(Fisica - La Relatività

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(Fisica - La Relatività
Simultaneità
Nella nostra esperienza quotidiana ci siamo abituati a considerare che tutti gli eventi si svolgano nel
tempo in modo ordinato e regolare: esiste un passato, un presente e un futuro, e possiamo sempre
stabilire se un evento ha preceduto o seguito un altro evento o se i due eventi sono accaduti
simultaneamente. Ma Einstein ha dimostrato che nel mondo relativistico non esiste una distinzione
netta fra il passato e il futuro: eventi che sembrano avvenire in una certa successione secondo un
osservatore possono sembrare avvenire in una successione diversa a un osservatore in moto rispetto
al primo. È forse il risultato più sorprendente della teoria di Einstein, ma è facile dimostrare che
questa conclusione è una semplice e diretta conseguenza della costanza della velocità della luce.
Per dimostrare che il tempo è un concetto relativo, si consideri il seguente esempio. Nella prima
delle figure successive un osservatore K vede due fulmini colpire le estremità di una carrozza
ferroviaria in moto, proprio quando il punto medio della carrozza lo oltrepassa. Poiché gli estremi
della carrozza sono equidistanti dall’osservatore, K vede simultaneamente i lampi di luce.
L’osservatore K’ si trova nel punto medio della carrozza. K sa che K’ si muove verso il lampo di
luce emesso in B e si allontana dal lampo di luce emesso in A. Perciò, K conclude che il lampo B
raggiungerà K’ prima che il lampo A raggiunga K’. Ma K’ è un osservatore stazionario in un
sistema di riferimento inerziale (la carrozza ferroviaria) e sa che entrambi i lampi di luce viaggiano
con velocità c nel suo sistema di riferimento. Poiché K’ è equidistante dai due estremi della
carrozza e poiché il lampo proveniente da B lo raggiunge per primo (fig. 1 l.l4b), egli conclude che
il lampo B dev’essere avvenuto prima del lampo A. Perciò, due eventi che sembrano simultanei nel
sistema di riferimento K non sembrano tali nel sistema K’, perché i due sistemi si muovono l’uno
rispetto all’altro.
Se K avesse visto il fulmine colpire A un po’ prima che il fulmine colpisse B, egli avrebbe visto A
precedere B, mentre K’ avrebbe continuato a vedere B precedere A. Quindi, i due osservatori
avrebbero visto gli eventi succedersi nell’ordine opposto; «passato» e «futuro» si sarebbero
scambiati. Si rilevi, però, che K non può informare K’ dell’evento che avverrà nel suo futuro (il
lampo emesso da A, che K’ vede dopo il lampo emesso da B) perché le informazioni possono essere
trasmesse con la velocità massima c. Perciò, il messaggio di K verrebbe ricevuto solo dopo che K’
ha rilevato il verificarsi dell’evento.
Sebbene la successione temporale di eventi visti da differenti osservatori dipend dalla velocità
relativa di questi ultimi, la legge fisica di causa e di effetto dev’essere ancora valida nel mondo
relativistico; nessun osservatore (qualunque sia il suo stato di moto) può rilevare un evento che è un
effetto prima di un evento che è la causa del primo evento.
Le trasformazioni di Lorentz.
I postulati di Einstein
Nel 1905 Einstein dimostrò che si potevano eliminare tutte le discrepanze apparenti fra la dinamica
dei sistemi meccanici e quella dei sistemi elettromagnetici per mezzo di una teoria basata su due
soli postulati:
I.
Tutte le leggi fisiche sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali.
II.
La velocità della luce (nel vuoto) è la stessa per ogni osservatore in un sistema di
riferimento inerziale, qualunque sia il moto relativo fra la sorgente luminosa e
l’osservatore.
La teoria che è basata su questi postulati e che è valida per tutti i sistemi non soggetti ad
accelerazione si chiama teoria ristretta della relatività. (Il caso dei sistemi soggetti ad
accelerazione, che è più complicato, è argomento della cosiddetta teoria generale della relatività.
Sulla base dei due postulati della relatività di Einstein, non è difficile sviluppare (anche se non lo
faremo nei particolari qui) le equazioni che correlano le coordinate spaziali e il tempo in due sistemi
di riferimento che si muovono di moto uniforme l’uno rispetto all’altro. Queste equazioni sono
analoghe alle trasformazioni galileiane, x'= x − vt e t '= t , ma contengono differenze sostanziali
quando la velocità del moto relativo e confrontabile con la velocità della luce.
Queste equazioni di trasformazione furono sviluppate per la prima volta da Hendrick Antoon
Lorentz (ma sulla base di alcune ipotesi ad hoc, che Einstein in seguito eliminò con i suoi postulati
semplificatori) e perciò sono chiamate equazioni di trasformazione di Lorentz. Se i due sistemi di
riferimento si muovono l’uno rispetto all’altro lungo i loro rispettivi assi x, come in figura, le
coordinate spaziali e il tempo nei due sistemi di riferimento sono correlati dalle equazioni
K
K’
v
O
O’
x
x'=
x − vt
1− β 2
;
y '= y ;
x’
z '= z ;
dove si è usata la notazione abituale β =
v
.
c
t−
β
x
c
t '=
1− β 2
Nell’usare queste equazioni, è sottinteso che l’osservatore K ha un metro rigido con cui misura le
distanze x, y e z, e un orologio con cui misura il tempo t. L’osservatore K’ è munito di strumenti
analoghi per eseguire le corrispondenti misurazioni nel proprio sistema e tara i propri strumenti
confrontandoli con quelli dell’osservatore K quando i due sistemi sono in quiete l’uno rispetto
all’altro. Perciò, quando i due sistemi sono in moto relativo, i due orologi possono essere azzerati
simultaneamente e fatti partire nell’istante in cui le due origini coincidono.
Le equazioni 11.4 significano che quando l’osservatore K determina che un certo evento è avvenuto
nel punto x, y, z e nell’istante t nel sistema di riferimento K, l’osservatore K’ vede lo stesso evento
nel punto x’, y’ z’ e nell’istante t’ nel sistema di riferimento K’.
Si rilevi che le coordinate spaziali trasversali al moto relativo dei due sistemi, y e z, non sono
influenzate dal moto e hanno gli stessi valori in entrambi i sistemi.
Se la velocità relativa v è piccola rispetto a c e quindi β ≈ 0 , il fattore 1 − β 2 è in pratica uguale a
β
x diventa tanto piccolo da essere trascurabile. Perciò, quando v << c (ossia v è
c
molto minore di c), le equazioni di Lorentz sono indistinguibili dalle equazioni di Galileo. Poiché
nella nostra esperienza quotidiana incontriamo di rado velocità confrontabili con la velocità della
luce, il nostro mondo è sostanzialmente newtoniano e gli effetti relativistici direttamente osservabili
sono in genere assenti.
uno e il fattore
Due conseguenze importanti delle equazioni di Lorentz sono la contrazione della lunghezza e la
dilatazione del tempo, che ora descriveremo.
La contrazione della lunghezza di Lorentz
Si consideri un’asta di lunghezza l, giacente lungo l’asse x del sistema K, con un estremo
nell’origine (figura sotto). Quale sarà la lunghezza di questa asta, misurata da un osservatore nel
sistema K’? L’osservatore K’ può eseguire questa misura zione determinando il tempo che la sua
origine O impiega per percorrere la lunghezza dell’asta. L’intervallo di tempo comincia nell’istante
in cui O e O’ coincidono; in questa posizione t = O, t = O. L’origine O si muove con velocità v e
K
K’
L’osservatore K’ determina la
lunghezza dell’asta nel suo
sistema
di
riferimento,
misurando l’intervallo di tempo
che O’ impiega per andare da
un estremo dell’asta all’altro.
v
O
O’
x
x’
quando O’ raggiunge l’estremo dell’asta, l’orologio di K’ segna t '
2 e l’orologio di K segna t 2 .
L’osservatore K vede O’ percorrere una distanza l con velocità v, e quindi
t2 =
l
v
L’intervallo di tempo misurato dall’osservatore K’ è
∆t '= t '
2 −t '
1=
t2 −
β
c
l
1− β 2
poiché t '
1 = 0 e x'
2 =l.
Sostituendo l / v a t 2 si ottiene
(
)
l v
l v2 l
l
− 2l
− 2
1− β 2
l
v
c
v
c
v
v
∆t '=
=
=
=
1− β 2
2
2
2
v
1− β
1− β
1− β
Moltiplicando dappertutto per v e rilevando che v∆t 'è semplicemente l '(cioè la lunghezza vista
dall’osservatore K’), si trova
l '== l 1 − β 2
Si conclude perciò che l’osservatore in moto rispetto all’asta trova una lunghezza più piccola (cioè
contratta) rispetto alla lunghezza determinata dall’osservatore in quiete rispetto all’asta. La
situazione è simmetrica rispetto ai due sistemi di riferimento in moto. L’osservatore K’ vede una
contrazione, dell’asta in K, e l’osservatore K vede anch’egli una contrazione di un’asta simile in
quiete nel sistema di riferimento K’.
La contrazione della lunghezza di un’asta in moto è un effetto reale, perché i due osservatori usano
metri rigidi identici (che hanno confrontato quando erano in quiete) e misurano realmente
lunghezze diverse dell’asta. Le sole grandezze con significato fisico (cioè, le grandezze reali) sono
quelle che si possono misurare.
La dilatazione del tempo
Gli osservatori in moto e in quiete non solo trovano una differenza fra le loro misure della
lunghezza di un oggetto, ma sono anche in disaccordo sulla rapidità con cui funzionano gli orologi
nei due sistemi. Prepariamo un «orologio campione» nel modo seguente. A una distanza L
dall’origine lungo l’asse y collochiamo uno specchio S, come in figura (a). Nell’origine
collochiamo un lampeggiatore e un rivelatore di luce. L’unità di tempo campione sarà l’intervallo di
tempo che la luce impiega per andare dal lampeggiatore allo specchio e ritornare al rivelatore. Se
l’osservare K fa funzionare il suo lampeggiatore nell’istante t = 0, trova che l’impulso luminoso
2L
compie il tragitto e ritorna nell’origine nel tempo
.
t=
c
Ora, un orologio identico è installato nel sistema K’ e l’osservatore K ne osserva il funzionamento.
Il sistema K’ trasla rispetto al sistema K con una velocità v lungo l’asse x, partendo da una
posizione iniziale che lo vedeva sovrapposto perfettamente al sistema K. Nell’istante in cui O e O’
coincidono ( t = 0), è fatto funzionare il lampeggiatore dell’orologio K’. Poiché il sistema K’ si
muove rispetto a K, l’osservatore K rileva che il lampo di luce deve viaggiare da O’ a S’ su un
percorso inclinato, che è più lungo del percorso seguito dal lampo di luce dell’orologio K. Quando
il lampo di luce raggiunge S’, questo tempo corrisponde a metà dell’intervallo
(11.8)
S
K
K
1
ct '
2
1
L = ct
2
O
K’
S’
v
O’
O
O’
x
1
vt '
2
figura (a)
x’
figura (b)
P
K
1
ct '
2
1
ct '
2
K’
S’
v
L
figura (c)
O
P’
vt '
O’
x
x’
1
t '(figura (b)). L’intervallo campione completo, t’,
2
termina quando il lampo di luce riflesso raggiunge di nuovo 0’, dopo avere seguito il percorso
OFO’ (figura (c)). Durante questo tempo, l’origine O’ si è allontanata di una distanza vt 'da 0.
di tempo campione dell’orologio K’, cioè, è
Per confrontare gli intervalli di tempo t e t’ applichiamo il teorema di Pitagora al triangolo OS’O’
(figura (b)) o al triangolo OPP’ (figura (c)). Perciò,
2
2
1
1
ct ' = vt ' + L2
2
2
ossia
2
2
1
1
1
ct ' = vt ' + ct
2
2
2
(c
2
2
da cui
)
2
− v2 t '
= c 2t 2 e quindi
2
t'
=
2
t'
=
c 2t 2
=
c2 − v2
t2
ossia, infine,
v2
1− 2
c
t2
1− β 2
L’intervallo di tempo campione t ' dell’orologio K’, visto dall’osservatore K, è più lungo
dell’intervallo dell’orologio K. (L’osservatore K deve giungere a questa conclusione perché egli
vede che il lampo di luce nell’orologio K’ percorre una distanza maggiore di quella percorsa dal
lampo di luce nel proprio orologio.) Perciò, l’osservatore K trova che l’orologio K’ va più adagio
del proprio orologio. Naturalmente, se K’ osserva l’orologio K, conclude che l’orologio K marcia
più lentamente del suo. Perciò, si può dire che ogni osservatore troverà che un oro1ogio in moto va
più adagio di un orologio identico stazionario nel proprio sistema di riferimento.
In questo ragionamento abbiamo usato un orologio a lampo di luce; si troverà un risultato identico
usando qualche altro tipo di orologio, per esempio un orologio meccanico? La risposta è
affermativa.
La dilatazione del tempo nel decadimento dei pioni
La contrazione di Lorentz della lunghezza e la dilatazione del tempo hanno una stretta e definita
relazione, e se si capisce questa relazione risulta più facile comprendere entrambi gli effetti.
Possiamo illustrare questo punto considerando il moto delle particelle elementari di breve vita, i
mesoni π (pioni). Quando sono osservati in quiete, i pioni hanno una vita media pari a
τ π = 2,6 ⋅ 10−8 sec prima di decadere in altre particelle elementari. I pioni sono prodotti in grande
quantità dall’interazione dei protoni di alta energia con la materia e perciò sono relativamente facili
da studiare. Se i pioni si muovessero con una velocità di 0,75 c, la distanza media che
percorrerebbero
prima
di
decadere
sarebbe
10
−8
lπ = v ⋅ τ π = 0,75 ⋅ (3 ⋅ 10 cm / sec) ⋅ (2,6 ⋅ 10 sec) = 5,85 m .
Nel ciclotrone della Columbia University è stato prodotto un fascio di pioni con v = 0,75 c e si è
trovato che la distanza media percorsa da queste particelle prima di decadere non è 5,85 m, bensì
8,5 ± 0,6 m. Questa differenza può essere spiegata per mezzo dell’effetto della dilatazione del
tempo. Poiché i pioni si muovono nel sistema di riferimento del laboratorio (corrispondente al
nostro sistema K), l’osservatore nel laboratorio vede che ogni orologio solidale con il sistema che si
muove con i pioni (il sistema K’) ritarda. Ma la frequenza dì decadimento dei pioni è un tipo di
orologio e perciò l’osservatore nel laboratorio troverà che la vita media dei pioni è più lunga di
τ π = 2,6 ⋅ 10−8 .
In realtà, τ lab =
τπ
1− β
2
=
2,6 ⋅ 10 −8 sec
1 − (0,75)
2
= 3,9 ⋅ 10−8 sec .
Perciò llab = vτ lab =
2,6 ⋅ 10−8 sec
1 − (0,75)
2
= 0,75 ⋅ (3 ⋅ 1010 cm / sec) ⋅ (3,9 ⋅ 10 −8 sec) = 8,8 m
che è in accordo con il valore misurato 8,5 ± 0,6 m.
Il paradosso dei gemelli
Uno dei risultati della teoria della relatività che è stato molto discusso (e frainteso) negli ultimi anni
è il cosiddetto «paradosso dei gemelli. Si supponga che vi siano due gemelli, Aldo e Bruno, e che
Bruno sia un astronauta. Bruno parte per un viaggio spaziale verso una stella distante 10 anni luce;
Aldo resta sulla Terra. Se il veicolo spaziale di Bruno viaggia con velocità 0,99 c e rispetto alla
Terra, secondo Aldo il viaggio dura un tempo
∆t =
10a.l.
≅ 10 anni.
0,99c
Un tempo uguale occorrerà per il viaggio di ritorno, e quindi Bruno ritornerà sulla Terra quando
Aldo è invecchiato di 20 anni rispetto all’età che aveva alla partenza di Bruno. Ma nel veicolo
spaziale di Bruno la Terra e le stelle sembrano muoversi con velocità 0,99 e rispetto a Bruno.
Perciò, la distanza Terra-stella è contratta a llab = (10 a.l.) ⋅ 1 − (0,99 ) = 1,4 a.l.
2
Secondo l’orologio di Bruno, il viaggio durerà solo 1,4 anni ed egli ritornerà sulla Terra dopo essere
invecchiato di 2,8 anni. Quando incontra di nuovo suo fratello, Bruno scopre che il suo gemello è
più vecchio di lui di 20 — 2,8 = 17,2 anni! Ma egli sa che tutti i moti sono relativi. Perciò, se Bruno
osserva il viaggio dal proprio sistema di riferimento, egli vede Aldo (e la Terra) compiere un
viaggio di andata e ritorno. Quindi, l’orologio di Aldo dovrebbe andare più adagio di quello di
Bruno e quando Aldo ritorna (insieme alla Terra), Bruno dovrebbe trovare che il suo gemello è più
giovane di lui. Di qui il paradosso.
Il «paradosso» poggia sul fatto che si fa appello alla simmetria della situazione:
non dovrebbe importare quale gemello compie il viaggio e quale resta a casa. Ma importa, perché
Aldo (il gemello che resta a casa) è sempre in un sistema di riferimento inerziale, mentre Bruno (il
viaggiatore) ha subito accelerazioni. Nel lasciare la Terra, Bruno ha accelerato fino a 0,99 c; ha
accelerato quando ha girato intorno alla stella; e ha accelerato di nuovo quando è ritornato sulla
Terra ed è atterrato. Perciò, la situazione non è simmetrica rispetto a Aldo e Bruno. Poiché non si ha
a che fare sempre con sistemi di riferimento inerziali, l’analisi della situazione dev’essere eseguita
con attenzione. Un calcolo corretto (che può essere eseguito nell’ambito della relatività ristretta
prestando la dovuta attenzione) mostra in realtà che Bruno invecchia meno rapidamente del suo
gemello.A causa dell’effetto della dilatazione del tempo, si può immaginare l’eccitante possibilità di
viaggiare fino alle stelle distanti. Se il viaggio è fatto con una velocità abbastanza vicina alla
velocità della luce il viaggiatore può facilmente attraversare vaste distanze di spazio in un tempo
breve rispetto alla sua vita. Ma egli ritornerebbe in una Terra diversa — una Terra che ha progredito
di centinaia o anche migliaia di anni durante la sua assenza. Naturalmente, questa fantastica
immagine presenta una difficoltà: non abbiamo affatto alcuna idea di come generare energia
sufficiente per accelerare un veicolo spaziale fino a velocità prossime a c!
Si dovrebbe sottolineare che il «paradosso dei gemelli » è un effetto reale: il gemello che viaggia
invecchia meno rapidamente del fratello legato alla Terra. D’altra parte, il viaggiatore non può
sfruttare la sua longevità perché tutti i suoi processi biologici si svolgono con minore rapidità
(rispetto alla rapidità con cui si svolgono sulla Terra) ed egli deve lavorare, pensare, e agire a questo
ritmo ridotto.