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possesso arteFatto
Numero
Numero VVIIprimavera
Autunno 2014
L'Editorial
Sommario
Dicembre 2014 - n.7 - anno 2
www.rivistadiwali.it
Direttore Editoriale
Maria Carla Trapani
L’Editorial
3
InSistenze
4
Paola Celi à fil de bouche di Simone Scaloni
5
Equivoci unici di Geremia Doria
9
Arte, sesso, ossessioni e istanti mistici di Letizia Leone
13
La mitologia erotica di Roberto Ferri di Simone Scaloni
15
Sex addiction - Il sesso fatto ossessione di Camilla Bonomo
20
Una ‘pura forza sessuale’: Gala doppiamente piagata di Aveaciram
de Noitré
23
InVerso
26
Fabiana Frascà
27
Alessandro Pedretta
28
Selezione di autori
30
Teorema del corpo - Donne scrivono l’eros
39
Focus: Tanka - 31 onji per l’eros di Akiko di Dona Amati
43
InStante
46
Silvia Sasso
47
Annagina Totaro
49
Christo Viola
51
Denise Rana
53
InMobile
55
Posizioni di Arianna Degni
56
Particolare.
InDicazioni
60
Quarta di copertina Tamara de Lempicka,
Il ritorno di Lilith di Joumana Haddad
61
Andromeda incatenata, Particolare
La fine del desiderio di Michela Marzano
65
InChina
69
Direttore Responsabile
Flavio Scaloni
Redazione
Dona Amati, Pietro Bomba,
Alessandra Carnovale,
Arianna Degni, Laura Di Marco,
Mario Lucio Falcone, Valerio Francola,
Giulio Gonella, Letizia Leone, Michela Pistidda
Ufficio Stampa
Les Mots Contaminés
Technical Consulting
Pierluigi Stifanelli
Diwali - Rivista Contaminata
Trimestrale di Arte & Letteratura
Copertina Roberto Ferri, Il Sepolcro Degli Amanti,
Contatti
facebook.it/diwalirivistacontaminata
[email protected]
Edizioni Les Mots Contaminés
Associazione culturale no-profit
20, Rue Condorcet, 38000, Grenoble - Francia
ISSN 2275-0606
2
Abbiamo voluto scaldare questo autunno con un numero
che accenderà i sensi di voi lettori.
Ci siamo inoltrati nei sentieri misteriosi dell’eros, l’arte è
stata la nostra bussola. Parlare -verrebbe da dire “ancora”- di sessualità è stata indubbiamente una scelta rischiosa proprio perché poteva apparire come una scelta facile.
In questo senso abbiamo cercato di adottare un punto di
vista fortemente polarizzato.
Il Sesso Fatto oggi è un arteFatto? L’Arte può raccontarlo?
E ancora... si può parlare ancora di sesso come un diritto,
una rivendicazione fisica e intellettuale? Oppure dobbiamo arrenderci all’evidenza e riconoscere che il sesso si è
abbassato al rango di posSesso, merce di scambio nel
mercato globale?
Gli autori hanno risposto alla sfida, ciascuno alla propria
maniera e attraverso discipline diverse. Leggeremo alcuni quadri e fotografie di artisti contemporanei, tra i quali spicca il contributo amichevole di Roberto Ferri, vera
eccellenza della pittura italiana; ripercorreremo insieme le
vite mirabili di icone del libertinismo come Gala e Marlene
Dietrich; osserveremo le costellazioni emotive di un’ampia
selezione di poeti che hanno scelto di condividere con noi
i propri versi raccolti dal Nucleo Negazioni e da Fusibilia
Libri nell’ambito dell’iniziativa ‘Teorema del Corpo – Donne scrivono l’eros’; consiglieremo la visione di video e la
lettura di due volumi fuori dai circuiti canonici del genere.
Il numero su posSesso arteFatto apre i festeggiamenti per
i due anni di Diwali – Rivista Contaminata che si articoleranno nel corso della Kermesse Contaminata del 13 e
del 14 dicembre a Roma. Due serate di incontri artistici a
360° che avranno luogo nel prestigioso Spazio Fandango
Incontro e nel rinomato Circolo degli Artisti. Mescoleremo le innumerevoli manifestazioni dell’Arte in un percorso
senza soluzione di continuità e proporremo il nostro primo
Highlight su carta: un prezioso portfolio che raccoglie il
meglio delle pubblicazioni della rivista.
Il 2014 si chiude con importanti traguardi raggiunti insieme e grazie a voi lettori: questo ci motiva ad aprire una
nuova stagione diwaliana con importanti novità delle quali
sentirete parlare all’inizio del nuovo anno.
Diwali - Rivista Contaminata
Egon Schiele, Gli amanti, matita e pastello su cartoncino, 1909.
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Insistenze>>>
Parola chiave: seduzione.
Corpi o parti di essi messi in risalto come strumento di richiamo erotico.
PAOLA CEli a fil de bouche
Simone scaloni
Labbra muliebri carnose, prepotenti, vistosamente truccate:
bocca come veicolo di cibo, parole e piacere nei dipinti sensuali della pittrice Paola Celi (Simone Scaloni), la cui poetica
mescola i colori con le emozioni dell’universo femminile; donna come elemento fondante dell’eros.
gli attori Helmut Berger e Marlene Dietrich, due interpreti che,
Ho fame della tua bocca, della tua voce, del tuoi capelli
nel XX secolo, con i loro personaggi, hanno riscritto le regole
e vado per le strade senza nutrirmi, silenzioso,
della seduzione e della libertà sessuale, pur pagandone un
prezzo molto alto. Nel suo saggio, Geremia Doria ne riper-
non mi sostiene il pane, l’alba mi sconvolge,
corre ascesa e declino.
cerco il suono liquido dei tuoi piedi nel giorno.
La foresta di obelischi di Ivan Theimer e la figura paradigmatica del Marquis De Sade nel saggio proposto da Letizia Le-
Sono affamato del tuo riso che scorre,
one che svela i segreti dell’ossessione per il sesso attraverso
delle tue mani color di furioso granaio,
elementi mistici e trattati di filosofia.
Corpi che richiamano la mitologia classica e i grandi mae-
ho fame della pallida pietra delle tue unghie,
stri del passato (Caravaggio, Michelangelo, Guercino, fino a
voglio mangiare la tua pelle come mandorla intatta.
Goya, De Chirico e Bacon, tra i vari) per Roberto Ferri, giovane pittore tarantino raccontatoci da Simone Scaloni. Figure
Voglio mangiare il fulmine bruciato nella tua bellezza,
maschili e femminili emananti vitalità e sensualità, in un’alter-
il naso sovrano dell’aitante volto,
Apriamo con Pablo Neruda, con un testo intriso di desiderio e sensualità, la presentazione delle opere di Paola Celi,
artista abruzzese nata in Svizzera, la cui bottega d’arte
vicino Ascoli Piceno è l’atelier dove i colori si mescolano
alle emozioni dell’universo femminile: la Donna come elemento fondante dell’Eros.
Nei versi del poeta cileno la parola si fa materia viva, calda e concreta. Neruda concatena attraverso la retorica
dell’addizione e del climax un senso di brama primordiale:
la fame è l’istinto che muove l’uomo alla sopravvivenza e
alla ricerca dell’appagamento dei sensi e delle necessità
fisiche. Ci muoviamo qui in un realismo estetico fortissimo.
Il pane di cui si va in cerca sono le “mani color di furioso
granaio”, la “pallida pietra delle unghie”, la “pelle come
mandorla intatta”, “l’ombra fugace delle ciglia”. Ma è forse
Insistenze>>>
Occhi e sguardo per il magnetismo ambiguo e androgino de-
nanza e commistione fra tensione spirituale ed erotica.
Una sessuologa (Camilla Bonomo) descrive i cardini della
voglio mangiare l’ombra fugace delle tue ciglia
dipendenza da sesso. Il soggetto patologico sopperisce ad
e affamato vado e vengo annusando il crepuscolo,
una mancata ricerca del Sé con l’alienazione dell’Io nell’altro,
cercandoti, cercando il tuo cuore caldo
cercato con un semplice click e poi espulso col tasto Eject.
come un puma nella solitudine di Quitratúe.
Infine Gala, maestra di seduzione, frequentatrice di letti importanti, più di uno e contemporaneamente, nella parabola di
Pablo Neruda
una vita intrappolata nel fremito della govinezza, nonostante il
trascorrere del tempo. Quest’ultima vicenda proposta ai lettori di Diwali addirittura da una strega...
Alessandra Carnovale
4
Henryk Siemiradzki, Nell’atelier del pittore, Olio su tela, 1865.
5
Insistenze>>>
il primo verso il più intenso: “Ho fame della tua bocca”. La
bocca, dunque, come tramite per il nutrimento del corpo
e dello spirito, la porta delle parole veicolate dalla mente,
il principale strumento di piacere.
La serie di Paola Celi che presentiamo qui esplora il medesimo tema, quello della Bocca, e sostanzialmente attraverso la stessa retorica del climax e dell’addizione. Osserviamo tre tavole dell’artista alle quali abbiamo voluto
affiancarne una quarta del grande maestro Tom Wesselmann, per vicinanza stilistica e contenutistica.
Le quattro opere proposte possono essere interpretate
come i quattro momenti di un “percorso erotico” sviluppato secondo una logica di intensità crescente. Nei quattro
pannelli ci troviamo sempre di fronte alla visione parziale del volto lunare e opalescente di una giovane donna
e, soprattutto, delle sue bellissime labbra scarlatte. Nel
primo dipinto della Celi la Bocca è impegnata nell’atto di
assaporare una fragola, simbolo eterno di piacere e vanità. È come se fosse un pasto afrodisiaco. Nel secondo,
invece, una seconda figura tinge la Bocca di rosso ciliegia
per mezzo di un’argilla cosmetica. È questo il momento
<<<Insistenze
della preparazione alla seduzione. Nel terzo pannello la
Bocca è finalmente libera e dischiusa. È l’atto d’amore in
sé, nel momento del suo culmine estatico. Infine, nel dipinto di Wesselmann la Bocca fuma una sigaretta, a indicare il compimento delle fatiche d’amore e la distensione
sognante che ne deriva.
I quattro pannelli erotici possono essere letti anche come
una “Allegoria dei Cinque Sensi”. Il primo dipinto, quello
della fragola, simboleggia il Gusto. Il secondo, nel contatto di un’altra persona e di un oggetto quale il rossetto,
rappresenta il Tatto. Il terzo, dal momento che la Bocca è
dischiusa in un sospiro (o in un rantolo di piacere, o magari
nel verso cantato di una chanson d’amour), non c’è dubbio che simboleggi l’Udito. Wesselmann, con l’aroma del
tabacco che arde come l’essenza di una resina orientale
che brucia ed entra ed esce dalle cavità nasali, è l’Olfatto.
E la Vista? La Vista la rappresentiamo noi spettatori che
siamo invitati, come sempre accade di fronte alle opere
d’arte figurativa, ad ammirare e a farci rapire dalla bellezza
della Pittura.
Nei suoi carboncini e olii su tavola, quindi attraverso l’olio
La potenza magica del Femminile in un paganesimo Pop Naif
e la cenere, Paola Celi stuzzica l’immaginario dello spettatore con uno stile fortemente grafico e bidimensionale.
L’artista solletica l’inconscio dell’osservatore con un tratto
delicato, ma nel contempo incisivo e provocatorio, e colori essenziali, quasi primari, che si traducono in campiture cromatiche uniformi e compatte. Le tavole proiettano
un’immagine stilizzata e idealizzata della Donna, sospesa
in una dimensione mitica e iconica, potremmo anche dire
stereotipica, fuori del Tempo e dello Spazio, o nello Spazio e nel Tempo di sempre. Cionondimeno se ne colgono influenze e motivi ispiratori precisi e circostanziati: gli
Anni Ottanta hanno lasciato un segno profondo. Potremmo essere nella “Milano da bere” di fotografi e modelle,
nel periodo in cui si ascoltavano i Duran Duran, gli Wham
e i Culture Club attraverso le indimenticate cassette del
walkman. Ma piuttosto sono brani nostalgici e sentimentali come “Sei Bellissima” di Loredana Bertè e “Paradise”
di Phoebe Cates, oppure più ironici e materialisti come
“Call me” di Blondie, “Girls Just Wanna Have Fun” di Cyn-
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di Lauper e “Material Girl” di Madonna (che fra l’altro ha
origini abruzzesi come l’artista in esame), a fare da colonna sonora ideale alle opere di Paola Celi. Per ultimo, forse
il più appropriato di tutti, è ancora un brano di Madonna:
“True Blue” del 1986.
A un primo sguardo, infatti, forte è la tentazione di ascrivere lo stile della Celi alla Pop Art degli anni Sessanta e Settanta di artisti americani come James Rosenquist in opere
come lo “Studio per Marilyn” del 1962. In questo senso, ci
è sembrato doveroso omaggiare Tom Wesselmann, che
pure ebbe un rapporto controverso con la corrente Pop.
In Celi tuttavia non vi è traccia alcuna di denuncia sociale o di satira dei suoi tempi, né reimpiego di ready-made
o materiali prelevati tout court dalla cultura di massa. Ci
troviamo, piuttosto, in un ambito arcaico (e arcano) di miti
pagani e tradizioni popolari. Siamo qui alla presenza della testimone di una cultura ancora alimentata da un forte
e profondo rapporto con il Mito. In quest’ottica saltano
all’occhio i parallelismi e le assonanze con le liriche di Pa-
7
Insistenze>>>
Qui sotto: Tom Wesselmann, Smoker, Olio su tela, 1973.
8
Equivoci unici geremia doria
*[Simone Scaloni vive a Roma tra le pieghe di una
decennale passione per l’arte. Diplomato in restauro
pittorico, si laurea in seguito in Storia dell’Arte. Si interessa particolarmente alle incisioni del 900 ma non
si preclude incursioni nelle manifestazioni dell’arte
contemporanea.]
Strumento di penetrazione non fallico: gli occhi.
Non languidi, mai teneri. Ambigui.
L’uomo indossa uno jabot di seta, oltre alla propria nudità
de facto.
La donna porta lo smoking, fuma la sigaretta col bocchino.
Lui è Ludwig, Il giardino dei Finzi Contini, la liaison con Luchino Visconti, l’interprete sullo schermo e nella vita della
‘caduta degli dei’.
Lei è l’Angelo azzurro, Lola, Lili Marlene.
Confondiamo i riferimenti, frequentiamo stanze in penombra con la dovuta sfrontatezza. La seduzione è una partita
a scacchi, gioco cerebrale. Il re e la regina si sono scambiati i ruoli ma i pedoni cadono lo stesso, uno ad uno, inesorabilmente. Per muoversi su questa scacchiera occorre
essere alfieri, procedere in diagonale.
Cerchiamo di risolvere l’enigma dell’eros per come lo hanno costruito due stelle del cinema, le più iconiche a livello
mondiale in fatto di provocazione.
Berlino: l’epoca tra le due guerre. La città ha il prurito del
libertinismo, il cabaret con le sue serate goliardiche anima
le notti dell’inverno teutonico. Marlene Dietrich ha studiato
canto, è un animale da palcoscenico: il suo timbro grave,
la sua aria irresistibilmente tragica l’hanno già resa la vedette della nazione. È l’attrice che interpreta il primo film
sonoro tedesco, diretta dal regista Josef von Sternberg,
con il quale instaura un fruttuoso sodalizio artistico che li
vede collaborare per ben sette lungometraggi. È proprio
Sternberg, insieme al costumista Travis Banton, a mettere a punto l’immagine di Dietrich. Gli abiti maschili, i primi
piani sotto i riflettori, il trucco che risalta i tratti androgini
della diva.
Alle soglie della seconda guerra mondiale Marlene Dietrich
è già su un transatlantico che la conduce verso l’afferma-
zione sul pubblico americano. Dietrich cavalca il successo
del suo personaggio. Nonostante si sia sposata e abbia
avuto una figlia, ancora in tenera età, non perde occasione di dare scandalo. È suo il primo bacio saffico della
storia del cinema, non nasconde e al contrario ostenta
una frizzante bisessualità, si accompagna in pubblico a
numerosi amanti: Maurice Chevalier, Jean Gabin, Ernest
Hemingway. Non nega di essersi concessa a ménages à
trois, ma anche à quatre, cinq... Viene definita dalla stampa americana l’‘imperatrice del desiderio’ e il suo sguardo
‘da camera da letto’.
Insistenze>>>
blo Neruda o con la prosa di altri autori sudamericani quali
Gabriel Garcìa Màrquez ed Isabel Allende. Parliamo, dunque, di un contesto fiabesco marcatamente Naif, caratterizzato da atmosfere incantate e sospese, rarefatte, ma
che affonda le radici in profondità, in credenze antiche e
in sistemi di valori concreti sempre validi e sempre pronti
a riattivarsi. Ci troviamo, insomma, di fronte a una pittrice
che fa della potenza magica del femminile, attraverso il
paganesimo delle tradizioni popolari e corredata di tutto il
suo repertorio rituale ancestrale, la sua cifra stilistica e la
sua temibile arma di seduzione.
Dalle sue opere Pop Naif sfacciatamente frontali, poetiche
e maliziose ma anche terribili e pronte a ingaggiare battaglia con lo spettatore, Paola Celi, nuova Cupra picena
dal volto incipriato, ci invita a far lavorare l’immaginazione,
a cedere al desiderio e a pendere voluttuosamente dalle
sue labbra.
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Insistenze>>>
<<<Insistenze
anni ‘90 viene rilanciato da Francis Ford Coppola che lo
vuole per il ‘Padrino – Parte III’, ma è nel ‘92 che torna alla
ribalta per la sua discussa partecipazione –anche se solo
per un cameo- al controverso videoclip di Madonna per il
brano ‘Erotica’. Si rivede l’attore nelle sue vesti di lascivo
seduttore e il pubblico applaude al ritorno del sex-symbol.
La vita personale di Berger è un’altalena di contraddizioni:
anche lui dichiaratamente bisessuale, nel 1994 sposa in
segreto la scrittrice Francesca Guidato ma il matrimonio
si rivela presto un tentativo fallito di stabilità. Nuovamente
intrappolato nell’alcolismo, si concede ad alcuni programmi televisivi tedeschi dove appare in pessime condizioni
fisiche. Non fa mistero delle proprie difficoltà finanziarie
dovute allo stile di vita dissoluto e dichiara alla stampa
di sopravvivere a casa della madre morente con appena
duecento euro di pensione percepiti dallo Stato italiano.
Nel 2014 lo si è visto sul grande schermo nel ruolo dello
stilista Yves Saint Laurent nell’ultimo periodo della sua parabola umana.
Ascesa e declino di due astri del firmamento cinematografico, due artisti immensi che hanno riscritto le regole
della seduzione e della libertà sessuale ma che pure ne
sono rimaste sotto scacco.
Durante la guerra viene apertamente corteggiata dal Fürher
che vorrebbe farne un’icona del Reich ma Dietrich respinge ogni avance e si schiera dalla parte degli Alleati. Sostenitrice di ideali pacifisti visita le truppe per sollevare il
morale dei soldati.
Rientra in Europa solo a conflitto concluso ma la madre
patria le riserva un’accoglienza tiepida. Per lungo tempo
non riesce a ricucire lo strappo con una certa parte di
Germania che l’accusa di essere stata un’opportunista, o
peggio ancora una traditrice. Si stabilisce allora a Parigi,
il cinema sembra voltarle le spalle, ma il suo mito è ormai
consolidato e inattaccabile. Per oltre vent’anni si esibisce
in giro per il mondo in spettacoli che registrano puntualmente il tutto esaurito. Dietrich si spegne a Parigi nel 1992
dopo una lunga malattia che la costringe a letto per quasi
dieci anni. Muore sola -a riflettori spenti- con affianco solo
alcune foto in bianco-nero e un vecchio telefono che la
teneva in contatto con il resto del mondo.
Negli anni ‘70, proprio mentre Dietrich calca le scene dei
più importanti palcoscenici teatrali, il grande schermo si
lascia sedurre da un nuovo personaggio dallo sguardo altrettanto magnetico.
Helmut Berger è il giovane austriaco algido dalla bellezza
conturbante. Lontano dai canoni della bellezza classica,
Berger è perfetto per i tempi di David Bowie, Grace Jo-
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nes, Amanda Lear. Longilineo, quasi efebico, il suo volto
unisce i tratti innocenti della giovinezza con quelli peccaminosi dell’età matura.
Studia recitazione a Londra, lavora come modello per ateliers d’artista. Arriva a Roma per cercare di conquistare
gli studi di Cinecittà. Conosce Luchino Visconti durante le
riprese del film ‘Vaghe stelle dell’Orsa’: scoppia la passione. Visconti ne fa il suo protegé e gli affida il primo ruolo
da protagonista in un episodio del film ‘Le streghe’ del
1964. Seguono i film importanti, quelli che hanno fatto la
storia del cinema del XX secolo e che consacrano Berger
al rango di star mondiale.
Nel 1975 il maestro del cinema erotico Tinto Brass lo scrittura per ‘Salon Kitty’, è la seconda occasione per l’attore
di cimentarsi nel ruolo dell’ufficiale nazista dedito a torbide
pratiche sessuali.
Il ‘76 è l’anno della sua precoce ‘caduta’. La scomparsa di
Visconti lo rende ‘vedovo a soli trentadue anni’. Il lutto lo
devasta e lo porta ad abusare di alcol e stupefacenti. Lungo la china della disperazione anche il suo aspetto fisico
viene intaccato, la bellezza sfiorisce velocemente. Gli anni
che seguono sono decisamente in calo anche sul versante
professionale. Le partecipazioni alla serie americana ‘Dinasty’ e allo sceneggiato de ‘I promessi sposi’ per la RAI
non sono certo la punta artistica della sua carriera. Negli
Tutte le immagini sono reinterpretazioni fotografiche di Giulio Gonella.
*[Geremia Doria nasce a Trieste nel settembre di
40 anni fa. Interior designer di professione, si interessa di antiquariato e collezionismo d’arte. Frequenta con regolarità gallerie e case d’asta e negli anni
acquisisce e affina le proprie competenze nell’arte contemporanea, con una forte predilezione per
gli autori figurativi. Scrive note critiche e monografie per diverse riviste di settore. Vive con uno Scottish terrier e non è presente in nessun social network.]
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Insistenze>>>
“L’istinto sessuale è la più completa manifestazione della
volontà di vivere; è dunque la concentrazione di tutta la
volontà”, così si esprimeva Schopenhauer riguardo alle
potenti e misteriose energie del sesso, atto creativo e generativo per eccellenza.
Il ruolo fondante creativo del sesso e dell’amore è testimoniato fin dagli albori della civiltà ed è il perno su cui ruotano tutti i culti misterici.
Nella mitologia, immenso serbatoio memoriale dell’umanità, il desiderio erotico è passione sacra deificata, spinta
propulsiva di tutte le cosmogonie e viene celebrato con
riti d’iniziazione, orge rituali, culti lunari di adorazione della
donna-dea-vivente, prostituzione sacra o culti fallici. L’arte ce ne ha lasciato tracce e testimonianze preziose.
Ad esempio possiamo ancora ammirare e farci irradiare
dalle ombre lanciate dagli obelischi dell’antico Egitto. Fal-
12
li di pietra in erezione pronti per la fecondazione, questi
sono simboli misterici del dio sole diffusi in tutta l’area del
mediterraneo: “obelischi che si stagliano contro l’azzurro
del cielo come falli che fecondano le distese di sabbia”
(Bewerly Randolph).
Ed ecco che attraverso il filo della continuità oggi l’opera
dello scultore ceco Ivan Theimer riporta in vita “La foresta di obelischi” e tutto il complesso simbolismo arcaico
ad essi sotteso. I suoi Obelischi che puntano il cielo dalle
piazze delle città contemporanee sono il richiamo fascinatorio degli splendidi falli che ornavano i templi egizi e
arricchivano le sepolture.
Eppure arrivò anche il tempo della degenerazione dei riti
sacri e il loro rovesciamento in selvaggi accoppiamenti, la
decadenza dell’Impero Romano esaltò le orge profane e il
culto di Adone sfociò in dissolute Priapeia: fu il trionfo del
Insistenze>>>
ARTE, SESSO, OSSESSIONI E ISTANTI
MISTICI letizia leone
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Insistenze>>>
*[Letizia Leone ha pubblicato i seguenti libri: Pochi
centimetri di luce (2000); L’ora minerale (2003); Carte sanitarie (2008); La disgrazia elementare (2011).
È stata segnalata al Premio Internazionale Eugenio
Montale nel 1997. Nel 1998 è stata premiata al premio del Grande Dizionario della Lingua Italiana Salvatore Battaglia. È stata premiata e segnalata in altri premi letterari, ultimo dei quali “I miosotìs” edizioni
d’if, nel 2009 e 2010. Menzione d’onore per la Poesia inedita - Premio Lorenzo Montano 2011. Tiene
un “Liceo di poesia” presso l’editore Giulio Perrone.]
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Pagina 13: Stampe da La filosofia nel boudoir del Marquis de Sade.
Qui sopra: Ercole, Ivan Theimer, 2004. Fotografia di Giulio Gonella.
Radicalmente controcorrente e sorprendentemente attuale. Classicista vittoriano e cyber-punk romantico di ultima
generazione. Accademico ligio e rigoroso da Ecole des
Beaux-Arts o Prix de Rome ed enfant terrible indagatore
dell’incubo, del bondage e del fetish-goth. Preraffaellita
onirico e misterioso e pittore di mitologie già suggestivamente surrealiste. Elegiaco cantore del Sublime e luciferino ritrattista dell’Apocalittico, sulfureo e corrosivo quanto
perlaceo e alabastrino. Sono soltanto alcune delle definizioni possibili, ardite, complesse, non di rado in aperta
contraddizione tra loro, che cercano tuttavia di rendere
giustizia all’ispirazione, anzi allo spirito che ha dato corpo
alle opere straordinarie dell’artista Roberto Ferri.
Giovane pittore pugliese, nato a Taranto nel 1978, Ferri
è già ampiamente affermato a livello nazionale e internazionale. Prodigioso per capacità e competenze tecniche,
unicum evidente nel panorama artistico contemporaneo
ed eccellenza indiscussa della pittura italiana degli ultimi
decenni, Ferri si laurea con lode in scenografia all’Accademia di Belle Arti di Roma nel 2006. Si specializza nella
ricerca sulla pittura antica (dalla seconda metà del Quattrocento alla fine dell’Ottocento) e approfondisce gli studi
con Gaetano Castelli e Francesco Zito. Per approdare,
infine, a una sorprendente fusione stilistica tra Rinascimento e Manierismo fiorentino, Caravaggismo e pittura
Barocca del Seicento, Neoclassicismo eroico del Periodo Napoleonico e stilemi caratteristici dell’Accademismo
francesee della pittura mitologica Pompier della seconda
metà dell’Ottocento.
L’estensione del bacino di influenze che determinano il
corso e alimentano la portata dell’opera dell’artista, che
solo a fatica sarà possibile individuare una linea guida principale o isolare una corrente ispiratrice prevalente. Piuttosto si tratta di celebrare in Ferri un artista fortemente strut-
turato e diacronico, che attraversa cioè tutte le epoche e
tutte le fa sue riproponendole in un sommo compendio
stilistico, un continuum temporale che non conosce soluzione di continuità ma anzi giunge al prodotto finale di
uno stilnovo erudito e ricco di citazioni. Difatti ci troviamo
qui alla presenza di un artista d’eccezione, autentico titano dell’arte figurativa contemporanea, per così dire “multistrato” o “multilivello”. Ciò a sottolineare che tali e tanti
sono gli artisti, i periodi storici e i generi pittorici che il
pittore tarantino dimostra di aver pienamente assimilato e
sovrapposto come velature su velature, che chiunque voglia cercarvi qualcosa può stare sicuro che in Ferri lo troverà. Ecco allora sfilare ai nostri occhi tutto il Rinascimento italiano del secondo Quattrocento e del Cinquecento,
da Luca Signorelli e Michelangelo in poi, e con particolare
attenzione al Manierismo fiorentino di artisti quali Rosso
e il Pontormo (ciò vale soprattutto per la struttura compositiva delle scene di gruppo in opere come “Le Delizie
Infrante”, “Requiem” e “I Cavalieri dell’Apocalisse”). Quindi l’Arte Barocca del Seicento, dal “naturalismo notturno”
del Caravaggio al “tenebrismo” dei Caravaggeschi, dalla
Scuola bolognese rappresentata in primis dal Guercino e
da Guido Reni, a Jusepe de Ribera detto “lo Spagnoletto”. E ancora, come anticipato sopra, il Neoclassicismo
eroico dell’Epoca Napoleonica in artisti come il Canova,
Jacques-Louis David e il suo allievo Ingres. Fino al Romanticismo e a tutto l’Ottocento (con sconfinamenti nel
Novecento), fatta eccezione per gli Impressionisti e per
le correnti naturalistiche e realistiche più avanzate. Nello
specifico, lo stile pittorico di Roberto Ferri si riallaccia direttamente a quella tradizione accademica francese e a
quel genere mitologico Pompier, genere ufficiale del Salon di Parigi e il più gradito alla committenza aristocratica
e alto borghese perché l’unico considerato Arte di Stato,
Insistenze>>>
la mitologia erotica di ROBERTO FERRI
Simone Scaloni
coito anale.
Nel medioevo la sessualità tabuizzata dal cattolicesimo
e il feroce misoginismo persecutorio favorirono il culto di
Satana. E chi era il satanista? Un nichilista libero da obblighi moralistici, un ribelle cultore del male che si ritagliava
grandi spazi di libertà e creatività, canalizzava l’erotismo e
il desiderio in gioiose messe nere che spesso erano delle
carnascialesche ammucchiate celebrate in notti illuminate
dai freddi raggi lunari nei luoghi più desolati e nascosti.
E nel secolo dei Lumi il divino marchese De Sade in odore
di Sabba e Satanismo non praticò un atto totale di rovesciamento della morale corrente? Le sue lezioni di lascivia
e dissoluzione educano al vizio e al delitto: “...cari dissoluti
vi sia d’esempio il cinico Dolmancè...se, come lui, volete
percorrere tutti i sentieri fioriti aperti dalla lussuria; convincetevi alla sua scuola che soltanto allargando la sfera dei
propri piaceri e delle proprie fantasie, che soltanto sacrificando tutto alla voluttà, quell’essere infelice che chiamiamo uomo, gettato suo malgrado in questo triste universo,
può riuscire a spargere qualche rosa tra le spine della propria vita.”
Dunque il sesso è alla base di interi sistemi di filosofia pratica ed esistenziale.
Aleister Crowley e le sue elaborate pratiche occulte di magia sessuale con protagonista la Donna Scarlatta, meretrice o sacerdotessa pura nella sua passione, latrice del
prezioso Elisir...
Ecco tutto questo è già arte e da questi brevi cenni se ne
percepisce la potenza fascinatoria e creativa ormai troppo
lontana, certo, dalla porno-meccanica di organi in 3D che
da ogni spazio mediatico rumoreggia e uccide ogni erotismo.
15
Insistenze>>>
Caduta e Redenzione nell’opera di un artista Cyber-Pompier
<<<Insistenze
che ebbero in William Adolphe Bouguereau il fondatore
e in Gustave Dorè un illustre parallelo per l’arte grafica
dell’incisione.
In quest’occasione presentiamo quattro oli su tela realizzati tutti nel corso degli ultimi due anni: “Ishtar”, “Il Sepolcro degli Amanti”, “Il Figlio del Mattino” e “Liberaci dal
Male”.
“Ishtar”, Iside babilonese, grande dea madre e signora
delle tempeste, era la divinità arcaica legata all’erotismo,
alla guerra e alla morte. Protettrice delle meretrici e del
loro illecito commercio, aveva avuto molti amanti e tutti
li aveva sterminati. Qui la incontriamo di spalle, bellissima nella pienezza delle sue voluttuose rotondità rosate e
nuda, o se preferiamo vestita di un semplice drappo viola,
trionfante sulla punta di uno sperone roccioso stagliato
in mezzo al cielo. Ai suoi piedi giacciono in un groviglio
erotico e ferale i corpi senza vita delle sue vittime. La dea,
compiuto il massacro, è assorta in una languida e silente
conversazione con un teschio, suo alleato di guerra e inseparabile compagno iconografico, con il quale sembra
voler spartire gli allori della vittoria.
Nel “Sepolcro degli Amanti” ci troviamo all’interno di un
sacello, ai piedi di una lastra tombale sulla quale si riversa
un fascio di luce caravaggesca, senza dubbio la Grazia
Divina, e dove due giovani amanti (come Romeo e Giulietta o Paolo e Francesca) sembrano aver appena ultimato,
ancora una volta, il loro eterno rituale d’amore e morte.
Osserviamo l’uomo che con la parte anteriore del corpo, come nella figura conclusiva di una sensuale danza
macabra, sorregge la compagna ormai esanime che egli
sembra aver omaggiato di una corona di spine, estremo
sigillo della loro eterna passione e del sacrificio d’amore
appena rinnovato. E nel momento rappresentato è come
se la stesse deponendo con delicatezza all’interno del sepolcro.
“Il Figlio del Mattino” è un angelo caduto, ma potremmo
anche dirlo un demone dalla chioma e le ali corvine, un
Lucifero scagliato sulla Terra che sorprendiamo immerso
nel sonno primordiale delle tenebre, il sonno eterno che
non conosce risveglio. E come intrappolato nella palude
Stigia o in quella di Stinfalo, quest’angelo superbo e ribelle è irrimediabilmente ferito a morte.
Infine, in “Liberaci dal Male” l’immagine che si offre ai
nostri occhi è ancora quella di un angelo dalle ali nere. Ma
Pagina 16: Ishtar, Olio su Tela, 180 x 90 Cm, 2014.
Qui sopra: Il Sepolcro Degli Amanti, Olio Su Tela, 100 x 130 Cm, 2014. 16
Cortesia dell’artista e di Square Gallery, part of Liquid art system.
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Insistenze>>>
questa volta si tratta di un angelo (o demone) femminile
seduto di spalle e avvitato in una torsione michelangiolesca del busto. L’angelo dai capelli rossi ci spia di sottecchi, in tralice, con occhi ardenti di rabbia che sembrano
sfidarci a fare un’altra mossa, o magari ad avanzare ancora un po’, ma allo stesso tempo ci esorta a tornare sui
nostri passi prima che sia troppo tardi. Tra le mani ha un
bandolo di aspidi incantati che il demone manipola con
maestria e sembra pronto a scagliare in faccia a chiunque
osi oltrepassare il limite consentito. Non ci sono dubbi,
quest’angelo ammaliante rappresenta la seduzione del
Male al quale si chiede di essere risparmiati ma il cui fascino venefico e avvolgente, una volta risvegliato, difficilmente lascia scampo a chi è caduto tra le sue spire letali.
Durante questa discesa agli Inferi che è il tour attraverso le opere di Roberto Ferri, è impossibile non rilevare
l’attenzione lenticolare e quasi iperrealistica, la cura per
il dettaglio o mise en place, che l’autore dedica alla resa
della figura umana svestita. Quello dello studio accurato
del nudo e dell’anatomia, del resto, era uno dei principi
<<<Insistenze
fondamentali da osservare all’interno dell’Ecole des Beaux-Arts parigina sin dal 1648, anno della sua fondazione. Gli altri criteri formativi dell’Accademia francese erano
l’imitazione degli antichi e la resa della Natura idealizzata,
la realizzazione delle opere in studio anziché en plein air, il
primato del disegno sul colore e la compiutezza dell’opera. Roberto Ferri, più di 350 anni dopo, con le sue opere
ha dimostrato non solo di aver appreso magistralmente la
lezione del Passato, ma soprattutto di averla aggiornata e
rinvigorita di nuova linfa vitale.
Temi e soggetti sono tratti dalla mitologia antica, dalle “Metamorfosi” di Apuleio, dal Vangelo e dall’Antico Testamento. Temi classici, dunque, forti e importanti. In particolare,
il repertorio mitologico è incontestabilmente allettante per
due motivi. Da una parte per la notevole varietà iconografica di cui dispone, e dall’altra perché offre il pretesto inappellabile per mostrare corpi nudi e scene erotiche
senza incorrere nel rischio di venire accusati di immoralità. I soggetti delle creazioni di Roberto Ferri sono spesso
figure ibridate, germinali, in una fase di metamorfosi o in
transito da uno stadio alchemico a un altro. Semidivinità
zoomorfe, abissali o terragne, con la testa d’ariete o di
calamaro gigante, centauri e nereidi, naiadi e minotauri,
sfingi e arpie, sirene e tritoni. Ma anche inquietanti figure
in dissolvimento, filamentose, mucillaginose, sul punto di
trasformarsi in cortecce e radici o di sparire per sempre.
E per finire incontriamo i Cyborg, semiautomi maschili e
femminili che mostrano strumentazioni meccaniche e soprattutto nautiche, sestanti e astrolabi per non perdere
la rotta e le coordinate spazio-temporali nella traversata
delle tenebre primordiali, innestate direttamente nella carne turgida e nei muscoli dei loro corpi immancabilmente
scultorei.
Per noi è ormai giunto il momento di proseguire, di affiancare Dante nella sua promenade agli Inferi e volgere lo
sguardo al Paradiso. Inebriati di fascinazione ma incalzati
da Virgilio a non soffermarci oltre, dobbiamo ora allontanarci in silenzio da queste tragiche e bellissime creature
liminari, fatte non tanto di pasta di mandorle rosa annegata in un fiume di latte (come scriveva Zola a proposito
delle Nereidi di Cabanel) quanto piuttosto di marmo glassato nella porcellana e poi scagliato furiosamente nell’acido solforico.
part of Liquid art system
liquidartsystem.com
[email protected]
*[Simone Scaloni vive a Roma tra le pieghe di una decennale passione per l’arte.
Diplomato in restauro pittorico, si laurea in
seguito in Storia dell’Arte. Si interessa particolarmente alle incisioni del 900 ma non
si preclude incursioni nelle manifestazioni
dell’arte contemporanea.]
Qui sopra: Il Figlio Del Mattino, Olio Su Tela, 50 x 90 Cm, 2013.
Pagina 19: Liberaci Dal Male, Olio Su Tela, 150 x 150 Cm, 2013. 18
Cortesia dell’artista e di Square Gallery, part of Liquid art system.
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<<<Insistenze
Insistenze>>>
Sex AddiCtion – Il sesso fatto
ossessione Camilla Bonomo
Nella società di oggi non siamo più educati al “sentire”, ai
sentimenti e alla comunicazione emotiva, la quale è stata
completamente annullata da quella razionale. Siamo arrivati a considerare i sentimenti come una minaccia all’equilibrio; un equilibrio fittizio basato sulla razionalità.
Ma una vita vissuta esclusivamente sul piano razionale è
povera e ci fa perdere il significato e il valore di ciò che
siamo e che sentiamo. Ci preoccupiamo di curare il nostro “esterno”, la nostra “maschera”, senza preoccuparci
dell’”interno”, del Sé, che diventa un estraneo di fronte
all’emotività.
Un Sé che non conosciamo, di cui non siamo consapevoli; un Sé sconosciuto, di cui abbiamo paura e ce ne allontaniamo investendo tutte le nostre energie per migliorare
e conservare l’immagine esterna, il guscio, che diventa
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sempre più impenetrabile e lontano.
Nell’era del “virtuale”e del “tutto in un click”, si va verso
l’anestesia dei sensi; oggi infatti non diamo più spazio a
questi, se non alla vista, che è diventata il senso predominante in una società ossessionata dall’immagine e dall’esterno.
Il culto per l’“immagine”, per l’“esterno” sta ostacolando
sempre più la crescita e la costruzione dell’identità dell’individuo; un individuo non più in grado di riconoscere i propri bisogni, di raggiungere una conoscenza ed una consapevolezza di se stesso, raggiungibile solamente con
una maggiore ricerca e attenzione all’interiorità, all’intimità. Una persona matura e consapevole sa il senso del
proprio valore e del proprio “essere” che risiede nella sua
ricchezza interiore. Al contrario, una persona che cerca il
senso del proprio valore e del proprio essere all’esterno,
in particolare nell’approvazione degli altri, è una persona
dipendente, insicura. Alla base della dipendenza infatti c’è
una scarsa autostima, un cattivo rapporto con se stessi,
uno scarso amore per sé, e un bisogno ossessivo di appoggiarsi o di farsi sostenere da qualcosa o da qualcuno.
Ecco perché le dipendenze sono sempre più presenti nella vita della maggior parte di ognuno di noi. Chi è che non
fa a meno delle sigarette, del caffè, del vino, del cioccolato, di qualsiasi sostanza che anche per un attimo allevii
un dolore, una sofferenza, di tutte quelle sostanze o situazioni che ci aiutano momentaneamente a distrarci, a non
farci “pensare”?
Spesso molte di queste sostanze sono legate a riti.
Il caffè la mattina al bar è diventata una coccola, un momento di condivisione, di omologazione per molti, ma di
vero piacere per pochi. Sono pochi quelli che bevono il
caffè per il semplice gusto di godere del sapore che ha.
Per molti è un rito, un’abitudine, una dipendenza.
«Il sesso nel dipendente sessuale ha la funzione di relazione primaria»
Quando parliamo di dipendenza patologica, facciamo riferimento all’uso distorto e morboso di una sostanza, di
un oggetto, di un comportamento; è un’esperienza caratterizzata da un sentimento che non può essere represso
e dal bisogno coatto di essere ripetuta con modalità compulsiva.
Le droghe e i comportamenti di dipendenza, infatti, hanno la capacità di provocare stati soggettivi di piacere e in
certi casi di euforia che alimentano tali comportamenti dipendenti. La dipendenza può scaturire da qualsiasi situazione in cui si può attenuare un dolore, l’ansia o altri stati
emotivi negativi attraverso la diminuzione della coscienza
e l’aumento della soglia di sensibilità. Per questo la dipendenza non è il bisogno di farsi del male ma il bisogno di
farsi del “bene”.
È un fuggire, uno scappare dalla realtà, dalla quotidianità,
che spesso ci fa sentire troppo fragili e soli e quindi devìa
il nostro cammino verso la ricerca ossessiva di un “qualcosa” che non ci faccia soffrire dei dolori e delle responsabilità di cui la vita è piena, ma allo stesso tempo ci fa perdere il contatto con noi stessi con le nostre emozioni, con
la nostra essenza. Ci priva della conoscenza di noi stessi
e quindi della libertà di “essere”. Tutti i tipi di dipendenze
tolgono la libertà, perché ci fanno “pendere da” (dal latino
dipendere), qualcosa o qualcuno che è più forte di noi, di
cui non possiamo fare a meno.
La dipendenza è una debolezza, un colmare un vuoto, lo
stesso vuoto che ci fa sentire deboli: per sfuggire da questa sensazione che non sappiamo gestire e non vogliamo
accettare e riconoscere, ci buttiamo nel vortice della trasgressione, che altro non è che una debolezza, anche se
da molti viene vista come “forza”, come “coraggio”.
Molte dipendenze specialmente all’inizio portano con sé
una buona dose di trasgressione, di euforia, e spingono
ad un livello di eccitazione tale che, tra esaltazione e disperazione, ci fa sentire forti, vivi. Alla base di una dipendenza sembra esserci la paura di essere abbandonati.
In questo caso, la sostanza, l’oggetto, la persona o il comportamento che ci crea dipendenza diventa una sorta di
“coperta di Linus”, però anziché avvolgerci e tenerci caldi,
arriva a soffocarci, a schiacciarci, rendendoci sempre più
fragili ed insicuri, più “scoperti” e vulnerabili ai pericoli.
In questo scenario, l’individuo “sposta” le proprie sofferenze esorcizzandole con il comportamento di dipendenza. C’è chi esorcizza con il cibo, chi con l’alcool, chi con
la droga e chi con il sesso, grazie anche alla maggior facilità d’accesso che internet offre.
Ormai il sesso è alla portata di un click, per questo vi è
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Insistenze>>>
Sex Addiction
Come tutte le dipendenze, quella sessuale, ha la funzione
di compensare un difetto del Sé.
Nei soggetti affetti da tale patologia, il desiderio sessuale
coinvolge ed invade tutti i pensieri e le sensazioni, da non
permettere nessun altro scopo nella vita.
La dipendenza da sesso è la condizione psico-fisico-esistenziale nella quale un individuo percepisce la propria
sessualità centrale rispetto alla sua vita ed agisce in risposta ad un irrefrenabile impulso sessuale.
Questa situazione porta il soggetto dipendente a non avere più il controllo sulle proprie scelte.
Spesso il dipendente sessuale è un individuo con una
scarsa intelligenza emotiva e quindi una difficoltà a gestire e riconoscere le proprie ed altrui emozioni, un soggetto solo, con pochi strumenti culturali per difendersi che
spesso usa il sesso come mezzo per soccombere alla
mancanza di un rapporto affettivo.
Il sesso nel dipendente sessuale ha la funzione di relazione primaria, per la quale tutto il resto viene sacrificato,
inclusa la famiglia, gli amici, i valori e la salute.
Invece di vivere il sesso come fonte di piacere, il soggetto
dipendente sessuale ha imparato a relazionarsi al sesso
per confortarsi dal dolore.
Lo scopo dell’ipersessualità, infatti, come tutte le altre dipendenze, è alleviare lo stress e fuggire dai sentimenti
negativi o dolorosi e dalle relazioni intime che spesso portano a sofferenze e abbandoni. Per cui in un soggetto non
in grado di gestire nessun tipo di sensazione ed emozione, il sesso diventa il bisogno fondamentale per avere un
contatto con l’altro, una gratificazione, uno scambio; un
bisogno rispetto al quale le persone coinvolte fungono da
“mezzo”, da oggetti da usare e buttare per non essere poi
abbandonati. I dipendenti sessuali “usano e gettano” per
non essere a loro volta usati e gettati.
Come vediamo, la dipendenza costituisce un comportamento di evitamento, di fuga. Il soggetto si rifugia nel sesso o nella dipendenza “scelta” per sfuggire alle problematiche esistenziali.
Questo porta sempre di più ad un deterioramento delle relazioni e ad un conseguente isolamento sociale, che
sfocia in una maggiore insicurezza e un maggior rischio di
depressione e sviluppo di disturbi di personalità.
***
Per approfondimenti:
Psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale;
Davide Dèttore, McGraw-Hill Editore, collana Psicologia,
2001, ISBN 9788838627477
UNA ‘PURA FORZA SESSUALE’: GALA
DOPPIAMENTE PIAGATA
AVEACIRAM DE NOITRE
“Ho sognato d’essere disteso su un letto accanto a un
uomo che non sono sicuro d’identificare. Gli giravo le
spalle. E tu sei venuta ad allungarti accanto a me. Mi
baciavi sulle labbra e io ti carezzavo quei tuoi seni fluidi e vivi sotto il vestito. A un tratto, dolcemente, la tua
mano è passata sopra di me ed è andata a cercare il
sesso dell’altro personaggio”1. Così il poeta Paul Eluard
alla moglie Gala. L’altro, l’amante, è il pittore Marx Ernst.
“Pura forza sessuale”, Gala, maschera di Elena Ivanovna
Diakonova. Dal primo dopoguerra diventa la “musa inquietante” dei surrealisti. Ma la fine è visibile tra le fiamme, in filigrana: prima della sua imbalsamazione, arse
così tanto il suo sesso da bruciarle il viso, piagato da rughe e rammendi al bisturi. La sua potenza erotica si dis-
solse così, lasciando scoperta una realtà che il desiderio
incontrollato non poteva coprire in eterno.
In gruppo, in tre, da soli, a volte in due. La scena surrealista parigina non era accidentalmente orgiastica, l’orgia ne abitava l’essenza. Gala Eluard, poi Gala Dalì, fece
da snodo a una delle tante scene private in cui l’aria dei
tempi si rapprese in un nugolo di ansia asfissiante, ma
irrinunciabile. La minaccia della fine, l’immagine di una
donna dal corpo in rovina che paga per spingersi nella
carne giovani sessi, lungi dal farla desistere ne amplificava il desiderio. Lasciarsi sopraffare dalla carne era
un bruciante sonnifero, tanto più ricercato quanto più
lo spettro della solitudine si affacciava all’orizzonte della
bellezza.
Insistenze>>>
stato un aumento della dipendenza sessuale e dalla pornografia con l’avvento di internet nel mondo e in Italia.
*[Camilla Bonomo, laureata in Psicologia, si è specializzata in Sessuologia presso l’ AISC (Associazione Italiana Sessuologia Clinica).Ha svolto consulenze psico-sessuologiche e seminari informativi presso
diversi studi. È attualmente impegnata in uno studio
di ricerca su “Tradimento omosessuale nella coppia
eterosessuale” presso l’AISC. Dal 2013 collabora con
il Centro Studi Silvia Fusetti e scrive per la rivista on
line “Progetto uomo per il sociale”.]
Pagina 20: Reinterpretazione fotografica di Orchid di Robert Mapplethorpe a cura di Pietro Bomba.
Pagina 21: Photo-collage di: Lisa Lyon, Iris, Derrick Cross e Isabella Rosellini di Robert Mapplethorpe, a cura di Pietro Bomba.
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Insistenze>>>
Giù la maschera, Gala! Finì costretta a prenderli in fitto,
gli uomini, i soldi in cambio del loro sesso, e il suo viso
sul letto di morte si scompose in raccapriccianti piaghe
aperte, ultima epifania di quella vanità che l’aveva portata
a ricorrere senza misura alla chirurgia estetica, facendo
del suo viso da strega campo orrorifico di ferite, buchi e
cuciture.
Ma prima…ah, prima. In sanatorio, forse per turbe psichiche, gli occhi duri e le labbra sottili della giovane russa
attirarono a sé il grande poeta, che la sposò. Era il 1917.
Per lei Eluard compone le sue prime poesie. Nel 1928
trascina nel loro letto il pittore austriaco Max Ernst. Fin
quando Eluard non fugge, raggiunto ben presto dai due
amanti. Nuovamente soli, dopo qualche anno, Gala e il
marito si separano. È entrato in scena il pittore catalano,
di dieci anni più giovane di lei. Sarà il rapporto più intenso e complesso della vita di entrambi. Non solo amante
appassionata e irresistibile, Gala sarà anche madre e padrona. Dalì ne riconoscerà il merito: la potenza espressiva del pittore dipende da lei, dalla sua smisurata poten-
<<<Insistenze
za erotica, dall’onnipervasiva carica affettiva, ma anche
dall’efficientissima capacità. Ne gestirà i soldi, non senza
attirarsi critiche, oltre che il sesso. Ma il tempo segna il
corpo, anche per Gala e Dalì. Si arenano i sospiri negli
anni, le consuetudini allontanano le mani e la mente, e la
russa non più giovane paga per iniettare giovani sussulti
nel proprio corpo, mentre il genio dell’artista è ormai universalmente riconosciuto.
Fine ingloriosa per la protagonista di uno dei più celebri ménage à trois della storia, Donna di Eluard, madre
amante e Musa di Salvador Dalì? No, solo il compimento
di una vita trascorsa con le mani nella carne viva, con
un piede impigliato nei propri fantasmi e l’alito caldo del
sesso sul collo. Il fuoco mai spento mangia l’anima e
non lascia, alla fine, che un’anziana e triste signora, sola
con il suo denaro in contanti per godere, quel po’ che le
era ancora concesso; tristi segni della bellezza svanita.
E Dalì al capezzale; imbalsamata, infine, nel suo castello, ultimo simbolo del più macabro massacro del corpo,
quello della sua venerazione erotica.
1) da una lettera di Paul Eluard a Gala, 1928.
*[Aveaciram de Noitré, nata a Mosca, bruciò tra la
Catalogna e Parigi. Infine imbalsamanta, non smise di
piagare.]
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Pagina 23: Gala posa con l’iconico cappellino-scarpa della maison
Elsa Schiaparelli
Qui sopra: Gala posa nuda di fronte ad una tela del maestro Dalì, con
il quale è ritratta nella seconda foto.
Pagina 24: Salvador Dalì, Gala atomica, Olio su Tela, 61.1 × 45.3
cm, 1949. Museo Dalì - Figueres.
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FABIANA Frascà
erotica, poesia sensuale che lancia una
Il primo impatto, alla lettura delle quartine di Fabiana Frascà dall’opera “L’Oscuro Centro”, è l’impressione visiva della forma spaziale nella quale si articolano i versi, quasi si trattasse di osservare in controluce i riquadri di diapositive che spiano lo spazio di un letto, il luogo chiuso metricamente dall’argine delle rime alternate, e attraversato da un capo all’altro dalla sincronia perfetta del “respiro a endecasillabi”
che ritma la drammaturgia di un discorso amoroso.
E questa poesia ci coglie nel pieno dell’azione, dentro le vampe del linguaggio dell’eros, sulla scena di
corpi in movimento che ci riportano alla memoria le parole di Barthes, “Il linguaggio è una pelle: io sfrego
il mio linguaggio contro l’altro.”
Infatti queste strofe erotiche non sono una mera palestra della carne ma il campo semiotico che articola
un’estetica della percezione.
dalla prefazione di Letizia Leone
modalità di scrittura libera di sperimentare
# 29
# 32
Resta svuotato il corpo senza peso
Accelera sul corpo le mie voglie
le forze alle membra già si sfanno.
guerriero per il mio culmine intenso.
Traboccante al mio ventre ti sei arreso
Stracco te ne ritorni alla tue spoglie.
e vi resti incistato come un danno.
Di tutto t’ho svuotato. Anche del senso.
“È allo scrittoio, non a letto che nascono
le posizioni, le architetture, i progetti più
sensuali”, questa considerazione di Carlo Villa
ci sembra la più adeguata a commentare i
versi dei molti autori che hanno risposto alla
nostra ultima sollecitazione creativa. Poesia
e priva di intralci moralistici. E se è pur vero
che l’erotismo è un “percorso di guerra
dato solo a pochi privilegiati” allora in questi
testi l’eros rivela la sua piena tensione quale
energia seminale che dispiega la sua potente
ispirazione in mille rivoli.
Letizia Leone
Titolo: L’oscuro centro
Autore: Fabiana Frascà
Ed.: Giulio Perrone LAB
Pagine: 120
ISBN: 8863160880
Inverso>>>
Inverso>>>
*[Fabiana Frascà, è nata a Napoli dove vive e lavora. Ha
pubblicato poesie e racconti in diverse raccolte antologiche frutto di premi letterari o concorsi. È vincitrice della
IV edizione del “Premio Internazionale Mario Luzi”, prima
classificata per la Sezione Poesia Inedita. Nel dicembre
2009 a Roma, Giulio Perrone Editore, le pubblica la prima
raccolta poetica dal titolo “L’Oscuro Centro – novantanove quartine di corpi e una prosa di anime”. Nel febbraio 2014 pubblica, sempre per Giulio Perrone Editore, una
nuova raccolta poetica dal titolo “Aporia delle scorie” con
una prefazione di Antonio Spagnuolo e una nota di Letizia
Leone.]
Hippolyte Flandrin, Giovane uomo nudo seduto in riva al mare, Olio su tela, 1836.
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<<<Inverso
alessandro pedretta
Una scrittura estremamente analitica, graffiante, brutale, a tratti surrealista, pregna di esperienze, sfumature e mescolanze; e la straordinaria capacità di penetrare a fondo nelle innumerevoli sfaccettature degli stati d’animo, dell’io, dell’essere. Esplora, affonda e riemerge, ricerca e riporta con coerenza quasi maniacale
gli odori, i paesaggi, il linguaggio della carne, i flussi e gli umori del suburbano quotidiano, di ogni suo più
recondito e squallido aspetto. È la non-poesia del non-poeta.
Ci si sente sperduti e ritrovati, e poi ancora violati e abbracciati dalle mostruose atmosfere rarefatte, dalle
Inverso>>>
nostalgiche e spaventose Albe Chimiche, dallo sviscerarsi di assurdi déjà vu e dal disfrenarsi di forze oscure del subconscio.
dalla prefazione A. Lasdo
NESSUNA COSA, NIENTE
Cerco di inventare qualcosa di nuovo
da questo nulla ampolloso che mi ghermisce,
mi offende ma anche
dà vita a neonati letti
sui quali posso masturbarmi la testa,
venire di cellule ribelli, godermi da solo
tra l’ostico e il disumano
che annaspa tra strade e salotti,
nelle profusioni
di una tecnologia che delira
e il coito sempre interrotto
di un angariante grido dall’etere.
Ora cambio faccia,
mi dono qualche mano
per afferrami meglio,
e due stomaci
fatti per ingoiare queste pulsioni indotte.
Lascio stare, mi esulto così:
debole e disperso,
un verso indecifrabile,
la cima di un fosso
e mi spengo il più possibile
perché darsi è come offendersi da soli,
cercare un opposto
ma il mio posto
non ha luogo.
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SPERANDO UN’ECLISSI
Zombi dialettici
ci smembrano le idee
tra cavernicoli sogni di sesso
e pompate vergate di non so.
Eccoci cercando,
sperando un’eclissi,
fomentando rivolte di pensieri.
Ma se non riesco neppure a pensare
a cosa ho mangiato
ieri.
Ma se non riesco neanche a credermi,
eppur le mani si muovono
e l’ombra pure
si muove con me.
È una petulanza dell’essere.
Questa cancrena che si chiama Io.
Una scienza conformata alla tua prostata
che muore.
Eppure
ci dicevamo vivi,
perplessi, sì
ma vivi.
Titolo: Conta fino a zero
Autore: Alessandro Pedretta
Ed.: L’ArgoLibro
Pagine: 130
ISBN: 978-88-98558-09-4
*[Alessandro Pedretta, schiavo delle piramidi, scrittore suicida e apocalittico poeta nevrotico. Nel 2011 fonda il collettivo di artisti Nucleo
Negazioni con cui pubblica nel 2013 per Nulla
Die “Le Negazioni – 36 pezzi” e con Pop, imprinting di Edizioni La Gru, “Nagasaki Luna Park”.]
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<<<Inverso
Le proposte testuali tematizzano il sesso e il desiderio in varie declinazioni: a volte l’esplorazione della for-
Alessandra Far Flung
luisa la terra
COSA NE SAI
CHE IO MI BENEDICA
Ma tu cosa ne sai
dei graffi al mio collo,
delle torsioni alle mani,
della fronte scorticata
al fare del giorno.
E come vivresti tu
il cambio sequenziale
di un progetto perduto
in ogni abbraccio allargato,
una digressione affollata
di voci addolcite
dalle tue voglie mancate.
Mi tocco la testa, è calda, sono seria.
Respiro e chiudo gli occhi, mi concentro.
Tocco tutte le sporgenze,
le palpebre tremanti,
la bocca aperta e la lingua morbida,
infilo le dita dentro al naso, nelle orecchie,
mi appendo ai lobi,
sono sospesa.
Lecco le mani, le braccia,
sono salata,
i peli si appiattiscono, diventano lucidi.
Poi è il collo,
tocco le vene gonfie di piacere,
verdi radici che si arrampicano.
Le mani strisciano lentissime e si riempiono dei miei seni,
li strizzo piano,
faccio un giro sull’ombelico, esploro il ventre.
Le smagliature dei fianchi sono segni che solcano indelebili [la mia carne,
sembrano incroci di fiumi secchi,
mappe geografiche di ferite cicatrizzate.
ma è filtrata dall’esplorazione della carne quasi a sollecitare un rapporto voyeristico nel lettore così come in
“Cosa ne sai” di Alessandra Far Flung, in “Che io mi benedica” di Luisa La Terra, in “Quel fottuto orgasmo” di Giovanni Favazza o nel “Carnevale di Dio” di Shar Danus.
Altre volte la poesia tenta di riportare la presunta astrattezza di arte, musica, sensazioni o ricordi alla matrice tangibile di una “sensitività fisico-mentale”, si pensi al “Piacere inane” di Deborah Zerovnik, alla “Breve
sonata per blues e illusione” di Andrea Doro o all’essenza fortemente sensule del verso di Marino Santalucia; una poesia sensitivamente concreta che vuole testimoniare e “toccare le emozioni” come nella
prove di Veruska Vertuani con “Saliva”, di Antonella Lucchini con “La dimensione esatta” e di Claudia
Brigato in “In fusione”.
E ancora l’avvolgimento carnale può essere il punto di partenza di una lievitazione immaginale, metaforica
Inverso>>>
o simbolica come in Davide Cortese ne “Il giardino dell’antica malizia”, in Alessandra Carnovale ne “Il
germoglio e la terra”, in Maria Grazia Di Biagio con “Shangri-La”, e ancora in Rubens Lanzillotti con
“Sesso a parte” o in Francesca Tocchio con “È tutto un fiorire di gemme”.
Ma l’eros è anche invenzione, dà origine alla forma e mette alla prova il linguaggio come così come ci suggeriscono i testi di “Nuove rapide scosse retiniche” di Annalaura Longo o la ricerca stilistica e di musicalità del verso nelle poesie di Vincenzo Signoretta e di Roberto Marzano.
Questa varietà degli stili e delle proposte esemplifica una volta di più la vitalità e il fascino del linguaggio
poetico, la sua efficacia semantica, la sua “azione” creativa tesa ad una ricerca inesausta.
[Letizia Leone]
E così non sai
della biancheria bagnata
la mia pelvi che piange
i tuoi colpi da lepre impazzita,
tanghero smorfioso
le braccia lunghe da scimmia
che mi perimetrano i fianchi.
Io, in ginocchio da te
come un condannato
con gli occhi acquosi,
la pancia molle tirata dentro
senza fiato, la bocca piena
e riuscire a dirti “ti amo”.
Scivolo.
La vagina è umida mi tocco, mi percepisco.
Sono un mondo a parte.
Sono l’unica abitante del pianeta me stessa,
qui è bellissimo, qui comando io.
Sono il maestro che dirige l’orchestra del piacere
ed è un crescendo di tempi composti in dodici ottavi,
emetto suoni alterati di diesis e bemolle,
ed è l’apoteosi del trionfo.
Chiudo il pentagramma con un sorriso intimo
che io mi benedica.
Pagina 30: George Hendrik Breitner, Nudo dormiente, Olio su tela, 1887.
Di lato: Otto Mueller, Coppia di innnamorati, Olio su tela, 1914.
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Giovanni favazza
shar danus
Deborah Zerovnik
andrea doro
QUEL FOTTUTO ORGASMO
IL CARNEVALE DI DIO
PIACERE INANE
BREVE SONATA PER BLUES E ILLUSIONE
Un bel culo
un gran bel culo
un seno prepotente
sodo e sfacciato
uno sguardo accattivante
quasi indomabile
la tua pelle
l’addome così spudorato
e le tue ascelle
le tue ascelle.
Ti annuso i capelli
e già mi perdo nel tuo corpo
voglio vivere un lungo attimo di olfatto
voglio godermi la tua esuberanza
scoparmi piano i tuoi occhi
perdermi dentro ai tuoi occhi
e morderti il naso.
Non guardarmi così
sono ferite sulla croce
fuoco minacciato da piogge
occhi persi nella carne.
Amami con la lingua
dammi solo questo momento
d’intimità
e poi ti entrerò dentro
e non avrò più pietà di me
sarò il tuo animale per godere
quel fottuto orgasmo.
Mentre discuti con me
accanto a me
al café dei Lumière
mi parli sorseggi sorridi
vaneggi di gente che mormora
accanto, di storie lontane
Lì fuori, l’estate spenta
sfiora sequenze di storia,
per un istante la coscienza mi turba;
ora sono solo un ricordo
e sono ora solo ricordi
di pochi centimetri
e distanze abissali,
legami di bellezza indomabile
la tenerezza d’un incontro
che promana da ogni solitudine
l’inganno di una promessa,
obbligo sublime ed instabile
succedersi vorticoso
che mai cessa
nel vuoto che segna l’assenza
in corpi tesi in ogni loro anfratto;
l’Adam forgiato dalla terra
e rugiada nuda nell’erba
carezze spaesanti dei sensi,
estesie incarnate e soave visceralità,
i sapori sublimi
del dolce zampillare
di sorgente che inonda
il piacere inane.
Ti suonerei come un Charleston,
con una cassa in tempo dispari,
e valanghe di rullate.
Ti suonerei con due dita in bicordo
tra le labbra, arpeggiandoti i seni
bianchi.
Ti suonerei tra il sole filtrato e
ti urlerei quando crepa sui
turni serali.
Ti suonerei sussurrandoti,
stonato e sbronzo,
soffiandoti jazz sul collo.
Ti suonerei legno, materasso,
piastrelle e specchio.
Ti suonerei città straniere.
Ti suonerei sbagliando,
per ricominciare da capo
e sbaglierei un’altra volta
per riprenderti in note
precedenti.
Ti suonerei progressive-rock,
ignorando gli standard.
Ti suonerei nuova, per
pensieri assolutamente
innovativi.
Ti innoverei pensandoti
suonata con la coscienza
spalancata.
Io ti schienerei per pelle
e capelli.
Io ti specialmente fragile,
perchè tu mi muri fuori,
mi idea per cassa e voce.
Io ti tu mi.
Ti scruto spiragli di pelle di collo di calze
mi fermo all’incrocio tra le tue gambe
ti accorgi di me
lentamente
fai scorrere piano un ginocchio
sull’altro e ti apri
mi prende l’affanno
le braccia si fanno vibrisse
un’orgia di ormoni le tempie
il cazzo un teatro di ritmi tribali
- la mano si insinua
partendo da dietro al ginocchio
ti esplora la coscia
si infila a cercarti la fine
ti trova e rasenta
lo sfriccicolio dei tuoi peli
tra le mutande, si stende
sei liquida, calda, odorosa Il tuo indice sulla mia tempia
a mo’ di pistola che dice «sei matto!»
mentre il sorriso sibilla «mi piace»
e gli occhi mi gridano «è tua»
Mi muovo, socchiudi un po’ gli occhi
sospiri, inturgidisci le labbra
strapazzi il bicchiere
e mi implori all’orecchio «ancora ancora»
le mie dita ti allargano al mare
ed ecco
tu sei il carnevale di Dio
il suo semel in anno
la sua prima follia dal giorno della creazione
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veruska vertuani
davide cortese
alessandra carnovale
SALIVA
IL GIARDINO DELL’ANTICA MALIZIA
IL GERMOGLIO E LA TERRA
Bocca e seni
tatuati dai miei morsi,
nell’estasi amorosa
cantano i corpi.
Le nostre mani scivolano
cera calda
nell’impronta dei nostri fiumi,
s’incontrano in un letto
senza affluenti,
aspettano la piena
che irrompe al sorgere della luna
come l’alta marea
sulle nostre spiagge.
Lasciami disfatto.
Fecondi la mia saliva con la tua.
Un così ricco patrimonio genetico
è troppo, anche per le mie labbra.
Allucinante
il pensare che le nostre vite si incrocino e si
fondano
nello spazio delle bocche.
(Riflessioni serrate sui denti
per non soccombere all’intreccio delle nostre
lingue.)
Impossibile dire dove finisca il mio corpo
e dove cominci il tuo
se quest’orgasmo ha fatto della mia pelle
un letto di fiume
permeabile
alle emozioni del mondo.
In cielo sorge il capezzolo di un dio lascivo.
La sua luce si adagia sul dorso di giovani amanti.
Nella florea selva contiamo i colori della nostra pelle
e inventiamo baci e danze mute da sorridere.
Scivoliamo con le dita venate d’azzurro
sulle costole dure di un segreto.
Ci diciamo profumi proibiti
giocando a farci calici di fiori arcani.
Suggiamo vita dalle nostre labbra
e taciamo alla luce un nostro canto oscuro.
Ci stringiamo come sanno il muschio e la pietra
nel giardino antico della nostra malizia.
antonella lucchini
claudia brigato
Quando pianterò
gli apici
del mio apparato
seminale
nel tuo grembo
da sempre
inospitale,
ti farò
così
male
che dovrai
trattenere
un grido
di dolore
e quando,
estendendomi
a tuo spese,
ti risucchierò
ogni elemento
vitale
dovrai cedere
tutto
al mio
fiorire.
Marino santalucia
LA DIMENSIONE ESATTA
Sì, l’hai toccato e hai scoperto:
lo spazio dove sforano i miei fianchi
ha la dimensione esatta
delle tue mani,
ci entrano
mi entrano;
li tratti come scalmi
da dove segui, domini, crei
la corrente ascensionale.
Poi
ci muori,
svuotato.
IN_FUSIONE
Il mio corpo ha passaggi ostili
- confini inospitali - dove non sai camminare
in punta di scalze dita.
Mi premo sugli angoli,
non sosto su rotondità,
ho sentieri appuntiti che ti inciampano le mani
e pelle marmorea da trasparirmi
tutta senza controluce.
Perché sei terra
che non sa
accogliere
né nutrire.
Ma se mi abiti
nei vuoti tra l’incavo del grembo
e la cascata delle gambe
mi apro a fiume.
Questa sera
quando torni
nuotami.
Di lato: John Singer Sargent, Uomo con alloro, Olio su tela, 1880.
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maria grazia di biagio
rubens lanzillotti
annalaura longo
ROBERTO MARZANO
SHANGRI-LA
SESSO A PARTE
da NUOVE RAPIDE SCOSSE RETINICHE
IL TUTTO
Rinasce Shangri–La nel sopravvento caldo
della bocca dalle caviglie al senso della sete
ti risalgo fiumana al battito del sangue
si narra il tuo mistero – il mio –
nuovi idiomi varcano i confini delle mani
dispiegando origami di derma e sale – è dolce il taglio
limpida l’arsura torrenziale della fronte
sulla fronte – due orizzonti –
nel mezzo sorge la città – perfetta.
I nostri turbamenti come bastoni di bronzo
pacchi scartati da mani giornalistiche
durante il fatale mese d’agosto
restiamo chiusi per settimane
su palestre mentali e vasi caldi
ripetiamo tutto il procedimento
preliminare, prese di posizione
e proclamazioni discinte
“la vita ci ha stuprato così tanto
che non ci eccitiamo più”
sesso a parte ci restano gli spasmi
in mezzo alle gambe,
i nostri pantaloni che esplodono
il tuo che si ficca dentro
le caverne roventi del fabbro che fui
il mio che si sporge all’infuori
dei banchi gelati della maestra che sei
e basta nudità, di fianco a grette pulsazioni
valiamo 10 volte in più come forme sbrindellate
di una Grande Perversione Muta
inutile cercare e ricercare, creare e ricreare
i giochi che abbiam scordato in seconda media
quando i gingilli splendevano al sicuro
senza ditate, attriti e sfregamenti compulsivi
il mistero e la scoperta, l’uno dell’altra
articoli d’opinione e saggi d’anatomia indecente
penne che sguisciavano sicure
lungo l’umido sottostare delle fantasie ancora crude
perché sesso a parte siamo carne alla piastra
che l’amore non è mica una bruciatura annerita
ai margini del nostro letto cotto a puntino
ma guardiamoci adesso,
guardiamoci attraverso i vestiti
che la paura ha raffreddato lame di falce
e ci siam tagliati a vicenda
là sotto
nelle scritture.
Dove il palato è denso
trema forse un inseguimento,
tardivamente ambrato.
Di strofa in strofa, d’apostrofo in “a capo”
affamato di lunghi periodi dilaganti
per righe e più righe senza fiato o quiete
dove una virgola in più o in meno, nel caso
può cambiare direzione, senso e indirizzo
così come un punto può concludere il tutto...
La pianura sterminata di neve
non distingue né colma le distanze
batte il mio cuore pazzo dirimpetto
nel respiro bollente di fiati affiatati
che divorano a morsi vivi la nebbia
vapore di sospiri colti a mani colme
maniglie dorate delle porte del paradiso
raccolgon lo stupore, il brillio degli occhi
sotto le coperte complici di pelle
dove le notti sfrigolano d’immenso
incendiando labbra tese, bocche disciolte
ad esplorarsi in esplosioni d’infinito...
mani, lingue e orifizi
coi rami intrecciati
fRAncesca tocchio
È TUTTO UN FIORIRE DI GEMME
È tutto un fiorire di gemme
intorno
e dalle palme
istigano grappoli gialli
li annuso e penso
al tuo cazzo lucente
Vedo pelle
su pelle su pelle
senza tregua
e il luminoso, accecante verde
su verde su verde
senza tregua
La primavera è una rincorsa al piacere
e io e te affannati
nemici del tempo che abbiamo
fottiamo come i dannati.
Mani ampie aderiscono al suolo
come trombe propiziatorie
e comprimono il caldo disegno del corpo
con impavido inseguimento.
Gli amanti piombano riarsi
e catalizzati su acide rive,
attaccati alle spighe,
come tele drastiche ed essudative.
Eri saldo e arcuato nella cruda ricerca
di superstiti seni incendiari.
Guidato da frecce mutando le forme
fiutasti chinato le bianche porzioni irrorate del dorso.
Poiché il volto venisti a cercare
la brillantezza rimase protratta sui folti capelli.
La bocca in pulsione digiuna e mimetizzata
fu un’urna contratta e audace sembianza.
Pagina 37: Filip Andreevic Maljavin, Nudo reclinato, Olio su Tela, 1918.
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VINCENZO SIGNORETTA
Ci hanno negato la verità dei nostri corpi, alterandola.
Mille passate esistenze
ricerca di perfezione
de l’arte del piacere
Aforismi dimentichi son
obliterati da Cultura
nuova, falsa, inibente
Piaceri studiati,
spiegati, illustrati,
felicemente follemente goduti
Piaceri anelati
da ognuno
Perversamente, Giustamente
l’essenza d’esser liberi
Piaceri ritrovati
da Dormienti
in mondo irreale
Siamo state tenute nell’ignoranza delle nostre zone più segrete.
Adrienne Rich
Che Fusibilia prediliga la scrittura delle donne e i temi ad essa connessi è ben ravvisabile dal catalogo
editoriale e dalle attività associative svolte, fra le ultime il 1° Festival internazionale della poesia al femminile
Piaceri alberi
mani, lingue e orifizi
coi rami intrecciati
“Eros e Kairos”, realizzato per il Museo di Villa Giulia a Roma.
Piaceri Liberi
d’esser origine
di sublimazione mentale.
visitate, come la relazione con il corpo e l’orgoglio per la propria sessualità, chiedendo alle donne di affran-
Così, dopo la buona riuscita delle precedenti iniziative editoriali “Caro bastardo ti scrivo…” e “Sono bella,
ma non è colpa mia…”, abbiamo proseguito ad incoraggiare proposte tese a sviscerare tematiche poco
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LOTO VERMIGLIO
carsi dall’idealizzazione sentimentale dell’amore, per entrare di peso nell’eros del proprio corpo, divenendo
consapevoli di ogni suggestione che ne derivi.
La sollecitazione a raccontare l’orgoglio della propria sessualità, attraverso lo strumento della poesia, ave-
Piaceri radici
in sguardi e respiri
sinceri, Avvinghiati
va come finalità l’‘enunciazione’ di un teorema (la cui definizione, ricordo, è ‘verità dimostrabile’), cioè la
dimostrazione creativa della libido soggettuale femminile, in funzione di una percezione della propria immagine interiore e della propria pulsione erotica, come fase propedeutica alla stima del sé, come riconsidera-
Mille presenti esistenze
assoggettate al Culto
Fallato Divino
Menti accusate
d’esser contronatura
disconoscon il loro Vero
zione dell’archetipo femminino, immanente in tutti gli aspetti naturali, e come custodia dell’erotismo fem-
Piaceri, incatenati son
da Donna/Uomo pudici-bigotti
e fuggon dai Generi
proprio erotismo, è scaturita una selezione di cinquantasette testi, premiando sia il valore letterario che l’e-
Piaceri, asserviti son
da Bocca-Figa 50, anche Culo 80
e reggon fottuti Perdenti
una sezione fotografica di Sabrina Manfredi, che firmerà anche la copertina.
minile, questa dimensione umana da sempre oppressa e sottaciuta, anche annientata violentemente dal
predominio, spesso truce, della cultura maschilista.
Dai contributi pervenuti in risposta al concorso letterario “Teorema del corpo – Donne scrivono l’eros”
articolato in due sezioni, Desideranti e Amanti, affinché ciascuna focalizzasse al meglio l’interpretazione del
splicitazione degli argomenti affrontati.
Il volume, di prossima pubblicazione, sarà presentato da una nota del poeta Beppe Costa e comprenderà
A seguire, un’anteprima per Diwali.
[Dona Amati]
Piaceri, persi son
seguendo della Caduta
i passi incostanti
Mille future esistenze
privi, forse, d’assurde
briglie. È Peccato!
Sciolti, imbizzarriti,
Vedono e Odorano
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Dipinto cinese in stile Gongbi, Fiore di loto rosso al tramonto.
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Giovanna IORIO
Le carezze - non amo che quelle.
Ho il pelo di un gatto.
Lucido e nero- un soffio
d’aria lo solleva. Le tue parole
posale sulle mie labbra.
Solo suoni liquidi. Solo il seme
della tua voce. Scioglilo.
Solido ti pesa dentro.
Come un macigno. Parliamo.
Questa lingua liquida che viene
dall’età della pietra.
Sylvia pallaracci
<<<Inverso
SILVIA favaretto
elena ribet
Michela pistidda
QUESTA NON È UNA POESIA
Bocca baciata e perdonata
bocca baciata e perdonabile
bocca baciata e ribaciata
bocca sopraffina ribaciabile
bocca da averne sete per mille anni
senza inganni, solo implorata.
La mia è un’ostrica da mangiare
cervella da svalvolare
cavità vuota da colmare
da far trasbordare
il tuo sale, il tuo sale.
Io sono un’ostrica chiusa male
un balbettio di viole,
una conca di petali
che ogni volta si deflora
ogni ora, ogni ora.
Vediamoci in un posto comodo
dove lasciarsi andare
ma anche su una colonna, in piazza
nessun istinto da controllare.
Un giorno l’ho fatto su un albero
il tronco anch’esso mi toccava
mi stritolavano i rami
come spine di miele morbido
ogni gesto, non saprei dire,
se fosse natura, umanità o fantasia
se il corpo fosse di corteccia
il cielo resina di baci
se l’albero fossi tu.
io qui carne
io qui spirito
io qui non più carne né spirito
alle mani tue solo carne
negli sguardi tuoi solo spirito
naufraga di membra
e orfana di memorie
Sei l’amante di una poeta
cos’altro ti aspettavi?
Che ti parlassi di rondini e nubi?
Sto solo qui ad aspettare che tiri fuori
la tua penna dall’inchiostro biancastro
e che tu mi scriva de dentro
la tua poesia,
inondandomi di versi
che sia la mia pelle a leggere.
Lo vedi? Sei l’amante di una poeta,
cos’altro ti aspettavi?
antonietta de luca
CORPO
tu mi guardi e non sai con che occhi
la carne è cominciata dove mi hai lasciata
andare, questa sostanza che mi sparge
a impronte di tremore sul troppo certo
di te scoperto
e tutto è quando niente
spazio rimane di cercarci
tutto è sudare e toccare, tutto è sentire
naufragare l’acqua nei nostri corpi
Prendeva corpo ogni emozione
culminato il far della luna oltre la serranda.
Diventava acqua
sciogliendosi fluida in ondate di movimento,
nessuna uguale
all’altra. Era sete, era fame o rifiuto
e negazione e, svegliandosi, pendeva
flaccida o risaliva col suo strato
di carne, di corpo. Porto
bracciali lungo gli arti zingareggiando
fluido nell’aria, profumo di lavanda
mentre afferro coi miei muscoli
il sentire dell’anima e lo gonfio
col respiro nella pancia del mondo.
io Giuditta acefala
a brandire d’Oloferne
grondante la testa
io qui carne mi fingo
io qui decollata carne
a recitarmi carnefice
occlusa vittima
dei sensi cieca
a farne ragione ostinata
io qui me stessa
io non più me stessa
a deflagrare
di nulla e vanire, vanire
e dileguare la carne
nella carne obliterare
la carne con la carne
destituire
d’ecumenico nulla rappresa
riaffermo labile il reale
col sapore ottuso di mare
e delle tue viscere
il calore nel calore
delle mie viscere
Di lato: Gustave Courbet, Il sonno, Olio su tela, 1866.
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maria grazia anglano
Vieni a contarmi il costato.
Vieni ad affondare le dita
nel vuoto
tra quelle appendici.
Tasta il suo profondo
fermati, indugia, ascolta.
E poi torna a contarle
ancora ad una ad una
a scorrere con le dita
nell’assenza cedevole
e sulla costola innervata.
E dimmi...
Dimmi se hai udito
in altre parole
la tenerezza che erompe
da dentro.
Se son fioriti abissi
fra le tue mani.
Se solo per un attimo
un attimo solo
hai visto il mio vero volto.
Laura cingolani
L’INGEGNERE
Ingegnere: smontami pezzo a
pezzo quelle nostre impetuose
vene, scaldami verso le
stelle e presso le crocifisse e
giocose stalle, stallo,
stallone mio! monta con furore di
meccanismo la mia animale frusta dai
tramonti ai cadaveri, tutto il furioso
mare mio sbatti con la costernazione che
sale e frutta: io mi scontrerò brusca
tra le tue braccia aperte come vetrine
allestite, mentre tu rimonterai pezzi
miei, e tra le calde ascelle te ne potrai
danzare, danzare, come la fresca
neve sopra lo specchio del
mare, del mare, ricoprirai di terra le mie
centocinquanta bare, ridonerai
ristoro all’errabonde e tante
parole amare mie ma
non ti saprò dirottare
non muoverai la mascella
non ne vorrai parlare
delle tue qualità
piuttosto rare
il focus di
Inverso>>>
silvia rosa
PORNO-GRAFIE [UNO]
Lei divarica le cosce, in ginocchio,
le due metà perfette della stessa luna
i due mondi identici ricurvi nello spacco
in verticale, nella piega rosso vivo
che separa cielo e terra e s’interrompe
- una vertigine -, al centro, un solco
tra la seta lucida di pelle, contratto
che respira appena, trema e poi si schiude
Lui a un passo - indietro - teso è il vertice
preciso che si espone del corpo in cerca
di una presa, è il battito a goccia cieca
del cuore, ritmico, dentro e accelera, ancora
fino in fondo, nell’angolo più scuro tenero
della notte che si fa nido tiepido e accoglie
il desiderio, tutto, e poi la luce, un bagliore
arcobaleno ché piange lacrime di zucchero
il respiro denso in un gemito, all’improvviso
lenta implode la stretta delicata ripetuta
come un piccolo risucchio, come un’onda
che ritorna oltre il bordo netto dell’azzurro,
risale l’ombelico, il grembo che si appunta
in un sussulto, e spiove sulle labbra il segno
morbido di nuvola - un passaggio di candore da macchiarsi le dita, e poi il vagito atteso
della resa, l’alba assoluta del suo nome (un’eco)
Lei risponde silenziosa, gli occhi trasparenti, chiusi.
Tanka
trentuno onji
per l’eros di Akiko
Dona Amati
Kitagawa Utamaro, Stampa erotica di stile Shunga del XVIII secolo.
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Napoli fu una delle prime città europee a divulgare agli
inizi del secolo scorso la poesia giapponese, e determinante fu il contributo del poeta Elpidio Jenco che tradusse, oltre a quelle di altri poeti del paese del Sol Levante, le opere di Akiko Yosano, nata a Sakai nel 1878,
della quale colse il forte tratto sensuale e innovatore.
Akiko, la cui produzione poetica è fondamentale nella
letteratura erotica nipponica, ebbe l’opportunità di leggere i grandi classici giapponesi disponendo dalla vasta libreria di famiglia. Fin dall’adolescenza scrisse tanka, brevi componimenti poetici la cui tradizione risale al V
sec. d.C., e la cui struttura di 31 onji (ideogrammi giapponesi), è distribuita su una terzina iniziale seguita da
un distico, con una struttura metrica di 5,7,5,7,7. I tanka, così come gli haiku, forma letteraria derivante dai primi, e dei quali ereditarono i primi tre versi, sono caratterizzati dall’intensità espressiva del sintetismo orientale.
<<<Inverso
Nella raccolta Midaregami (Capelli arruffati, 1901) che
comprende oltre 400 liriche, Akiko si fa portavoce di una
sensualità di delicata suggestione, tramite una tensione poetica che esalta la passione amorosa, e che ebbe
buoni riscontri da parte della critica letteraria. I suoi versi, tra i più apprezzati del Novecento, anticipando il movimento di emancipazione e di libertà sessuale, contrastarono la rigida morale religiosa della società nipponica
che poneva la donna in posizione ancillare rispetto all’uomo. Il suo poema Tu non morirai fu messo in musica e
adottato come inno di protesta durante la guerra russogiapponese. Autrice di saggi sulla condizione delle donne
nella società giapponese, sostenitrice dei loro diritti, fondò una scuola per l’educazione femminile. Sposò l’editore della rivista di poesia su cui scriveva da studentessa
che, compreso il suo talento, la incoraggiò e sostenne
nella scrittura poetica. Morì d’infarto a Tokyo nel 1942.
Dona Amati
Capelli neri
arruffati in mille trecce.
Arruffati i miei capelli e
arruffati i miei arruffati ricordi
delle nostre lunghe notti d’amanti.
Via Lattea:
a letto, con lui,
apro la tenda
e guardo come, all’alba,
si separano due stelle.
Amore o sangue?
tutta la primavera
è in questa peonia che mi ossessiona,
scende la notte, sono sola,
sola senza una poesia.
Spingendo dolcemente
ho schiuso quella porta
che chiamiamo mistero.
Mammelle turgide
strette nelle mani.
Dopo il bagno
mi guardo nello specchio,
e, osservando il mio corpo,
sento che ancora rimane qualcosa
di ieri: un certo sorriso.
Senza parlar del come,
senza pensare al poi,
senza chiederci fama o nome,
qui, amando l’amore,
tu e io ci guardiamo.
Per punire
gli uomini dei loro peccati infiniti
Dio mi ha dato
questa pelle chiara
questi lunghi capelli neri.
Se qui adesso
ripenso al percorso
della mia passione,
somigliavo a un cieco
senza paura del buio.
Che essere umano
potrebbe punirmi?
Non è il candore del mio braccio,
che accolse la sua testa,
degno di un dio?
Ho sentito, non so perché,
che tu mi aspettavi
e sono uscita. Nella notte
improvvisa spuntò la luna
sui campi in fiore.
Mezzo vestita
di una seta leggera
dal colore rosso pallido...
non pensare male: di’ loro
che si sta godendo la luna...
Akiko Yosano in un’immagine di repertorio
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Colombe
dal tetto della pagoda
i petali dei ciliegi cadono
nel vento di primavera –
scriverò la mia canzone sulle loro ali.
ipioggia primaverile
proprio ora le cose
Stringi il mio seno,
apri il velo del mistero.
Un fiore vi sboccia,
cremisi e fragrante.
diventano splendide
spiaggia alla bassa marea:
tutto ciò che prendo
è vivo
Oh! Il convolvolo!
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silvia sasso
Quando penso al sesso penso ad una
Una donna, un uomo. O meglio una donna, tanti uomini.
musica e la musica ogni volta è differente:
Una donna che vende il proprio corpo, il proprio sesso: offre piacere, riceve denaro.
ora è un tango argentino, ora un valzer al
Il sesso, appunto, come posSesso. Ma chi possiede chi?
piano, ora un suono suadente di violino, ora
L’uomo che paga o la donna pagata? La donna che depaupera il suo io riducendolo a carne, a merce da
un ritmo convulso e lontano, ora un silenzio
comprare e usare o l’uomo che pur di “godere” compra il piacere?
di mille fruscii e aritmici respiri.
Non è forse nella aprioristica ricerca di assenza di intimità e di complicità che l’uomo nega il significato in-
Talvolta è un gioco intrigante, altre volte
trinseco della sessualità, della sua sessualità?
un latente dovere; quasi sempre, in effetti,
Impossessarsi della bellezza di un corpo, senza viverla, senza conoscerla, senza entrarci dentro - se non
un piacere; ma a quale prezzo? La verità
meccanicamente e con l’arroganza del diritto a farlo sancito dal denaro - non significa forse svilire e negare
è sempre lì in agguato, subito dopo,
la propria capacità di desiderare e essere desiderato? E il sesso senza desiderio dell’altro nella sua interezza
ad illustrarci a chiare lettere se quella
è un sesso privo di erotismo, cioè di quella forza del pensiero che ha un potere immenso.
inspiegabile ed incontrollabile tensione
Terminato l’amplesso, finito di “consumare” ciò che per cui si è pagato non resta che il solo corpo ormai
era frutto di un momento vano, di un vile
svuotato dell’unica linfa vitale; un corpo abbandonato alla solitudine di un appagamento che non conosce
tradimento, di un distratto appagamento, la
condivisione né intimità.
logica fine di una serata interessante oppure
E la donna? Spettatrice attiva del piacere altrui, ora passivamente attende solo che lui se ne vada.
Instante>>>
Instante>>>
qualcosa che lascia un’indelebile traccia di
sorriso sulle guance.
A volte è un’ossessione, un’idea fissa,
una violenta pretesa di sottili o palesi
prepotenze senza alcuna, neanche minima,
condivisione, e il piacere dura solo pochi
istanti che si dissolvono in miseri attimi di
possesso illusorio lasciando gli attori soli nel
vuoto di una squallida scenografia.
In fin dei conti il sesso senza sentimento
profondo è una conquista al ribasso, una
misera solitudine, una emancipazione
suicida, una falsa libertà.
Pietro Bomba
Foto Silvia Sasso
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Instante>>>
annagina totaro
Annagina Totaro preferisce non scrivere delle proprie fotografie.
Lascia che siano i titoli delle opere a parlare per lei e lo sguardo dell’osservatore a cogliere il senso del suo
lavoro.
Qui sotto: Dentro ogni bocca c’è un abisso
Instante>>>
Pagina 50: Evviva #8
*[Silvia Sasso proviene dal mondo pubblicitario, da più di 15 anni lavora con registi, direttori della fotografia e fotografi
*[Pugliese trapiantata in Abruzzo (Pescara), Annagina Totaro possiede un alibi: la grafica pubblicitaria.
di fama mondiale. Proprio uno di loro nota il suo originale punto di vista nel raccontare la realtà: con un linguaggio al
Divoratrice di magazine, collaboratrice della webzine Date hub dove scrive di arte e cose curiose. Veneratrice di ba-
limite dell’onirico restituisce atmosfere ed emozioni rarefatte, appartenenti a nessuno e quindi potenzialmente a tutti.
nane, dispensatrice di minipony, è sempre alla ricerca di curiosità, strampalerie e di esperienze mistiche. Adora la
Nel 2013 pubblica in edizione limitata “Vagabondaggio nel ritratto”, un’indagine sul corpo femminile. Lo stesso anno
fotografia, gli origami e i suicidi.]
partecipa alla collettiva “Prospettive umane”, presso il Complesso ex Cartiera dell’Appia Antica. Nel 2014 conclude il Master Moda - ISFCI con il quale partecipa alla mostra “35>trentacinque. Fotografia contemporanea a Roma”.]
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Instante>>>
Christo Viola
I have worked on myself for about 20 years through painting, performances and finally photography.
I have been always obsessed with my body, my feelings and my perversions.
My art project is focused on talking about myself through art, using my body to fulfill my basic needs and
using models as an outburst of vomit to empty my body from the bad emotions that torture me.
Instante>>>
(Christo Viola)
*[Christo Viola raised on the world’s edge. Her favorite platforms are the unconscious human spaces filled with healthy
sexual perversion. She has got an innate sense of aesthetics and is irreversibly dedicated to Art since the age of 15 through
forms of expression ranging from performance to writing. She is obsessed with the ‘keyhole’ approach, using the camera
to spy without being noticed, to explore her own unconscious and measure the human reality.]
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Instante>>>
denise rana
Anche Denise Rana affida ai titoli dei propri lavori il compito di guidare il lettore nella fruizione delle immagini.
Instante>>>
In queste pagine l’autrice presenta nell’ordine: My daily dose; Everywhere ed infine Evergreen.
*[Denise Rana è una fotografa italiana e vive a Roma, Italia. Dopo la laurea in semiologia dell’arte contemporanea, ha frequentato scuole e master per l’apprendimento e il perfezionamento della tecnica fotografica. Come freelance ha realizzato
fotografie di scena a teatro, in cortometraggi e documentari, collaborando ad eventi culturali promossi da diverse istituzioni.
Ha esposto in gallerie a Palermo, Bari, Roma, Milano e Londra e ha partecipato a numerose edizioni di “Fotografia” - Festival Internazionale di Fotografia di Roma. Ama le persone di carattere, le “situazioni” e gli oggetti che ci ricordano come
è complicata e la bella vita.]
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Instante>>>
Inmobile>>>
Il rapporto sessuale viene considerato
elemento sostanziale dell’essere umano
e il corpo ne è il maggior protagonista.
“Godere” può consistere nel provare
un sentimento di intima soddisfazione
proveniente dal posSesso, o in alcuni casi
dalla contemplazione di un bene spirituale o
materiale e dalla consapevolezza che esso ci
procura.
Questo percorso si articola attraverso
“posizioni” e punti di vista completamente
diversi: body art, cinema, musica pop e
sadomasochismo fanno del “corpo” un
opera da esibire considerandolo soggetto e
oggetto dell’espressione.
Sguardi d’artista, ci mostrano angolazioni
intime che vanno dalla semplicità del “gesto”
all’interpretazione più estrema dell’istinto…
mai senza il piacere della provocazione.
Arianna Degni / XxeNa
Gustave Courbet, L’origine del mondo, Olio su tela, 1866.
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<<<Inmobile
POSIZIONI ARIANNA DEGNI
Ron Athey
Performer statunitense, collegato anche al movimento della body art degli
anni 80/90, va ad esplorare le relazioni tra desiderio, sessualità e trauma. I
suoi lavori uniscono pratiche erotiche e sadomaso, intrise di sofferenza fisica e
mentale. Spesso suoi intenti c’è quello di mettere a confronto idee preconcette
riguardanti il corpo, in relazione con la mascolinità e con l’iconografia religiosa.
Marina Abramovic
Una selezione di riti arcaici dalle esplicite connotazioni sessuali, appartenenti
alle popolazioni balcaniche, quando il legame tra uomo e terra si espletava in
una magica fisicità. L’artista dà a questa installazione un taglio di tipo documentaristico, mostrandoci un’intensa sessualità espressa prevalentemente da
corpi imperfetti e ben lontana da ogni forma di estetizzazione consumistica.
Solar Anus
(contenuti sessualmente espliciti)
https://www.youtube.com/watch?v=v
KHxWI0JD38&bpctr=1416317544
Inmobile>>>
Balkan Erotic Epic
h t t p s : / / w w w. y o u t u b e . c o m /
watch?v=ugD0BVU1LW4
Divine
Una vera bomba erotica emersa negli anni ‘80, un simbolo del sesso… quasi
come Marilyn. Harris Glenn Milstead, nato a Baltinore nel Maryland, irrompe
nella vita delle famiglie americane, dapprima ignare (?) della vera identità di
questa donna prosperosa, formosa ed eccessiva!
Attrice, cantante e performer trova fama con il film di John Waters Pink Flamingos, proiettato per la prima volta a New York come riempitivo di El Topo
di Alejandro Jodorowskj e diventando immediatamente un fenomeno culturale
tipicamente newyorkese.
Peter Greenaway
Nagiko, mediante un tradizionale rituale calligrafico, giudica i suoi numerosi
amanti inducendoli a scrivere sul suo corpo, usato come carta bianca su cui
far scivolare fluidamente i caratteri... veri e propri veicoli di piacere ed erotismo.
Questo finché non incontrerà l’uomo che le farà provare l’esperienza inversa
che la trascinerà in una spirale perversa e ossessiva.
I racconti del cuscino
(The Pillow Book)
Raped by Lobstora
h t t p s : / / w w w. y o u t u b e . c o m /
watch?v=AEGK4goaUZ0
http://www.youtube.com/
watch?v=yIpXmixJTMc
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Inmobile>>>
<<<Inmobile
Deborah De Robertis
Una giovane artista di Lussemburgo, si esibisce in un gesto eclatante al Musée
d’Orsay di Parigi, sedendosi accanto al famoso dipinto di Courbet “L’Origine
du Monde” e mostrando al pubblico il suo organo genitale, nell’intento di creare una nuova opera artistica.
Come prevedibile, la sua performance non viene gradita dal personale del museo che con visibile imbarazzo cerca goffamente di coprire la sua nudità, tra
gli applausi del pubblico che invece sembra apprezzare la provocatoria performance. È interessante osservare questa censura estemporanea e paradossale
all’artista, che non fa altro che emulare l’immagine del famoso e riconosciuto
quadro alle sue spalle…
Bubble porn
Divertente siparietto che gioca sull’ambiguità e l’illusione ottica.
No al sesso senza un po’ di ironia!
Bubble porn
h t t p s : / / w w w. y o u t u b e . c o m /
watch?v=CBExil_4_AQ
L’Origine du Monde
h t t p s : / / w w w. y o u t u b e . c o m /
watch?v=pV_0KJb0oyU
Alcuni dei video proposti richiedono l’accesso registrato a YouTube.
Lady Gaga
Stefani Joanne Angelina Germanotta, artista eclettica, dichiaratamente bisessuale e dotata di forte energia sessuale, si fa portavoce di una “cultura libera”.
I suoi video sono spesso dei veri e propri cortometraggi, ricchi di travestimenti
e coreografie provocatorie con continui riferimenti al sesso, al femminismo e
al sadomasochismo… uniti spesso a violenza e potere… e (speriamo) ironia.
G.U.Y.
h t t p s : / / w w w. y o u t u b e . c o m /
watch?v=ohs0a-QnFF4
*[Arianna Degni - XXeNa nasce e vive a Roma. Di professione graphic designer e art editor ha lavorato per case
editrici come RCS, De Agostini Editore, Giunti, Newton Compton Editore e per clienti come Greenpeace Italia, Unicef, Amnesty International, FIOM e molti altri. Si esprime anche attraverso musica, videoarte e pittura. Nel 2008 inizia
la collaborazione con il musicista sperimentale DBPIT (Der Bekante Post Industrielle Trompeter) con lo pseudonimo
XXENA. dbpitxxena.altervista.org]
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Il ritorno di Lilith
di Joumana Haddad
Il sesso raccontato, il sesso raffigurato, il
sesso rappresentato: dove si rapprende il
limite tra il reale e il fantasmatico? Dove è
incontro tra soggetti desideranti intrisi di
fragilità e dove è invece sistema sclerotico di
in un miraggio di libertà e trasparenza che
svuota di senso la relazione e riduce i soggetti
ad automi?
Dalle riflessioni sulla pornografia
all’esplorazione della femminilità con il mito
di Lilith, sono tante le opere che ci aiutano a
gettare le basi per un’indagine problematica
sulla sessualità e sulla rappresentazione del
corpo nella società contemporanea.
Michela Pistidda
Fotografia di scena tratta dal film ‘L’histoire d’O’, regia di Just Jaeckin
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Lilith, personaggio di origine mesopotamica, è presente in varie leggende dell’area mediorientale e in numerosi testi ebraci, fra cui il Talmud, il Sefer-ha-Zoar (o Libro dello Splendore) e i Midrash.
Nella religione mesopotamica è il demone femminile associato alla tempesta e ritenuto portatore di disgrazia,
malattia e morte. La sua figura appare inizialmente in un
insieme di demoni e spiriti, sempre legati al vento e alla
tempesta (si veda la sumerica Lilitu) circa nel 3000 a.C.
Nell’insieme di credenze dell’Ebraismo Lilith è raffigurata
come un demone notturno, ovvero come una civetta che
lancia il suo urlo nella versione della cosiddetta Bibbia di
Re Giacomo e nell’immaginario popolare ebraico è temuta in quanto capace di portare danno ai bambini di sesso
maschile e dotata degli aspetti negativi della femminilità:
adulterio, stregoneria e lussuria. Il Medioevo la proietta direttamente nella figura della seduttrice ovvero della strega.
Nella tradizione cabalistica (Zohar), Lilith è stata la prima donna, creata dalla Terra e non dalla costola di Adamo, di cui fu sposa. Uguale, si rifiutò di sottomettersi al
marito, che abbandonò nel paradiso terrestre e se ne
andò. Dio allora creò Eva dalla costola di Adamo, perché non seguisse le orme della sua predecessora. Per
questo Lilith divenne, nell’immaginario ebraico, un demone, emblema di adulterio e lussuria, per poi subire nel cristianesimo una totale damnatio memoriae.
Ed è a questa immagine femminile di donna libera, antecedente al peccato originale, che si rifà la poetessa, giornalista e scrittrice libanese Joumana Haddad in questo testo.
Il ritorno di Lilith è, di fatto, un inno alla libertà della donna, una donna autonoma, sensuale, non sottomessa, ribelle e padrona della propria vita (è lei a scegliere di andarsene dall’Eden perché vuole decidere da sé come
vivere; non ne viene scacciata), sessualità compresa.
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metafore assolutistiche, abrogazione del limite
Per dirlo con le parole dell’autrice “(…) Essere Lilith significa fare una scelta, la scelta di assumersi la responsabilità
della propria individualità nei confronti dell’industria delle
greggi, industria che si chiama ormai “mondo moderno”.
Fare la scelta di seguire la propria strada, anche se questa
strada non convince gli altri o li disturba (…) la scelta di
esprimere le nostre differenze, e di esserne fieri, (…) di abbandonare i paradisi artificiali per andare a vivere in inferni
veri (…) rifiutare i limiti che ci sono imposti da altri (…) e osare trasgredire le censure e i tabù di ogni tipo (…) Lilith non
direbbe mai “questo mondo è anche mio, datemelo”. Direbbe invece “questo mondo è anche mio, me lo prendo”1.
L’opera è suddivisa in tre parti, ciascuna delle quali è preceduta da una poesia, un “canto”, per voce
di una “figlia” di Lilith: Salomè, Nefertiti, Balqis2.
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InDICAZIONI>>>
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Gatti selvatici si incontrano con iene,
i satiri si chiameranno l’un l’altro
ci farà sosta anche Lilith
e vi troverà tranquilla dimora.
Isaia 34,14
Nella prima parte, è Lilith in persona a parlare di sé e
la forma espressiva è quella della poesia, scelta stilistica non casuale, dal momento che è la stessa autrice ad ammettere che si scrive poesia per sentirsi liberi1, quasi un gesto di presa di coscienza e di autenticità.
Lilith, la donna-destino, la donna-amante, la dea delle due notti.
Lilith la donna, dea, demone che racchiude in sé una molteplicità di opposti che non giungono a compensazione,
non si annullano a vicenda, né si conciliano per giungere
ad equilibrio pacificatorio, ma coesistono e si alternano,
generando uno stato di continua tensione, un desiderio.
E Lilith è LA DONNA, completa, non imitazione maschile, non in conflitto con gli uomini [“Sono la tenebra femminile, non la femmina luce. Nessuna interpretazione mi
definisce, non mi piego ad alcun significato. La mitologia
mi ha accusato di malvagità, le donne mi hanno trattato
da uomo; non sono la donna virile, né la donna bambola, sono il compimento della femminilità mancante. Non
dichiaro guerra agli uomini, né rubo i feti dagli uteri delle
donne, perché sono il demone ricercato, scettro della conoscenza, sigillo dell’amore e della libertà”], sullo stesso
piano dell’uomo, non sposa docile e remissiva [“…Lilith,
l’affine creatura, la pari sposa/ Ciò che manca all’uomo
perché non si penta / ciò/ che/ manca/ alla donna/ affinché /sia. (…)…La leggenda narra fui creata dalla terra
per essere la prima donna di Adamo, ma io non mi sono
sottomessa…”], non mater amorosa, bensì potenza del
desiderio [“La mia mano è la chiave del fuoco, la malvagità della speranza/ I vostri corpi sono legna da ardere, la
mia/ mano il braciere/ un desiderio violento, la mia mano/
se volesse,/ sposterebbe montagne”], donna-desiderante
per eccellenza, potenza che ritorna dall’esilio a “guarire
la costola di Adamo e liberare ogni uomo dalla sua Eva”.
Nella seconda parte, di impronta teatrale, sono sette uo62
mini, sette figure archetipiche in relazione con la donna (il padre, il fratello, lo sposo, l’amante, il maestro, il
figlio e l’amico) a evocare la discorde, la diversa, l’importuna, lei che ruba coloro che sono destinati a essere poeti (ritorna il tema della poesia); questi compongono il suo popolo, popolo che le appartiene, lei che è “il
corpo delle cifre che litigano, il corpo del nocciolo, che
frutto non può più contenere, il corpo della creazione e
dell’annientamento, il corpo del drago che abita il settimo porto, il corpo del porto che abita il drago, il corpo
segnato dall’indolenza, il corpo stellato dell’indolenza…”.
La scena teatrale termina con la rivelazione, da parte di Lilith,
che “La fame è un peccato, l’appagamento è un peccato e la
brace è il primo dei comandamenti”, quasi una sapienza svelata e ripetuta dai sette uomini, fino alla conclusione della scena.
Infine, nella terza parte, resa in prosa è Dio in persona,
scopertosi troppo tardi innamorato di Lilith, a manifestare
il proprio rimpianto per averla esiliata [“… ho cominciato
a realizzare la gravità del mio errore e l’orrenda catastrofe che ho inflitto alla Terra quando ho esiliato Lilith. Si, ho
cominciato a realizzare tutto ciò il giorno in cui, allo specchio, mi sono visto morto. Allora non ho potuto…e non
potrò…perché mi sono follemente innamorato di Lilith.
Per lei ho amato la mia follia e per lei, Lilith, sono nato in
tutti gli uomini. Per me l’ho fatta nascere in tutte le donne,
nel loro fior fiore. Perché lei è il debole spettro che nessuno vede ed io sono il nessuno, spettatore, sono il sospiro
del posto vuoto.”] riconoscendo la propria disperazione
e la propria inutilità al suo confronto [“L’allontanai dal mio
sogno e guardandomi allo specchio compresi la mia debolezza e la mia tristezza, compresi quanto il sapere fosse
inutile e quanto mi strozzerà la morte, perché, quando l’ho
allontanata, mi ha abbandonato e mi sono abbandonato,
la poesia è divenuta solitaria e insufficiente e io incapace
di vivere, di cancellare il colore dei suoi occhi nei miei, di
guardare al passato. Mi sono pentito, tanto da pensare al
suicidio. Ho avuto paura, suicidandomi, di divenire realtà,
allora ho rinunciato per proteggere gli scettici e ho creato
uno splendido surrogato di Lilith.”] e a preannunciarne, finalmente, il ritorno [“Si, presto dimenticherò di essere Lui,
il cerchio si completerà e la progenie sarà in equilibrio. Non
abbiate paura, il cerchio si completerà, l’errore si riparerà
e la fine sarà l’inizio. Si, un giorno mi sveglierò, dimenticando di essere Lui e un giorno, trionfante tornerà Lilith.”].
Il ritorno di colei che è chiamata a liberare donne e uomini dalle gabbie dei propri stereotipi.
Note
1) Approfondimento su Qui libri, maggio-giugno 2011.
2) Il nome, secondo alcune fonti arabe, della Regina di Saba.
Pagina 61: Joumana Haddad in un’immagine di repertorio
Pagina 62: Rilievo di Burney – La regina della notte. Terracotta mesopotamica del 1800 a.C.
Qui sopra: Dante Gabriel Rossetti, Lady Lilith, Olio su tela, 1973.
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InDICAZIONI>>>
L’autrice
Juomana Haddad, scrittrice poliedrica, docente all’università americano-libanese, è nata a Beirut nel 1970. Parla correntemente varie lingue (tra cui arabo, armeno, francese,
inglese, italiano, spagnolo, tedesco). Svolge varie attività in
campo letterario e giornalistico. Tra le sue ultime opere tradotte in italiano: Ho ucciso Shahrazad, e Superman è arabo.
Alessandra Carnovale
Titolo: Il ritorno di Lilith
Autore: Joumana Haddad
Trad. IT: O. Capezio
Edizione: L’Asino d’Oro
Pagine: 103
Prezzo di copertina: 20 €
ISBN: 978-88-6443-035-5
*[Alessandra Carnovale vive e lavora a Roma. Si divide tra manualità (modellazione, principalmente) e scrittura (poesia). Ha partecipato a mostre e concorsi letterari, ottenendo premi e riconoscimenti.]
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È possibile parlare di fine del desiderio?
In una società dove la fobia del sesso ha lasciato il posto alla sessuomania, si può postulare la scomparsa del
desiderio stesso? Il saggio di Michela Marzano, intitolato appunto La fine del desiderio, tenta un’indagine sui
lati oscuri del rapporto contemporaneo con la sessualità,
la rappresentazione del corpo, la relazione con l’altro. E
mostra come la pornografia diffusa, lontana dall’essere
strumento di liberazione e di esaltazione del desiderio,
finisca per sopprimere il desiderio stesso e innescare un
processo di reificazione dove non c’è incontro fra soggetti, ma tra corpi spersonalizzati.
Le principali differenze tra erotismo e pornografia occupano le pagine introduttive del volume, in cui Marzano
spiega come lo iato tra le due modalità rappresentative si
estrinsechi non tanto a un livello quantitativo, bensì qualitativo. Non conta l’estensione della carne mostrata, o il
numero degli amplessi. L’aspetto discriminante è la rappresentazione della sessualità e del corpo: se da un lato
l’erotismo raffigura il corpo come un ricettacolo di desiderio, quindi irriducibile al solo dato pulsionale, la pornografia lo riduce a strumento di godimento, lo parcellizza
e lo reifica, ne codifica e sclerotizza i gesti in un casellario
di incastri e di combinazioni finalizzate al godimento organico di “individui-automi”. Se nell’erotismo l’incontro è
tra due soggetti, nella pornografia c’è una mera giustapposizione di corpi, una “dissipazione del desiderio nella
riduzione a semplice piacere organico”, in cui il soggetto,
in quanto tale, scompare.
A sostegno della sua tesi, Marzano si addentra in un interessante excursus che prende in esame alcune tra le
più importanti opere di genere erotico e pornografico nel
campo della letteratura, dell’arte, del cinema. Non solo
Sade e Gola profonda, ma anche L’amante di Lady Chat-
terly ed Ecco l’impero dei sensi. Di tutti i prodotti culturali
presi in esame, isola le caratteristiche salienti per definire
con maggior chiarezza l’erotismo e la pornografia.
Sono proprio il romanzo di D.H. Lawrence e il film di
Nagisa Oshima a tratteggiare la sfera dell’erotismo. L’Amante di Lady Chatterly, in cui il sesso, mai svilito da uno
sguardo scrutatore, è il mezzo per raggiungere l’armonia del corpo e dello spirito ed è chiave dell’evoluzione
individuale, si pone come contraltare di Ecco l’impero
dei sensi, in cui la parola cardine è recisione. Il desiderio
autogenerantesi di Kichi e Abesada si consuma in un’esplorazione inesauribile del territorio del corpo e dell’interiorità, tentando il salto (abnorme, fusionale, patologico)
dal possesso fisico all’appartenenza fisica: il mescolarsi,
trovarsi e confondersi estremo di due desideri, per dirla
con Bataille. La ripetizione degli amplessi è sintomo di
un eccesso di desiderio che non può risolversi nella routine, ma nella voragine della follia.
In entrambe le opere non c’è reticenza a raffigurare il
dettaglio, e tuttavia ciò che lettori o spettatori leggono
o vedono non esaurisce la realtà dei due amanti. Nell’erotismo, infatti, c’è una complessità irrisolta, soprattutto occultata allo sguardo. Benché nell’opera di Oshima
il dentro tenti di occupare tutto lo spazio, divorando le
barriere, e l’onnipotenza del desiderio dilaghi distruttrice,
si mantiene comunque una tensione dinamica tra voyeurismo (degli spettatori e di altri personaggi) ed esibizione
(dei due protagonisti), necessaria appunto per sancire
fino alla fine la separazione dentro/fuori, intero/esterno.
Lo spazio per l’immaginazione, per il reinventare, rimane
quindi preservato.
Questo non avviene nel discusso Histoire d’O di Pauline
Réage, di cui ricorre quest’anno il sessantesimo dalla
pubblicazione. Tutto, organi genitali in primis, è esposto,
InDICAZIONI>>>
La fine del desiderio
di Michela Marzano
65
<<<InDICAZIONI
InDICAZIONI>>>
“La ripetizione degli amplessi è sintomo di un eccesso di desiderio
che non può risolversi nella routine, ma nella voragine della follia”
peraltro in un contesto spaziale circoscritto, di chiusura
e claustrofobia. Tutto è manifesto. In questa evidenza
abbacinante O, senza nome fin dalle prime pagine, perde volto e identità: il processo di degradazione la riduce
a orifizio, a cavità da riempire, un nulla psichico. Non esiste “Io” ma soltanto il vuoto di una vocale cava: “O”. La
diseducazione al sé parte, nemmeno a dirlo, dal corpo:
le barriere fisiche vengono lacerate per annientare la volontà e la personalità della protagonista, le sue membra
diventano proprietà d’altri. Il suo corpo, metaforicamente senza volto, è decontestualizzato e desemantizzato.
Spossessata di tutto, privata del possesso di sé, O diviene fragile crisalide che contiene un cadavere psichico, cavità atta soltanto a ricevere le secrezioni (lo scarto)
altrui e a produrre piacere. Le barriere fisiche vengono
lacerate per annientare la volontà e la personalità di O.
La negazione di un’intimità, di un aspetto intoccabile e
incomunicabile del proprio io, che è refrattario alla parola e allo sguardo è il punto di partenza per innescare un
sistema metaforico totalitario.
Un altro corpo aperto che si fa libro aperto è la protagonista del romanzo autobiografico di Catherine Millet,
che dalle prime esperienze masturbatorie raggiunge un
climax nelle scene di sesso di gruppo. In queste pagine
è evidente l’esigenza imperiosa di smarrirsi nel numero
e nella ripetizione. Ancora, quindi, l’abolizione del limite. La curiosità endoscopica con cui l’autrice descrive le
copulazioni sembra tuttavia rispondere più a una volontà
di manierismo che di analisi, di accumulazione fine a se
stessa che di introspezione. Come se, nell’impossibilità
di essere, l’autrice optasse per l’indifferenziazione e la
liquidazione del soggetto, l’obliterazione di sé.
La sessualità non comporta invece un annullamento,
bensì un mettersi in gioco correndo il rischio, questo sì,
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della perdita. Significa accettare e riconoscere la propria
fragilità e mancanza, prendere parte a un’oscillazione
dinamica tra il ripiegamento interiore e il riconoscimento esteriore. Per incontrare l’altro è necessario mostrare
una parte della nostra stanza interiore, del nucleo inco-
Michela Marzano in un’immagine di repertorio
noscibile e inaccessibile, senza tuttavia raggiungere la
trasparenza completa. Se invece si abolisce questa barriera tra il privato e il pubblico, se in preda a un furore da
panopticon si vuole dire tutto e sapere tutto, in nome di
una presupposta evidenza realistica, si abolisce il segreto, l’intimità, la profondità, cancellando il reale.
Sta anche in questo aspetto, evidenzia Marzano, una
delle caratteristiche fondamentali della pornografia contemporanea, che si è affermata dagli anni Novanta in poi.
Sul passaggio dalla finzione all’iperrealismo si fonda il
divario rispetto alla pornografia classica. In quest’ultima
non c’è nulla di reale: “tutto è come se”. L’inautenticità
rende evidente il carattere fittizio delle interazioni. Sono
performance che mettono in scena un mondo artificiale,
con soggetti che rappresentano dicotomicamente l’archetipo della femminilità e della mascolinità, ricoprono
ruoli stereotipati, senza che alcuna storia si sviluppi coerentemente. Ne risultano opere di imbarazzante povertà narrativa, infarcite di cliché, come mette in evidenza
anche Steiner in Parole notturne, e in cui non c’è spazio
per la fantasia dello spettatore.
Il porno contemporaneo, invece, va ben oltre: non ammette più tacitamente la simulazione, ma è dominato da
una pretesa paradossale di realismo, perseguita con una
sovraesposizione che annulla definitivamente la barriera
tra l’interno e l’esterno del corpo. A questo pseudorealismo contribuisce anche la rivoluzione dei video amatoriali o simil-amatoriali, dove l’attualizzazione cruda del
piacere si realizza in inquadrature ossessive e in una allucinazione di dettagli. L’occhio è scrutatore, al punto
che, in certi filmati, viene illuminato l’interno degli organi
genitali femminili, in un’operazione che profana il corpo
e destabilizza il soggetto. Non c’è possibilità di dubbi o
incertezze, di scontrarsi con l’inconoscibile come nell’e-
rotismo, sostiene Marzano: la conoscenza assoluta della
pornografia è affermazione di onnipotenza. Sta in questo il paradosso del porno contemporaneo: pretendere
di mostrare la realtà e affermare al tempo stesso che tutto è possibile, indipendentemente dai vincoli del reale. Il
reale, invece, è vincolo e limite: non è la negazione del
limite su cui si fonda la pornografia. Negazione del limite
che procede fino all’estremo: il pudore, il disgusto e la
compassione, i tre “argini” freudiani, vengono spazzati
via dal porno contemporaneo.
Possiamo quindi parlare di fine del desiderio? Sì, se il
desiderio stesso diviene consumo rapido, ricorrente e
meccanico, fruizione bulimica e senza argini che preclude l’incontro con l’altro, nella quale l’immaginazione e
l’immaginario sono espulsi dall’esperienza sotto i colpi
di un voyeurismo insaziabile e di una mortifera abolizione del limite. Sì, se la visione imperante della sessualità,
e in senso lato dell’essere umano, coincide con quella
proposta dalla pornografia, dove il corpo è degradato a
materia di godimento, strumentale e depersonalizzato.
Sì, se si pretende liberatoria una rappresentazione fondata su stereotipi, finzioni semplificatorie o su un irreale
fantasma di realtà.
La libertà infatti, conclude Marzano, non può mai passare attraverso la soppressione della dimensione intima,
dell’individualità singolare dell’altro. Libertà non è assenza di limiti, bensì il riconoscimento del limite e la possibilità di riempire l’inconoscibile che dietro ad esso si cela
con la potenza della nostra immaginazione e il contributo
irripetibile della nostra individualità.
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InCHINA>>>
InDICAZIONI>>>
L’autrice
Michela Marzano nasce a Roma nel 1970. Dopo il dottorato di ricerca in filosofia alla Scuola Normale di Pisa, è
diventata professore ordinario e Direttore del Dipartimento di Filosofia all’Università di Parigi René Descartes. Autrice di saggi e articoli di filosofia morale e politica, dirige
una collana di saggi filosofici e collabora per Repubblica.
Michela Pistidda
Titolo: La fine del desiderio
Autore: Michela Marzano
Edizione: Mondadori
Pagine: 215
Prezzo di copertina: 11 €
ISBN: 9788804610410
*[Michela Pistidda, traduttrice per una piccola agenzia
milanese, è funambola di parole nel quotidiano ma perde
l’equilibrio se si tratta di scrivere la propria biografia.]
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