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uroconference giurisprudenza giuslavoristica per la gestione del contenzioso Ìi~enziament+~ orale Approfondimenti La stabilizzazione delle collaborazioni dal 2016: regole e criteri da seguire / L'articolo 54, D.Lgs. n.81/15, ha previsto un meccanismo c.d. di stabilizzazione, in pratica una sorta di "sanatoria'; desh'nata a promuovere il ricorso a contratti di lavoro subordinato stabili e, tendenzialmente, a incenh'vare l'abbandono di forme contrattuali "spurie" di collaborazione. Nella (colpevole) assenza di indicazioni più precise sia da parte delle norma che della prassi, si prova ad individuare quali regole seguire per promuovere tali azioni, che hanno il notevole pregio,fra l'altro, di estinguere qualsiasi azione 'à ritroso" che potrebbe essere attivata sia dagli Enti di vigilanza che dal collaboratore. di Andrea Asnaghi e Riccardo Be/locchio L'ambito di applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori nei licenziamenti collettivi ► 11 presente arh'colo si pone l'obiettivo di trattare una questione da sempre parh'colarmente dibattuta e di estrema delicatezza nell'ambito dei licenziamenti colleth'vi, ovvero quella concernente i criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità. Tali criteri, infatti, si pongono come tramite tra le decisioni economicoorganizzah've dell'impresa e l'individuazione concreta dei lavoratori colpiti dai licenziamenti. In parh'colare, è sempre stata oggetto di acceso dibattito la questione se detti criteri debbano applicarsi a tutto il complesso aziendale ovvero debbano riguardare solo il reparto o l'unità produth'va interessata dalla ristrutturazione. Come vedremo, la giurisprudenza più recente ha cercato di chiarire questi dubbi, senza tuttavia riuscire a dare risposte certe e univoche, lasciando irrisolti' i dubbi interpretat~'vi che erano già sorti all'epoca dell'entrata in vigore della procedura di licenziamento colleth'vo. Tuttavia, prima di addentrarci nello specifico del dibattito, è bene richiamare —sia pur sinteticamente — la disciplina normativa della L. n.223/91 in tema di criteri di scelta. di Evangelista Basi/e profili di responsabilità personale e solidale nella L. n.68g/8~ / Continua l'esame dei principi fondamentali regolanti' l'applicazione delle sanzioni amministrative in materia di lavoro. Dopo l'analisi del principio di legalità di cui all'art.1 della L. n.689/811, si offre un commento degli altri istituti regolati dalla legge di depenalizzazione del 1981, correlati ai profili di responsabilità personale e solidale. di Fabrizio Nativi Art.8, L. n.3oo/7o e controlli dell'attività lavorativa dei dipendenti tramite l'utilizzo di agenzie investigative / 11 Tribunale di Milano ha pronunciato la sentenza n.1221/15, che parrebbe aver interrotto il costante orientamento della giurisprudenza in materia di controlli dell'attività lavorativa dei dipendenti, esercitati dal datore di lavoro tramite agenzie investigative. di Carlo Andrea Galli L'articolo 18 St.Lav. e il pubblico impiego alla luce della Cassazione n.24~57/15► Dopo Íentrata in vigore della L. n.92/12 (c.d. Legge Fornero), dottrina e giurisprudenza di merito si sono aspramente fronteggiate sul delicato tema del possibile ambito applicah'vo della stessa al rapporto di lavoro privatizzato delle Pubbliche Amministrazioni. 11 punto più acceso del dibattito si è focalizzato in particolare sull'applicabilità omeno del nuovo art.18 St.Lav. ai dipendenti' pubblici, per cui sono emerse ambiguità e incertezze che ne hanno fatto oggetto di critiche severe. la Corte di Cassazione, con la recente sentenza n.24157 del 26 novembre 2015, mostrandosi afavore dell'estensione dell'art.18 ai licenziamenti' degli statali, ha messo un punto fermo,facendo chiarezza sull'annosa questione, anche se questo, presumibilmente, non basterà a sopire le roventi diatribe. Nel presente lavoro si cercherà di esaminare le moh'vazioni sostenute dai giudici di via Cavour nella loro decisione e gli aspetti' controversi a confronto nei diversi indirizzi, nonché i possibili scenari dopo tale pronuncia. di Gesuele Bellini II giurista del lavoro n.i/~6 Clausole e accordi nel contratto di lavoro Le sospensioni della formazione prolungano il periodo di apprendistato Previsto, rivisto, riformato, riscritto, ricopiato, l'apprendistato non è riuscito ancora una volta a trovare pace. II Legislatore sembra ogni volta dimenticarne fuori un pezzeth'no. Il risultato è desolante, le imprese continuano a ricorrere ai contratti' di apprendistato quasi esclusivamente in un'ottica di risparmio. Manca, quindi, ancora una volta quell'inversione dr visione che fa sì che l'apprendistato sia dalle aziende realmente considerato come un investimento formah'vo, una progettualità sulle capacità delle persone, da sviluppare in modo metodico e mirato, per avere domani lavoratori preparati, utili e con le caratteristiche effeth'vamente necessarie e, contemporaneamente, dai lavoratori sia visto come un percorso di crescita, che dia stimoli e moh'vazioni, preparazione e formazione teorico pratica adeguate alle esigenze del mercato. Quanto segue vuole essere un'analisi di cosa succede alla durata del contratto se la formazione viene momentaneamente sospesa, considerato che, a distanza di sessant'anni dalla L. n.25/55, non si è ancora riusciti a mettere un punto definit~'vo alla quesh'one. di Claudio Boiler La gestione delle controversie di lavoro L'impugnazione del licenziamento del dirigente e l'impugnazione del licenziamento orale ► L'art.32, L. n.183/10, ha introdotto, come noto, termini di decadenza per l'impugnazione giudiziale del licenziamento, accanto al tradizionale termine stragiudiziale di 60 giorni, estendendoli a tutti i casi di invalidità del licenziamento. Due recenti sentenze del novembre 2015 della Cassazione hanno affrontato, in un primo caso, il problema dell'estensione anche ai licenziamenti dei dirigenti di tali termini di decadenza; nel secondo caso, la necessità o meno di impugnazione stragiudiziale da parte del lavoratore nell'evenienza di licenziamento orale. Si darà quindi conto delle conclusioni a cui è giunta la Cassazione, ma anche delle possibili questioni ancora aperte. di Edoardo Frigerio L'osservatorio giurisprudenziale L'Osservatorio giurisprudenziale di gennaio -Rassegna della Corte di Cassazione ► di Evangelista Basile / Cliccando sulla freccia è possibile prelevare il singolo articolo in pdf Euroconference Centro Studi lavoro e Previdenza Master di specializzazione LAVORO AUTONOMO E COLLABORAZIONI Bologna dal ~s marzo Firenze dal i7 marzo da12i mano Venezia dal z3 marzo Roma II giurista del lavoro n.i/i6 Milano dal i7 marzo Art.8, L. n.3oo/7o e controlli dell'attività lavorativa dei dipendenti tramite l'utilizzo di agenzie investigative di Carlo Andrea Galli -avvocato II Tribunale di Milano ha pronunciato la sentenza n.1221/15, che parrebbe aver interrotto il costante orientamento della giurisprudenza in materia di controlli dell'attività lavorativa dei dipendenti, esercitati dal datore di lavoro tramite agenzie investigative. II giudizio di opposizione: la sentenza del Tribunale di Milano n.1221/15 Riferimento normafivo Come noto, I'art.8, L. n.300/70, dispone: II dipendente licenziato si opponeva alfa citata ordinanza; in riforma dell'ordinanza medesima, con sentenza n.1221/15, il Tribunale di Milano accoglieva il ricorso, ordinando la reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro. In particolare, sotto il profilo giuridico, il Tribunale di Milano motivava la sentenza anche e soprattutto sulla base della violazione dell'art.8, L. n.300/70. Più precisamente, nel motivare la sentenza, il Tribunale ha premesso l'evoluzione giurisprudenziale in materia di utilizzo di agenzie investigative da parte dei datori di lavoro per controllare il corretto adempimento, da parte dei propri dipendenti, dei loro obblighi edoveri contrattuali. II Tribunale ha infatti illustrato come la giurisprudenza, da tempo, ritiene ammissibili i controlli svolti tramite l'utilizzo di agenzie investigative su un'attività del tutto peculiare, quale sarebbe quella del "rilascio o meno dello scontrino fiscale (con conseguente illegitfima appropriazione indebita della somma incassata enon documentata)", così come ritiene ammissibili icontrolli effettuati "per mezzo di pedinamento dei lavoratori che svolgano attività di lavoro esierna", quali tipicamente i lavoratori incaricati di mansioni commerciali o ispettive. A questo punto, però, il Tribunale ha puntualizzato che, a differenza del controllo sull'avvenuto rilascio di uno scontrìno (in cui vi sarebbe una "strettissima interdipendenza tra il controllo dell'atto o dell'assenza dell'atto e lo scopo di controllo che si vuole raggiungere"), un controllo operato tramite agenzia investigativa durante l'intero arco della giornata lavorativa sarebbe un controllo nel quale, giocoforza, verrebbero "registrate attività personalissime" che qualsiasi persona avrebbe il diritto di tenere riservate nei confronti di terzi e del datore di lavoro. "Èfatto divieto al datore di lavoro, aifini del!'assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose osindacali de!lavoratore, nonché su fari-i non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore". La vicenda in esame In seguito a un procedimento disciplinare, un dipendente di una compagnia assicurativa con mansioni di ispettore è stato licenziato per giusta causa perché, dopo essere stato sottoposto a dei controlli durante l'attività lavorativa tramite un'agenzia investigativa all'uopo incaricata dal datore di lavoro, era emerso che non aveva reso la prestazione lavorativa, nonostante risultasse formalmente in servizio. In particolare, dopo una ventina di giorni di pedinamenti effettuati dalle ore 6.00 circa alle ore 23.00 circa in un arco temporale di circa due mesi, l'agenzia investigativa aveva accertato che, in almeno 8 giorni, nonostante il dipendente formalmente dichiarasse di essere in servizio ovvero di effettuare determinate trasferte(per le quali aveva pure richiesto il rimborso spese), egli in realtà non svolgeva le proprie mansioni, dedicandosi piuttosto a diverse attività di interesse personale. 11 dipendente in questione impugnava quindi il licenziamento epresentava ricorso innanzi il Tribunale di Milano, ai sensi dell'art.1, co.48, L. n.92/12. Con ordinanza del 30 settembre 2014, il Tribunale di Milano rigettava il ricorso, condannando il dipendente al pagamento delle spese processuali. 17 II giurista del lavoro n.~/16 ritenuto di non condividere le deduzioni svolte dal Tribunale in merito all'asserita violazione dell'art.8, L. n.300/70, anzitutto perché tale violazione non era stata eccepita dal dipendente nel proprio ricorso. In altre parole,secondo il Tribunale, controllando per diverse ore al giorno l'attività lavorativa svolta (o non svolta) dal dipendente nell'arco di una giornata, si creerebbe il problema dello "eccesso del mezzo rispetto allo scopo". A prescindere da ciò, la Corte d'Appello ha ritenutoche il Tribunale avrebbe errato nel non considerare la peculiarità delle mansioni svolte dal dipendente, che, in quanto di natura ispettiva, venivano svolte "fuori sede", di tal che il ricorso all'agenzia investigativa da parte del datore di lavoro, concretizzatosi in circa 20 giorni di pedinamento, era da considerarsi necessario (e quindi legittimo) ai fini dell'accertamento di eventuali illeciti connessi al sospettato utilizzo dell'istituto della trasferta per assentarsi dal servizio senza prestare alcuna attività. Così che un controllo svolto tramite agenzie investigative con le modalità e la frequenza osservate nel caso di specie non sarebbe legittimo sempre e comunque, ma solo se prevenfivamente confrontato con: a) "le modalità del controllo e della sua invasività; b) la sua assoluta inevitabilità, non essendo consentifi strumenti diversi; un incipit che ne giustifichi l'uso", quale ad esemc) pio il sospetto che il dipendente svolga attività di concorrenza sleale nei confronti del proprio datore di lavoro. Orbene, i~ Tribunale di Milano ha ritenuto che nel caso di specie tale preventivo "confronto" non fosse avvenuto e, in particolare, ha ritenuto che: la società non era stata in grado di dedurre per quali ragioni "quell'ossessivo controllo fosse stato inizialmente effettuato"; il controllo era stato effettuato con modalità assolutamente eccessive, essendo indagato qualsiasi atto del ricorrente/dipendente. II tutto, ha soggiunto la Corte d'Appello, in conformità al consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione in material. In relazione agli aspetti connessi alla violazione dell'art.8, L. n.300/70, dedotti nella gravata sentenza del Tribunale di Milano, la Corte d'Appello ha —tra l'altro —stabilito che: "gli eventuali aspetti di violazione della privacy possono ricondursi semmai alle modalità con cui l'agenzia incaricata ha svolto il proprio mandato — e, dunque, potrebbero legittimare pretese di risarcimento del danno nei confronti di soggetti terzi diversi dal datore di lavoro". Da ciò, il Tribunale di Milano ha desunto "la inutilizzabilità di tutto il materiale probatorio (più chiaramente il risultato del pedinamento effettuato dallAgenzia investigativa) prodotto dalla società", perché acquisito in violazione dell'art.8, L. n.300/70 (laddove si prevede il divieto del datore di lavoro di "effettuare indagini, anche a mezzo di terzi", "su fatti non rilevanti aifini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore"), così accogliendo, già sotto tale autonomo profilo, l'opposizione proposta dal dipendente licenziato. Considerazioni conclusive La sentenza n.1221/15 del Tribunale di Milano merita considerazione, poiché ha interrotto il costante orientamento giurisprudenziale in materia di controlli del datore di lavoro dell'attività lavorativa dei propri dipendenti espletati tramite pedinamenti effettuati da agenzie investigative all'uopo incaricate. Sul punto, come noto, la giurisprudenza ha da tempo legittimato l'effettuazione da parte del datore di lavoro di controlli tramite il ricorso ad agenzie investigative all'uopo incaricate, tracciando però un discriminetra quei controlli c.d. difensivi, ossia riguardanti gli atti illeciti commessi dal dipendente durante la prestazione lavorativa (controlli ritenuti legittimi), e quei controlli effettuati invece sulla prestazione lavorativa vera e propria (ritenuti illegittimi, perché riservati all'imprenditore e ai suoi collaboratori ai sensi II reclamo/ricorso alla Corte d'Appello di Milano A fronte del reclamo proposto, con sentenza n.755/15, la Corte d'Appello di Milano riformava parzialmente la sentenza n.1221/15, dichiarando risolto il rapporto di lavoro e condannando la società al pagamento in favore del dipendente di 12 mensilità della sua retribuzione mensile globale di fatto. In particolare, con riferimento alla parte di motivazioneche rileva in questa sede, la Corte d'Appello ha 'Ex plurimis, Cassazione n.25162/14. ló II giurista del lavoro n.i/i6 tanto rigorosi come quelli elencati nella sentenza in esame, essendo sufficiente che i controlli de quibus "siano intesi a rilevare mancanze specifiche e comportamenti estranei alla normale attività lavorativa nonché illeciti"Z. Sotto un diverso profilo, la sentenza n.1221/15 del Tribunale di Milano sembra trascurare la circostanza per la quale, nella maggioranza dei casi pratici, sia sempre un sospetto assai difficilmente dimostrabile a far decidere al datore di lavoro di effettuare controlli tramite agenzie investigative, così che ritenere illegittimo e/o non utilizzabile ai fini disciplinari un controllo difensivo in seguito al quale è emersa la commissione di illeciti da parte del dipendente (quale ad esempio la richiesta di rimborso di spese mai sostenute), solo perché non suffragato da una prova che ne abbia giustificato l'esperimento, pare davvero eccessivo. Tali considerazioni valgono afortiori nell'attuale contesto economico-produttivo e alla luce delle modifi- degli artt.2086 e 2104 cod.civ.). Orbene, nella sentenza in esame, se da un Iato il Tribunale di Milano parrebbe aderire a tale consolidato orientamento, dall'altro Iato subordina la legittimità dei controlli svolti tramite agenzie investigative, ancorchédifensivi: a) alla condizione che essi siano assolutamente inevitabili, non essendo consentiti e/o utilizzabili diversi strumenti di controllo meno invasivi; b) alla condizione, conseguente a quella sub a), che tali controlli siano proporzionati rispetto allo scopo perseguito; c) alla condizione che sussista un presupposto (quale ad esempio il fondato — in quanto basato su altre prove —sospetto che if dipendente stia commettendo attività illecite a danno della società) che giustifichi il ricorso alle agenzie investigative. II Tribunale di Milano ha tra l'altro dichiarato ilfegittimo il ricorso alle agenzie investigative sia perché, nel caso di specie, i controlli sarebbero stati effettuati "con modalità assolutamente eccessive essendo indagato qualsiasi atto del ricorrente", con ciò violando il disposto normativo di cui all'art.8, L. n.300/70 (poiché con essi il datore di lavoro verrebbe potenzialmente aconoscenza delle attività politiche, sindacali ereligiose del dipendente controllato, ma altresì delle informazioni afferenti al suo orientamento sessuale o comunque sussumibili nella sfera morale del dipendente medesimo), sia perché la società non sarebbe stata "in grado di dedurre per quali ragioni quell'ossessivo controllo fosse stato inizialmente ef- cheapportate all'art.4, L. n.300/70, dall'art.23, D.Lgs. n.151/15, ed in ogni caso, appaiono più coerenti con riferimento ai casi —come quello di specie — in cui il lavoratore dipendente svolga le proprie mansioni all'esterno dei locali aziendali. Ciò non toglie che, come confermato dalla sentenza in esame, l'argomento resti assai delicato e potenzialmente soggetto ad ulteriori revrrement. In questo senso si pone infatti il problema del bilanciamento tra interessi e diritti contrapposti, ma parimenti meritevoli di tutela, quali da un Iato I'inviolabilità della libertà personale (art.13 Costituzione) e il divieto di esercitare l'iniziativa economica in modo da non arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana (art.41 Costituzione) e, dall'altro Iato, il diritto del datore di lavoro di individuare e neutralizzare la commissione di atti illeciti commessi a suo danno e/o a danno del patrimonio aziendale dai propri dipendenti. fettuato". Resta comunque confermato l'orientamento più consolidato (cui ha aderito in sede di gravame la Corte d'Appello di Milano con la citata sentenza n.755/15) che, ai fini della legittimità del ricorso alle agenzie investigative per l'esperimento di contro►li difensivi, non richiede la necessaria sussistenza di presupposti z Tra le tante, Cassazione n.20440/15. i9 II giurista dei lavoro n.i/i6