Le radici comuni - Bor.Da. Informatica

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Le radici comuni - Bor.Da. Informatica
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA
FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA
CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA
Tesina di Bioetica
LE RADICI COMUNI
DELLA PILLOLA CONTRACCETTIVA
E DELL’ABORTO
Relatrice: LUNARDI MARTINA
Matricola: 368970/MC
ANNO ACCADEMICO 1999-2000
“Certo, contraccezione ed aborto dal punto di vista morale, solo mali specificatamente
diversi… Ma pur con questa diversa natura e peso morale, essi sono molto spesso in
intima relazione, come frutti di una medesima pianta…” (Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica
Evangelium Vitae, n. 13, 25/03/1995).
Alla luce delle attuali conoscenze mediche sulla contraccezione è possibile mostrare che
innanzitutto l’uso della pillola non è neutro, ma fa entrare in una prospettiva anti-vita che troppo
spesso si conclude con l’aborto. Inoltre l’aborto non è soltanto iscritto sullo sfondo della
contraccezione, ma è presente nella sua stessa natura, in quanto la pillola contraccettiva
comporta di fatto, degli aborti. Contraccezione e aborto sono, infatti, strettamente legati: lo sono
nella loro realtà biologica e lo sono nella mentalità che li presuppone. L’aborto rifiuta
direttamente il bambino, e lo distrugge. Anche la contraccezione rifiuta il bambino ed utilizza
tutti i mezzi a sua disposizione contro la venuta di questo bambino. In entrambi i casi, il
bambino è il nemico.
Per controllare la fertilità oggi si adoperano diverse tecniche ad azione contraccettiva, che
impediscono nella maggior parte dei casi in modo temporaneo il concepimento, ovvero
l’incontro tra la cellula uovo e lo spermatozoo nel terzo esterno della tuba di Fallopio. Il
meccanismo contraccettivo si esplica essenzialmente in due modi:
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mediante alterazione del rapporto sessuale (profilattico, diaframma) per impedire che gli
spermatozoi vengano a contatto con l'ovocellula (contraccezione meccanica);
-
o mediante alterazione fisica del corpo dell’uomo o della donna in maniera tale che un atto
sessuale in periodo fertile non sia seguito da un concepimento (contraccezione ormonale).
In quest’ultimo caso la definizione è impropria, in quanto i cosiddetti contraccettivi ormonali
hanno anche un’attività abortiva. Oltre ai cosiddetti contraccettivi esistono altre tecniche, che
spesso sono spacciate per contraccettive, ma che in realtà agiscono non impedendo l’inizio di
una gravidanza, ma che questa, una volta iniziata, possa evolvere normalmente: quindi queste
tecniche sono abortive. Tali tecniche abortive, a seconda del meccanismo d’azione, vengono
chiamate con i termini di intercezione o contragestazione:
-
sono intercettive quelle tecniche abortive che intercettano l’embrione alterando la fisiologia
del trasporto da parte della tuba di Fallopio e dell’impianto in utero;
-
sono contragestative quelle tecniche che impediscono la prosecuzione della gravidanza
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dopo che l’embrione si è annidato nell’endometrio uterino. Si usa anche la locuzione
“regolazione mestruale”, perché l’effetto fenomenologicamente visibile è il ritorno del flusso
mestruale: ma con l’endometrio uterino sfaldato viene eliminato anche l’embrione; si ha
quindi il distacco, la morte e l’eliminazione dell’embrione.
Tra le tecniche ad azione intercettiva vi sono: la pillola estroprogestinica, i dispositivi intrauterini
(spirale o IUD), la cosiddetta pillola del giorno dopo, i progestinici e gli analoghi del GnRH.
Sono sia intercettivi che contragestativi il vaccino anti-gonodotropina corionica e il vaccino
antitrofoblasto; mentre svolgono un’azione contragestativa l’RU486 e le prostaglandine.
La riflessione sociologica e medica verrà fatta prendendo in considerazione un intercettivo e un
contragestativo, rispettivamente la pillola estroprogestinica e la pillola RU486.
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L’ABORTIVITÀ DELLA PILLOLA ESTROPROGESTINICA
Oggi si sa che i contraccettivi orali combinati hanno almeno tre punti d’impatto nell’organismo,
su ognuna delle tre tappe che conducono allo sviluppo del bambino nel seno materno:
-
essi coagulano il muco cervicale e frenano, senza impedirla totalmente la risalita degli
spermatozoi dalla vagina verso l’utero;
-
sopprimono gli ormoni gonadotropici ipofisari e bloccano così l’ovulazione: l’uovo non si
forma nell’ovaia; tuttavia questa soppressione non è totale (c’è “fuga ovulatoria” del 5% dei
casi), e alcune fecondazioni restano possibili;
-
impediscono lo sviluppo della mucosa dell’endometrio che resta gravemente atrofizzato,
incapace di ricevere un uovo fecondato. Questo comporta un aborto precoce per mancato
impianto dell’embrione.
L’inibizione dell’ovulazione da parte dei contraccettivi orali estroprogestinici combinati è, di
certo, in principio, molto potente. Le prime pillole contraccettive immesse sul mercato negli anni
’60 contenevano concentrazioni molto forti di estrogeni e di progestinici e agivano certamente
bloccando l’ovulazione. Tuttavia, vista l’incidenza di effetti secondari sgradevoli e di
complicazioni - tromboemboliche e ipertensive in particolare – comportati da tali dosi, il tenore
estrogeno e progestinico delle pillole contraccettive combinate fu rapidamente ridotto. Da
questo alleggerimento dei dosaggi è risultato un bloccaggio più relativo della funzione
gonadotropica ipofisaria (lasciando dei tassi plasmatici di FSH e di LH più elevati).In effetti, con
le attuali pillole, si è verificano delle ovulazioni malgrado la contraccezione, a ragione di una su
dieci o dodici cicli studiati. Tali “fughe ovulatorie” permettono la fecondazione, sotto pillola, se ci
sono rapporti sessuali nei cinque giorni seguenti l’ovulazione. L’esame ecografico pelvico delle
pazienti sottoposte ad una contraccezione orale con le pillole attuali, conferma la persistenza di
una certa attività ovarica: si tratta di follicoli ovarici che si sviluppano sotto l’azione degli ormoni
ipofisarici. Ne deriva che il bloccaggio dell’ovaia realizzato dalla pillola non è che parziale, nel
migliore dei casi. Il rapporto del numero di sviluppi follicolari così osservato con il numero totale
di pazienti seguito sotto contraccezione si aggira attorno al 40%, con grandi variazioni secondo
gli osservatori. Certamente una gran parte dei follicoli che si sviluppano nelle ovaie durante la
prima parte del ciclo, malgrado la contraccezione orale, si riassorbono semplicemente durante
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la seconda parte del ciclo stesso. Tuttavia, nei casi in cui nel corso del ciclo è stato praticato un
esame ecografico, ci si è resi conto che almeno nel 5% di essi si poteva rilevare una rottura del
follicolo con ovulazione. I dosaggi ormonali nel sangue delle pazienti hanno confermato la realtà
di queste ovulazioni. E’ dunque chiaro che la pillola combinata estroprogestinica nella sua
forma attuale non sopprime totalmente la funzione ovarica, e che, almeno nel 5% dei cicli sotto
contraccezione, si produce una “fuga ovulatoria” con possibilità di fecondazione, di
concepimento e di sviluppo embrionale precoce. Poiché la cifra del 5% supera largamente il
numero
di
gravidanze
non
desiderate
che
avvengono
sotto
contraccezione
orale
estroprogestinica (una l’anno per cento donne), si deve ammettere che la differenza
corrisponde ad aborti precoci, non rilevabili per la donna che prende la pillola contraccettiva, e
provocati da questa stessa pillola. E’ l’azione del contraccettivo sulla mucosa dell’utero
(endometrio) a rendere conto di questa differenza, e dunque di questi aborti precoci. L’impatto
dei contraccettivi orali estroprogestinici sull’endometrio è stato a lungo sottovalutato. Oggi
risulta essenziale. E’ qui in causa il composto progestinico della pillola. La sua presenza
determina una serie di modificazioni morfologiche che corrispondono, sul piano funzionale, ad
un endometrio che non è recettivo all’impatto di un embrione, improprio all’annidamento
(confermato anche da studi biochimici). Quello che viene chiamato effetto intercettivo della
pillola è questa azione sull’endometrio: gli embrioni di cui il contraccettivo non ha potuto
impedire il concepimento a livello della tuba uterina, sono “intercettati” in qualche modo
nell’utero, in quanto quest’ultimo è stato trasformato in un ambiente ostile alla vita, per cui tali
embrioni non possono arrivare allo scopo, cioè annidarsi nella mucosa uterina.
La forte soppressione della recettività endometriale per mezzo dei contraccettivi orali
estroprogestinici non appartiene più al campo della contraccezione ma a quello dell’aborto
precoce. Poiché non si dispone di marcatori biologici affidabili e di facile impiego per rilevare la
presenza dell’embrione prima del suo impianto, non si può dire obbiettivamente quale sia la
percentuale di aborti precoci comportati dalla contraccezione estroprogestinica. E’ possibile fare
solo un contro approssimativo per deduzione. L’essenziale dell’ostilità alla fertilità che la pillola
contraccettiva comporta, è legato all’inibizione dell’ovulazione e non alla recettività uterina.
Supponendo una “fuga ovulatoria” nel 5% dei cicli, e stimando la frequenza delle fecondazioni
riuscite al 25% dei cicli con ovulazione, avremmo, sotto una contraccezione con il tipo di pillola
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estroprogestinica attualmente prescritto, 1,25 fecondazioni riuscite per centro cicli. Il valore
medio dell’indice di Pearl (numero di bambini per cento donne per un anno) per le pillole
estroprogestiniche attuali si aggira attorno a uno. L’indice di distruzione embrionale sotto pillola
estroprogestinica, che corrisponde al numero teorico di fecondazioni possibili dedotto dal
numero di sviluppi fetali attualmente riusciti, sarebbe così di quattordici embrioni per cento
donne per anno. Una donna che utilizzasse la pillo estroprogestinica come contraccettiva per
quindi anni distruggerebbe così facendo, circa due embrioni senza saperlo. La possibilità di
abortività è più elevata a seguito della assunzione irregolare o della sospensione della pillola
estroprogestinica.
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L’ABORTIVITÀ DELLA PILLOLA RU486 (MIFEPRISTONE)
Con la famosa pillola abortiva RU486, largamente utilizzata in Francia, il limite tra
contraccezione e aborto, già attenuato con i contraccettivi orali, sfuma totalmente. Si tratta di
uno stesso corpo chimico che può essere utilizzato come contraccettivo o come
contragestativo, per praticare un aborto “medico” precoce. Infatti l’RU486 agisce sempre come
un abortivo, poiché si tratta di una “antiprogesterone”. L’RU486 rappresenta la prova oggettiva
del legame esistente tra contraccezione e aborto. Come si sa il progesterone ha un ruolo
centrale nell’avvio e nella prosecuzione della gravidanza. Il meccanismo di azione dell’RU486 è
il blocco dei recettori per il progesterone negli organi bersaglio. L’RU486 penetra attraverso la
membrana delle cellule-bersaglio e raggiunge il suo recettore. In tal modo l’RU486 interrompe
l’attività dei recettori per il progesterone, interruzione che è sempre reversibile a meno che non
venga alterata la dinamica delle cellule-bersaglio: in tal caso l’effetto antiprogestinico è
permanente. Le strutture interessate all’attività dell’RU486 sono: endometrio uterino, il collo
dell’utero, il miometrio. Si ha danno endometriale che si manifesta con sfaldamento,
sanguinamento, distacco del trofoblasto. Dalle cellule endometriali in disfacimento vengono
liberate le prostaglandine che stimolano le contrazioni uterine del miometrio e causano la
dilatazione e il rilasciamento del collo dell’utero. L’effetto abortivo dell’RU486 si verifica con
maggior frequenza nelle prime fasi della gravidanza quando i livelli di progesterone sono ancora
bassi. Dopo 49 giorni dal concepimento la placenta produce elevate quantità di progesterone
che non possono essere antagonizzate dall’RU486. L’azione abortiva dell’RU486 viene
utilizzata anche in fase luteinica precoce, in tal caso si ha: inibizione dello sviluppo
endometriale, la riduzione della produzione LH, l’impossibilità dell’embrione di annidarsi nella
parete uterina.
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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
La contraccezione, lungi dal far regredire l’aborto, trova in quest’ultimo il suo prolungamento il
qualche modo naturale. Poiché la mentalità contraccettiva è molto vicina alla mentalità abortiva,
l’uso massivo della contraccezione nei paesi sviluppati ha contribuito a banalizzare l’aborto.
La ricerca scientifica è orientata attualmente verso la messa appunto di tecniche contraccettive
ed abortive sempre più efficaci per la prevenzione del concepimento e del proseguimento della
gravidanza: essa ha reso la contraccezione sempre più abortiva.
Per non pronunciare la parola aborto, si parla di “impedimento all’annidamento”, di
“intercezione” o di “contragestazione” chimiche. Si dichiara anche che l’embrione non è un
embrione finché non è impiantato sulla mucosa uterina ma un “pre-embrione”, una massa di
cellule che non richiede particolare rispetto.
Non è tuttavia un giro di parole a cambiare la realtà dei fatti.
Le persone tentate di intraprendere la via facile della contraccezione chimica orale lo fanno per
semplici ragioni di convenienza personale, rifiutando un bambino considerato temuto non più
come un dono ma come un fastidio, un ostacolo alla felicità personale, un danneggiamento.
Il bambino diventa così un prodotto accidentale di un’attività genitale ridotta al rango di solo
divertimento, di futilità irresponsabile.
Il sesso ha priorità sul bambino.
E’ importante che le persone che si ritengono in diritto di ricorrere alla contraccezione chimica
orale per ragioni mediche, psicologiche, economiche, sociali giustificabili davanti a terzi e
davanti a Dio, lo facciano sapendo che distruggeranno embrioni. Il loro gesto sarà
oggettivamente della stessa natura di un aborto considerato “chirurgico”, con differenza che
esse non se ne renderanno conto e non ne vedranno il frutto.
In questo campo non esiste “diritto all’ignoranza”.
Non c’è nulla di eroico, di eccezionale o di ingenuo nel ricorrere oggi, nell’ambito della
procreazione responsabile ai metodi cosiddetti naturali di regolazione della fertilità femminile, di
cui si conoscono le basi scientifiche, l’efficacia e i benefici che ne traggono gli sposi per una
comunione coniugale più profonda. Per questo è doveroso dei coniugi esercitare la loro
responsabilità in questo campo formandosi a questi metodi. I loro consiglieri – medici, assistenti
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sociali, sacerdoti, religiosi – devono considerare come loro dovere morale far conoscere questi
metodi naturali e facilitarne l’accesso. E’ chiaro che se manca la scoperta e la convinta
condivisione degli aspetti e dei significati antropologici che fondano il valore morale
dell’adozione di tali metodi, si corre fortemente il rischio di farne niente più di una forma di
contraccezione spacciandola per “contraccezione cattolica”.
“L’essere umano fa rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento e,
pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra i
quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita”.
(Congregazione per la dottrina della fede, istruzione sul rispetto della vita umana nascente e la
dignità della procreazione, Donum Vitae, 22 febbraio 1987, n. 1).
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Bibliografia
G. MURARO, A trent’anni dalla “Umanae Vitae”, Vita Pastorale, numero 11, novembre 1998,
pp. 116-139.
M.L. DI PIETRO, E. SGRECCIA, La contragestazione ovvero l’aborto nascosto, medicina e
Morale, Vol. 38, numero 1, gennaio-febbraio 1987, pp. 5-64.
M.L. DI PIETRO, R. MINACORI, Sull’abortività della pillola estroprogestinica e di altri
“contraccettivi”, Medicina e Morale, Vol. 46, numero 5, settembre-ottobre 1996, pp. 863-900.
N. TONTI – FILIPPINI, The pill: Abortifacent or Contraceptive? A literature review, Linacre
Quarterly, Vol. 62, february 1995, pp. 5-28.
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