Volontari per lo Sviluppo Dossier Haiti

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Volontari per lo Sviluppo Dossier Haiti
Haiti, l’anno dell’apocalisse
di Marco Bello e Alessandro Demarchi da Port-au-Prince
Dossier
Un milione e 300 mila persone sono ancora senza casa, il 95% delle scuole di Port-au-Prince
inagibili, 40 ospedali pubblici gravemente danneggiati
Haiti, l’anno dell’apocalisse
A un anno dal sisma che ha mietuto oltre 300.000 vittime, mentre nel paese infuria l’epidemia di colera e i brogli elettorali inquinano la vita politica, appare sempre più evidente come
gli aiuti per il terremoto siano un pretesto, per alcuni Stati “amici”, per mettere Haiti sotto
tutela. Con il benestare del governo, contestato con forza dalla società civile.
È già trascorso un anno dal terribile sisma del 12 gennaio 2010. Un bilancio, mai chiuso, parla di 300.000 vittime, probabilmente una
stima per difetto. Circa 200.000 case sono state distrutte o danneggiate. Port-au-Prince, la capitale, ha perso il 95% delle scuole, e
8 complessi universitari statali su 11 sono inagibili. Almeno quaranta ospedali pubblici hanno subito gravi danni. Centinaia di vittime
del terremoto sono morte per mancanza di cure, mentre il numero di amputati è incalcolabile.
Un milione e 300.000 persone hanno perso la casa o non vogliono farvi ritorno: vivono in accampamenti di fortuna allestiti nelle piazze, nei campi sportivi o in qualsiasi spazio libero. La maggior parte degli edifici pubblici, governativi e religiosi sono crollati: tra tutti
il palazzo presidenziale, la cattedrale cattolica e quella episcopale.
Il terremoto non ha colpito solo la capitale. Tutta la parte bassa di Jacmel, città del sud-ovest, è distrutta; anche Grand Gôave e PetitGôave hanno patito un migliaio di vittime. Léogane, la città più vicina all’epicentro, è stata praticamente rasa al suolo, e non si conosce ancora il numero di morti. Quasi 600.000 persone si sono dirette verso le province rurali. Sovraffollando città e campagne che già
prima garantivano difficilmente una disponibilità alimentare ai loro abitanti, hanno propagato “l’onda d’urto” del sisma a tutto il
paese. Una tragedia: spaventosa. Ancor più se si pensa che già prima del sisma si ritrovava il nome di Haiti agli ultimi posti nelle graduatorie degli indici di sviluppo umano. E se si pensa che Haiti sta vivendo la sua prima epidemia di colera a memoria d’uomo. Gli
eventi naturali e quelli provocati sconvolgono la fragile vita economica, politica e sociale del paese, compromessa da sempre.
L’emergenza dell’eccezionale si sovrappone all’emergenza del quotidiano.
Aiuti e ricostruzione
Gli aiuti strutturali e quelli umanitari hanno sempre giocato un ruolo fondamentale in Haiti. Già nel 1825 il paese contrasse il primo
debito, per risarcire la Francia dell’indipendenza conquistata nel 1804. Il debito estero e gli aggiustamenti strutturali imposti da Banca
mondiale e Fondo monetario, in cambio di “favori” ai governanti di turno, hanno pesantemente condizionato lo sviluppo del paese e
minato la sua indipendenza. Anche gli aiuti umanitari sono serviti spesso come cavallo di troia per imporre penalizzanti politiche economiche. Esemplare è la vicenda del riso americano, prima ricevuto in regalo poi importato, così da distruggere la produzione nazionale. Con migliaia di famiglie contadine sul lastrico. Purtroppo anche l’aiuto per il terremoto si sta rivelando sempre più una scusa,
per alcuni Stati, per mettere Haiti sotto tutela.
Superata la confusa fase iniziale, il compito della ricostruzione non è stato assunto dal governo, ma con l’approvazione di una legge
sullo stato d’emergenza, valida ben 18 mesi, è stato assegnato a una “Commissione ad interim per la ricostruzione di Haiti” (Cirh), cui
partecipano metà rappresentanti dello Stato haitiano e metà di paesi “amici” e istituzioni finanziarie internazionali, ed è di fatto gestita da Bill Clinton, copresidente insieme al primo ministro Jean-Max Bellerive. L’influenza della Banca mondiale è determinante.
«Questa commissione è dominata dagli stranieri e Bill Clinton ne è il coordinatore. La legge dice chiaramente che la Cirh deve assicurare la “messa in esecuzione del programma di sviluppo” di Haiti. Ciò significa che i poteri di questa commissione sono superiori a
quelli dell’esecutivo» sibila Jean William Jeanty, uno dei 19 senatori che non hanno votato la legge. «C’è scritto che nessuna istituzione del paese può esercitare controllo su di essa. Ma le leggi haitiane non accettano l’ingerenza degli stranieri negli affari interni. C’è
un problema di sovranità nazionale. Il parlamento con la legge sullo stato d’emergenza ha totalmente violato la Costituzione».
Governo “fatalista”
Molti haitiani, in particolare i movimenti della società civile, ritengono che il paese abbia perduto la sua sovranità e l’occasione
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di essere artefice della rinascita dopo il terremoto. Così Suzy Castor, nota storica, dice: «Si è instaurata una situazione anomala. L’emergenza può durare 2-3 mesi, ma se si parla di 18 mesi ha un altro
significato. Le attribuzioni di uno stato d’emergenza si possono tradurre rapidamente in uno stato
d’eccezione. Per questo c’è grande speranza in una nuova rinascita, ma anche la constatazione che
possiamo perdere, ancora una volta, l’opportunità. Non è mai successo, da nessuna parte del mondo,
che il salvataggio di un paese colpito da un cataclisma sia unicamente legato agli aiuti dall’estero.
Non che si debba fare tutto da soli: ma se il popolo non prende in mano il suo destino, non c’è futuro. Il fatto che il governo lasci la gestione della crisi in mani straniere, senza ricorrere alla mobilitazione di tutta la nazione, di tutti gli strati sociali, mi lascia molto scettica».
La Cirh, insediatasi il 21 aprile 2010, nel corso dell’anno appena concluso si è riunita tre volte, approvando finora 49 progetti per un totale di 2 miliardi e mezzo di $. Dei 9,9 miliardi di $ in 10 anni “promessi” sulla carta dalla comunità internazionale all’incontro di New York del 31 marzo 2010, pochissimo si è visto finora. Lo scorso 6 ottobre, nell’ultimo incontro della Cirh, Bill Clinton ha dichiarato
che il 30% dei fondi sarebbero in arrivo. Ma ben poco sembra essere cambiato. La gente è ancora nelle
tende, sotto i teloni o quel che ne resta dopo un anno di utilizzo al clima dei Caraibi, il passaggio di
tempeste tropicali e, fortunatamente, di un solo ciclone. «Il blocco è dovuto a una mancanza di leadership. Non c’è la volontà politica di prendere decisioni. Lo Stato sta adottando sempre più una men-
La Commissione per la ricostruzione è formata per metà da rappresentanti dello Stato
haitiano e per metà da paesi “amici” e istituzioni finanziarie internazionali
Le donne e la ricostruzione
Il movimento delle donne haitiane è stato duramente colpito dal terremoto. Sono morte le fondatrici di organizzazioni che ne hanno
fatto la storia: Anne-Marie Coriolan, Myriam Merlet e Magalie Marcelin di Kay Fanm (“Casa delle donne”).
Chiediamo a Yolette Jeanty, attuale responsabile di Kay Fanm, se dopo il 12 gennaio è cambiato qualcosa: «Il sisma non ha ridotto gli
atti di violenza verso donne e ragazze, che sono ancora più esposte ai pericoli, a causa delle condizioni in cui vivono. Nei campi dei
sinistrati ci sono problemi di illuminazione e di promiscuità e tutto ciò favorisce la violenza contro le donne. Per molti uomini che
hanno subito perdite, sono senza lavoro e vivono questi giorni con molte difficoltà, le donne diventano “antidolorifici” su cui riversare
tutto il loro rancore e i loro problemi».
Importante è stato entrare nei campi: «Dopo il terremoto abbiamo avviato un corso di formazione con i giovani, per un lavoro psicosociale, con attività di sensibilizzazione, prevenzione, educazione, così da permettere alla gente di conoscere il fenomeno del terremoto e
di sapere come comportarsi in occasione di una scossa. Questo ci consente anche di avere informazioni, perché riceviamo denunce di
violenze da queste équipe mobili».
Sono in aumento le donne che chiedono aiuto? «Le cifre di cui disponiamo non dimostrano che ci sia un aumento dei casi di violenza,
anche se la situazione nelle tendopoli può favorire il fenomeno. Invece i casi di violenza coniugale sono costantemente in aumento; era
così anche prima del terremoto, ne riceviamo più segnalazioni rispetto agli stupri».
In questo “momento zero”, i movimenti femminili hanno avviato una riflessione: «Per noi la ricostruzione del paese non dovrà essere
unicamente fisica, ma dovrà anche passare per un cambiamento di mentalità e di guida politico-istituzionale, quest’ultima responsabile del fatto che da duecento anni viviamo sempre nella stessa situazione. La partecipazione cittadina deve essere tenuta in conto
dai nostri governanti affinché ogni haitiano abbia la possibilità di portare il suo granellino nel lavoro che si fa per ricostruire il paese
nel modo più corretto».
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talità da assistito, si rimette agli attori internazionali» dice il giornalista Gotson Pierre. C’è anche un
In apertura: bambini tra
grave problema fondiario, mancano i documenti di proprietà dei terreni, il che crea difficoltà per la rico-
le macerie e l’uragano
struzione. Perfino per le abitazioni provvisorie di legno e teloni, lo Stato cerca di non prendere respon-
Tomas.
sabilità.
In queste pagine:
Di fatto sono ong internazionali che cercano di migliorare la vita degli sfollati, portano assistenza sani-
immagini della
taria, costruiscono scuole provvisorie. Ma c’è anche una forte contestazione del governo da parte della
distruzione lasciata dal
società civile. Sono i movimenti sociali haitiani (contadini, operai, diritti umani, donne), così importan-
sisma che il 12 gennaio
ti nella storia degli ultimi 30 anni, che accusano l’esecutivo e il presidente di inattività. Cresce il mal-
2010 ha mietuto almeno
contento, verso il governo e gli amici stranieri.
300 mila vittime. Oggi 1
Colera e brogli elettorali
milione e 300 mila
persone vivono in
Da quando è iniziata l’epidemia di colera ad Haiti, lo scorso 19 ottobre, il paese dimenticato ha di nuovo
accampamenti di fortuna
avuto qualche articolo sul giornale o qualche servizio in radio e tv.
allestiti nelle piazze o nei
Il forte sospetto che il virus sia stato introdotto da membri della Minustah, già invisi a gran parte della popo-
campi sportivi, senza
lazione, ha accresciuto la protesta verso la presenza militare internazionale. Il 15 novembre manifestazioni
accesso all’acqua
violente contro la Minustah si accendono a Cap Haitien, seconda città del paese, e a Hinche. I militari spara-
potabile e malnutriti
no sulla folla con un bilancio di 3 morti. Un magazzino del Programma mondiale alimentare a Cap Haitien è
(Foto Marco Bello -
saccheggiato e bruciato. Le organizzazioni umanitarie devono interrompere le attività nella zona, evacuando
Alessandro Demarchi) .
personale e bloccando i voli con i rifornimenti medici per la lotta al colera.
In questa fase, come se non bastasse, si è innescato il processo elettorale per la scelta del nuovo presidente
della repubblica e del parlamento. René Préval, il presidente uscente, dopo due mandati non poteva più essere rieletto. Per questo la sua strategia prevedeva di sostenere il candidato del suo partito, Inite (Unità in creo-
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lo), Jude Célestin, che è anche suo cognato, con l’intenzione non troppo nascosta di farsi poi nominare primo
ministro.
Fin dalla costituzione del Consiglio elettorale provvisorio (Cep) sono stati evidenti i tentativi di Préval di imporre la sua linea. La lotta per il potere è diventata ancora più intensa grazie ai fondi in arrivo per la ricostruzione. Il Cep ha escluso la candidatura eccellente di Wyclef Jean, rapper haitiano di fama mondiale. I sondaggi
davano favoriti la signora Mirlande Manigat, centrista e moglie del presidente Leslie Manigat (in carica per 4
mesi nell’88) e il cantante Michel Martelly. Molto noto in patria, è il re del konpa, la musica pop haitiana da
cui ha avuto origine lo zouk; Martelly smuove folle come ai suoi concerti, in cui si contraddistingue per linguaggi e atteggiamenti scurrili. La campagna elettorale è stata caratterizzata da manifestazioni di strada
nelle diverse città di Haiti. Le elezioni si sono svolte il 28 novembre, con un piccolo strascico di violenza, ma
con chiari brogli denunciati da osservatori nazionali e da tutti i candidati, a eccezione di Célestin, che hanno
chiesto l’annullamento delle elezioni a seggi ancora aperti. Clamorosamente, poco dopo la chiusura, i due
candidati Manigat e Martelly hanno annunciato di sentirsi vincitori e negato la loro richiesta di annullamento. Intanto a conteggio da effettuarsi alcuni siti di famosi quotidiani italiani hanno dato la notizia di Martelly
e Manigat vincenti, e al ballottaggio del 16 gennaio 2011, con tanto di percentuali. Evidentemente la comunità internazionale ha voluto coprire i brogli di Célestin, senza invalidare le elezioni, e ha promesso ai due
candidati più forti il passaggio al secondo turno.
Serve comunque un presidente, tassello indispensabile di quel sistema di “democrazia sotto tutela” di cui Haiti
è vittima.
Marco Bello, Alessandro Demarchi
Haiti, l’innocenza violata,
chi sta rubando il futuro del
paese?
Infinito Edizioni 2011, pp.171, 13 euro
Ad Haiti la situazione sembra peggiorare sempre
più. Ma le responsabilità sono spesso imputate
solo agli haitiani che “non si sanno governare”.
Marco Bello e Alessandro Demarchi, nel loro libro
“Haiti, l’innocenza violata” raccontano invece di
una società civile che lotta per la democrazia e i
diritti. Mentre i paesi vicini vogliono imporre la
loro tutela a tutti i costi, e il terremoto è diventato l’ennesimo pretesto.
Come scrive nella prefazione Maurizio Chierici:
“Questo libro ci porta in mezzo agli haitiani, ad
ascoltare la loro voce…. Le ‘forze vive’ della
nazione chiedono di partecipare alla definizione
del futuro, ma questo diritto viene loro sottratto
dai grandi della terra grazie alla complicità del
governo haitiano. Ascoltare queste voci ci porterà
a creare un legame di solidarietà con questo
popolo, per andare oltre la carità”.
I diritti d’autore del libro saranno interamente
devoluti a progetti realizzati con la società civile
haitiana.
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Gli untori con i caschi blu
Testo e foto di Ermina Martini da Port-au-Prince
Mentre l’epidemia di colera si diffonde a macchia d’olio, il sospetto che sia stata introdotta
da membri della Minustah, già invisi alla popolazione, accresce la protesta contro la presenza militare straniera.
A un mese e mezzo dal primo caso di colera ad Haiti i decessi sono 1.817, su circa 90.000 persone contaminate. Gli esperti
in epidemiologia concordano su un punto: la diffusione dell’epidemia continuerà a crescere nei prossimi sei mesi e si prevede toccherà 200.000 persone. Sono 36 i centri di trattamento del colera funzionanti ad Haiti, con 2.830 letti disponibili, ma
non basteranno, come dichiara Medici senza frontiere (Msf), in prima linea nel fornire assistenza ai malati insieme alla Brigata
medica cubana (circa 500 tra medici e infermieri). Msf si è dichiarata incapace di gestire l’emergenza da sola, mentre il coordinamento delle Nazioni Unite ha ribattuto che tutto funziona, ci sono oltre 50 tra ong e agenzie Onu che lavorano insieme
al ministero per bloccare l’epidemia. Ma sul terreno il coordinamento è assai complesso. La logistica nel paese rallenta l’arrivo degli aiuti: l’aeroporto è intasato di cargo che portano tavolette purificatrici per l’acqua, cloro, sali per la reidratazione,
sapone. Malgrado una procedura d’urgenza annunciata dal governo per tutte le forniture per l’emergenza colera, i funzionari delle dogane continuano a richiedere timbri, fogli e firme che fanno perdere dai 3 ai 7 giorni per far uscire la merce dall’aeroporto. A livello mondiale sono poche le aziende che producono le tavolette di cloro (aquatab) e sembra che ormai abbia-
Ong italiane per lo sviluppo
Presente ad Haiti da oltre 10 anni, ProgettoMondo Mlal di Verona continua il suo impegno in
progetti di sviluppo, nonostante “l’invasione” del paese da parte di ong e agenzie d’emergenza.
Ad Haiti l’emergenza di oggi - arginare l’epidemia di colera - e quella dei senza tetto (oltre 1,3
milioni in 1.300 tendopoli) hanno radici lontane e soluzioni da ricercare nel lungo periodo.
Quindi nell’appoggio alla società civile locale, ma senza sostituirsi a essa.
ProgettoMondo Mlal lavora con organizzazioni di base e associazioni storiche come il Cresfed,
Centro di ricerca e formazione economica e sociale per lo sviluppo, e l’Mpp, Movimento contadino di Papaye, è una delle maggiori organizzazioni contadine di Haiti, con oltre 30 anni di attività e 100 mila aderenti.
ProgettoMondo (Pm), storicamente presente nella zona rurale intorno a Léogane, ha ora progetti anche nel Plateau Central, nel nord-est e a Fond Verretes, a sud, nei pressi della frontiera con la Repubblica Dominicana. A Léogane il partner di Pm è un’organizzazione contadina
composta da 13 associazioni di produttori, che si sono riunite con un centro servizi per la formazione, un centro per la trasformazione di prodotti agricoli (burro d’arachidi, marmellata) e
un magazzino per lo stoccaggio. Pm si è anche impegnata a ricostruire alcune scuole comunitarie di Léogane.
Da segnalare anche la presenza nel sud-est del paese dell’Mlfm, che da 2 anni e mezzo interviene nel settore dell’acqua potabile. L’ong lodigiana sta portando avanti un intervento a 100
chilometri a sud della capitale Port-au-Prince, precisamente a Les Cayes, per garantire a circa
15 mila abitanti l’accesso all’acqua potabile, e consentire a 270 famiglie di agricoltori e a 3
associazioni agricole di migliorare le proprie condizioni nutrizionali. il volontario Mlfm ad Haiti,
Alberto Acquistapace ha vinto nel 2010 il Premio del volontariato Focsiv.
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no già allocato tutte le produzioni per l’emergenza Haiti. Un giro d’affari non indifferente, se si pensa
ad es. che 3 milioni di aquatab costano all’ong 33.000 euro e sono appena sufficienti per fornire
acqua purificata a 12.000 famiglie per 3 mesi. Ad Haiti ci sono quasi 10 milioni di abitanti di cui il
56% vive con meno di 1 dollaro al giorno e la maggior parte non ha accesso a fonti di acqua pulita.
La cura per il colera, che produce diarrea e vomito, prevede una reidratazione per vena con acqua e
sali minerali nelle 48 ore dopo il manifestarsi dei primi sintomi. In condizioni normali, nell’80% dei
casi la malattia è facilmente curabile. Ma ad Haiti la gente non ha accesso a fonti d’acqua pulita né
a misure di igiene minime; le strade sono invase da immondizia e scarichi di latrine. I malati tardano a presentarsi ai centri di trattamento, ma per il colera la tempestività è l’unico fattore vincente. I
pazienti si presentano a uno stadio di disidratazione troppo avanzato, malnutriti, al 60% le vittime
dell’epidemia sono bambini. Un altro problema è la gestione dei cadaveri. I familiari non li vogliono
toccare, nelle comunità non vengono resi disponibili terreni per le fosse, gli obitori non li accettano
più. Il batterio del colera non era presente ad Haiti da oltre 100 anni. Il 19 ottobre scorso, il primo
caso viene confermato nel Plateau central, zona di Mirebalais. L’acqua del fiume Artibonite è portatrice del vibrione. Proprio a Mirebalais ha sede una base della Minustah (Missione delle Nazioni Unite
di stabilizzazione di Haiti), dove è dislocato un contingente nepalese. La Rete nazionale per la difesa
dei diritti umani ha chiesto alle autorità di condurre un’inchiesta indipendente per chiarire la responsabilità dei caschi blu nella diffusione della malattia. Nei pressi della base nepalese a Mirebalais le
forze di pace hanno scaricato le acque nere provenienti dalle latrine nei fiumi Boukan Kanni e Jenba,
affluenti dell’Artibonite. A tali fatti si aggiunge il dato inquietante che il batterio del colera registrato ad Haiti è di origine asiatica. La Minustah dichiara di aver condotto test batteriologici tra i militari nepalesi, tutti risultati negativi.
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