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54 sonale, comprendente soggetti in un’ampia fascia d’età con una significativa rappresentanza femminile (41, 58). Accanto al personale effettivo (agenti, assistenti, sovrintendenti, ispettori, funzionari, dirigenti) operano ausiliari di leva, diversi tecnici e professionisti (es. medici, ingegneri, chimici) e numerosi civili (41, 76, 87). Il servizio fondamentale prestato è il mantenimento dell’ordine pubblico: vegliare sulla sicurezza dei cittadini e sulle loro proprietà, garantire il rispetto della Legge, prestare soccorso in caso di incidenti o pubbliche calamità (41). Pertanto la tutela della salute tra le Forze dell’Ordine presenta innanzi tutto aspetti e problematiche caratteristici delle medicina militare. In proposito è interessante ricordare come quest’ultima sia una disciplina antichissima, in quanto l’integrità psicofisica del soldato è stata, sin dal remoto passato, privilegiata per evidenti motivi politici (10). Anche Bernardino Ramazzini (Carpi 1633 - Padova 1714), il padre della medicina del lavoro, nel suo trattato sulla malattie dei lavoratori riserva un capitolo alle malattie dei soldati, ponendo soprattutto l’accento sulla traumatologia e sulle malattie infettive e diffusive, ma richiamando l’attenzione anche sulle turbe emotive che potevano insorgere nell’attesa del combattimento (73, 87). Tuttavia, accanto ad attività prettamente “militari”, tra le Forze dell’Ordine si ritrova un’ampia e diversificata serie di lavorazioni e di mansioni che espongono gli addetti a peculiari fonti di nocività (Tab. I). La particolare natura dei compiti delle Forze dell’Ordine impone infine che su molte attività sia imposto un certo grado di segretezza. Rispetto ad altri ambiti, questo rappresenta evidentemente un’ulteriore difficoltà da superare per lo studioso che desideri indagare i fattori professionali di rischio. Tenendo presente le difficoltà e le limitazioni esposte sopra -e seguendo la tradizionale classificazione che distingue i fattori di rischio in fisici, chimici e biologici- nei paragrafi successivi si tenta di identificare le principali noxae occupazionali alle quali può essere esposto chi opera nelle Forze dell’Ordine. Agenti fisici Fattori meccanici Il mantenimento dell’ordine pubblico e la lotta alla criminalità espongono notoriamente a gravi pericoli per la vita e per l’incolumità fisica. Tra le Forze dell’Ordine sono di frequente riscontro contusioni, escoriazioni, ecchimosi, ferite lacero-contuse (a volte provocate da morsi, umani o di animali), lesioni dell’apparato locomotore (fratture, lussazioni, distorsioni, strappi e stiramenti muscolari), lesioni da sforzo, cadute e precipitazioni, schiacciamenti, incidenti stradali, ferite da arma bianca, ferite da arma da fuoco, ferite da armi improprie, scoppi ed esplosioni (79, 88). Casistiche statunitensi mostrano come gli agenti di Polizia siano la categoria professionale al primo posto per violenze e omicidi subiti in occasione di lavoro (38). L’impiego delle armi da fuoco comporta il rischio di infortuni anche mortali. Vi sono esposti gli agenti, gli ad- G Ital Med Lav Erg 2006; 28:1 www.gimle.fsm.it detti all’officina riparazione armi e alle armerie, gli istruttori e gli assistenti di tiro. I provvedimenti per il contenimento del rischio devono comprendere un rigoroso addestramento nel quale si richiami l’attenzione sulle procedure di sicurezza da adottare nella manutenzione e nell’utilizzo delle armi e sulle responsabilità che il loro uso comporta (10). Peculiare il rischio da scoppi ed esplosioni per gli artificieri, in particolare durante operazioni di bonifica. Per le mansioni pericolose è auspicabile l’adozione di dispositivi di protezione individuale, quali caschi, giubbotti antiproiettile per la difesa del torace e occhiali in policarbonato per la protezione dell’apparato visivo. Tuttavia, l’utilizzo di tali dispositivi può a sua volta essere fonte di rischio, come dimostra la segnalazione di sindromi dell’egresso toracico superiore in utilizzatori di giubbotto antiproiettile (63, 72). Altre mansioni a rischio di gravi traumatismi sono quelle comprendenti la guida di autoveicoli o motoveicoli (soprattutto per gli agenti della Polizia Stradale) o di altri mezzi di trasporto (elicotteri, aeroplani). Importante in questi casi la correlazione tra incidenti del traffico e lavoro a turni con affaticamento psico-fisico (32). Rischi traumatici derivano inoltre dall’addestramento e da attività sportive (23). L’azione reiterata di agenti meccanici (es. pressioni e sfregamenti continuati) può essere all’origine di microtraumatismi cronici. Possono esservi esposti gli addetti alle falegnamerie, alle officine meccaniche e ai lavori di riparazione, a causa, per esempio, dell’uso di utensili manuali. Peraltro, questi lavoratori sono allo stesso tempo esposti anche al già considerato rischio di traumatismi acuti, soprattutto alle mani e alle dita. Inoltre, qualora le lavorazioni richiedano movimenti ripetuti di eccessiva frequenza e intensità, possono insorgere patologie flogisticodegenerative dell’arto superiore comprese nei cosiddetti cumulative trauma disorders (CTDs) (20). Impegno fisico L’impegno fisico, dell’intero corpo o di parti di esso, può essere all’origine di affaticamento. Tale condizione, entro certi limiti fisiologica, tende a scomparire con il riposo, ma la fatica eccessiva -oltre ad aumentare considerevolmente il rischio infortunistico- può essere all’origine di manifestazioni patologiche, acute (crampi, contratture, dispnea, emoconcentrazione) e croniche (disturbi del sonno, del comportamento e dell’umore) (13, 17). Nell’ambito delle Forze dell’Ordine, le attività a maggior rischio di affaticamento sono ancora una volta quelle legate al mantenimento dell’ordine pubblico e alla lotta alla criminalità, oltre a quelle che prevedono il lavoro a turni, le attività sportive e di addestramento, le mansioni con disagi posturali o che prevedano la movimentazione manuale dei carichi (17, 41). Gli agenti di Polizia alla guida di autovetture per tempi prolungati manifestano dolori lombari (i motociclisti alle spalle) in maniera significativamente più elevata rispetto ai controlli; la sintomatologia apparentemente peggiora con l’aumentare del chilometraggio annuo (7, 37). G Ital Med Lav Erg 2006; 28:1 www.gimle.fsm.it Impegno visivo; videoterminali L’eccessivo impegno visivo può causare una sindrome detta astenopia (affaticamento visivo), l’insorgenza della quale può essere favorita da fattori individuali (vizi di rifrazione) e ambientali (es. illuminazione incongrua, impurità o secchezza dell’aria). La sintomatologia comprende cefalea (soprattutto frontale), irritazione oculare, fotofobia, lacrimazione (2). I possibili effetti a medio-lungo termine sono scarsamente noti: in particolare è controversa la possibilità di insorgenza o di aggravamento di vizi di rifrazione, quali la miopia. Nelle Forze dell’Ordine le attività che comportano intenso impegno visivo sono la microscopia (nei laboratori) e l’impiego di videoterminali (VDT). Il lavoro al VDT è tra l’altro fonte di rischio “ergonomico” per il collo e per l’arto superiore (61). Condizioni climatiche; alte e basse temperature Tutte le attività lavorative all’aperto possono esporre, soprattutto nelle stagioni estiva e invernale o in sedi particolari (es. alta montagna, sott’acqua), a condizioni climatiche e atmosferiche sfavorevoli. I rischi conseguenti (es. ustioni, congelamenti, colpo di sole, colpo di calore) sono ad esempio caratteristici degli addetti ai valichi di frontiera, degli agenti imbarcati su natanti, dei sommozzatori (88). Un’ovvia fonte di rischio (soprattutto per i Vigili del Fuoco ma non solo) è rappresentata dagli incendi, che tra l’altro espongono -oltre che alle fiamme e al calore- a temibili prodotti di combustione (es. monossido di carbonio, cianuri, irritanti respiratori) (45, 84). Condizioni microclimatiche sfavorevoli possono crearsi in ambienti chiusi sovraffollati e malventilati, come uffici e guardine, oppure in lavorazioni che espongono a fonti di calore, come nelle officine meccaniche durante operazioni di saldatura o nelle cucine (88). Alte e basse pressioni Rischio di baropatìe, da compressione (es. otopatìe) e da decompressione (es. embolia gassosa), esiste principalmente nelle attività subacquee. Riservate a personale specializzato, esse comprendono la ricerca e il recupero di corpi di reato, armi, munizioni, stupefacenti, cadaveri, relitti e altro materiale occultato o disperso; ispezioni e ricognizioni di relitti; soccorso in occasione di alluvioni e allagamenti (76). 55 Più rara l’eventualità di danni da bassa pressione atmosferica (ipobaropatìe). Soggetti trasferiti ad alte quote (per esempio ai valichi montani di frontiera), e non acclimatati, possono incorrere nel cosiddetto “mal di montagna” che, nella sua forma acuta, può manifestarsi con disturbi gastrointestinali, cardiocircolatori e/o neuropsichici (88). Di importanza storica è l’aeroembolismo, forma di embolia gassosa che può colpire gli occupanti di aerei non pressurizzati in caso di rapide ascensioni. Attuale è invece il gravissimo rischio di decompressione esplosiva in caso di rottura di cabine pressurizzate (77). Rumore Il rumore è una delle fonti di nocività più diffuse in ambito lavorativo. Non fanno eccezione le Forze dell’Ordine, soprattutto per l’utilizzo delle armi da fuoco (12, 68, 91). Il tipo di rumore generato da queste armi è di breve durata ma di grande intensità. Le esercitazioni di tiro espongono pertanto il personale in addestramento, gli istruttori e gli assistenti di tiro innanzi tutto al rischio di trauma acustico acuto, che si sostanzia tipicamente nella lesione della membrana del timpano ma che, nei casi più gravi, può comportare la dislocazione della catena degli ossicini e lesioni cocleari (14, 68). Pure possibile, negli addetti ai poligoni, il danno da esposizione cronica (ipoacusia da rumore), rischio che grava anche su chi opera nel traffico veicolare (in particolare sui Vigili Urbani); sul personale in servizio negli aeroporti; sugli addetti alle officine meccaniche (fabbri, meccanici, carrozzieri), alle prove dei motori a scoppio, alle falegnamerie, alle tipografie, alle radiocomunicazioni (operatori in cuffia), agli strumenti musicali (banda musicale). Anche l’utilizzo di veicoli rumorosi (natanti, elicotteri, autoveicoli) può essere causa di danno all’apparato uditivo, qualora non si adotti un adeguato isolamento per gli occupanti (3, 16, 78). È opportuno ricordare che il rumore può produrre anche effetti extrauditivi (neuropsichici, endocrini, cardiovascolari, gastroenterici) e può influire negativamente sull’attività lavorativa ostacolando le comunicazioni verbali e allungando i tempi di reazione, con conseguente aumento del rischio infortunistico (88). Vibrazioni e scuotimenti Il problema delle vibrazioni è connesso strettamente a quello del rumore, a causa dell’origine spesso comune. L’utilizzo di armi, soprattutto quelle automatiche, è fonte di intense vibrazioni ad alta Tabella I. Personale delle Forze dell’Ordine esposto a particolari rischi professionali (76) frequenza che si trasmettono al sistema mano-braccio-spalla, • addetti alle officine e alle carrozzerie • addetti agli aeroporti e ai valichi di frontiera con conseguenti rischi osteoar• addetti alla falegnameria • piloti ed elicotteristi ticolari (artropatìe dell’arto superiore) e neurovascolari (mi• addetti alle tipografie • imbarcati su natanti e sommozzatori croangiopatìa, neuropatìe peri• addetti ai magazzini • autisti e motociclisti feriche). Peraltro, strumenti vi• addetti a pittura, verniciatura, smaltatura • sportivi branti -quali mole, trapani, fre• addetti alle armerie e istruttori di tiro • laboratoristi se- sono utilizzati anche nelle • addetti agli accumulatori • addetti al governo di animali lavorazioni dei metalli e del legno effettuate nelle officine, • saldatori • banda musicale nelle carrozzerie e nelle fale• videoterminalisti • addetti a servizi di mensa, spacci, bar gnamerie (Tab. I) (10, 88). 56 Scuotimenti e vibrazioni a bassa frequenza sono tipicamente provocati dai mezzi di trasporto a motore. Sono dunque esposti gli autisti dei veicoli motorizzati (automobili, camion, elicotteri, aerei) e i loro passeggeri (78), nonché gli agenti imbarcati su natanti (76). Un’altra categoria esposta al rischio da scuotimenti è rappresentata dal personale a cavallo (tipica ad esempio la ptosi renale). Gli scuotimenti generano, in soggetti predisposti, una sintomatologia acuta (chinetosi) o cronica. Quest’ultima si caratterizza per manifestazioni viscerali (ptosi, alterazioni funzionali del tubo digerente, ulcere peptiche, spasmi coronarici) e/o alterazioni degenerative del rachide (spondiloartrosi). I danni anatomici sono spesso preceduti da disturbi muscolo-scheletrici (dolori alla schiena, al collo, alle spalle), che sembrano essere assai diffusi tra gli agenti di Polizia (37). È stata segnalata una sinergia tra stress lavorativo e sintomi muscolo-scheletrici: lo stress può aumentare il tono muscolare, fino allo sviluppo di dolori muscolari (53). Elettricità Fattore di rischio ubiquitario, l’elettricità è possibile causa di danni diretti, locali (ustioni, “marchi elettrici”) e generali (tetanizzazione, fibrillazione ventricolare, “siderazione bulbare”), ma può anche determinare lesioni di tipo semi-diretto (proiezioni o precipitazioni dopo contatto elettrico) e indiretto (conseguenti a incendi). Tra le Forze dell’Ordine sono esposti al rischio di elettrocuzione (trauma elettrico da fonti artificiali) tutti coloro che utilizzano utensili elettrici nel loro lavoro: in falegnameria, nelle officine, nelle tipografie, nei lavori di saldatura ad arco elettrico. Chi opera all’aperto è inoltre esposto al rischio di essere colpito da scariche elettriche naturali (fulminazione o folgorazione) (rischio generico aggravato secondo la terminologia medico-legale) (88). Radiazioni ionizzanti Nell’ambito delle Forze dell’Ordine, il rischio professionale da radiazioni ionizzanti (RI) grava principalmente sul personale sanitario (radiologi e tecnici di radiologia, ma anche endoscopisti, chirurghi e ortopedici) e sui laboratoristi (impiego di radioisotopi). Nelle officine meccaniche e nei cantieri navali possono essere esposti gli addetti al controllo non distruttivo delle saldature. Sorgenti di radiazioni γ sono presenti all’interno degli impianti radar. Raggi X sono utilizzati per il controllo aeroportuale dei bagagli (76). Occorre ricordare che, in condizioni di normale operatività, le moderne misure radioprotezionistiche permettono di annullare il rischio di effetti deterministici delle RI (es. radiodermiti, ipoplasia midollare), ma non quello di danni stocastici (effetti mutageno, leucemogeno, cancerogeno). Raggi ultravioletti Dotati di scarsa capacità di penetrazione nei tessuti biologici, i raggi ultravioletti (UV) possono esercitare danno prevalentemente a livello della cute e dell’occhio. Gli effetti nocivi sull’apparato tegumentario comprendono ustioni di vario grado per esposizione acuta, nonché invecchiamento cutaneo e ipercheratosi per esposizione cronica. G Ital Med Lav Erg 2006; 28:1 www.gimle.fsm.it I raggi UV svolgono pure azione cancerogena, facilitando l’insorgenza di epiteliomi (basocellulari e spinocellulari) e di melanomi. A livello oculare possono determinare cheratocongiuntiviti acute assai dolorose, accompagnate da lacrimazione, fotofobia, blefarospasmo, tipicamente insorgenti dopo una fase di latenza di alcune ore. Il sole è la più comune sorgente di raggi UV. Sono pertanto esposti a tale fattore di rischio coloro che devono trascorrere molte ore di lavoro in luoghi assolati, come può accadere, per esempio, agli agenti della Polizia Stradale, agli addetti ai valichi montani di frontiera, al personale imbarcato su natanti (76). Altra situazione di esposizione può essere quella dei laboratoristi durante operazioni di sterilizzazione in continuo di ambienti con lampade UV-C. Più consistente è il rischio per gli addetti alla saldatura ad arco elettrico. Microonde e onde radio; campi elettromagnetici Microonde e onde radio sono ampiamente utilizzate nei sistemi di comunicazione e nelle installazioni RADAR: radiotrasmettitori, RADAR di rilevamento e puntamento, radiofari e radiogoniometri, radiosentieri di atterraggio per aeromobili. Le esigenze operative impongono spesso che il personale stazioni in prossimità di apparati emettitori, o si trovi investito direttamente dal fascio di radiazioni (88). Gli effetti biologici sono scarsamente conosciuti e controversi (6, 95, 100). È possibile in primo luogo un effetto termico locale, particolarmente grave su alcuni organi quali l’occhio (rischio di cheratite, uveite e cataratta) e il testicolo (possibili alterazioni della spermatogenesi). Sono inoltre descritti effetti non termici: neuroendocrini, cardiovascolari, ematologici (linfocitosi), immunologici (alterazioni dell’anticorpopoiesi). È nota una teratogenesi sperimentale. Da sottolineare la segnalazione di neoplasie testicolari maligne in agenti di polizia professionalmente esposti alle emissioni di pistole-radar utilizzate per determinare la velocità degli autoveicoli: l’insorgenza di tali tumori è stata messa in relazione all’abitudine degli agenti di tenere in grembo l’apparecchio, acceso, nei momenti di non utilizzo (22, 29). L’uso delle pistole-radar è stato indicato come possibile fattore di rischio anche per altre neoplasie maligne (29, 92, 98). Particolarmente controversi sono i dati su un’eventuale azione cancerogena dei campi elettromagnetici tra gli addetti alle radiocomunicazioni, tra gli operatori di impianti elettrici e tra i saldatori: accanto a studi che sembrano indicare un’aumentato rischio di leucemia (82), carcinoma polmonare (86), astrocitoma (52) e carcinoma della mammella maschile (54), ne esistono altri che non mostrano associazioni statisticamente significative (6, 27). La complessiva scarsezza di dati e la loro difficile confrontabilità si traducono in insufficienti direttive e norme di prevenzione. In particolare, non è oggi tecnicamente possibile misurare con accuratezza l’energia assorbita dall’Uomo, così come non esiste omogeneità tra i limiti di esposizione stabiliti dalle legislazioni dei vari Paesi, posti come intensità di campo elettrico o di campo magnetico (34). G Ital Med Lav Erg 2006; 28:1 www.gimle.fsm.it Agenti chimici Prodotti di combustione I processi di combustione possono generare un vasto ed eterogeneo gruppo di sostanze potenzialmente nocive, comprendente ossidi di carbonio (CO, CO2), di zolfo e di azoto, cianuri, ozono, aldeidi, idrocarburi, composti del piombo, polveri e fibre minerali. I meccanismi di nocività di tali agenti sono molteplici; essi comprendono l’insulto termico, l’azione irritante (SO2, ozono, aldeidi, polveri), gli effetti tossici (CO, cianuri, piombo), l’azione pneumoconiogena (polveri e fibre minerali), la cancerogenicità (benzene, idrocarburi aromatici policiclici) (55). Nell’ambito delle Forze dell’Ordine, l’esposizione a prodotti di combustione deriva innanzitutto dall’inquinamento atmosferico, causato dagli impianti di riscaldamento, dall’emissioni industriali e dal traffico veicolare. Il rischio origina pertanto -ancora una volta- da attività esterne, soprattutto se svolte in città (5, 42). A Milano sono stati misurati aumentati livelli di carbossiemoglobina negli agenti di Polizia Municipale (5). Tra i loro colleghi di Roma è stato riscontrato un eccesso di mortalità per patologie ischemiche cardiache (30). Aumentate morbidità e mortalità per cardiovasculopatìe negli addetti al traffico è segnalata anche in diversi studi epidemiologici statunitensi (25, 31, 96). Uno studio condotto a Genova ha dimostrato che, rispetto a chi lavora in ambiente chiuso, l’esposizione ambientale a idrocarburi policiclici aromatici (IPA) è 10-30 volte maggiore per gli addetti al traffico, i quali di conseguenza presentano elevati livelli di addotti al DNA (62). Gli agenti di Polizia Municipale di Roma che operano in esterno sono esposti a concentrazioni ambientali di benzene circa doppi rispetto ai loro colleghi che lavorano in ufficio; tale dato trova riscontro in aumentate concentrazioni ematiche di tale composto (90). Sempre negli agenti urbani è stato riscontrato un aumento di alterazioni nucleari linfocitarie (scambio tra cromatidi gemelli) (15). Alcuni studi epidemiologici suggeriscono una correlazione tra la professione di vigile o di poliziotto e mortalità neoplastica, senza però distinguere tra lavoratori con alta o bassa esposizione a emissioni autoveicolari (30, 96, 98). In proposito è significativo il lavoro di Gubéran et al. (36), secondo il quale guidatori “non professionisti” ma molto esposti all’inquinamento urbano presentano una incidenza di carcinoma polmonare significativamente più elevata rispetto alla popolazione generale. Naturalmente, nell’interpretazione di questi dati occorre considerare il possibile ruolo di altri fattori quali la dieta, l’assunzione di alcolici, il fumo e l’azione dello stress. In ambienti chiusi possono essere esposti a prodotti di combustione i tecnici addetti alla manutenzione o alla riparazione di motori e i saldatori. Tali operazioni sono talora effettuate in spazi confinati, dove è facile che gli inquinanti raggiungano rapidamente concentrazioni relativamente elevate (88). Allo stesso modo, in poligoni di tiro non ben ventilati si possono accumulare i prodotti della combustione della polvere da sparo (12, 91). Già ricordato, infine, il grave rischio inalatorio in caso di incendi (45, 84). 57 Coinvolgimento in incidenti chimici Oltre che in caso di incendio, le Forze dell’Ordine (come del resto il personale sanitario dell’emergenza) sono chiamate a intervenire in caso di incidenti chimici (eventualmente conseguenti ad atti terroristici: 65, 81). Tale attività comporta il rischio (spesso sottovalutato), tipico ad esempio per i Vigili del Fuoco, di esposizione a noxae chimiche di varia natura (es. solventi, pesticidi, gas tossici, sostanze caustiche), soprattutto durante le prime fasi dell’intervento e dell’assistenza alle eventuali vittime (46): i soccorritori possono incorrere in intossicazioni (o lesioni irritative) acute di varia gravità, con eventuali postumi a lungo termine (50, 65). Il rischio risulta ancora maggiore in caso di catastrofi chimiche con intossicazioni di massa, circostanze in cui esiste la necessità di intervenire rapidamente e di soccorrere un numero notevole di soggetti contaminati (46, 81). Aggressivi irritanti-lacrimogeni Tipicamente utilizzati per sedare manifestazioni di massa violente, gli aggressivi chimici irritanti-lacrimogeni sono un gruppo di composti in grado di provocare nelle mucose esposte reazioni flogistiche e secreto-vasomotorie localizzate, benigne e spontaneamente reversibili, ma accompagnate da una sintomatologia di tale entità da impedire al soggetto colpito la prosecuzione di qualsiasi attività (43). I prodotti attualmente in uso sono CS (o-clorobenzilmalononitrile), CN (cloroacetofenone o CAF) e CR (dibenzoxazepina). Essi possono costituire fonte di danno per le Forze dell’Ordine utilizzatrici in caso di impiego erroneo (es. con vento contrario) senza adeguata protezione respiratoria. Deve essere precisato che l’effetto semplicemente “lacrimogeno” di questi aggressivi dipende unicamente dalle condizioni d’impiego: concentrazioni elevate (ad esempio in ambienti chiusi) o situazioni patologiche concomitanti (broncopneumopatìe, cardiopatìe) possono essere all’origine di manifestazioni cliniche gravi e potenzialmente mortali (lesioni cutanee, edema della glottide, broncospasmo generalizzato, edema polmonare acuto) (88, 94). Piombo Sono esposti a rischio saturnino gli addetti ai poligoni di tiro (piombo derivante dalla carica d’accensione, dall’abrasione dei proiettili sulla canna, dalla frantumazione degli stessi nel parapalle), il personale adibito al recupero e alla rifusione dei proiettili, gli addetti alle batterie, ai gruppi elettrogeni delle officine, a governo, carica e pulizia degli accumulatori; possono inoltre costituire fonte di rischio l’impiego di pitture contenenti pigmenti al piombo (minio, litargirio) e la già ricordata esposizione a emissioni veicolari (12, 76, 91). Una fonte di esposizione spesso misconosciuta è rappresentata dal piombo contenuto nelle polveri utilizzate per la rilevazione delle impronte digitali (71, 93). In base a quanto riportato in letteratura (11, 48, 67, 71) e alla nostra esperienza clinica, è possibile affermare che, sebbene al giorno d’oggi le intossicazioni saturnine conclamate siano del tutto eccezionali, non è raro riscontrare 58 tra il personale delle Forze dell’Ordine alterazioni degli indicatori biologici di dose (es. aumento della piombemia) o di effetto (es. diminuzione dell’attività eritrocitaria dell’enzima ALA-deidratasi). Solventi Solventi organici (quali idrocarburi alifatici e aromatici, tricloroetilene e altri alogenati, aldeidi e chetoni, alcoli, glicoli ed eteri) trovano impiego in molte lavorazioni d’officina, ad esempio nella pulitura e nello sgrassaggio di parti metalliche (esposizione professionale per meccanici e carrozzieri, ma anche per gli addetti alla manutenzione delle armi). Sono inoltre esposti gli addetti a pittura, smaltatura e verniciatura (soprattutto se eseguita con il pennello o la pistola a spruzzo), i falegnami (pure esposti a polveri di legno -possibili sensibilizzanti e cancerogeni- resine e collanti), fabbri, tipografi, laboratoristi, armaioli. In tutte queste attività devono essere pertanto adeguatamente considerati i rischi di incendio ed esplosione, accanto alla possibilità di effetti tossici e irritativi (10, 76, 88). Lubrificanti e oli da taglio Lubrificanti e oli da taglio (meglio detti fluidi lubrorefrigeranti) sono adoperati ogni volta che si impieghino macchinari e motori o si lavorino parti metalliche. Anch’essi trovano pertanto applicazione in numerose lavorazioni d’officina e nella manutenzione/riparazione di armi da fuoco. Questi composti possono lasciare pellicole sdrucciolevoli sugli utensili, sui pezzi in lavorazione e sul pavimento, facilitando i traumatismi, e sono inoltre provvisti di caratteristica azione dermolesiva con conseguente rischio di dermatite da contatto, di follicolite, di epiteliomi (88). Materiali e reattivi di laboratorio Nei laboratori sono comunemente impiegate centinaia di reattivi e materiali: acidi, basi e sali (organici e inorganici); aldeidi e chetoni; alcoli, eteri, esteri, idrocarburi alogenati e altri composti organici (alcuni dei quali utilizzati come coloranti); radioisotopi. Nonostante i quantitativi impiegati siano generalmente limitati (soprattutto se confrontati a quelli utilizzati in ambito industriale), tali sostanze possono contaminare l’ambiente di lavoro (sotto forma di spargimenti liquidi, aerosol, polveri, gas o vapori) ed esporre pertanto il personale a molteplici rischi professionali: incendi, scoppi ed esplosioni; irritazioni e causticazioni (ustioni chimiche); intossicazioni (acute o croniche); allergie; cancerogenesi e mutagenesi; tossicità riproduttiva e teratogenesi (28). Guanti Guanti di vari materiali (plastica, gomma, làtice) sono comunemente utilizzati dalle Forze dell’Ordine (in ambito operativo, laboratoristico, sanitario) come mezzo di protezione personale nei confronti di diverse noxae fisiche, chimiche e biologiche. I guanti stessi tuttavia possono essere all’origine di manifestazioni cliniche (cutanee, più raramente respiratorie), di natura allergica e/o irritativa (1). G Ital Med Lav Erg 2006; 28:1 www.gimle.fsm.it Agenti biologici Definizione e classificazione L’art. 74 del D.L.vo 626/1994 definisce agente biologico «qualsiasi microorganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni». L’art. 75 ripartisce quindi gli agenti biologici in quattro gruppi a pericolosità crescente sulla base di tre criteri: rischio di infezione, gravità dell’infezione stessa e disponibilità di misure profilattiche e terapeutiche. L’allegato XI (aggiornato con il DM 12 novembre 1999) riporta l’elenco degli agenti biologici classificati nei gruppi 2, 3 e 4. Tale elenco, in contrasto con la definizione dell’art. 74 (che parla solo di “infezioni”) comprende anche organismi patogeni pluricellulari. Indipendentemente dalla definizione fornita dalla legge, è opportuno ricordare che tradizionalmente, in medicina del lavoro, si includono tra i fattori di rischio biologico anche i fattori umani patogeni (es. errori nell’organizzazione del lavoro), possibile causa (o concausa) di malattie psichiche (nevrosi da lavoro e consimili) o psicosomatiche, a loro volta fonte di difficoltà diagnostico-terapeutiche e di delicati problemi d’ordine medico-legale (51, 69). Nei prossimi paragrafi, pertanto, oltre ai principali rischi infettivi e parassitari, è anche accennato il problema della patologia da stress. Tetano Il tetano è una temibile complicazione delle ferite, specie di quelle profonde e anfrattuose, nelle quali si creano condizioni di relativa anaerobiosi che favoriscono lo sviluppo del Clostridium tetani e la conseguente produzione della tossina tetanica. La mortalità, legata soprattutto all’interessamento della muscolatura respiratoria e a complicanze cardiologiche, resta tuttora molto elevata (80). Tra le Forze dell’Ordine, data l’elevata incidenza di traumatismi, il tetano rappresenta indubbiamente un rischio non trascurabile. Fondamentale importanza riveste pertanto la vaccinoprofilassi. Malattie a trasmissione ematica Gli agenti responsabili di malattie a trasmissione ematica comprendono essenzialmente i virus epatitici (di tipo B, C, delta ed E) e il virus HIV, agente eziologico dell’AIDS. Essi si trasmettono tramite l’inoculazione di sangue proveniente da soggetti malati o portatori: il contagio può avvenire mediante puntura accidentale con aghi, siringhe o altri strumenti medico-chirurgici, oppure attraverso ferite provocate da altri oggetti taglienti o acuminati contaminati da sangue infetto. Oltre al personale sanitario e ai laboratoristi, sono pertanto esposti al rischio gli agenti che operano “sul campo”, soprattutto se inesperti. Le situazioni più pericolose sono gli interventi di primo soccorso, le collutazioni fisiche, gli arresti, le perquisizioni personali, la manipolazione di corpi del reato (siringhe, aghi, armi bianche), soprattutto quando sono coinvolti soggetti a rischio (tossicodipendenti, omosessuali, prostitute) (66, 75, 99). In letteratura è descritto il caso di un poliziotto che ha G Ital Med Lav Erg 2006; 28:1 www.gimle.fsm.it sviluppato l’epatite B (successivamente indennizzata come professionale) 15 settimane dopo essere stato morso a una mano da un assalitore (39). Limitatamente al rischio di epatite B, l’arma più efficace a livello preventivo è la vaccinoprofilassi; non esiste tuttavia accordo sull’opportunità di attuare sistematicamente la vaccinazione su tutto il personale piuttosto che di limitarla alle mansioni a rischio. Alcuni studi epidemiologici mostrano una prevalenza di soggetti HBV positivi significativamente maggiore tra gli agenti in servizio rispetto ad allievi o ad altri soggetti presi come controlli, suggerendo l’utilità della prevenzione vaccinale per gli operatori delle Forze dell’Ordine al momento della loro entrata in servizio (18, 85). Altri, invece, rilevano una prevalenza di HBV analoga a quella della popolazione generale, non ravvisando vantaggio dall’adozione del vaccino (4). Malattie a diffusione aerea Attraverso il mezzo aereo si trasmette un gruppo di malattie infettive di varia gravità e ad alta contagiosità, comprendenti il raffreddore, l’influenza e le sindromi parainfluenzali, le malattie esantematiche, la parotite epidemica, la pertosse, la tubercolosi, la difterite, la meningite epidemica, la legionellosi. Quest’ultima malattia è particolarmente insidiosa in quanto la Legionella pneumophila può formare colonie sui filtri dei condizionatori d’aria (in caso di cattiva manutenzione) ed essere causa di infezioni collettive (70). Il rischio di contagio è maggiore negli ambienti confinati e affollati, in assenza di adeguato ricambio d’aria, ed è favorito dalle perfrigerazioni e dall’affaticamento fisico; risulta così maggiormente esposto chi lavora al chiuso, soprattutto in collettività (impiegati, guardie penitenziarie), e chi deve affrontare le condizioni climatiche inclementi dell’inverno (personale di pattuglia, addetti ai valichi di frontiera, personale imbarcato su natanti) (21, 24). Zoonosi Le zoonosi sono un vasto gruppo di malattie infettive e parassitarie trasmissibili da animali vertebrati all’uomo. Nell’ambito delle Forze dell’Ordine rivestono interesse le patologie trasmissibili dal cane (es. rabbia, coriomeningite linfocitaria, leptospirosi, micosi cutanee, leishmaniosi, toxocariasi, strongiloidosi, echinococcosi, infestazioni da pulci, zecche e altri acari*) e dal cavallo (encefaliti virali, carbonchio, aspergillosi, brucellosi, morva, leptospirosi, salmonellosi, actinomicosi, micosi cutanee) (47, 60). Il personale a rischio comprende veterinari, istruttori e conduttori cinofili, il personale a cavallo, gli addetti al governo di equini e di cani. Su tali mansioni grava anche il rischio di allergie (a epiteli e derivati organici animali) e di traumatismi (urti, morsi, calci). Stress e fattori umani patogeni La professione di tutore dell’ordine è caratteristicamente ad alto stress (19, 33). Una delle fonti più importanti è il già ricordato pericolo per l’incolumità fisica, connaturato alle attività volte a mantenere l’ordine pubblico e a * 59 combattere la criminalità (38). Il rischio di essere feriti o di perdere la vita in servizio richiede un continuo e usurante stato di vigilanza, poiché situazioni di relativa tranquillità possono esitare, in maniera imprevedibile e improvvisa, in situazioni estremamente pericolose (56). Anche i ritmi lavorativi e gli orari di lavoro sono importanti cause di disagio: ben noti sono gli effetti della turnazione sui ritmi circadiani e biologici; tra questi si annoverano una peggiore qualità del sonno e una maggiore stanchezza e sonnolenza diurna, a loro volta responsabili di aumentato rischio infortunistico (32). Tra gli aspetti extralavorativi stressanti non deve essere dimenticato il pendolarismo, a volte molto oneroso, e l’assegnazione d’autorità a destinazioni tali da costringere il lavoratore a una emigrazione forzata (59). L’esposizione cronica a stress eccessivo può comportare una vasta gamma di conseguenze, comprendenti innanzitutto atteggiamenti di fuga dal lavoro (assenteismo, ritardo cronico, sonnolenza sul lavoro) e difficoltà nelle relazioni interpersonali (difficoltà a collaborare con i colleghi, rifiuto delle regole); queste ultime si possono estendere anche all’ambito familiare, come testimoniato dall’elevata frequenza di divorzi tra i poliziotti (89). Altre conseguenze sono comportamenti patologici, quali la tendenza all’isolamento sociale, gli atteggiamenti sleali, l’abuso di farmaci, alcool, tabacco o l’uso di stupefacenti (74). In particolare, l’alcool è uno dei mezzi più diffusi e più facilmente disponibili per fronteggiare situazioni di stress ed è spesso assunto dai tutori dell’ordine, a volte anche durante il servizio (44, 74, 97). Lo stress può essere all’origine di manifestazioni psicosomatiche, che possono confondersi con patologie organiche da altra causa (83), e di disturbi neuropsichici come irritabilità, insonnia, psicoastenia, appetito scarso o al contrario eccessivo, ansia, depressione. Quest’ultima è probabilmente responsabile (assieme alla disponibilità di armi da fuoco) della relativamente alta mortalità per suicidio tra poliziotti (96, 98) e militari (41) segnalata in alcuni studi epidemiologici (ma non in altri: 57). A seguito di eventi drammaticamente violenti (come i conflitti a fuoco), non sono rari disturbi post-traumatici da stress (26, 35, 49). Già si è accennato al possibile ruolo dello stress nell’aumentata incidenza di neoplasie tra vigili e poliziotti (30, 96, 98). Alle Forze dell’Ordine è spesso richiesto di reagire a situazioni drammatiche (es.: rinvenimento di cadaveri, arresti, esecuzione di sfratti, comunicazione di notizie luttuose) in maniera “impersonale”, celando le proprie emozioni e la propria sensibilità (97). Questa incongruenza tra doveri della professione ed emotività, se reiterata e profonda, può determinare in taluni soggetti un progressivo distacco dall’impegno lavorativo con disinteresse per il proprio compito, eventualmente accompagnato da sintomi di affaticamento e da disturbi psicosomatici, inquadrabile in una sindrome da burn-out (33). Contribuiscono ad aggravare la demotivazione l’inquadramento in una gerarchia rigida e i contrasti con il sistema giudiziario, i media o la comunità, che possono alimentare nei tutori dell’ordine la Tali parassiti possono a loro volta essere vettori di gravi malattie infettive (es. rickettsiosi, encefaliti virali). 60 frustrante sensazione di essere lasciati soli ad affrontare un compito impari (56). Molto poco esplorato tra le Forze dell’Ordine risulta essere il problema della sindrome da mobbing, ossia delle manifestazioni psicosomatiche, emozionali e comportamentali derivanti da vessazioni reiterate nell’ambiente di lavoro. Recentemente è giunto alla nostra osservazione un agente di Polizia Municipale che aveva sviluppato un disturbo post-traumatico da stress apparentemente dopo avere subito, per alcuni mesi, atteggiamenti persecutori e minacce da parte di un collega, sfociati in un’aggressione fisica (64). Considerazioni conclusive La complessa e diversificata attività dei tutori dell’ordine espone questa eterogenea categoria di lavoratori a numerosi fattori occupazionali di rischio, di natura fisica, chimica e biologica. Gli scriventi non dispongono di dati precisi; è tuttavia noto che, tra le Forze dell’Ordine, infortuni sul lavoro e malattie professionali (o correlate al lavoro) sono tutt’altro che rari. Appare pertanto evidente la necessità di applicare anche a questo ambito gli insegnamenti tradizionali della medicina del lavoro, avvalendosi dell’esperienza maturata in campo industriale, in agricoltura e nel terziario. Come ricordato all’inizio, qualsiasi intervento preventivo («censura» del rischio o risk reduction) deve partire dalla sistematica individuazione («censimento») dei rischi insiti nelle varie mansioni e lavorazioni (risk identification) e nella loro valutazione (semi)quantitativa (risk assessment: tenendo debitamente in considerazione la variabilità individuale degli esposti). Su tale base dovranno quindi essere effettuate la formazione e l’informazione, rivolte non soltanto ai lavoratori a rischio (come del resto previsto dal dettato legislativo) ma anche agli stessi medici operanti in Polizia e negli altri corpi. Anche nelle Forze dell’Ordine le misure preventive devono essere innanzi tutto di natura tecnico-ambientale, rivolte a contenere -ove possibile- i fattori di rischio (prevenzione primaria). Molto utili possono essere i dispositivi di protezione individuale (antinfortunistici, oculari, uditivi, respiratori, cutanei). Accanto alle misure preventive di tipo tecnico, la natura e la diversificazione dei rischi rendono necessari piani di sorveglianza sanitaria (visite preventive e periodiche) integrati eventualmente dal monitoraggio biologico. In alcuni ambiti (es. radioprotezione, rumore, agenti cancerogeni, piombo, rischio biologico) le visite e la loro periodicità sono fissate da precise disposizioni legislative (quali i decreti legislativi 277/1991, 626/1994, 230/1995). In previsione del possibile (e forse inevitabile) fallimento della prevenzione in un certo numero di casi, è necessario che siano predisposti servizi di primo soccorso (in caso di infortunio), rapidi percorsi diagnostici per le tecnopatìe, efficaci interventi clinico-terapeutici e riabilitativi. È infine auspicabile, per chi opera nelle Forze dell’Ordine, un pronto riconoscimento medico-legale e assicurativo del danno alla persona subito per difendere la collettività. 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