continua... - CAI Sanremo

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Esperienze di Cicloalpinismo
di Fabio Canevello (foto di Massimiliano Gastaldi)
Circa due-tre anni fa, quando incominciai ad interessarmi seriamente alla bici da montagna, mi
imbattei in una serie impressionante di siti internet, alcuni attivi da tempo, altri agli esordi; tra
quest'ultimi spiccava già la categoria del "diario elettronico personale", il cosiddetto blog, che da lì
a poco riscuoterà un successo eccezionale nello sviluppo del web.
Uno di questi blog mi colpì particolarmente perché, oltre alla mountain bike, trattava la montagna a
360°, quindi arrampicata, alpinismo, sci... L'autore, Massimiliano Gastaldi, riportava nelle pagine
elettroniche foto e racconti di week-end dove mischiava arrampicata in falesia o in montagna e
lunghe gite in sella alla mountain bike. In effetti questo personaggio "inossidabile" è il referente di
Novi Ligure della Scuola Intersezionale di Alpinismo Alphard, sempre per la Sezione CAI di Novi
è il responsabile del Gruppo Cicloescursionismo MTB, nonché AC (accompagnatore di
cicloescursionismo in mtb).
Quest'anno, per una serie di coincidenze, vengo a sapere che una delle gite sociali mtb organizzate
appunto dal CAI di Novi Ligure viene ad interessare una zona bellissima che non ho ancora visitato:
i Laghi di Roburent in Valle Stura. Prendo la palla al balzo, mi metto in contatto via forum /
messaggistica / sms con il capogita, ovvero... Massimiliano Gastaldi, alias Maxgastone.
La mia adesione virtuale alla gita è confermata solo qualche giorno prima dello svolgimento, si
tratta di un sabato, non avrò impegni famigliari e il meteo è dalla nostra parte, l'unica cosa negativa
è che non sono riuscito a coinvolgere nessuno per fare il trasferimento da Sanremo in compagnia,
pazienza. Manca quindi solo definire il ritrovo con la comitiva proveniente da Novi, chiedo e mi
dicono che dovrebbero essere solo in tre, e che non si parte più da Argentera per fare l'anello
classico (con impegno fisico alto, dislivello 1.200 m per 27 km di sviluppo) dalla Valle Stura, ma
che si è deciso per una "variante" dalla Val Maira con partenza ed arrivo ad Acceglio. Peccato che il
nuovo tracciato, direttamente dal sito di Gulliver, ad opera dello scomparso Pierriccardo, sia
diventato di oltre 40 km con circa 1.700 m di dislivello! Comunque il ritrovo è alle 9:00 ad
Acceglio, non troppo presto mi dico, prevedendo di impiegare tre ore per giungere a destinazione
posso permettermi di puntare la sveglia poco dopo le 5:00. Così la sera di venerdì, dopo il lavoro,
smonto la bici e la carico in macchina, poi preparo uno zaino che non ricordavo potesse essere così
pesante in soli 27 litri, del resto si arriverà a quote abbastanza elevate e non voglio trovarmi a
battere i denti, poi una parte del carico è specifico per la sicurezza in bici, camere d'aria, pompetta e
le oramai quasi immancabili protezioni (ginocchiere e gomitiere) per non trasformare una banale
caduta in un dramma. Vado a letto verso le undici con un mare di dubbi e stanco come un somaro!
Dopo aver dormito meno del previsto sono in piedi per la mitica partenza, devo solo passare dalla
suocera per lasciare la cagnetta che altrimenti, vista l'assenza di mia moglie e della bambina,
rimarrebbe tutto il giorno sola.
Alle 6:00 finalmente mi dirigo verso il casello di Sanremo in direzione Ventimiglia per risalire la
conosciutissima Valle Roja. Fino a Dronero sono in perfetta tabella di marcia, ma appena imbocco
la Val Maira capisco che sarà più lunga del previsto, infatti tra curve e strettoie, trattori, semafori,
corriere e campers arrivo con una ventina di minuti di ritardo, infatti nel parcheggio di Acceglio ci
sono già quattro bikers pronti a partire. Mi faccio riconoscere e cerco di parcheggiare, impresa non
facile perché la piazza è recintata con delle transenne che cadono una dopo l'altra a causa del forte
vento. Con tutte queste difficoltà riesco a vestirmi e rimontare la bici senza che venga scaraventata
a terra, insomma dopo circa mezz'ora posso veramente presentarmi agli altri componenti ed
iniziamo subito a pedalare su asfalto in direzione Chiappera. Capisco subito che non sarà una
passeggiata: il vento è talmente forte che si fa fatica non solo ad avanzare a velocità ridicole, ma
anche a non cadere in terra! I miei compagni sono poco preoccupati e per nulla intenzionati a
mettere in discussione le condizioni meteo ottimali: c'è il sole e non sono previsti temporali
pomeridiani.
Oltre al capogita Massimiliano, sono in compagnia di Maurizio, anch'esso di Novi e anche lui biker,
alpinista ed amante della montagna in generale, il terzo novese ha dato forfait all'ultimo, ma
abbiamo anche due torinesi, un AC, Pier, e un giovanissimo quanto forte agonista di cross-country,
Alessandro.
Finalmente abbandoniamo la strada a favore di una sterrata che, essendo nel bosco, risulta meno
ventosa, in breve siamo alle sorgenti del Maira, incantevole posto che risulta anche una sorta di
campeggio. Subito dopo ci ritroviamo su una scorciatoia non prevista, infatti chi prima - il
sottoscritto - chi dopo, scende dalla propria cavalcatura e inizia un paziente tratto a spinta. Questo
sentiero ripido e sconnesso dura poco e si ricollega alla strada chiusa al traffico. Trattandosi di
strada militare di montagna siamo su ottimi livelli di ciclabilità, in quanto la pendenza non è mai
eccessiva, saliamo quindi abbastanza veloci ed in breve prendiamo quota, uscendo dal bosco. Come
d'incanto sulla destra appare la Rocca Provenzale. Inizia un lungo tratto con ampi tornanti, intanto il
vento ricomincia a farsi sentire, anche se le curve invertono alternativamente la direzione di marcia
sembra sempre di avere il vento in faccia, in più il fondo comincia ad essere veramente rovinato,
grossi sassi obbligano a giochi di equilibrio e le raffiche aumentano notevolmente la difficoltà di
procedere in sella. I tratti di strada interessati da frane sono sempre più frequenti, in breve si passa
da qualche metro a piedi per poi risalire e pedalare, a qualche metro pedalato da intervallare a
lunghi tratti di portage.
Dopo una fonte arriviamo ad una casermetta non riportata sulle carte, siamo nel severo ambiente
dell'anfiteatro di Grange Pausa. Dalla costruzione militare in poi finisce la strada ed inizia una
traccia di sentiero. Con qualche sezione di leggera discesa, ma sempre da fare quasi interamente a
spinta, transitiamo su un nevaio e scavalchiamo il Passo Fea, poi altra casermetta, tratto con bici in
spalla su terreno ripido reso ancora più infido dalle scarpe da bici inadeguate al cammino (a fine
giornata le troverò profondamente consumate) e siamo al Passo della Cavalla, a 2.539 metri.
Comincio ad essere stanco e le gambe mi confermano l'impressione; mi domando quanto dovremo
ancora faticare e soprattutto: come sarà la discesa finale, non vorrei trovarmi a percorrerla con la
bici al fianco! Purtroppo nessuno di noi aveva già fatto questo giro, quindi le risposte alle mie
domande sono vaghe, ma il fatto di essere in buona compagnia, con un capogita infaticabile,
competente ed estremamente abile a condurre un gruppo tenendo alto il morale, mi fa dimenticare la
stanchezza fin qui accumulata, inoltre il vento sembra aver mollato un poco e quindi siamo tutti un
po' sollevati. Ancora un traverso in salita spingendo la bici e poi, finalmente, si può salire in sella e
mollare i freni, in un attimo percorriamo un ottimo sentiero con fondo in terra battuta e giungiamo
al Colle delle Munie (2.542 m). La breve discesa ha ricaricoto le energie, inoltre il panorama è
stupendo, si intravede il Lago della Reculaye e le alte cime della cresta che segna il confine con la
Francia: Oronaye, Viraysse, Sautron; confortato dal fatto che non dovrò seguire le tracce che
conducono sulla sommità di tali frequentate montagne, mi godo il meritato riposo con il resto del
gruppo che risulta ampiamente soddisfatto dallo svolgimento dell'escursione. In effetti adesso il più
è fatto e il territorio sembra meno "ostile" di quello fin qui attraversato, si incontra finalmente, dopo
ore passate in completa solitudine, anche qualche escursionista, siamo in Francia e le ottime balises
cominciano ad indicarci la strada da seguire.
Mangiamo qualcosa, e velocemente riprendiamo il cammino, in discesa, ma un paio di tornanti
stretti e sconnessi mi obbligano a scendere dal mezzo ed affrontarli a piedi, non ho abbassato la
sella e non mi sento di rischiare una stupida caduta. Il tratto di sentiero che segue è veramente bello,
si alternano discese, falsopiani e strappi in salita fino al Colle della Gipière, il tutto quasi
completamente pedalabile ed immerso in un ambiente fantastico: prati aperti, fiori, piccoli nevai e
sullo sfondo le grandi cime delle Alpi Cozie.
Al colle siamo finalmente su un'autostrada, è il frequentato Tour du Chambeyron, davanti a noi si
snoda il Vallon de l'Orrenaye, percorso da un sentiero meraviglioso fino al Colle di Roburent. Il
primo tratto è una velocissima discesa, sono il primo a partire, il fondo è ottimo, la bici è a posto, la
velocità è abbastanza elevata, abbastanza da sorprendere una marmotta, che non sentendomi
arrivare in tempo rimane immobile fino a che non sono a pochi metri di distanza; mi spiace un po'
averla spaventata perché sono piombato su di lei come un feroce predatore, ma è stata un'esperienza
unica trovami così vicino a questo animale notoriamente schivo. Riprendiamo la discesa, ora sono
dietro ad Alessandro che mi guida lungo un percorso che diventa sempre più tecnico e pietroso, poi
raggiungiamo il bivio con il sentiero che sale dal Colle della Maddalena, qui gli escursionisti sono
sempre più numerosi e alcuni ci rivolgono sguardi interrogativi (ma questa è la pista ciclabile?).
Inizia una lunga salita fino al Colle di Roburent, il paesaggio è stupendo, transitiamo a fianco del
Lago del l'Orrenaye, il terreno è solo raramente sconnesso, la pendenza è modesta, ma verso la fine
dell'ascensione devo gettare la spugna e proseguire per un po' spingendo la bici, penso di essere
oramai alla frutta. Con mio stupore invece gli altri quattro compagni non mollano e procedono in
sella fino al valico.
Dal Colle di Roburent, che segna anche il confine di stato, si ritorna in Italia, il panorama è
stupendo, ammiriamo il sottostante lago in tutta la sua articolata estensione, incantati dai riflessi blu
delle sue acque. La contemplazione dura veramente poco, perché alla nostra sinistra appare
minacciosa una traccia che risale un pendio di sfasciumi per giungere poi al Colle della Scaletta
(2.614 m), per raggiungere tale sentiero dobbiamo anche scendere verso il lago perdendo quota, per
fortuna non lo raggiungiamo, ma ci aspetta comunque una risalita di circa 150 metri su terreno
ripido, di quelli che ti fanno rimpiangere scarponi e bastoncini, in questi frangenti la bici
rappresenta solo una zavorra. Con le forze al lumicino, benché senta il cuore battere velocemente,
non solo nel petto, ma anche nella testa, raggiungo il resto del gruppo con un leggero ritardo al
Colle della Scaletta.
Qui si presenta una situazione bizzarra, oltre a reperti bellici: filo spinato (sai che ridere forare una
gomma), piastra di cannone e ulteriore casermetta, troviamo una moltitudine di mountain bike
adagiate a terra, dove sono i ciclisti? Incontriamo una ragazza che ci spiega: sono saliti tutti, a piedi,
su quelle rocce che fanno da contrafforte al Monte Scaletta. Fortunatamente anche i miei compagni
la pensano come me: non imitiamoli!
Un po' in ansia per l'incognita della discesa finisco gli ultimi viveri, abbasso la sella, e indosso
ginocchiere e gomitiere. La mulattiera che scende inizia subito ripida e pietrosa, all'inizio percorro
alcuni tratti a piedi, inoltre dobbiamo attraversare anche un nevaio, poi i sassi diventano un poco più
piccoli e seguendo l'esempio di Massimiliano (ottimo cicloalpinista anche in discesa) e di
Alessandro (forte anche in discesa come ogni buon corridore deve essere) riesco a rimanere in sella
(insieme a Maurizio e Pier) per quasi tutta la discesa, che attraversando il Passo dell'Escalon si butta
in picchiata fino a Pratorotondo; non incontreremo nessuno in questa veloce cavalcata che in un
attimo ci porterà 1.000 m più in basso.
Dalle case di Pratorotondo, riprendiamo per strada asfaltata in discesa e in breve divoriamo i
chilometri che ci separano da Acceglio.
Purtroppo il tempo stringe e devo salutare i miei compagni, so già che mi aspetterà un lungo
viaggio in solitaria, anche se stanco morto sono rincuorato da due cose:
1) ho vissuto una bellissima esperienza in ottima compagnia;
2) oggi è il 18 luglio 2009, domani è domenica.
Il racconto di Massimiliano Gastaldi è pubblicato sul blog MTB CAI Novi Ligure: cainovimtb.blogspot.com