La valutazione del rischio sanitario correlato all`inquinamento

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La valutazione del rischio sanitario correlato all`inquinamento
Direzione Sanitaria
Centro Tematico di Epidemiologia Ambientale
LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO SANITARIO
CORRELATO ALL’INQUINAMENTO
ATMOSFERICO NEI CENTRI URBANI
G. Blengio § - L. De Noni * - S. Falcone § - S. Manservisi *
Anno 2004
Quaderno n.1
§ Dott. G. Blengio
Direttore del Centro Tematico Regionale di Epidemiologia Ambientale
Responsabile Servizio di Epidemiologia ASL n. 22
* Dott.ssa L. De Noni
Dirigente Medico SISP ASL n.20
§ Dott. S. Falcone
Dirigente Medico Servizio di Epidemiologia ASL n. 22
* Dott.ssa S. Manservisi
Dirigente Medico SISP ASL n.20
0
INDICE
SOMMARIO
Pag.
3
Pag.
4
Pag.
7
LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO SANITARIO CORRELATO
ALL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO NEI CENTRI URBANI
Pag.
10
Raccolta dati e valutazione dell’esposizione
Pag.
11
La valutazione delle funzione dose-risposta
Pag.
12
La valutazione di impatto sanitario
Pag.
13
Pag.
15
STIMA DEGLI EFFETTI DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO
Pag.
17
Effetti sulla salute degli inquinanti aerodispersi
Pag.
17
Stime di impatto negli studi epidemiologici
Pag.
18
Pag.
21
Pag.
24
Capitolo 1
RASSEGNA STORICA
Capitolo 2
GLI INQUINANTI E GLI INDICATORI DI EFFETTO SANITARIO
Capitolo 3
Capitolo 4
INCERTEZZE NEGLI STUDI DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO
Capitolo 5
Capitolo 6
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
1
2
SOMMARIO
Il presente lavoro ha lo scopo di raccogliere le più rilevanti evidenze scientifiche in ordine
all’impatto sanitario determinato dall’inquinamento atmosferico nelle aree urbane.
Sulla base di tale disamina si cercherà di stimare, utilizzando appropriati indicatori-surrogato del
mix di inquinanti presenti nell’aria, alcuni effetti sanitari (in particolare la mortalità per cause
naturali) per i quali vi è sufficiente evidenza di rapporto causale con tali indicatori.
Dopo una breve rassegna storica dei principali studi sugli effetti sanitari dell’inquinamento
atmosferico (Capitolo 1) tesi ad indagare la presenza di una relazione causale tra inquinamento
atmosferico e vari effetti sulla salute, verranno considerati gli inquinanti atmosferici associabili ad
eventi sanitari avversi, e che pertanto possono essere utilizzati come indicatori affidabili per lo
studio degli effetti dell’inquinamento atmosferico, e gli eventi sanitari rilevanti per la valutazione
dell’impatto sanitario dell’inquinamento atmosferico (Capitolo 2).
Nel Capitolo 3 saranno richiamati gli aspetti teorici relativi alla valutazione del rischio sanitario
ambiente-correlato, con riferimento, nel caso specifico, all’inquinamento atmosferico nei centri
urbani.
Dopo una discussione sulle fonti di incertezza nel processo di valutazione del rischio (Capitolo 4) si
passerà infine a fornire, sulla base dei più attendibili indicatori riportati dalla letteratura corrente,
stime di impatto in termini di eccesso di mortalità per cause naturali attribuibile all’inquinamento
atmosferico nelle aree urbane (Capitolo 5).
3
Capitolo 1
RASSEGNA STORICA
Durante l’ultima decade sono stati pubblicati numerosi studi scientifici indicanti un’associazione
causale tra gli inquinanti atmosferici ai quali l’uomo è abitualmente esposto nei centri urbani e la
comparsa di un ampio spettro di sintomi e patologie acute e croniche fino alla morte.
I primi studi sugli effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico risalgono peraltro alla prima metà
del XX secolo (1, 2), a seguito dei drammatici e severi episodi di inquinamento atmosferico
verificatisi in Belgio nel 1930 (3), in Pennsylvania nel 1948 (4), a Londra nel 1952 (5).
Questi primi studi inerenti gli episodi citati erano metodologicamente molto semplici e si basavano
sul confronto del numero di morti, verificatisi prima, durante e dopo gli episodi di inquinamento,
per parecchi giorni o settimane. Venne comunque dimostrata un’associazione tra la mortalità per
cause cardiache e polmonari e concentrazioni estremamente elevate di particolato e/o ossido di
zolfo nell’aria. Tali studi contribuirono a generare l’opinione prevalente che importanti effetti
sanitari si presentassero solo in occasione di concentrazioni molto elevate di inquinanti (6).
I primi studi ‘formali’ su serie-temporali vennero condotti negli anni ‘70 e ‘80, quando alcuni
ricercatori cominciarono a raccogliere dati sulla mortalità giornaliera e sull’inquinamento
provenienti da diverse città e comunità per vari anni ed ad analizzare la correlazione nei dati (7).
L’approccio basato sulle serie-temporali permette di non focalizzare l’attenzione solo sugli episodi
di inquinamento estremamente severo, ma di valutare gli effetti della mortalità ai livelli comuni
(anche bassi) di inquinamento.
All’inizio degli anni ‘90 furono pubblicati numerosi studi che usavano modelli statistici avanzati.
Molti di questi studi valutavano l’effetto mortalità in periodi temporali ed in città in cui i livelli di
inquinamento raramente superavano gli standard di qualità dell’aria (7, 8). Anche in queste
condizioni furono osservate associazioni significative tra il numero di morti giornaliere e le polveri
sospese. Le associazioni tra le diverse misure di inquinamento da particolato e la mortalità
persistevano anche a concentrazioni basse.
Dopo la pubblicazione di questi primi studi su serie temporali, ci si preoccupò della loro
riproducibilità e dell’adeguatezza del controllo dei fattori confondenti. I risultati degli studi citati
sono stati ampiamente replicati e si sono dimostrati consistenti rispetto alle diverse tecniche di
4
controllo delle variabili di tipo climatico e stagionale. Nella figura 1 (quadri A-D) vengono riportati
alcuni diagrammi di relazioni esposizione-risposta tratti da studi effettuati su singole città (9, 10, 11,
12): l’andamento di tale relazione è spesso vicino alla linearità, senza una soglia definita.
Negli anni ‘90 sono stati poi pubblicati anche studi multicentrici, che si basano sulla analisi
dell’inquinamento atmosferico, della mortalità e degli effetti a breve termine in più città studiate
contemporaneamente e con protocolli omogenei (13, 14).
L’associazione tra esposizione a lungo termine ed effetti sanitari non è stata così ampiamente
indagata, come è stato fatto invece per l’esposizione a breve termine. Tuttavia alcuni studi
trasversali di mortalità ed almeno due importanti studi di coorte prospettici hanno dimostrato
un’associazione significativa tra la mortalità, soprattutto per causa cardiaca e polmonare, e
l’inquinamento da PM10 (particelle di polvere di diametro aerodinamico inferiore a 10 micron).
Nella figura 1 (quadri E-F) sono illustrati i tassi di mortalità aggiustati ed i rapporti tra tassi di città
statunitensi in base ai livelli medi di particolato fine ricavati in due studi di coorte prospettici
sull’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico (15, 16). Anche in questo caso
l’effetto sulla mortalità può essere ragionevolmente considerato lineare e privo di una soglia
apprezzabile.
In conclusione si può affermare che dalla rassegna storica della letteratura in materia appare del
tutto probabile e ragionevole ammettere un ruolo causale dell’inquinamento atmosferico nei centri
urbani nei confronti di diversi effetti sulla salute, richiamati in dettaglio nei capitoli successivi,
risultando sostanzialmente rispettati gli ‘storici’ criteri di associazione causale indicati da Sir
Bradford-Hill.
5
Fig. 1: Diagrammi di relazioni esposizione-risposta per esposizione a breve termine (quadri A-D) e a lungo
termine (quadri E-F)
6
Capitolo 2
GLI INQUINANTI E GLI INDICATORI DI EFFETTO
SANITARIO
Gli inquinanti considerati di maggiore interesse sanitario sono il PM10 (particelle di polvere di
diametro aerodinamico inferiore a 10 micron), gli ossidi di azoto e di zolfo, il benzene e gli
idrocarburi policiclici aromatici (IPA).
La maggior parte degli studi di settore ha focalizzato l’attenzione sugli effetti del particolato,
eventualmente ‘aggiustati’ per gli altri inquinanti. Data la diffusa presenza di particolato inquinante
nelle città, un vasto gruppo di persone risulta esposto ed il peso totale sulle condizioni di salute è
notevole.
Le polveri fini ed ultrafini (PM10 e PM2.5) sembrano essere gli inquinanti maggiormente associati
con eventi sanitari avversi, dai sintomi respiratori acuti alla mortalità prematura, e vengono
utilizzati come indicatori affidabili per lo studio degli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla
salute anche in relazione al loro comportamento, simile a quello di un aeriforme, con distribuzione
uniforme su aree geografiche molto ampie: in particolare risulta diffusamente utilizzata la
concentrazione media del PM10, che risulta un buon surrogato delle effettive concentrazioni di
esposizione al mix di inquinanti presenti nell’aria. Gli effetti del PM10 sono proporzionali ai suoi
valori di concentrazione nell’aria e non sono noti valori ‘soglia’ (valori al di sotto dei quali non si
verifica alcun danno alla salute).
Molti eventi sanitari sono potenzialmente rilevanti per la valutazione dell’impatto sanitario
dell’inquinamento. Recentemente un comitato dell’American Thoracic Society ha identificato
numerosi effetti di tipo respiratorio, associati all’inquinamento atmosferico, che possono essere
considerati avversi, potendo indurre un progressivo peggioramento della qualità della vita, fino
all’evento ‘morte’ per patologie respiratorie (17). In generale la frequenza della comparsa
dell’evento sanitario è inversamente correlata alla sua gravità (figura 2).
Ciò suggerisce che l’impatto sanitario complessivo dell’inquinamento sia superiore a quello stimato
sulla base dei soli eventi più gravi, ma meno frequenti.
7
Fig. 2 : Piramide degli effetti sanitari da inquinamento atmosferico
Un gruppo di lavoro dell’OMS ha prodotto una lista di eventi che comprende le condizioni sia acute
che croniche verosimilmente associate all’inquinamento atmosferico (18) e per questo interessanti
nell’ambito della valutazione dell’impatto sanitario (tabella 1).
Alcuni effetti dell’inquinamento, noti o sospetti, derivano da costituenti diversi rispetto alle polveri
sospese comunemente misurate; altri inquinanti, come ozono, NO2 ed SO2 , o benzene e IPA, non
devono essere ignorati ed in alcune situazioni particolari essi possono essere dei sostituti migliori
per la valutazione dell’inquinamento causato da sorgenti specifiche rispetto al particolato.
L’impatto sanitario dell’inquinamento atmosferico in una determinata città dipende quindi anche
dallo specifico ‘mix’ di inquinanti.
La presente rassegna prenderà tuttavia in esame le stime di effetto correlate alle concentrazioni
nell’aria del particolato (espresso come PTS - polveri totali sospese - o come PM10 , misurato
direttamente o derivato dai valori di PTS, attraverso appropriato fattore di conversione), trattandosi
dell’indicatore di inquinamento atmosferico di gran lunga più studiato.
8
Tab. 1 : Eventi sanitari rilevanti per la valutazione dell’impatto sanitario dell’inquinamento atmosferico
Eventi acuti
- Mortalità giornaliera
- Ricoveri ospedalieri per sintomi respiratori
- Ricoveri ospedalieri per sintomi cardiovascolari
- Visite al Pronto Soccorso per problemi cardiaci o respiratori
- Cure primarie per problemi respiratori o cardiaci
- Uso di farmaci respiratori o cardiovascolari
- Giorni di ridotta attività
- Giorni di lavoro persi
- Giorni di assenza scolastica
- Automedicazione
- Sintomi acuti
- Variazioni fisiologiche, per esempio della funzione polmonare
Eventi cronici
- Mortalità a lungo termine per patologie croniche cardiache e/o respiratorie (bambini/adulti)
- Malattie croniche respiratorie (asma, BPCO …) e cardiovascolari
- Variazioni croniche nella funzione respiratoria
- Tumore polmonare
Effetti sulla riproduzione
- Complicazioni della gravidanza (compresa la morte fetale)
- Basso peso alla nascita
- Parti pre-termine
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Capitolo 3
LA
VALUTAZIONE
DEL
RISCHIO
SANITARIO
CORRELATO ALL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO NEI
CENTRI URBANI
In linea generale, il processo di valutazione del rischio si può suddividere in 4 fasi, schematizzate in
figura 3:
1. raccolta dei dati relativi alle fonti di inquinamento e loro valutazione;
2. valutazione della tossicità delle sostanze chimiche presenti nell’area;
3. valutazione dell’esposizione della popolazione;
4. caratterizzazione del rischio.
Nella specifica valutazione del rischio per la salute correlato all’inquinamento atmosferico nei
centri urbani si possono distinguere le fasi esposte nei paragrafi seguenti.
Fig. 3 : Schema per la valutazione del rischio
Raccolta dati e valutazione
• Raccolta e analisi di dati rilevanti sul sito
• Identificazione di potenziali agenti chimici di
interesse sanitario
Valutazione dell’esposizione
Valutazione della tossicità
STEP 1
• Raccolta di informazioni sulla tossicità quantitativa e
• Analizzare il rilascio di contaminanti
• Identificare le potenziali vie di esposizione
• Stimare le concentrazioni di esposizione per le
qualitativa
• Determinare i valori appropriati per la tossicità
diverse vie di esposizione
STEP 2
• Stimare l’assunzione del contaminante per le diverse
vie di esposizione
• Identificare le popolazioni esposte
Caratterizzazione del rischio
• Stimare il rischio cancerogeno
• Stimare i quozienti di rischio non cancerogeno
• Valutare incertezze
• Riassumere l’informazione sul rischio
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Raccolta dati e valutazione dell’esposizione
La misurazione del PM10 è abitualmente utilizzata come surrogato della misurazione del più
complesso mix di particelle e gas che generano l’inquinamento atmosferico nei centri urbani. Tale
misurazione è stata introdotta solo recentemente nella maggior parte delle città. Prima erano
disponibili prevalentemente dati sulle polveri totali sospese (TSP), dai quali è comunque possibile
ricavare, attraverso appositi fattori di conversione (in ragione prevalentemente del metodo di
misura) la concentrazione di PM10.
Il monitoraggio dei livelli di PM10 nell’aria viene effettuato in differenti punti di ogni città. In Italia
le caratteristiche delle stazioni di monitoraggio sono indicate dalla legge (D.M. 20.05.1991) che
definisce quattro tipologie principali di stazioni:
- tipo A: stazione di background o di riferimento;
- tipo B: stazione ad alta densità di popolazione;
- tipo C: stazione ad alto traffico;
- tipo D: suburbano fotochimico.
La misurazione più adeguata è stata ritenuta, nello studio MISA (14), quella ricavata come media
delle medie annuali delle concentrazioni medie giornaliere registrate dalle stazioni di tipo B + C.
In tabella 2 sono riportati i valori delle concentrazioni medie annuali di PM10 nelle principali città
italiane (14, 19), mentre la tabella 3 illustra il 50° percentile della distribuzione delle concentrazioni
giornaliere di PM10 in alcune città europee (20).
Tab. 2 : Concentrazioni medie annuali di PM10 – principali città italiane
µg/m3
53.8
46.1
47.4
51.2
46.5
51.2
52.1
44.4
36.5
59.1
Torino (1998-1999)
Genova (1998-1999)
Milano (1998-1999)
Bologna (1998-1999)
Firenze (1998-1999)
Roma (1998-1999)
Napoli (1998-1999)
Palermo (1998-1999)
Verona (1995-1999)
Ravenna (1991-1995)
11
Tab. 3 : 50° percentile della distribuzione delle concentrazioni giornaliere di PM10 – città europee
Atene (1992-1996)
Barcellona (1991-1996)
Birmingham (1992-1996)
Budapest (1992-1995)
Cracovia (1990-1996)
Ginevra (1990-1995)
Helsinki (1993-1996)
Londra (1992-1996)
Lione (1993-1997)
Madrid (1992-1995)
Parigi (1991-1996)
Praga (1992-1996)
Stoccolma (1990-1996)
Tel-Aviv (1991-1996)
Zurigo (1990-1995)
µg/m3
40
60
21
40
54
33
23
25
39
33
22
66
14
43
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La valutazione della funzione esposizione-risposta
Gli studi epidemiologici inerenti l’inquinamento atmosferico tipicamente esplorano la presenza di
un’associazione statistica tra la frequenza di un determinato evento sanitario e le concentrazioni di
inquinante, esprimendo tale associazione, ove possibile, tramite una funzione esposizione-risposta.
Tale funzione equivale alla più nota funzione dose-risposta (tipica degli studi tossicologici),
assumendo che la concentrazione di esposizione sia quella misurata o stimata alla superficie di
contatto individuo/matrice ambientale contaminata. Per ricavare tale funzione non sono richieste le
estrapolazioni necessarie per la maggior parte degli studi tossicologici o clinici.
Per ciò che riguarda l’evento (= risposta) morte, sia gli studi basati sull’analisi delle serie temporali
della mortalità giornaliera che gli studi di coorte sulla mortalità in periodi di tempo estesi
forniscono le informazioni necessarie, anche se di natura differente alla valutazione dell’impatto
sanitario.
Gli studi sulle serie temporali della mortalità giornaliera misurano solitamente l’incremento
percentuale nel tasso di mortalità giornaliera attribuibile all’esposizione recente all’inquinamento
atmosferico. Le stime così prodotte non risentono molto di errori di misurazione. Con tutta
probabilità diverse morti causate dall’inquinamento atmosferico si verificano tra coloro che sono
indeboliti da patologie croniche e da condizioni debilitanti transitorie. Tali decessi potrebbero
quindi risultare solo ‘anticipati’ di qualche giorno (‘harvesting’). Tale ipotesi è tuttavia contraddetta
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dal fatto che nel periodo immediatamente successivo a quello in cui è osservato un eccesso di
mortalità non si osserva l’atteso fenomeno opposto (riduzione della mortalità), legato alla riduzione
del ‘pool’ di soggetti “fragili”. In ogni caso, poiché gli effetti cronici da esposizione a medio e
lungo termine non possono essere quantificati in tali studi, gli effetti complessivi saranno con ogni
probabilità sottostimati e non sarà possibile calcolare con precisione il tempo di vita perso.
Gli studi di coorte, nei quali ampie popolazioni sono seguite per anni analizzandone la mortalità,
possono fornire stime più complete sia per ciò che riguarda il numero di decessi, sia per quel che
concerne la riduzione media dell’aspettativa di vita attribuibile all’inquinamento atmosferico. In tali
studi non vengono inclusi soltanto coloro la cui morte è stata anticipata per esposizione recente
all’inquinamento atmosferico, ma anche coloro che muoiono per patologie croniche causate da
esposizioni di lungo termine. Poiché gli studi di coorte forniscono una più completa stima
dell’effetto dell’inquinamento atmosferico sulla mortalità rispetto agli studi sulle serie temporali, i
loro risultati sarebbero di per sé da preferire nella valutazione dell’impatto sanitario.
Peraltro gli unici due importanti studi prospettici attualmente considerati in letteratura sono stati
condotti negli USA e pongono quindi problemi di ‘trasferibilità’ dei dati nella realtà europea ed
italiana, in particolare in considerazione dei diversi stili di vita della popolazione di riferimento ed
anche al presumibile mix di inquinanti presenti nell’ambiente urbano.
Viene quindi ritenuto appropriato effettuare una stima di impatto sanitario di tipo ‘conservativo’
(intendendo, in questa accezione, una stima ‘di minima’), fornendo quindi valori di ‘esito’ espressi
con formule del tipo ‘almeno pari a …’.
Per stimare gli effetti sanitari attribuibili all’esposizione all’inquinamento atmosferico si calcola la
variazione del valore dell’indicatore scelto, a partire da livelli ‘di fondo’ predefiniti, fino alle
concentrazioni ambientali rilevate in ogni città con le modalità descritte.
Tutte le stime di impatto così calcolate risultano certamente ‘prudenti’ rispetto all’impatto effettivo
associato all’esposizione a PM10 nella aree urbane, anche perché non sembra esistere, come detto,
alcun valore-soglia.
La valutazione di impatto sanitario
Nelle recenti valutazioni di impatto sanitario sono stati impiegati vari indicatori. In alcune
valutazioni è stato fatto uso di indici quali il rischio attribuibile o misure da esso derivate, quali il
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numero di casi attribuibili, per quantificare il peso delle patologie o dell’evento morte in una data
popolazione. L’impatto derivante dall’aumento del tasso di mortalità dovuto all’inquinamento
atmosferico è stato anche quantificato in termini di riduzione media dell’aspettativa di vita in una
determinata popolazione, usando indicatori quali gli anni di vita persi.
Per ogni indicatore di effetto sanitario (endpoint) è possibile calcolare una stima di Rischio Relativo
(RR) riassumendo le stime provenienti dai diversi studi disponibili. Viene in questo modo descritto
l’aumento della probabilità di insorgenza di un determinato evento sanitario in associazione ad un
determinato aumento nell’esposizione (solitamente 10 µg/m3 negli studi epidemiologici sul PM).
Dal valore del rischio relativo sono poi ottenibili, attraverso l’uso di semplici formule per le quali si
rimanda alla letteratura specializzata, sia i valori di morti evitabili (o ‘posticipabili’), sia gli anni
complessivi di vita persi attribuibili al livello di inquinamento atmosferico espresso come
concentrazione di PM10 (o equivalente) /m3 in eccesso rispetto ad un valore di base predefinito.
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Capitolo 4
INCERTEZZE NEGLI STUDI DI VALUTAZIONE DEL
RISCHIO
Esistono numerose incertezze e limitazioni nell’utilizzo delle evidenze epidemiologiche per predire
in che modo le condizioni di salute possono essere influenzate da variazioni nelle concentrazioni
ambientali di inquinanti.
Alcune di queste incertezze sono collegate ai possibili errori di misurazione nelle varie fasi del
processo (quantificazione della concentrazione ambientale e dell’esposizione della popolazione…).
L’interpretazione dei coefficienti derivanti dagli studi di coorte come indicatori di effetti da
esposizioni a lungo termine dipende dall’assunzione che le medie delle concentrazioni di inquinante
misurate in tempi relativamente recenti siano rappresentative di esposizione a lungo-termine.
Altre incertezze, nella stima della funzione dose-risposta, sono legate all’uso, nella maggior parte
degli studi, di stazioni di monitoraggio ‘centrali’ che misurano, possibilmente, l’esposizione media
della comunità, piuttosto che l’esposizione personale.
Un altro fattore di incertezza deriva dall’uso del PM10 come unico surrogato del mix complessivo di
inquinanti presenti nell’ambiente urbano.
Le valutazioni di impatto sanitario devono poi prendere in considerazione, al di là dei possibili
errori di misura, soprattutto le incertezze sulle stime. Tali incertezze derivano:
a) da errori casuali;
b) dalla possibile presenza di fattori confondenti non noti e di distorsione (bias) caratteristici
delle stime di effetto;
c) dall’esportazione di stime da una determinata popolazione ad un’altra.
Per gli aspetti relativi ai punti b) e c) le sole misure standard di precisione statistica delle stime
epidemiologiche (p-value, intervalli di confidenza…) non sono sufficienti.
Gli studi osservazionali sono in grado di dimostrare se esiste una relazione statisticamente
significativa tra gli effetti sulla salute e le concentrazioni di inquinante, ma tali studi non provano la
15
causalità della relazione. È possibile che una relazione statisticamente significativa sia in effetti
dovuta a qualche fattore non identificato (confondente) correlato alle concentrazioni di inquinante
ed all’effetto in studio. Tuttavia la probabilità di causalità è rafforzata quando i risultati
epidemiologici vengono replicati, come nel caso degli studi sull’inquinamento atmosferico, da
conclusioni simili in studi differenti. Inoltre la maggior parte degli studi più recenti è stata rigorosa
nel tentativo di controllare la maggior parte dei fattori confondenti.
Per quanto riguarda il trasferimento dei risultati da una popolazione ad un’altra, la valutazione
dell’impatto sanitario solitamente si applica alle stime di effetto dell’inquinamento atmosferico (ad
esempio coefficienti di regressione) derivate da studi in una singola popolazione per stimare gli
impatti in altre popolazioni.
Tali valutazioni implicano che le stime di effetto siano trasferibili o generalizzabili. Perché tale
asserzione sia effettivamente valida è necessario che le popolazioni siano simili nei fattori che
influenzano l’importanza delle stime di effetto. Fattori da considerare, a tal riguardo, sono la
miscela di inquinanti e lo stato sanitario di base della popolazione, ivi compresa la possibile
esistenza all’interno della popolazione di sottogruppi particolarmente suscettibili, quali asmatici,
anziani o bambini, nonché gli stili di vita delle popolazioni stesse.
Le valutazioni di impatto sanitario dovrebbero quindi prendere in considerazione principalmente le
stime di rischio fatte in studi multi-sito o in meta-analisi, al fine di contenere l’eterogeneità legata
sia alla variabilità casuale, sia alla presenza di diversità geografiche legate a fattori non misurati.
Per quanto riguarda più specificamente la già citata esportabilità dei risultati dagli studi statunitensi
ed europei all’Italia, si è ricordato che possono esistere fattori peculiari in grado di influenzare la
conseguente relazione esposizione-risposta. Ad esempio fattori quali il clima, le caratteristiche delle
abitazioni, il tempo trascorso all’esterno, l’attività fisica e la dieta, l’essere fumatore, la condizione
socio-economica, l’accesso alle cure sanitarie, il livello sanitario di base possono influenzare la
funzione dose-risposta. Occorre però considerare che tali osservazioni sono valide anche per gli
studi sulle serie temporali. Ebbene, quando questi ultimi sono stati riprodotti in Europa (19) ed in
Italia (13) le stime di effetto sono risultate del tutto compatibili con quelle indicate dagli studi
statunitensi.
16
Capitolo 5
STIMA
DEGLI
ATMOSFERICO
EFFETTI
DELL’INQUINAMENTO
Effetti sulla salute degli inquinanti aerodispersi
Gli inquinanti presenti in atmosfera possono determinare danni per la salute tanto per esposizioni a
breve termine (effetti acuti), quanto per esposizioni prolungate nel tempo (effetti cronici).
I dati di tutte le indagini epidemiologiche più recenti concordano nell’evidenziare un effetto nocivo
a breve termine delle alte concentrazioni di inquinanti primari (biossido di zolfo, biossido di azoto,
monossido di carbonio, particolato aerosospeso) espresso sia in termini di eccesso di mortalità, sia
di ricoveri per malattie respiratorie.
Particolarmente preoccupanti sono gli effetti acuti sui bambini, che costituiscono una
sottopopolazione vulnerabile agli inquinanti atmosferici. Nei primi due anni di vita si verificano gli
effetti respiratori più gravi (bronchite, bronchiolite, polmonite), ma questi sono presenti, seppure
con minore frequenza, anche in età successive.
Effetti analoghi ed aggiuntivi, in quanto tipicamente ‘cronici’, sono legati all’esposizione
prolungata agli inquinanti.
Complessivamente, secondo le linee guida dell’OMS (21), confrontando l’esposizione a
concentrazioni di 50 e di 100 µg/m3 di PM10 si evidenzia un raddoppio degli eventi sanitari avversi.
Su una popolazione di 1 milione di persone per esposizione di 3 giorni consecutivi sono stati
stimati:
- 4 morti in più a 50 µg/m3; 8 morti a 100 µg/m3;
- per i ricoveri si passa da 3 a 6;
- per l’uso di broncodilatatori si passa da 4.800 a 10.500;
- per i giorni di malattia si passa da 5.200 a 11.300.
Si è anche stimato che per ogni incremento di 10 µg/m3 nell’esposizione di polveri inferiori a 2.5
micron (PM2,5) si ridurrebbe l’aspettativa di vita di un periodo superiore ad un anno.
I più recenti studi epidemiologici attribuiscono all’inquinamento dell’aria nei centri urbani
percentuali variabili tra il 3% e l’8% della mortalità totale complessiva.
17
Uno studio condotto in Francia, Svizzera e Austria indica che il 50% della mortalità totale da
inquinamento atmosferico è attribuibile specificatamente all’inquinamento da traffico.
Per quanto riguarda gli effetti sul sistema respiratorio, in uno studio condotto nel comune di
Bologna (22) è stato evidenziato un aumento di incidenza di bronchite e disturbi respiratori del 25%
negli adulti e del 35% nei bambini per ogni incremento di 10 µg/m3 di PM10.
Nelle linee guida dell’OMS (21) non viene indicato un valore di riferimento per il PM10 poiché a
tutto oggi non è stato possibile individuare valori di PM10 al di sotto dei quali non si osservano
conseguenze per la salute.
L’OMS ribadisce, pertanto, la necessità di ridurre quanto più possibile le concentrazioni delle
polveri sottili ed alcuni organi nazionali ed internazionali si sono adeguati a queste indicazioni. È
stato comunque posto un obiettivo di qualità dell’aria pari a 40 µg/m3 (come media annuale) con
riduzione a 20 µg/m3 entro il 2010 (lo standard negli USA è invece di 30 µg/m3).
Per quanto riguarda il benzene, si ricorda che l’OMS nelle linee guida ha stimato che l’incremento
di rischio unitario (rischio aggiuntivo per ogni µg/m3) di insorgenza di leucemia è pari 6x10-6 e
l’Environmental Protection Agency statunitense stima che per 1.000.000 di persone esposte ci si
debba attendere un incremento di 7,5 casi di leucemia per ogni µg/m3 (per un tempo di vita di 70
anni).
Relativamente agli IPA, studi epidemiologici hanno evidenziato un rischio unitario per tumore da
Benzo(a)pirene di 8,7x10-5 per ng/m3 che corrisponde ad una caso di tumore in più ogni 10.000
persone esposte a 1,2 ng/m3 per tutta la vita (soprattutto tumori del polmone).
Stime di impatto nei principali studi epidemiologici
La maggior parte degli studi epidemiologici prodotti basa le proprie stime di effetto sanitario
sull’indicatore di effetto ‘mortalità’ per tutte le cause (escluse quelle traumatiche) o per le cause
specifiche respiratorie o cardiovascolari.
Per un confronto diretto tra le stime prodotte dagli studi più accreditati è quindi opportuno prendere
in considerazione tale effetto, espresso tanto in termine di anticipazione dell’evento morte (effetto a
breve termine), quanto in termine di incremento del tasso di mortalità comunemente inteso.
18
Le stime più recenti ed attendibili, in relazione alla realtà italiana ed europea, sulla mortalità ‘a
breve termine’ sono riportate nella tabella n. 4.
Negli studi longitudinali (di coorte) il rischio relativo nelle aree più inquinate rispetto alle aree
meno inquinate, aggiustato per sesso, età, fumo, educazione, esposizione lavorativa ed indice di
massa corporea, è stimato essere di 1.26 (IC 95% 1.08 – 1.47) nello studio “Six Cities” (13), e di
1.17 (IC 95% 1.09 – 1.26) nello studio “ACS” (24). Da questi valori si ricavano le stime riportate
nella Tabella n. 5.
..
Tab. 4 : Stime di mortalità (effetti a breve termine)
Incrementi percentuali di mortalità massimi e minimi osservati per incrementi di 10 µg/m3 PM10
Stima città specifica (IC 95%)
Stima globale (metanalisi) (IC 95%)
Minimo
Massimo
A effetti fissi
A effetti casuali
Milano: 0.6 (-0.1, 1.3)
Palermo 3.3 (2.2, 4.4)
1.1 (0.8, 1.4)
1.3 (0.6, 1.9)
Fonte: MISA (14)
Stima globale (metanalisi) (IC 95%)
A effetti fissi
A effetti casuali
0.85 (0.45, 1.5)
0.98 (0.35, 1.61)
Stima globale
0.75 (0.45, 1.5)
Fonte: MISA modificato (25)
Fonte: COMEAP/2000/17
Tab. 5 : Stime di mortalità (effetti a lungo termine )
Valori di incremento % di rischio di mortalità ‘naturale’ osservati per incrementi di 10 µg/m3 PM10
Stima globale
IC (95%)
Note
2.6
0.9 – 4.3
Età > 30 anni
Fonte: 8 città (19)
Studio “Six Cities” (13)
Studio “ACS” (24)
Incremento di rischio * (%)
IC (95%)
Incremento di rischio * (%)
IC (95%)
8.4
2.6 – 15.2
3.8
2.1 – 5.6
* Aggiustato per sesso, età, fumo, educazione, esposizione lavorativa ed indice di massa corporea; età > 30 anni
19
Una stima del tutto prudenziale, secondo il criterio riportato nel precedente paragrafo, dell’impatto
in termini di mortalità ‘naturale’ in una popolazione esposta all’inquinamento atmosferico urbano,
deve a nostro avviso basarsi principalmente sulle stime riportate negli studi di serie temporali,
anche in quanto direttamente riferibili alla situazione italiana.
Applicando pertanto le stime derivanti dallo studio MISA modificato (25), di recentissima
pubblicazione (metanalisi ad effetti fissi; stima analoga a quella prodotta dal Report
COMEAP/2000/17), ad una popolazione di riferimento di 1.000.000 abitanti (con età > 30 anni) e
con un tasso di mortalità annuale (per tutte le cause naturali) posto a 8/1.000, ci si dovrebbe
attendere, nell’ipotesi di un aumento della concentrazione media annua di 10 µg/m3 del PM10 , un
anticipazione del decesso in almeno 36 soggetti.
Ove si considerino anche gli effetti a lungo termine i valori delle stime, seppure con la maggiore
incertezza dovuta al ‘trasferimento’ dei valori ricercati da studi svolti negli Stati Uniti, aumentano
di molto e - come riportato in letteratura - comunque non meno di 10 volte rispetto a quanto
riscontrato negli studi a breve termine; tale stima risulta compatibile con le stime fornite dallo
studio OMS sulle otto maggiori città italiane (19).
20
Capitolo 6
CONCLUSIONI
La prevenzione basata sulle prove di efficacia (Evidence Based Prevention) ci insegna che la
valutazione degli effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico si deve basare su una solida
evidenza scientifica.
Tale evidenza deve emergere da una rassegna sistematica e rigorosa delle fonti di letteratura più
accreditate, con particolare riguardo alle metanalisi, sulle cui valutazioni e conclusioni spesso si
basano le indicazioni e, ove esistenti, i valori limite stabiliti da disposizioni di legge di vari Paesi.
Nel caso dell’inquinamento atmosferico dei centri urbani, i risultati di tali studi e rassegne sono
concordi nell’affermare l’esistenza di evidenti effetti sanitari nella popolazione esposta, in relazione
ad una situazione ambientale che è andata nel tempo progressivamente peggiorando e per la quale
non si prevedono prospettive di spontaneo miglioramento.
Gli effetti sanitari relativi all’esposizione all’inquinamento sono molteplici e gli indicatori di effetto
abitualmente misurati (mortalità e tassi di ricovero per patologie respiratorie e cardiache)
costituiscono solo una parte degli eventi sanitari conseguenti all’esposizione all’inquinamento
atmosferico.
Tali effetti possono essere acuti o cronici in quanto conseguenti ad esposizioni di breve o lungo
periodo: in ogni caso l’associazione con gli indicatori di esposizione all’inquinamento atmosferico
abitualmente rilevati (e tra questi principalmente PTS e/o PM10) viene comunque definita da tutti gli
studi citati, con maggiore o minore enfasi, di natura causale.
Gli elementi di incertezza che ancora permangono, esposti nel capitolo relativo del presente
documento, non sono in ogni caso giudicati tali da consentire ritardi nell’adozione di misure di
prevenzione e contenimento, tanto più in quelle aree dove le particolari condizioni meteo-climatiche
possono far perdurare nell’aria elevate concentrazioni di inquinanti.
Anche nel Piano Sanitario Nazionale 2002-2004 si fa riferimento agli effetti nocivi sulla salute
dell'esposizione ad inquinanti atmosferici, citando proprio lo studio sulle 8 città italiane (19). Per
quanto riguarda gli aspetti essenziali di prevenzione e protezione ambientale nelle aree urbane viene
ritenuto prioritario assicurare il rispetto delle vigenti normative in materia di livelli consentiti di
21
inquinanti atmosferici (obiettivo che spesso è lontano dall'essere raggiunto nelle nostre città) e
adoperarsi per abbattere ulteriormente i livelli del PM10 e degli altri inquinanti. Il conseguimento di
questo obiettivo richiede una serie complessa di interventi essenzialmente relativi al traffico
automobilistico e agli impianti di riscaldamento.
In particolare si considera importante:
-
ridurre l’inquinamento atmosferico da fonti mobili, utilizzando strumenti legislativi e fiscali,
migliorando le caratteristiche tecniche dei motori dei veicoli e la qualità dei carburanti;
-
ridurre l’inquinamento atmosferico da fonti fisse, identificando le fonti inquinanti,
migliorando i processi tecnici e cambiando i combustibili.
A causa della struttura particolare delle città italiane, i provvedimenti più di frequente adottati
consistono in restrizioni e regolamentazioni del traffico nelle aree urbane, tenendo in
considerazione tutte le tipologie di veicoli esistenti, compresi i ciclomotori. Questi ultimi sembrano
contribuire significativamente, così come il traffico da veicoli diesel ‘leggeri’, all’aumento delle
concentrazioni di inquinanti pericolosi..
Le stime di impatto riportate nel documento sono ampiamente conservative, in quanto basate sul
criterio di “effetto pari almeno a…”, e sono in fase di continua rielaborazione a seguito della ricerca
di indicatori più sensibili.
Gli effetti descritti sono quindi probabilmente sottostimati, anche perché riferiti al solo effetto delle
polveri fini, mentre sono ampiamente descritti altri effetti dovuti alla presenza di inquinanti
differenti al PM10.
Va inoltre considerato che l’inquinamento dell’aria non influenza soltanto la salubrità dell’ambiente
esterno, ma anche la qualità indoor e di ambienti confinati, quali gli autoveicoli, dove molte persone
trascorrono un’importante parte del tempo. Oltre a ciò il traffico veicolare, con tutta probabilità
principale componente dell’inquinamento atmosferico nei centri urbani, è responsabile di altri
documentati effetti sulla salute, sia di natura traumatica (incidenti da traffico…) sia di altra natura
(effetti del rumore del traffico, ecc.).
Quanto sopra, congiuntamente al fatto che, almeno nei centri urbani, l’esposizione all’inquinamento
è universale, rende ogni intervento che può portare ad una riduzione, anche modesta, delle
concentrazioni di inquinanti sicuramente efficace nel ridurre in modo significativo l’impatto sulla
salute dell’inquinamento atmosferico. Non a caso l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel
22
recente documento “Trasporti, ambiente e salute” (26), invita ad adottare<<pacchetti di misure al
fine di proteggere le popolazioni dagli effetti dell’inquinamento da traffico veicolare sulla salute>>.
23
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