attachment_id=9277 - Associazione Nazionale Alpini Como

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attachment_id=9277 - Associazione Nazionale Alpini Como
N. 38 - Anno XLI - Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46), art.1, comma 2, DCB Como
Numero 2 - Como - Anno XLI - Aprile-Giugno 2015
associazione nazionale alpini - sezione di como
L’Aquila 2015
2
La penna Alpina
EDITORIALE
Caro amico ti scrivo...
sommario
Eventi
2
3
4
5
6
Caro amico ti scrivo...
Chicco Gaffuri
Un Paese bifronte
Giangaspare Basile
I fatti di Milano
Carlo Gobbi
Ma i genitori dove sono?
Arianna Gregori
Soci 'aggregati', soci 'aiutanti', molto pi
semplicemente amici, o meglio, 'Amici degli
Alpini', come li chiamavamo in passato.
D'altra parte, se non lo fossero, non si
iscriverebbero di sicuro alla nostra Associazione, spendendo quattrini e assicurandosi
lavoro da svolgere. "Siamo i migliori amici
degli alpini"  scritto su uno striscione che,
di tanto in tanto compare nelle sfilate della
nostra Sezione, portato da persone che non
indossano il nostro cappello. E l'iniziativa
viene dal desiderio di gratificare chi, pur non
essendo stato alpino in servizio, lo  diventato
in cuor suo, per una questione di stima, di
affetto, per affinitˆ di vedute e di valori da
sostenere e tramandare a chi verrˆ dopo di
la vitalitˆ dell'A.N.A. a livelli accettabili. Se
ci rassegnassimo a chiudere i battenti per
mancanza di alpini, butteremmo alle ortiche
il lavoro di quasi cento anni, le nostre opere
decadrebbero giorno dopo giorno e lasceremmo andare nel dimenticatoio tutto ci˜
che sosteniamo di amare e di voler difendere
ad oltranza. Passato un po' di tempo, nessuno
si ricorderebbe pi di quegli uomini con la
penna sul cappello, pronti a donare e a
donarsi sia in guerra, sia in tempo di pace;
quegli uomini che credevano in un'Italia che
fosse veramente Patria e non solo Paese.
Se ci rassegnassimo andrebbe a finire proprio
cos“. Ma io non ci sto. FinchŽ avr˜ la possibilitˆ
di esprimere il mio pensiero, sosterr˜ che
noi. Amici, una preziosa risorsa, che contribuisce a fare della nostra Associazione ci˜
che , un'incredibile organizzazione sempre
capace di stupire, riuscendo addirittura a
superare le aspettative di chi la osserva. E
gli amici, lo voglio sottolineare, danno il loro
contributo per il raggiungimento dei grandi
risultati. E poi, diciamolo chiaro, la nostra
Associazione avrˆ un futuro solo se saremo
capaci di fare una buona semina e di coltivare
sin d'ora chi dovrˆ continuare a svolgere il
nostro lavoro, anche se non avrˆ in testa il
cappello con la penna. Certo, perchŽ non ci
vuole poi molto a fare il conto di quanti anni
possano mancare al momento in cui non ci
saranno pi alpini, o ne saranno rimasti
talmente pochi, da non riuscire a mantenere
l'A.N.A. deve sopravvivere e continuare
l'opera iniziata nel 1919. E picchier˜ i pugni
sul tavolo, nel tentativo di far intendere ai
pi duri che i grandi patrimoni devono essere
difesi, come si fa con i patrimoni di famiglia,
che ogni padre spera di lasciare domani ai
propri figli. E i figli ai nipoti. E per fare tutto
ci˜ serve proprio che ci siano buoni amici
su cui poter contare; amici fidati, ai quali
poter consegnare i nostri beni, con la certezza
che non li sperpereranno, ma li difenderanno
e faranno il possibile per farli crescere. Amici
scelti con cura tra chi  pi simile a noi,
soprattutto nel cuore. Amici che, pur senza
penna sul cappello, continuino a parlare di
alpini, a parlare da alpini.
Chicco Gaffuri
Adunata vista da un
aquilano
Paolo Pacitti
7
A lÕAquila con il cuore,
la mente, gli occhi
Achille Gregori
8
Le Compagnie Volontari
Alpini del Batt. Morbegno
Arcangelo Capriotti
11 Il CISA sulle rive del Lario
Achille Gregori
18 Una puntata in
Emilia-Romagna
Cesare Di Dato
22 Grande Guerra: soldati
di Dio e della Patria
Giangaspare Basile
25 La valle di Sorico
Achille Gregori
Fatti...col
NEWS 2015
Cappello Alpino
Vita dei Gruppi
13-27
Albavilla - Caslino dÕErba
Valmadrera - Castelmarte
Albate - Gironico - Lurago dÕErba
Cavallasca - Orsenigo - Ronago
Zona Prealpi Ovest - Lipomo
... inchiostro e
Penna
Bandiera,
memoria, parole
di Achille Gregori
3
NEWS
gli appuntamenti del 2015
Eventi -il calendario pu˜ subire variazioniGiugno
Luglio
28 Sezione - Battellata a Dongo
5 Pigra - Raduno ricordo Btg. Val dÕIntelvi
5 Canzo - Raduno Monte Cornizzolo
19 Uggiate Trevano - 50¡ quattro gruppi
26 Palanzo - Raduno Monte Palanzone
Agosto
2 Lenno - Raduno Monte Galbiga
2 Caslino dÕErba - annuale raduno (93¡ fondazione)
Settembre 6 Torno - 95¡ di fondazione
13 Beregazzo - 30¡ di fondazione e inaugurazione monumento
19 Cavallasca - Ricordo S. Maurizio zona prealpi-ovest
20 Albate - 40¡/85¡ fondazione e ricostituzione
27 Porlezza - 60¡ fondazione
Ottobre
4
Pognana - 40¡ fondazione
Appuntamenti
Luglio
5
12
26
Settembre 6
27
nazionali
Raduno Sacrario Cuneense
Raduno Monte Ortigara
Raduno in Adamello
Raduno solenne Monte Pasubio
Viareggio - Raduno 4¡ Raggruppamento
3
... inchiostro e
Penna
Bandiera,
memoria, parole
Un Paese bifronte
di Achille Gregori
Cento anni fa, fra contrasti e valutazioni differenti
secondo italico vezzo, inizi˜ la guerra che avrebbe
definito il territorio italiano. La storia riferisce
che cominci˜ con metodi poco concordi o addirittura contrastati. Ad ogni modo il 24 maggio
lÕEsercito marciava per raggiunger la frontiera.
Trascorsi 100 anni, si  celebrato lÕevento in
tanti modi. Alcuni eccessivi. I conflitti dovrebbero
essere ricordati per rendere memoria a coloro
che li hanno subiti, evitando eccessi. Lo scorso
24 maggio sono state molte le manifestazioni
pubbliche per lÕevento e altrettante le polemiche.
Il Presidente Mattarella sՏ recato sui luoghi ove
il conflitto fu pi cruento. Purtroppo Gorizia si
 presentata con la scritta Nas Tito (nostro Tito)
di chiara origine slovena. DÕaltra parte, in alcuni
punti, la cittˆ ha un confine di stato segnato
solo da una striscia bianca. Fortunatamente il
Presidente ha poi avuto altre manifestazioni
degne della memoria di coloro che si ricordavano.
Altrove sono montate polemiche legate allÕordinanza per lÕesposizione della Bandiera.
LÕeco principale  giunta da Trento e Bolzano,
dove, in alcuni casi,  stata esposta la Bandiera
a mezzÕasta. In segno di lutto? Rispetto dei
morti? Parti allora contrarie? Contestazione?
Difficile rispondere. In particolare per lÕAlto Adige
sulla cui situazione solo pochi giorni prima 
uscito il libro di Sebastiano Vassalli ÒIl ConfineÓ
che traccia gli eventi del territorio dal 1919 ad
oggi, riportando lÕattuale assenza di odio dopo
anni di incomprensione. Dopo il continuo battage
di stampa e TV sulla vicenda, valutate alcune
considerazioni, ho deciso di sentire gli amici
sudtirolesi che frequento da anni. Da loro ho
avuto, come abitudine, affermazioni schiette e
chiare. Risposte singolari espresse con il simpatico accento locale: <La Bandiera  esposta
come sempre sopra la porta del Comune. Qui
non cÕinteressano le chiacchiere. Ci sono le
elezioni e per queste si parla sempre tanto>.
Questo mi ha ancor pi convinto che alcune
posizioni politiche sono lontane dalla gente,
come affermato dagli amici pusteresi. Anche gli
eventi pi particolari, che dovrebbero vedere
posizioni uniche in rispetto di coloro che ci hanno
regalato il nostro Paese, sono finalizzate a ritorni
elettorali distanti dal pensiero comune. Ricordare
i nostri vecchi che combatterono fianco a fianco
con commilitoni dai dialetti lontani e con loro
collaborarono fino al sacrificio, porta a maggiore
convinzione del mal vezzo italico pronto a usare
ogni evento per puro ritorno, a scapito del vero
segno della storia vissuta dai nostri vecchi che
hanno costruito lÕItalia. Chi combattŽ 100 anni
fa e in qualsiasi altro momento, meriterebbe
rispetto, considerazione, memoria, onore, non
strumentalizzazioni provenienti da ordinanze
superflue e successive applicazioni di convenienza.
di Giangaspare Basile
Milano e LÕAquila, maggio. Strade devastate,
fumogeni che si dissolvono, lanci di pietre,
cariche di polizia e carabinieri, vetrine in
frantumi e auto in fiamme:  il passaggio
dei barbari, lÕespressione di una rabbia
covata, pensata, organizzata contro tutto e
tutti. Il motivo  ininfluente: una partita di
calcio, un anniversario, uno sciopero, una
celebrazione che, attraverso la rete, assumono la funzione di un richiamo internazionale che si trasforma in una calata di barbari.
Pericoloso assistere: bene che vada ci sono
lanci di uova, sassate e perfino colpi dÕarma
da fuoco.
E, per contro, strade imbandierate, gente
alle finestre e sulle terrazze, aria di festa e
una marea che sfila con fanfare e canti,
bandiere e striscioni sui quali si leggono le
parole Dovere, Patria, Solidarietˆ. Chi sfila
lo fa a fronte alta, non ha maschere nŽ il
volto coperto, non  incappucciato, non 
vestito di nero per confondersi fra altri vestiti
come lui, ma sfila con in colori della bandiera
e ciascuno ha in testa un cappello con una
penna nera, talvolta bianca ma  come se
fosse nera perch la penna presuppone
rispetto e non ha bisogno di gradi. Fa grado
da sola.
La televisione e la rete mandano immagini
in tutto il mondo da questi che sembrano
due Paesi diversi mentre sono, purtroppo,
lo stesso Paese. E purtroppo il divario fra
uno e lÕaltro si assottiglia sempre pi, perchŽ
non passa giorno che non ci sia la rivelazione
di uno scandalo che si sovrappone a quello
precedente.
La gente onesta  disorientata e confusa
davanti alle cronache di casi di corruzione,
ruberie, scandali, illegalitˆ. Chi ha funzioni
amministrative  spesso connivente e complice, la stessa classe politica fa pi notizia
per le lotte intestine e le vicende giudiziarie
che per il buon governo. DovՏ finito il
giuramento alla Costituzione, con quellÕarticolo 54 che impone il dovere di svolgere il
proprio mandato di rappresentanza Òcon
disciplina e onoreÓ? Sentimenti che, pur
senza giuramento, fanno parte del bagaglio
culturale di centinaia di migliaia di italiani
che ogni giorno studiano, lavorano, danno
assistenza e aiuto. E vivono onestamente,
rispettando le regole. Di loro si parla poco:
fa pi rumore un albero che cade di una
foresta che cresce.
Sul piccolo schermo si vedono gli alpini
sfilare in una cittˆ che palesa evidenti i segni
del disastroso terremoto, in strade transennate con detriti ancora non rimossi ed edifici
sorretti da impalcature. Sfilano fra gente
che - nonostante i ritardi, le promesse non
mantenute e perfino lÕindifferenza - non ha
perso la fiducia nella rinascita: lÕimmagine
evoca quella stessa dellÕItalia. La quale ha
bisogno di disciplina e onore, di legalitˆ e
rispetto dei doveri e infine della solidarietˆ
manifestata dagli alpini e trasmessi sulle vie
dellÕetere in tutta Italia e nel mondo.
Non a caso si riparla di riavviare un servizio
obbligatorio per i giovani, civile o militare
che sia. La sua assenza ha spalancato le
porte ai black bloc. EÕ ora di ricominciare,
a partire dalla scuola, e dare un solo volto
al Paese perchŽ non sia bifronte.
Trimestrale della
Associazione Nazionale
ALPINI di COMO
Sped. in abbonamento postale Como
Direzione, redazione e amministraz.
via Zezio, 53 - 22100 Como
[email protected]
[email protected]
www.alpinicomo.it
Direttore responsabile:
Achille Gregori
Comitato di redazione: Arcangelo Capriotti
Enrico Gaffuri - Flavio Pedretti
Mario Ghielmetti - Carlo Gobbi
Aldo Maero - Giangaspare Basile
Aut. Trib. Como n.21 del 7/10/1976
Grafica: Matteo Rizzi Design
Stampa: Lito Offset S.r.l. - via Stanga, 7/A - Erba - Co
4
Ricordiamo tutti la rabbia provata nel giorno dÕinaugurazione
dellÕEXPO milanese vedendo la cittˆ vilipesa da professionisti della
contestazione fatta comunque, contro tutto, senza nessun altro
tema se non la distruzione a prescindere.
Solo per Òessere controÓ. Il maggio 2015 ha richiamato, in parte,
a novembre 1919, quando in Galleria Vittorio Emanuele gli alpini
difesero la Bandiera Italiana da ordinanze facinorose. Il maggio
scorso un altro alpino, con gesto simile ai nostri ÒveciÓ, ha difeso
la Bandiera esposta sul davanzale del suo studio con decisione,
fermezza e piglio ironico verso i nuovi facinorosi.
Ci pare giusto parlarne con impressioni diverse per stile e provenienza, paragonando Andreoletti 1919 a Parazzini 2015.
Dopo 96 anni spirito, moralitˆ e ideali per gli alpini sono sempre
gli stessi.
I fatti di Milano
Carlo Gobbi
Milano. Primo maggio. Festa dei lavoratori.
Si', un tempo. Oggi, happening di orde
scatenate dei nuovi lanzichenecchi in nero.
I famigerati <black block>. La mia Milano,
la mia cittˆ per 45 anni. La capitale morale,economica, del lavoro. La metropoli che
ha segnato l'input della ripresa di un Paese
in ginocchio dopo una guerra disastrosa.
Eccola l“. Invasa, occupata, vilipesa, maltrattata, danneggiata, incendiata, saccheggiata,
sporcata, rovinata, aggredita, violentata,
affumicata, umiliata.
Increduli,sbigottiti,amareggiati,arrabbiati,
indignati, per quel pomeriggio da cancellare.
Incollati alla tv, impotenti allo scempio.
Strade e piazze ben note: Carducci, Cadorna,
Boccaccio, Monforte, Vercelli, Conciliazione.
Monti, Giulio Cesare, Buonarroti, Monte Rosa.
Irriconoscibili causa il fumo di bombe carte
e lacrimogeni.Scene da guerriglia urbana.
Ricordi di battaglie cruente negli anni settanta
con altri cortei, dipinti di rosso. Incendiate
auto in sosta di sfortunati proprietari ingannati dai zigzag convulsi di un corteo <pacifico>. Ecco com'era pacifico...! Certo, non
per tutti i ventimila che sfilavano. Un centinaio
di ragazzotti, secondo il primo ministro Renzi,
ben protetto nel quadrilatero dell'Expo.
Cinquecento per il ministro degli interni
Alfano. Che a fine giornata si congratulerˆ:<non era scorso sangue>. S“, ma grazie
all'abnegazione, alla pazienza, alla forza
d'animo,al coraggio,alla preparazione,alla
resistenza,alla compostezza delle nostre
forze dell'ordine. Polizia col Terzo Reparto
Mobile di via Cagni, Carabinieri, Fiamme
Gialle.
Per non avere il sangue,in cambio,via libera
ai distruttori. Ai ragazzotti venuti anche da
oltralpe per un pomeriggio di violenza gratuita. A spese dei milanesi. Residenti e non.
Dei negozi,chiusi per la festivitˆ. Figuriamoci
fosse accaduto in un sabato qualunque. Delle
banche, obiettivo primario di una furia sconosciuta nella cittˆ.Ma che ci ha riportato
alla memoria altre disgraziate giornate di
Genova, durante il G8 del 2003.
In questo clamore annunciato dalle avvisaglie
del giorno precedente. In questo frastuono
inframmezzato sul video dagli urli delle sirene
di ambulanze e Vigili del Fuoco, dagli scoppi
delle bombe-carta, dei petardi, dei lacrimogeni.In mezzo a queste scene da film di
guerra. Invece non era un film.
Ma la cruda realtˆ. Ecco scoprire un gigante.
Si, lui, Giuseppe Parazzini,classe
1944, AUC al 52¡ corso alla SMA
(Scuola Militare Alpina),poi ufficiale
istruttore alla Chiarle di di Aosta.
Per otto anni, dal 1996 al 2004,
presidente della nostra Associazione
Nazionale. Un alpino di ferro. Ma
col sorriso sulle labbra.Un sorriso
beffardo, irridente, divertito.
Quando, il giorno avanti la kermesse
dei nuovi barbari, si  affacciato al
terrazzo del suo studio di notaio,
in corso Magenta. Ha esposto il
tricolore. Rimanendo l“ a godersi la
reazione rabbiosa stizzita incazzata
dei lanciatori in nero. Che lo hanno
bersagliato con uova e altro. <Volevo dare un saluto da milanese agli ospiti
convenuti per l'apertura dell'Expo> dirˆ poi.
Stampa e Tv se ne sono accorti. Grazie. Un
segnale della indiscutibile buona educazione
dei milanesi. Ma anche del coraggio degli
Alpini. Nel rispetto, loro s“, delle istituzioni.
Un gesto che ha riscattato l'ignavia sofferta
di una cittˆ percossa e percorsa da bande
di scriteriati con licenza di fare i loro comodi.
Purch non scorresse il sangue....!
Milano  vostra. Servitevi, signori. Invece
no. Parazzini con la sua flemma e quel suo
atteggiamento da gran signore, ha detto
NO. Statevene a casa vostra, piantatela di
rompere le scatole alla gente perbene. Gi
le mani dalla nostra cittˆ.
Al centro di una giornata da dimenticare per
tutti, milanesi e non. Ecco,il gesto di una
persona civile, responsabile, educata. Con
savoir faire, ha saputo dire BASTA alle orde
di scalmanati che hanno attaccato Milano.
Nella rabbia crescente di una giornata dove
saliva l'indignazione verso il comportamento
delle forze dell'ordine. Costrette da disposizioni superiori a mantenere il contatto senza
reagire. Subendo quindi, senza dare protezione ai milanesi. Ecco, il gesto di Beppe
Parazzini ci ha riconciliati. Con il mondo. No,
non quello della politica. Rubbish. Con il
nostro mondo alpino.
Finch ci saranno alpini. Finch ci saranno
persone come Parazzini, l'Italia non potrˆ
mai consegnarsi a questi cialtroni vestiti di
nero.
CosՏ il genio? é fantasia, intuizione, decisione e
velocitˆ d'esecuzione. Cos“ diceva il Perozzi di
ÒAmici mieiÓ. Qui cՏ di pi per˜: cՏ anche la
tenacia della ragione basata su valori profondi; cՏ
la rabbia del vedere la tua cittˆ e la tua Patria in
mano a quattro ragazzotti che non sanno nemmeno
perchŽ protestano: lo fanno e basta come fosse
uno sport pensando che tutto sia lecito. CՏ la
dignitˆ di chi non intende soccombere e subire
lÕarrogante violenza della stupiditˆ. CՏ lo Spirito
dellÕAlpino che ama la sua bandiera, la sua Patria
e che soffre nel vederla costantemente vilipesa.
CՏ lÕangoscia di chi assiste, quasi impotente,
allÕimpossibilitˆ della coesione persino in un momento in cui i riflettori del Mondo sono puntati
sulla Nazione pi bella del Pianeta, quella della
genialitˆ, del bello, del gusto ma anche dellÕoperositˆ
intelligente. Quella fatta di una stragrande maggioranza di persone perbene che amano lÕItalia ma
che  stata relegata in un angolo da false demagogie
di cattivi maestri che ritengono fuori moda amare
il proprio Paese e che, ancora oggi, ti additano
come fascista se ami la tua bandiera. Quelli che
da decenni cercano di distruggere i simboli dei
migliori valori di questa Nazione e che, in nome di
un errato concetto di libertˆ, giustificano ogni
abuso. Di fronte a tutto questo il nostro Beppe
Parazzini, con la sobria eleganza che lo contraddistingue, si  affacciato al balcone del suo studio,
ha esposto la bandiera tricolore ed  rimasto fiero
e impassibile al lancio di uova e di insulti che i
bamboccioni urlanti e devastatori gli hanno riservato. Senza rendersene conto  diventato il simbolo
di un Italia che non ci sta.Ê Di unÕItalia che non
piega la testa e non cala le braghe. Di unÕItalia
che vuole dire che esiste e che non  pi disposta
a tollerare abusi di questo genere. Di unÕItalia che
sogna la capacitˆ di fare quadrato tutti assieme
quando serve. Di unÕItalia che ha voglia di esporre
le proprie eccellenze (che sono tante). Di unÕItalia
che non  disposta a negoziare i suoi valori, le sue
tradizioni e la sua storia. Di unÕItalia che  stufa
di proteste fini a sŽ stesse e che alla distruzione
preferisce unÕintelligente opera di ricostruzione
5
Arianna Gregori
Con ancora negli occhi le immagini della
grave vicenda accaduta a Milano nel giorno
dellÕExpo, mi rivolgo a voi, cari amici alpini,
per esprimere alcune considerazioni che
continuano a suscitarmi stupore e angoscia.
Il desiderio di esprimere il mio pensiero mi
 venuto dopo aver visto il giˆ Presidente
nazionale Parazzini fermo alla finestra a
difendere la Bandiera esposta, nonostante
il continuo lancio verso di lui di svariati
oggetti.
anche morale.ÊA noi alpini il gesto del nostro Past
President ha immediatamente riportato alla mente
quello dei nostri Soci Fondatori quando, a Milano,
esposero il Tricolore il 4 novembre del 1919 e lo
difesero per tutta la giornata da quanti lo volevano
nascondere in nome di una fasulla pace sociale.
Scriveva Arturo Andreoletti: ÒÉ Debbo citare tra
gli episodi di quegli anni, quello del Tricolore
esposto al balconcino della nostra sede in Galleria
che la Questura ci imponeva di ritirare minacciando
severe sanzioni. Ma quella bandiera non fu mai
ritirata. Abbiamo saputo resistere sia pure con
qualche sacrificio e con qualche rischio, ma con
volontˆ e fierezza indomabili e con la sicura coscienza di fare il nostro dovere.Ó
Volontˆ e fierezza indomabili e coscienza di adempiere ad un semplice dovere del cittadino si sono
manifestati con incredibile potenza anche sul
balcone dello studio del nostro Beppe Parazzini
che  diventato il simbolo dellÕItalia perbene.
Potenza che, per una volta,  stata recepita da
tutti i media nazionali. Che  rimbalzata sui social
Questo mi ha portato al confronto fra gli
imbecilli urlanti vestiti di nero pronti a
distruggere tutto senza un vero motivo e
lÕuomo degno, tenace, capace di difendere
il valore della bandiera, senza scomporsi.
Le successive dichiarazioni rilasciate da
Parazzini hanno confermato questi saldi
principi forse appresi grazie anche al servizio
militare.
Il confronto con il ragazzo con cappuccio in
testa che ha ripetuto solo idiozie farneticanti
mi ha portato ad altre riflessioni: per questi
poveracci ci vorrebbero tanti, ma tanti mesi
network, sulle televisioni e sui giornali ed ha dato
una scossa a questa Italia stanca e sfiduciata.
Una scossa che ha infuso nei cuori dei milanesi e
degli italiani un nuovo orgoglio di cittadinanza che
si  manifestato allÕindomani delle devastazioni
dei black block in quella meravigliosa immagine
dei milanesi che ripulivano la loro cittˆ.
Una scossa che si  manifestata anche nello sdegno
per la storpiatura buonista del nostro Inno Nazionale
allÕinaugurazione dellÕExpo. I simboli si difendono.
Sempre e comunque. I valori non si negoziano.
La memoria di quanti hanno dato la vita per questa
nostra Italia non si umilia per non turbare la
sensibilitˆ di qualche anima bella.
Grazie Beppe di questa bella scossa. Ne avevamo
bisogno un poÕ tutti. Hai restituito lÕanima a questo
Paese. Il sasso  stato lanciato. LÕesempio  sotto
gli occhi di tutti. Ora sta a tutti noi proseguire su
questo cammino con coerenza e determinazione.
Cara Italia riparti dai tuoi alpini!
Cesare Lavizzari
di naia. E altrettanto immediatamente ad
un altro pensiero: ma i genitori dove sono,
perchŽ permettono un comportamento simile? Solo la signora americana ha il coraggio
di inseguire il figlio e portarselo a casa con
decisione impedendogli di fare disastri? E
le forze di polizia devono seguire gli ordini,
limitarsi a osservare e non intervenire. Ho
potuto vedere, mio malgrado, manifestazioni
in altri paesi e osservare un comportamento
deciso della polizia, soprattutto in una cittˆ
come Istanbul con dispersione dei manifestanti, ci˜ che non  stato fatto a Milano.
In aggiunta penso alla dichiarazione fatta
da chi oggi ci governa che ha lanciato quasi
una goliardata affermando: << non ci fanno
paura quattro teppistelli figli di papˆ>> e
allora perchŽ i danni non li pagano loro?
Abbiate pazienza cari alpini, ma chiedo a
voi di continuare ad educare i ragazzi in
tutte le maniere, nelle scuole, con il lavoro
accanto a voi, visto che il militare non lo
possono pi fare. Solo voi siete nella condizione di indirizzarli evitandogli comportamenti assurdi come quelli del teppistello
che ha dichiarato di sentirsi soddisfatto solo
quando pu˜ Òfare casinoÓ, senza neanche
sapere il motivo della manifestazione, sempre che ce ne sia uno plausibile.
E qui ripeto: ma i genitori dove sono, cosa
fanno, perchŽ lo permettono?
Concluderei con una citazione del ragazzo
sicuramente incommentabile: << stata
una bella esperienza! >>.
Frutto di totale assenza di principi, valori,
educazione.
6
L’adunata vista da un aquilano
di Paolo Pacitti
Abbiamo voluto dare voce ad un aquilano
estimatore degli alpini per comprendere meglio
ci˜ che ha destato la nostra adunata nei cittadini.
Un giornalista ci racconta le sue impressioni
dopo la lunga sfilata. é Paolo Pacitti, aquilano
doc, 48 anni, capo redattore di Rai News 24.
Giornalista professionista, specializzato nel
rugby, esperto e profondo conoscitore del
mondo ovale in Gran Bretagna, si  accostato
con interesse, rispetto, passione, entusiasmo
al nostro mondo alpino. Ha frequentato professionalmente per diversi anni i CASTA a San
Candido scoprendo la realtˆ degli Alpini in armi.
Vive a Roma per lavoro, ma non ha voluto
mancare, insieme al figlio Ruggero,
all'appuntamento con le penne nere nella sua
cittˆ. Ecco il suo ricordo dell'evento.
Non so come la pensate ma a me lÕadunata
aquilana degli alpini ha fatto bene. Da aquilano,
- orgogliosamente aquilano - aprire le porte
a 300 mila penne nere in una cittˆ colpita al
cuore dal terremoto del 2009  stato qualcosa
che difficilmente dimenticher˜. Giˆ perchŽ
lÕadunata questa volta marca il territorio del tempo. CÕerano loro in
quei giorni subito dopo quel 6 aprile, cÕerano le loro mani sulle spalle
di una cittˆ ferita a morte, cÕerano i loro occhi nei giorni successivi
quando bisognava provare a rialzarsi per riprendere il cammino, cÕera
il loro sudore quando si trattava di mettere in sicurezza i palazzi colpiti
dal sisma. Sei anni dopo ci sono ancora i loro occhi, i loro sorrisi, la
loro solidarietˆ. La cittˆ  cambiata ma il dolore resta lo stesso. Quella
ferita  ancora aperta. Si vede nei vuoti, nelle assenze, in un centro
storico che si riempie di tanto in tanto. Per questo la carica dei 300
mila rappresenta una svolta. Fa capire che prima e dopo lÕadunata,
LÕAquila non sarˆ pi la stessa. EÕ la consapevolezza di rappresentare
qualcosa di molto caro a tutto il nostro Paese. Una questione nazionale,
che allontana la sindrome da sito archeologico del secondo millennio
che negli ultimi anni ha sfiorato la testa degli aquilani. La vita che
hanno riportato in cittˆ le penne nere  tornata a pulsare almeno per
il tempo dellÕadunata. EÕ il sorriso dellÕalpino che incrocia lo sguardo
degli aquilani, gente dalla scorza dura ma dal cuore tenero. Per una
volta  questo che fa la differenza. Non i discorsi dei politici, non la
carte di un mastodontico fascicolo in tribunale per una causa legata
alla ricostruzione. 300 mila aquilani, tutti insieme a dire ÒSiamo
tornatiÓ. In molti sono tornati sui luoghi dove sei anni fa cÕera una
tendopoli e oggi cՏ un prato dove giocare a rugby o una pista dÕatletica.
E negli occhi leggi lÕorgoglio dellÕessere alpino perchŽ allÕAquila non
cՏ famiglia dove attaccato al muro non ci sia un cappello. Julia,
TaurinenseÉ Il 9¡ reggimento allÕAquila ha la sua ÒbaitaÓ. E prima o
poi ci si arriva a quella ÒbaitaÓ perchŽ fa parte della cittˆ. Per questo
lÕadunata  stata qualcosa in pi di un ritorno a casa perchŽ Òda Porta
Napoli fino alla Madonna ForeÓ, lÕalpino  di casa soprattutto in una
cittˆ colpita da una tragedia infinita come quella del 6 aprile. Il senso
di solidarietˆ e di vicinanza in quei giorni del dolore, sei anni dopo
ha la stessa intensitˆ, lasciando per˜ spazio al piacere di stare insieme
nella ÒbaitaÓ aquilana. E li vedi i ricordi negli occhi dellÕalpino che
fissano i puntelli messi sei anni fa e ad un tempo sognano di toglierli
in un futuro magari non troppo lontano. EÕ il sogno dellÕalpino ed 
anche quello di chi vive allÕAquila. Anche per questo lÕadunata  stata
vissuta come una festa dagli stessi padroni di casa. Qualcuno ha
aperto le porte di casa, qualcun altro ha improvvisato il proprio
giardino in un campeggio. Condivisione, per dirla in una parola, primo
comandamento da tenere sul sentiero che per gli alpini  esso stesso
un modo di vita.
Le polemiche davanti alla festa non hanno lasciato traccia. EÕ rimasto
solo il sorriso, lÕamicizia e qualche bicchiere che nella baita ci sta pure
bene!
7
A l’Aquila con il cuore, la mente, gli occhi
di Achille Gregori
Ad ogni adunata partecipiamo con tanto
sentimento, vera e propria spinta che ci
aiuta a recarci in ogni cittˆ nella quale si
svolge per ritrovarci, ricordare, esprimere
la memoria verso i veci dellÕOrtigara, dellÕAdamello, di Grecia e Albania, della Russia,
della Libia e di ciascun luogo dove il dovere
ha condotto alpini in ogni tempo e modo,
missioni di pace comprese. Questa volta a
LÕAquila cՏ stato qualcosa in pi che ci ha
spinto verso la gente in modo ancora pi
riflessivo.
Questo sentimento era l“, nelle vie del centro
storico. Attaccato ai fabbricati gravemente
colpiti dal sisma di sei anni orsono. L“, sopra
le impalcature, i sostegni, i puntelli, le gabbie
di sostegno, le reti rosse di delimitazione,
le restrizioni delle strade, le gru, i cantieri
in funzione o fermi. Un insieme che ci ha
portato pi vicino agli aquilani. La cittˆ cos“
ferita ci ha indotto a riflessione profonda, a
condividere le sofferenze, a esprimere affetto
verso chi tanto ha patito e continua ad avere
sotto gli occhi, ogni giorno, il ricordo di ore
terribili, di parenti e amici persi sotto le
macerie.
Ci˜ ci ha fatto vivere giornate diverse, colme
di riflessione e voglia dÕessere nuovamente
partecipi allÕaiuto verso queste persone. Loro
hanno risposto con calore, accoglienza,
simpatia.
Camminando per le strade ci siamo sentiti
ripetere: <grazie alpini>É<siete venuti a
ridarci speranza>É<sentiamo di nuovo la
voglia di ricominciare> É <vedervi ci riporta
fiducia> e tante altre espressioni semplici
ma colme di gratitudine. Sono tanti i problemi
de LÕAquila. Difficili da conoscere, da comprendere e interpretare, anche se a noi
esterni sembra strano vedere ancora tanto
squasso dopo sei anni. Lungo il cammino
verso lÕammassamento abbiamo conversato
con Francesco, alpino abruzzese anchÕegli
vittima del terremoto, il quale ci ha descritto
molte problematiche connesse alla ricostruzione. Fra queste le difficoltˆ tecniche, burocratiche, di scelte e di volontˆ dei cittadini,
in alcuni casi sistematisi in periferia e non
sempre propensi ai ripristini in centro, anche
per fiducia esaurita, rassegnazione e paura
legata a possibili futuri disastri.
La gente  grata agli alpini che poche ore
dopo il sisma erano giˆ operativi sul posto,
a sostenere le persone con il loro lavoro. La
gratitudine  emersa in ogni momento,
dallÕarrivo il venerd“ alla ripartenza di domenica. In particolare durante la sfilata dove
i molti cittadini hanno salutato da dietro le
transenne ringraziandoci per la presenza,
lÕaiuto prestato allora e rinnovato oggi con
la massiccia partecipazione e il confermato,
concreto, pronto affetto verso gli aquilani.
Veniamo ai fatti dellÕadunata. Venerd“ il
contatto con i nostri volontari di Protezione
Civile (alloggiati nella Caserma Rossi), che
nella settimana hanno svolto lavori di recupero del Parco Castello e Piazza dÕArmi,
riportando le aree allÕuso per i cittadini. Per
alcuni  stato un ritorno. Nei pressi, la
Cittadella delle Truppe Alpine con lÕabituale
esposizione di materiali dÕogni tipo. Situazione
incantevole per la collocazione e lÕinserimento
ambientale. Molte le persone in visita, in
particolare famiglie con bambini. Fra questi
una bimba con cappello alpino in testa che
mandava baci agli alpini che incrociava. Nel
tardo pomeriggio il sempre commovente
ingresso della Bandiera di Guerra, questa
volta del 9¡ Reggimento Alpini, preceduto
dalla lunga schiera dei Gonfaloni e dal Labaro
dellÕANA scortato dal CDN. Presenti molti
alpini e tanto pubblico. Il sabato, dopo
lÕincontro con i cittadini e la visione del centro
cittˆ di cui sՏ detto, la S. Messa nella
ristrutturata basilica di San Bernardino che
a fatica ha contenuto i rappresentanti delle
sezioni.
é seguito lÕincontro allÕAuditorium Renzo
Piano. Qui la presidenza nazionale ha intrattenuto le autoritˆ abruzzesi. Massima la
cordialitˆ. Belle e fuori dai freddi schemi
istituzionali le dichiarazioni dei presenti.
Piacevoli gli interventi di Sindaco, Presidente
Regione, Provincia, del Gen. Graziano capo
di Stato Maggiore Esercito, Gen. Bonato,
comandante Truppe Alpine e, naturalmente,
del Presidente nazionale Favero. Interessante
il momento della consegna dei contributi a
sostegno di associazioni locali (oltre 80mila
euro) e lÕassegnazione del premio al giornalista Marco Albino Ferrari, scrittore e alpinista,
oltre che professionista della stampa. Motivo
del premio il suo modo di parlare di alpini
e Grande Guerra sulla rivista Meridiani e
Montagne.
Quadretto finale con il giˆ presidente Parazzini
per rimarcare il suo gesto a difesa della
Bandiera durante i fattacci di Milano Expo.
A lui una scatola di uova di cioccolato a
contrastare il lancio ricevuto dai manifestanti.
LÕincontro  interessantissimo, fatto di parole
e immagini. Potrebbe essere divulgato sui
tabelloni in cittˆ per tutti i partecipanti.
Sarebbe davvero piacevole. La sera di sabato
solita festa con musiche, canti, incontri,
consueto ingorgo nelle vie e conseguente
difficoltˆ di transito. La domenica, accompagnati dal sole, lÕattesa sfilata. Il nostro era
il 6¡ settore. Ammassamento e formazione
schieramento ai lati della caserma Rossi. In
testa lÕimmancabile pannello di Griante con
la scritta ÒLÕAquila continua a volareÓ, dopo
lo striscione in favore dei Mar˜.
A seguire Vessillo e presidente, la schiera
degli alpini. Le fanfare di Asso e Olgiate
Comasco hanno dato il passo ai 103 gagliardetti e agli oltre mille alpini in marcia. I
messaggi lanciati agli aquilani sono stati dei
gruppi di Albese con Cassano <costruire il
futuro ricordando il passato>; Locate Varesino <Memoria e senso del dovere sono il
DNA alpino>; Ronago <Nostro dovere trasformare il ricordo in memoria>; Villa Guardia
<Abruzzo museo di opere di solidarietˆ
alpina>, che hanno avuto il plauso della
gente aquilana.
Particolare la composizione del pannello
floreale, assemblato in loco con fiori portati
a LÕAquila in frigorifero per mantenerne la
freschezza. Dopo la lunga camminata gli
alpini hanno salutato il Vessillo sezionale
dallÕaltra parte della cittˆ, davanti alla Caserma Pasquali, sede del 9¡ Reggimento
Alpini. Per alcuni il rientro si  concluso
anche tre giorni dopo. AllÕorizzonte Asti 2016,
adunata numero 89, con nuove emozioni e
memoria per i veci.
8
Riportiamo un trattato riguardante vicende
e personaggi che hanno dato origine alla
nostra sezione. Si parla di eventi di 100
anni fa, di quei giovani che diedero parte
della loro vita o addirittura la sacrificarono,
nella certezza di servire la Patria. Terminato
il tragico conflitto hanno fissato le basi
dellÕalpinitˆ fondando, il 5 luglio 1920, la
nostra sezione che dopo 95 anni cammina
ancora sulla stessa strada, con gli stessi
ideali. Capriotti ne ha curato la stesura,
vista la sua profonda conoscenza di ci˜ che
appartiene alla sezione, essendone anima
storica sotto ogni profilo e conoscendone
tutte le sfumature, avendola ereditata agli
inizi anni Õ70 (del 1900) dai nostri vecchi,
avendo saputo conservarla, valorizzarla e,
la dove possibile, trasmetterla.
Le Compagnie Volontari Alpini
del Battaglione Morbegno
Anno
1915
Come ci  noto, il 5 luglio 1920 nacque la
sezione di Como dellÕ Associazione Nazionale
Alpini, grazie ad una trentina di alpini, reduci
da vari fronti e con esperienze militari
diverse, ma accomunati da uguali sacrifici
e drammatiche traversie vissute sulle creste
innevate e nelle trincee fangose, con la
stessa aspirazione a mantenere nel tempo
lo spirito di corpo, la solidarietˆ nata tra di
loro e la memoria dei commilitoni caduti sui
campi di battaglia, trasmettendo ai posteri
le glorie e le gesta di tutti i reparti alpini.
Mentre tutto questo  risaputo, non  conosciuto, o forse  stato dimenticato, che una
decina dei nostri soci fondatori furono degli
alpini un poÕ ÒspecialiÓ, perchŽ si arruolarono
volontari, essendo giovanissimi o fuori dallÕ
obbligo militare. Cos“ fecero Gaetano Volpatti, eletto vice presidente sezionale nel
1920, il dottor Cesare Orsenigo, eletto
cassiere, Adriano Auguadri, capitano della
44^ compagnia del Morbegno e medaglia
dÕOro al Valor militare nella seconda guerra
mondiale, caduto sul fronte greco, e, meno
noti, Galliano Arrighi, Roberto Brunati, Ferdinando Casartelli e Camillo Pedraglio.
Vediamo come avvenne <lÕavventura alpina> di questi nostri soci fondatori.
Giˆ prima, ma in particolare negli anni 1913
e 1914, si accentu˜ nella politica e in una
parte della popolazione italiana lÕavversione
verso lÕImpero Austro-Ungarico e il desiderio
del ricongiungimento alla Patria del Trentino
Alto Adige, di Trieste, di Pola e dellÕ Istria,
quale compimento dellÕ unitˆ dÕItalia, a completamento delle aspettative risorgimentali.
Questi sentimenti patriottici furono sentiti
e manifestati pubblicamente soprattutto dai
giovani e subirono una ulteriore accentuazione alla fine del luglio 1914, quando lÕ
Impero Austro-Ungarico e lÕ Impero tedesco
entrarono in guerra contro Serbia, Francia,
Inghilterra e Impero Russo.
In varie localitˆ della Lombardia e del Veneto
si costituirono, su istruzioni del Ministero
della guerra, comitati popolari per promuovere e raccogliere le adesioni dei volontari.
In particolare giovani studenti tra 18 e 20
anni non ancora in etˆ di leva. Si seppe
poi che anche studenti di 17 anni, pur di
essere arruolati, presentarono certificati
con data di nascita abilmente modificata.
Alla fine del 1914 nellÕ alta Lombardia vennero formate tre compagnie con circa 120
volontari alpini ciascuna. La 1^ compagnia
con sede a Bergamo, formata da volontari
bergamaschi e valtellinesi. La 2^ formata
a Como con le adesioni di comaschi, milanesi
e altri valtellinesi. La 3^ con volontari
bresciani e della Valle Camonica. La 1^ e
2^ compagnia furono assegnate al battaglione Morbegno, mentre la 3^ fu affiancata
prima al battaglione Val Baltea e successivamente al battaglione Edolo.
I volontari comaschi della 2^ compagnia
furono una sessantina. Ebbero come comandante di compagnia ed istruttore -fra la fine
1914 e per i primi nove mesi del 1915- il
tenente Giuseppe Prada, personaggio a noi
molto noto, in quanto nel 1920 fu uno dei
soci fondatori e fu eletto primo presidente
della nostra sezione. Il tenente Prada, ufficiale alpino, fu incaricato di curare il primo
addestramento dei volontari comaschi che,
non essendo ancora arruolati, a fine 1914
ricevettero per lÕ addestramento solo il fucile
modello Ô91 e il cappello alpino che recava
come segno distintivo sopra il fregio dellÕ
aquila, una piccola stella e le lettere V A
(Volontario alpino).
Per i primi mesi del 1915 i volontari si
ritrovarono il sabato e la domenica, con i
loro abiti borghesi, per le istruzioni basilari
di disciplina e regolamenti, con addestramenti pratici sui monti Bolettone e Bisbino
e lezioni di tiro in un poligono che cÕera
allora dalle parti di Maslianico.
LÕaddestramento essenziale fu affrontato
con entusiasmo ed impegno dai giovani
volontari guidati del tenente Prada, per
essere pronti allÕ entrata in guerra dellÕItalia,
cosa che avvenne il 24 maggio 1915. Il
mattino del 27 maggio i sessanta volontari
comaschi furono convocati prima in piazza
Castello e poi traferiti in piazza Cavour. Il
tenente Prada, coadiuvato dal sergente Luigi
Gerli, cerc˜ di contenere lÕallegra e rumorosa
agitazione dei pi giovani, ancora in abiti
borghesi, ma con il cappello alpino, il fucile
Õ91, valigie e fagotti, dati dai preoccupati
genitori, riuscendo alla fine ad inquadrarli
per la partenza. Mentre suonava una fanfara,
si imbarcarono sul battello Bisbino, destinazione Varenna. Lungo il percorso raccolsero altri volontari a Cernobbio e Menaggio.
Alla stazione ferroviaria di Varenna salirono
sul treno, destinazione Tirano, dove trovarono gli altri volontari valtellinesi della 2^
compagnia e incontrarono i volontari bergamaschi della 1^ compagnia, comandata dal
tenente Alcide Rodegher di Bergamo.
9
Ai primi di giugno i volontari della 1^ e 2^
compagnia ricevettero finalmente il corredo
militare con la divisa e gli scarponi, tornando
a Morbegno, in attesa di destinazione. In
questo periodo i tenenti Rodegher e Prada
impegnarono i volontari in marce ed addestramenti vari per migliorare la preparazione
militare. A luglio le due compagnie furono
spostate a Bormio e, pur rimanendo autonome, furono aggregate per esigenze operative al battaglione Valtellina. A fine luglio,
in seguito a controlli dei certificati comunali,
alcuni giovanissimi volontari, furono rimandati a casa, perchŽ pur di essere arruolati,
avevano modificato sul documento la data
di nascita, non avendo ancora 18 anni, etˆ
minima prevista per lÕarruolamento. Alcuni
di loro, appena raggiunta lÕ etˆ prevista,
fecero poi ritorno alla compagnia, come il
giovanissimo Gaetano Volpatti, il futuro
primo vice presidente della nostra sezione,
poi Caduto in Russia a Jagodnjie nella seconda guerra mondiale, al comando del
battaglione Tirano col grado di maggiore.
In questo periodo continu˜ lÕ istruzione
sullÕ uso delle armi e lÕ addestramento marce
sulle montagne attorno a Bormio, migliorando lÕ efficienza e la coesione tra volontari,
anche se, bisogna ricordarlo, in questi primi
mesi i volontari del Morbegno suscitarono
una certa diffidenza negli alti comandi per
una temuta scarsa disciplina e preparazione
militare, oltre ad incomprensioni negli alpini
dei reparti regolari che non capirono subito
le motivazioni del loro patriottismo. Valutazioni negative che cessarono nei mesi successivi, quando i volontari affrontarono i
primi combattimenti e seppero farsi apprezzare in ogni maniera.
A metˆ agosto le due compagnie furono
trasferite a Santa Caterina Valfurva, dove
arriv˜ in visita re Vittorio Emanuele III. A
fine agosto avvenne il primo impiego delle
due compagnie in una vera operazione di
guerra, in abbinamento col battaglione Val
dÕ Intelvi. Mentre questo attaccava le posizioni austriache nella zona della costiera
della Punta di Ercavallo, le due compagnie
svolsero un ruolo diversivo, salendo sul
passo Gavia, cresta della Sforzellina, ghiacciaio e passo Doseg, affrontando i primi
scontri a fuoco con reparti austro-ungarici.
Nel mese di settembre le due compagnie
alternarono le basi a Santa Caterina e a
Bormio, mentre i volontari furono impiegati
in prima linea in servizi di corve per trasporti
di munizioni e materiali, inoltre turni di
guardia negli avamposti delle capanne Cedech, Milano e passo Zebr, dove in operazioni di ricognizione si distinse lÕ ufficiale
medico dottor Cesare Orsenigo, futuro cassiere sezionale. A fine settembre il tenente
Giuseppe Prada, comandante della 2^ compagnia, venne promosso a capitano e trasferito alla Terza Armata sullÕ Isonzo e sul
San Michele, con dispiacere di tutti, lasciando
nei volontari un buon ricordo del suo comando.
In questo periodo diversi volontari delle due
compagnie furono inviati, su loro richiesta,
a frequentare corsi Allievi Ufficiali. Cos“
fecero i volontari comaschi Adriano Auguadri,
Luigi Negretti, Orlando Orlandoni, Camillo
Nani, Giovanni Porta, Attilio San Rom. Una
volta nominati sottotenenti, vennero destinati a reparti impegnati su altri fronti. Altri
volontari furono trasferiti a reparti regolari,
per cui in ottobre le due compagnie, ridotte
nei ranghi, furono fuse in una unica compagnia volontari alpini del battaglione Morbe-
gno, al comando del capitano Alcide Rodegher, anche lui nel frattempo passato di
grado.
Gli alpini della compagnia continuarono ad
essere impegnati in servizi di corve, trasporti di munizioni, viveri e materiali, contribuendo alla costruzione della nuova capanna Cedech nelle vicinanze della
precedente che era stata distrutta ed in
gravosi turni di guardia negli avamposti su
creste, cime e ghiacciai, come Monte Cristallo, Cima Thurwieser, Monte Cevedale,
Cima Doseg, Punta San Matteo e Passo
dei volontari.
Nella notte fra 30 e 31 ottobre settanta
alpini ed artiglieri, al comando del tenente
Cesare Orsenigo, trascinarono un cannoncino da 70 mm. dal passo Zebr al passo
della Bottiglia (m. 3295), su neve fresca e
in parte gelata che ritard˜ la salita, per cui
al mattino furono fatti segno di colpi di
shrapnels da parte di un pezzo dÕartiglieria
nemico del passo Cevedale. Il nostro cannone riusc“ a sparare efficaci colpi sul rifugio
Schaubach in Val di Sulden, ma venne
riportato in basso durante la notte seguente
per non essere colpito dai grossi calibri
austriaci.
Nei giorni successivi il dottor Orsenigo
dovette curare alcuni alpini ed artiglieri per
congelamenti ai piedi causati dalle calzature
scadenti. In questo periodo nel 5¡ reggimento Alpini furono creati reparti denominati
ÒCenturieÓ, formati da un centinaio di alpini
scelti, provenienti da vari battaglioni con lo
scopo di effettuare colpi di mano ed imprese
ardite.
La centuria Valcamonica fu formata con
alpini dei battaglioni Edolo, Morbegno,
Valcamonica e Val dÕ Intelvi (circa 25 alpini
per battaglione). In seguito questi reparti
furono chiamati ÓArditi alpiniÓ.
Nel mese di novembre nonostante la neve,
il ghiaccio ed il gelo, un manipolo di volontari
comandati dal sergente Egidio Castelli e dal
caporale Camillo Pedraglio, uno fra i futuri
soci fondatori della nostra sezione, riusc“ a
salire dal passo Gavia sulla cresta del Corno
dei Tre Signori per trovare un collegamento
col battaglione Val dÕ Intelvi operante nella
zona della Punta di Ercavallo, sopra Ponte
di Legno.
10
Anno 1916
A metˆ gennaio la 249^ compagnia del
Valtellina e la compagnia volontari del Morbegno, furono impegnate in una azione
sopra il Gavia, sul passo Doseg e in Vallumbrina, coordinata col battaglione Val dÕ
Intelvi, contro avamposti dei Kaiserjager,
conquistando tali posizioni.
A febbraio il comandante della compagnia
volontari, capitano Alcide Rodegher, a causa
di una malattia, fu ricoverato in ospedale e
venne sostituito dal capitano Radice.
I volontari alpini durante i primi mesi furono
impegnati in Val Zebr, a Baita del Pastore
e, soprattutto, negli avamposti su tutta la
linea del fronte, dallÕ Ables al Corno dei Tre
Signori, in alternanza con altre compagnie.
Duranti lÕinverno ci furono grandi nevicate
con numerose valanghe, in particolare tra
Santa Caterina Valfurva e passo Gavia, nei
pressi del Ponte delle Vacche. Una di queste
valanghe travolse in zona Dosso Bolon una
squadra di volontari in servizio di corve
con il tenente Cesare Orsenigo. Tutti gli
uomini si salvarono, ma persero i materiali,
per cui dovettero ripetere il trasporto. Il
tenente dottor Orsenigo dovette anche
assistere e curare un certo numero di alpini
ammalati, denutriti e congelati per il terribile
gelo e la scarsa alimentazione in linea. A
fine luglio il dottor Orsenigo lasci˜ i volontari
per trasferimento ad altro reparto. Per tutto
lÕanno gli alpini delle varie compagnie,
compresi i volontari, furono impiegati in
turni di sette giorni negli avamposti nel
ghiaccio, sulla linea tra 3000 e 3600 metri,
al passo dei Camosci, Cima Trafoier, passo
dei Volontari, Cima Thurwieser, passo Ortler,
Cima della Miniera, facenti capo alla capanna
Milano, con frequenti scontri con gli austriaci
e scavo di gallerie nel ghiaccio per nascondere i collegamenti ed essere al riparo dai
tiri del nemico. Ci˜ avvenne al Gavia, sulla
cresta tra i passi del Doseg e della Sforzellina.
Anno
1917
Durante i primi mesi la compagnia volontari
fu di base a SantÕ Antonio in val Zebr e
alla Baita del Pastore con compiti di servizi
di corve per rifornimenti alla prima linea
e, a turno, periodi di guardia negli avamposti
sopra la capanna Milano. Diversi volontari
aderirono alla costituzione di un plotone
Arditi alpini per eseguire operazioni pi
rischiose e pericolose sul Monte Zebr, Pale
Rosse e Monte Cristallo. Il 2 maggio una
grande valanga si stacc˜ dal Sasso Rotondo
e travolse la teleferica della Baita del Pastore,
travolgendo molti alpini. 14 i deceduti, pochi
altri salvati dai commilitoni. I volontari
parteciparono alle ardue operazioni di tenuta
e riconquista delle posizioni sulla cresta tra
le Cime Thurwieser e Trafoier. A fine anno,
per rinforzare i ranghi, furono aggregati alla
compagnia volontari della 4^ compagnia
che aveva operato in Valle di Ledro.
Anno
1918
Nei primi mesi i volontari svolsero il loro
servizio in Val Zebr e sul passo Zebr,
sempre immersi nel grande gelo, molta
neve e cadute di valanghe. In aprile lÕottimo
capitano Radice venne trasferito e sostituito
al comando dei volontari dal tenente Marconi,
altro buon ufficiale. La compagnia venne
ancora rinforzata con effettivi del battaglione
Feltre del 7¡ alpini e trasferita a Santa
Caterina per operare sopra il passo Gavia,
Pizzo Tesero, Cima Doseg, Punta San Matteo, Pizzo Vallumbrina per la tenuta degli
avamposti e il servizio rifornimenti, collaborando allÕinstallazione della teleferica da
passo Gavia al Doseg. I volontari cooperarono col battaglione sciatori Monte Ortler
allÕoccupazione del Monte Mantello e della
Punta San Matteo. Dopo tanto tempo trascorso in linea, finalmente la compagnia
venne inviata a fine settembre a Lovere per
un mese di meritato riposo.
A ottobre gli avvenimenti bellici precipitarono
e la compagnia volontari venne trasferita
con urgenza nella zona del fiume Piave,
prima con una tradotta e poi a marce forzate
fino a Volpago. Pass˜ il Piave sul ponte di
Vidor ed entr˜ in Vagolino, completamente
raso al suolo. Mentre gli austro-ungaricici
e tedeschi erano in fuga. Con altri reparti,
si diresse verso Valdobbiadene per rastrellare
gli ultimi fuggitivi, proseguendo per Vittorio
Veneto, con soste a Ponte nelle Alpi, Longarone, Pieve di Cadore e Calalzo. Qui, presso
la stazione ferroviaria, a seguito di una mina
predisposta dal nemico, ci furono tra gli
alpini del battaglione Mondov“ ed i volontari
una quarantina tra morti e feriti. Accolta
con entusiasmo dalle popolazioni, la compagnia volontari prosegu“ per il Comelico,
passo di Monte Croce e, con la popolazione
meno entusiasta, a Sesto Pusteria, con
posizionamento sulla linea dellÕarmistizio.
In treno avvenne poi il trasferimento a
Fortezza, Colle Isarco, Brennero e Vipiteno,
fino ai primi mesi del 1919, con un ulteriore
spostamento a Merano. Infine, nel mese di
maggio 1919 ci fu il ritorno a Morbegno per
lo scioglimento e la smobilitazione dei volontari alpini, dopo ben 4 anni di vicende
belliche.
Si concluse cos“ lÕ Òavventura militareÓ dei
sessanta volontari alpini comaschi del battaglione Morbegno che comport˜ il sacrificio
di una quindicina di loro in varie localitˆ del
fronte, doloroso tributo per la generosa
adesione agli ideali patriottici nazionali.
Ricordiamo tra questi Caduti comaschi il
tenente Orlando Orlandoni con due medaglie
dÕArgento V.M., il sottotenente Luigi Negretti
megaglia dÕ Argento V.M., il sottotenente
Attilio San Rom medaglia di bronzo V.M.,
il tenente Giuseppe Bettoli, il tenente Camillo
Nani, il sottotenente Cesare Galli, il sottotenente Giovannino Porta, il sergente Ernesto
Taborelli, gli alpini Giuseppe Beretta, Bartolomeo Cavadini, Luigi Malinverno, Mario
Manzoni, Emilio Rigamonti e Umberto Tergolina. Altri volontari furono feriti e vennero
ricoverati in ospedale, soffrendo a lungo i
postumi del conflitto. Alcuni di loro, purtroppo, perirono successivamente, allungando lÕ elenco di quanti donarono la vita per
la Patria. La maggioranza torn˜ alle proprie
case e di questi, come detto, una decina
nel 1920 contribu“, con altri reduci, alla
fondazione della nostra sezione A.N.A.
Arcangelo Capriotti
Opere consultate
Compagnie Volontari Battaglione Morbegno
Ð 5¡ Alpini 1915 Ð 1919
Edizione La Provincia di Como (1928). Aldo
Rasero - 5¡ Alpini - Manfrini Editore (1964).
11
di Achille Gregori
Siamo abituati da tempo ad usare acronimi,
sigle, abbreviazioni divenute quotidiane, in
particolare per lÕuso del computer. Cos“ per
chi si occupa di stampa nellÕambito dellÕAssociazione Alpini, lÕacronimo CISA (Convegno
Itinerante Stampa Alpina) porta con se
lÕimmediata congiunzione verso lÕincontro
annuale fra responsabili de LÕAlpino, della
Sede Nazionale, addetti di sezioni e gruppi
sparsi in Italia e allÕestero, che pubblicano
una rivista dedicata alla loro attivitˆ.
Gran parte delle sezioni stampano una pubblicazione rivolta ai soci e non solo a loro,
sulla quale viene riportata la vita associativa,
la storia, lÕattualitˆ con la quale anche la
nostra associazione si confronta ogni giorno
e dalla quale non pu˜ estraniarsi. Si tratta
di riviste che assumono vari formati. Quasi
sempre eleganti, dai contenuti gradevoli ed
interessanti sia nella grafica, sia nellÕesposizione. Normalmente siamo abituati a chiamarli giornali (mai definibili giornalini!),
anche se il termine giornale  pi adatto
alla stampa quotidiana. Per˜  bello dare
questa definizione alla stampa alpina, perchŽ
rende le pubblicazioni vive e vicine ai lettori.
Il termine, di norma, crea attesa per lÕuscita
del Òproprio giornaleÓ portando alla voglia
della successiva lettura.
Queste testate sezionali, insieme elle pubblicazioni dei gruppi, si incontrano ogni anno
nelle localitˆ dove viene impostato il CISA
per valutarsi, confrontarsi, cercare miglioramenti, vedere lÕoperato altrui per rincorrere
crescita e sviluppo, assolvendo il desiderio
di ritrovarsi e scambiarsi opinioni sul modo
di lavorare per il Òproprio giornaleÓ, cercandone un costante miglioramento.
Itinerante  la caratteristica principale, perchŽ
ogni anno lÕincontro si tiene presso una
sezione diversa, avendo lÕopportunitˆ di
spostarsi in modo differente, una volta andando pi lontano ed unÕaltra avendone
minore necessitˆ, consentendo a tutte le
sezioni di poterlo ospitare. In particolare lˆ
dove le grandi manifestazioni nazionali non
si possono svolgere.
LÕultima edizione si  tenuta a Marostica
nellÕaprile dello scorso anno. Ottima la riuscita, come nelle precedenti occasioni, alle
quali anche noi del Baradll partecipiamo
da svariati anni.
Giusto a Marostica, dove eravamo presenti
Aldo Maero ed io in rappresentanza della
sezione e del nostro periodico, dopo aver
ritirato il premio assegnato alla nostra testata,
abbiamo appreso della possibilitˆ di presentare la candidatura per ospitare il CISA. Ci
siamo informati a fondo anche sulle sue
componenti dÕimpostazione e, appena rientrati, abbiamo intrattenuto il presidente
presentando la possibilitˆ di organizzare il
Convegno della stampa alpina a Como.
Opportunitˆ di ospitare una manifestazione
nazionale da abbinare, anche quale completamento, alle celebrazioni legate ai 95 anni
della sezione, aggiungendo un evento importante di livello elevato.
Trattandosi di un incontro nazionale, in
sostanza lÕAdunata della stampa alpina,
lÕargomento  stato affrontato con attenzione
e, dopo le dovute consultazioni, la sezione
ha deciso di candidarsi. Richiesta accolta
dallÕAssociazione con la segnalazione della
data, questa volta portata ad ottobre.
Da quel momento la macchina relativa allÕimpostazione  partita direzionandosi verso
le molteplici necessitˆ collegate cui  stato
aggiunto un ulteriore impegno: lÕannuale
ritrovo dei responsabili del Centro Studi, o
CCS (Convegno Centro Studi). Altra
ÒadunataÓ che coinvolge gli incaricati sezionali
che collaborano con il Centro Studi nazionale.
Questo  concentrato sul confronto di tutta
lÕattivitˆ di solidarietˆ, di ricerca, mantenimento della tradizione e della storia, lavoro
con scuole e attivitˆ culturali inerenti lÕassociazione.
Il piccolo gruppo di lavoro, ha cominciato a
muoversi in direzione delle varie necessitˆ.
Scelta del posto di ritrovo, sala riunioni,
punto di ricevimento dei convenuti, ristorazione, alloggi presso gli alberghi, impostazione lavori, suddivisione delle dislocazioni
in funzione al programma base impostato
dalla Sede Nazionale, programmi collegati
destinati agli accompagnatori non inseriti
nei lavori, iniziative per lÕospitalitˆ. Il tutto
tenendo conto che nello stesso periodo Como
avrˆ le sue strutture impegnate al fianco
della macchina dellÕEXPO milanese, esposizione che coinvolgerˆ in maniera intensa il
territorio lariano, con il previsto arrivo di
pubblico nelle strutture locali.
La scelta  caduta sulla sede dellÕANCE per
lÕuso della sala riunioni e delle sale da destinare agli incontri di lavoro finalizzati ai temi
del convegno. Sulla Caserma De Cristoforis
per il cosiddetto check-in diretto allÕassegnazione logistica, definizione partecipazione e
refezione. Per ospitare partecipanti e accompagnatori, si  svolta la non semplice
attivitˆ di prenotazione alberghiera.
Impegno cui il presidente, i suoi vice Frighi
e Bianchi per la sezione, il sottoscritto e
Maero per la redazione del nostro giornale,
hanno dato vita con la certezza che coloro
che si aggiungeranno cammin facendo per
assolvere gli specifici compiti collegati,
sapranno portare a termine questo importante impegno nel migliore dei modi.
In aggiunta a ci˜ abbiamo unÕaltra certezza.
La possibilitˆ di offrire le bellezze di Como,
il suo lago, la natura che lo circonda, le
qualitˆ indubbie che tutti gli riconoscono e
che noi non vediamo pi perchŽ le abbiamo
abitualmente negli occhi e nella mente. Ci
auguriamo che anche molti dei lavori in atto
in cittˆ giungano al termine e Como possa
accogliere gli ospiti provenienti dalle varie
sezioni, anche collocate allÕestero, con il
vestito migliore, affinchŽ i nostri amici alpini
dÕogni parte dÕItalia e oltre, possano tornare
a casa con un buon ricordo degli alpini della
sezione di Como e della cittˆ in cui questa
sezione, fra le prime a nascere dopo la
fondazione, da 95 anni risiede, opera e
divulga i valori legati allÕANA. Valori che le
nostre testate continuano a rilanciare con
tanta passione, seguendo lÕesempio dei
vecchi che, a suo tempo, le hanno volute.
Cosa che per noi e il nostro Baradll risale
al febbraio 1975, addirittura quaranta anni
orsono. Baradll che partecip˜ fin da subito
agli incontri della stampa alpina, allora di
stanza a Milano e divenuto nel tempo il CISA
che conosciamo, grazie al nostro Cesare Di
Dato, per le decisioni prese ai tempi in cui
diresse LÕAlpino, decisioni sulle quali si basa
ancora lÕintero incontro.
Non posso che chiudere con il migliore augurio aperto verso tutte le sfaccettature di
questo incontro per il suo carattere nazionale
per il quale dobbiamo il massimo impegno,
in sezione e nei gruppi.
Noi comaschi possiamo ospitare solo questo
tipo di manifestazioni nazionali insieme a
quelle di carattere sportivo come giˆ avvenuto in passato. Auguriamoci possano ripetersi.
12
Il 24 aprile, sotto un vero e proprio bombardamento mediatico che preannunciava
le celebrazioni dell'indomani, non ho potuto
fare a meno di telefonare all'amico che tutti
gli alpini comaschi conoscono, il Gen. C.A.
Luigi Morena, classe 1917. Il mio vecchio
Comandante. Ho pensato a lui, che nella
guerra di liberazione si  guadagnato una
Medaglia d'Argento al Valore Militare. Gli ho
promesso che, di l“ a pochi giorni, sarei
andato a trovarlo ad Aosta, dove ormai vive
stabilmente. E incontrarlo  stato un vero
piacere, perchŽ il suo sorriso  accoglienza
e la sua affabilitˆ ti fa sentire in famiglia.
Gli ho chiesto solo di raccontare e lui mi ha
accontentato. Ancora allievo dell'Accademia
di Modena, col grado di sottotenente, venne
assegnato al 3¡ Alpini Btg. Fenestrelle e
inviato in Francia con le truppe di occupazione. Fu poi la volta del Montenegro, dove,
tra i tanti combattimenti, ci fu l'azione svolta
col Btg. Intra, che port˜ a liberare il Btg.
Aosta circondato dai partigiani. <La guerra
partigiana> racconta il Generale <pi che
un combattimento fronte a fronte, era una
situazione di armi che non si sapeva da
dove sparassero e in che direzione volessero
colpire>. Fu l'8 settembre a concludere il
periodo in Montenegro. <Il mio battaglione,
giˆ della Taurinense, pass˜ in appoggio alla
Divisione Venezia, nella zona delle Bocche
di Cattaro. In quella localitˆ combattemmo
contro i tedeschi, che disponevano di rifornimenti ben funzionanti, A noi mancava
tutto, dalle munizioni, al vettovagliamento
ed eravamo mitragliati e bombardati dagli
Stuka tedeschi. Quella situazione determin˜
quello che io chiamo il Òsi salvi chi pu˜Ó
dell'8 settembre>. L'allora tenente Morena
ebbe per˜ la fortuna di riuscire a sganciarsi
col suo plotone, per poi raggiungere un
porticciolo, da cui partivano le navi che li
avrebbero portati in Italia. <Era una situazione di finimondo> racconta <che faceva
provare la nostalgia di qualcuno che ti
dicesse quello che dovevi fare>. Arrivati a
Bari, tutti gli alpini furono riuniti e andarono
a costituire il Btg. Piemonte, chiamato cos“
visto che la gran parte della massa era
piemontese.
<Gli americani, quando seppero che c'era
un reparto specializzato nelle azioni in montagna, iniziarono a corteggiarci, fornendoci
vettovagliamenti e alimenti ricchi. Intendevano impiegarci per lo sfondamento della
'Linea Gustav', previa conquista del Monte
Marrone. Si dice che gli Alleati abbiano
iniziato a stimare le truppe italiane proprio
dopo aver assistito a quella conquista,
ritenuta quasi impossibile>. Il Monte Marrone
venne tenuto dagli alpini, che riuscirono a
contrastare i molti tentativi tedeschi di
riconquista. Venne poi costituito il Corpo
Italiano di Liberazione, con il supporto di
un gruppo motorizzato. Iniziarono le operazioni lungo l'Appennino e vennero liberate
molte localitˆ, con una serie di combattimenti. <Ovunque arrivassimo, le campane
suonavano a festa. Gli abitanti erano al
culmine della gioia, perchŽ a liberarli arrivavano i loro stessi connazionali>. Per la
fase successiva dello sfondamento della
Linea Gotica, gli Alleati provvidero a fornire
ai soldati italiani equipaggiamenti adeguati.
a
<Ero tenente vicecomandante della 2 Cp.
del Btg. Piemonte> continua il Generale
<quando fui incaricato di fronteggiare i
tedeschi, che avevano un caposaldo a 'Quota
363' di Valle Idice, posizione molto delicata,
in quanto punto di sutura tra due Corpi
d'Armata tedeschi. E fu proprio l“ che il mio
battaglione sfond˜, aprendo la strada alle
truppe celeri, quelle che sfruttano il successo
di un'azione in attacco. I giorni successivi,
19 e 20 aprile, a Bologna gli Alpini e i
Bersaglieri furono portati in trionfo in Piazza
Grande>.
Il Generale Morena mi parla della sua Medaglia d'Argento e dice che a guadagnarla
sono stati tutti i suoi alpini. Viene conferita
solamente a chi li comanda solo per non
svilirne il valore. <Lo scopo principale del
mio racconto> prosegue <vuole essere una
specie di ricompensa a tutti i combattenti
che hanno aderito all'Esercito ricomposto
dopo l'8 settembre. Penso soprattutto agli
alpini che hanno combattuto su tutta la
catena appenninica per la liberazione
dell'Italia e credo che si possano tranquillamente definire 'partigiani con le stellette'.
Mi dispiace per˜ che non siano stati valorizzati, come invece avrebbero meritato. Quei
soldati morivano allo stesso modo dei Caduti
in terra russa, ma purtroppo se ne parla
molto poco>. All'amico Generale piace molto
raccontare, ma il tempo  passato in un
baleno. Ci salutiamo con un abbraccio che
vale mille parole e che ti rimane addosso
per tanto tempo.
Ciao, caro Comandante, sei veramente
speciale. Sei unico.
Enrico Gaffuri
Lettera del sottotenente Adolfo Ferrero alla sua famiglia
Monte Ortigara 18.06.1917 ore 24.00
Cari genitori, scrivo questo foglio nella speranza che non vi sia
bisogno di farvelo pervenire. Non ne posso fare a meno: il pericolo
 grave, imminente. Avrei un rimorso se non dedicassi a voi questi
istanti di libertˆ, per darvi un ultimo saluto. Voi sapete che io odio
la retorica, ...no, no, non  retorica quello che sto facendo. Sento
in me la vita che reclama la sua parte di sole, sento le mie ore
contate, presagisco una morte gloriosa, ma orrenda... Fra cinque
ore qui sarˆ lÕinferno. Tremerˆ la terra, sÕoscurerˆ il cielo, una
densa caligine coprirˆ ogni cosa, e rombi, e tuoni e boati risuoneranno
fra questi monti, cupi come le esplosioni che ora odo in lontananza.
Il cielo si  fatto nuvoloso: piove... Vorrei dirvi tante coseÉtanteÉma
voi ve lÕimmaginate. Vi amo tutti. Darei un tesoro per potervi
rivedere, ma non posso, il mio destino non vuole.
Penso, in queste ultime ore di calma apparente, a te Papˆ, a te
Mamma, che occupate il primo posto nel mio cuore, a te Beppe
fanciullo innocente, a te o Nina É addio É che debbo dire? Mi
manca la parola, un cozzare di idee, una ridda di lieti, tristi fantasie,
un presentimento atroce mi tolgono lÕespressione... No, no, non
 paura. Io non ho paura! Mi sento ora commosso pensando a voi,
a quanto lascio, ma so dimostrarmi dinanzi ai miei soldati, calmo
e sorridente. Del resto anche essi hanno un morale elevatissimo.
Quando riceverete questo scritto fattovi recapitare da unÕanima
buona, non piangete e siate forti, come avr˜ saputo esserlo io. Un
figlio morto in guerra.
Il mio nome resti scolpito indelebilmente nellÕanimo dei miei fratelli,
il mio abito militare, e la mia fidata pistola (se vi verrˆ recapitata)
gelosamente conservati stiano a testimonianza della mia fine
gloriosa. E se per ventura mi sar˜ guadagnata una medaglia, resti
a Giuseppe ... O genitori, parlate, fra qualche anno quando saranno
in grado di capirvi, ai miei fratelli, di me, morto a ventÕanni per la
Patria. Parlate loro di me, sforzatevi a risvegliare in loro il ricordo
di me... MՏ doloroso il pensiero di venire dimenticato da essi...
Fra dieci, venti anni forse non sapranno nemmeno pi di avermi
avuto fratello ... A voi poi mi rivolgo.
Perdono, vi chiedo, se vi ho fatto soffrire, se vi ho dato dispiaceri.
Credetelo, non fu per malizia, se la mia inesperta giovinezza vi ha
fatto sopportare degli affanni, vi prego perdonamene. Spoglio di
questa vita terrena, andr˜ a godere del bene che credo essermi
meritato. A voi Babbo e
Mamma un bacio, un bacio solo che vi dica tutto il mio affetto. A
Beppe, a Nina un altro. E un monito: ricordatevi di vostro fratello.
Sacra  la religione dei morti.
Siate buoni. Il mio spirito sarˆ con voi sempre. A voi lascio ogni
mia sostanza. EÕ poca cosa. Voglio per˜ che sia da voi gelosamente
conservata. A Mamma, a Papˆ lascio... il mio affetto immenso. EÕ
il ricordo pi stimabile che posso loro lasciare. Alla mia zia Eugenia
il crocefisso dÕargento, al mio zio Giulio la mia Madonnina dÕoro.
La porterˆ certamente. La mia divisa a Beppe, come le mie armi
e le mie robe. Il portafoglio (lire 100) lo lascio allÕattendente.
Saluti a zia Amalia e Adele e ai parenti tutti.
Vi Bacio, Un bacio ardente di affetto dal vostro aff.mo Adolfo.
Via posta militare
13
NEWS 2015
Fatti...col
Cappello Alpino
Albavilla rinnova l’incontro alla Croce
Il 26 aprile si  tenuto il quarto
ritrovo lungo il sentiero degli alpini
Nel 2012 gli alpini di Albavilla collocarono
una croce di particolare fattura a metˆ del
sentiero che collega lÕabitato con la zona
Alpe del VicerŽ, sentiero da loro tenuto in
ordine da decenni. Da allora, lÕultima domenica di aprile si ritrovano l“ per celebrare una
messa in ricordo di Caduti e soci andati
avanti. Cos“  stato anche il 26 aprile. Pure
questa volta, con rammarico dei partecipanti,
la cerimonia  stata accompagnata dalla
pioggia.
Ospiti graditi la sindaco dr.sa Giuliana Castelnuovo, presente insieme ad alcuni assessori, il presidente Enrico Gaffuri, alpini e
gagliardetti di alcuni
gruppi vicini. A fare gli
onori di casa Achille
Gregori che ha accompagnato la cerimonia a partire dallÕalzabandiera, facendo
seguito con lÕintroduzione degli interventi
della sindaco e del
presidente, i quali
hanno elogiato lÕoperato e le iniziative degli
alpini albavillesi. La
santa messa  stata
officiata al riparo di un
gazebo. Padre Davide ha vivacemente coinvolto i presenti, richiamandoli alla necessitˆ
di ricordare chi non  pi con noi, nel cui
ricordo dobbiamo agire e svolgere lÕabituale
impegno. Il corpo musicale Santa Cecilia ha
eseguito musiche nellÕarco dellÕintera cerimonia, nonostante il fastidio della pioggia.
LÕeco delle note e il susseguirsi delle parole,
nella silenziosa atmosfera del bosco, ha
completato il senso dellÕincontro, quasi a
guidare il risveglio della natura dopo lÕinverno,
nel segno del sentimento che lega gli alpini
ai soci deceduti e, in particolare, ai Caduti
per la Patria. Il capogruppo Angelo Proserpio
ha chiuso lÕincontro ringraziando i presenti
e lanciando lÕappuntamento per il prossimo
anno 2016.
(g.p.)
Un particolare incontro si  tenuto a Valmadrera il 14 aprile dove i
neo istruttori di scialpinismo appartenenti alla locale sezione CAI,
per celebrare il positivo termine del corso che li autorizza
allÕinsegnamento, hanno impostato una serata da loro definita
speciale. Dopo essere stati in quota, percorso creste e declivi sul
San Matteo, il Gran Zebr, il Vioz, il Cevedale, lÕAdamello, hanno
voluto ricordare che in quei luoghi cento anni fa uomini divenuti
militari, fra i quali alpinisti e sciatori, hanno combattuto una cruenta
guerra in condizioni oggi impensabili, su sentieri che attualmente
si percorrono con piacere ma sui quali si combattŽ in maniera
estrema, contando migliaia di morti. Per rendere memoria a chi ha
combattuto la guerra bianca,  stato chiamato Achille Gregori,
direttore del Baradll, per una conferenza dedicata alla guerra a
tremila metri di quota. Gregori ha intrattenuto i presenti sulle vicende
del tempo, accompagnato da immagini a dissolvenza per confrontare
situazioni di allora e di oggi nelle stesse localitˆ, attrezzi attuali con
i passati, abbigliamento precario di ieri con lÕodierna attrezzatura
termica.
Nella conferenza sono state descritte vicende particolari, fatti di alta
umanitˆ, vita quotidiana nelle trincee sui due fronti. Fra queste
lÕascesa e titolazione della Punta Intelvi nei pressi del Corno dÕAola
legata a vicende del Battaglione Valle Intelvi. La morte di Sepp
Innerkofler detto teufel (diavolo) e il suo recupero da parte di Angelo
Loschi, amici nelle scalate prima della guerra e poi dalla stessa divisi.
La vicenda della spartizione del capriolo fra italiani e austriaci avvenuta
in Vallon Propera. Fatti di umanitˆ sconosciuti e sempre nascosti dai
comandi. Una descrizione completa di oltre unÕora e mezza. Alla
serata sono intervenuti i rappresentanti del CAI locale, i frequentatori
della scuola di scialpinismo, la vicesindaco, alpini del gruppo di
Valmadrera, un attento e incuriosito pubblico che ha apprezzato
lÕidea dellÕincontro, il suo svolgimento, il ricordo del sacrificio di tanti
giovani fatto insieme da amanti della montagna e alpini.
(fra.re)
14
Fatti... col
Cappello Alpino
Caslino d’Erba: incontro con la Scuola Primaria
Fra le numerose attivitˆ degli alpini, ci sono gli incontri con le scuole.
Di norma si tratta dei primi corsi, primaria e secondaria, quelle che
definivamo elementari e medie che si trovano anche nei piccoli
paesi. Scopo prevalente  far conoscere la storia e le particolaritˆ
ad essa legate attraverso il pensiero degli alpini. Stanno divenendo
sempre pi frequenti e quasi tutti i gruppi li svolgono. Il colloquio
con i ragazzi li aiuta a vedere la storia, e non solo, con occhi differenti,
cosa utile per giovani che devono crescere.
A Caslino dÕErba gli alpini hanno incontrato gli scolari della primaria
locale, ricevendoli in due turni, prima i pi piccoli, poi i grandicelli,
ospitandoli nella bella sala del centro civico.
Il 30 aprile, dopo il saluto del sindaco Marcello Pontiggia, il capogruppo
Giuliano Vanossi, coadiuvato da Marco Bravi del gruppo di Ponte
Lambro e dal consigliere sezionale Maurizio Invernizzi, hanno illustrato
la bandiera italiana, spunti della Costituzione, fatti militari e
caratteristiche allÕassociazione alpini, attraverso immagini proiettate.
I ragazzi hanno cantato un paio di canzoni insieme agli alpini, oltre
allÕInno dÕItalia.
Particolari ed interessanti gli interventi del dirigente scolastico alpino
Riccardo Redaelli e del presidente Enrico Gaffuri che hanno fatto
partecipare i bimbi alla conversazione. Una giornata di scuola davvero
diversa che ha portato i ragazzini a scoprire gli alpini.
Andare nelle scuole e stare con i ragazzi  unÕiniziativa fondamentale.
Servono azioni che li interessino, facendoli partecipare in modo
diretto e attivo evitando il nozionismo, portarli a lavori coinvolgenti,
collegati a ci˜ che si tratta negli incontri e in particolare motivando
tutto quanto viene illustrato. Questo quanto svolgono normalmente
gli alpini che, se ben fatto come di norma avviene, lascia un segno
indelebile nei ragazzi. Segno che dura nel tempo e costituisce sicuro
sostegno alla loro formazione, perchŽ la memoria  base per il
futuro.
ag
Castelmarte: ricordare pensando al prossimo
Donato un defibrillatore alla associazione di soccorso
NellÕautunno scorso il gruppo di Castelmarte, guidato da Marco
Minoretti (che spesso vediamo partecipe ad attivitˆ sportive in
rappresentanza della sezione alle gare nazionali), ha ricordato i
trentÕanni di fondazione. LÕanniversario  stato celebrato in modo
tradizionale, coinvolgendo i concittadini e i gruppi della sezione.
Contemporaneamente pensava ad uno sviluppo da farsi attraverso
una azione in favore del territorio, perchŽ la ricorrenza portasse con
se qualche cosa di utile, come abitudine per gli alpini.
Visto che nella zona opera una meritoria associazione di soccorso
che serve lÕalto erbese con servizio auto ambulanze e volontari,
lÕidea  stata direzionata verso lÕattivitˆ di questa organizzazione.
Il servizio ambulanze e soccorritori SOS di stanza a Canzo.
Per questo, lo scorso 28 Febbraio, quale appendice e chiusura della
precedente celebrazione,  avvenuta la consegna di un defibrillatore
alla pubblica associazione SOS Canzo Ð Nesso (seconda sede
operativa). Il kit consegnato  composto da un defibrillatore adatto
allÕuso su autoambulanze che resterˆ dotazione della sede di Canzo
e da un ÒtrainerÓ, vale a dire un defibrillatore da esercitazione,
indispensabile per la formazione dei volontari destinati al suo
utilizzo.
La cerimonia  stata piuttosto spartana, secondo costume degli
alpini che al clamore preferiscono la concretezza, pur sapendo quale
importanza assume questa attrezzatura per i molti interventi
regolarmente svolti dal SOS nella zona.
Essenziali le presenze. Fra queste il presidente dellÕassociazione
SOS Fulvio Schiavio, accompagnato da alcuni volontari, alpini del
gruppo di Castelmarte e naturalmente il capogruppo Marco Minoretti
che ha materialmente consegnato lÕattrezzatura.
Ancora una volta la concretezza degli alpini, abituati a motivare ogni
ricorrenza per ricordare i ÒveciÓ, ha valorizzato il sentimento di
alpinitˆ a vantaggio dei concittadini dellÕintero territorio, applicando
il principio: aiutare i vivi in ricordo dei nostri morti.
(gio.min)
Cerimonia per le Vittime delle Foibe ad Albate
Marted“ 10 febbraio il Vessillo Sezionale ha partecipato con diversi
gagliardetti e molti alpini alla giornata del Ricordo, celebrata in tutta
Italia nella memoria delle vittime delle foibe e dellÕesodo dalle loro
terre di Istriani, Fiumani e Dalmati. Il Comune e la locale sezione
dellÕAss. Naz. Venezia Giulia e Dalmazia hanno organizzato una
doppia cerimonia commemorativa. La prima nei giardini di Albate
intitolati ai Martiri delle Foibe Istriane, con alzabandiera, onore ai
Caduti, deposizione di corona e lettura della Preghiera dellÕEsule.
Indi consegna al gruppo di Albate di un Tricolore destinato al
monumento ai Caduti di Trecallo. Il canto Ó Va pensieroÓ eseguito
dai ragazzi delle scuole ha segnato la chiusura di questa parte. La
seconda cerimonia si  svolta alla Biblioteca comunale di Como
dove, alla presenza delle autoritˆ cittadine trasferitesi da Albate,
sono stati consegnati riconoscimenti e proiettati filmati tratti dal
documentario ÒEsodoÓ. Cerimonia commovente e dovuta alle vittime,
tenute nascoste per troppi anni.
Fra le tante attivitˆ degli alpini albatesi, continuano gli incontri con
il gruppo di Collecchio, dopo gli interscambi iniziati nel 2010 per i
90 anni della sezione di Como. Gli alpini di Albate in Emilia hanno
incontrato i ragazzi del locale Istituto comprensivo dove hanno
illustrato la tecnica tridimensionale dei vetrini, proiettando le immagini
della Grande Guerra
Immagini molto apprezzate da studenti e insegnanti, intrattenuti
poi da Piergiorgio Pedretti con una esibizione di cante alpine eseguita
allÕorgano. LÕincontro si  chiuso a Fornovo, in attesa di continuare
gli scambi di visite e contatti fra alpini albatesi e emiliani.
15
Fatti... col
Cappello Alpino
Gruppo Gironco, esercitazione con Esercito
Gioved“ 23 aprile, come ormai dÕabitudine,
abbiamo accompagnato lÕesercito nella loro
esercitazione mensile. Questa volta ÒlÕonoreÓ
di ospitare la comitiva  toccata al gruppo
di Gironico. Le condizioni meteo, vista la
presenza del Col. Comandante Marco Tesolin,
naturalmente ottime. Campo base per la
partenza la bellissima ÒbaitaÓ del gruppo
ospitante. Alza bandiera con spettatori speciali, i bambini della vicina scuola materna,
che, con la loro maestra, si sono affacciati
e al termine hanno applaudito. Tra i partecipanti anche il Gen. ÒComascoÓ dei bersaglieri
Scollo. Partenza per la brughiera e i colli di
Gironico accompagnati dagli alpini Piergiorgio,
capo comitiva, e Giancarlo e da un amico
bersagliere paracadutista.
Gli amici del gruppo non hanno lasciato
niente al caso, infatti il Vecio Fermo ha
pensato anche a portare con un trattore
tavoli e viveri al punto fissato per il ristoro.
Percorso bellissimo, giˆ testato la settimana
dal col. comandante e dal nostro presidente,
di circa 13 km. Ritorno alla baita dove gli
insuperabili cuochi del gruppo hanno preparato il rancio. Al termine torta offerta dai
militari; alla ciliegina ci ha pensato, ancora
una volta, lÕamico Fermo che ha fatto arrivare
il figlio di un reduce con dei reperti originali
del papˆ reduce di Russia: il diario scritto
durante la ritirata, la piastrina di riconoscimento e la gavetta.
Consegnato ai familiari il piastrino
dell’artigliere Bruno Trombetta
Sabato 11 aprile con una semplice ma commovente cerimonia, la
sezione ha consegnato alla sorella dellÕartigliere Bruno Trombetta,
disperso in terra russa, il suo piastrino di riconoscimento, ritrovato
da alpini di Abbiategrasso.
La cerimonia si  svolta nella sala consigliare del Comune di San
Fermo della Battaglia, localitˆ in cu la sorella, Signora Rina,  ospite
in una residenza sanitaria. Alla cerimonia sono intervenuti gli artefici
del ritrovamento di molti piastrini che da tempo effettuano ricerche
in terra russa nelle zone dove si combattŽ. Pi di trecento i presenti,
molti dei quali alpini fra cui, Antonio Respighi e Giancarlo Riva del
gruppo di Abbiategrasso, autori del ritrovamento. La serata, condotta
dal nostro presidente,  stata intervallata da commoventi letture
di brani e poesie effettuate dal vicepresidente Enrico Bianchi, dal
consigliere Emanuele Roncoroni. Per la parte storica sono intervenuti
i due alpini di Abbiategrasso, Maurizio Casarola e Davide Masperi,
presidente dei Volontari di guerra. Per il comune di Como, cittˆ
natale del disperso, la vicesindaco dr.sa Laura Magni.
(ma.ghi)
Nel Santuario del Beato sito in via Capecelatro, presieduta dal Cardinale Dionigi Tettamanzi,  stata celebrata la santa Messa per
ricordare la scomparsa del Beato Don Carlo
Gnocchi. Presenti, in forma privata, il direttore
generale A.N.A. Adriano Crugnola e signora.
Per la Sezione il Vessillo e alcuni alpini di
Moltrasio con gagliardetto. Oltre al nostro,
presente solo il Vessillo di Varese accompagnato da diversi alpini con gagliardetti.
Bella cerimonia con chiesa veramente gremita. Necessita segnalare un piccolo neo:
la sorprendente mancata lettura della Preghiera dellÕAlpino.
16
Fatti... col
Cappello Alpino
Lurago d’Erba, alpini e studenti delle medie insieme
Visita alla Linea Cadorna a Menaggio e alle postazioni di Cardina
Lo scorso 9 Aprile, complice il bel tempo
primaverile, ho trascorso una stupenda
giornata che mi ha riconciliato con il mondo
intero. Di buon mattino ho inforcato il mio
scooter e mi sono diretto verso Menaggio,
invitato da Flaminio Colombo del gruppo di
Lurago, per partecipare alla visita alle trincee
della Linea Cadorna recuperate dagli alpini
del gruppo di Menaggio, organizzata per gli
studenti delle terze medie di Lurago dÕErba.
Giˆ allÕarrivo ho respirato aria alpina. Nulla
fuori posto o lasciato al caso. Infatti, Mario
Ortelli, giˆ consigliere di sezione, aveva
predisposto tutto in maniera perfetta sistemando gli alpini nei punti strategici. Dopo
il suo saluto e la breve introduzione dellÕimmancabile Carlo Pedraglio, i partecipanti
sono stati suddivisi in tre gruppi che, affidati
ad esperti accompagnatori fra i quali il
consigliere sezionale per la zona Guido Valsecchi, hanno iniziato la visita di camminamenti, postazioni, ricoveri, depositi, dormitori,
tutti ben conservati perci˜ ancor pi istruttivi
per lÕapprendimento dei ragazzi.
Ritrovo davanti alla stupenda chiesetta eretta
dagli alpini (le cui fondamenta sorgono su
una postazione di mitragliatrice), seguito
dallÕalza bandiera, canto dellÕInno dÕItalia e
lettura della preghiera dellÕAlpino da parte
di una studentessa. Pedraglio ha intrattenuto
ragazzi con una piccola lezione di storia.
Ortelli, intanto, impartiva gli ultimi ÒordiniÓ
come fosse ancora sotto le armi, per definire
la preparazione del rancio che i menaggini
hanno offerto alla comitiva. La spedizione
degli alpini di Lurago, giunti in buon numero
usando per la prima volta il loro nuovo
automezzo,  stata impreziosita dalla presenza del sindaco Federico Bassani. Nel
pomeriggio visita al Museo nella sede del
gruppo di Menaggio.
Il 22 maggio altra visita, altra localitˆ, altra
scuola, questa volta la quinta della primaria.
La visita  stata effettuata alle postazioni di
Cardina, dove gli scolari sono stati accompagnati e hanno potuto constatare lÕimpostazione delle trincee, comprendere la difficoltˆ di esistenza in quei luoghi, oltre a
quanto comporta lÕessere in guerra. Questo
grazie agli alpini di Monteolimpino sempre
disponibili per affiancare visite e lezioni
pratiche di storia.
Gli alpini di Cavallasca Attività con la gente e le scuole
Inizio dÕanno intenso per gli alpini di Cavallasca che ricordano la
Grande Guerra con un programma ricco di avvenimenti. Inizio con
gli alunni di 4 e 5 della primaria di Cavallasca intrattenuti dallÕalpino
Carlo Pedraglio, giˆ insegnante. Successivamente, con lÕamministrazione comunale di San Fermo e lo scrittore Maurizio Casarola,
amico degli alpini, hanno lavorato con gli alunni della scuola di San
Fermo. Infine, il 22 febbraio presso la sala consiliare di San Fermo,
hanno inaugurato la mostra ÒGli alpini e la guerra 1914-1918Ó,
realizzata anche grazie al contributo degli assessorati alla cultura,
delle biblioteche dei comuni di Cavallasca e San Fermo e del
presidente dellÕAssociazione Nazionale dei Volontari di Guerra Davide
Masperi . QuestÕultimo ha contribuito in maniera determinante
allÕallestimento con cimeli e documenti di rara bellezza e importanza.
Dopo gli interventi del nostro presidente e dei sindaci dei due comuni,
il taglio del nastro  toccato al presidente Enrico Gaffuri. A seguire,
presso la sala polifunzionale, gli alunni della secondaria Marie Curie
di San Fermo hanno tenuto uno spettacolo liberamente tratto dal
romanzo storico ÒPer lÕImperatore e per il ReÓ scritto da Maurizio
Casarola.
Proseguendo, sabato 14 Marzo  stato organizzato, sempre in
collaborazione con lÕamministrazione comunale e la biblioteca, un
incontro con la popolazione. La sala consiliare del comune di
Cavallasca si  riempita per ascoltare la narrazione del ÒCappello
Alpino RaccontaÓ spettacolo teatrale proposto dalla compagnia
Spingler e dal coro Nigritella di Monteolimpino. La domenica infine
 stata aperta la mostra ÒGli alpini e la guerra 1914-1918Ó, giˆ
proposta a San Fermo della Battaglia, per consentire anche agli
abitanti di Cavallasca di poter usufruire della mostra e ammirare
cimeli e materiali esposti.
(m.g.)
La scuola primaria di Orsenigo in visita alle trincee di Cardina
Prosegue in molti gruppi lÕattivitˆ al fianco
delle scuole. Gioved“ 12 Marzo il gruppo di
Orsenigo ha portato le classi di 4¡ e 5¡ della
primaria a visitare le postazioni della linea
Cadorna recuperate in localitˆ Cardina. I
ragazzi sono stati accolti a Sagnino dove
erano pronti gli alpini del gruppo di Monteolimpino (abbigliati con il nuovo giubbetto
del gruppo), per scortarli durante la visita.
La stupenda giornata primaverile ha reso
spettacolare la salita alle postazioni, camminando tra primule e violette. Cicerone dÕeccezione il nostro Presidente che ha incantato
non solo gli scolari ma anche le loro insegnanti, durante la visita alle postazioni che
gli alpini di Monteolimpino tengono in ordine
costantemente. Dopo una piccola merenda
cՏ stato il ritorno a Sagnino e il rientro a
scuola. Particolare soddisfazione per gli
accompagnatori quando dai gruppetti forma-
tisi al ritorno si sentiva dire ÒBella giornata,
bella passeggiata era da un poÕ che non mi
divertivo cos“Ó. Questo grazie anche agli
alpini di Monteolimpino, sempre a disposizione per scortare le visite.
(ma.ghi)
17
Fatti... col
Cappello Alpino
Zona Prealpi Ovest, reliquia del Beato
don Carlo Gnocchi
Lo scorso 11 aprile gli alpini di Drezzo,
sostenuti dai 15 gruppi della zona Prealpi
ovest, hanno ospitato una reliquia del Beato
Carlo Gnocchi. Ammassamento allÕoratorio
di Drezzo, alla presenza del dr. Cristian
Tolettini, sindaco di Colverde, (nuovo comune
che incorpora Drezzo, Gironico e Par con
i rispettivi gruppi alpini), dove il responsabile
di Zona Silvano Miglioretto ha brevemente
presentato la cerimonia, spiegandone il
senso, quindi, accompagnato dalla Fanfara
Alpina di Olgiate Comasco, diretta da Emilio
Agolini, il corteo si  diretto verso il Cippo
degli Alpini in prossimitˆ della chiesa. La
lettura di una preghiera ha preceduto lÕingresso in sfilata della Reliquia, retta su una
portantina sostenuta da alpini di Drezzo e
di Par a conferma dellÕunione delle due
frazioni nellÕunica comunitˆ parrocchiale
presieduta dal parroco don Sergio. Sulle
note della Fanfara,  stata raggiunta la croce
in legno e dopo una breve lettura si  affrontata la salita che porta al Santuario dellÕAssunta dove  stata celebrata la S. Messa.
La corale di Drezzo ha magistralmente ac-
compagnato la messa con i appropriati canti.
Don Sergio allÕomelia ha descritto il suo stato
dÕanimo affermando di provare le stesse
emozioni avute 3 anni e mezzo fa, quando
fu esposta a Como lÕurna del Beato. Dopo
la preghiera dellÕAlpino, don Sergio ha invitato
i presenti allÕoccasione unica e irripetibile di
baciare la Reliquia prima dellÕinserimento
nellÕapposita nicchia. Lunga la fila per il
bacio. La corale ha chiuso, secondo tradizione
alpina, con il canto Signore Delle Cime.
Anche la Fanfara ha seguito la tradizione
eseguendo ÒSventola o tricolorÓ. Ora la
chiesetta dellÕAssunta, giˆ famosa e venerata,
aggiunge ulteriore importanza grazie alla
presenza di un Alpino, un Uomo, un Prete,
un Santo, stanco della guerra dopo il massacro di Russia. La Reliquia avvicina sempre
pi il beato Carlo Gnocchi alla Popolazione
ed ai suoi Alpini.
Si  rinnovato il lavoro di supporto alla curia
comasca per le pubbliche attivitˆ collegate
alle celebrazioni pasquali organizzate in cittˆ.
Luned“ 30 Marzo un buon numero di alpini
ha presenziato, insieme al vicepresidente
Enrico Bianchi, per il servizio dÕordine in
occasione della Via Crucis dei giovani, con
partenza da Via Briantea verso la chiesa di
SantÕ Agostino. Il Venerd“ Santo, 3 Aprile,
gli alpini si sono adoperati per la sorveglianza
agli altoparlanti situati lungo il percorso della
tradizionale e storica Processione del Santissimo Crocifisso. Il Vescovo ha ringraziato
gli alpini con una benedizione speciale e un
sorriso quando questi hanno salutato al
passaggio della processione.
Ancora una volta gli alpini hanno risposto
ad una necessitˆ della cittˆ e della sezione,
cosa che per le celebrazioni pasquali si ripete
da una dozzina dÕanni.
Gli alpini di Ronago insieme ai ragazzi delle scuole
Dopo aver incontrato lo scorso anno, in
occasione del 50¡ di fondazione, le scolaresche della scuola elementare, il gruppo di
Ronago  ritornato di nuovo tra i ragazzi.
Marted“ 14 aprile, infatti, si  svolto un
ulteriore incontro sul tema ÒLa prima guerra
mondialeÓ. Dopo lÕalzabandiera effettuato
alla presenza dellÕintera scolaresca, lÕincontro
 proseguito per i ragazzi di 4^ e 5^ in sala
consiliare. Qui il maestro alpino Carlo Pedraglio ha intrattenuto i ragazzi in modo semplice, tenendo sempre vivo lÕinteresse e
lÕattenzione. Per rendere pi concreta la
lezione, successivamente i ragazzi saranno
accompagnati a visitare le postazioni delle
trincee di Cardina. Per chiudere il ciclo di
attivitˆ con gli alpini, saranno esposti i lavori
effettuati in occasione della festa delle associazioni del 24 Maggio.
18
Fatti... col
Cappello Alpino
Una puntata in Emilia-Romagna
di Cesare Di Dato
Una bella immersione totale in Romagna e
in Emilia quella che cinque alpini di Como
Centro hanno vissuto all'inizio del mese.
Infatti Clerici, capogruppo, Cantaluppi, segretario, Nando Colombo, fac totum, Molteni
consigliere sezionale per lo sport e lo scrivente, aderendo all'invito di un dinamico
alpino della Bolognese-Romagnola, Franco
Casella del nucleo di P.C. di Faenza, si sono
recati, con Vessillo e Gagliardetto, nel cuore
dell'Appennino forlivese per ricordare il
Tenente M.A.V.M. reduce di Russia Nelson
Cenci, ben noto ai nostri lettori, che in quei
luoghi trascorse la sua infanzia. Con loro
l'alpino Carlo Gobbi, apprezzato articolista
del Baradll, che si  unito alla comitiva a
Forl“.
Accolti con alpina (e romagnola) simpatia
dai soci del gruppo Alto Bidente i Nostri si
sono recati alla Rondinaia, balcone aperto
sulla sottostante valle del Bidente, dove
hanno potuto ammirare lo straordinario
lavoro fatto dagli alpini della zona. Essi hanno
ricostruito in breve tempo la Chiesetta di
Santa Margherita, ridotta a rudere, trasformandola in un accogliente complesso divenuto ÒMemoriale degli alpini romagnoliÓ. Il
manufatto all'interno  impreziosito da quattro affreschi fatti da mano esperta con scene
della 1^, della 2^ guerra mondiale, da cimeli
e ricordi di sezioni, gruppi alpini, enti e
personalitˆ passati di l“. Nel parco tre grandi
scheggioni di roccia rappresentano il monumento ai Caduti; sul retro, a breve distanza
sopra un rilievo, occhieggiano i resti martoriati di una torre, imponente ai suoi bei
tempi, parte dell'ormai sparito castello dei
Signori di Valbona che nel XIV secolo qui
imponevano il loro dominio Dietro la Chiesa
sorge la sede del gruppo ricavata, manco a
dirlo, ricuperando quel che restava di una
casa colonica diruta: anche qui sbalorditiva
la capacitˆ degli alpini romagnoli di creare
tutto dal nulla secondo le migliori tradizioni
alpine.
La giornata si  conclusa in localitˆ Pietrapazza, una ventina di Km pi a sud, ove
sorge un'altra bella chiesa antica accanto
alla quale  stata collocata una lapide in
memoria del giˆ citato Nelson Cenci, del
tutto naturale nella foto che lo ritrae con il
suo accattivante sorriso e con la sua innata
bonomia.
La lapide  stata ricavata da materiale locale
ed  integrata con l'ambiente caratterizzato
da una valletta selvaggia e poco abitata. Il
folto bosco accoglie un'area ultra protetta
che funge da museo all'aperto per studiare
l'evolversi della natura nei suoi due aspetti,
animale e vegetale, senza la deleteria presenza umana. Infatti la zona  interdetta
all'uomo.
La travolgente ospitalitˆ dell'amico Casella
e della sua bella famiglia ha concluso, nel
suo fondo presso Faenza, una giornata faticosa ma esaltante.
Il giorno dopo trasferimento a Fontevivo
(Parma), 160 Km pi a ovest per il 60^ di
fondazione del gruppo. Anche qui alpinitˆ
ad alto livello con la presenza di 12 Vessilli,
tra cui, oltre al nostro, quello di Toronto in
Canadˆ e tanti gagliardetti. Cerimonia che
ha seguito i canoni della tradizione alpina,
con l'Alzabandiera sostenuto dalla fanfara
storica di Vicenza nelle sue belle uniformi di
fine '800 al cospetto delle lapidi dei Caduti:
impressionante l'elenco di quelli del 1^
Conflitto che occupa due lastre, dunque pi
di un centinaio di morti in un comprensorio
di poco pi di 4.000 abitanti. Erano presenti
quattro generali con a capo il Gen. di C.A.
Ferrari di Parma, il consigliere Cordiglia per
l'ANA, il sindaco e altre personalitˆ tra cui
il neo presidente della sezione di Parma,
Roberto Cacialli. Coordinatore il felicissimo
capogruppo Gianni Guerci.
Fontevivo si segnala per la sua bella parrocchiale in cotto che ospita, nella navata di
sinistra, la lastra sepolcrale di Guidone dei
marchesi Pallavicino, famiglia alleata ai
Visconti di Milano, che ebbe una posizione
di rilievo dal XI al XV secolo tanto da regnare
su un feudo incentrato sulla poco distante
Busseto (la cittadina di Verdi, ndr). Nella
navata di destra invece, in una nicchia, la
Madonna in trono con il Bambino attribuita
a Benedetto Antelami: il che rappresenta
un sia pur tenue filo conduttore tra Como e
Fontevivo.
Ogni Pigotta adottata...
Lo slogan completo ideato da UNICEF dice
che "Ogni Pigotta adottata  una vita salvata". E' riferito alle vite dei tanti bambini
che, in ogni parte del mondo, muoiono per
la mancanza di cure mediche. La Pigotta,
che nella parlata lombarda equivale a una
bambola di pezza, oggi per l'UNICEF rappresenta un bambino in attesa di un aiuto
che gli pu˜ salvare la vita. Pensate che con
i pochi soldi spesi per l'acquisto di una di
queste bambole (solo 20 euro) si pu˜ acquistare un kit salvavita, che consente di
ridurre il pericolo di mortalitˆ nei primi
cinque anni di vita di un bambino. Si possono acquistare vaccini, dosi di vitamina
A, antiparassitari, kit ostetrici per la nascita
sicura, antibiotici, oppure zanzariere antimalaria. Pensate un po' quanto bene si pu˜
fare con il semplice acquisto di una bambola
di pezza. Quest'anno le Pigotte saranno
speciali, perchŽ rappresenteranno l'alpino
in congedo, quello della nostra Associazione.
Un alpino con la camicia scozzese, proprio
come quelle che contraddistinguono i nostri
Gruppi. E indosseranno camicie fatte proprio
con il tessuto raccolto a fine 2014 tra i
Gruppi della nostra Sezione. Un'operazione
riuscita veramente bene, a dimostrazione
di quanto gli alpini siano sensibili e generosi.
Da molti Gruppi  arrivato tanto tessuto,
che abbiamo consegnato all'UNICEF; sono
arrivate vecchie camicie, pezze e addirittura
interi rotoli di tessuto scozzese mai usato.
E all'UNICEF si  dato il via alla realizzazione
delle Pigotte, confezionate a mano con
fantasia e creativitˆ da grandi e bambini
nelle scuole, nei centri per anziani, nelle
famiglie e in molte associazioni. Possiamo
quindi dire con grande soddisfazione e con
una punta di
orgoglio che
anche noi abbiamo collaborato a salvare la vita di
piccoli abitanti
delle diverse parti del mondo. Ma la soddisfazione e l'orgoglio saranno ancora pi
grandi se compreremo noi stessi una Pigotta
alpina. La Pigotta, da tenere a casa, o da
lasciare nella sede del Gruppo, ci ricorderˆ
quanto sia facile e quanto valga la pena
fare il bene. Sarˆ una specie di certificato
di adozione di un bambino, che non conosciamo, ma che probabilmente avrˆ la
fortuna di crescere e invecchiare, proprio
come capita a noi. Quest'anno nelle occasioni associative pi importanti avremo la
presenza di un punto vendita UNICEF, che
offrirˆ le Pigotte alpine. Per chi volesse,
sarˆ anche possibile adottare una Pigotta
presso il 'Punto d'Incontro' in Via Bellinzona,
149. Sono certo che gli alpini comaschi
saranno capaci ancora una volta di grandi
gesti.
Chicco
Fatti... col
19
Cappello Alpino
Quarant’anni
per
il
Coro
Sandro
Marelli
Gli alpini di Fino Mornasco festeggiano il loro Coro
QuarantÕanni di dedizione al canto corale,
traguardo raggiunto con sacrifici e impegno
da parte di uomini amanti della coralitˆ e
orgogliosi di esercitarla con il Cappello Alpino.
Nato nel 1975 in seno al gruppo alpini di
Fino Mornasco  dedicato ad un personaggio,
Sandro Marelli, che Alpino non lo era stato
ma nelle cui vene scorreva sangue con DNA
alpino.
Fedele allo Statuto, negli anni ha sostenuto
iniziative di solidarietˆ con grande senso
civico e umanitario, animate da buoni sentimenti e valori di Alpinitˆ, divulgati attraverso
il canto, lÕamore per la montagna, la vita,
la cultura alpina e lÕorrore della guerra.
Il Coro, per onorare lÕanniversario, ha inciso
un nuovo CD dal titolo ÒVoci nel vento di
m a r z o Ó, r e g i s t ra t o n e l l a c h i e s e t t a
dell'AssuntaÊche sorge sul colle di Sant'
Ambrogio a Bizzarone. Quindici cante dirette
dal maestro Davide Benzoni con la collaborazione del maestro Diego Cerutti. CD che
si aggiunge al precedente del 1988 chiamato
ÒEchi tra le valli del LarioÓ, registrato sotto
la direzione del maestro Luigi Villa.
Il 21 marzo durante il concerto dedicato
allÕanniversario,  avvenuta la presentazione
ufficiale. Nella sala dellÕOttagono di Fino
Mornasco, arricchita da una splendida coreografia, si  tenuta la rassegna corale con
lÕinterpretazione dei quindici brani.
Sala gremita da appassionati del canto corale,
autoritˆ locali con alla tresta il Sindaco
Giuseppe Napoli, numerosi alpini fra i quali
il nostro ÒDon SergenteÒ al secolo don Antonio
Larmi. Per la Sezione il Vice Presidente Mos
Frighi che nel suo breve intervento ha elogiato il Coro per lÕimpegno profuso al raggiungimento del traguardo, per la bravura,
ma soprattutto per lÕassidua presenza e
disponibilitˆ. Ha ricordato che lÕattuale Maestro Davide Benzoni ha armonizzato lÕInno
del Battaglione Valle Intelvi e il Coro Sandro
Marelli ne  valido se non unico interprete.
A rappresentare la storia del Coro, la presenza dei maestri che si sono succeduti alla
guida e alla direzione: Edgardo Molteni, Luigi
Villa, Paolo Sala, giustamente ricordati e
premiati per il contribuito dato negli anni al
coro. Gli alpini, la sezione e la redazione,
esprimono con piacere un ÒBuon Anniversario
Coro Sandro MarelliÓ.
(Mo.Fri)
LÕinterscambio fra la nostra sezione e la
Canottieri Lario prosegue e si sviluppa senza
sosta, nel segno di collaborazione e amicizia.
Lo scorso 10 aprile, un buon numero di alpini
 stato ospitato nellÕelegante sede della
societˆ dei rematori per parlare di storia
grazie alla presentazione di una pubblicazione
dedicata alla prima guerra mondiale.
Il libro dal titolo ÒLA MIGLIORE GIOVENTUÕ
vita, trincee e morte degli sportivi italiani
nella Grande GuerraÓ, descrive e tratta
vicende vissute da appartenenti al mondo
sportivo di allora, dopo la chiamata alle armi
e la dovuta partecipazione ad azioni belliche.
Fra i personaggi impegnati nelle trincee,
sono riportati fatti inerenti a Enzo Ferrari
divenuto poi il fondatore della casa automobilistica, Vittorio Pozzo allenatore della nazionale di calcio campione del mondo anni
trenta, al canottiere Giuseppe Sinigaglia cui
 intitolata la societˆ lariana di canottaggio,
al campione dÕautomobilismo Tazio Nuvolari,
al calciatore Virginio Fossati, al ciclista Amedeo Polledri. Tanti, tanti atleti. Alcuni hanno
perso la vita, come Sinigaglia e Polledri.
Altri sono riusciti a tornare e continuare la
loro attivitˆ sportiva. Ginnasti, ciclisti, calciatori, pugili, marciatori, schermidori, ca-
nottieri, piloti. Il meglio dello sport di quegli
anni, mandato al fronte ad assolvere il proprio
dovere.
LÕautore Dario Ricci insieme a Maurizio Casarola in funzione di presentatore, hanno
illustrato la pubblicazione e letto alcuni brani.
Un libro interessante, davvero da leggere.
Enzo Molteni presidente della Canottieri
nonchŽ alpino orgoglioso dellÕappartenenza
alla Scuola Militare Alpina, ha fatto gli onori
di casa davanti ai suoi associati e agli alpini.
Per la sezione presente il presidente Gaffuri
e, come detto, un discreto numero di alpini.
La serata si  aggiunta ai tanti incontri
dedicati al ricordo dei cento anni della grande
guerra e alla memoria delle migliaia di giovani
che hanno perso la vita nel tragico conflitto.
(grac)
20
Fatti... col
Cappello Alpino
Lipomo, lezioni agli studenti
Il 25 febbraio gli alpini di Lipomo hanno tenuto un incontro formativo presso le scuole medie
di Lipomo e Lora. Dopo quattro anni di presentazioni informative agli alunni di terza media
della scuola di Lipomo, su richiesta degli insegnanti e visto lÕinteresse espresso ogni volta
dagli studenti, quest'anno la lezione  stata estesa anche agli alunni della terza media di
Lora. L'incontro  stato incentrato sulla missione di Peacekeeping che gli Alpini hanno
effettuato in Kosovo ed  stato tenuto dal capitano Walter Valentini, iscritto al gruppo.
LÕufficiale ha partecipato a molte missioni fra le quali quella trattata con gli studenti.
Durante lÕesposizione sono state proiettate immagini dellÕattivitˆ svolta dai militari.
Al termine il capitano Valentini ha risposto alle numerose domande rivolte dagli alunni.
Chiaro segnale dellÕattiva partecipazione dei ragazzi e dellÕinteresse verso gli argomenti.
All'incontro di Lipomo  intervenuto anche il sindaco Dott. Giordano Molteni, estimatore
degli alpini.
Mos Frighi
CONSIGLIO SEZIONALE
Riunione del 26 marzo
Saluto al Vessillo, presentazione nuovi
consiglieri Pietro Dassi e Silvano Marmori.
Saluto e consegna di pergamena ricordo
a Franco Arrigo e Mario Joo, dimessisi dal
consiglio.
ODG: rinnovo cariche istituzionali e assegnazioni fiduciarie confermati alla vicepresidenza Mos Frighi (vicario), Enrico Bianchi,
Renzo Gatti. Tesoriere Pietro Re, segretario
Gaetano Ragona. Incarichi fiduciari: Achille
Gregori Baradll e stampa; Mos Frighi
supervisione segreteria; Gianfranco Lodi
Rizzini Coordinatore PC; Tiziano Tavecchio
cerimoniere; Massimiliano Molteni sport;
Silvano Miglioretto Centro Studi; Enrico
Bianchi grandi opere; Florio Durini contabilitˆ; Mario Ghielmetti internet; Angelo
Proserpio (capogruppo Albavilla) coordinatore Servizio dÕOrdine Sezionale (SOS).
Attivitˆ programmate: Raduno Sezionale
per il 95¡, Como sabato pomeriggio 13
giugno. Raduno Interarma, Como sabato
pomeriggio 10 ottobre (data da definire);
Messa Sezionale Duomo di Como sabato
7 novembre; 23-24-25 ottobre a Como
19¡ Convegno Itinerante Stampa Alpina
(CISA) e Convegno Centro Studi incontri
a carattere nazionale. Nomine collaboratori
della commissione. Lavori in sede Imprese
Edili, logistica Caserma de Cristoforis. Varie:
raccolta fondi per sezione e Protezione
Civile; Obbligo di formazione per volontari
e formatori interni alla PC; Incontri Fanfara
alpina Olgiate con Bande cittadine fra
giugno e luglio; prossima pulizia Monumento Parco Rimembranze (Spina Verde).
Riunione del 21 maggio
Onori al Vessillo, sono ricordati Cesare
Pusinelli e Giorgio Bonanomi, andati avanti.
ODG: Adunata LÕAquila ottimo risultato
anche per il significato collaterale. Bene
gli striscioni fra i quali il ricordo dei Mar˜.
Si decide di non portare in futuro cappelli
nelle mani.
Raduno Sezionale: conferma programma,
sarˆ presente generale Morena per Preghiera dellÕAlpino. Abituale piantumazione
albero avverrˆ il 3 giugno (mattino ore 11)
nel giardino Scuola Venini in occasione
premio Ostinelli.
Varie: il 24 maggio tutti i gruppi ricorderanno Grande Guerra al proprio monumento
ai Caduti; stessa data inaugurazione sede
Laglio; 30 maggio a Cardina spettacolo
teatrale (ore 17) per Grande Guerra; il 2
giugno in piazza Duomo a Como spazi
espositivi per ANA e altre associazioni; San
Fedele Intelvi il 4 giugno incontra scuole
per donare lavagna elettronica; Raduno
Interarma spostato a domenica 11 ottobre
(NON sabato 10); effettuata pulizia monumento in parco Spina Verde; confermata
battellata Como-Dongo il 28 giugno; approfondimenti per unitˆ antincendio boschivo in zona medio lago; Raduno Sezionale
2016 assegnato a Ponte Lambro con collaborazione di Castelmarte e Caslino dÕErba.
24 maggio
la Sezione ricorda
i morti nella
Grande Guerra
La sera del 24 maggio gli alpini della
sezione, contemporaneamente, si sono
recati al monumento ai Caduti delle localitˆ
sede dei gruppi, per ricordare i 100 anni
dellÕinizio della prima guerra mondiale,
i tanti morti militari e civili che lÕevento
ha portato con se.
Semplice cerimonia nella quale si  letto
il messaggio del presidente, deposto una
corona o un mazzo di fiori, osservato il
silenzio in segno di memoria.
Sul prossimo numero del nostro periodico,
pubblicheremo le foto che i gruppi ci
inoltreranno. Spazio e tempistiche di invio
ci impediscono di farlo su questa edizione.
OBLAZIONI
PROTEZIONE CIVILE
Gr. Lenno
Gr. Lomazzo
Gr. Ponte Lambro
Gr. Monteolimpino
Gr. Lezzeno
Gr. Grandate
Caminetto
Gr. Lurago dÕErba
Gr. Cavallasca
Gr. Bellagio
BARADELL
Cason Gigetto
Caminetto
Gr. Cagno
Gr. Cermenate
Gr. Germasino
Gr. Tremezzo
Gr. Lomazzo
Gr. Cabiate
Gr. Cavargna
Gr. Beregazzo
Gr. Albese
Gr. Grandate
Gr. Cavallasca
Gr. S. Pietro Sovera
Gr. Binago
Gr. Lurago dÕErba
Carla Bernasconi
in memoria del marito Gigi
Gr. Bizzarone
Gr. Lenno
Gr. Appiano Gentile
Gr. Lezzeno
Gr. Ponte Lambro
Gr. Bellagio
98,00
100,00
100,00
100,00
100,00
100,00
103,00
150,00
200,00
250,00
20,00
33,20
50,00
50,00
50,00
50,00
100,00
100,00
100,00
100,00
100,00
100,00
100,00
150,00
150,00
150,00
200,00
200,00
200,00
200,00
200,00
250,00
250,00
MANIFESTAZIONI SOCIALI
Gr. Griante
650,00
CONTIBUTI STRAORDINARI
Gr. Dizzasco
Gian Battista Stoppani
Clerici Andrea e Alessandro
Gr. Como
Gr. Lurago dÕErba
100,00
100,00
200,00
200,00
Fatti... col
21
Cappello Alpino
LÕassemblea nazionale si tiene abitualmente
due settimane dopo lÕadunata, per consentire
la partecipazione delle sezioni estere, giˆ
presenti per la stessa.
QuestÕanno anche lÕassemblea  scivolata
di una settimana, rispetto alle abitudini,
come avvenuto per lÕincontro di LÕAquila. I
delegati della nostra sezione, si sono ritrovati
di primo mattino in caserma a Como per
proseguire verso Milano a bordo di un minibus
della Protezione Civile. Mezzo utilizzato anche
per la comoditˆ di carico dei pacchi contenenti
le copie del Libro Vedre della Solidarietˆ
destinate ai gruppi (circa 300 copie). Viaggiare insieme, inoltre, permette lo scambio
di opinioni legate alla vita associativa.
Al teatro Dal Verme, il ritrovo per i lavori,
con i piacevoli saluti ai tanti amici delle altre
sezioni, i consiglieri nazionali, il personale
dipendente dellÕassociazione, sempre pronto
Presentazione
del libro del
Generale Battisti
Il 1^ aprile il Gen. Giorgio Battisti ha presentato a Roma il libro: ÒSTORIA MILITARE
DELLÕAFGHANISTANÓ scritto congiuntamente
alla giornalista e studiosa Federica Saini
Fasanotti. Il Gen. Pennino ha svolto le funzioni
di padrone di casa; moderatore il giornalista
Toni Capuozzo, esperto di Afghanistan. In
sala molte autoritˆ, sia civili che militari. Per
la sezione era presente il Presidente, che ha
colto lÕoccasione per consegnare al Gen.
Battisti e al giornalista Capuozzo una copia
del ÒBaradellÓ .
alle esigenze delle sezioni in ogni momento,
assemblea compresa.
A presiedere lÕincontro  stato chiamato il
giˆ presidente di Brescia Forlani. Mentre,
anche questÕanno il compito di scrutatore 
stato assegnato a tre comaschi: Mario Ghielmetti (consigliere sezionale), Pasquale Gorla
e Camillo Salvad del gruppo di Par, i quali
hanno assolto il compito, restando fino a
pomeriggio inoltrato.
Inizio dei lavori dedicato alla variazione di
alcuni articoli dello Statuto associativo per
lÕinserimento di modifiche ritenute necessarie
agli applicativi di recenti sentenze della
Cassazione. Gli articoli interessati sono il 15
e il 20 e il nuovo inserito n¡ 31. La votazione,
chiamata in unica espressione e non distinta,
ha avuto esito positivo.
La relazione del Presidente Favero ha percorso lÕintero anno di attivitˆ, illustrando il
massiccio lavoro associativo. Particolare il
riporto del viaggio in Sudafrica per incontrare
la locale sezione. Il Presidente ha riferito
che un paio di alpini, figli di giˆ emigrati,
nati e cresciuti laggi, hanno voluto rientrare
in Italia per fare la naja da alpini e ripercorrere il cammino dei genitori. Vero segno di
attaccamento alla Patria dÕorigine e ai valori
alpini.
Sono seguite le esposizioni sulla forza dellÕassociazione con il saldo positivo per il
numero dei gruppi arrivati a 4271. Importanti
le comunicazioni inerenti il 4 novembre 2018,
giorno nel quale saremo chiamati ad una
grande unica manifestazione nei nostri territori. La preventiva cura e sistemazione dei
Sacrari. La proposta effettuata ai governanti
per un servizio civile collegato ad istruzione
di tipo militare. QuestÕultimo, se applicato,
porterebbe benefici associativi con potenziale
avvicinamento di giovani, dopo tale servizio.
Durante la relazione si sono svolte le operazioni di voto, sistema che distoglie dallÕinterezza dellÕesposizione del Presidente, pur se
concede un risparmio di tempo. Fra gli interventi, interessante lÕesposizione del generale Bonato, comandante Truppe Alpine,
alla sua prima assemblea dopo la recente
nomina in sostituzione del predecessore
generale Primicerj. Bonato ha esposto lÕattualitˆ degli Alpini, descrivendo lÕoperativitˆ
della Brig. Taurinense e il suo lavoro con le
forze francesi, cos“ come per la Julia vige la
collaborazione con le truppe slovene e ungheresi. LÕeccellenza rimane il Centro Addestramento Alpino che noi preferiamo chiamare SMA o SMAlp vale a dire la cara vecchia
Scuola Militare Alpina che molti di noi ricordano con il numero del proprio corso.
I saluti con i vari amici, i commenti nel
viaggio di ritorno, ci hanno riportato a casa,
pronti per il prossimo incontro che sancirˆ
il lavoro di un anno di oltre 350mila iscritti.
22
Fatti... col
Cappello Alpino
Grande Guerra: soldati di Dio e della Patria
ÇTutti avevano la faccia del Cristo nella livida aureola dellÕelmetto tutti
portavano lÕinsegna del supplizio nella croce della baionetta, nelle tasche
il pane dellÕUltima Cena, nella gola il pianto dellÕultimo addioÈ
(Lapide sulla galleria del Castelletto delle Tofane, autore Ignoto)
conquista di una quota e facendo prigionieri
17 austriaci che forse, se non avesse comandato lui, sarebbero stati uccisi nellÕassalto.
Lo stesso Bevilacqua, la mattina del 6 settembre del 1920, celebrando la Messa prima
che venisse posata la Colonna Mozza, in una
montagna che mostrava ancora tutte le ferite
del massacro di cui era stata teatro, pronunci˜ quello storico discorso sul sacrificio degli
Alpini, degno di comparire sui libri di testo
dei ragazzi e della porpora cardinalizia alla
quale sarˆ elevato anni dopo da papa Montini,
del quale era divenuto segretario e amico.
Storie di cappellani nella Grande Guerra,
come quella del tenente don Edoardo Danieli
di Loveno, cappellano del battaglione Alpini
Val dÕIntelvi, che si guadagn˜ due medaglie
di Bronzo, la prima nel Õ15 durante la conquista del Torrione dÕAlbiolo (Ortles) e la
seconda lÕanno dopo, per unÕazione sulla
Presanella.
di Giangaspare Basile
Di certo, il tenente cappellano don Giovanni
Minzioni aveva in mente le parole di santÕAgostino sulla guerra giusta, se diventa
una Òdura necessitˆÓ, e i doveri che ne
conseguono, quando alla testa di un plotone
di Arditi andava allÕassalto di una postazione
austriaca sul Piave, nel giugno del 1918. Per
quellÕazione - che gli consent“ di fare numerosi
prigionieri e di liberare due nostri soldati
che erano stati catturati dal nemico - gli
venne conferita la medaglia dÕArgento al
Valor Militare. A conflitto concluso diverrˆ
acceso antifascista e sarˆ bastonato a morte
la sera del 23 agosto del 1923 ad Argenta
(Ravenna), dovÕera parroco, mentre rientrava
in canonica.
Non fu certo lÕunico cappellano costretto, in
virt del grado e in mancanza di ufficiali
uccisi in combattimento a guidare un reparto
in battaglia. E non fu Ôeroico furoreÕ il suo,
misericordia infinita verso i suoi soldati che
aveva rincuorato e guidato dando un esempio
di dovere e sacrificio.
E che dire del tenente cappellano Giulio
Bevilacqua, che sullÕOrtigara - disarmato,
come aveva chiesto - condusse gli alpini alla
Danieli
don Edoardo
sacerdote
da Loveno
sopra Menaggio
(Como)
5¡ Rgt. Alpini
Btg. Val d'Intelvi
Ponte di Legno 1915
medaglia di bronzo
Passo dei
Segni-Tonale - 1918
medaglia di bronzo
La storia - I cappellani cÕerano giˆ nel 1865,
quattro anni dopo lÕunitˆ dÕItalia: prestavano
servizio negli ospedali territoriali come elemosinieri. Vennero soppressi lÕanno dopo,
ufficialmente per economie di bilancio, in
realtˆ per le scarse simpatie di cui godevano
presso gli alti gradi dellÕEsercito, spesso
massoni, e per il diffuso antagonismo fra
Stato e Chiesa. Una situazione che si protrasse anche durante la campagna di Eritrea
(1896) e di Libia (1911) anche se in questÕultima il servizio religioso venne assicurato
dai Padri cappuccini mobilitati con la Croce
Rossa.
Fatti... col
23
Cappello Alpino
Cambi˜ tutto, e radicalmente, quando il
cattolicissimo Luigi Cadorna fu nominato
capo dellÕEsercito, nel luglio del 1914. Con
una circolare del 12 Aprile del 1915, alla
vigilia dellÕentrata in guerra dellÕItalia contro
gli imperi centrali, assegn˜ un cappellano
con il grado di tenente, ad ogni reggimento
delle varie specialitˆ dellÕEsercito e ad ogni
battaglione di Alpini, delle Guardie di Finanza
e degli Arditi. Ovviamente anche la Marina
e lÕAeronautica ebbero i loro cappellani, cos“
come gli ospedali militari. Cadorna era convinto che la presenza dei cappellani fra i
soldati sarebbe stata approvata dal mondo
cattolico ma soprattutto avrebbe incentivato
la coesione morale e favorito lo spirito di
disciplina.
LÕarruolamento avveniva attraverso la scelta
del ÒVescovo di campoÓ, che aveva la responsabilitˆ diretta del servizio spirituale: gli
aspiranti dovevano essere parroci o vice
parroci. Tutti gli altri religiosi, preti, novizi,
seminaristi venivano arruolati come soldati
di leva e destinati ai reparti combattenti o
ai servizi sanitari. Il Vescovo di campo, mons.
Angelo Bartolomasi, aveva - e lo ha ancora
lÕattuale Ordinario Militare - il grado di maggior generale, seguivano gerarchicamente
il cappellano vicario (con il grado di maggiore)
il cappellano capo (capitano) e il cappellano
ordinario (tenente). Erano considerati ufficiali
a tutti gli effetti anche, se necessario, combattenti.
Complessivamente, nelle varie armi i cappellani furono da 2.200 a 2.400 e oltre
diecimila gli altri sacerdoti arruolati come
semplici soldati (dei quali oltre 500 nei reparti
alpini, fra i quali mio nonno Bepi, che era
seminarista e che dopo la guerra lasci˜ il
seminario, spos˜ nonna Gigia e per tutta la
vita continu˜ a leggere ogni sera, per oltre
unÕora, il breviario latino che si era portato
in guerra).
Va detto che preti-soldato e soprattutto
cappellani furono esempi di disciplina e di
dovere. Spesso era determinante il loro
comportamento animato da amor patrio e
spirito di sacrificio sia in trincea che negli
assalti che, si sapeva, finivano in una carneficina. Era questa la tecnica di Cadorna,
ancorato alla strategia ottocentesca secondo
cui continuando ad attaccare, il nemico si
sarebbe stancato, salvo poi addossare ai
soldati Òcodardi le sconfitte. Purtroppo il
nemico non si stancava: e usava lÕarma
regina: la mitragliatrice. Gli italiani ne avevano 12 per reggimento gli austriaci 76, un
rapporto che penalizzerˆ il nostro esercito
fino alla riscossa di Caporetto.
Innumerevoli furono gli episodi di eroismo
che ebbero come protagonisti i cappellani
al comando di plotoni, o nel soccorrere i
feriti durante le battaglie, affrontando serenamente la morte. Spesso si offrirono per
missioni pericolose, erano i primi ad uscire
dalla trincee, a rincuorare chi cedeva alla
paura, a soccorrere i feriti esposti al tiro
nemico, come il bergamasco cappellano
tenente don Giovanni Antonietti MAVM, che
radun˜ i suoi alpini sbandati e li condusse
allÕassalto. Ben 102 caddero in combattimento, 747 morirono per le ferite riportate e
795 furono i feriti. Centinaia i decorati: 3
con medaglia dÕOro al V.M., 108 con medaglia
dÕArgento e 258 con medaglia di Bronzo.
E tante le iniziative dei cappellani e degli
stessi preti-soldato: mantenevano i rapporti
con le famiglie trasformandosi in scrivani
per i tanti analfabeti analfabeti, erano i
consiglieri con i quali era possibile confidarsi;
don Minozzi, cappellano capitano, si invent˜
la Casa del Soldato e i Comitati Civici che
riuscivano a portare fino in trincea non solo
la posta ma anche libri, riviste e perfino
grammofoni per alleviare la tensione della
prima linea. Non mancava lÕassistenza ai
tanti condannati a morte dai tribunali militari
e ai prigionieri del fronte opposto che appartenevano a etnie diverse: tedesca, polacca,
boema, slovacca, serbo-croata, ungherese
e romena.
Alcuni cappellani entreranno nella storia:
don Angelo Roncalli (Papa Giovanni XXIII),
don Giovanni Minzioni poi martire antifascista,
padre Giulio Bevilacqua, poi cardinale con
Paolo VI, Padre Agostino Gemelli, fondatore
dellÕUniversitˆ Cattolica, e il prete-soldato
Giovanni Forgiane, che sarˆ Padre Pio da
Pietralcina. Grande e preziosa lÕopera delle
migliaia di questi soldati di Dio e della Patria.
Hanno dato esempio di apostolato estremo
in quellÕassurditˆ che, SantÕAgostino o no,
 sempre la guerra.
24
Fatti... col
Cappello Alpino
Nuove dotazioni ai volontari
Se parlassi di 'motocarrello Fresia' ai miei coetanei, molto probabilmente mi guarderebbero con lo sguardo di chi pensa "ma cosa sta
dicendo?" Infatti, si tratta di un mezzo meccanico che ai nostri tempi
non esisteva. Quando eravamo in servizio noi, c'era la cosiddetta
jeep a pelo, con avviamento a voce, ovvero il mulo. E il motocarrello
Fresia  proprio il mezzo pensato per sostituire uno dei pi vecchi
amici dell'alpino, il mulo. E' un mezzo militare piuttosto strano,
costituito da un piano di carico delle dimensioni di circa due metri
per uno, azionato da un motore da 700 cc. e mosso da quattro ruote
motrici e indipendenti, tutte sterzanti, simili a quelle degli attuali
quad. Indubbiamente un bel mezzo, anche se nella realtˆ non 
stato in grado di replicare del tutto le performances dei muli, che
riuscivano ad arrivare quasi ovunque. Ma per chi non abbia la
necessitˆ di avventurarsi su percorsi quasi impossibili, il motocarrello
 un ottimo mezzo di trasporto, capace di sostenere ben cinque
quintali di carico. Grazie all'interessamento del nostro Direttore
Generale Adriano Crugnola, abbiamo ricevuto due di questi carrelli
dall'Ospedale da Campo, che non li utilizzava pi. Un bellissimo
dono, che ha arricchito le nostre dotazioni. In particolare, uno 
stato assegnato alla squadra di volontari che lavorano a Villa Carlotta
e verrˆ usato per i numerosi trasporti, svolti sino ad ora con mezzi
fuoristrada privati. Per raggiungere la zona di lavoro alle spalle della
villa si deve superare un buon dislivello, attraverso un percorso
ripido e in certi punti piuttosto sconnesso.
Condizioni che il motocarrello Fresia affronta con la massima
disinvoltura, visto che quella della montagna  proprio la sua
vocazione. L'altro carrello rimarrˆ invece nel parco macchine della
Protezione Civile e verrˆ utilizzato nelle zone di lavoro pi impegnative.
Quindi, nuovi mezzi molto performanti e di impiego piuttosto facile,
ma da utilizzare con grande cautela, per evitare incidenti. Sono
perci˜ stati designati i futuri 'piloti' dei mezzi, ai quali  stata fornita
adeguata formazione. Una specie di scuola guida, svolta a Oltrona
San Mamette, a cura dell'amico Cesare Spinardi, specialista di mezzi
militari ed esponente dell'associazione dei collezionisti di mezzi
militari d'epoca. I partecipanti al corso hanno svolto una vera e
propria lezione di guida, che pu˜ avvenire stando a bordo, oppure
a terra, affrontando una prova su terreno a forte pendenza. Tutti
promossi e adesso... al lavoro!
Enrico Gaffuri
E in villa si continua a lavorare
Il cantiere di Villa Carlotta  un po' come la
Fabbrica del Duomo, un luogo dove i lavori
non si fermano mai. Lavori che a volte
procedono a rilento, per colpa della cattiva
stagione, ma in ogni caso procedono. Poi,
sinceramente, l'inverno non  stato nemmeno
tanto brutto e i soliti affezionati hanno avuto
la possibilitˆ di proseguire l'opera. Frequentatori assidui, che arrivano dai Gruppi pi
vicini, come Lenno, Mezzegra, Brienno, Argegno, Menaggio, Porlezza, Garzeno e Santa
Maria Rezzonico. Frequentano assiduamente
il cantiere per lavorare, ma anche perchŽ il
piacere di passare una giornata con gli amici
 veramente impagabile. Sicuramente  la
stessa ragione a spingere gli alpini di altri
Gruppi a tornare una seconda, una terza
volta, dopo aver provato un primo approccio
con l'ambiente. E non si tratta nemmeno di
Gruppi molto vicini. Arrivano alpini da Albavilla, da Lurago d'Erba, da diversi paesi della
Valle Intelvi. Ogni arrivo di nuovi collaboratori
 una vera e propria boccata di ossigeno,
che permette di affrontare pi efficacemente
le opere necessarie al buon mantenimento
delle aree giˆ disboscate, che sono piuttosto
vaste. L'attivitˆ attualmente pi impegnativa
 il contenimento della continua avanzata
del vero nemico: il canneto. Nemico difficile
da sconfiggere, perchŽ la canna di bamb
 un'infestante di grande vitalitˆ e tenacia.
Anche quando si crede di essere riusciti a
fermarla, si scopre che continua ad avanzare.
C' anche un altro elemento da contrastare,
non proprio un nemico, ma pur sempre un
elemento di disturbo. Si tratta dei tanti
animali che popolano la montagna e i boschi
circostanti, quali i cinghiali, i cervi e i mufloni.
Il pi dannoso  indubbiamente il cinghiale,
che ara letteralmente tutti i terreni in cui si
trova. Dovendo procedere alla piantumazione
di tanti nuovi ulivi, l'Ente Villa Carlotta ha
giˆ provveduto a posare una recinzione
piuttosto resistente, per tenere lontani gli
animali dall'uliveto. L'Ente ha anche mantenuto la promessa ed ha iniziato ad acquistare
parte delle attrezzature che permetteranno
di costituire una squadra che si occupi di
antincendio boschivo, quello che tecnicamente viene chiamato A.I.B. Naturalmente servirˆ
anche un buon addestramento specifico agli
aspiranti vigili del fuoco. C' poi una new
entry, che ha ricevuto il benvenuto da parte
di tutti i volontari. Si tratta di un maschio,
ma  stato chiamato con un nome femminile,
'Carlotta'. E' il motocarrello ricevuto dalla
Sezione, mezzo che alleggerirˆ parecchio
certe fatiche fatte sino ad ora. Carlotta 
guidata da pochi, ma viene coccolata da
tutti, proprio come si fa quando arriva un
cucciolo in casa.
Fiorenza Vasile
Dietro l'obiettivo
Piccolo riconoscimento a chi
non vediamo mai
E' presente ovunque ci sia una manifestazione,
una celebrazione, qualunque occasione d'incontro.
Potete star certi che lui c', sono ben poche le
circostanze in cui manca. C' sempre, ma non lo
si vede mai, perlomeno nelle documentazioni
fotografiche delle tante attivitˆ. Non lo si pu˜
vedere, per una ragione semplicissima: si trova
sempre dall'altra parte della macchina fotografica,
lui sta dietro l'obiettivo. Han capito tutti che sto
parlando del Consigliere sezionale Mario Ghielmetti, diventato da anni il fotografo ufficiale della
Sezione, senza che nessuno glielo abbia chiesto.
Lo  diventato per sua stessa iniziativa e lo fa in
modo eccellente. Non saprei dire quante migliaia
di scatti faccia nell'arco di un anno, ma sono
indubbiamente molti. Ma il nostro amico non si
limita a fotografare; c' un'altra parte di lavoro,
ben pi impegnativa, che svolge a casa. E' il
lavoro di selezione dei fotogrammi e di inserimento
nella 'galleria fotografica' del sito internet della
Sezione, il tutto accompagnato da una breve
descrizione dell'evento a cui le immagini si riferiscono. Potrebbe sembrare cosa da poco, ma non
lo  affatto, soprattutto per la tempestivitˆ con
cui le foto vengono inserite. Normalmente, entro
sera sono disponibili per chi se le vuol gustare.
E poi, quando domani qualcuno si chiederˆ cosa
facessero gli alpini dei primi anni Duemila, avrˆ
modo di soddisfare tutte le curiositˆ, vedendo
uno ad uno i volti di chi c'era e tutto ci˜ che stava
accadendo. Grazie, Mario, grazie da parte di tutti
gli alpini comaschi.
Enrico Gaffuri
25
Fatti... col
Cappello Alpino
La valle di Sorico
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i
l
l
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s e n ti e ri
di Achille Gregori
Ci siamo lasciati parlando di vicende storiche
collegate alla seconda guerra mondiale e
agli eventi conosciuti in tutto il mondo che
hanno coinvolto lÕestrema sponda lariana.
Per˜ ci interessano maggiormente le caratteristiche territoriali. Torniamo a valutarle.
Merita menzione una particolaritˆ tutta locale.
In valle, nel 1905, fu installato un impianto
idroelettrico, fra i primi del lago di Como.
Composto da due alternatori tecnologicamente avanzati, forn“ per diverso tempo
energia elettrica allÕintera zona costituendo
un inizio di industrializzazione. Visionando
lÕambiente, valutiamo quanto la valle e la
sponda lacustre presentano. Molte le bellezze
arricchite dalle opere dellÕuomo. In particolare
i luoghi di culto. Fra questi il Santuario di
San Miro collocato in zona isolata e raggiungibile attraverso una mulattiera. Si trova
sopra Sorico nei pressi della grotta ove,
secondo tradizione, il santo mor“. Si presume
sia sorto nel XII secolo. Un documento del
1286 lo nomina per la prima volta. AllÕinterno,
sotto lÕaltare, conserva le spoglie di San
Miro, santo di origine canzese cui  dedicato
un santuario sulle pendici dei Corni di Canzo.
Ancora pi antico il Tempietto di San Fedelino,
ai bordi del lago di Mezzola. Eretto fra X e
XI secolo con caratteristiche dei Magistri
Cumacini. Pur trovandosi nel territorio suricense, appartiene alla parrocchia di Novate
Mezzola. Interamente costruito con pietre
della zona, presenta archi e pilastrini in tufo
del Pian di Spagna. Restaurato nel 1901 e
nel 1992, anno in cui si scoprirono costruzioni
preesistenti. A Bugiallo troviamo San Giovanni Battista, altra chiesetta interessante.
Dovrebbe risalire alla metˆ del XV secolo.
Nata quale oratorio dellÕarcipretura di Sorico,
fu descritta per la prima volta in una lettera
vescovile del 1456. A metˆ Ô500 fu ampliata
con importanti lavori che la portarono alla
struttura conosciuta. In facciata, sopra il
portale, presenta una lunetta raffigurante il
Cristo in Pietˆ emergente dal sepolcro tra
due angeli ceroferari. E ancora Santo Stefano
in Sorico, di origini romaniche, fu ricostruita
nel 1443 grazie a una donazione di 400
coronati -cifra elevata per allora- effettuata
da Filippo Maria Visconti. L'edificio quattrocentesco era costituito da tre navate con
cinque campate. Fu poi ricostruito nella
forma attuale nel 1703 ad opera del Giulini.
Altre chiese interessanti sono: San Giovanni
Battista a Bugiallo; San Biagio a Dascio;
San Sebastiano, costruzione settecentesca
sul fianco del Berlinghera nellÕ abitato di
Albonico.
Continuando con i siti e le opere della zona,
 dÕobbligo presentare il Forte di Fuentes.
La costruzione fu voluta da don Pedro Enr’quez de Acevedo, conte di Fuentes, governatore dello Stato di Milano per la Spagna.
Agli inizi del seicento gli spagnoli non avevano
il pieno controllo dei valichi alpini. Erano
Storia, paesaggio, curiosità, caratteristiche, percorsi (terza e ultima parte)
perci˜ esposti al pericolo di attacchi, soprattutto da parte francese. Il forte, con cinta
muraria a forma di stella secondo gli schemi
dell'epoca, doveva dissuadere le loro mire
espansionistiche. La sua costruzione non
piacque ai Grigioni, alleati dei francesi, che
cercarono di impedirne la realizzazione senza
riuscirvi. Iniziato il 25 ottobre 1603, termin˜
lÕ11 giugno 1604, mentre nel 1606, dopo
solo tre anni, fu completato. Ospitava guarnigioni composte da otto compagnie di fanteria, duemila guastatori e venti pezzi di
artiglieria, rinforzati in seguito da altri otto
pezzi. Sub“ nel tempo distruzioni. Durante
la prima guerra mondiale, nel 1916 nel
quadro del sistema difensivo della Frontiera
Nord, sulle sue rovine, furono realizzati due
appostamenti blindati per cannoni, destinati
a svolgere lo stesso ruolo del vicino forte
Montecchio Nord. Divenne poi proprietˆ di
privati fino al 1988, quando l'amministrazione
provinciale di Como lÕacquis“, eseguendo
interventi per ripararne il degrado. Oggi sono
visibili i resti delle mura che racchiudono la
piazza dÕarmi, gli alloggiamenti dei soldati,
l'edificio del comando, il mulino, il forno e
la chiesa dedicata a santa Barbara. Dal 2012
 gestito dal Museo della guerra bianca.
Altra costruzione militare del territorio  il
Forte Montecchio Nord, dedicato ad Aldo
Lusardi caduto nel 1935 nella campagna di
Etiopia. Il nome Montecchio deriva dalla
localitˆ su cui sorge. Costruito tra il 1912 e
il 1914,  stato inserito nel sistema difensivo
della Linea Cadorna per sbarrare il potenziale
accesso nemico verso Milano e la Pianura
Padana, vista la sua posizione alla confluenza
fra Valtellina e Valchiavenna, sulla direzione
dei passi Spluga, Maloja, Bernina, Stelvio,
Aprica e Tonale, valichi esposti a potenziale
invasione. Conserva quattro cannoni Schneider da 149mm con gittata di 14km in postazione girevole sotto cupola corazzata. Ancora
in essere lÕimpianto elettrico, i serramenti e
le blindature, i sistemi di ventilazione e di
approvvigionamento idrico. Il forte rest˜
inattivo durante la prima e seconda guerra
mondiale. Gli unici colpi furono sparati il 27
aprile 1945 contro la colonna italo-tedesca
che saliva verso la Svizzera dopo la cattura
di Mussolini. In seguito fu utilizzato come
deposito di munizioni fino al 1981 quando
pass˜ al demanio civile. Dal 2009  in
gestione al Museo della Guerra Bianca.
Territorio e gente della valle conservano
antiche tradizioni. Fra queste vi  la Fiera
dei Morti. Mercato che si tiene lÕ 1 e il 2
novembre. La tradizione di un mercato tardo
autunnale che permettesse alla gente della
piana e dei monti di fare provviste per
l'inverno, si perde nel lontano passato. La
fiera sembra derivi dal mercato che anticamente si svolgeva ad Olonio, il borgo scomparso con le alluvioni dellÕAdda. Ad Olonio
esisteva una fiorente attivitˆ commerciale,
grazie alla posizione che favoriva scambi
commerciali. La ratifica dell'istituzione di un
mercato ad Olonio avvenne ad opera
dell'Imperatore Lotario I nell'anno 840, che
cre˜ un mercato in Òloco HaenohimÓ (Olonio).
Perci˜ la fiera ha quasi 1180 anni. Il periodo
in cui svolgere la fiera fu poi definito nel
1281 dagli Statuti di Como, fissandolo nel
periodo di ognissanti. Il mercato doveva
essere assistito da un console di giustizia
ed un ambasciatore del Podestˆ di Como.
La scomparsa di Olonio, sepolta dai detriti
dellÕAdda nel XV secolo, non cancell˜ la
tradizione, trasferendolo a Sorico. L'abate
Stampa, nel libro Atti del Beato Miro del
1724, riferisce dei Conti Giulini che cercarono
di ampliarne i tempi. Fra varie traversie il
mercato vive ancora oggi.
In primavera, invece, si tiene lÕaltra fiera
definita di "San Miro", Santo lariano. Miro
(Paredi)  il Santo della pioggia, nato a
Canzo nel 1336 e morto a Sorico 45 anni
dopo. Eremita itinerante, peregrinava confortando e beneficando la gente. In procinto
di recarsi pellegrino a Roma, si narra che
allÕatto di salutare la sua gente chiedesse
quale grazia implorare a Dio e che un bimbo
in braccio alla madre gli gridasse Óacqua,
Miro!Ó e che da allora i fedeli, in caso di
necessitˆ, ripetano la supplica, anche attraverso processioni e preghiere. LÕacqua lo ha
sempre accompagnato. Il credo di fede narra
che Miro part“ da Onno (Oliveto Lario), dove
stese il mantello sullÕacqua del lago e raggiunse miracolosamente Sorico, dove dopo
una vita di stenti il 9 maggio 1381 mor“.
Intorno alle sue spoglie ci sono tanti ringraziamenti fra cui quello dei milanesi riconoscenti per la grazia ottenuta nel 1624 con
la pioggia che spazz˜ via la peste.
Quanto altro si potrebbe dire di questo
prezioso angolo fatto di molte bellezze.
Chiudiamo qua riproponendoci al prossimo
incontro con la visita ad un'altra valle del
nostro splendido territorio.
in cammino...
Anello del monte Berlinghera*. Dislivello 920m. Tempo di percorrenza 5 ore.
Dal parcheggio di Bugiallo (chiesetta di San Bartolomeo 1024 m.) seguire lÕAlta Via del Lario
verso il bosco di pini sulla carrareccia fino a una baita isolata, poi salire alle baite di Pescedo
e dellÕAlpe di Mezzo (1530 m). Proseguire la salita fino alla cresta scendente dal Sasso Canale
zona muro Terminone (1854 m - vista su Valchiavenna e Bregaglia). Seguire la cresta erbosa
in direzione Berlinghera verso la sommitˆ. Proseguire verso la Bocchetta di Chiaro (pilone della
linea elettrica a 1660 m). Seguire il versante ovest verso nord, fino alla cresta dove si trova
una croce. Da qui, per il ripido pendio di erba e roccette, raggiungere la cima del Berlinghera
(1930 m). Splendida vista a 360 gradi. Per la discesa, seguire il sentiero diretto sul pascolo e
nella pineta verso Pescedo e lÕAlpe di Mezzo, tornando a S. Bartolomeo. (*da Valli Occidentali
del Lario TCI-CAI)
26
Fatti... col
Cappello Alpino
Gara Sezionale di tiro con la carabina
Grandi numeri per la gara sezionale di tiro
con carabina 2015, anno del 95esimo sezionale. Nei giorni 10-11-12 aprile, al poligono
nazionale di tiro di Camerlata, la sfida fra i
concorrenti. Novitˆ assoluta di questa edizione lÕapertura ai soci amici, come indicato
dalla Sede Nazionale. Naturalmente con
classifica separata. Ben 173 tiratori (159
alpini e 14 amici) si sono alternati alle
piazzole di tiro. Olgiate Comasco ha fatto la
parte del leone, piazzando un suo concorrente
sul gradino pi alto del podio in tutte le
categorie. Alla premiazione, effettuata dal
vicepresidente Mos Frighi, hanno presenziato i signori Maino e Dassi, familiari dei
personaggi cui sono dedicati i trofei. Il
gruppo di Olgiate ha inoltre provveduto a
rifocillare i partecipanti.
Classifica a squadre alpini
Olgiate Comasco
punti
Olgiate Comasco
Appiano Gentile
585
384
576
Classifica a Squadre Amici
Binago
punti
Casnate
Capiago
357
356
343
Classifica a Squadre Maestri
Camnago Faloppio
punti
Mozzate
579
384
Le classifiche individuali sono pubblicate sul
sito www.anacomo.it
(MM)
Domenica 31 maggio si  svolta la gara di AlpinBike, giunta alla
sua ottava edizione. Gli alpini si sono ritrovati e sfidati nei boschi
intorno a Solbiate, lungo il percorso di circa dieci chilometri da
ripetere due volte. Oltre alla fatica e la competizione, si sono divertiti
grazie anche allÕambiente é stato utilizzato parte del tracciato
permanente dellÕassociazione sportiva Falchi Blu, utilizzato abitualmente
per le prove di mountain bike, sul quale si tiene la Granfondo dei
Longobardi. Oltre agli incaricati sezionali per lo sport, per lÕallestimento
e tutte le necessitˆ collaterali, hanno collaborato gli alpini del gruppo
di Solbiate. I pi numerosi sono risultati i gruppi di Solbiate, Albate,
Binago e Appiano Gentile. Come sempre il sito sezionale riporta le
classifiche complete
Di corsa nel deserto
8° Campionato Nazionale
ANA di sci alpinismo
Il capogruppo di Olgiate Comasco alla maratona per beneficenza
Alessandro Fumagalli,
capogruppo di Olgiate
Comasco, ha partecipato alla Marathon Des
Sables svoltasi dal 4 al
11 aprile 2015, classificandosi 395¡ su 1490
partecipanti.
La Marathon des Sables
-Maratona delle Sabbie una delle pi affascinanti ed impegnative
corse del pianeta. Si
svolge a sud del Marocco, nel Sahara, tra
dune e pietraie. Oltre
alla forza serve molta
attenzione nel corso
della gara. La manifestazione dura una settimana, prevede sei frazioni e un giorno di riposo. I partecipanti percorrono il tracciato della
maratona in completa autosufficienza individuale. Lungo il percorso cՏ un ristoro ogni 10
km. I partecipanti qui ritirano nove litri di acqua, loro razione giornaliera.
Alessandro ha convissuto lÕavventura con due amici: Antonella Spinelli e Stefano Grisoni.
I tre hanno corso la gara anche per scopo benefico, raccogliendo fondi per lÕOnlus lÕAbbraccio
di Milano, che si occupa del servizio diurno ai bambini disabili.
Sabato 7 e domenica 8 Marzo sulle nevi di
Schilpario in Val di Scalve la sezione di Bergamo
ha organizzato la 38¡ edizione del campionato
Nazionale ANA di sci alpinismo. La nostra Sezione
ha partecipato con la pattuglia composta da
Tiziano Corbellini e Manolo Pertusini che hanno
concluso la gara con un ottimo piazzamento.
27
Anagrafe Alpina
Defunti
Albavilla
Albese
Beregazzo
Binago
Breccia-Rebbio
Spreafico Camillo
Pasutti Beniamino classe 1948
Giuseppe Missaglia
Brianza Luigi classe 1951
Bonanomi Giorgio
giˆ Capogruppo e volontario di P.C.
Claino con Ost. DellÕOro Giovanni battista
classe 1924 Reduce
Como
Colombo Angelo classe 1926
Laino
Cer Arnaldo
Sommariva Luigi
Lezzeno
Boleso battista classe 1931
Ponna
Soldati Domenico classe 1939
Stazzona
Bordessa Pietro classe 1935
Anniversari
Albavilla
Camnago Fal.
Carlazzo
Casasco I.
Garzeno
Griante
Mezzegra
S. Fedele
S. Pietro Sov.
Torno
Valsolda
50¡
55¡
45¡
40¡
40¡
40¡
55¡
50¡
45¡
55¡
50¡
55¡
45¡
60¡
50¡
50¡
45¡
20¡
40¡
50¡
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Garofoli Pietro e Adele
Morassi Gianantonio e Adriana
Feggi Walter e Piera
Proserpio Angelo e Enza
Colombo Giacomo e Pinuccia
Barzaghi Claudio e Ernestina
Spinelli Luciano e Angela
Francesco Valsecchi e Luigina
Dirisi Lucio e Irma
Di Capra Camillo e Rita
Gandola Federico e Giulia
Mazzucchi Celeste e Maria
Merga Aldino e Mirella
Ortelli valerio e Lidia
Bianchi Vittorio e Marinella
mazzetti Roberto e Margherita
Cadenazzi Renzo e Luciana
Pozzi Renato e Moira
Alberto Usai e Sandra
Gobetti Antonio e Paola
Matrimoni
Blessagno
Silvia Greppi e Mauro
Nascite
Bulgarograsso
Canzo
Casasco I.
Caslino dÕErba
Castelmarte
Castiglione I.
Laglio
Gabriele di Ceravolo Francesco e Paola
Alice di Stefano Vigan˜ e Roberta
Edoardo di Prioni Massimo e Roberta
Mattia di Trabattoni Matteo
Gabriele di Giampaolo Ferraina e Anna
Anna di Andrea Surdo e Lucia
Neve di Squillaci Domenico e Pamela
Emma di Martinelli Lorenzo e Elena
sono...andati avanti!
CESARE (Cesarino) PUSINELLI, classe 1921, appartenente ai Òragazzi di Aosta 41Ó,
si  spento nella sua Zelbio, borgo sulle pendici del monte S. Primo, del quale fu
sindaco dal 1961 al 1966, quindi rappresentante in Comunitˆ Montana. Reduce della
seconda guerra mondiale, fu nei Balcani e sul confine francese. Appassionato di
montagna e sport invernali, condusse la stazione sciistica sul S. Primo, conciliando
passione e attivitˆ di dottore agronomo. Fu per anni nella squadra di slalom gigante
partecipe ai campionati nazionali ANA. Grande il suo attaccamento associativo col
quale riusc“ a tenere in vita il gruppo di Zelbio in un difficile periodo. Ripeteva spesso
<lÕassociazione necessita di pi azioni e meno fureria> per indicare attivitˆ anzichŽ
parole. Se nՏ andato nei giorni dellÕadunata di LÕAquila e pochi alpini lÕhanno potuto
salutare. Il suo esempio, il suo ricordo, al contrario, resteranno indelebili nel tempo
in molti di noi.
AMERICO DE ANGELI e BATTISTA CONTI, rispettivamente classe 1922 e 1923,
conosciutissimi Reduci vallintelvesi se ne sono andati nello stesso giorno, a distanza
di poche ore lÕuno dallÕaltro. Il 25 maggio sono stati salutati con i dovuti onori, lÕuno
il mattino, lÕaltro nel pomeriggio. Il Vessillo della sezione ha tributato il dovuto
riconoscimento a due veci che tanto hanno dato alla nostra Associazione. Hanno vissuto
le vicende belliche della seconda guerra mondiale facendo il loro dovere fino in fondo,
al fronte e in prigionia. Sono stati esempio per gli alpini dei loro gruppi di San Fedele
e di Laino, ma anche dellÕintera valle. Eravamo abituati a vederli insieme nelle
manifestazioni. Mai assenti al raduno per il btg. Valle Intelvi. Quasi fatalmente il
richiamo di Cantore  stato scoccato nello stesso giorno, accomunandoli anche nella
salita lass nel Paradiso degli alpini. Dopo tanti insegnamenti elargiti in terra, ora
guideranno dal cielo gli alpini vallintelvesi e comaschi che conserveranno il loro esempio
cercando di applicarne i valori.
Pochi giorni prima, il 15 aprile, se nÕera andato BATTISTA DELLÕORO, classe 1924,
anchÕegli Reduce di anni di prigionia e maestro di alpinitˆ a Claino con Osteno, paese
nel quale ha passato la sua vita e svolto parecchie attivitˆ con il gruppo. Pure Battista
lascia un grande esempio e il vuoto che resta quando un vecio se ne va, ma lascia la
certezza del suo esempio del suo insegnamento.
GIANNI MOLINARI, giˆ capogruppo di Erba dal 1973 al 1990, ci ha lasciato agli inizi
di maggio. Corso AUC ad Ascoli Piceno poi sottotenente al Btg. Susa. Da capogruppo
diede forte impulso allÕattivitˆ alpina. Fra le tante iniziative la costruzione del monumento
allÕalpino collocato nel parco comunale. Importante anche lÕallestimento della prima
sede di gruppo in villa Nava. Oltre a questo, promosse numerose attivitˆ associative
e in favore della comunitˆ locale. Dopo la lunga militanza, il distacco, la malattia, il
decesso. Nel giorno del commiato  stato salutato da molti alpini del suo gruppo, della
zona e di altre provenienze che lo ricorderanno a lungo per il suo impegno.
GIORGIO BONANOMI, storico componente dellÕunitˆ di Protezione Civile attivo fin
dai primi giorni, in qualitˆ di autista, ci ha lasciato. Fu partecipe alla spedizione ICARO
in terra russa, alla guida della mitica autobotte che riforn“ ogni giorno i partecipanti
di acqua fresca. Per anni capogruppo a Rebbio Breccia, partecip˜ allÕallestimento della
sede in localitˆ Raspa in Spina Verde, sopra il Parco della Rimembranza nel quale
lavor˜ per il recupero presenziando spesso. Alpino vero in ogni senso. Schivo, silenzioso,
attento, disponibile, generoso, pronto a qualsiasi lavoro dopo il rituale mugugno.
Quando il lavoro scarseggiava, il mugugno era espresso per averne altro, importante
e impegnativo. Anche lui ci indicherˆ la via da lass, come ha fatto tante volte con
nelle mani il volante di un autocarro. Giorgio sarai sempre con noi.
Lutti
Albate
Alessandra moglie di Frigerio Elio
Vittoria madre di Castelletti Alberto
Rosamarina madre di Macr“ Roberto
Bulgarograsso Lino marito di Emilia Negretti
(madrina) e suocero di Castelli Renato
Cant
Teresa moglie di Renato Marelli
Vincenzo padre di Muglia Salvatore
Pierino e Costante fratelli di Allievi Carlo
Camnago Fal. Marco fratello di Francesco Valsecchi
Canzo
Ettore padre di Andrea Paredi
Pina Carla ved. Corti
Pina Vincenzo
Antonicelli Nicola
Caslino dÕErba Augusto padre di Mariangelo Porro
Castelmarte
Rosa madre di Nava Luigi
Garzeno
la madre di Robba Costantino
Germasino
Rosa madre di Chiaroni Clemente
Gironico
Rina madre di Locatelli Mario
Laglio
Caterina moglie di Bonzi Fernando
Maddalena madre di Cadei Luigi
Angelina madre di Buffoni Germano
Mozzate
Rita madre di Colombo Paolo
Ponna I.
Anna madre di Soldati Claudio
Rovellasca
Alfredo padre di Valerio Zauli
Rovello Porro Cinzia moglie di Bailico Giuseppe
S. Pietro Sov. Marino padre di Giovanni e Pierluigi
Sala e fratello di Giuliano
Egidio suocero di Rusconi Giacomo
Valsolda
la madre di Gorni Paolo e sorella
di Edoardo
Luigi fratello di Campagnola Giuliano
ANGELO DALLA VALLE (a sinistra) e PIETRO FERRARI (a destra) si sono ritrovati a
distanza di 50 anni. I due hanno vissuto la tragica esperienza della valanga caduta il 27
gennaio 1962 in Val Mazia su pattuglie di alpini impegnati in esercitazioni. Angelo Dalla
Valle, con la pattuglia esploratori, ha contribuito a salvare Pietro Ferrari rimasto sepolto sotto
la neve. Altri alpini perirono sotto la coltre nevosa. Per entrambe  stata una grande emozione
ricordare lÕevento vissuto cinquantatrŽ anno orsono.
Ricordi e...
memorie
QUEI PRIMI FANTI, IL 24 MAGGIO 1915
la pagina
VERDE
di Giangaspare Basile
Aquile funeste volavano sullÕEuropa nel primo decennio del
Novecento. LÕintero continente si trovava su una china che
lÕavrebbe fatto inesorabilmente scivolare nel baratro dÕuna guerra
lunga e feroce. Condotta per annientare lÕavversario: avrebbe
vinto chi fosse stato in grado di sostenere a lungo lÕimmane
sforzo che le condizioni estreme di una guerra nuova richiedevano.
Ci furono dieci milioni di morti, scomparvero quattro imperi russo, turco, austro-ungherese e tedesco - e lÕEuropa devastata
venne ridisegnata dai vincitori le cui economie non erano dissimili
da quelle degli sconfitti. La guerra rivel˜ una grande potenza,
gli Stati Uniti dÕAmerica, decret˜ la fine della Belle ƒpoque, di
trentÕanni di pace e stabil“ uno spartiacque fra Otto e Novecento.
Quanto allÕItalia, ridotta quasi alla fame, incapace di riassorbire
i milioni di reduci nella forza lavoro (per lunghi anni furono le
donne a sostenere la produzione in assenza degli uomini, in
guerra), delusa dalla Òvittoria mutilataÓ, divisa fra il Nord
industriale e il Sud in depressione sarˆ percorsa da forti tensioni,
instabilitˆ sociale e politica che creeranno i presupposti per
lÕavvento del fascismo.
Era possibile evitare tutto questo? é lÕinterrogativo sul quale gli
storici dibattono ancora oggi.
Il primo decennio del Novecento fu di brevi guerre bilaterali,
una sorta di prova generale combattuta secondo gli schemi
tradizionali dellÕOttocento: cariche di cavalleria, scontri frontali,
una battaglia risolutiva e quindi un armistizio. Rivelarono tuttavia
lÕinquietudine e le incertezze del tempo, la tensione dei rapporti
fra grandi potenze, i loro interessi e mire espansionistiche,
la rivalitˆ nelle colonie, soprattutto la precarietˆ delle
vecchie alleanze e la nascita di
nuove intese.
Alla vigilia della guerra lÕItalia
navigava in un mare di incertezza sociale e politica, divisa
fra interventisti e pacifisti,
percorsa da scioperi e fermenti
rivoluzionari. In questo quadro
di drammatica precarietˆ va
inquadrato il mancato rinnovo
nel 1902 del trattato di alleanza
austro-tedesca da parte dellÕallora ministro degli Esteri Giulio Prinetti e, per contro, la stipula
di un accordo di non aggressione con la Francia. Intanto il
feldmaresciallo Alfred von Schlieffen, capo di Stato Maggiore
dellÕesercito del tedesco, aveva predisposto un piano che
prevedeva lÕinvasione della Francia attraverso il Belgio, una
guerra lampo che avrebbe vanificato lÕintervento dellÕInghilterra.
Nel mirino cÕera anche lÕItalia: il capo di Stato Maggiore austroungarico Franz Conrad von Hštzendorf progettava di invadere
il nord e impadronirsi delle industrie perchŽ considerava il nostro
Paese un pericolo per Vienna in caso di conflitto. Il piano verrˆ
respinto dallÕimperatore. Nel frattempo, tanto per dimostrarci
fiducia, fu ultimata la costruzione di poderosi forti lungo lÕarco
alpino, rivolti verso lÕItalia.
Forse per prendere tempo, vista la situazione politica internazionale che stava per esplodere, Giolitti confermerˆ nel 1912
la permanenza nella Triplice, pur fra reciproche diffidenze. Il
nostro capo del governo era possibilista allÕinsegna del ÒnŽ
aderire nŽ sabotareÓ i movimenti interventisti e considerava
che cÕera Òpi da guadagnare che da perdere restando neutraliÓ.
Ma la situazione stava ormai sfuggendogli di mano tanto che
nel Õ14 sarˆ sostituito al governo da Salandra, affiancato dal
ministro degli Esteri Sonnino: una coppia che trascinerˆ lÕItalia
in guerra, con lÕavallo del re Vittorio Emanuele III.
Il ricorso alle armi lo chiedevano anche movimenti di varia
natura, prima di tutti i futuristi guidati da Filippo Marinetti che
- parafrasando il tedesco nazionalista Heinrich Gothard von
Treitschke, precursore del pangermanismo e del culto della forza
svincolata dal diritto ( ÒLa pace  un male, la guerra un atto
generoso...Ó) e distorcendo la teoria dello Òslancio vitaleÓ del
filosofo Henry Bergson - predicherˆ ÒAlla guerra, alla guerra,
unica igiene del mondo!Ó. Marinetti sarˆ seguito da una schiera
di intellettuali, artisti, scrittori e poeti (da Ungaretti a Montale,
da Sironi a Saba, Carrˆ e poi dal filosofo Gentile e Papini (che
invitava Òa tuffarsi nel caldo bagno di sangue...Ó) e da tanti altri
che una volta in guerra ne scopriranno le atrocitˆ e scriveranno
pagine sublimi e amare, compiangendo i tanti morti. Come il
sottotenente degli Alpini Emilio Gadda (Giornale di guerra e di
prigionia) e lÕaustriaco Robert Musil (La guerra parallela), che
da fronti contrapposti racconteranno la disumanizzazione della
guerra e del soldato. Esemplare  anche Un anno sullÕAltopiano
di Emilio Lussu.
Sul fronte interventista cÕerano infine gli industriali, gli alti gradi
dellÕEsercito che vedevano nella guerra la possibilitˆ di carriera,
i circoli massonici, i repubblicani, i socialisti riformisti e infine
gli irredentisti, come Cesare Battisti e lÕAssociazione nazionalista
italiana. La stessa Chiesa accett˜ lÕidea della guerra, e nonostante
il nuovo papa Benedetto XV, eletto nel settembre del Õ14, avesse
pi volte esecrato lo Òspettacolo mostruosoÓ e ÒlÕinutile strageÓ,
migliaia di preti accorsero volontari, scrivendo pagine di eroismo,
di amor di Patria e di grande umanitˆ (ne riparleremo prossimamente sul BaradŽll). E dire che unÕinchiesta svolta dai prefetti
fra le masse popolari nellÕaprile del Õ15 rivel˜ quasi un plebiscito
a favore della pace!
Identico fenomeno di apologia e di entusiasmo per la guerra si
verific˜ in Francia, in Inghilterra, in Germania, in Austria e nelle
colonie, dove migliaia di volontari accorsero con entusiasmo ad
arruolarsi, come se la guerra fosse una festa collettiva. Ben
presto, invece, si rivel˜ qual era: una strage a est come a ovest,
fronti bloccati, trincee nel fango, inutili assalti e contrassalti.
BenchŽ fosse intervenuta dieci mesi dopo gli altri, lÕItalia non
aveva fatto tesoro dei rapporti che arrivavano dai vari fronti.
Calandra e Sonnino, trattarono a lungo con gli anglo-francesi
le condizioni della nostra partecipazione e senza consultare il
Parlamento firmarono il 26 aprile del 1915 il Patto di Londra
che prevedeva lÕintervento dellÕItalia entro 30 giorni. Il patto
era ÒsegretoÓ, i giornali italiani ne appresero lÕesistenza attraverso
le pagine di un giornale belga. Per una decina di giorni fummo
ufficialmente alleati sia della Triplice che dellÕIntesa. Poi la
dichiarazione di guerra allÕAustria, la mattina del 23 maggio
1915, domenica di Pentecoste: Ò...a partire dalle ore 6 della
sera lÕItalia si considererˆ in guerra... Segu“ un caotico ammassamento di truppe, blocco di convogli ferroviari, strade intasate
nella confusione ed eccitamento generale: per noi era solo
lÕinizio, come se fossimo stati colti di sorpresa. Il Comando
Supremo fu costretto ad ammettere che Òappare ormai palese
lÕentrata nel penoso periodo
dellÕesperienza della nuova
forma di guerraÓ.
LÕItalia era impreparata a una
guerra totale, non aveva riserve
nŽ un piano strategico, non era
armata ed equipaggiata adeguatamente per affrontare
lÕincognita di un conflitto che
impiegava una gran quantitˆ di
armi moderne e tecnologiche,
adatte allo sterminio di massa.
Aveva soltanto quattro armate,
750 mila fucili, 600 mitragliatrici
(tante quanto quattro reggimenti avversari!), fanti e bersaglieri ne erano sprovvisti (avranno da due a otto mitragliatrici
per reggimento solo a guerra giˆ iniziata), artiglierie obsolete
(sul fronte del Trentino qualche cannone aveva la scritta ÒMuseo
del Risorgimento - RomaÓ). Gli stessi soldati, ancora senza
elmetto, sul Carso ormai innevato avevano lÕequipaggiamento
estivo, gli ufficiali attesero mesi per avere la pistola dÕordinanza:
andavano allÕassalto con la sciabola, venendo ovviamente subito
identificati e falciati per primi. ÒUfficiali in testaÓ, erano gli
ordini...
Per contro, gli austro-tedeschi avevano allÕinizio una mitragliatrice
ogni 500 fanti, ma in breve ne ebbero una ogni venti! E poi
artiglieria pesante e leggera, mortai, lanciafiamme e i gas che
venivano usati sempre prima di ogni attacco, un ottimo armamento individuale. In attesa del nostro arrivo, tardivo (lÕordine
era: Òavanzare con prudenzaÓ) avevano predisposto una doppia,
tripla fila di reticolati e trincee mascherate e protette che i nostri
scoprivano allÕultimo momento, bloccati fra un varco e lÕaltro
della barriera di filo spinato.
E proprio contro questa barriera invalicabile si infransero gli
attacchi italiani nelle prime battaglie dellÕIsonzo. Cadorna aveva
schierato 400mila uomini lungo i 160 chilometri del fronte
dellÕIsonzo. Per contro, gli austriaci ne avevano solo 100mila:
von Hštzendorf scrisse nelle sue memorie che se gli italiani
avessero concentrato le forze in un solo punto avrebbero
facilmente sfondato.
I nostri soldati, allÕinizio, non disponevano neppure di pinze per
tagliare i reticolati (le poche in dotazione si rivelarono inadatte)
e sui rari varchi aperti dallÕartiglieria si concentrava il fuoco delle
mitragliatrici avversarie. Le maschere antigas costituiscono un
capitolo a parte: i nostri soldati morirono a migliaia nelle trincee
perchŽ erano inefficaci contro i gas, anche se una circolare dello
Stato Maggiore diramata ai vari comandi, dichiarava che erano
ottime. Gli insuccessi venivano addossati ai soldati, accusati di
viltˆ e codardia, gli stessi soldati che erano invece protagonisti
di imprese sovrumane e che riscuotevano lÕammirazione dei
nemici. Ci furono decine di episodi di fraternitˆ e di casi in cui
gli austriaci sospesero di sparare sullÕeroico nemico che continuava
ad avanzare andando incontro a morte certa.
Verrˆ pure - al di lˆ della retorica celebrativa ma con civile
partecipazione iniziando dalle scuole, dove si apprende (o si
dovrebbe apprendere) lÕidentitˆ nazionale - il giorno della veritˆ,
in cui si celebrerˆ lÕeroismo dei nostri soldati e non solo nella
Grande Guerra, il loro senso del dovere e della Patria, scritta
con la P maiuscola, in un tempo in cui quasi ci si vergogna a
cantare lÕInno nazionale, quel ÒFratelli dÕItaliaÓ per il quale
morirono in cos“ tanti. EÕ questo il senso della celebrazione degli
anniversari.