico di studiosi e appassionati l’esatta consistenza
di tale patrimonio conservato nei locali del nuovo Civico Gabinetto di Disegni e Stampe nel castello scaligero. Promuovere
l’organizzazione di simili iniziative, per la Regione significa riconoscerne la rilevante importanza culturale e in più favorirne
la valorizzazione e la fruizione pubblica. Crediamo che tutte
queste condizioni si siano verificate a Verona, non solo nella
conferma della piena collaborazione con gli organi di tutela,
qual è la competente Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici del Veneto, ma soprattutto perché da tempo l’indirizzo del
Museo Civico di Castelvecchio è segnato dalla conoscenza aggiornata delle proprie collezioni e della loro valorizzazione.
Basterà ricordare le occasioni pubbliche di maggiore impatto,
come la rassegna dello scorso anno dedicata a “Cento opere per
un grande Castelvecchio”, in cui è stato possibile portare l’attenzione su dipinti di prim’ordine normalmente conservati nei
depositi, o, per rimanere all’ambito della grafica, l’importante
collaborazione con il massimo museo francese, il Louvre, approdata nel 1993 alla mostra congiunta dei “Disegni Veronesi”.
Già da questi dati recenti, che tralasciano passate ricerche confluite in esposizioni rilevanti per gli studi e per il pubblico, appare del tutto evidente come la promozione di un museo affondi le sue radici nella progettualità, attraverso la quale è indispensabile decifrare la storia e la natura delle collezioni cui riservare lo spazio necessario per essere studiate a fondo e valorizzate entro quei limiti insormontabili costituiti dalla loro tutela conservativa. In tal senso la catalogazione si dimostra, almeno
per quanto attiene alla fase preliminare della ricerca, ancora lo
strumento scientifico più caratterizzato nell’individuazione e
nell’indagine conoscitiva dell’opera. La mostra ha il compito di
mettere in piena luce una selezione di disegni tra i più rappresentativi della fiorente stagione artistica veronese, ma non tralascia di documentare in catalogo quello che ha rappresentato
lo sforzo -forse più oscuro ma non per questo di minore risalto
- più diretto ed efficace sul piano della registrazione dei dati
tecnici e scientifici. Appare infatti rilevante la scelta di documentare l’intera consistenza del patrimonio dei disegni nell’elenco finale del catalogo che, diviso per generi (soggetti sacri
e profani, cartografia, vedute, ornati e scenografie ... ),fornirà
un primo supporto agli studiosi per individuare i fogli nella
loro attuale inventariazione e nel loro ambito culturale di appartenenza. Per favorire l’approccio a tale ricchezza di informazioni, la collaborazione con il Museo di Castelvecchio porterà all’inserimento delle schede di catalogazione nella banca
dati regionale e all’elaborazione di un sistema di ricerca informatica che consentirà il diretto approfondimento delle informazioni tecnico-scientifiche. Senza dubbio in tale contesto si
potranno sviluppare le più aggiornate metodologie di informazione, tali da favorire un migliore accesso alla conoscenza del
patrimonio culturale dei musei del Veneto. Nel caso di
Castelvecchio, la messa a punto di nuove fonti di divulgazione
di opere edite e inedite comprese nella cospicua raccolta di disegni appare già matura per apprezzarne l’impegno culturale.
Angelo Tabaro
Direttore Regionale della Direzione Cultura
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Elenco dei disegni in collezione
DISEGNI FIGURATIVI
Avvertenza
SOGGETTO PROFANO
Il seguente elenco dei disegni conservati nel
Gabinetto Disegni e Stampe del Museo di
Castelvecchio si basa sulla schedatura di
inventariazione conclusa nel dicembre 1998 e
finanziata dalla Regione Veneto. Allo scopo di
facilitare un primo approccio al materiale grafico
delle collezioni civiche, questa appendice al
catalogo presenta una soggettazione di massima dell’intero fondo suddivisa nelle due grandi
categorie Disegni figurativi e Disegni non figurativi; all’interno della prima sono stati individuati
gruppi e sottogruppi in una struttura ramificata
che dalla voce più ampia scende via via a distinguere temi più specifici. Non sempre è stato
possibile mantenere questa rigida scansione,
come nel caso degli album miscellanei. Il termine Accademia / anatomia raggruppa non solo i
disegni di nudo ma anche studi di panneggio,
copie da calchi in gesso e dall’antico, insomma
tutti i fogli con evidenti caratteri di esercitazione. Per alcuni disegni si è rivelata ambigua e
limitativa la netta distinzione tra diversi campi;
talvolta, quando possibile, si è preferito mantenere uniti i disegni di uno stesso artista che
formano un nucleo omogeneo. Viceversa, la
prevalenza dell’elemento urbano o lo specifico
carattere topografico hanno suggerito di collocare alcuni paesaggi fra le Vedute di Verona. Tutte
12339 2B 19v-12342 2B 22r/v
Carlo Urbino
(circa 1510/1520 - post 1585)
12344 2B 24
Carlo Urbino
(circa 1510/1520 - post 1585)
12353 2B 33, 12354 2B 34
Giuseppe Bernardino Bison (1762-1844)
12370 2B 50
veneto XVIII secolo
12392 2B 72r
Marco Marcola (1740-1798)
12403 2B 18
Carlo Urbino
(circa 1510/1520 - post 1585)
12620 2B 80
Francesco Lorenzi (1723-1787)
12651 2C 127
Carlo Canella (1800-1879)
(album 34 fogli)
12652 2C 128
Carlo Canella (1800-1879)
(album 32 fogli)
SOGGETTO PROFANO
SOGGETTO SACRO
CAMPO APERTO
12653 2C 129
Carlo Canella (1800-1879)
(album 42 fogli)
12654 2C 130
Carlo Canella (1800-1879)
(album 31 fogli)
12655 2C 131
Giuseppe Canella (1788-1847) (?)
(album 36 fogli)
12656 2C 132/3r
Agostino Comerio (1784-1834)
12670 2B 146
Carlo Vimercati (circa 1660 - circa 1715)
12683 2B 159
Michelangelo Buonarroti (1475-1564),
copia da, XVI secolo
12707 2C 183r/v
Francesco Personi (1754-1843), attr.
12820 2B 296
italiano XVIII secolo
12824 2B 300v
italiano XVII secolo
12827 2B 303r
veronese XVIII secolo
queste situazioni sono state risolte di volta in
volta valutando le esigenze di una più agevole
consultazione del fondo.
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SOGGETTO PROFANO
12828 2B 304
veronese XVIII secolo
12834 2B 305
Federico Bencovich (1677-1753)
12895 2B 366
veneto XVII secolo
12835 2B 306
Antonio De Pieri, lo Zoppo
(1671-1751), attr.
12837 2B 308r
veneto XVIII secolo
12844 2B 315 B, 12845 2B 316 B
Remigio Cantagallina
(1582/1583-1656)
12848 2B 319
Pierino da Vinci (circa 1529-1553),
copia da, XVI secolo
12861 2B 332
veronese XVIII secolo
12864 2B 335-12866 2B 337
Pietro Nanin (1808-1889)
12868 2B 340
veneto XVIII secolo
12874 2B 345
Francesco Lorenzi (1723-1787), attr.
12876 2B 347
Gregorio Lazzarini (1655-1730)
12897 2B 368
Jacopo Negretti, Palma il Giovane
(1544-1628), attr.
12899 2B 370v
italiano XX secolo?
12904 2B 375
italiano XVII secolo
12905 2B 376
veronese XVIII secolo
12935 2B 406
veneto XVIII secolo
12945 2B 416-12946 2B 417r
Pietro Nanin (1808-1889)
12947 2B 418r/v, 12948 2B 419
Pietro Nanin (1808-1889)
12950 2B 421
Pietro Nanin (1808-1889)
12964 2B 435
Pietro Nanin (1808-1889)
12971 2B 442
italiano XVIII secolo
12975 2B 446
Antonio Campi (circa 1525-1587) (?)
13004 2B 475
italiano XIX secolo
13009 2B 479
italiano XVII secolo
13014 2B 484
Giovanni Benedetto Castiglione,
il Grechetto (1609-1665), attr.
13023 2B 492, 13024 2B 493
Domenico Dalla Rosa (1778-1834)
13035 2C 504
veronese XVIII secolo
13117 2C 585r
veronese XVIII secolo
13137 2B 605
Matteo Brida (1699-1774)
13159 2B 627
Pietro Rotari (1707-1762)
13164 2B 632v
veronese XVIII secolo
13206 2C 669v
Andrea Monga (1794-1861), attr.
13208 2C 671v
veronese XIX secolo
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SOGGETTO PROFANO
13864 2C 701
Giuseppe Berti (XIX secolo)
17409 2C 818
veronese XIX secolo
19891 2B 1231
veronese XVIII secolo
13869 2B 703
Nicolò Dell’Abate (circa 1509, o 1512-1571), maniera di
16276 2B 710r/v
veronese XIX secolo
17411 2C 820v, 17412 2C 821
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
19893 2B 1233
veronese XVIII secolo
22335 2C 1339-22346 2C 1350
Angelo Recchia (1816-1882)
17316 2C 725, 17317 2C 726r/v
Angelo Recchia (1816-1882)
17319 2C 728
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17323 2C 732
Angelo Recchia (1816-1882)
17325 2C 734r/v
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17328 2C 737
Angelo Recchia (1816-1882)
17348 2C 757
veronese XIX secolo
17373 2C 782, 17374 2C 783
veronese XIX secolo
17379 2C 788v
Angelo Recchia (1816-1882)
17399 2C 808
Angelo Recchia (1816-1882)
17413 2C 822
veronese XIX secolo
17424 2C 833
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
22365 2B 1323
Fabrizio Cartolari
(1720/1729-1816), attr.
17492 2C 841r/v
Angelo Recchia (1816-1882)
22394 2B 1352, 22395 2B 1353
Fabrizio Cartolari (1720/1729-1816)
17528 2C 845
Angelo Recchia (1816-1882)
(album 48 fogli)
22523 2C 1481
Mario Sironi (1885-1961)
17557 2C 874v
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17701 2C 985v
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
19329 2C 1163
Gambaretto (XX secolo)
19687 2C 1218
Cirinnà (?) (notizie dal 1942)
19709 2C 1219
Tullio Aschieri (1908 - post 1948)
19890 2B 1230
veneto XVIII secolo
22525 2C 1483-22528 2C 1846r/v
Mario Sironi (1885-1961)
22617 2C 1575v
italiano XIX secolo
22890 2C 1848
Roberto Carraroli (1912-1959)
22900 2C 1858, 22901 2C 1859
Goretti (XX secolo)
22904 2C 1862
Amedeo Dino Lonardi (1919)
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SOGGETTO PROFANO
22906 2C 1864
Bergeto (XX secolo)
32187 2C 2813
Angelo Recchia (1816-1882)
12720 2C 196v
Francesco Personi (1754-1843), attr.
22908 2C 1868
Vincenzo Puglielli (1912-1966)
Accademia / anatomia
12748 2B 224
Francesco Personi (1754-1843), attr.
22909 2C 1867
Ceruti (notizie dal 1847)
22910 2C 1868, 22911 2C 1869
Vittorino Bagattini (1908-1983)
23514 2C 1877
Fortunato Depero (1892-1960)
23532 2C 1882-23564 2C 1914
Angelo Recchia (1816-1882)
23565 2C 1915
Angelo Recchia (1816-1882)
(album 24 fogli)
23635 2C 1933v
veronese fine XIX - inizio XX secolo
25185 2C 1940, 25186 2C 1941
Carlo Scarpa (1906-1978)
25508 2B 2024v
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
30607 2B 2105v
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
30895 2C 2150r/v
Angelo Recchia (1816-1882)
3737 3B1960
Giacomo Franco (1550-1620),
copia da, XVII secolo
4180 2B 101v
Annibale Carracci (1560-1609),
copia da, XVII-XVIII secolo
12347 2B 27r/v
Carlo Urbino
(circa 1510/1520 - post 1585)
12641 2B 121
Antonio Balestra (1666-1740)
12643 2B 105
Giambettino Cignaroli (1706-1770)
12656 2C 132/1-2
Agostino Comerio (1784-1834)
12703 2B 179
Francesco Personi (1754-1843)
12715 2C 191, 12716 2C 192
veronese XVIII secolo
12718 2C 194
veronese XVIII secolo
12827 2B 303v
veronese XVIII secolo
12850 2B 321
italiano XVI secolo
12854 2B 325
toscano XVI secolo
12869 2B 340-12873 2B 344
veneto XVIII secolo
12875 2B 346
Francesco Lorenzi (1723-1787)
12886 2B 357
toscano XVI secolo
12888 2B 359
italiano XIX secolo
13031 2C 500
Giovanni Fracasso (notizie dal 1808
al 1847), attr.
13032 2B 501
Francesco Lorenzi (1723-1787)
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SOGGETTO PROFANO
13033 2C 502
veronese XIX secolo
13117 2C 585v
veronese XVIII secolo
13143 2B 611
veronese XVIII secolo
13034 2C 503
veronese XIX secolo
13118 2C 586
Paolino Caliari (1763-1835)
13207 2C 670, 13208 2C 671r
Andrea Monga (1794-1861)
13043 2B 512, 13044 2B 513
veronese XVIII secolo
13119 2C 587
veronese XIX secolo
16281 2C 715
veronese XIX secolo
13046 2B 514-13056 2B 524
veronese XVIII secolo
13059 2B 527
veronese XVIII secolo
13120 2C 588
veronese XVIII-XIX secolo
17315 2C 724
Angelo Recchia (1816-1882)
13060 2B 528
Antonio Bonacina (XVIII secolo)
13089 2B 557, 13090 2B 558
Louis Dorigny (1654-1742)
13093 2C 561
veronese XVIII-XIX secolo
13111 2C 579
italiano XVIII secolo
13121 2B 589
veronese XIX secolo
13122 2B 590
veronese XVIII-XIX secolo
13123 2C 591
veronese XIX secolo
13124 2C 592
Giovanni Fracasso (notizie dal 1808
al 1847)
13112 2B 580
Saverio Dalla Rosa (1745-1821)
13126 2B 594
Felice Cappelletti
(circa 1698 - post 1738)
13113 2B 581
Giambattista Tiepolo (1696-1770)
13138 2B 606
bolognese XVIII secolo
13114 2C 582-13116 2C 584
Paolino Caliari (1763-1835)
13140 2B 608-13142 2B 610
Matteo Brida (1699-1774)
17318 2C 727
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17326 2C 735v
Angelo Recchia (1816-1882)
17329 2C 738, 17330 2C 739r/v
Angelo Recchia (1816-1882)
17336 2C 745-17338 2C 747
Angelo Recchia (1816-1882)
17352 2C 761-17355 2C 764
Angelo Recchia (1816-1882)
17357 2C 766
Angelo Recchia (1816-1882)
17368 2C 777r
veronese XIX secolo
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SOGGETTO PROFANO
17370 2C 779
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17571 2C 888
veronese XIX secolo
17661 2C 1045
Angelo Recchia (1816-1882)
17572 2C 889-17577 2C 894
Angelo Recchia (1816-1882)
17667 2C 951-17671 2C 955
Angelo Recchia (1816-1882)
17578 2C 895
veronese XIX secolo
17673 2C 957-17701 2C 985r
Angelo Recchia (1816-1882)
17579 2C 896-17582 2C 899r
Angelo Recchia (1816-1882)
17702 2C 986-17704 2C 988
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17583 2C 900-17587 2C 904
Angelo Recchia (1816-1882)
17706 2C 990
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17588 2C 905-17596 2C 913
veronese XIX secolo
17708 2C 992-17711 2C 995
Angelo Recchia (1816-1882)
17597 2C 914-17599 2C 916
Angelo Recchia (1816-1882)
17712 2C 996r/v, 17713 2C 997
veronese XIX secolo
17602 2C 919-17619 2C 936
Angelo Recchia (1816-1882)
17715 2C 999r/v-17723 2C 1007
veronese XIX secolo
17621 2C 938-17625 2C 942
Angelo Recchia (1816-1882)
17725 2C 1009-17760 2C 1044
Angelo Recchia (1816-1882)
17626 2C 943v
veronese XIX secolo
17762 2C 1046-17820 2C 1104
Angelo Recchia (1816-1882)
17627 2C 944
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17939 2C 1119-17953 2C 1133
Elisa Belloni (notizie dal 1894)
17376 2C 785v
Angelo Recchia (1816-1882)
17386 2C 795, 17387 2C 796
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17389 2C 798
Angelo Recchia (1816-1882)
17391 2C 800
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17400 2C 809-17405 2C 814r
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17406 2C 815
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17529 2C 846-17548 2C 865r/v
Angelo Recchia (1816-1882)
17550 2C 867r/v-17552 2C 869
Angelo Recchia (1816-1882)
17555 2C 872-17557 2C 874r
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17558 2C 875-17568 2C 885r
Angelo Recchia (1816-1882)
17569 2C 886, 17570 2C 887
Giovanni Bocati (metà XIX secolo)
17633 2C 950
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SOGGETTO PROFANO
17956 2C 1134-17962 2C 1140
Elisa Belloni (notizie dal 1894)
23612 2C 1926
veronese XIX secolo
12618 2B 78
Francesco Lorenzi (1723-1787)
19210 2B 1162
Gaetano Cignaroli (1747-1826)
23613 2C 1927
Giovanni Tascheri
(1841 - post 1904)
12632 2B 92
Francesco Lorenzi (1723-1787)
22347 2B 1305-22364 2B 1322
Fabrizio Cartolari (1720/1729-1816)
22366 2B 1324-22387 2B 1357
Fabrizio Cartolari (1720/1729-1816)
22389 2B 1359-22393 2B 1351
Fabrizio Cartolari (1720/1729-1816)
22396 2B 1354r/v
Fabrizio Cartolari (1720/1729-1816)
22612 2C 1570
francese XIX secolo
22613 2C 1571-22615 2C 1573
italiano XIX secolo
22617 2C 1575r
italiano XIX secolo
22618 2C 1576-22626 2C 1584r/v
italiano XIX secolo
23610 2C 1924v
Carlo Cetti (notizie dal 1882
al 1890) (?)
23611 2C 1925
Giuseppe Romeo Cristani (1855-1920)
23614 2C 1928
G. Minchetti (XIX secolo)
23635 2C 1933r
veronese fine XIX - inizio XX secolo
23636 2C 1934
Gaetano Pasetti (XIX secolo)
23637 2C 1935r
veronese XIX secolo
30877 2C 2132
veronese XIX secolo
Allegoria / emblemi
1530 2B 11
Marco Marcola (1740-1798)
1532 2B 13
Marco Marcola (1740-1798)
12355 2B 35
olandese XVII secolo
12383 2B 63
italiano XVII secolo
12636 2B 96
Francesco Lorenzi (1723-1787)
12664 2B 140
Benigno Bossi (1727-1792)
12698 2B 174
Francesco Personi (1754-1843), attr.
12704 2B 180
Francesco Personi (1754-1843), attr.
12752 2B 228-12762 2B 238r
italiano XIX secolo
12763 2B 239, 12764 2B 240r
italiano XIX secolo
12765 2B 241-12768 2B 244r
italiano XIX secolo
12769 2B 245, 12770 2B 246r
italiano XIX secolo
12771 2B 247-12774 2B 550r
italiano XIX secolo
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SOGGETTO PROFANO
12775 2B 251r
italiano XIX secolo
13006 2B 477
veronese XIX secolo
17376 2C 785r
Angelo Recchia (1816-1882)
12776 2B 252-12810 2B 286
italiano XIX secolo
13057 2B 525
italiano XIX secolo
17384 2C 793
Angelo Recchia (1816-1882)
12825 2B 301
Giulio Carpioni (circa 1613-1689), maniera di
13062 2B 530
Louis Dorigny (1654-1742)
17426 2C 835
Angelo Recchia (1816-1882)
12842 2B 313
veneto XVII secolo
13065 2B 533
Louis Dorigny (1654-1742)
17630 2C 947-17632 2C 949
veronese XIX secolo
12846 2B 317
veronese XVIII secolo
13125 2B 593
veronese XVIII secolo
12847 2B 318
veronese XVII secolo
13135 2B 603
Matteo Brida (1699-1774)
13145 2B 613
veneto XVII-XVIII secolo
22616 2C 1574
Raffaello Sanzio (1483-1520),
copia da, XIX secolo
12851 2B 322
Francesco Personi
(1754-1843), attr.
12858 2B 329
italiano XVIII secolo
12863 2B 334
italiano XVIII secolo
12910 2B 381
veronese XIX secolo
12941 2B 412
Pietro Nanin (1808-1889)
12965 2C 436
A. D’Andrea (XX secolo)
25397 2A 1942-25401 2A 1946
Giandomenico Cignaroli (1724-1793)
Animali
13148 2B 616, 13149 2B 617
Francesco Lorenzi (1723-1787)
12388 2B 68
Pietro Rotari (1707-1762)
13191 2C 659
veronese XX secolo
12396 2B 76
Pietro Rotari (1707-1762), attr.
17340 2C 749
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
12836 2B 307
fiammingo XVII secolo
17363 2C 772
veronese XIX secolo
12841 2B 312
italiano XVII secolo
17364 2C 773
Angelo Recchia (1816-1882)
12843 2B 314
veneto XVII secolo
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SOGGETTO PROFANO
12857 2B 328r
italiano XIX secolo
23610 2C 1924r
Carlo Cetti (notizie dal 1882 al 1890) (?)
12376 2B 56
Alessandro Marchesini (1663-1738)
17333 2C 742-17335 2C 744
Angelo Recchia (1816-1882)
Mitologia
12382 2B 62
Marco Marcola (1740-1798)
19628 2C 1194
veronese XX secolo
1297 2B 1
Piero di Giovanni Bonaccorsi,
Perin Del Vaga (1501-1547), bottega di
22541 2C 1499r
Mario Sironi (1885-1961)
1312 2B 3
veneto XIX secolo
12625 2B 85
Francesco Lorenzi (1723-1787)
Botanica
1531 2B 12
Marco Marcola (1740-1798)
12656 2C 132/3v-8
Agostino Comerio (1784-1834)
1533 2B 14
Giambattista Marcola (1704-1776)
12665 2B 141-12668 2B 144
Paolo Farinati (1524-1606),
copia da, XVIII secolo
12671 2B 147
Felice Cappelletti
(circa 1698 - post 1738)
12881 2B 352
veronese XVII secolo
17925 2C 1105-17929 2C 1109
Elisa Belloni (notizie dal 1894)
Letteratura
4039 2B 15
veronese XVII secolo
12378 2B 58
veronese XVIII secolo
4180 2B 101r
italiano XVII-XVIII secolo
12914 2B 385-12924 2B 395
Pietro Nanin (1808-1889)
4232 2B 106
veronese XVIII secolo
12986 2B 457
Marco Marcola (1740-1798)
12357 2B 37-12359 2B 39
Alessandro Marchesini (1663-1738)
13144 2B 612
Nicolas Mignard (1606-1668),
copia da, XVII secolo
12362 2B 42
italiano XVII secolo
19861 1C3248-19867 1C3254
Albino Siviero, Verossì (1904-1945)
12363 2B 43
veronese XVII secolo
12391 2B 71
veronese XVIII secolo
12674 2B 150, 12675 2B 151
Agostino Carracci (1557-1602),
copia da, XVII secolo
12678 2B 154
Carlo Maratta (1625-1713),
copia da, XVIII secolo
12706 2C 182
Francesco Personi
(1754-1843), attr.
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SOGGETTO PROFANO
12708 2C 184-12710 2C 186
Francesco Personi (1754-1843)
12977 2B 448-12985 2B 456
Marco Marcola (1740-1798)
13082 2B 550, 13083 2B 551
Louis Dorigny (1654-1742)
12719 2C 195
Francesco Personi
(1754-1843), attr.
12987 2B 458-12994 2B 465
Marco Marcola (1740-1798)
13087 2B 555
Louis Dorigny (1654-1742)
12997 2B 468, 12998 2B 469
Marco Marcola (1740-1798)
13094 2B 562
Marcantonio Bassetti
(1586-1630)
12724 2B 200-12734 2B 210
Francesco Lorenzi (1723-1787)
12736 2B 212
Francesco Lorenzi (1723-1787)
13002 2C 473
Domenico Dalla Rosa
(1778-1834)
12738 2B 214, 12739 2B 215
Francesco Lorenzi (1723-1787)
13008 2B 478
Odoardo Perini (1671-1757)
12838 2B 309
Giulio Carpioni (circa 1613-1678), maniera di
13011 2B 481
Alessandro Turchi (1578-1649)
12839 2B 310, 12840 2B 311
italiano XVIII secolo
13058 2B 526
italiano XVII secolo
12853 2B 324
Pietro Nanin (1808-1889)
13061 2B 529
Louis Dorigny (1654-1742)
12882 2B 353
italiano XVI secolo
13064 2B 532
Louis Dorigny (1654-1742)
12912 2B 383
bolognese XVII secolo
13067 2B 535-13071 2B 539
Louis Dorigny (1654-1742)
12976 2B 447
Paolo Farinati (1524-1606),
copia da, XVI-XVII secolo
13073 2B 541-13080 2B 548
Louis Dorigny (1654-1742)
13097 2B 565
Paolo Farinati (1524-1606),
copia da, XIX secolo
13098 2B 566
italiano XIX secolo
13100 2B 568-13103 2B 571
Paolo Farinati (1524-1606),
copia da, XIX secolo
13150 2B 618
Francesco Lorenzi (1723-1787)
13156 2B 624
Francesco Personi (1754-1843), attr.
13165 2B 633
veronese XVIII secolo
13168 2B 636
veronese XVIII secolo
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SOGGETTO PROFANO
13172 2B 640-13174 2B 642
Marco Marcola (1740-1793)
22896 2B 1854
Enea Vico (1523-1567), copia da,
XVI secolo
13177 2B 645
Annibale Carracci (1560-1609),
copia da, XIX secolo
30896 2B 2151
veronese XVII secolo
12742 2C 218-12747 2B 223
Francesco Personi (1754-1843), attr.
12749 2B 225, 12750 2B 226
Francesco Personi (1754-1843), attr.
Ritratto
12900 2C 371
italiano XX secolo
12616 2C 103
Giovanni Tascheri (1841 - post 1904)
12931 2B 402
Pietro Nanin (1808-1889)
12644 2C 119
R. Pasini (metà XIX secolo)
12934 2B 405
Pietro Nanin (1808-1889)
12673 2B 149
Pietro Nanin (1808-1889)
13027 2B 496
Giambattista Da Persico (1777-1845)
12681 2C 157
Giambattista Da Persico (1777-1845)
13180 2C 648-13182 2C 650
Francesco Personi (1754-1843)
12694 2B 170- 12696 2C 172
Francesco Personi (1754-1843), attr.
13310 2B 659
Francesco Lorenzi (1723-1787)
12700 2B 176- 12702 2B 178
Francesco Personi (1754-1843), attr.
16032 2C 707
italiano XIX secolo
22320 2C 1303
Luigi Marai (notizie dal 1851 al 1897)
12712 2C 188
Francesco Personi (1754-1843), attr.
16067 2C 707
veronese XIX secolo
22321 2C 1304
Luciano Mozzetto (notizie dal 1854)
12721 2C 197-12723 2C 199
Francesco Personi (1754-1843)
17320 2C 729-17322 2C 731
Angelo Recchia (1816-1882)
22434 2C 1392
Gaetano Avesani (?-1845)
12740 2C 216
Francesco Personi (1754-1843)
13183 2B 651
Francesco Personi (1754-1843)
13185 2B 653-13187 2B 655
Francesco Personi (1754-1843), attr.
13210 2B 673-13222 2B 685
veronese XIX secolo
16278 2B 712
veronese XIX secolo
17365 2C 774
Angelo Recchia (1816-1882)
17421 2C 830v
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17425 2C 834
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SOGGETTO PROFANO
17324 2C 733
Angelo Recchia (1816-1882)
22568 2C 1526
italiano XIX secolo
12901 2B 372r
veneto XIX secolo
17326 2C 735r
Angelo Recchia (1816-1882)
23566 2C 1916
S. Ermina
(fine XIX - inizio XX secolo)
12903 2B 374
veneto XIX secolo
17327 2C 736
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17331 2C 740, 17332 2C 741
Angelo Recchia (1816-1882)
17546 2C 863
Angelo Recchia (1816-1882)
17963 2C 1141-17965 2C 1143
Elisa Belloni (notizie dal 1894)
17973 2C 1145
Paolino Caliari (1763-1835)
19019 2C 1160r/v
Angelo Zamboni (1895-1939)
19598 2C 1164
Angelo Dall’Oca Bianca (1858-1942)
19616 2C 1182
Angelo Dall’Oca Bianca (1858-1942)
19962 2C 1281
Giovanni Segantini (1858-1899)
22397 2C 1395r
Giuseppe Romeo Cristani (1855-1920)
23629 2C 1931, 23630 2C 1932
Napoleone Nani (1841-1899)
23642 2C 1933
Gino Severini (1883-1966)
25158 2C 1935-25160 2C 1937
Bice Ferrari (XIX secolo)
30630 2C 114
Alberto Stringa (1880-1931)
30897 2B 2152
Giuseppe Longhi (1766-1831)
32188 2C 64
Benvenuto Ronca (1881-1944)
Scena di genere
12617 2B 77
veneziano XVIII secolo
12889 2B 360
veneto XVIII secolo
12906 2B 377, 12907 2B 378
Pietro Nanin (1808-1889)
12913 2B 384
vicentino XVI secolo
13175 2B 643
Marco Marcola (1740-1793)
17379 2C 788r
Angelo Recchia (1816-1882)
18634 2C 1157
Marianna Alberti (XIX secolo)
19609 2C 1175
Angelo Dall’Oca Bianca
(1858-1942)
19856 2C 1224, 19857 2C 1225
veronese XIX secolo
Storia
7000 1B2645
Alfonso Basilio Lasinio (1766-1839)
indice
DISEGNI FIGURATIVI
12345 2B 25
Giovanni Guerra (1544-1618) (?)
12351 2B 31
veneto XVII secolo
12361 2B 41
veneto XVII secolo
12930 2B 401r
Pietro Nanin (1808-1889)
12932 2B 403
Pietro Nanin (1808-1889)
12937 2B 408-12940 2B 411
Pietro Nanin (1808-1889)
13005 2B 476
veronese XIX secolo
13091 2B 559
Louis Dorigny (1654-1742)
13129 2B 597
lombardo XVII secolo
13147 2B 615
Francesco Lorenzi (1723-1787)
13169 2B 607
Matteo Brida (1699-1774)
13313 2B 695
Michelangelo Cornale (?-1733)
SOGGETTO SACRO
17314 2C 723
Karl Pawlowitsch Brüllov
(1799-1852), copia da, XIX secolo
12898 2B 369, 12899 2B 370r
Raffaello Sanzio (1483-1520),
copia da, XVIII secolo
17343 2C 752
veronese XIX secolo
12951 2B 422
Pietro Nanin (1808-1889)
17359 2C 768
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
12995 2B 466, 12996 2B 467
Marco Marcola (1740-1798)
23582 2C 1921
Paolino Caliari (1764-1835)
12999 2B 470
Domenico Dalla Rosa (1778-1834)
SOGGETTO SACRO
13000 2B 471
italiano XIX secolo
12392 2B 72v
veronese XVIII secolo
13072 2B 540
Louis Dorigny (1654-1742)
12689 2C 165
Pietro Nanin (1808-1889)
13084 2B 552
Louis Dorigny (1654-1742)
12693 2C 169
Pietro Nanin (1808-1889)
13151 2B 619
Francesco Lorenzi (1723-1787)
12820 2B 296
italiano XVIII secolo
13162 2B 630
Antonio Balestra (1666-1740),
copia da, XVIII secolo
12837 2B 308v
veneto XVIII secolo
12892 2B 363
italiano XVI secolo
17349 2C 758
Angelo Recchia (1816-1882)
12894 2B 365
veneto XIX secolo
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SOGGETTO SACRO
17378 2C 787
veronese XIX secolo
25434 2B 1949
Marcantonio Bassetti (1586-1630)
17382 2C 791
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
Allegoria
17385 2C 794
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17395 2C 804
Angelo Recchia (1816-1882)
17396 2C 805, 17397 2C 806
veronese XIX secolo
17398 2C 807
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17407 2C 816
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17408 2C 817
veronese XIX secolo
17421 2C 830r
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17427 2C 836
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17568 2C 885v
Angelo Recchia (1816-1882)
19892 2B 1232
veronese XVIII secolo
4078 2B 17
Giovanni Francesco Barbieri,
Guercino (1591-1666), copia da, XVIII secolo
12352 2B 32
Giambattista Canal (1745-1825) (?)
12375 2B 55
Guglielmo Caccia, Moncalvo
(1568-1625)
12896 2B 367
veneziano XVIII secolo
12393 2B 73
veronese XVII secolo
13063 2B 531
Louis Dorigny (1654-1742)
12619 2B 79
Francesco Lorenzi (1723-1787)
13139 2B 607
Matteo Brida (1699-1774)
12622 2B 82
Antonio Balestra (1666-1740)
17369 2C 778
veronese XIX secolo
12623 2B 83
Giuseppe Angeli (1712-1798)
17388 2C 797
Angelo Recchia (1816-1882)
12624 2B 84
Giambettino Cignaroli (1706-1770)
17390 2C 799
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
12630 2B 90
Francesco Lorenzi (1723-1787)
17410 2C 819
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
12631 2B 91
Francesco Lorenzi (1723-1787)
12634 2B 94
Francesco Lorenzi (1723-1787)
Madonna / Madonna col Bambino /
Madonna e santi /
Madonna col Bambino e santi
4064 2B 16
Giovanni Francesco Barbieri,
Guercino (1591-1666), copia da, XVIII secolo
12635 2B 95
veronese XVIII secolo
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SOGGETTO SACRO
12661 2B 137
veronese XIX secolo
12930 2B 401v
Pietro Nanin (1808-1889)
13086 2B 554
Marcantonio Bassetti (1586-1630)
12669 2B 145
Giovanni Fracasso
(notizie dal 1808 al 1847)
12942 2B 413, 12943 2B 414
Pietro Nanin (1808-1889)
13092 2B 560
veronese XVIII secolo
12953 2B 424
Pietro Nanin (1808-1889), attr.
13096 2C 564
Giuseppe Buffetti (1751-1812), attr.
12956 2B 427
Pietro Nanin (1808-1889)
13108 2B 576
Domenico Dalla Rosa (1778-1834), attr.
12960 2B 431
Pietro Nanin (1808-1889)
13133 2B 601
veronese XVIII secolo
12962 2B 433
Pietro Nanin (1808-1889)
13136 2B 604
veronese XVIII secolo
12968 2B 439
veneto XIX secolo
13160 2B 628
veronese XVIII secolo
12969 2B 440
Paolino Caliari (1763-1835)
13164 2B 632r
veronese XVIII secolo
13001 2B 472
Domenico Dalla Rosa (1778-1834)
13179 2B 647
veronese XVIII secolo
13020 2C 489
Battista Buonajuti (XIX secolo)
13197 2B 660
Saverio Dalla Rosa (1745-1821)
13226 2B 688
veronese XX secolo
12684 2B 160, 12685 2B 161
Pietro Nanin (1808-1889)
12691 2C 167, 12692 2C 168
Pietro Nanin (1808-1889)
12699 2B 175
Francesco Personi
(1754-1843), attr.
12823 2B 299
veneto XVII secolo
12852 2B 323v
veronese XVIII secolo
12856 2B 327
italiano XVIII secolo
12879 2B 350
veronese XVIII secolo
12883 2B 354
italiano XVIII secolo
13026 2B 495
Domenico Dalla Rosa (1778-1834)
12911 2B 382
italiano XVII secolo
13038 2C 507
Giovanni Fracasso (notizie dal 1808
al 1847)
16033 2C 708
italiano XIX secolo
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SOGGETTO SACRO
16279 2B 713
veronese XIX secolo
17415 2C 824
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
12384 2B 64
Matteo Brida (1699-1774)
17339 2C 748
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17417 2C 826, 17418 2C 827r
Angelo Recchia (1816-1882)
12389 2B 69
Antonio Balestra (1666-1740)
17342 2C 751
veronese XIX secolo
17423 2C 832
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
12390 2B 70
italiano XVII secolo
17344 2C 753
veronese XIX secolo
17582 2C 899v
Angelo Recchia (1816-1882)
12395 2B 75
veronese XVIII secolo
17345 2C 754
Angelo Recchia (1816-1882)
22392 2B 1350
Pietro Nanin (1808-1889), attr.
17356 2C 765
Angelo Recchia (1816-1882)
Santi
12629 2B 89
Francesco Lorenzi
(1723-1787) (?)
17358 2C 767
veronese XIX secolo
17361 2C 771
Angelo Recchia (1816-1882)
17371 2C 780
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17375 2C 784
Angelo Recchia (1816-1882)
17380 2C 789
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17383 2C 792
Angelo Recchia (1816-1882)
1358 2B 5
Pietro Nanin (1808-1889)
1411 2B 6
Giovanni Mauro della Rovere
(1575-1640)
12343 2B 23
Alessandro Gherardini
(1655-1726)
12348 2B 28, 12349 2B 29
Francesco Lorenzi (1723-1787)
12356 2B 36
veneto XVII secolo
12374 2B 54
Jacopo Zanguidi, Bertoja
(1544-1573/1574)
12640 2B 100
Francesco Lorenzi (1723-1787)
12657 2B 133
Claudio Ridolfi (1570-1644)
12672 2B 148
Pietro Nanin (1808-1889)
12687 2C 163
Pietro Nanin (1808-1889)
12705 2C 181
Francesco Personi (1754-1843)
12711 2C 187
Francesco Personi
(1754-1843), attr.
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SOGGETTO SACRO
12717 2C 193
veronese XVIII secolo
12887 2B 358
lombardo XVII secolo
13184 2B 652
Francesco Personi (1754-1843)
12735 2B 211
Francesco Lorenzi (1723-1787)
12893 2B 364
italiano XVII secolo
13223 2B 686-13225 2B 687
veronese XX secolo
12737 2B 213
Francesco Lorenzi (1723-1787)
12902 2B 373
italiano XIX secolo
16280 2B 714
Carlo Bustaffa (notizie dal 1829)
12824 2B 300r
Guido Reni (1575-1642),
copia da, XVII secolo
12957 2B 428
Pietro Nanin (1808-1889)
17340 2C 749
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
12961 2B 432
Pietro Nanin (1808-1889)
17350 2C 759, 17351 2C 760
Angelo Recchia (1816-1882)
13010 2B 480
veronese XVIII secolo
17362 2C 771
Angelo Recchia (1816-1882)
13021 2C 490, 13022 2C 491
Domenico Dalla Rosa
(1778-1834)
17366 2C 775, 17367 2C 776
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
12826 2B 302
veronese XVII secolo
12849 2B 320
Giovanni Battista Trotti, Malosso
(1556-1619)
12852 2B 323r
veronese XVIII secolo
12859 2B 330
Pietro Nanin (1808-1889)
12860 2B 331
Alessandro Marchesini (1663-1738)
12862 2B 333
veronese XVIII secolo
12880 2B 351
veronese XVI secolo
13099 2B 567
italiano XIX secolo
13106 2B 574
Gaetano Zancon (1770-1817)
13166 2B 634, 13167 2B 635
Pietro Rotari (1707-1762)
13171 2B 639
Antonio da Trento
(attivo circa 1527), copia da,
XVIII secolo
17372 2C 781
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17377 2C 786
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17392 2C 801r/v
Angelo Recchia (1816-1882)
17411 2C 820r
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SOGGETTO SACRO
17416 2C 825
Angelo Recchia (1816-1882)
13134 2B 602
Matteo Brida (1699-1774)
12385 2B 65
Louis Dorigny (1654-1742)
17418 2C 827v-17420 2C 829
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17381 2C 790r
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17422 2C 831
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
Antico Testamento
12387 2B 67
Felice Cappelletti
(circa 1698 - post 1738)
23616 2C 1930
Giambattista Tiepolo (1696-1770),
copia da, XX secolo
25440 2B 1955v
bottega di Paolo Farinati
(1524-1606)
Storia
1345 2B 4
veronese fine XVII secolo
1529 2B 10
Orazio Farinati
(1558/1561 - ante 1627)
4200 2B 102
veronese XVIII secolo
12394 2B 74
Francesco Lorenzi (1723-1787)
12621 2B 81
Francesco Lorenzi (1723-1787)
12626 2B 86
Francesco Lorenzi (1723-1787)
12628 2B 88
Francesco Lorenzi (1723-1787)
12855 2B 326
Raffaello Sanzio (1483-1520),
copia da, XVIII secolo
8443 3B3028
Pietro Santi Bartoli
(seconda metà XVII secolo),
copia da, XVII secolo
13016 2B 486
Pietro Antonio Perotti
(1712-1793)
12339 2B 19r
Carlo Urbino
(circa 1510/1520 - post 1585)
12878 2B 349
Antonio Tempesta (1555?-1630),
copia da, XVII secolo
13037 2C 506
Raffaello Sanzio (1483-1520),
copia da, XVIII secolo
12350 2B 30
veneto XVIII secolo
12885 2B 356
olandese XVII secolo
12365 2B 45
Carlo Caliari (1570-1596)
12936 2B 407
Pietro Nanin (1808-1889)
13104 2B 572
italiano XIX secolo
13105 2B 573
Matteo Brida (1699-1774)
12663 2B 139
Michel Dorigny (1616-1665),
copia da, XVI secolo
12379 2C 59
romano XVII secolo
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SOGGETTO SACRO
12944 2B 415
Pietro Nanin (1808-1889)
17626 2C 943r
veronese XIX secolo
12371 2B 51
Felice Cappelletti (circa 1698 - post 1738)
12949 2B 420
Pietro Nanin (1808-1889)
17629 2C 946
Angelo Recchia (1816-1882)
12372 2B 52
veronese XVIII secolo
12974 2B 445
Antonio Balestra (1666-1740)
23615 2C 1929
Stegagno (XIX secolo)
12373 2B 53
Paolino Caliari (1764-1835), attr.
13003 2B 474
Cirillo Jacob Gasperij
(notizie dal 1772)
23637 2C 1935v
Stegagno (XIX secolo), attr.
12377 2B 57
veronese XVIII secolo
25433 2B 1948
Marcantonio Bassetti (1586-1630)
12380 2B 60
veneto XVII secolo
Nuovo Testamento
12386 2B 66
Giambattista Lanceni (1659-1737) (?)
1303 2B 2
Nanin Pietro (1808-1889)
12633 2B 93
Giovanni Murari (1669 - post 1718) (?)
1457 2B 7, 1458 2B 8
Carlo Urbino
(circa 1510/1520 - post 1585)
12659 2B 135
Fapani (?) Bergamasco
(XVIII secolo?)
8440 3B3025-8442 2B 3027
Pietro Santi Bartoli (seconda metà XVII secolo),
copia da, XVII secolo
12660 2B 136
Agostino Ugolini (1755-1824)
13012 2B 482
Marco Marcola (1740-1798)
13036 2C 505
italiano XVIII secolo
13095 2B 563
veronese XVIII secolo
13131 2B 599, 13132 2B 600
veronese XVIII secolo
13152 2B 620
Simone Brentana (1656-1742)
13154 2B 622
Simone Brentana (1656-1742),
copia da, XVIII secolo
13170 2B 638
veronese XVIII secolo
13176 2B 644
veronese XVIII secolo
12360 2B 40
Alessandro Marchesini (1663-1738)
12364 2B 44
Pietro Malombra (1556-1618) (?)
12687 2C 163, 12688 2C 164
Pietro Nanin (1808-1889)
12690 2C 166
Pietro Nanin (1808-1889)
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SOGGETTO SACRO
12867 2B 338
italiano XVIII secolo
12877 2B 348
italiano XVIII secolo
13013 2B 483
Paolino Caliari (1763-1835)
13153 2B 621
veronese XVIII secolo
13019 2C 488
Giuseppe Buffetti (1751-1812)
13155 2B 623
veneto XVIII secolo
13025 2B 494
Pietro Nanin (1808-1889)
13161 2B 629
Antonio Balestra (1666-1740),
copia da, XVIII secolo
12884 2B 355
Louis Dorigny (1654-1742)
12890 2B 361, 12891 2B 362
Michelangelo Buonarroti
(1475-1564), copia da, XIX secolo
13030 2C 499
Elisabetta Ferrari (1841-1921)
12908 2B 379
veneto XVIII secolo
13042 2C 511
Luigi Polfranceschi (XVIII-XIX secolo)
12909 2B 380
veronese XVIII secolo
13066 2B 534
Louis Dorigny (1654-1742)
12925 2B 396-12929 2B 400
Pietro Nanin (1808-1889)
13081 2B 549
Louis Dorigny (1654-1742)
12933 2B 404
Pietro Nanin (1808-1889)
13088 2B 556
Felice Cappelletti
(circa 1698 - post 1738)
12952 2B 423
Pietro Nanin (1808-1889)
12954 2B 425, 12955 2B 426
Pietro Nanin (1808-1889)
12958 2B 429, 12959 2B 430
Pietro Nanin (1808-1889)
12963 2B 434
Pietro Nanin (1808-1889)
13163 2B 631
veronese XVIII secolo
13178 2B 646
italiano XVII secolo
13308 2C 158
italiano XIX secolo
17341 2C 750
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
17393 2C 802
veronese XIX secolo
13110 2B 578
Pietro Nanin (1808-1889)
17394 2C 803
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
13127 2B 595
Battista del Moro (circa 1514 - circa 1575)
17414 2C 823r
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
13130 2B 598
Scarafia (seconda metà XVIII secolo?) (?)
17414 2C 823v
veronese XIX secolo
13146 2B 614
veronese XVIII secolo
indice
DISEGNI FIGURATIVI
CAPRICCIO - CARTOGRAFIA
TOPOGRAFIA - PAESAGGIO - VEDUTA
17628 2C 945
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
CAPRICCIO
PAESAGGIO
12637 2B 97, 12638 2B 98
Francesco Guardi (1712-1793)
12639 2B 99r/v
Remigio Cantagallina
(1582/1583?-1656)
CAMPO APERTO
17368 2C 777v
veronese XIX secolo
17966 2C 1144r/v
italiano XX secolo
22541 2C 1499v
Mario Sironi (1885-1961)
25548 2B 2064v
bottega di Paolo Farinati
(1524-1606)
30875 2C 2130
Ettore Colla (1896-1968)
30626 2C 2124
italiano XX secolo
CARTOGRAFIA / TOPOGRAFIA
13228 2C 690-13230 2C 692
Abramo Massalongo (1824-1860)
18213 2C 1154
francese XIX secolo
22578 2C 1536r
francese XIX secolo
22705 2C 1663
veronese XIX secolo
22767 2C 1725
francese XIX secolo
25435 2B 1950
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25555 2B 2071
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25588 2B 2086
italiano XIX secolo
12658 2C 134
Andrea Monga (1794-1861)
12713 2C 189, 12714 2C 190
Francesco Personi (1754-1843)
12811 2B 287
italiano XVII secolo
12821 2B 297
italiano XVII secolo
12822 2B 298
veneto XVIII secolo
12844 2B 315 A, 12845 2B 316A
Remigio Cantagallina
(1582/1583-1656)
13015 2B 485
Bernardo Zilotti (1716-1783)
13040 2C 509, 13041 2C 510
Eleonora Marchi (XIX secolo)
17494 2C 843
veronese XIX secolo
indice
DISEGNI FIGURATIVI
CAPRICCIO - CARTOGRAFIA
TOPOGRAFIA - PAESAGGIO - VEDUTA
17935 2C 1115, 17936 2C 1116
Elisa Belloni (notizie dal 1894)
22893 2C 1851
italiano XIX secolo
22899 2C 1857
veronese XIX secolo
17937 2C 1117
veronese XIX secolo
22905 2C 1863
A.B. (XX secolo)
22902 2C 1860r/v
Albino Siviero, Verossì (1904-1945)
17938 2C 1118
Elisa Belloni (notizie dal 1894)
22907 2C 1865
Aldo Ettore Kessler (1884-1974)
22903 2C 1861
Renzo Biasion (1915-1983)
19961 2C 1280
Giovanni Segantini (1858-1899)
Veduta di Verona
23567 2C 1917
italiano XIX secolo
22891 2C 1849
Alberto Stringa (1880-1931)
12972 2C 443 (Volargne)
Giambattista Banterle
(XIX secolo)
22892 2C 1850
italiano XX secolo
16650 2C 721
Mario Paolo Payetta (1890-1977)
30636 2C 2128
S. Vedovelli (notizie dal 1863)
30629 2C 115
Alberto Stringa (1880-1931)
17446 1C2932
(Rocca del Garda)
Angelo Recchia (1816-1882)
30889 2C 2144
(Costermano)
Pietro Ronzoni (1781-1862)
18784 2C 1158
(Ponte di Veja)
italiano XIX secolo
30890 2C 2145r
(Affi)
Pietro Ronzoni (1781-1862)
19204 2C 1161
G. Bighignoli (XX secolo)
30890 2C 2145v
Pietro Ronzoni (1781-1862)
22431 2C 1389, 22432 2C 1390
Ercole Calvi (1824-1900)
30891 2C 2146
(Affi)
Pietro Ronzoni (1781-1862)
30878 2C 2133-30888 2C 2143
Pietro Ronzoni (1781-1862)
30892 2C 2147
Pietro Ronzoni (1781-1862)
VEDUTA
13311 2B 693
Antonio Tempesta (1555?-1630),
copia da, XIX secolo
19715 2C 1223
G. Bighignoli (XX secolo)
22433 2C 1391
veronese XIX secolo
30631 2C 2127
Domenico Quaglio (1786-1837)
indice
DISEGNI FIGURATIVI
ARCHITETTURA - DECORAZIONE
ORNATO - SCENOGRAFIA - STEMMI
30893 2C 2148
Pietro Ronzoni (1781-1862)
19858 2C 1226-19860 2C 1228
veronese XIX secolo
22532 2C 1490-22536 2C 1494
italiano XIX secolo
30894 2C 2149
(Affi)
Pietro Ronzoni (1781-1862)
22423 2C 1381
italiano XIX secolo
22546 2C 1503-22551 2C 1508
Andrea Monga (1794-1861)
22430 2C 1388
italiano XIX secolo
22552 2C 1509
Andrea Monga (1794-1861)
Studi, progetti, copie
22435 2C 1393-22437 2C 1395
italiano XVIII-XIX secolo
22552 2C 1510
Andrea Monga (1794-1861)
12901 2B 372v
italiano XIX secolo
22501 2C 1459
italiano XIX secolo
22553 2C 1511-22556 2C 1514r/v
Andrea Monga (1794-1861)
12973 2B 444
veneto XVIII secolo
22501 2C 1549
Gaetano Avesani (?-1845)
22557 2C 1515r/v
italiano XIX secolo
13107 2C 575
Sebastiano Finco (XIX secolo)
22511 2C 1469
italiano XIX secolo
22558 2C 1516, 22559 2C 1517
Andrea Monga (1794-1861)
13189 2C 657
R. Gerola (XX secolo)
22512 2C 1470, 22513 2C 1471
veronese XIX secolo
22560 2C 1518
italiano XIX secolo
13199 2B 662-13201 2B 664
Giuseppe Barbieri (1777-1838)
22516 2C 1474
italiano XIX secolo
22561 2C 1519
Andrea Monga (1794-1861)
13202 2B 665, 13203 2B 666
veronese XIX secolo
22518 2C 1476-22520 2C 1478r/v
veronese XIX secolo
22564 2C 1522r/v, 22565 2C 1523r
Andrea Monga (1794-1861)
13205 2C 668v
Andrea Monga (1794-1861)
22531 2C 1489
Carlo Amati (notizie dal 1846)
22566 2C 1524
Andrea Monga (1794-1861)
16030 2C 705
veronese XIX secolo
22531 2C 1489
italiano XIX secolo
ARCHITETTURA
indice
DISEGNI FIGURATIVI
ARCHITETTURA
22569 2C 1527-22575 2C 1533
Gaetano Avesani (?-1845)
22698 2C 1656
italiano XIX secolo
22712 2C 1670, 22713 2C 1671
veronese XIX secolo
22578 2C 1536v
italiano XIX secolo
22699 2C 1657
veronese XIX secolo
22714 2C 1672-22716 2C 1674
Gaetano Avesani (?-1845)
22582 2C 1540-22584 2C 1542
Gaetano Avesani (?-1845)
22700 2C 1658, 22701 2C 1659
Gaetano Avesani (?-1845)
22717 2C 1675
veronese XIX secolo
22590 2C 1548
italiano XIX secolo
22702 2C 1660
italiano XIX secolo
22718 2C 1676, 22719 2C 1677
Gaetano Avesani (?-1845)
22592 2C 1550-22594 2C 1552
Gaetano Avesani (?-1845)
22702 2C 1720
italiano XIX secolo
22720 2C 1678-22723 2C 1681
veronese XIX secolo
22595 2C 1553-22599 2C 1557r/v
Pietro Orseolo Massalongo
(1854-1901)
22703 2C 1661
Gaetano Avesani (?-1845)
22742 2C 1700-22744 2C 1702
veronese XX secolo
22704 2C 1662
veronese XIX secolo
22745 2C 1703
italiano XIX secolo
22704 2C 1662
veronese XIX secolo
22746 2C 1704-22748 2C 1706
Gaetano Avesani (?-1845)
22706 2C 1664
veronese XIX secolo
22749 2C 1707, 22750 2C 1708
italiano XIX secolo
22707 2C 1665, 22708 2C 1666
Gaetano Avesani (?-1845)
22751 2C 1709
Giuseppe Mazza
(1779-1847)
22600 2C 1558
Giambattista Pozzi (XIX secolo)
22601 2C 1559r/v-22603 2C 1561
Gaetano Avesani (?-1845)
22606 2C 1564-22611 2C 1569
Gaetano Avesani (?-1845)
22627 2C 1585-22633 2C 1591
veronese XIX secolo
22691 2C 1649r
veronese XIX secolo
22695 2C 1653-22697 2C 1655
Gaetano Avesani (?-1845)
22709 2C 1667
italiano XIX secolo
22710 2C 1668, 22711 2C 1669
Gaetano Avesani (?-1845)
22752 2C 1710/1-6
veronese XIX secolo
indice
DISEGNI FIGURATIVI
ARCHITETTURA
22753 2C 1711
Francesco Bazerla
(1826-1891)
22784 2C 1742-22790 2C 1748
Pietro Orseolo Massalongo (1854-1901)
22835 2C 1793, 22836 2C 1794
veronese XIX secolo
22796 2C 1754-22800 2C 1758
Pietro Orseolo Massalongo (1854-1901)
22837 2C 1795-22839 2C 1797
italiano XIX secolo
22802 2C 1760, 22803 2C 1761
Pietro Orseolo Massalongo (1854-1901)
22840 2C 1798
lombardo XIX secolo
22805 2C 1763, 22806 2C 1764
Pietro Orseolo Massalongo (1854-1901)
22841 2C 1799
Gaetano Avesani (?-1845)
22813 2C 1771r
italiano XIX secolo
22842 2C 1800r/v
italiano XIX secolo
22818 2C 1776r/v
lombardo XIX secolo
22843 2C 1801
veronese XIX secolo
22824 2C 1782
italiano XIX secolo
22844 2C 1802
italiano XIX secolo
22826 2C 1784
Pietro Orseolo Massalongo
(1854-1901)
22845 2C 1803
Francesco Bazerla (1826-1891) (?)
22754 2C 1712
veronese XIX secolo
22755 2C 1713
Giuseppe Mazza (1779-1847)
22756 2C 1714
veronese XX secolo
22757 2C 1715
Giuseppe Barbieri (1777-1838)
22761 2C 1719
Pietro Orseolo Massalongo
(1854-1901)
22767 2C 1725
Gaetano Avesani (?-1845)
22776 2C 1734-22780 2C 1738
italiano XIX secolo
22781 2C 1739
Pietro Orseolo Massalongo (1854-1901)
22782 2C 1740
italiano XIX secolo
22783 2C 1741
veronese XIX secolo
22827 2C 1785, 22828 2C 1786
italiano XIX secolo
22829 2C 1787-22832 2C 1790
veronese XIX secolo
22833 2C 1791
italiano XIX secolo
22834 2C 1792
Carlo Amati (XIX secolo)
22846 2C 1804, 22847 2C 1805
italiano XIX secolo
22848 2C 1806
Francesco Bazerla (1826-1891)
22849 2C 1807, 22850 2C 1808
italiano XIX secolo
indice
DISEGNI FIGURATIVI
ARCHITETTURA
22894 2C 1852, 22895 2C 1853
Gaetano Avesani (?-1854)
25438 2B 1953v
bottega di Paolo Farinati
(1524-1606)
22898 2C 1856
veronese XIX secolo
22912 2C 1870
italiano XIX secolo
23189 2C 1874, 23190 2C 1875
Carlo Ederle (1760-1835)
23191 2C 1876r/v
veronese XIX secolo
23528 2C 1878
italiano XIX secolo
23530 2C 1880
Pietro Orseolo Massalongo
(1854-1901)
23568 2C 1918
Angelo Gottardi (1826-1911)
23569 2C 1919, 23570 2C 1920
veronese XIX secolo
25183 2C 1939, 25184 2C 1940
Mario Rogolotti (1915-1961)
25432 2B 1947
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25436 2B 1951r/v, 25437 2B 1952r/v
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25441 2B 1956r/v-25444 2B 1959
bottega di Paolo Farinati
(1524-1606)
25448 2B 1963, 25449 2B 1964
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25451 2B 1966
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25453 2B 1968
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25455 2B 1970r/v-25461 2B 1976
bottega di Paolo Farinati
(1524-1606)
25513 2B 2029r/v
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25521 2B 2037r/v
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25522 2B 2038v-22525 2B 2041
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25527 2B 2043
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25528 2B 2044v, 25529 2B 2045
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25535 2B 2051
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25537 2B 2053
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25464 2B 1979
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25539 2B 2055
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25469 2B 1984
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25556 2B 2072
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25501 2B 2016r/v, 25502 2B 2017
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25563 2B 2079
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25507 2B 2022
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25566 2B 2082, 25567 2B 2083
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25510 2B 2026v
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
indice
DISEGNI FIGURATIVI
ARCHITETTURA
25587 2B 2085
A. Zorzi (XIX secolo)
Elementi architettonici
30601 2B 2099
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
30607 2B 2105r
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
30615 2B 2113, 30616 2B 2114
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
30618 2B 2116
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
30621 2B 2119
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
30623 2B 2121r/v
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
30627 2C 2125
Gaetano Avesani (?-1845)
30874 2C 2129
veronese XIX secolo
30876 2C 2131
Ferdinando Albertolli (1781-1844)
31507 2C 2153- 32186 2C 2812
Carlo Scarpa (1906-1978)
12697 2B 173
Francesco Personi (1754-1843)
13204 2C 667
Andrea Monga (1794-1861)
19894 2C 1234-19905 2C 1245
veronese XX secolo
22854 2C 1812
Pietro Orseolo Massalongo
(1854-1901)
25438 2B 1953r
bottega di Paolo Farinati
(1524-1606)
25445 2B 1960r/v-25447 2B 1962
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25450 2B 1965v
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25494 2B 2009
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25503 2B 2018
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25506 2B 2021
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25508 2B 2023r
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25512 2B 2028
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25528 2B 2044r
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25530 2B 2046
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25543 2B 2059v
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25545 2B 2061
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25547 2B 2063
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25548 2B 2064r
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25557 2B 2973
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
30602 2B 2100
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
30606 2B 2104
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
30622 2B 2120v
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
indice
DISEGNI FIGURATIVI
ARCHITETTURA
22562 2C 1520
italiano XIX secolo
22683 2C 1641
veronese XIX secolo
22872 2C 1830
Giuseppe Bazerla (XIX secolo)
22576 2C 1534
Gaetano Avesani (?-1845), attr.
22724 2C 1682-22741 2C 1699
italiano XIX secolo
22873 2C 1831-22879 2C 1837
italiano XIX secolo
Ordini architettonici
22763 2C 1721-22766 2C 1724
Marco Antonio Pagan de Paganis
(1817 - post 1870)
22880 2C 1838
Francesco Bazerla (1826-1891)
12656 2C 132/9v, 12656 2C 132/10
veneto XIX secolo
12656 2C 132/11v
veneto XIX secolo
12656 2C 132/12v, 12656 2C 132/13r/v
veneto XIX secolo
12656 2C 132/14v
veneto XIX secolo
12656 2C 132/15v
veneto XIX secolo
12656 2C 132/16v
veneto secolo XIX
12656 2C 132/17v
veneto XIX secolo
22454 2C 1412v
piemontese XIX secolo
22604 2C 1562, 22605 2C 1563
italiano XIX secolo
22813 2C 1771v-22815 2C 1773r/v
italiano XIX secolo
22816 2C 1774r/v
Giovanni Franchini (XIX secolo)
22817 2C 1775
italiano XIX secolo
22881 2C 1839-22889 2C 1847r/v
italiano XIX secolo
DECORAZIONE / ORNATO
12627 2B 87
Andrea Urbani (1711-1797) (?)
22819 2C 1777-22822 2C 1779
italiano XIX secolo
12642 2B 104
Bartolomeo Ridolfi
(circa 1520 - circa 1570) (?)
22823 2C 1781
Francesco Bazerla (1826-1891)
12720 2B 196r
Francesco Personi (1754-1843), attr.
22851 2C 1809-22853 2C 1811
italiano XIX secolo
12751 2B 227
Francesco Personi (1754-1843), attr.
22855 2C 1813, 22856 2C 1814
italiano XIX secolo
12762 2B 238v
italiano XIX secolo
22857 2C 1815
Gaetano Tamini (XIX secolo)
12764 2B 240v
italiano XIX secolo
22858 2C 1816-22871 2C 1829
italiano XIX secolo
indice
DISEGNI FIGURATIVI
DECORAZIONE/ORNATO
12768 2B 244v
italiano XIX secolo
17405 2C 814v
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
22424 2C 1382-22429 2C 1387
italiano XIX secolo
12770 2B 246v
italiano XIX secolo
17553 2C 870
Angelo Recchia (1816-1882)
22438 2C 1396-22454 2C 1412r
italiano XIX secolo
12774 2B 250v
italiano XIX secolo
17930 2C 1110-17934 2C 1114
Elisa Belloni (notizie dal 1894)
22455 2C 1413-22500 2C 1458
italiano XIX secolo
12775 2B 251v
italiano XIX secolo
17974 2C 1146-17976 2C 1148
Felice Scala (XIX secolo)
22502 2C 1460-22510 2C 1468
italiano XIX secolo
12857 2B 328v
italiano XIX secolo
19889 2B 1229
veneto XVIII secolo
22521 2C 1479, 22522 2C 1481
italiano XIX secolo
13128 2B 596
italiano XVIII secolo
22385 2C 1543
Giuseppe Romeo Cristani (1855-1920)
22524 2C 1482
Mario Sironi (1885-1961) (?)
13157 2B 625
italiano XIX secolo
22397 2C 1395v-22402 2C 1360r/v
Giuseppe Romeo Cristani (1855-1920)
22529 2C 1487, 22530 2C 1488
italiano XIX secolo
13188 2B 656
Angelo Finali (1709 - circa 1773),
copia da, XIX secolo
22403 2C 1361Ar
Giuseppe Romeo Cristani (1855-1920)
22542 2C 1500-22545 2C 1503
Giuseppe Romeo Cristani (1855-1920)
22403 2C 1361Bv
Giuseppe Romeo Cristani (1855-1920)
22563 2C 1521
Andrea Monga (1794-1861), attr.
22403 2C 1361Cv
Giuseppe Romeo Cristani (1855-1920)
22586 2C 1544-22589 2C 1547
Giuseppe Romeo Cristani (1855-1920)
17347 2C 756
Angelo Recchia (1816-1882)
22404 2C 1362-22415 2C 1373r/v
Giuseppe Romeo Cristani
(1855-1920)
22634 2C 1592, 22635 2C 1593
veronese XIX secolo
17381 2C 790
Angelo Recchia (1816-1882), attr.
22416 2C 1374-22422 2C 1380
italiano XIX secolo
13206 2C 669r
Andrea Monga (1794-1861), attr.
17346 2C 755
veronese XIX secolo
indice
DISEGNI FIGURATIVI
DECORAZIONE/ORNATO
22636 2C 1594
Giuseppe Bazerla (XIX secolo)
25462 2B 1977r/v, 25463 2B 1978 A-B
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25518 2B 2034
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
22637 2C 1595-22650 2C 1608
veronese XIX secolo
25467 2B 1982
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25522 2B 2038r
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
22664 2C 1622, 22665 2C 1623
Giuseppe Bazerla (XIX secolo)
25470 2B 1985
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25526 2B 2042
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
22666 2C 1624-22682 2C 1640
veronese XIX secolo
25472 2B 1987-25490 2B 2005
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25531 2B 2047-25534 2B 2050
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
22684 2C 1642-22690 2C 1648
veronese XIX secolo
25492 2B 2007, 25493 2B 2008
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
22691 2C 1649v-22694 2C 1652
veronese XIX secolo
25495 2B 2010, 25496 2B 2011
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25536 2B 2052r/v
bottega di Paolo Farinati
(1524-1606)
22758 2C 1716-22760 2C 1718
Francesco Bazerla (1826-1891)
25498 2B 2013r/v-25501 2B 2016r/v
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
22825 2C 1783
italiano XIX secolo
25504 2B 2019, 25505 2B 2020
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25439 2B 1954, 25440 2B 1955r
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25509 2B 2025r/v, 25510 2B 2026r
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25450 2B 1965r
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25511 2B 2027r/v
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25452 2B 1967
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25514 2B 2030r/v-25516 2B 2032
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25454 2B 1969r/v
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25517 2B 2033
italiano XVIII secolo
25538 2B 2054
bottega di Paolo Farinati
(1524-1606)
25540 2B 2056-25543 2B 2059r
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25544 2B 2060
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25546 2B 2062
italiano XVIII secolo
25551 2B 2067, 25552 2B 2068
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25558 2B 2074-25562 2B 2078
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
indice
DISEGNI FIGURATIVI
SCENOGRAFIA - STEMMI
25564 2B 2080, 25565 2B 2081
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
SCENOGRAFIA
13309 2C 159
italiano XX secolo
25568 2B 2084
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
12646 2B 122
Giovanni Garbini
(seconda metà XVIII secolo) (?)
30603 2B 2101
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
12676 2B 152, 12677 2B 153
Giuseppe Segusini (1801-1876)
25465 2B 1980r/v, 25466 2B 1981
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
30605 2B 2103
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
12812 2B 288-12819 2B 295
italiano XVIII secolo
25468 2B 1983
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
30608 2B 2106
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
16277 2B 711
Tranquillo Orsi (1771-1845)
25471 2B 1986
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
30617 2B 2115
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
17313 2C 722
veneto XVIII secolo
25491 2B 2006
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
30619 2B 2117
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
22897 2C 1855
italiano XVIII secolo
25549 2B 2065, 25550 2B 2066
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
30622 2B 2121r
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25519 2B 2035, 25520 2B 2036
italiano XVIII secolo
25553 2B 2069
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
30624 2B 2122r/v, 30625 2B 2123
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25554 2B 2070r
italiano XVIII secolo
30604 2B 2102
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
STEMMI
30609 2B 2107r/v-30614 2B 2112
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
12970 2C 441
veneto XIX secolo
30620 2B 2118
bottega di Paolo Farinati (1524-1606)
25554 2B 2070v
italiano XVIII secolo
17360 2C 769
Angelo Recchia (1816-1882)
13205 2C 668r
Andrea Monga (1794-1861)
indice
DISEGNI FIGURATIVI
DISEGNO SCIENTIFICODOCUMENTARIO
DISEGNI NON FIGURATIVI
25589 2A 2087
veronese XVI secolo
22807 2C 1765-22812 2C 1770
Pietro Orseolo Massalongo (1854-1901)
DISEGNI NON FIGURATIVI
DISEGNO
SCIENTIFICO-DOCUMENTARIO
23529 2C 1879
Pietro Orseolo Massalongo
(1854-1901), attr.
12967 2B 438
Francesco Personi (1754-1843)
13018 2C 487
Luigi Trezza (1752-1823)
13158 2B 626
italiano XIX secolo
23531 2C 1881
Pietro Orseolo Massalongo
(1854-1901), attr.
22540 2C 1498
Mario Sironi (1885-1961)
23168 1C3637
Sakuno (XX secolo)
25801 2C 2088/1-12
Giovanni Meloni (1940)
30628 2C 2126
Giovanni Ciotta (1824-1903)
17554 2C 871
italiano XIX secolo
22514 2C 1472
italiano XX secolo
22538 2C 1496, 22539 2C 1497
italiano XIX secolo
22578 2C 1536-22581 2C 1539
Pietro Orseolo Massalongo (1854-1901)
22768 2C 1726-22775 2C 1733
Pietro Orseolo Massalongo (1854-1901)
22791 2C 1749-22795 2C 1753
Pietro Orseolo Massalongo (1854-1901)
22804 2C 1762
Pietro Orseolo Massalongo (1854-1901)
indice
Comune di Verona
Assessorato alla Cultura
Museo di Castelvecchio
Direzione della mostra
Paola Marini
Giorgio Marini
Ufficio stampa
Studio Lavia, Padova
Electa, Milano
Coordinamento organizzativo
Anna Pasti
Promozione
Studio Lavia, Padova
Amministrazione
Rosanna Anderluzzi
Gloria Maroso
Elisabetta Marcati
Allestimento
Alba Di Lieto
Sistemazione di Sala Boggian a cura del
Settore Lavori Pubblici del Comune di Verona
Grafica e logo
Carlo Buffa
Dirigente
Luciano Ortolani
Calligrafia
Brody Neuenschwander
Direzione del cantiere
Sergio Menon
Realizzazione passepartout
Lucio Tuzza
Progetto impianti
Alessandro Bortolan
Segreteria
Daniela Bonetti
Liliana Fenzi
Fabia Pinali
Maria Tosi
Sezione didattica
Caterina Giardini
Enrico Padovani
Linda Perini
Andrea Tomezzoli
Realizzazione gigantografie e didascalie
Graphic Report
Fotografie
Umberto Tomba
Fotoriproduzioni
Orbit
indice
Impianti tecnologici
Mariano Torneri, Adriano Perlini,
Claudio Menegatti, Roberto Rio,
Lucio Guerra, Mariano Mazzi
Particolare gratitudine va a Giorgio Vigo e
Daniela Preti della Direzione regionale cultura e flussi migratori della Regione del
Veneto, insieme a Fabrizio Magani
Impianti elettrici e illuminazione
Oscar Scattolo
Catalogo a cura di
Sergio Marinelli, Giorgio Marini
Servizi tecnici
Sandro Bassi, Gianfranco Caselli,
Fulvio Don, Fabio Guardini
Saggi di
Sergio Marinelli, Giorgio Marini
Postazione video
Vecomp
Grafica video
Fabio Corubolo
Hanno collaborato alla realizzazione della mostra
Alca Impianti Elettrici, Paola Anti,
Centrocolor, Cortella, Edisal Floor,
Elettrotecnica Grassi, Eximag Impianti di
Sicurezza, Karma srl, Oggetti e Soggetti,
Quaglia srl, Lisa Rubenstein Calevi,
Vetroservice, VIP color, Falegnameria
Zanetti
Servizi di custodia
Associazione per l’Autogestione dei
Servizi e la Solidarietà (AUSER)
Schede di
Diego Arich de Finetti [DA]
Alba Di Lieto [ADL]
Sergio Marinelli [SM]
Giorgio Marini [GM]
Flavia Pesci [FP]
Mari Pietrogiovanna [MP]
Andrea Tomezzoli [AT]
Anna Chiara Tommasi [ACT]
Si ringraziano tutti coloro che, a diverso
titolo, ci hanno offerto collaborazione nel
corso del lavoro di ricerca e nella preparazione del catalogo e dell’esposizione
Filippa Aliberti Gaudioso, Irina Artemeva,
Sylvie Béguin, Margherita Bolla, Suzanne
Boorsch, Giulio Bora, Nicoletta Boschiero,
Alessia Castellani, Chiara Ceschi, Hugo
Chapman, Robert R. Coleman, Anna Maria
Conforti Calcagni, Agostino Contò, Steven
Coppel, Dominique Cordellier, Alessandro
Corubolo, Giorgia Dalla Pietà, Silvano De
Tuoni, Monica De Vincenti, Mario Di
Giampaolo, Stefania Di Gioia, Attilia
Dorigato, Hans-Joachim Eberhardt,
Alberta Faccini, Marzia Faietti, Andrea
Ferrarini, Peter Feuz, Chris Fischer, Lucia
Fornarí Schianchi, Fiorella Frisoni, Peter
Fuhring, Caterina Giardini, Marco Girardi,
Catherine Goguel, Mario Guderzo, Simone
Guerriero, Enrico Maria Guzzo, Kathrin
Heckel, Marianne Joannides Fuchs, Laura
Lorenzoni, Adriano Mariuz, Gloria Maroso, Angelo Mazza, Joan Monnier, Claudia
Munari, Mary Newcome Schleier, Enrico
Padovani, Rossella Patrizio, Giuseppe
Pavanello, Gianni Peretti, Paola Pettenella,
Fabrizio Pietropoli, Stefano Pisani,
Simonetta Prosperi Valenti Rodinò, Chiara
Rigoni, Giovanni Romano, Sandra Romito,
Martin Royalton-Kisch, Elisabetta
Saccomani, Loretta Salvador, Monica
Saracino, José Maria Garcia Solana, Franco Spaliviero, Dario Tagliabue, Marco
Tanzi, Deborah Tosato, Barbara Tosetti,
Pierluigi Verlini, Aidan Weston-Lewis,
Renato Zironda
indice